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Autore: Riflessi    10/10/2018    16 recensioni
Hermione Granger. Una maledizione, un gioiello... uno spirito che la tormenta senza un apparente motivo, e la grinta che a volte l'abbandona, facendole disperatamente chiedere perché non c'è mai pace, nella sua vita.
Poi, Draco Malfoy. La sofferenza dei suoi anni di espiazione, l'isolamento, il disprezzo del mondo magico. E la scoperta, inammissibile, sconvolgente, inaccettabile, che l'amore è l'emozione più violenta che un essere umano può provare, più forte perfino dell'odio... quell'odio che l'aveva sempre animato in passato, proteggendolo come una corazza.
Genere: Dark, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Draco Malfoy, Harry Potter, Hermione Granger, Ron Weasley | Coppie: Draco/Hermione
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
Capitoli:
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Epilogo
 
 
Scagionato Marcus Belby!!!


Il nipote del famoso pozionista Damocles Belby è stato rilasciato dopo sette mesi di prigionia ad Azkaban! L'accusa di omicidio nei confronti del nonno, è caduta dopo lunghe ed accurate indagini effettuate personalmente dal Capo Auror: Harry Potter. Il pozionista sarebbe stato ucciso, secondo le indiscrezioni del Ministero, dallo spirito di Fenrir Greyback, il lupo mannaro che fu seguace di colui-che-non-doveva-esser-nominato, e morto otto anni fa in una notte di luna piena! I dettagli non sono ancora pervenuti, ma pare che durante una seduta spiritica, Greyback si sia insinuato all'interno di un bracciale, ed abbia posseduto la mente del giovane Marcus, spingendolo ad uccidere suo nonno.
Il ragazzo è uscito di prigione ieri mattina, ed è apparso subito pallido, emanciato, smarrito e provato psicologicamente. Il Ministero però, fa sapere che Marcus Belby non verrà risarcito economicamente per l'errore giudiziario, in quanto i sette mesi di carcere gli sono stati conteggiati per un altro reato:
Pare infatti che la seduta spiritica capace di aprire il passaggio al lupo mannaro, sia stata operata proprio dall'inconsapevole Marcus Belby che, probabilmente, ignorava i pericoli del gesto. Il ragazzo, insieme a due vecchi compagni di scuola (Harper e Warrington, anch'essi appena scagionati) aveva messo in piedi una piccola organizzazione truffaldina a danno di poveri babbani creduloni che pagavano fior di sterline, nella convinzione di parlare con i propri cari defunti. Forse i tre cialtroni avevano dimenticato che il codice giudiziario magico punisce severamente l'esposizione della magia di fronte ai babbani, l'evocazione di spiriti per scopi non nobili e la truffa in generale!!! Marcus Belby ovviamente, non ha voluto rilasciare dichiarazioni, mostrandosi però alquanto sollevato per esser finalmente uscito di cella...
 
 
Draco Malfoy fece una smorfia annoiata, e richiuse la Gazzetta del Profeta gettandola incurante sul divano. Nel suo studio regnava un silenzio assoluto, rotto soltanto dal ticchettio di orologio a pendolo e dal cinguettio di un paio di fringuelli proveniente dal giardino.
 
Era stata una settimana pesante quella appena conclusa, Draco aveva girato tutta l'Inghilterra per recuperare gli affari che aveva lasciato indietro a causa di quella storia assurda che, per fortuna, era finita senza grandi tragedie. La sua routine quotidiana aveva ripreso il ritmo di sempre, alleggerita pure di un ulteriore pensiero: qualche giorno prima infatti, Harry Potter, accompagnato da alcuni Auror, era venuto a liberarlo dal quadro maledetto di Augustus Jenkins, per portarlo in tutta segretezza al Ministero e collocarlo definitivamente nell'ufficio misteri, sotto il controllo degli Indicibili. Quella era stata la prima volta, forse, che lui non si era opposto ad un'idea di Potter, ma anzi... si era sentito così sollevato all'idea di separarsi da quel manufatto oscuro, che era riuscito addirittura a pronunciare un ringraziamento a denti stretti.
 
Si avvicinò ad uno specchio dalla cornice dorata, appeso sul muro accanto alla finestra, e si lisciò il colletto della camicia bianca perfettamente stirata dagli elfi; aggrottò le sopracciglia, maledicendo mentalmente i suoi capelli un po' troppo radi sulle tempie, poi si massaggiò le gote, la mascella ed il mento, soddisfatto della rasatura.
 
Era un po' nervoso Draco, perchè doveva andare a Diagon Alley, e la cosa non gli piaceva per niente... Stare in mezzo ad una marmaglia di maghi che lo guardavano male, non rientrava nei suoi piani. Ma dopo anni di isolamento volontario, la vita lo aveva costretto ad esporsi di nuovo alla società, ed anche se avrebbe preferito di gran lunga restarsene per affari propri, sapeva che tutto ciò prima o poi sarebbe successo. Doveva farsene una ragione. Tempo fa, una donna gli aveva detto che doveva fottersene del giudizio degli altri, che per andare avanti avrebbe dovuto perdonare soltanto se stesso, ed accettare con rassegnazione gli errori che aveva commesso in passato, imparando da essi.
 
Sorrise impercettibilmente, ed una pace mai provata prima avvolse il suo animo tormentato da troppi anni; era una sensazione nuova ed incredibilmente piacevole, che lo scaldava da capo a piedi e gli faceva credere che potesse esserci del buono anche in un uomo marcio come lui. Quell'emozione avvolgente però, derivava da un sentimento nuovo, un sentimento che con l'odio, l'arroganza, e l'orgoglio che lo avevano sempre caratterizzato, non c'entrava più niente...
 
