Rumpelstiltskin allargò le braccia e
inspirò a pieni polmoni l'aria piacevolmente fresca e frizzante di
quel giorno d'autunno, godendo dei timidi raggi di sole che gli si
posavano sul viso, ferendogli gli occhi non più avvezzi alla luce, e
della brezza fragrante di muschio e pino che gli scompigliava i
capelli.
Era rimasto prigioniero nelle segrete
del castello di Biancaneve e del Principe così a lungo da aver
dimenticato cosa significassero quelle sensazioni in apparenza tanto
banali e quotidiane, spesso troppo sottovalutate almeno fino a quando
non se ne viene forzatamente privati. Nella misera e squallida cella
in cui aveva trascorso gli ultimi trent'anni non aveva respirato
altro che umidità e polvere, i suoi occhi non avevano scorto che
tenebre e naturalmente quelle maledette sbarre incantate che, giorno
dopo giorno, lo prosciugavano dei suoi poteri e dietro le quali
baluginava beffarda la promessa di una libertà irraggiungibile.
Trent'anni trascorsi in costante
compagnia dei fantasmi del passato, della bruciante delusione per il
fallimento del suo secolare piano per ritrovare Baelfire, dei demoni
del rimorso e del rimpianto che gli sussurravano crudeli
nell'orecchio ad ogni ora del giorno e della notte (non che in
quell'antro sotterraneo si avesse percezione del loro alternarsi) e
che avevano finito per fargli perdere se stesso, precipitandolo in un
pozzo infernale di disperazione e dolore.
Ma ora era tornato, liberato da quella
patetica versione “buona” di Regina che diceva di provenire da un
altro mondo e asseriva che quella trasposizione della Foresta
Incantata non fosse altro che pura finzione, un'illusione creata da
un desiderio espresso con il preciso scopo di far dimenticare alla
Salvatrice chi fosse davvero.
Rumpelstiltskin era rimasto incuriosito
da quella strana storia, ma avrebbe indagato a fondo in un altro
momento. Ora che era libero aveva una questione della massima
importanza di cui occuparsi e non poteva attendere un secondo di più.
Chiamò a raccolta ogni goccia di magia
che gli era rimasta dopo quel lungo periodo di prigionia e si
smaterializzò in una nube purpurea, riapparendo quasi
istantaneamente nel luogo isolato che per molti secoli era stato la
sua dimora, tanto da essersi meritato l'appellativo di Castello
Oscuro.
Gli anni di abbandono gli avevano
conferito un aspetto desolato e spettrale, con l'edera che era
cresciuta senza freni e aveva preso possesso delle pareti e dei
pavimenti delle sale, i cui arredi un tempo magnifici si trovavano
ora rovesciati a terra, brutalmente mutilati e ricoperti da uno
spesso strato grigio di polvere. Molti dei suoi tesori più preziosi
erano scomparsi dai loro piedistalli o dalle vetrinette, mandate in
frantumi con ferocia dagli avidi sciacalli che erano venuti a far
visita al castello non appena si era sparsa la notizia che il Signore
Oscuro era scomparso da molto tempo e nessuno l'aveva più visto.
Rumpelstiltskin sentì montare la collera nel vedere la sua casa così
devastata e i suoi averi trafugati, ma tutto quel disastro passava in
secondo piano rispetto all'urgenza del compito che lo attendeva.
Svelto, il folletto salì le scale che
portavano alla torre dove un tempo aveva stabilito il suo laboratorio
e dove egli conservava le pozioni e gli oggetti magici più potenti e
pericolosi. Almeno aveva avuto il buon senso di sigillare quella
stanza con la magia del sangue prima di essere catturato e sbattuto
in cella, e infatti trovò la porta chiusa e perfettamente integra,
come se non fosse passato un solo giorno dal suo allontanamento. Il
Signore Oscuro tirò un sospiro di sollievo e, ad un suo rapido
gesto, l'uscio di legno si mosse docilmente sui cardini arrugginiti
come se non aspettasse altro che il ritorno del suo padrone.
La stanza circolare non aveva subito
cambiamenti significativi, se si escludevano le ragnatele che
opprimevano i suoi utensili e il manto di polvere che, come una
coltre di gelida brina invernale, aveva imbiancato i mobili e il
pavimento. Ma almeno tutti i suoi preziosi attrezzi erano intatti e
apparentemente ancora in ottimo stato.
