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Autore: ChiiCat92    10/10/2018    1 recensioni
"Gli occhietti grigi, strizzati per mettere a fuoco le fitte righe che avevano davanti, erano arrossati per la stanchezza.
Per quanto si sforzasse non riusciva a capire neanche una parola, a malapena distingueva le lettere.
Tirò su col naso, frustrato, e anche se l’istinto di bambino gli sussurrava all’orecchio di lanciare a terra quel libro fastidioso, il suo buon senso lo intestardì, e lo fece continuare nella sua vana opera."
Genere: Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Vexen, Zexyon
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Altro contesto, KH Birth by Sleep
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09/10/2018

 

Letters


Gli occhietti grigi, strizzati per mettere a fuoco le fitte righe che avevano davanti, erano arrossati per la stanchezza.

Per quanto si sforzasse non riusciva a capire neanche una parola, a malapena distingueva le lettere.

Tirò su col naso, frustrato, e anche se l’istinto di bambino gli sussurrava all’orecchio di lanciare a terra quel libro fastidioso, il suo buon senso lo intestardì, e lo fece continuare nella sua vana opera.

L’odore della carta gli piaceva, lo portava in mondi lontani, fantastici, pieni di creature fatte d’inchiostro.

Non gli piacevano i libri per bambini, perché erano troppo facili per il suo livello di lettura, ma quelli per gli adulti erano davvero, davvero, davvero troppo complicati. Non per questo, però, smetteva di provarci.

La consistenza della carta tra le dita, sprofondare nella poltrona con la copertina sulle gambe, il sapore di qualcosa di antico che si insinuava sotto pelle: amava quelle sensazioni.

Era innamorato dei libri, e di ciò che contenevano.

Anche se di quel libro in particolare capiva soltanto qualche parola sparsa, andava comunque avanti.

Le gambine dondolavano nel vuoto, al ritmo della sua lettura fintamente disinvolta. Poi voltò la pagina ed eccole di nuovo! Le stranissime lettere all’inizio di ogni capitolo.

Le conosceva, ma non avevano nessun significato.

Al primo capitolo c’era una “i” maiuscola, al secondo due “i” vicine, al terzo invece tre. All’inizio aveva pensato che le “i” indicassero, in qualche modo che lui non conosceva, il numero dei capitoli, ma quando era arrivato al quarto insieme alla “i” c’era anche una “v”. Questo non aveva assolutamente senso.

Lasciò perdere la lettura e cercò subito il quinto capitolo. Qui, in cima, stampigliata in nero, c’era una “v”.

Con le sopracciglia aggrottate si strofinò un occhietto e posò per un attimo il libro da un lato.

Even gli aveva insegnato tutte le lettere dell’alfabeto, ma evidentemente si era dimenticato qualcosa.

Decise che voleva avere una spiegazione, adesso, per cui si alzò, con il libro sottobraccio che era quasi più grande di lui.

Il piccolo camice bianco che Even gli aveva regalato (una miniatura di quello che usava lui in laboratorio) strusciò sul pavimento mentre camminava.

Era tardi, sarebbe già dovuto essere a letto da un pezzo, ma la lettura l’aveva portato lontano e...sì, sarebbe stato sgridato di certo, ma a questo punto non gli importava.

Arrivato davanti allo studio di Even bussò pian piano, fremente mentre si stringeva il libro al petto. Non sopportava l’idea che contenesse dei segreti che non riusciva a decifrare, e al tempo stesso era qualcosa di eccitante e nuovo che accendeva un fuoco dentro di lui.

« Avanti. »

Aprì la porta per entrare ed educatamente se la chiuse alle spalle così come l’aveva trovata.

Even rimaneva sempre sveglio fino a tardi a lavorare ai suoi progetti, a scrivere, a fare calcoli di matematica. I lunghi capelli biondo platino erano sempre scarmigliati, così da qualche tempo a questa parte aveva cominciato a tenerli legati, così che non ingombrassero il tavolo da lavoro.

Quando volse gli occhi verde ghiaccio sul bambino dapprima apparve arrabbiato, ma poi sospirò scuotendo la testa.

