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Autore: millyray    25/09/2018    0 recensioni
Ariel Martinez arriva ad Hogwarts per frequentare il quarto anno. Ma sembra nascondere un segreto, oltre al fatto che deve aiutare Harry Potter a sconfiggere il Signore Oscuro. Chi è in realtà? Da dove viene? Chi è la sua famiglia? (Storia ispirata a Came back to the hell di Ino Chan).
Genere: Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Yaoi | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Da V libro alternativo
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CAPITOLO CINQUANTAQUATTRO


Se aveva pensato che quello che aveva vissuto da piccolo stando a stretto contatto con Cygnus fosse terribile, be’, si sbagliava di grosso. Non era niente. La perfidia di Cygnus stava raggiungendo il suo apice e più cresceva più la sua psicopatia aumentava.

Solo quel pomeriggio si era quasi beccato una coltellata nell’addome perché il giovane Lestrange si annoiava e voleva vedere il modo in cui una persona si dissanguava.
Charlie non era certo propenso a fargli da cavia per i suoi esperimenti malati e si era difeso come meglio poteva; peccato che col corpo a corpo non era proprio esperto, ma per fortuna Cygnus non aveva ancora imparato a resistere alla Legilimanzia. Gli aveva creato l’illusione di essere seppellito vivo e poi era scappato dalla Sala Comune di Serpeverde ripromettendosi di non tornare per un po’. Magari quella notte sarebbe andato a dormire nella Stanza delle necessità. Almeno si sarebbe fatto un sonno come si deve perché era stanco di dormire con un occhio sempre aperto e la bacchetta pronta sotto al cuscino. La paura di morire accoltellato nel proprio letto o soffocato lo faceva sussultare al minimo rumore, persino a quello del vento. 
Abraham non era sclerotico allo stesso modo, ma gli faceva paura ugualmente. Aveva più intelletto di Cygnus per capire che ferire gravemente le persone o addirittura ucciderle all’interno delle mura di Hogwarts sotto lo sguardo vigile di Silente, non era proprio una buona idea. Piton ringraziava il cielo che ci fossero altri studenti in stanza con lui e davanti a loro non avrebbe fatto niente. Inoltre, se c’era una persona che faceva paura a Cygnus, quella era sua madre Bellatrix e ogni volta che riceveva una sua lettera si metteva a tirare oggetti per la stanza, a strappare le tende e poi si isolava Merlino solo sapeva dove. Ecco, in quei momenti Charlie di sicuro non aveva intenzione di andare a cercarlo. Non aveva certo intenzione di lasciarci la pelle a sedici anni.

 

Tutta Hogwarts era in fermento per la partita di quidditch di quel pomeriggio. Grifondoro contro Serpeverde, i rivali per natura. Probabilmente solo una piccola manciata di persone non avrebbe assistito alla partita. Il risultato era arduo da prevedere, entrambe le squadre avevano giocato bene quella stagione e le scommesse davano un cinquanta-cinquanta.
Madame Bumb diede il fischio d’inizio e i giocatori si levarono in aria com le loro scope. JamesRemus si lanciò subito alla ricerca del boccino, fiancheggiato dal Cercatore di Serpeverde.

I suoi amici erano sugli spalti ad assistere alla partita e a fare il tifo per i rosso-oro. Solo Charlie non esultava granché. Avrebbe dovuto tifare per i Serpeverde ma i suoi amici erano tutti in Grifondoro e lì in mezzo si sentiva come tra l’incudine e il martello. A dire il vero, non gli importava granché del quidditch.

Si sentiva frastornato, la testa gli ballava. Si ricordò che non aveva mangiato niente quella mattina e a pranzo aveva sbocconcellato poco.

Improvvisamente gli venne a mancare la terra sotto i piedi. Un boato si levò attorno a lui, seguito dagli applausi. Grifondoro aveva segnato ma tutti quegli schiamazzi lo facevano stare ancora peggio. Probabilmente era solo un calo di zuccheri - maledetto il suo problema col diabete - ma aveva bisogno di allontanarsi immediatamente.
Si alzò di scatto e cominciò a farsi largo tra la folla.
Decisamente tutto quello non faceva per lui.

Non sapeva esattamente dove stava andando, sapeva solo che voleva allontanarsi dalla confusione il prima possibile. Seguiva solo i suoi piedi perché la sua testa ormai era una trottola che si muoveva da sola. Dovette aggrapparsi a una gargoyle per non finire stramazzato al suolo.

Un volto gli comparve davanti agli occhi, ma era tutto troppo offuscato, troppo confuso. Una voce lo chiamava: “Charlie! Charlie!”
Doveva essere una persona amica e con questo pensiero consolante si permise di cadere tra le braccia di chiunque fosse il suo salvatore.

 

Vivere in un perenne stato di guerra era una cosa che avrebbe stressato i nervi a chiunque, ma soprattutto, quando veniva recapitata una lettera c’era sempre da temere il peggio.
Il Mondo Magico era ormai circondato da un’aura di terrore e preoccupazione: ogni settimana qualche Auror scompariva o veniva ucciso, i Mezzosangue e i Nati Babbani venivano ritrovati nel canale sbudellati o torturati a morte… Più o meno tutti quanti avevano qualche morto da piangere in famiglia.

