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Autore: Isara_94    03/10/2018    1 recensioni
"Quello è stato il vero problema, ho supposto che stavolta fosse come le altre. Quando si dice un errore… imperdonabile."
La vita di Sirius, sedicenne e ribelle erede della famiglia Black, al numero 12 di Grimmauld Place non è tutta rose e fiori. Dopo l'ennesima divergenza con i genitori prende una decisione drastica: se non ti piace la famiglia che hai, cambiala.
Genere: Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Famiglia Black, Famiglia Potter, James Potter, Remus Lupin, Sirius Black | Coppie: Remus/Sirius
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Malandrini/I guerra magica
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Dopo letteralmente un'eternità, dopo file corrotti, rbackup provvidenziali e problemi di ispirazione... ecco che riesco ad aggiornare questa storia :)
Non posso che augurarvi buona lettura, spero vi piaccia questo capitolo!


Credevo che James si abbuffasse solo a scuola approfittando del fatto che gli elfi domestici delle cucine sono sempre più che disponibili a cucinare per un intero reggimento a qualunque ora del giorno.
Invece questo pozzo senza fondo riesce davvero a divorarsi in piena estate quell’indefinito quintale di roba che ha nel piatto. Sua madre era pronta ad accompagnarmi al San Mungo convinta che fossero gli effetti collaterali della “lezione” di ieri… soltanto perché le avevo assicurato che per colazione mi bastava pane, burro e marmellata.
-Illuminami- comincio posando la mia tazza sul tavolo, sinceramente colpito da come riesca a mangiare ugualmente con questo caldo -Dopo aver spazzolato quel piatto a che tipo di magia oscura dovrai ricorrere per convincere la tua povera scopa a portarti in giro?-
Ride e mi manda a quel paese come farebbe in qualunque altra mattinata me ne esca con commenti simili. Se non lo conoscessi meglio potrei anche credere che ogni cosa sia tornata alla normalità, ma è impossibile non notare che di tanto in tanto mi studia di sottecchi per assicurarsi che sia tutto a posto.
La signora Euphemia sorride tranquilla, e va recuperare la posta. Quando torna però un po’ del suo buonumore se n’è andato, sostituito dalla preoccupazione. Apparentemente oltre al loro gufo, ne è arrivato un altro con una lettera per me.
Ma non mi preoccupo più di tanto riconoscendo la calligrafia –Mia cugina Andy, deve aver saputo di ieri- annuncio, tranquillizzando James che era pronto a impadronirsi della busta e portarsela il più lontano possibile.
-Credevo fosse tagliata fuori da quando… sai… da quando ha conosciuto quel Tonks-
Do un’alzata di spalle noncurante –Avrà sentito qualcosa in giro. Oppure è possibilissimo che quella pettegola di zia Druella sia stata invitata a qualche festa e non si sia fatta sfuggire l’occasione per sparlare-
Annuisce, mettendo da parte il piatto mezzo vuoto per sporgersi sul tavolo –Quindi cosa dice?-
Le notizie girano veloci fra i Black e non solo, anche a causa del volume disumano delle grida di mia madre. Non mi sorprenderei se le mie cugine, gli zii e più o meno tutte le famiglie purosangue della Gran Bretagna abbiano saputo limitandosi ad ascoltare l’eco dei suoi strepiti dalla finestra aperta. In breve è successo che dopo di me, a passare un brutto quarto d’ora è stato zio Alphard che si era presentato a Grimmauld Place sperando di poter ragionare con sua sorella.
Gli è andata male a quanto sembra, avendo avuto l’ardire di schierarsi dalla mia parte dandomi ragione, la parola più gentile che si è sentito rivolgere è stato “traditore” e per non si sa quale colpo di fortuna è riuscito ad uscire da Grimmauld Place relativamente indenne. Fisicamente e finanziariamente parlando. Non che gli sarebbe importato poi quel granchè se fosse andato ad aggiungersi alle fila dei diseredati, ci tiene ad informare Andromeda, ritiene che stavolta Walburga abbia veramente passato ogni limite.