« Ienzo. » l’uomo si alzò. Per il piccolo sembrava enorme, come un gigante, eppure non gli faceva paura. Non da quando l’aveva tolto dalla strada e l’aveva portato con sé, trattandolo come fosse suo figlio. « Ti avevo messo a letto, che ci fai ancora in piedi? »

« Scusa. » mormorò il bambino, nascondendo un mezzo sorrisetto dietro il ciuffo di capelli blu grigio. « Non riuscivo a dormire, volevo leggere un po’. »

L’uomo alzò gli occhi al cielo, ma anche lui, sotto sotto, stava sorridendo. « D’accordo, per stavolta ti perdono. » gli fece un cenno con la mano e Ienzo si fiondò tra le sue braccia.

Even era freddo con tutti, un blocco di ghiaccio calcolatore e privo di sentimenti, com’era giusto che fosse uno scienziato, ma con lui...no, con lui non era così. L’uomo che conosceva era gentile, pragmatico ma accondiscendente. Per Ienzo, Even era la persona più intelligente del mondo, sapeva tutto, tutto di ogni cosa, ed era affascinante sentirlo parlare.

« Ho trovato una cosa strana in questo libro. » gli disse subito il bambino, perché lui aveva di certo capito che non l’avrebbe disturbato per niente.

« Davvero? »

« Sì. » annuì forte il bambino, e aprì alla pagina con la lettera “v” maiuscola all’inizio del capitolo.  « Ecco. Vedi? Non capisco perché hanno messo qui queste lettere. Che significa? Perché “v”? »

Even si morse il labbro inferiore ma...non poté impedirsi di ridere, cosa che sconvolse il bambino.

Rideva perché aveva detto qualcosa di buffo? Rideva di lui?!

Stava per dire che non era educato ridere così di una persona che fa delle domande quando Even gli mise una mano sulla testolina, accarezzandogli i capelli.

« Non sono lettere. » gli disse, uno sguardo intenerito negli occhi gelidi. « Sono numeri. Quella “v” è il simbolo del numero 5. »

Ienzo abbassò lo sguardo sulla lettera, aggrottò le sopracciglia, cercò di trovare un senso. Non c’era. Tornò a guardare Even, e anche se si chiedeva se per caso non stesse sbagliando, non lo disse.

« Perché? È una cosa davvero strana! »

« No, non così tanto. È solo uno dei tantissimi modi che esistono per scrivere i numeri. »

« Esiste più di un modo?! » a quel punto, la voce di Ienzo aveva raggiunto dei picchi di eccitazione mai sentiti prima.

Even dovette, di nuovo, trattenere una risata.

« Sì, tantissimi modi. Questi vengono chiamati “numeri romani”. »

Gli occhi grigi del bambino, grandi di eccitazione, passarono dal V a Even in un attimo. « Puoi insegnarmi a leggerli? »

« Ma certo. » di nuovo, l’uomo gli rivolse una carezza. « Ma non adesso. È tardi, devi dormire. »

« Non voglio dormire! » si lagnò il bambino, mentre Even lo prendeva in braccio e si alzava per andare nella sua stanzetta.

« Anche gli scienziati hanno bisogno di riposo, sai? Si riflette meglio con la mente lucida. »

« Ma tu non tu riposi quasi mai! Lavori sempre! »

« Sì, e non è un bene. » l’uomo mise il bambino a letto, gli tolse gentilmente il libro di mano per poggiarlo sul comodino, e gli rimboccò le coperte. « Domani ti insegnerò tutto quello che so sui numeri romani, d’accordo? »

Ienzo mise su un piccolissimo broncio ma non osò ribattere.

Lasciò che lui gli augurasse la buonanotte,  spegnesse la luce e chiudesse la porta.

Quando sentì che i suoi passi si erano allontanati abbastanza, riaccese la luce e prese il libro.

Se la “v” maiuscola era il numero cinque, a cosa corrispondevano gli altri?

Beh, aveva tutta la notte per scoprirlo.

   
 
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