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Autore: AlexSgrilli97    25/09/2018    1 recensioni
Un pescatore di trentacinque anni, vecchio dentro, vedovo e con una figlia a carico (Oc). Dall'altra parte una giovane di neppure vent'anni.
Due realtà opposte, due cuori.
Non è tutto come sembra.
[KakaSaku e altre ship secondarie. GaaNaru, TenHina... era la storia per la challenge estiva. In teoria. lol]
"La barca si muoveva e le onde finivano con l’infrangersi su di essa. L’odore della salsedine era quello di casa, calma, ma anche di ricordi bui e di tempeste."
...
"-Hai sentito della barca affondata?- Chiese la giovane.
Un mese fa una bara aveva avuto un guasto e incanalato acqua, tre morti su sei.
-Credi che il loro essere salpati di venerdì abbia influito?- Chiese.
Kakashi si mise a sedere e tirò fuori un pacchetto di sigarette e un accendino dalla tasca. Ne era dipendente.
Se ne accese una e guardò la giovane.
-Non mi stupirebbe. Se ci tramandano certe superstizioni un motivo c’è di sicuro.
La giovane annuì."
...
Mentre camminava vide una ragazza sui vent’anni a diversi metri da loro. Non era la prima volta che la vedeva. Capelli rosa, mediamente lunghi -fino alle spalle-, un lungo abito rosso, una bellezza magnetica… guardò subito altrove."
Genere: Introspettivo, Mistero, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai, Shoujo-ai | Personaggi: Altri, Kakashi, Hatake, Nuovo, Personaggio, Sakura, Haruno
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun contesto
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1- Pesca





 

Amami per quel che sono veramente/

e resterò con te per sempre.

 

[S. Cristicchi – Che bella gente]

 

Cappello di paglia con un laccio in modo da non rischiare di perderlo, capelli argentei, sembrava uno spaventapasseri.

Un occhio nero -il destro-, l’altro chiuso da tempo e attraversato da una cicatrice molto spessa e lunga, fino al labbro.

Il suo volto era privo di rughe, apparentemente molto giovane e ancora attraente -nonostante la cicatrice-, aveva ormai superato i trentacinque anni.

Guardava il mare con noia, era stanco, ma abituato a quelle giornate in cui il mare si faceva mosso e pescare risultava più facile e redditizio.

Aveva in bocca un sigaro acceso, un’abitudine mai persa. Forse una dipendenza.

La barca si muoveva e le onde finivano con l’infrangersi su di essa. L’odore della salsedine era quello di casa, calma, ma anche di ricordi bui e di tempeste.

L’uomo sospirò. Quello era uno dei lavori più duri che esistessero al mondo, ma era quello che preferiva, il solo che sapeva e voleva davvero fare.

Sembrava giovane, ma non lo era. Ormai su di lui pesavano anni ed anni di vita, molti di più di quelli anagrafici.

Il cielo era grigio e il vento gli accarezzava i capelli, non pioveva, ma il rischio c’era, per questo al suo fianco si trovava un poncho, pronto ad essere usato, se necessario.

-Che ore sono?- Chiese, senza voltarsi, rivolgendosi a un giovane che si trovava a meno di due metri da lui, seduto.

-Le due e mezzo. Tra un’ora chiamo gli altri.

Il giovane aveva dei folti capelli rossi e gli occhi azzurro ghiaccio. Anche lui indossava un cappello, ma il suo era più sportivo, con una visiera.

I due erano colleghi da qualche anno, il giovane aveva mollato gli studi in terza superiore e aveva abbracciato subito quella vita. Ormai di anni ne aveva ventuno.

L’uomo lavorava sin da quando era piccolo, prima a preparare il pesce in negozio, poi sulla barca assieme al padre… suo padre morì durante una tempesta davanti ai suoi occhi i ventiquatt’enne assieme a un altro loro collega. Sua madre era venuta a mancare molti anni prima, quando aveva undici anni, inutile dire che rimase solo. Una cosa che accomunava tutto il personale di quel peschereccio era il dolore. Tutti avevano perso almeno una persona a loro cara, o almeno, avevano sofferto lo stesso, in qualche modo. Bastava pensare al fatto che pochi anni prima un altro di loro era morto, anche se non sul lavoro, ma per malattia. Un giovane. Il fratello maggiore di Gaara.

-Hai letto il giornale?- Chiese il giovane, cercando di rompere quel silenzio imbarazzante in cui sin troppo spesso col suo capo-pesca finiva.

-No.- Rispose, col suo solito tono distaccato e annoiato.