Senza ulteriori indugi, Rumpelstiltskin
si diresse a grandi passi verso un vecchio armadio nero, spalancò le
ante e passò in rassegna con lo sguardo le numerose boccette
sistemate con ordine all'interno. Tutto era rimasto al suo posto,
come se quei trent'anni non fossero stati altro che un mero battito
di ciglia e Rumpelstiltskin individuò immediatamente ciò che stava
cercando: una fiala di modeste dimensioni contenente un liquido
trasparente che si sarebbe potuto scambiare per normalissima acqua ma
che, in realtà, era una potente pozione di localizzazione.
Il Signore Oscuro l'afferrò, dopodiché
iniziò a frugare febbrilmente in un punto imprecisato sul fondo
dell'armadio, scostando con impazienza tutto ciò che gli capitava a
tiro.
Ma dove accidenti è finito?!
Finalmente, le sue
dita artigliarono un fagotto di tessuto morbido, che il folletto si
affrettò ad estrarre dal mobile. Si trattava di uno splendido
mantello damascato con cappuccio. Rumpelstiltskin ebbe un tuffo al
cuore nel rivedere quell'indumento dopo tanti anni e, in un istante,
la sua mente si riempì di ricordi agrodolci. Ricordi di lei e
dei momenti che avevano condiviso.
Il Signore Oscuro
accarezzò la stoffa immaginando che fosse la sua pelle di
porcellana, vellutata e calda come la ricordava, e ne inspirò a
fondo l'odore cercando di ritrovarvi anche solo una flebile traccia
del suo inconfondibile profumo di rosa e vaniglia, ma tutti quegli
anni sul fondo dell'armadio avevano impregnato il tessuto di uno
sgradevole sentore di chiuso e umidità.
Non importava. Quel
mantello era appartenuto a lei e ora Rumpelstiltskin se ne sarebbe
servito per ritrovarla.
Con mano tremante,
il Signore Oscuro stappò la boccetta e ne versò il contenuto
sull'indumento. Questo prese immediatamente a risplendere di un
bagliore argenteo e ad emettere una strana vibrazione, come se si
fosse animato di vita propria.
Rumpelstiltskin
strinse forte il mantello tra le mani e si smaterializzò,
lasciandosi guidare dalla magia della pozione che ora scorreva tra le
pieghe del tessuto e che l'avrebbe condotto nel luogo in cui si
trovava la sua ex-proprietaria.
Quando la nube
viola intorno a lui si diradò, Rumpelstiltskin si guardò intorno e
riconobbe all'istante il palazzo della Regina Cattiva. Quante volte
le aveva fatto visita in quelle sale? Non aveva dubbi su dove si
trovasse, sebbene anche quel luogo, come il suo castello, non fosse
stato risparmiato da anni di incuria e scorribande di ladri
scellerati.
Tuttavia, il
mantello vibrava ancora stretto tra le sue dita, ansioso di
raggiungere la donna che un tempo l'aveva indossato, allora il
Signore Oscuro lo liberò dalla sua presa ferrea e prese a seguirlo
mentre volteggiava senza esitazioni tra rampe di scale e corridoi di
pietra.
Rumpelstiltskin
inseguì l'indumento incantato fino ad una porticina che si apriva su
una stanza circolare nella torre più alta del palazzo e lì si
arrestò, osservando il mantello che ricadeva a terra e si
afflosciava inerme proprio di fronte alla porta, l'effetto della
pozione ormai esaurito.
Il Signore Oscuro
si portò una mano al petto, come nel tentativo di rallentare i
battiti del suo cuore impazzito e controllare il respiro che gli si
era fatto corto e affannato. La determinazione e la sicurezza che
l'avevano accompagnato fino a un attimo prima svanirono come neve al
sole e una raggelante sensazione di terrore s'impadronì di lui che,
a un tratto, si scoprì incapace di allungare il braccio per forzare
la serratura ossidata e annerita dall'opera corrosiva del tempo.
Temeva ciò che
avrebbe potuto trovare al di là di quella misera porticina, temeva
di scontrarsi con una realtà che non era certo di poter sostenere e
che avrebbe spento per sempre quella minuscola scintilla di speranza
che, chissà come, si era conservata intatta per tutti quegli anni
nel suo cuore arido e oscuro.