Erano quasi le undici, il sole di maggio già splendeva alto nel cielo, e Draco sospirò, consapevole di non poter più indugiare, altrimenti avrebbe fatto tardi alla presentazione di un libro, deludendo le aspettative di una ragazza: una ragazza caparbia, che di certo non l'avrebbe perdonato facilmente, per il ritardo.
Prima di andare però, con un gesto risoluto che nascondeva ore ed ore di riflessioni assillanti, Draco si sfilò l'anello che portava al dito, quello che indossava da quando era un ragazzino; un gioiello che per lui aveva sempre avuto un valore simbolico, più che materiale: il sinuoso serpente d'argento che vi era intarsiato rappresentava la sua casa di Hogwarts oltre alle caratteristiche distintive del suo essere. Osservò la sua stessa mano, e si soffermò sul leggero segno che l'anello gli aveva lasciato sull'anulare spoglio e, senza rimpianti, realizzò il fatto che d'ora innanzi forse, non l'avrebbe più indossato...
 
Tuffò l'anello dentro un sacchettino di velluto rosso, strinse i lacci e se lo infilò in tasca, poi... mise i piedi nelle fiamme verdi del camino, lasciandosi risucchiare dal vortice della metropolvere, diretto al Ghirigoro.
 
 
***
 
 
"In un giardino incantato chiuso da alte mura e protetto da potenti magie, in cima ad un colle scorreva la fonte della buona sorte.
Una volta all'anno, tra l'alba e il tramonto del giorno più lungo, un solo infelice aveva il privilegio di intraprendere il viaggio alla fonte, bagnarvisi e ricevere buona sorte per il resto della vita..."
 
La voce limpida e calma di Hermione Granger giungeva alle orecchie della gente lì assiepata come una dolce cantilena: una musica che aveva il magico potere di ammaliare le menti e far scendere il silenzio all'interno del locale.
 
Harry Potter si mosse sulla sua sedia, come in fermento, "Le fiabe di Beda il Bardo" non le aveva mai amate particolarmente, gli ricordavano troppo i giorni bui in quella sudicia tenda alla ricerca degli Horcrux; ora che ci pensava, si era inconsciamente rifiutato pure di raccontarle a suo figlio James che, nonostante ciò, sgambettava continuamente per casa parlottando di pentoloni salterini e cuori pelosi... opera di Ginny, sicuramente. Ginny che, qualche minuto prima, si era vista costretta ad abbandonare il Ghirigoro in fretta e furia, per andare ad allattare il piccolo Albus che aveva iniziato a piangere disperato nel bel mezzo della presentazione.
 
Draco Malfoy invece, se ne stava rigidamente seduto alla sua destra, le braccia conserte ed un'espressione molto seria in volto. Non si erano scambiati molte parole fino a quel momento, a parte un saluto frettoloso per non risultare maleducati... però Harry aveva capito di esser finalmente riuscito a raggiungere una sorta di equilibrio con il suo vecchio nemico di scuola: un equilibrio fatto di tolleranza, ed un pizzico di matura indifferenza. Tutto ciò nascondeva pure un inaspettato rispetto reciproco, basato sull'accettazione dell'esistenza ingombrante ed ineluttabile dell'altro, e sull'amore che provavano nei confronti della stessa persona, anche se si trattava di due tipi di amore differenti.
 
Mentre Harry rifletteva su ciò, intorpidito dalla voce melodiosa di Hermione che leggeva alcuni stralci delle fiabe, si accorse che, alla sua sinistra, un Ron distratto ed annoiato, si stava infilando le dita nel naso. Allora il giovane Capo degli Auror si riscosse dalla sonnolenza e si affrettò ad allungare al suo amico una violenta gomitata nelle costole: quello sobbalzò, borbottando qualcosa di incomprensibile, lamentandosi della noia mortale e criticando Hermione per la sua somiglianza al vecchio Professor Ruf, che faceva addormentare tutta la classe quando spiegava storia della magia. Litigarono per un po' a bassa voce, finchè Malfoy, fissandoli con uno sguardo inceneritore, li zittì dandogli dei cretini.
 
A Draco naturalmente, non fregava un emerito cazzo di quelle favolette e, se coloro che lo circondavano, compresi Potter e Weasley, erano convinti che la sua espressione concentrata fosse un omaggio a Beda il Bardo, beh... che lo credessero pure. Lui, in realtà, era semplicemente impegnato ad analizzare la lettrice: la sua voce, il movimento delle labbra, gli scatti rapidi delle pupille sulle pagine del libro, la mano delicata che di tanto in tanto rimetteva dietro l'orecchio una ciocca di capelli che le scivolava davanti...
 
La vita gli aveva riservato un destino assurdo: dopo tanto dannarsi per inseguire ideali di purezza e di superiorità, ora era seduto lì, al Ghirigoro, ad ascoltare una nata babbana leggere un libro di favole magiche, ad osservarla con attenzione morbosa preso da un sentimento matto e disperatissimo, e ad irritarsi con il suo vicino di sedia solo perché faceva trambusto insieme al suo compare, distraendolo dal minuzioso studio. Perché se era vero che Draco Malfoy aveva imparato a sopportare stoicamente la presenza al mondo di Harry Potter e Ronald Weasley, giudicandoli quasi tollerabili se presi singolarmente, la stessa cosa non si poteva dire quando i due facevano comunella. Sentirli parlottare, sogghignare, o litigare come due ragazzini, gli faceva risalire l'avversione di un tempo. Non aveva potuto fare a meno, quindi, di ammonirli impulsivamente, con tono basso e minaccioso:
"Fatela finita... Cretini!"
E poi era tornato a fissare Hermione con l'espressione ancora furiosa, dovuta al rancore che quei due gli avevano scatenato.
Fu in quel preciso momento che la donna sollevò il viso dalle pagine del libro, ed i loro sguardi si incrociarono per un breve ed intenso attimo. Gli occhi chiarissimi di Draco la fissarono con insistenza, e pur se per qualche manciata di secondi, si isolarono dal resto del mondo, come se in quel posto ci fossero solo loro due. Poi Draco sollevò gli angoli delle labbra in un piccolo sorriso sghembo, che si allargò sempre di più, fino a diventare un sorriso incoraggiante. Quando infine le strizzò l'occhio in segno d'intesa, lei divenne rossa d'imbarazzo, e balbettò delle scuse alla platea, per aver interrotto la lettura senza motivo.
 