Grimmauld Place non fu risparmiata da una tale tragedia.

Quando un gufo picchiò contro le finestre, Lily si girò di scatto e sentì dei strani brividi percorrerle la schiena. Aveva un’orrendo presentimento.

“È una lettera di Harry”, disse rigirandosi tra le mani il piccolo rotolo di pergamena che aveva slegato dalla zampa del volatile. James e Sirius si voltarono immediatamente verso di lei.

“Oh Merlino!!”
“Che c’è?”
“Silente è morto! E il governo è caduto nelle mani di Voldemort”.

La donna fece vedere la lettera che Harry aveva scritto con una calligrafia storta e poco curata e alcune lettere erano sbavate, segno che era piuttosto di fretta.

“Com’è possibile?” chiese Sirius. L’informazione stava ancora cercando di passare nel suo cervello.

“Silente dovrebbe essere ad Hogwarts”.

“E ora chi proteggerà i ragazzi?”

 

Charlie era grato che non avesse dovuto sbattere la testa a terra mentre sveniva, ma non si sarebbe mai immaginato che il suo salvatore sarebbe stato proprio John Paciock.
Questi lo guardava con aria compunta dalla sedia sulla quale si era praticamente sdraiato, vicino al suo letto. Si trovava in infermeria.

“Ben svegliato, bella addormentata”, lo salutò il Grifondoro.

Ecco, John e i suoi commenti del cavolo.

“Che è successo?”
“Mi sei caduto come una pera cotta tra le braccia. Per fortuna che ti ho seguito. Ho visto che non stavi tanto bene”.

Charlie si strinse di più nelle coperte sperando di venire risucchiato dal letto. Perché proprio lui tra tutte le persone? E perché doveva essere così dannatamente bello?
Il Serpeverde avvampò nel realizzare il pensiero che la sua testa bacata aveva appena composto. Ma che gli prendeva?
Cercò qualcosa da dire ma nulla di sensato riuscì a venirgli fuori dalla bocca. John stava in silenzio. Strano. John non stava mai in silenzio. Anche se era solo per provocarlo, ma Paciock doveva sempre dire la sua.

“Perché non me l’hai detto?”

Ecco, appunto.

“Dirti cosa?”
“Che sei diabetico”.

Maledizione a Madame Chips che non si faceva mai i fatti suoi.

Charlie sospirò. “Non lo so”.

“Come non lo sai?”
“Non lo so, John. Non mi sembrava una cosa importante”.
Soltanto allora il moretto ebbe coraggio di guardare in direzione dell’amico e notò che era piuttosto contrariato, le labbra tese rigidamente e le mani appoggiate sulle ginocchia.
“Come sarebbe a dire che non è importante? Tappo, sono tuo amico, queste cose me le devi dire”.

“Io…”. Charlie non sapeva come giustificarsi. A lui non era sembrata una cosa importante, non così tanto da doverne mettere a conoscenza tutti i suoi amici.
“Lo sai che con Teddy non ci facciamo problemi e lui è un licantropo”.

Charlie si scosse. Non avrebbe mai osato paragonare il proprio problema con quello di Ted.

“Lo so. È solo che… non è una cosa di cui mi piace parlare”.

“Quando è successo? Quando ti è venuto fuori?”
“Un anno fa circa”.

John parve calmarsi e finalmente si sedette sul letto accanto alle ginocchia dell’altro. Gli sorrise. “D’ora in poi vorrei che mi dicessi queste cose”.

Un becchettio alla finestra attirò l’attenzione dei ragazzi. Un gufo marrone li stava guardando dall’altra parte del vetro e alle zampe teneva legata una piccola pergamena.

***

Lo so, da quanto è che non aggiorno questa fanfic (e tutte le altre?). Da troppo, troppo tempo. 

Ho anche pensato di chiuderla qui, di cancellare tutto e stopparla, ma ho ancora troppo da raccontare. Nella mia testa si stanno delineando tutte queste belle storie e le vicende dei personaggi che devo davvero cercare di portarla avanti. 
Oltretutto, mi ripresento dopo secoli con un capitolo striminzito, ma portate pazienza... mi serve tempo per tornare in careggiata e rispolverare i personaggi. 
Anche qui comunque c'è stato un salto temporale e ora i ragazzi sono cresciuti. JamesRemus, Jolie, John e Charlie frequentano il sesto anno. Nel prossimo capitolo metterò magari delle foto di come li immagino con un recap delle loro parentele e casate. 
Bando alle ciance, lascio la parola a voi. Lasciatemi una recensione o un piccolo segno di vita che ancora ci siete. Mi dispiacerebbe sapere di avere perso dei fan per strada. 

P.S. i personaggi di questa storia non appartengono a me ma a J.K. Rowling e ino chan (sulle cui fanfiction è ispirata anche questa mia). 
 

  
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