Ma alla fine
prevalse il desiderio (no, il bisogno) di verità e, grazie a un
incantesimo, il folletto fece scattare la serratura e il piccolo
uscio di legno si socchiuse con un cigolio sinistro.
Rumpelstiltskin
dovette ricorrere a tutta la propria forza di volontà per
costringersi ad entrare nell'angusta cella a pianta circolare e ad
esaminare ciò che vi si trovava: una minuscola finestrella ad arco
permetteva a qualche sparuto raggio di sole di filtrare all'interno,
un rudimentale giaciglio di paglia ormai marcia e maleodorante era
stato sistemato proprio sotto quell'apertura e, dall'altro lato della
prigione, erano affissi alla parete di pietra due anelli ai quali
erano state assicurate due pesanti catene che terminavano in un paio
di spessi cilindri di ferro i quali, ai tempi della Regina Cattiva,
venivano impiegati per serrare in una morsa dolorosa i polsi dei
malcapitati prigionieri.
Ma ciò che attirò
l'attenzione di Rumpelstiltskin fu il mucchietto di stracci che
giaceva proprio lì accanto e che, nonostante tutto quel tempo,
avevano l'aria terribilmente famigliare.
Il Signore Oscuro
mosse qualche rigido passo verso quel punto della cella e cadde
rovinosamente in ginocchio quando si rese conto con orrore che quei
brandelli di tessuto celeste celavano inequivocabilmente i resti di
uno scheletro umano di piccole dimensioni, come se fosse appartenuto
a una persona minuta... una ragazza.
Le mani gelide gli
tremavano violentemente e in modo incontrollabile quando sfiorò i
lembi di stoffa logora e riconobbe senza alcun pietoso margine
d'incertezza l'abito che lui stesso aveva tessuto per la sua
domestica anni addietro.
In quel momento,
qualcosa si spezzò irrimediabilmente nel petto del Signore Oscuro
che si sentì pervadere da una fitta lancinante, come se migliaia di
lame roventi avessero appena trafitto ogni singolo centimetro del suo
corpo, straziando le sue carni fino a raggiungere e trapassare i
muscoli e gli organi interni; era come se ogni nervo, ogni tendine,
ogni vena, ogni arteria fossero appena stati lacerati.
Un urlo disumano
proruppe dalla sua bocca distorta in un'orribile smorfia di dolore e
disperazione e Rumpelstiltskin si ritrovò riverso sul pavimento
polveroso della cella accanto alle ossa fredde e bianche di quella
che una volta era stata la sua splendida Belle, il suo Vero Amore, la
sua scintilla di luce in un oceano di oscurità. Le sue membra erano
scosse da tremiti e spasmi e da un pianto inarrestabile che nessuna
magia o pozione avrebbero potuto arginare. Era un dolore che non si
poteva lenire, un male che non aveva cura, una ferita profonda che
avrebbe sanguinato in eterno e che mai si sarebbe potuta rimarginare.
Aveva perso ogni
cosa, Rumpelstiltskin. In quel terribile lampo di consapevolezza in
cui la verità che tanto temeva gli si era mostrata nelle sue vesti
più tremende e crudeli aveva visto svanire la fugace speranza che
per lui ci fosse ancora una possibilità di salvezza dalle tenebre
che minacciavano d'ingoiarlo ad ogni respiro, dalle fauci di quel
mostro senza volto che l'aveva fatto precipitare nel tormento e nella
solitudine per molti secoli.
Belle avrebbe
potuto aprirgli la via per tornare verso la luce, per ricondurlo ad
un'esistenza che valesse almeno la pena vivere. Ma lei se n'era
andata da chissà quanti anni. Era spirata sola, al buio e al freddo
in quella miserabile cella, magari maledicendo il suo nome per averla
cacciata e aver rinnegato il suo amore.
Nulla più gli
restava a parte il disprezzo per se stesso e un cieco desiderio di
farla pagare a tutti, Regina per prima.
Eroi, Cattivi...
non aveva alcuna importanza. Avrebbero sofferto! Tutti loro!
Avrebbero patito il suo stesso estenuante carico di dolore e lui
avrebbe provveduto personalmente affinché nessuno, in qualunque
reame, avesse mai più un lieto fine, così come il suo gli era stato
negato, portato via per sempre e di cui gli rimaneva nient'altro che
quell'inerte mucchietto d'ossa.