..."Le tre streghe e il cavaliere scesero insieme dal colle, a braccetto, e tutti e quattro vissero a lungo felici e contenti, senza mai sapere né sospettare che l'acqua della fonte non possedeva alcun incantesimo."
Fine
 
Hermione chiuse il libro, sorrise raggiante e spiegò che avrebbe pubblicato "Le fiabe di Beda il Bardo" anche nel mondo babbano nel dicembre dello stesso anno, e che il ricavato delle vendite sarebbe andato ad una fondazione per bambini malati. Un applauso si levò nel negozio e molti ragazzini vennero messi in fila per l'autografo, mentre il fracasso di sedie spostate copriva le domande che un paio di giornalisti tentavano di fare.
 
Più tardi, quando la folla al Ghirigoro iniziò a diradarsi, Hermione andò incontro ad un gruppo di persone rimaste in piedi  ad aspettarla: salutò Minerva McGonagall che si era presa un permesso da scuola per venire a vederla, snobbò Draco Malfoy che se ne stava zitto con le mani infilate nelle tasche dei suoi costosi pantaloni grigi, abbracciò Harry e Ron con calore, e fece un paio di smorfiette stupide a James Potter in braccio a sua nonna Molly.
Poi, come ricordandosi di qualcosa, si voltò di scatto alterata:
"Tu!!! Si può sapere perché avevi l'espressione da ungaro spinato prima?"
 
Draco Malfoy, sentendosi tirato in causa, alzò un sopracciglio, seccato: "Chiedilo ai tuoi amici! Fanno casino come se stessero ancora ad Hogwarts!"
 
Ron, con le orecchie rosse, si affrettò ad annunciare che era tempo per lui di ritornarsene al negozio e, gradualmente, il gruppo si disperse. Draco invece rimase piantato lì, con il solito sguardo enigmatico da uomo sprezzante, immobile nella sua innata eleganza, a guardare Hermione che aveva sollevato il mento con aria di sfida.
 
Dopo tutto quello che era accaduto in quei mesi difficili, Draco sapeva che erano giunti ad un punto che non ammetteva più esitazioni, o scuse per rimandare i chiarimenti, o altro tempo ancora per capire cosa dovessero fare del loro strano rapporto. Era ormai una settimana che si evitavano con cura, entrambi occupati apparentemente a rimettere in piedi la propria vita, ma in realtà impauriti l'uno dell'altra. Hermione, la mattina dopo la battaglia contro Greyback (svegliata dal canto degli uccellini fuori la finestra della camera), era letteralmente scappata da Villa Malfoy, e Draco... come un idiota, gliel'aveva lasciato fare senza fermarla, senza pronunciare alcuna parola.
Sarebbe stato così facile dirle: "Non andartene. Resta con me..." Ma la sua voce era rimasta bloccata in gola, troppo annichilito dalla paura di apparire patetico.
 
Era dalla sera in cui l'aveva incontrata per caso all'Unicorno Bianco, ormai otto mesi prima, che qualcosa si era lentamente ma inesorabilmente insinuato nell'animo dannato di Draco.
 
Hermione lo aveva riportato alla luce passo dopo passo, senza neanche accorgersene pienamente, ed egli aveva perso la ragione, reso folle da un amore così intenso che faceva quasi male.
 
Il contenuto di quel sacchetto rosso intanto, gravava nella tasca dei suoi pantaloni come un macigno, e non era il peso materiale dell'anello a preoccuparlo, ma il significato recondito che quel gioiello si portava appresso. Era tremendamente difficile per lui, esprimere a voce alta ciò che provava per Hermione, e allora aveva deciso di regalarle il suo anello, convinto che quello sarebbe stato il compromesso migliore, per spiegarle cose che altrimenti, a parole, non sarebbe mai stato in grado di chiarire...
 
Così, tremando impercettibilmente, Draco le si avvicinò in silenzio, ed allungò un braccio, afferrando la mano delicata della donna. Prese ad accarezzarle il dorso con il pollice, senza particolari espressioni, ed aspettò, fin quando vide i lineamenti di Hermione abbandonare la tensione e sciogliersi in un caldo sorriso; solo allora, anche gli angoli delle sue labbra finalmente si incurvarono.
Era una scena di una strana dolcezza perché, in fin dei conti, erano entrambi piuttosto timidi nell'affrontare quel sentimento che poco conoscevano. Draco Malfoy ed Hermione Granger erano il perfetto emblema dei due versanti opposti della guerra, anche se avevano lottato allo stesso modo contro la disperazione, per ritornare a galla! E, a distanza di tutto quel tempo, ancora raccoglievano qualche coccio sparso. Lui per un motivo, lei per un altro.
 
Hermione gli strinse le dita, riempiendosi la vista della bellezza appariscente di lui: gli occhi grigio chiaro che a volte sfumavano nell'azzurro, le labbra carnose, il naso dritto, la pelle candida, i suoi inconfondibili capelli biondi. E pensò che era stato un miracolo ciò che era capitato a loro due, che neanche le più rosee previsioni di una veggente avrebbero potuto svelare quello che si era inaspettatamente verificato.
Ma tutto ciò, poteva essere AMORE?
Ci pensò un po', e stabilì che sì... lo era. Almeno per lei, ovvio! Il suo era un amore irrazionale, illogico, travolgente, qualcosa che non aveva mai provato prima. Lo era. Lo era perché, altrimenti, non si sarebbe MAI sognata di andare a perdere il senno proprio per lui, ex-mangiamorte ed erede di una delle famiglie purosangue più ricche e conservatrici del mondo magico...
 
L'idillio però, fu tanto intenso quanto breve. Draco infatti, dopo quel silenzio carico di aspettative, aprì bocca e, guardandosi prima intorno, le disse in tono turbato: "Ti sto rovinando la reputazione..."
 