Non ci vuole un grande sforzo d’immaginazione per indovinare cosa ha oltraggiato così tanto lo zio: prevedibilmente la cara mamma doveva aver annunciato di voler potare qualche altro ramo dell’albero genealogico. L’unica consolazione per ora sembra che nessuno ha fatto ulteriori danni all’arazzo, e sinceramente mi stupisco che qualcuno sia riuscito a farla desistere essendo Walburga una donna piuttosto impaziente quando si tratta di rappresaglie.
Finisco di leggere e Prongs caccia un fischio che è tutto fuorchè ammirato.
Tira a sé quel che è rimasto della sua colazione riprendendo a mangiare -Amico fattelo dire, tua madre è completamente pazza-
Metto da parte la lettera, sbuffando –Ma dai? Dimmi qualcosa che ancora non so-
Faccio del mio meglio per cambiare discorso. Oggi è una bella giornata di sole e James si è messo in testa di andare a far pratica con le scope, sono più che deciso a farla finire bene com’è cominciata.
E c’è ancora da mettere a punto il piano di allenamenti, si era detto che quest’anno dovevamo assolutamente trovare una soluzione al problema dei Serpeverde che prenotano il campo nei giorni migliori costringendoci ad allenarci quando c’è brutto tempo o quasi all’ultimo minuto. Se cominciamo a preparare un calendario adesso, basterà ritoccare qualcosa qui e là appena avremo gli orari definitivi delle lezioni e andare a farcelo approvare prima che ci pensi il loro capitano. Fine del problema, delle discussioni e delle risse, si spera, per la gioia di entrambi i prof a capo delle nostre Case e di madama Pomfrey. Almeno, quelle che iniziano per motivi sportivi…
Abbiamo appena finito di preparare la tabella annotando le date degli esami più importanti quando sentiamo suonare alla porta. Resto concentrato sul foglio per non combinare un pasticcio, d’altronde questa non può essere una visita per me.
Rimpiango la comodità di quelle penne babbane che Lily va spacciando in giro per la Torre di Grifondoro da anni, con quelle si può scrivere senza doversi preoccupare delle colature, della penna a cui va rifatta la punta e delle ditate che si lasciano in giro se l’inchiostro fatica ad asciugare.
-James, aspettiamo qualcuno?- domanda la signora Euphemia dal cortile sul retro, dove sta stendendo il bucato.
-Tranquilla ma’, vado io!- le risponde a voce alta –Ieri ho scritto a Remus e…-
Stavo ascoltando distrattamente ma quando lo sento nominare Rem alzo di scatto la testa, unicamente per tornare a fissare la pergamena dove ora c’è questo capolavoro d’arte moderna causato dall’inchiostro schizzato un po’ dappertutto perché senza volere ho calcato abbastanza da spaccare la penna d’aquila in due.
-Merlino…- impreco a mezza voce guardandomi le mani macchiate, già rassegnato a dover ricominciare daccapo, fissando alternativamente la pergamena e James che si è paralizzato lì dov’è indeciso su che fare. Tende a capitargli quando è consapevole d’averla fatta grossa, alla maniera dei cervi che si fermano nel mezzo della strada a fissarti senza sapere se andare avanti o indietro.
-Ops…-
Gli dedico un sorrisino amorevole, di quelli che gli riservo nei rari casi in cui la sua furbizia ci procura qualche guaio veramente degno di nota -Ops un corno, Prongs. Cos’è questa storia?-
Tipico di lui provare a tenermi nascosto qualcosa e poi tradirsi così! Sarò brutalmente sincero, stavolta ne sono felice. Almeno posso nascondere l’arma del delitto prima di avere testimoni.
C’è solo una piccola scomodità nell’avere un amico capace di trasformarsi in cervo. È incredibilmente veloce e come tutti gli erbivori ha quel sesto senso che gli fa capire quando è meglio mettersi a correre con quei cinque nanosecondi di anticipo che fanno sempre comodo.