***
Finale alternativo ***
Ma alla fine
prevalse il desiderio (no, il bisogno) di verità e, grazie a un
incantesimo, il folletto fece scattare la serratura e il piccolo
uscio di legno si socchiuse con un cigolio sinistro.
Rumpelstiltskin
dovette ricorrere a tutta la propria forza di volontà per
costringersi ad entrare nell'angusta cella a pianta circolare.
Una
volta all'interno, Rumpelstiltskin credette che i suoi sensi e la sua
mente provata dalla pazzia degli ultimi trent'anni di ossessioni e
isolamento gli stessero giocando uno scherzo maligno, altrimenti come
poteva spiegarsi il fatto che il pavimento di pietra fosse
interamente ricoperto di candide rose bianche che saturavano l'aria
del loro dolce profumo, o che al centro esatto della stanzetta di
pietra si ergesse un altare di marmo bianco sul quale era posta una
bara di cristallo che ospitava la sagoma di una ragazza distesa?
Il
Signore Oscuro era perfettamente consapevole dell'assoluta mancanza
di senso di quella visione, come un sognatore che, nella
fantasmagoria del mondo onirico, ne coglie momentaneamente
l'assurdità e viene afferrato dal dubbio di stare, per l'appunto,
sognando.
Rumpelstiltskin
si avvicinò all'altare sentendosi come in trance. Leggiadre nuvole
di petali nivei si sollevarono da terra al suo passaggio e quando il
folletto fu accanto alla bara, scrutò attentamente attraverso il
cristallo impolverato e il suo cuore mancò uno (no, cento) battiti,
perché egli avrebbe riconosciuto ovunque e in qualunque tempo quel
viso di alabastro finemente cesellato da ignoti angeli scultori nel
quale erano stati incastonati due zaffiri che sembravano contenere
tutte le sfumature del cielo e dell'oceano, ora celati dalle palpebre
richiuse su di essi; quella chioma di mogano striata di venature
fiammeggianti, quelle mani piccole dalle dita affusolate, ora
appoggiate una sull'altra all'altezza del ventre, che per prime (e
ultime) gli avevano regalato un tocco gentile, una carezza sul suo
volto di Bestia; quell'abito semplice di cotone che lui stesso aveva
tessuto ispirandosi inconsciamente allo strabiliante colore delle
iridi di lei...
- Belle.
- Rumpelstiltskin mormorò quell'unica parola con voce flebile e
tremante, quasi temesse che quell'illusione, perché di questo doveva
trattarsi, andasse in frantumi se avesse provocato un rumore appena
più forte di quel sussurro.
Ogni
sillaba del suo nome così musicale, così gradevole alla pronuncia e
all'udito, sembrò sprigionare un sapore di miele nella bocca amara
di Rumpelstiltskin il quale, prima di riuscire a frenarsi, sfiorò
con le dita la fredda superficie di cristallo che lo separava in modo
così crudele, così sottile, dal corpo della sua amata assopita.
Ma non
appena la sua pelle squamosa entrò in contatto con il vetro, questo
si dissolse magicamente, tramutandosi in polvere argentata così fine
che evaporò nell'etere come una voluta di fumo.
Rumpelstiltskin
rimase sbalordito, ancora con la mano a mezz'aria nel punto esatto in
cui aveva toccato la barriera cristallina che era appena scomparsa
davanti ai suoi occhi increduli. Ora non c'erano più ostacoli tra
lui e la giovane addormentata; avrebbe potuto con facilità annullare
del tutto ogni distanza, ogni separazione. Dèi, se avrebbe voluto
stringersela al petto e non lasciarla andare mai più! Ma era
paralizzato dal terrore di vedere la sua Belle svanire nell'aria come
era appena accaduto al cristallo che la proteggeva. Non avrebbe
sopportato di perderla di nuovo.