Hermione, non capendo, seguì  il percorso del suo sguardo, e notò una decina di persone dentro il Ghirigoro, che cercavano palesemente di fingere interesse per qualunque cosa non fossero loro due; così, piantò di nuovo gli occhi in quelli di lui e, tremendamente delusa, rispose:
"Smettila di dire stronzate Draco... è pura idiozia questa! Cosa vuol dire che mi stai rovinando la reputazione, eh?! Guarda che non sei uno scarto della società, ficcatelo bene in testa!" Inspirò, furiosa: "Ed oltretutto non me ne frega un cazzo di quello che gli altri pensano di te!"
 
Poi Hermione socchiuse gli occhi, con il dubbio che si insinuò rapido nel suo animo: "Forse sei tu invece, che hai paura di macchiarti la reputazione con una sanguesporco!"
 
E sciolse l'intreccio delle loro mani allontanandosi di un passo, mentre si stava già pentendo della sciocchezza detta. Sapeva perfettamente che Draco aveva sofferto abbastanza e si era autopunito anche troppo, chiedendo perdono perfino per ciò che non aveva fatto, facendosi carico delle colpe dell'intero esercito di Voldemort, piangendo calde lacrime di rimorso. Hermione era consapevole di ogni maledetta cosa, e si sarebbe presa a schiaffi da sola per ciò che le era uscito di bocca. Ma ormai il danno era fatto. Draco infatti, la guardò mortificato per molto tempo, fino al momento in cui lo vide infilarsi una mano in tasca, per estrarla subito dopo e metterle davanti agli occhi un sacchettino di velluto rosso.
 
 
***
 
 
La frase che Hermione gli aveva rivolto, lo aveva ferito profondamente, facendo riemergere nel suo animo paure e turbamenti che aveva già dovuto affrontare un milione di volte e che, come uno stupido, riteneva fossero acqua passata, almeno con lei. Invece si rese conto con dispiacere che, probabilmente, non avrebbero mai smesso di rimbeccarsi su certe questioni, forse anche per tutta la vita.
Valeva la pena a quel punto, insistere con quella donna? Forse la loro era stata solo una piacevole parentesi, avvenuta in un momento in cui entrambi avevano avuto bisogno di sentirsi meno soli. Draco aveva sulle spalle un fardello troppo pesante da portarsi appresso, e probabilmente lei non ce l'avrebbe fatta ad aiutarlo nell'impresa di sostenerne il peso.
 
La questione del sangue, a lui era parso un argomento morto e sepolto: invece non aveva capito purtroppo, che per Hermione forse non era affatto così, e le ferite che le aveva inferto dieci anni prima, non si erano ancora cicatrizzate.
Poteva bastare il suo amore a guarirla definitivamente? Non ne aveva la più pallida idea Draco, però sapeva con certezza che, per stare insieme, bisognava amare in due, perchè l'amore di uno solo, non era certo sufficiente per entrambi.
 
Sospirò di rassegnazione, di dolore, e di una malinconia che, si accorse, non se n'era mai andata davvero. E parlò:
"Volevo darti questo, Hermione. Ma sai, credo sia inutile, purtroppo. Ho ragione quando dico che le cose non cambieranno mai... nonostante gli sforzi che compio."
 
Draco disse ciò con voce sconfortata, distogliendo un momento lo sguardo; poi le depositò il sacchetto tra le mani, e sorrise amareggiato, scrutandola con i suoi straordinari ed indimenticabili occhi grigio-azzurri.
 
La donna rimase interdetta, soppesando il sacchetto nel palmo aperto:
"Cos'è?" Gli chiese, con un filo di voce.
 
Draco nel frattempo, aveva raggiunto la porta e l'aveva aperta svogliatamente facendo tintinnare le campanelle. Si voltò un attimo a guardare Hermione, con un'intensità tale da procurarle una fitta di dolore nel petto. E la lasciò sola nel negozio ormai quasi vuoto, dopo averle risposto con tono basso e addolorato:  
"Una vecchia scommessa, Granger. Solo una vecchia, sciocca scommessa che avevo preso sul serio..."
 
Hermione lo vide sparire oltre la porta a vetri del Ghirigoro, risucchiato dalla folla caotica di Diagon Alley, mentre lei rimase paralizzata sul posto, senza respiro.
 
Una vecchia scommessa.
 
Un vortice di ricordi ancora perfettamente vividi la travolse, facendole battere il cuore ad un ritmo forsennato; ed anche se all'improvviso capì cosa conteneva quel sacchetto di velluto rosso, lo aprì lo stesso, con dita tremanti, solo per averne conferma.
 
...E così, l'anello d'argento di Draco cadde nel suo palmo, rendendo tutto fin troppo reale, ed Hermione boccheggiò, portandosi l'altra mano alla bocca. Credette quasi di svenire, mentre la scena di mesi prima le tornava alla mente, precisa in ogni dettaglio...
 
 
***

 
 
"Mi era sembrato che ti fossi preoccupato per me, prima..." Lo provocò Hermione.
"Ma non dire idiozie!" Sputò Draco con risentimento.
Lei rise con gusto di fronte alla sua faccia sdegnata, e decise di prenderlo un po' in giro:
"Avrei detto addirittura che tu ci stessi provando!" Hermione ammiccò verso il mazzo di fiori ancora sul tavolino, e ricominciò a ridere.
Draco divenne rosso come un pomodoro, e gettandosi il mantello sulle spalle con rabbia, le sbraitò contro: "Tu sei completamente pazza!"
"E' il fascino proibito del sangue sporco che ti attrae, ammettilo Malfoy!"
"Ma neanche se finisse la magia nel mondo, Granger!"
Chissà perché, all'improvviso lo sguardo di Hermione cadde sulla mano sinistra dell'uomo, attratta dal bagliore argenteo del suo anello, quello con il serpente inciso sopra, che lui indossava da quando era un bambino...
Poi, ricominciò a punzecchiarlo: "Dici? Invece io scommetto che un giorno ti innamorerai perdutamente di me, Draco Malfoy!"
La rabbia di Draco divenne pericolosamente gelida:
"Misurati la febbre, Granger. E' evidente che stai male. Vaneggi!"
Hermione si ricompose, cercando di non fargli notare l'arietta ironica che ancora aleggiava sul suo volto, poi lo guardò, e si accorse dello sguardo sfuggente di lui, che era uno sguardo un po' imbarazzato, oltre che arrabbiato. E Mentre Draco si aggiustava nervosamente i polsini del maglione, gli occhi di Hermione corsero ancora al bizzarro serpente d'argento  che lui portava al dito.
"Mi regalerai il tuo anello, se vincerò la scommessa! Così, ricorderò per sempre di aver domato il tuo spirito da serpente!"
"Ma finiscila con queste stronzate, Granger!"
"Scommettiamo?"
 
