Fanfic su artisti musicali > One Direction
Ricorda la storia  |      
Autore: fearlesslouis    07/10/2018    0 recensioni
“Come mai mi hai chiamato?”
Louis chiude gli occhi e sospira, si domanda cosa dovrebbe rispondere.
Ti ho chiamato perché mi manchi, vorrebbe dirgli.
Ti ho chiamato perché sei a Tokyo, ma dovresti essere qui a stringermi forte e farmi dimenticare di tutto il resto.
Ti ho chiamato perché voglio il tuo profumo addosso e le tue mani ad accarezzarmi.
“Sono ubriaco”, dice invece.
Genere: Angst, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Altri, Harry Styles, Louis Tomlinson
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Image and video hosting by TinyPic
         Image and video hosting by TinyPic
 


«I remember when you were all mine
watched you changing in front of my eyes
what can I say?
Now that I'm not the fire in the cold
now that I'm not the hand that you hold
as you're walking away
will you call me to tell me you're alright?
'Cause I worry about you the whole night
don't repeat my mistakes
I won't sleep 'til you're safe inside

if you're home I just hope that you're sober
is it time to let go now you're older?
Don't leave me this way
I won't sleep 'til you're safe inside.»





Louis ha perso il conto di quante volte in vita sua ha detto “non berrò mai più”. E ha anche perso il conto di quante volte si è ritrovato ubriaco marcio, appena poche ore dopo averlo detto. Per non parlare delle volte in cui si è visto coinvolto in situazioni decisamente ed estremamente imbarazzanti, a causa dell’alcol -quelle non le ha contate, ma le ricorda tutte.
Quando era più giovane e viveva ancora a Doncaster, era Stan di solito a tirarlo fuori dal proprio vomito, ripulirlo e metterlo a letto. Qualche anno più tardi, quando si è trovato catapultato su pullman che giravano il mondo, Zayn ha preso il posto di Stan.
Zayn gli bagnava il viso con delle salviette umide - Louis ricorda ancora l’immagine del culetto di un bambino stampata sulla confezione gialla -, gli cambiava i vestiti e lo accompagnava a letto, e poi restava lì con lui finché non era certo che si fosse addormentato.
A volte è stato anche il contrario, però. A volte era Zayn quello che aveva bisogno di aiuto, e allora Louis si premurava che il suo cuscino fosse morbido e il suo pigiama comodo, e gli passava la mano tra i capelli per addolcirgli il sonno.
A Louis manca Zayn, ma non gliel’ha mai detto.
A Louis mancano tante persone, in realtà.
Gli manca Niall, che era quello che l’alcol lo reggeva meglio di tutti - “ho sangue irlandese, io”, diceva sempre con vanto, e poi apriva un’altra birra.
Gli manca Liam che cercava di farli stare buoni ma poi si univa a loro, stravaccato sul divano del pullman come se non riuscisse neanche a muovere un dito.
E gli manca Harry. Harry gli manca sempre, però, non solo quando è ubriaco.
Harry gli manca al mattino con l’alito pesante e gli occhi semi chiusi. Gli manca alla sera con il corpo teso per lo stress e l’aria stanca ma felice.
Gli manca sul divano col telecomando in mano e l’espressione annoiata.
Gli manca sul letto, nudo o vestito, stanco o voglioso, sfacciato o accomodante.
Harry gli manca e gliel’ha detto più volte, ed anche lui manca ad Harry, ma non possono essere più ciò che erano prima.
Louis non è sicuro di cosa fossero, in realtà. Non è sicuro di cosa siano diventati col tempo.
In ogni caso, però, non possono più esserlo. Anche se Harry gli manca e lui manca ad Harry. Anche se si sono amati fino a perdere le forze. Anche se se lo sono urlato fino a perdere il fiato.
Anche se quando è ubriaco Louis non fa altro che pensare ad Harry e al modo pigro in cui lo baciava al mattino, e a quella sua mania di dargli cinque baci a stampo prima di chiudere gli occhi la sera. Anche se avrebbe voglia di scrivergli, al momento.
Dovrebbe essere a Tokyo, pensa. E a Tokyo dovrebbero essere le due di notte - perché sì, a Londra sono le cinque del pomeriggio e Louis è già ubriaco fradicio.
Gli ci vorrebbe Zayn, adesso, ad inumidirgli il volto e metterlo a letto, e poi ci vorrebbe Harry a stringerlo forte, forte, forte, fino a che non rimarrebbero solo le sue braccia e Louis si dimenticherebbe di tutto il resto.
Vuole il suo profumo addosso e la forma delle sue dita a plasmargli il corpo. Vuole tornare ad essere ciò che erano prima, e a raccontagli di quanto lo ama. Vuole sentire la sua voce.