Lo vedo benissimo che vorrebbe sparire alla velocità della luce, ed evitare di incrociarmi come minimo per le prossime ventiquattro ore -Meglio che vada ad aprire…-
-James Potter- e fortuna che sua madre sia fuori, o comincerebbe a domandarsi se sia normale che mi sia messo praticamente a ringhiare –Se il tuo fondoschiena si solleva di mezzo millimetro da quella sedia giuro su quello che ti pare appena siamo ad Hogwarts ti rovino, non riuscirai ad avere un appuntamento decente con la Evans nemmeno pregando!-
-Senti lo sai com’è fatto Moony, prima o poi l’avrebbe scoperto ugualmente…-
-Non solo l’hai fatto venire qua, gli hai pure raccontato tutto?!-
Non me ne frega un bel niente di ascoltare le sue giustificazioni, adesso sì che sono davvero incazzato nero. Una cosa doveva fare, una sola… che gli costava darmi ascolto e lasciarlo fuori da questa storia?!
-Fammi capire, ieri ho parlato arabo per caso?- mi fa un cenno di diniego, forse sperando che sbollisca la rabbia prima di provare a parlare –Magari ho balbettato, allora…- un altro no –Bene, quindi spiegami esattamente COSA TI È PASSATO IN QUELLA TESTESTACCIA VUOTA QUANDO HAI PENSATO DI SPEDIRE UNA LETTERA A REMUS NONOSTANTE T’AVESSI PREGATO DI STARE ZITTO?!-
Mi accascio sulla sedia con le mani nei capelli. E ora che cavolo m’invento? Al diavolo tutto, io me ne torno a dormire sperando che questo sia solo un altro incubo e là fuori non ci sia sul serio un licantropo che mi farà volentieri a strisce per avergli nascosto questa faccenda per anni.
Mi ferma prima che possa scappare di sopra a barricarmi in camera-Adesso ti stai comportando come un bambino-
-Senti chi parla…- soffio.
-Ehi, in questo preciso istante mi stai dando dei punti- ribadisce James –Non credere che non mi sia accorto che ultimamente quando sparisci tu casualmente scompare anche Moony e per un’ora almeno possiamo scordarci di trovarvi, se per stare da solo con lui ti sei messo a cercare un posto che non compare sulla mappa non ti pare si meriti di sapere anche la verità?-
Sì ma non era compito suo decidere che doveva saperla tutta quanta oggi, che diamine! Va bene che aveva cominciato ad avere giusto un paio di sospetti. Ma Prongs davvero non ha la più pallida idea di quanto mi abbia messo nei casini arrogandosi il diritto di spiattellargli per filo e per segno gli stramaledetti fatti miei.
Rem è particolarmente suscettibile su certi argomenti, sa che vuol dire avere segreti che non si possono raccontare al primo che passa. Si è fidato a rivelarci, beh più che altro confermarci, del suo piccolo problemino mensile. La nostra opinione è che non sia tutto questo gran problema, insomma abbiamo dovuto tenerci una foglia di mandragola in bocca per un mese e bere una pozione assolutamente orribile fra le altre cose… ma una soluzione per stargli accanto l’abbiamo trovata. Eppure la vive ancora malissimo, tolti noi tre molti altri hanno un’opinione differente di quelli come lui.
Se adesso sa che invece io ho preferito nascondergli i miei problemi invece di parlargliene sicuramente penserà che l’ho fatto perché non mi fidavo abbastanza di lui, come minimo non vorrà più vedermi e tanti cari saluti al mio piano di averlo come coinquilino finita la scuola, quando pensavo di trovare un posto che fosse nostro dove stabilirci e vivere senza dover dipendere da qualcuno.
-Ragazzi mi meraviglio di voi! Non è cortese far attendere gli ospiti sulla porta- ci rimprovera la signora Potter, che deve aver fatto il giro della casa dopo la seconda scampanellata. Sorride al nostro licantropo preferito invitandolo a entrare –Prego caro, fa’ pure come fosse casa tua-
Remus la ringrazia, aggiustandosi in spalla il solito tascapane leggermente malconcio che si porta alla Stamberga Strillante a ogni plenilunio e dove anche noialtri riponiamo la roba che altrimenti potremmo perderci in giro. Per come conosco quella borsa, dentro ci stanno comodamente un paio di coperte, vestiti di ricambio, una buona scorta di dolci per il mattino dopo, Prongs ci mette il suo Mantello dell’Invisibilità, io i suoi occhiali sapendo che altrimenti li scorderebbe e la nostra mappa, Pete la sua bacchetta perché dopo la prima luna piena che abbiamo passato da animali ha scoperto che qualcuno l’ha usata per farcisi i denti e non è ancora stato in grado di stabilire con certezza, né lo sarà mai per quanto mi riguarda, se sia stata colpa mia o di Moony. Ora indovinare il contenuto è un po’ meno facile, ma se è vero che il lupo perde il pelo ma non il vizio quasi certamente ci avrà messo quelle che considera le provviste essenziali per qualunque giornata lontano dalla sua tana: cioccolata e libri.