***

 
Mi regalerai il tuo anello, se vincerò la scommessa...

 
Hermione si accasciò contro il bancone del Ghirigoro, stringendo fra le dita l'anello che Draco le aveva donato, con gli occhi lucidi ed il cuore che le martellava violento nel petto.
 
Aveva sentito dire, da qualche parte, che l'amore non vive di parole, né può essere SPIEGATO a parole. E se era veramente così, allora Draco Malfoy aveva trovato un modo davvero sublime, per raccontarle silenziosamente che l'amava...
 
Tutte le frasi romantiche esistenti, in tutte le lingue del mondo, sussurrate in ogni angolo della terra, pronunciate da ogni persona, di ogni paese, di ogni nazionalità, d'ora in poi sarebbero state poca cosa, se confrontate alla profondità del gesto di quell'uomo.
 
Hermione boccheggiò, cercando il fiato che aveva perso da qualche parte nell'anima, e chiuse le palpebre, pensando, fra le lacrime che minacciavano di rigarle il volto, che una dichiarazione d'amore come quella, valeva per tutti gli anni spesi ad odiarsi disperatamente. 
 
Aveva giurato a se stessa, molto tempo fa, che non avrebbe più pianto. Che dopo gli orrori della guerra, niente e nessuno avrebbe più avuto il potere di farle rotolare lacrime salate dagli occhi: per dieci lunghi anni infatti, aveva inghiottito bocconi amari, represso la sofferenza, aggirato abilmente il bisogno di sfogarsi per tutto ciò che di brutto le capitava. Ma in quel momento però, Hermione Granger FINALMENTE infranse la promessa... e mentre sorrideva, fra i singhiozzi e le lacrime che le inondavano il viso, si infilò l'anello al dito, adattandolo alla sua misura con un colpo di bacchetta. Poi si precipitò fuori dal negozio, e venne investita dalla marea di maghi e di streghe che, come formiche impazzite, si affrettavano da una parte e dall'altra della strada, per fare la spesa, andare alla Gringott, sbrigare commissioni, riunirsi in gruppetti, rincorrere i figli.
Si guardò febbrilmente attorno, con gli occhi ancora appannati di lacrime, cercando di scorgere tra la folla una chioma inconfondibilmente bionda, ma si rese conto di aver perso troppo tempo a rimuginare e, con molta probabilità, Draco se n'era già andato. Percorse con furia Diagon Alley in direzione del Paiolo Magico, spintonando un paio di signore grassocce alle quali chiese scusa frettolosamente, imprecando contro l'ora di punta e facendo un sacco di sciocchezze di cui non si rese neanche conto. Ma all'improvviso, proprio mentre perdeva definitivamente la speranza di trovarlo ancora lì, lo vide: di spalle, intento ad osservare pigramente la vetrina di "Accessori per il Quiddich", con le mani nelle tasche.
 
 
***
 
 
A dire il vero, Draco ne aveva avuto di tempo a disposizione, per lasciare Diagon Alley e sparire dove più gli fosse piaciuto, ma... aveva indugiato di proposito, nella tenue speranza che lei venisse a cercarlo per dirgli qualcosa, una cosa qualsiasi. Gli andava bene tutto, purché lei reagisse: un insulto, una richiesta di spiegazioni, una risata di scherno, perfino un altro schiaffo...
 
Erano minuti che smaniava per tornare indietro, ma si era imposto di non farlo, perché riteneva di essersi esposto anche troppo per il suo carattere orgoglioso, umiliandosi al punto di farle capire in modo fin troppo palese che l'amava, quindi... se lei non si era fatta ancora vedere, semplicemente era indifferente, o perfino infastidita dai sentimenti che le aveva confessato. E allora a cosa sarebbe servito tornare al Ghirigoro? Solo per sentirsi dire che era stata una bella parentesi, ma che d'ora innanzi ognuno avrebbe ripreso la propria strada? Che, nonostante l'attrazione inspiegabile, lei ricopriva un ruolo troppo importante nella comunità magica per distruggersi la reputazione insieme a lui? No. No no no no... ancora gli rimaneva un po' d'orgoglio!
 
Secondo Draco, dire ad una donna di essere innamorato di lei, equivaleva a perdere ogni briciolo di autorità, e divenire schiavo dei suoi capricci per tutta la vita. Eppure, dopo tanti anni di solitudine e di chiusura verso i sentimenti umani, pure lui era inciampato, come tutti gli altri, nell'ostacolo dell'amore; ed aveva dovuto arrendersi all'evidenza di non poterlo contrastare, perché quando esso ti travolgeva, non c'era modo di scappare. Ma Draco era divenuto un uomo maturo, e sapeva pure che non poteva incolpare Hermione Granger per averlo fatto innamorare come un ragazzino; lei non aveva fatto nulla per incoraggiarlo verso quel sentimento, non aveva assunto alcun comportamento atto fargli credere che la loro frequentazione potesse divenire qualcosa di più importante, non aveva mai pronunciato promesse, o frasi riguardanti un eventuale futuro.
 