Louis non si rende conto di aver digitato il suo numero finché non sente un “Pronto?” che suona impaurito ma anche tanto speranzoso, e c’è un rumore in sottofondo che lo disturba un po’, ma Harry deve essersi allontanato dopo avergli risposto, perché non è più tanto forte.
A Louis fa davvero male la testa.
“Prontissimo” risponde a quel punto, e deve aver allungato un po’ troppo la s, perché Harry sospira e “Sei ubriaco, Louis?” gli domanda.
Vorrebbe dirgli che non dovrebbe ricordarsi di come suona la sua voce quando è sporcata dall’alcol. Vorrebbe ricordargli di quando gli ha promesso con la rabbia negli occhi che si sarebbe dimenticato di lui.
Vorrebbe farlo, ma tutto ciò che riesce a fare è annuire. Con una manciata di secondi di ritardo si rende conto di essere al cellulare, e quindi Harry non può vederlo.
Harry è a Tokyo, non è lì con lui. Non può vederlo annuire. Non può vederlo e basta.
“Louis, sei ancora lì?”
“Sì” risponde quindi. “Sì, sì, certo che sono qui. Dove altro dovrei essere? Certo che sono qui”.
Harry sospira pesantemente, e Louis se lo immagina mentre chiude gli occhi e passa la mano tra i capelli che stanno ricrescendo.
“Dove ti trovi?”
Si guarda intorno e poi ricorda. “Sono a casa, in realtà”.
“Ti sei ubriacato a casa?” domanda Harry, scettico. “Alle cinque del pomeriggio?”
Louis scrolla le spalle e poggia la testa sullo schienale duro del divano. “Lo scaffale in cucina è molto fornito, sai? Non lo ricordavo così fornito. Non tornavo qui da un po’ di tempo”.
Harry resta in silenzio per un po’, e Louis crede che abbia capito.
“Sei a casa?” domanda infatti in conferma, ed è un sussurro quasi impercettibile, ma Louis lo sente comunque.
“Sì, sono a casa”.
Una risata attutita proviene dall’altra parte della cornetta. Non sembra una risata felice, pensa Louis.
“Lou, quello scaffale non lo rifornivamo da anni” borbotta. “Ci saranno state due o tre bottiglie al massimo”.
“Sì, beh, lo sai che non reggo bene l’alcol”.
“Oh, sì che lo so” ride di nuovo, e stavolta il divertimento è palpabile anche a chilometri di distanza, anche se non può vedere le fossette formarsi ai lati della bocca e il sorriso arrivare agli occhi verdi. “Ho un paio di storie che sarebbero divertenti da raccontare, in effetti...”
“Non ci provare, Styles” lo avverte interrompendolo, e poi rimane semplicemente lì, lo sguardo fisso sul soffitto e il cuore dolorante, ad ascoltarlo ridere.
Quando torna il silenzio, Harry deve essersi allontanato ulteriormente dal luogo in cui si trovava, perché Louis non riesce a sentire niente oltre il suono calmo del suo respiro.
“Come mai mi hai chiamato?”
Il liscio chiude gli occhi e sospira, si domanda cosa dovrebbe rispondere.
Ti ho chiamato perché mi manchi, vorrebbe dirgli. Ti ho chiamato perché sei a Tokyo, ma dovresti essere qui a stringermi forte e farmi dimenticare di tutto il resto. Ti ho chiamato perché voglio il tuo profumo addosso e le tue mani ad accarezzarmi.
“Sono ubriaco” dice invece, e lo sa che non è una risposta esauriente, ma spera che Harry se la farà bastare.
Spera capisca cosa vorrebbe dire.
Sono ubriaco e mi manchi, vorrebbe dire.
Sono ubriaco perché mi manchi.
“Me ne ero accorto, sì”.
Louis sa che Harry ha gli occhi chiusi, in questo momento. Li chiude sempre quando le emozioni che prova sono troppo forti.
Lo costringeva ad aprirli, però, perché era - ed è - fermamente convinto che il mondo non dovrebbe essere privato di una meraviglia del genere. Ora non c’è nessuno ad evitare che li chiuda, pensa distrattamente.
“Quando torni a casa?”
Quando torni da me?
“Non lo so”.
Non c’è esitazione nelle parole di Harry, e Louis è convinto che anche se tornasse, non andrebbe da lui. Perché si sono fatti troppo male, e deve lasciargli il tempo di perdonare tutto ciò che li ha portati a non riconoscersi più.
“Okay” ribatte quindi. “Io ti aspetto, però. Magari rifornisco lo scaffale, nel frattempo”.
Harry sbuffa una risata, e Louis lo immagina inclinare la testa all’indietro e puntare lo sguardo verso il cielo. Se fosse lì guarderebbe la luce delle stelle riflessa nei suoi occhi, e non gli servirebbe nient’altro per essere felice.
“Aspettami, allora”.
Annuisce impercettibilmente, e “Ti aspetto”, ripete in un sussurro.
Quando Harry attacca, Louis si rende conto che ha cominciato ad aspettarlo nel momento in cui se ne è andato.
Perché non sa cosa sono diventati, ma sa che lo ama con ogni fibra del suo essere, e vuole tornare ad urlarglielo fino a perdere il fiato.

 
   
 
Leggi le 0 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su artisti musicali > One Direction / Vai alla pagina dell'autore: fearlesslouis