Restiamo a fissarci, lui a braccia conserte ed io con le mani in tasca per resistere alla voglia di metterle addosso a chi so io.
Io non parlo, lui nemmeno. Passano altri minuti e intuisce che se aspetta che mi dia una mossa non combineremo niente -Beh, non si usa più salutare?-
Cerco di farmi passare il malumore. Non posso certo prendere e andarmene ora che mi sta proprio davanti –Come va?-
Mi fissa piuttosto divertito -Credevo di doverla fare io quella domanda, considerando che nella lettera c’era scritto di venire alla svelta perché avevamo un’emergenza- posa la borsa per terra e ci segue in cucina –Devo intendere che James l’ha fatta più tragica di com’è realmente?-
Per amor del cielo, cervello, pensa a una risposta intelligente. Ti scongiuro.
-Sì, cioè… non esattamente…-
Ecco, esatto, ottimo lavoro
–È complicato. Possiamo parlarne dopo, con calma-
Gli secca che stia prendendo tempo. Ma se dobbiamo farlo, allora lo facciamo alle mie condizioni. Voglio un posto tranquillo dove stare soli, lui ed io, e non accetto discussioni su questo punto.
-Come ti pare, tanto a casa mi aspettano per domani- fa con quel tono sbrigativo che sa quanto profondamente detesti e mi ignora, rivolgendosi poi a James –Sempre se non è un problema-
-Facciamo che ti fermi per tutto il fine settimana e a casa ci torni lunedì- rilancia invece James, cogliendo l’occasione perfetta per lasciarmi qua a sbrigarmela da solo –Ci penso io ad avvertire i tuoi-
Mi trattengo dal dedicargli un meritatissimo dito medio solo perché c’è in giro sua madre. Dopotutto la vendetta è un piatto che si gusta meglio freddo, preferisco lasciare che abbassi la guardia per combinargli uno scherzo che non si scorderà mai quando meno se lo aspetta non appena torniamo a scuola.
Perché James apparentemente quando deve spifferare qualcosa pur di farlo come si deve è capace di informare veramente tutti, vengo a sapere.
-Possibile che sia arrivato per primo?-
-Cos’è, facevi a gara con qualcuno?- borbotto di malavoglia.
Troppe mattinate insieme per non capire cosa significa quella domanda, stanotte ha dormito poco e di conseguenza s’è svegliato tardi. Quando gli capita pur di esser puntuale è capace di fare tutto di fretta e di saltare pure la colazione. Così oltre alla tazza di tè che gli ho versato mi allungo a recuperare anche qualche biscotto dal barattolo sul bancone.
Quello che non capisco esattamente è chi altro si aspettava di trovare.
-Beh a dirla tutta sì. Peter abita relativamente vicino…-
Ho abbastanza lucidità da posare la tazza, il disastro con la penna m’è bastato. Perché non può essere possibile, sicuramente stamattina ho lasciato la testa sul comodino –Credo di essere ancora mezzo addormentato, prova a ripetere-
Non gli sfugge la leggera minaccia. Perché sì, davvero, lo sfido a ripetere.
–Peter, lo conosci, quell’altro nostro amico? Non troppo alto, goloso di dolci, non gli dici mai un accidenti di niente esattamente come fai col sottoscritto…- accenna con quel misto fra la presa per i fondelli e la serietà che mi fa davvero perdere la pazienza quando so di non meritarmelo. Come in questo istante, ad esempio…
-Beh congratulazioni, purtroppo la medaglia per il primo posto non ce l’abbiamo!-ribatto, punto sul vivo, posandogli la colazione sul tavolo con meno gentilezza di quanto avrei voluto. Perché non può fare a meno di fare la predica al prossimo, stupido io ad aspettarmi che potesse comportarsi diversamente.