Non aveva tempo per le notizie e forse la sua vita lo aveva ormai portato a isolarsi dal mondo.

Il suo collega era ancora giovane, non aveva del tutto idea di che cosa volesse dire vivere per anni in quel modo, stando fuori sedici e più ore. Lui lavorava da pochi anni, ancora il contatto con la realtà lo manteneva.

-I vortici marini aumentano. Dicono. Dobbiamo fare attenzione.- Disse, ma l’uomo si limitò a sospirare.

Riconosceva un vortice marino, non gli servivano i giornali.

-Capisco.- Si limitò a rispondere, mente tirava fuori un vecchio cellulare. Uno dei primi modelli di touch, lo usava molto raramente.

Controllò gli ultimi messaggi, dal negozio che gestivano, per cui lavorava, era tutto a posto.

Sua figlia gli aveva scritto.

Sorrise e rispose.

Aveva tredici anni e il cellulare glielo aveva consigliato proprio lei.

Lui detestava la tecnologia, stranamente se la cavava, ma la rifiutava, se non strettamente necessaria.

Passò il cellulare al giovane.

-Gaara, chiama gli altri e mettilo al sicuro.- Comunicò al giovane, il quale si alzò e andò sotto coperta, dove la gente dormiva ancora.

Kakashi si alzò, non appena vide gli altri arrivare, per poi infilarsi i guanti.

Un giovane biondo con gli occhi allegri e azzurri, una giovane con due codini castani e sguardo deciso, una dai capelli biondi e con quattro codini, dal portamento da donna forte e sicura di sè, un giovane dai capelli a caschetto color pece che saltellava allegro, un uomo dai capelli castani, lievemente mossi e corti, gli occhi color neri, poco più giovane di lui Sette persone, contando lui e Gaara.

Non parlarono, ormai era tutto automatico, chi più chi meno viveva in quell’ambiente da anni e tirare fuori dall’acqua una rete era un’operazione basilare.

Una fatica immensa, come al solito.

Kakashi osservò la pesca.

Non era granché, soprattutto tolti i pesci di piccola taglia -illegali-, i rametti e i cocci, tutto ciò che non era accettabile.

Iniziarono a togliere gli scarti e a ributtarli in mare, dai cocci, ai pesci sotto la taglia minima.

Alla fine mischiarono le due pesche giornaliere in due ceste e quindi il secondo più vecchio, il castano, prese il timone e iniziò a navigare verso il porto, mentre Kakashi si riprendeva il suo cellulare e si buttava due ore su uno dei letti posti in sotto coperta, spegnendo il sigaro.

-Come va?- Chiese una voce femminile, proveniente dalla porta della cabina.

L’uomo girò lievemente la testa -ormai l’occhio aveva sviluppato una visuale ottima anche per colmare quello mancante- e vide la giovane dai capelli castani.

-Hai chiamato Hinata?- Chiese, evitando di rispondere e lei sospirò. Kakashi non si apriva mai.

-Sì, il negozio va come al solito. Tua figlia si rivela sempre di più una contabile.- Rispose.

Hinata era la compagna della sua interlocutrice e lavorava nel negozio di pesce e in quel turno c’erano lei e i ragazzi, in particolare. Sua figlia e i fratelli di alcuni dei suoi colleghi.

-Hai sentito della barca affondata?- Chiese la giovane.

Un mese prima una bara aveva avuto un guasto e incanalato acqua, tre morti su sei.

-Credi che il loro essere salpati di venerdì abbia influito?- Chiese.

Kakashi si mise a sedere e tirò fuori un pacchetto di sigarette e un accendino dalla tasca. Ne era dipendente.

Se ne accese una e guardò la giovane.

-Non mi stupirebbe. Se ci tramandano certe superstizioni un motivo c’è di sicuro.

La giovane annuì.

Quegli incidenti non erano frequenti, ma succedevano. Lei non credeva molto nelle superstizioni, ma spesso ci azzeccavano. Forse un motivo c’era.

I pescatori, persone superstiziose e con un unico dio: Il Mare.

Un dio che poteva spaventare e proteggere, donare, al tempo stesso, ma dal quale difendersi era impossibile.

-Dobbiamo caricare i pesci sulla macchina.- Disse il castano, mentre ormeggiava la barca e Kakashi spegneva la sigaretta.

Gli altri ne avevano approfittato per sistemare per bene la rete e ripulire il ponte

I pescatori si misero al lavoro e dopo aver sistemato i pesci su una macchina nera la bionda con i codini andò alla guida. Gli altri si avviarono a piedi, la città distava meno di un chilometro.

