*\* Allora. Salve.
Alcuni di voi probabilmente mi conoscono - lo spero,
almeno ò.ò -, altri
aprono una mia storia per la prima volta in vita loro, e si domandano
perché
mai una pazza come me abbia deciso di postare un qualcosa.
._.”
*La pazza - che è anche una ritardataria
cronica, da un po’ - chiede
scusa, in primis. Ci teneva a dirlo*
Dunque.
Questa raccolta, perché di una raccolta si
tratta, è nata senza una vera
ragione: pensare fa male, e pensare all'ultimo capitolo di InuYasha,
per chi è
come me, può risultare dolorosissimo. Indi, ho deciso di
aprire una nuova
raccolta in questa sezione, sperando sia cosa gradita - non uccidetemi
ò.ò, per
favore. çoç
Quindi... Non ci saranno molti nessi tra le varie Shot:
potranno essere
delle InuYashaXKagome - e molte lo saranno -, ma potrei anche
concentrarmi su
di un unico personaggio, o su di una diversa coppia. Probabilmente mi
lascerò
consigliare, e do la possibilità anche a voi lettori di
contattarmi e chiedere.
L'elaborato che ne scaturirà sarà alla persona
che chiederà dedicato <3,
anche se non credo ci sia qualcuno così autolesionista da
volere un mio
regalino XD.
Questa prima Shot è nata senza premeditazione.
Ho immaginato la scena e
l'ho buttata giù.
Va detto che è un missing moment ambientato
dopo il finale: quello che i
fan hanno sempre sognato ma mai visto, insomma <3.
Ringrazio chi leggerà e, in special modo, chi
commenterà, perché la mia
carentissima autostima necessita di pareri XD.
Ringraziando, mi congedo U.U */*
{PS del 12/08/2011: uh.
Sono… due anni e un mese, che
questa raccolta esiste.
Non ho alcuna intenzione di
revisionare i primi
capitoli: ho storie in condizioni ben più disperate, e
dedicarmi a sistemare
questa raccolta, che tutto sommato è quasi decente, mi
sembra stupido. X° Lo farò,
ma non ora.
I capitoli, come avevo
già premesso qui *indica l’introduzione*,
sono parecchio slegati tra loro, e la gravidanza di Kagome è
affrontata a più
riprese in vari modi: questo perché ce li vedo a litigare
per il sesso del
nascituro, ma so anche che poi Kagome sclererebbe per scegliere un nome
ad
InuYasha gradito. u___u”
“Fairytale”
è… Fairytale, punto. Il nome del mio portfolio,
dei vari blog
che ho aperto negli anni. Fairytale mi ha fatto ridere e piangere, e
fluffeggiare come poche cose al mondo. X°
Quindi… niente. Volevo
solo salutarvi.
Ho sistemato l’HTML dei
primi due capitoli – oddio, mi
domando che problemi avessi con NVU, dato che il font è
grande quasi come una
casa(!) – e nient’altro. Così, per hobby.
Spero che la fan fiction sia
di vostro gusto, un
abbraccio. <3
fairytale;
Personaggi:
InuYasha, Kagome, InuYashaKagome.
Avvertimenti/Note: What if?, Romantico, Introspettivo, Generale. Fluff.
[905 parole circa]
A
Emiko.
Lei sa perché <3.
«Un
maschio».
«Una
femmina!».
«Ho
detto», ricominciò all’improvviso
InuYasha, guardandola con espressione irata. «Ho detto che
sarà un maschio. E
lo sarà, certo che lo sarà».
Se
la cosa la indispettiva, di certo
Kagome non lo diede a vedere, perché si voltò,
ricominciando a dividere le erbe
mediche da quelle velenose, così come le aveva insegnato la
vecchia Kaede. Un
po’ di qua, un po’ di là.
Lentamente. «Sarà una femmina»,
ribatté all’improvviso,
senza tuttavia osservarlo. «Dopotutto». Si
sfiorò eloquentemente il ventre, poi
sorrise. «Dopotutto, è qui. Dentro di me. Credo
che il mio legame sia più
intenso del tuo, o sbaglio?».
InuYasha
ringhiò, indispettito,
accucciandosi all’improvviso per terra – lei
ridacchiò. Le ricordava il vecchio
Hachi, il cagnolino che abitava nella casa accanto alla sua scuola
media, e che
era solito guardare incuriosito le donne incinte, avvicinando il
piccolo nasino
alle loro enormi pance. Era un bel cucciolone –
sospirò, malinconica –, chissà
che fine aveva fatto.
«Sarà
maschio», continuò InuYasha con
aria saccente, sedendosi nuovamente sui talloni per guardarla negli
occhi. «Non
può essere altrimenti».
Kagome
inarcò un sopracciglio,
scostandosi una ciocca di capelli corvini dal volto accaldato.
L’estate era una
brutta stagione, per essere quasi pronte al parto. Pregò con
tutta se stessa di
non dover dare alla luce il bambino – la
bambina,
si corresse d’impulso – proprio in
quell’irritante periodo. Sentendo un
rantolio irritato, sollevò gli occhi verso
l’hanyou. «Sei un sessista»,
borbottò infine.