Fin da quando erano crollati la prima volta sul letto della sua camera a Malfoy Manor, stropicciando le lenzuola e rotolandosi con ardore, Draco ed Hermione erano sempre stati bravi a non sbilanciarsi mai, a deviare i discorsi imbarazzanti, ad ignorare cosa fossero diventati l'uno per l'altra. E questo era andato anche bene fino a poco tempo fa, quando erano troppo occupati a risolvere il mistero del gioiello maledetto dei Belby... ma adesso non più.
 
Mentre osservava gli oggetti esposti nella vetrina del negozio "Accessori per il Quiddich", Draco aggrottò le sopracciglia, colto da una sensazione inspiegabile, un turbamento misterioso, un istinto primitivo, che lo spinse a voltarsi verso la strada trafficata...
E davanti a lui, c'era Hermione. Che piangeva silenziosamente.
 
Se ne stava impalata sui ciottoli del marciapiede, ed ignorava la gente che la sorpassava spintonandola, troppo presa a singhiozzare e a fissare lui. Le lacrime le rigavano le gote arrossate, le facevano brillare i meravigliosi occhi cioccolato, la rendevano più fragile di quanto lui l'avesse mai vista fino ad ora.
 
Per un attimo, qualcosa si spezzò nell'animo di Draco, facendolo soffrire di uno strazio che non aveva mai provato malgrado ciò che gli era capitato durante il corso della sua disgraziata vita. Impallidì, per quanto potesse impallidire il suo volto già smunto: Perchè Hermione piangeva?
 
Draco credette di aver sbagliato a non affrontare il discorso limpidamente, nascondendosi dietro il dono dell'anello ed il suo significato. Aveva fatto il passo più lungo della gamba, ed ora non sapeva come fare a spiegarle che, nonostante la sua muta dichiarazione d'amore, preferiva un netto rifiuto, piuttosto che un un tiepido sentimento di riconoscenza.
 
"Perché piangi?" Le disse, attonito.
 
Lei lo guardò con un'espressione indecifrabile, provando a dire qualcosa, ma le uscirono solo una serie di singhiozzi, e Draco si disperò. Coprì la distanza che lo separava da lei con due falcate, e le si fece vicino, anche se evitò di toccarla, per paura di scatenarle reazioni indesiderate. Con sguardo addolorato, tornò a sussurrarle:
"Non piangere per me! Non ne vale la pena..."
 
Quando Draco aveva capito di amarla, aveva giurato a se stesso che non l'avrebbe mai più fatta piangere come faceva a scuola, e se per assurdo un giorno lei lo avesse fatto, sarebbero state lacrime di gioia, non di dolore. Promessa vana, ovviamente. Perché anche questo proposito, come tutti gli altri, era andato a farsi fottere, pensò.
 
E Draco Malfoy si sentì un viscido vermicolo senza spina dorsale.
 
Quanti altri danni avrebbe fatto? Quanta altra sofferenza avrebbe procurato alle persone?
Digrignò i denti per la delusione, pronto a dare le spalle ad Hermione per andarsene via e sparire dalla sua vita, come avrebbe dovuto fare subito: e cioè da quando si era accorto di essersene innamorato. Prima di voltarsi però, un barlume argenteo sull'anulare della donna attirò la sua attenzione, ed uno smarrimento totale si impadronì di lui, quando riconobbe l'anello.
 
Hermione l'aveva indossato.
 
"Sto piangendo perché sono felice, stupido!" Rispose all'improvviso Hermione, che aveva preso un grosso respiro prima di parlare, ed ora si stava asciugando gli occhi con le mani, mentre un sorriso enorme gli attraversava la faccia arrossata dal pianto.
 
Fu il sorriso più emozionante che Draco ebbe modo di vedere sul viso di una persona: talmente bello, che lo avrebbe ricordato per il resto della sua vita.
Così, tutte le inquietudini, tutte le incertezze, i problemi, le difficoltà... sparirono di colpo, e mentre quel doloroso peso nel petto finalmente lo abbandonava, alleggerendolo di un fardello preoccupante, Draco sorrise di rimando, consapevole che qualcosa di meraviglioso gli stava accadendo.
Hermione piangeva di gioia e, quella gioia, incredibilmente, gliela stava regalando lui, a dispetto di tutto ciò che di crudele, meschino e vergognoso le aveva fatto in passato.
Rise di sollievo anche lui, mentre realizzava che la vita, finalmente, gli stava donando qualcosa di buono; e si permise di allargare le braccia, nell'attesa che lei raccogliesse l'invito...
 
Senza badare né al luogo, né a tutta la gente che li circondava, né alla curiosità morbosa che avrebbero scatenato, Hermione si gettò contro il suo petto, e lui se la strinse addosso in un abbraccio possessivo, che sapeva di tante cose ma, soprattutto, di felicità.
Rimasero fermi sul marciapiede di Diagon Alley per molto tempo, avvinghiati l'uno all'altra, senza staccarsi, senza parlare, ignorando la gente che gli passava davanti, gli strilloni che vendevano Il Cavillo, i gufi che sfrecciavano in tutte le direzioni con la posta attaccata alle zampe.
 
"Amore mio..." Gli sussurrò Hermione sul collo, e a lui parve di non aver mai sentito, prima di allora, parole più belle di quelle. Sorrise emozionato, ancora incapace di credere davvero a quello che gli stava succedendo.
 
Certo, Draco non sapeva se sarebbe mai stato capace di diventare un sentimentale, o di annullarsi completamente per esaudire ogni minimo desiderio di Hermione, o moderare il suo carattere scorbutico e tendente al cinismo per non farla arrabbiare; non sapeva neanche se sarebbe mai stato in grado di farsi piacere cose, ideali, e persone che per natura non sopportava, o scendere dal suo piedistallo di superiorità per mischiarsi ai comuni mortali, ma... una cosa soltanto sapeva: l'avrebbe amata con tutto se stesso, e se solo l'avesse fatta soffrire ancora, avrebbe chiesto a Potter di lanciargli un Avada Kedavra, come giusta punizione!
 