Si lasciarono la barca -dal nome Konoha, scritto sul lato destro- alle spalle. Un’alta giornata di lavoro finita.

Mentre camminavano Kakashi posò il suo sguardo su Gaara e sul giovane biondo -di nome Naruto-, i quali parlavano e il rosso sorrideva sereno, mentre l’altro gli carezzava una spalla.

Sospirò.

La gioventù… le relazioni d’amore… quasi non ricordava quegli anni.

Una vedovanza alle spalle, una moglie con la quale si era sposato a vent’anni, una relazione di cui non si pentiva, ma ormai parte del suo passato, se non per una cosa.

Sua figlia.

Il vento era aumentato, il mare adesso era diventato seriamente pericoloso. La pioggia iniziò a scendere, mentre loro raggiungevano la città.

Una piccola città marittima, forse era più un paese, viste le dimensioni.

Uno stradone, un supermercato di piccole dimensioni, una macelleria, due pizzerie, tre bar e un tabacchi, oltre che un negozio che vendeva oggetti da mare, attualmente chiuso. Un paio di strade laterali con altri negozi e locali, poi, le zone residenziali.

Mentre camminava vide una ragazza sui vent’anni a diversi metri da loro. Non era la prima volta che la vedeva. Capelli rosa, mediamente lunghi -fino alle spalle-, un lungo abito rosso, una bellezza magnetica… guardò subito altrove.

Arrivarono al negozio, dove vennero accolti da una giovane dai capelli corvini e gli occhi estremamente chiari -quasi bianchi- sorridente.

-Temari ci ha portato il pesce, poi è andata a casa.- Spiegò, per poi abbracciare e baciare Ten.

-I ragazzi sono dentro a pulire il pesce.- Aggiunse subito dopo.

Kakashi annuì.

-Noi andiamo a casa.- Disse Gaara, quindi andò via assieme al compagno, dopo aver salutato gli altri.

Dopo averli salutati entrò nel negozio, notando alcuni clienti.

Andò nella stanza dietro, dove improvvisamente l’odore di pesce gli entrò pesantemente nelle narici, più del solito.

-Papà!- Una ragazzina dai capelli argentei e gli occhi verdi si girò di scatto, smettendo di lavorare col pesce.

Capelli lunghi, lisci, raccolti in una coda, si vedeva che potevano benissimo arrivarle a metà schiena.

-Ciao Akane.- Le sorrise e si avvicinò, scompigliandole i capelli, per poi salutare gli altri due ragazzini, uno biondo e con gli occhi azzurri e l’altro dai capelli castani provvisto di alcuni segni sul volto, dipinti. Il primo, fratello del compagno di Gaaara, il secondo, fratello minore di Gaara e di Temari.

-Akane, tra un po’ puoi venire a vedere un attimo la contabilità?- Era Hinata.

La ragazzina annuì, quindi guardò di nuovo il padre.

-Io vado a casa. Tra un’ora torna, Va bene?- Disse Kakashi e Akane annuì, per poi cambiarsi i guanti per poter continuare a pulire il pesce.

Kakashi uscì dalla pescheria e si diresse verso casa.

Il resto del gruppo era già andato via e il negozio sarebbe stato chiuso di lì a poco, contando che era ottobre inoltrato.

L’uomo camminò con le mani in tasca e lo sguardo dritto davanti a sé,

Imboccò una stradina secondaria e arrivò davanti ad una casa su tre piani, provvista di giardino.

Prese le chiavi ed entrò, per varcare il cancello e poi, la porta d’ingresso.

Un enorme ingresso provvisto di una libreria e una scrivania con un pc portatile, il resto dei suoi colleghi erano sicuramente a farsi una doccia.

Vivevano tutti insieme in una casa colonica

L’uomo raggiunse il bagno al piano terra e si chiuse dentro, per farsi una doccia.

Uscì poco dopo, in accappatoio,

Passò davanti a lui un uomo della sua età in sedia a rotelle, il quale appena lo vide gli sorrise e lo salutò, felice.

-Ciao Kakashi!- Disse con enfasi, mentre Kakashi ricambiava il sorriso.

Gai Maito, il suo migliore amico, compagno di anni di pesca e suo esatto opposto. Un incidente in mare gli paralizzò le gambe.

-Ah, a breve si cena.- Gli disse e Kakashi annuì, per poi andare in camera, una delle stanze al piano terra.

Una stanza matrimoniale dai muri bianchi, abbastanza scarna. Un letto, due comodini, un armadio, e una piccola scrivania con qualche libro sopra.