Rumpelstiltskin
non seppe dire per quanto tempo rimase in piedi in adorante
contemplazione della sua dea dormiente. Forse avrebbe trascorso così
l'eternità da quel momento in avanti: in quella torre solitaria a un
passo dal cielo, respirando la fragranza inebriante e pungente delle
rose e nutrendosi di null'altro che della visione meravigliosa della
sua Belle serenamente addormentata. Non era una prospettiva poi così
sgradevole, dopotutto. Almeno sarebbe stato con lei, sarebbero
rimasti insieme... anche se eternamente divisi. Poteva forse essere
peggio che perderla del tutto ancora una volta?
Ma ben
presto, il desiderio di toccarla, di poggiare le proprie labbra su
quelle di lei, si tramutò in una vera e propria esigenza... in un
bisogno vitale quanto il respiro. Rumpelstiltskin si sentiva
soffocare dall'aroma sempre più intenso dei fiori sul pavimento e
aveva la certezza che di lì a pochi istanti sarebbe potuto crollare
a terra senza forze e morire di consunzione ai piedi di quell'altare
se non avesse immediatamente colmato quei pochi centimetri di vuoto
che intercorrevano tra il suo volto bestiale e quello angelico di
Belle.
Lentamente
ma inesorabilmente, piegato da una forza ineluttabile alla quale non
avrebbe mai potuto opporsi, Rumpelstiltskin si chinò sulla ragazza
e, con la mano scossa da un lieve tremore, le accarezzò i capelli
con struggente dolcezza mentre la sua bocca si accostava
delicatamente a quella di lei, dischiudendone appena le labbra
morbide e tiepide proprio come trent'anni prima.
Nell'istante
esatto in cui le loro bocche si congiunsero, una potente onda d'urto
magica si propagò dal punto in cui i loro corpi si erano uniti in
tutto l'ambiente circostante. Una miriade di petali lattei prese a
turbinare nella cella come candidi fiocchi di neve.
Quando,
a malincuore, Rumpelstiltskin interruppe il contatto e sollevò il
capo, si accorse con sorpresa che le gote pallide della ragazza
sembravano aver riacquistato quella sfumatura rosea che gli era
propria, la sua carnagione pareva più luminosa, il respiro che
animava il suo petto più deciso e vigoroso, il colore dei suoi
capelli più vivido, la loro consistenza più corposa... come se una
fiamma vitale quasi estinta avesse ora ripreso ad ardere in lei più
florida che mai.
Possibile che...
Rumpelstiltskin
non aveva mai fatto molto affidamento sulle potenze divine, ma in
quell'attimo si ritrovò a pregare tutti i numi celesti che conosceva
affinché ciò che sembrava, coincidesse con ciò che era.
Il suo
cuore trepidante parve esplodergli nel petto quando il suo sguardo
colse un leggero e quasi impercettibile movimento animare il viso di
Belle. Le sue palpebre ebbero un lieve fremito dopodiché presero a
sollevarsi con lentezza esasperante, rivelando finalmente il tesoro
di lapislazzuli che occultavano.
Rumpelstiltskin
non seppe mai come le sue gambe furono in grado di sostenerlo mentre
osservava il suo Vero Amore destarsi da quell'incantato sonno
trentennale.
- Belle.
Oh, Belle... - La sua voce era rotta dalla commozione, le lacrime
sgorgavano calde dai suoi occhi, rigandogli il volto scarno.
Quando
lo sguardo ceruleo della giovane, ancora smarrito e appannato dal
torpore dell'incantesimo, incrociò il suo, Rumpelstiltskin sorrise e
le accarezzò lievemente una guancia.
- R...
Rumpel? -
- Shhh,
va tutto bene, dearie. Sono qui. Sono qui e non ti lascerò mai più.
-
- Sei...
proprio tu? -
Il
Signore Oscuro annuì, incapace di proferire parola alcuna,
continuando a sfiorare dolcemente quel volto così caro che però
aveva temuto di non rivedere mai più.
Belle
sollevò faticosamente una mano che sembrava pesare quanto un macigno
e lambì a propria volta il viso di Rumpelstiltskin. Quando la
giovane si fu sincerata della realtà di ciò che vedeva, le sfuggì
una risata mista a un singhiozzo.
I due
rimasero così, ad esplorare i propri volti umidi di lacrime e a
guardarsi come se si vedessero per la prima volta, ancora restii a
credere di essersi finalmente ritrovati ed entrambi timorosi di
ripiombare da un momento all'altro nell'incubo in cui le loro anime
avevano dimorato negli ultimi decenni, lontani l'uno dall'altra,
ciascuno rinchiuso nella propria prigione.