La baciò delicatamente sulle labbra senza strafare, anche se l'istinto gli chiedeva di spingere, affondare, sovrastare, spogliare, fare tutto ciò che un corpo affamato esige. Ma Draco non voleva dare spettacolo, almeno non più di quello che già stavano dando in quel momento!
Hermione ridacchiò contro il suo petto, conscia degli sguardi sbalorditi di qualche mago che li aveva riconosciuti, e Draco riprese a baciarla, infischiandosene per una volta dell'opinione della gente. Aspettò di esaurire il fiato per staccare le labbra da quelle di lei, e sussurrarle a qualche millimetro dalla bocca:
"Come diavolo hai fatto?"
E lei aggrottò le sopracciglia, confusa: "Come ho fatto a fare cosa?"
Draco era tornato improvvisamente riflessivo: "A farmi rincretinire così!?! Mi hai strappato il cuore dal petto e te lo sei preso, maledetta strega!"
 
La sua espressione seria contrastò con la risata genuina di Hermione, che lo strinse più forte a sé, nascondendo la faccia contro di lui.
"Rivuoi forse indietro il tuo anello, Malfoy?" Lo sfidò con tono furbetto, ma la risposta che ottenne, lasciò Hermione completamente senza fiato...
"No, Granger!" La voce di Draco si fece bassa e profonda: "Puoi tenerlo. Puoi tenerlo tutto il tempo che vorrai... anche tutta la vita, se lo desideri."
 
Hermione finì per seppellire ancora di più il viso nel petto del ragazzo, presa da un'emozione impetuosa che le fece arrossare di nuovo gli occhi, mentre lui la stringeva più forte ancora.
 
"E non ricominciare a piangere, Hermione! Per favore, non lo sopporto... Smettila. Non sai quanto mi fa male, vederti farlo!" Poi le afferrò il mento e la guardò negli occhi, beandosi della sua bellezza semplice e discreta, pensando a quanto era stato stupido da ragazzino, e a quanto invece era fortunato ora, per aver rimediato all'errore.
Poi... Draco sospirò profondamente, prima di dar voce ad un pensiero assillante:
"Lo sai che non farò mai amicizia con Potter e Weasley solo per farti contenta, vero?" Le chiese, colto improvvisamente dall'ansia: "Lo sai che, nonostante tutto, non diventerò mai un uomo buono ed altruista?! E pure che non libererò il mio elfo domestico in nome della tua fissazione per le creature magiche sfruttate!? Devi saperlo, Hermione! Devi saperlo perchè io non voglio illuderti di qualcosa che non esiste! Io in fondo, sono lo stesso di sempre..."
 
Aveva lo sguardo allarmato mentre pronunciava quelle parole, ma Hermione lo guardò con occhi dolci, per tranquillizzarlo:
"So perfettamente chi sei, Draco! Non devi dirmi nulla. E non pretendo niente di tutto questo, da te! Sarei una pazza a cercare di cambiarti a tutti i costi. A me vai bene così come sei. Davvero. Anzi, chissà... forse se non fossi stato tanto scorbutico, menefreghista, asociale, arrogante, altezzoso e perfido, non mi sarei neanche innamorata di te!"
 
Draco sollevò un sopracciglio, falsamente offeso: "Grazie per i complimenti, eh!"
 
E di nuovo, la risata cristallina di Hermione si insinuò nell'uomo, raggiungendo il suo cuore fino a sconquassarlo di felicità. Stavolta lui la baciò con trasporto tenendole il viso con entrambe le mani, le fece dischiudere le labbra invadendole la bocca senza timore, l'assaporò con ardore, poi prese a lambirla piano, per ascoltare il suo respiro delicato, il rumore che facevano le loro labbra unite, ed i battiti veloci dentro il petto.
 
Separarono le labbra solo quando dei mormorii scandalizzati raggiunsero le loro orecchie...
 
Quella lì... ma non è Hermione Granger? E quel ragazzo... Oh Merlino, è Malfoy!
Malfoy? Malfoy chi? Il figlio di Lucius? Quel ragazzo pallido e sempre triste?
Sì! Non lo riconosci? Draco Malfoy, quello che era invischiato nelle faccende oscure dei Mangiamorte! Proprio lui!
Che cosa assurda! E da quant'è che Hermione Granger frequenta l'erede dei Malfoy? Quella ragazza è fuori di testa! Farà rivoltare tutta la comunità magica...
 
Draco sbuffò irritato e, con amarezza, le disse a bassa voce:
"Sei sicura della stronzata che stai facendo, Hermione? Avrai una vita diffic..." Ma lei si affrettò a mettergli un dito sulla bocca, per zittirlo: "Ssshhh... Basta, Draco! Non dire più niente. Ti scongiuro!" Poi, con lo stesso dito, aveva finito per accarezzargli le labbra chiuse, senza fretta, facendo scivolare il polpastrello sul mento, fino al pomo d'Adamo. Tornò a guardarlo con amore, aggiungendoci un pizzico di malizia:
"Sarai tu piuttosto, ad avere vita difficile con me, sai?! Ho paura che non ce la farai a sopportarmi!" E gli poggiò le mani sul petto, assaporando il calore che sprigionava: "Dicono tutti che sono tremendamente cocciuta, saccente, intrepida e presuntuosa!"
 
Draco sollevò gli angoli delle labbra, in un piccolo sorriso rincuorato, ed inarcò scherzosamente un sopracciglio:
"Ma daii... Non l'avrei mai detto! A scuola eri così modesta e riservata! Non hai mai tentato di metterti in mostra, MAI! Neanche una volta! Non eri mica come quella ragazzina riccia che si indispettiva perchè il professore di pozioni ignorava la sua mano alzata! Quella che si divertiva pure prendere a schiaffi i Serpeverde..." Terminò il discorso fingendo poi di riflettere: "Com'è che si chiamava? Non mi ricordo..."
 
"Sei un idiota!" Ridacchiò Hermione.
 