Si cambiò rapidamente indossando una maglietta e dei jeans, per poi accendersi l’ennesima sigaretta e andare verso la sala dove cenavano.

Akane era tornata e con lei gli altri due ragazzi e Hinata.

L’uomo salutò anche il marito di Temari, il quale teneva un bambino di due anni in braccio, cioè, loro figlio.

Aveva detto a lungo a Temari di smettere, di dare una mano in pescheria, che il mare era pericoloso per una madre. La sua risposta fu gelida.

“Tua figlia ha solo te, mio figlio ha due genitori. Sei l’ultimo a poter parlare.” Aveva ragione e lui lo sapeva.

Era stato proprio il suo lavoro a fargli perdere un occhio.

Tutti i suoi colleghi erano persone forti, in fondo era felice di ciò, non poteva chiedere di meglio.

Spense la sigaretta dopo l’ultimo tiro, quindi si sedette.

Mangiarono tutti insieme -ovviamente pesce-, mentre parlavano e ridevano, anche se visibilmente stanchi.

-Domani siete a casa, giusto?- Chiese Gai e Kakashi annuì, così come gli altri.

Venerdì. Giorno di riposo per i pescatori, anche se in negozio avrebbero lavorato lo stesso.

-Papà, dopo esci?- Akane guardò il padre e l’uomo scrollò le spalle.

-Sì.- Quasi ogni giovedì usciva qualche ora. Sopratutto da quando sua figlia era ormai adolescente.

Dopo cena Kakashi prese una felpa e le scarpe, quindi, dopo un caffè uscì.

-Akane, vai a letto presto. Io non lavoro, tu hai scuola.- Disse, prima di chiudersi la porta alle spalle, parlando con la figlia.

Si diresse verso il mare, con una sigaretta in bocca e le mani in tasca.

Quasi ogni giovedì andava sulla riva del mare, in un anfratto fra gli scogli per potersi rilassare in completa solitudine.

Dopo la vedovanza -risalente a quasi cinque anni prima- tale abitudine era aumentata.

Raggiunse la spiaggia, quindi, arrivò agli scogli, passando per una piccola apertura a di essi si ritrovò su una spiaggetta secondaria, nascosta.

Fu lì che la vide. Seduta su uno scoglio, a guardare il mare.

Non andava in quel luogo da due giovedì e adesso si ritrovava quella ragazza in quell’anfratto.

-Ciao!- Lo salutò immediatamente, scendendo dallo scoglio.

Indossava il suo solito abito, stavolta lievemente rovinato dagli scogli. I suoi piedi erano nudi e poteva intravedere il piccolo seno dalla scollatura dell’abito. Vide anche una collanina con un ciondolo rosa a forma di conchiglia, la quale era indossata dalla giovane.

I suoi occhi verdi erano incantevoli, color dello smeraldo.

-Ciao.- Lui ci mise meno enfasi di lei nella voce, limitandosi a sedersi sulla spiaggia.

-Vieni qui spesso?- Chiese la giovane, sedendosi al suo fianco.

Come poteva una ragazza del genere interessarsi a lui?

-Negli ultimi anni molto spesso, direi. Una volta a settimana, di norma.

Spense la sigaretta sulla sabbia e la ragazza lo fermò subito dopo.

-Mettila in tasca.

Kakashi non comprese. Perché? Voleva buttarla in mare, certo, ma… come mai era intervenuta subito e con decisione?

Un’ambientalista.

Sospirò e fece come voleva la giovane.
Si ritrovarono a parlare a lungo senza neppure accorgersene.

-Ho una figlia, è ancora una ragazzina.- Ammise, grattandosi la nuca.

Sakura disse di vivere da sola da qualche tempo. Sembrava matura per avere intorno ai vent’anni.

-Ti piace il mare?- Chiese la giovane, mentre si sdraiavano, ascoltando il rumore delle onde e annusando l’odore della salsedine.

-Molto. A te?

-Il mare è la mia casa. È un luogo sicuro. Mi piace la terraferma, ma il mare… è la sicurezza.

Non aveva mai sentito nessuno parlare così.

-Mi chiamo Kakashi.

-Io sono Sakura, piacere.- Gli sorrise, girandosi verso di lui e osservandolo con uno dolcezza.

-Come hai perso l’occhio?- Gli chiese, con una certa curiosità nella voce.

-Un incidente, Sakura.

Ancora non si rendeva conto di quanto quell’appuntamento sarebbe diventato fisso e lei sarebbe stata per lui essenziale.

   
 
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