Non si fa intimidire, conosce troppo bene le mie lune per preoccuparsi –Perché non me l’hai mai detto?-
-Perché ovviamente non sono io quello che se ne sta in un angolo a fare collane di margherite e piangersi addosso lamentandosi di quanto la vita faccia schifo!-
Oh, sì, ho toccato il tasto giusto. Ci mette mezzo secondo a reagire, le guance già imporporate dalla rabbia -Quindi io sarei così?! Sirius…-
-Scordatelo, niente “Sirius” come fai sempre! Per una volta tanto cerca di non giocarti la carta dei sensi di colpa, credimi, pessima strategia oggi-
Incrocia le braccia al petto, il mento in fuori con quel fare quasi arrogante che proprio non gli appartiene –Ok, e come devo chiamarti allora?-
-Guarda, non farlo proprio se puoi!- sbotto, dal mio lato della stanza. Che ci sentano pure fino in Galles, se la faccenda ormai è di dominio pubblico tanto vale –Cosa volevi sentirti dire?! Che le prendo da quando ero bambino? Che ho resistito per tutto questo tempo solo per Regulus che ieri non ha mosso un dito? O che mia madre preferirebbe vedermi morto piuttosto che insieme a qualcuno come te?!- a forza di gridare mi sta venendo mal di gola. Allargo le braccia, esasperato –Bene, adesso lo sai! Lasciamo perdere o vuoi continuare, per vedere chi di noi se l’è passata peggio finora? Ce n’è finchè ti pare, te lo assicuro possiamo andare avanti fino a domani…-
Vedo la sua faccia perdere rapidamente colore. Ora forse vorrebbe esser rimasto nella sua beta ignoranza. Ha una pessima faccia da poker, il motivo per cui perde sempre quando si gioca a carte in Sala Comune, tutto quello che pensa gli si legge in faccia come se l’avesse scritto in fronte.
Ho esagerato. Non ho ragionato, mi sono lasciato prendere la mano. Ma quando se ne sta troppo comodo sul suo piedistallo mi fa imbestialire, proprio non ce la faccio a starmene buono lasciandolo fare.
Forse però ho un minimo di ragione, oggi, appena quel tanto che basta per fargli decidere che stavolta posso averla vinta io. Non mi da il tempo di mettere insieme scuse di alcun tipo, cambia direttamente discorso.
-Dunque, dal momento che preferisci stare insieme a “qualcuno come me” devo intendere che posso risparmiarmi di sentire James russare stanotte?-
È una cosa talmente a caso che quel poco di risoluzione a tenergli il broncio svanisce. Davvero, non è uno di quei commenti che si possono prendere sul serio. Così finiamo a sogghignare sottovoce fregandocene beatamente se fino a cinque secondi fa ci saremmo volentieri mandati al diavolo, ancora ognuno dal proprio lato della stanza col tavolo in mezzo a mo’ di barricata.
-Mi sono perso qualcosa…?- James ha un tempismo tutto suo alle volte. Voleva avvertire di aver spedito la lettera e aver già sistemato la roba di Rem di sopra e non si aspettava certo di vederci così dopo averci sentiti alzare non poco i toni.
Ma la prende bene. In verità mi sembra la prenda fin troppo bene. Come se un po’ se lo aspettasse, se lo fosse augurato così a lungo da non poter fare a meno di esser felice a vedere che finalmente è accaduto.
-Pareva tanto doveste saltarvi addosso da un momento all’altro…- si caccia una mano in quella criniera scompigliata, essendosi evidentemente reso conto del rossore persistente di Remus dopo quella che possiamo definire una “dichiarazione omeopatica” –… e ho idea che quella voglia ce l’abbiate ancora, quindi sì… ehm, vi lascio soli?-
In effetti com’è che si dice, in due si sta in compagnia e in tre si è in troppi…
   
 
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