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Autore: Sophie_moore    03/10/2018    2 recensioni
Questa storia fa parte della serie "Writober - RWBY's Alternative Universes"
Casual!AU
Si girò di lato, guardò la sveglia che lampeggiava di verde: segnava le 2.18 di notte.
Sembrava che gridasse, o almeno a Qrow pareva che fosse così.
[...]Comunque, tutto quel rimuginare e affaticarsi, non avrebbe cambiato la situazione.
Ma, d’altronde, non l’avrebbe fatto neanche dormire.

Spero che vi piaccia, vi abbraccio!
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Qrow Branwen
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'RWBY's Alternative Universes'
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Questa storia appartiene alla serie “Writober – RWBY’s Alternative Universe”

Prompt: Insonnia
Personaggi: Qrow Branwen

Per non pensare

Qrow si svegliò.
Si girò di lato, guardò la sveglia che lampeggiava di verde: segnava le 2.18 di notte.
Sembrava che gridasse, o almeno a Qrow pareva che fosse così.
Sbuffò, stringendo le mascelle. Guardò verso l’alto, mentre una fitta dolorosa gli dava la sensazione che la testa si sarebbe spaccata a metà.
Inspirò profondamente.
Avrebbe voluto rigirarsi dall’altra parte e addormentarsi, magari sognare qualcosa di bello. Invece puntava gli occhi al soffitto, come se qualcosa là sopra lo tenesse incatenato.
Eppure erano passati mesi.
Mesi. Avrebbe dovuto smetterla, avrebbero dovuto lasciarlo andare.
E invece erano lì. Lo attanagliavano come una tagliola, gli facevano mancare il fiato come un cappio stretto al collo.
La verità era che avrebbe voluto morire. Avrebbe voluto esserci lui al posto di Summer.
Ogni giorno sperava di non svegliarsi, di poter tornare indietro e riportare alle sue figlie Summer, quella donna che era molto più di una donna.
Ringhiò. Si mise a sedere, portandosi le mani alla testa.
Non dormiva da quando Summer era morta e ogni notte era peggio: ci provava, sempre, ma andava male. Si svegliava col batticuore, o semplicemente così, senza un motivo specifico.
Sognava la sua amica, quella persona che era riuscita a salvarlo dalla sua oscurità, quella persona che era rimasta vittima innocente della sua sfortuna cieca, e la sognava viva e vegeta. Una madre meravigliosa per le due figlie.
E voleva odiare Raven, con tutto il cuore, ma non poteva. E si detestava per quello. Perché era contento che Raven fosse sopravvissuta all’incidente, lo trovava riprovevole, anche se Raven era sua sorella gemella.
Comunque, tutto quel rimuginare e affaticarsi, non avrebbe cambiato la situazione.
Ma, d’altronde, non l’avrebbe fatto neanche dormire.
Si mise in piedi, barcollando, e a passi ciondolanti si avviò verso la cucina spoglia. Aprì il frigorifero.
C’erano delle birre a portata di mano, solo un paio – ah no, tre, una era nascosta dietro al cartoccio del latte. Ne aprì una, si sedette, la portò alle labbra.
Se non fosse più riuscito a dormire, sarebbe stato inutile. E se avesse avuto la testa lucida, non sarebbe mai più riuscito a dormire.
Perciò la scelta fu logica: bevve, bevve fino a tossire.
E solo allora si rese conto che oltre alla gola, gli bruciavano gli occhi, e gli bruciava il cuore di dolore.
Avrebbe voluto cambiare le cose.
Non poteva. Decise che non avrebbe più avuto la possibilità di pensarci.

  
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