Alla
fine, Rumpelstiltskin depose un tenero bacio sulla fronte di Belle e
lasciò indugiare le sue labbra abbastanza a lungo da fare in modo
che la ragazza non avesse più dubbi: lui era tornato. Era lì con
lei.
-
Andiamo, Belle. Ti porto a casa. - così dicendo, il Signore Oscuro
sollevò il corpo della giovane tra le braccia sottraendola al freddo
altare di marmo che sapeva così tanto di morte, di tomba. Belle gli
si strinse al petto, poggiando il capo nell'incavo della sua spalla
ed esalando l'odore della sua pelle calda, così famigliare, così
rassicurante.
Improvvisamente,
Rumpelstiltskin si accorse che i suoi poteri, fiaccati dai lunghi
anni di detenzione, avevano ripreso a scorrergli nelle vene
divampanti come un tempo. La sua magia aveva fatto ritorno e si era
risvegliata insieme alla donna che amava e il Signore Oscuro si rese
conto di non essersi mai sentito così forte. Senza alcuno sforzo,
trasportò se stesso e Belle nella sala dell'arcolaio, al Castello
Oscuro.
Quando
la ragazza si rese conto del disastroso stato in cui versava la
dimora di Rumpelstiltskin si sentì invadere da un'ondata di
tristezza e nostalgia e, per la prima volta dal suo recente
risveglio, sentì sulle spalle il peso degli anni che aveva trascorso
preda dell'incantesimo del sonno. Quante cose erano cambiate da
quando si era addormentata? Quanto di ciò a cui più teneva era
andato in rovina come quel luogo?
Rumpelstiltskin
sembrò leggere tra i suoi pensieri. - Non preoccuparti, dearie.
Ricostruiremo tutto quanto e sarà ancora meglio di prima. Vedrai. -
La
giovane ebbe l'impressione che il folletto non si stesse riferendo
solo al castello. - Ne sono sicura, Rumpel. -
Dal
canto suo, Rumpelstiltskin abbassò lo sguardo su Belle, ancora
stretta tra le sue braccia, e si concesse di pensare che, forse, dopo
tutto ciò che avevano passato, era finalmente giunto il momento che
anche loro afferrassero il lieto fine che meritavano e che così
spesso gli era stato negato. Naturalmente la sua felicità non
sarebbe mai stata completa senza il suo Baelfire, ma ciò che gli
restava della sua possibilità di un fine, se non lieto, quantomeno
sereno, era proprio lì, abbracciata a lui, che lo guardava fiduciosa
e gli sorrideva colmandolo di una forza che non aveva eguali.
Il Vero
Amore era la magia più potente di tutte.
Da
Stria93: Rieccomi, dearies
miei!
Lo so, lo so... dopo anni di latitanza, ora non vi lascio più in
pace. Non ho mezze misure. XD
Il
fatto è che sto vivendo un periodo un po' particolare a causa di un
incastro di situazioni poco piacevoli che, da una parte, mi hanno
lasciata con molto tempo libero a disposizione, dall'altra mi hanno
spinta a rifugiarmi in ciò che da sempre ha il potere di
rassicurarmi e confortarmi nei momenti difficili, ovvero OUAT e i
RumBelle (e la scrittura).
Risultato: sforno storie come se non ci fosse un domani!
Qui ho voluto giocare un po' con l'angst più nero e il fluff più
rosa. All'inizio non avevo intenzione di scrivere un finale
alternativo per i RumBelle del WishRealm... ma che posso farci? Avevo
bisogno di immaginare che le cose potessero essere andate per il
verso giusto e dare un lieto fine ai nostri piccioncini. Come Belle
sia finita sotto l'incantesimo del sonno lo lascio immaginare a voi,
scegliete la versione che preferite e vi prego di non fare caso ad
eventuali errori di sottofondo (tipo il fatto che il bacio del Vero
Amore non ritrasformi Rumpel in un uomo).
Per ora vi saluto, dearies e vi ringrazio tutti per il tempo che
dedicherete a questa shot con doppio finale.
Vi lascio dandovi appuntamento al 30 ottobre con l'ultimo capitolo
della mia storia halloweeniana “Gran ballo di Samhain al Castello
Oscuro”.
Baci a tutti!