Nel frattempo, alcuni passanti si erano fermati ad un paio metri da loro con la scusa di guardare le vetrine, e più di una volta Draco si era ritrovato a fulminarli con sguardo gelido, quando il loro curiosare si faceva troppo palese.
 
"Un'ultima cosa..." Le disse lui estremamente serio. Era appena tornato a prestarle completa attenzione dopo che, con la sua espressione rabbiosa, aveva fatto scappare a gambe levate una vecchietta pettegola.
Hermione affilò lo sguardo, convinta che Draco stesse per ricominciare con i suoi dubbi, le sue incertezze, e le paure generate dall'opinione maligna della gente: "Cosa vuoi dirmi, Draco?"
 
Lui cambiò inaspettatamente il tono, che da serio si fece piuttosto ironico: "Devo avvisarti che sto diventando pericolosamente stempiato! Quindi, beh... dillo subito se la cosa non ti garba, perchè non ti permetterò di lamentartene più avanti, intesi?!"
 
Hermione, che scoppiò di sollievo all'idea che lui non avesse ripreso con le solite titubanze, spalancò la bocca, fingendo di essere terribilmente scioccata dalla notizia: "Ooh Merlino santissimo!!!! Non me n'ero mai accorta, sai?! E me lo dici solo adesso?"
Lo sguardo le si fece ridente quando, con una mano sul cuore, riprese in tono falsamente drammatico: "Ahimè... Dovrò farmene una ragione!" Poi scoppiò a ridere, contagiando anche lui.
 
Finalmente si baciarono con foga, senza badare più a niente: Draco l'afferrò per i fianchi spingendosela contro, ed Hermione gli allacciò le braccia dietro il collo, immergendo le dita fra i capelli biondi e lisci. Una frenesia impaziente si appropriò dei loro corpi giovani ed impetuosi, ed anche se fu difficile separarsi, Hermione alla fine, riuscì a staccarsi dalle labbra di Draco quasi a forza, mentre lui emetteva un lamento indispettito e provava a baciarla di nuovo. Gli si negò sorridendo e poi, sfiorandogli la punta del naso con il proprio, gli sussurrò in tono roco, impaziente, quasi eccitato: "Andiamo via, Draco!"
 
Lui allora inspirò soddisfatto, intanto che un calore fin troppo conosciuto andava ad insinuarglisi fra le gambe: "Dove, amore mio?" Le domandò soffiandole nell'orecchio con una sfumatura provocante nella voce. A lei brillarono gli occhi di piacere mentre rispondeva sottovoce: "A casa!"
 
Non ci fu bisogno di specificare nient'altro... perchè CASA, significò per entrambi una maestosa villa immersa nel cuore del Wiltshire, dove i passi rimbombavano sui pavimenti in marmo, dove i pavoni bianchi passeggiavano nei giardini, dove lo sguardo si perdeva nel grande parco, e le querce secolari davano rifugio agli uccellini che, la mattina, cantavano allegri vicino le finestre.
 
Draco le afferrò una mano, e la guidò rapidamente sui ciottoli sconnessi, diretto senza esitazione al Paiolo Magico per uscire da Diagon Alley e smaterializzarsi via.
 
Non sapeva quanto sarebbe durata tutta quella pace, tutta quella passione, tutto quell'ardore che li aveva pervasi, visto che Draco aveva imparato molto presto e a sue spese, che la felicità era effimera, illusoria... che per ogni attimo di spensieratezza, erano in agguato delusioni, sciagure, pentimenti e dolori. Però, era pur vero che lui aveva passato tanto di quel tempo ad aspettare un raggio di sole nel buio delle sue giornate solitarie, che ora non voleva rinunciare alla sua intensa luminosità solo per paura di rimanere scottato. Voleva bearsi finalmente di quella luce, scaldarvisi, perfino bruciarsi, per morire un giorno con la soddisfazione di aver provato, anche per un solo attimo, un po' di vero amore.
 
Trascinò via Hermione proprio mentre il rumore di un flash fotografico li sorprese con le mani intrecciate e l'aria di chi non voleva finire sui giornali di gossip.
Ma non importava! A Draco non importava più se qualcuno avesse parlato male dell'erede dei Malfoy sulla Gazzetta del Profeta. Per il momento era felice, e questo gli bastava.
E poi, aveva qualcosa di molto più interessante da fare ora, a casa con lei...
 
 
***

 
 
La vita, chissà perchè, gli aveva offerto un'opportunità per essere felice, ed anche se era ancora convinto di non meritarla, ma soprattutto di non essere all'altezza del candore, della bellezza e della luce eroica che emanava Hermione Granger, Draco volle provare ad afferrare questa occasione, per scoprire se anche dal suo animo tormentato, potesse venirne qualcosa di buono.
Ma c'era una cosa però da puntualizzare...
Malgrado avesse deciso di donare il suo cuore all'amore, ed il resto della sua esistenza alla completa devozione di quella donna che per troppo tempo aveva dolorosamente disprezzato, Draco, in fondo in fondo, sarebbe rimasto per sempre un gran maleducato, un egocentrico, un arrogante, ed un altezzoso uomo. Come Hermione alla fine, avrebbe continuato per sempre a maledirlo, a litigarci, a detestarlo, a fargli dispetto... a difenderlo, adorarlo, desiderarlo, ed amarlo più della sua stessa vita.
 
 
"L’amore è, per definizione, un dono non meritato! Anzi, l’essere amati senza merito, è la prova del vero amore… Quanto è più bello sentirsi dire: sono pazza di te sebbene tu non sia né intelligente né onesto, e sebbene tu sia bugiardo, un egoista, e un mascalzone..."
Milan Kundera
 
 
Fine


 
 
 
 
 
 
E' stato davvero facile liberarsi del quadro maledetto trasferendolo all'ufficio Misteri sotto il controllo degli Indicibili!
Fin troppo facile... O no???
"Le fiabe oscure" continua con "Il cacciatore di maledizioni"
   
 
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