«Un
sessista?». InuYasha
sbatté più volte le palpebre, nel tentativo di
riordinare le idee. «Cosa significa?»,
rantolò, sconfitto, quando si rese conto
di non aver mai avuto a che fare con quel termine.
Lei
rise, inclinando il capo di lato
e portandosi le mani sul ventre, quasi a volerlo difendere.
«Significa che
discrimini un sesso in favore di un altro»,
biascicò, sperando di aver dato la
risposta giusta. In ogni caso –
nell’eventualità che quanto appena detto fosse
solo un’enorme stupidaggine – lui non
l’avrebbe mai saputo. «Tu preferisci un
maschio ad una femmina, quindi sei sessista».
La
guardò con aria irritata, mentre
le orecchiette si muovevano. Poi sbuffò, sollevando gli
occhi verso il cielo
nel disperato tentativo di riprendere il controllo. «Non
preferisco un maschio
ad una femmina».
Kagome
si lasciò sfuggire una
risatina nervosa. «Hai appena detto che vuoi un maschio: non
significa che preferisci
un bimbo ad una bimba?». Lasciò andare
l’erba medica per lanciargli un’occhiata
più penetrante. «Allora? Non ti sembra un
atteggiamento sessista, il tuo?».
«No».
Sbuffò.
«InuYasha, non fare
l’infantile e ammetti di preferire un maschio».
«Voglio
un maschio», concesse lui,
posando una mano sul ventre di Kagome – tremò
appena, scoprendo che il tessuto
del kimono era molto sottile e che riusciva quasi a sentire il calore
della sua
pelle – e carezzandolo distrattamente. «Voglio un
maschio, sì, ma un motivo
c’è».
«E
sarebbe?».
Lui
arrossì, Kagome lo guardò
perplessa.
«Nulla.
Fingi di non aver sentito».
«Oh,
no. No, no e poi no». Incrociò
le braccia sul petto, alzandosi quel tanto che bastava per riuscire a
guardarlo
negli occhi. Poi ridacchiò, palesemente divertita.
«Hai parlato, mi hai incuriosita,
ora finisci».
«Ma-».
Aggrottò
le sopracciglia, puntandogli
un dito contro. «Niente ma. Non osare dire ma, o
sta’ certo che non avrai vita
facile». Un minimo dolore al ventre la colse impreparata
– si morse il labbro
inferiore, costringendosi a continuare a guardarlo. «Ti
decidi a parlare?».
InuYasha
abbassò gli occhi e mugugnò
qualcosa, torturandosi le mani.
«Non
ho capito nulla», lo interruppe
Kagome. «Ripeti».
«Perché
se nasce un maschio poi avrà
modo di difendere sua sorella, in futuro», urlò
lui tutto d’un fiato. E si alzò
in piedi. E si alzò in piedi perché era
imbarazzato, e non voleva farle vedere
le sue gote arrossite. Ed era imbarazzato – e non voleva
farle vedere le sue
gote arrossite – perché si vergognava assurdamente
di quel pensiero così poco da
lui.
Se l’avesse saputo Miroku, gli avrebbe di certo riso
in faccia.
E
avrebbe fatto bene: del resto, se
fosse stato il monaco a rivelare un pensiero così umiliante,
l’avrebbe preso in
giro a vita. Era logico.
«Carino».
Si
voltò di scatto verso Kagome,
dimentico delle guance rosse e del senso del pudore che gli urlava di
scappare
via. Lei sorrideva, contenta.
«È
un pensiero davvero carino»,
dichiarò, guardandolo. «Davvero»,
ripeté, per sottolineare il concetto.
Poi si inclinò leggermente in avanti – le loro
bocche si incrociarono per un
lasso di tempo forse troppo bene, e InuYasha la guardò,
arrabbiato. Lei rise,
in attesa di essere baciata di nuovo. «Sei tenero».
«Non
dirlo più, non sono
tenero».
«Certo”,
ribatté ironica. «Non sei un
amore. E non hai appena fatto il pensiero più dolce del
secolo».
«No»,
confermò lui. Poi si lasciò
ricadere a terra, guardando il cielo. «Non sei pentita,
vero?».
Kagome
lo guardò perplessa. Gli si
avvicinò di nuovo, decisa a scostargli una ciocca di capelli
dal volto. «Non
sarò mai pentita», sussurrò,
carezzandogli la guancia con dolcezza. «Mai. Non
mi pentirò mai né di essere tornata in
quest’epoca», prese fiato, poggiando il
capo sul suo petto e stringendo tra le dita il suo abito,
«né di questo». E si
toccò il ventre, allegra. «Quindi non pormi
domande stupide e abbracciami».
«Oggi
fa caldo, Kagome. Abbracciandoti
potrei – non so, tsk. Magari potresti cominciare a sudare e
dimenarti! Potresti
chiedermi di lasciarti andare”.
Sorrise,
poi gli afferrò il polso
affinché le circondasse la vita. «Mai».
E sorrise, lasciando
che l’opprimente
arsura di quella giornata s’intensificasse ancora un
po’.