Anime & Manga > Dragon Ball
Ricorda la storia  |       
Autore: Enchalott    13/10/2018    3 recensioni
La scena più straziante e profondamente coinvolgente di "Dragon Ball Z-Kai" è quella della morte di Vegeta, che sceglie il sacrificio. In seguito, lo ritroviamo inviato a combattere contro Majin-Bu e ci appare effetivamente diverso, anche se in realtà è trascorso pochissimo tempo. Che cosa è successo al principe dei Saiyan in quelle poche ore?
"Il principe si riscosse, preda di quel commento irriverente.
“Puah! Sei forse un nemico che ho dimenticato?”
“Il peggiore, oserei dire”.
“Vaneggi. Lui è ancora là…” rispose Vegeta, indicando gli eventi riflessi in cielo.
Goku ansimava vistosamente e aveva sciolto la trasformazione, riacquistando il suo aspetto naturale. Presto, le sue ventiquattr’ore sarebbero scadute e avrebbe fatto ritorno all’altro mondo. Era al limite. Majin-Bu, che non avrebbe più incontrato ostacoli, lo osservava con crescente curiosità.
“Andiamo… Non è certo Kakarott il tuo acerrimo nemico!”
“Che cosa ne sai, tu, dannato…”
“Lo so bene. Io sono la tua nemesi, sono quello che ha colto il tuo ultimo respiro, scaraventandoti quaggiù. Io sono quello che ti ha ucciso, Vejita” lo interruppe."
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bulma, Vegeta | Coppie: Bulma/Vegeta
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
   >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Eccomi ancora qui, forse prima del previsto: infatti, giudico questa fic alla stregua di un esperimento e spero che risulti almeno un po' riuscito. In alcuni punti mi sono volutamente autocitata, come se anch'io fossi parte delle riflessioni che metto in animo a Vegeta. Grazie in anticipo a chi avrà la pazienza di leggere. ^^

INFERI

Ti ho dato la morte

 
Il palazzo di re Enma si elevava possente tra le nuvole dorate, che lo ammantavano di una coltre vaporosa e irreale. Le sue quattro torri candide, marcate di scarlatto sugli spigoli, svettavano incombenti sul primo confine dell’aldilà, posizionate nell’eternità come i punti cardinali.
L’edificio centrale mostrava tra la foschia aurea i suoi lucidi tetti a pagoda, ricoperti di tegole verdi d’argilla; sul colmo, un paio di corna ricurve forniva un indizio essenziale sulla natura del custode di quel luogo.
L’imponente portale borchiato era spalancato e due Oni dall’aria severa vigilavano sul flusso ordinato e continuo di anime che attraversava la soglia fatale. Erano tante quel giorno. Troppe.
“Maledizione!” tuonò Enma, facendo sussultare brutalmente l’assistente che lo affiancava nella consultazione dei registri “Ma che cosa stanno combinando sulla Terra!? Non si è mai vista una situazione del genere! Siamo al collasso!”.
“M-ma sire…” balbettò l’orco, aggiustandosi nervosamente gli occhiali “I Kai-o Shin stanno cercando una soluzione, ma il Majin è troppo potente persino per…”
Il sovrano dell’altro mondo lo fissò interdetto dall’alto dei suoi quattro metri di statura, stropicciandosi la folta barba nera. Una profonda ruga di preoccupazione gli si delineò tra le sopracciglia incurvate. Rigirò tra le dita il pesante martello di legno, sospirando inquieto.
I terrestri erano praticamente estinti. Non era rimasto più nessuno in grado fronteggiare la mostruosità evocata dalle pieghe del tempo da chi si nutriva di male assoluto. L’essere spaventoso che aveva il bizzarro nome di Bu.
Enma comprendeva perché il suo braccio destro si era interrotto, deglutendo saliva e paura. Neppure i guerrieri Saiyan erano riusciti a fermare quella creatura: presto, dopo aver disintegrato il pianeta, essa sarebbe giunta al suo cospetto, affamata di morte, stillante di bieca crudeltà… anche l’oltretomba sarebbe stato inghiottito per sempre da quella follia.
Una vibrazione proveniente dall’infinita fila di spiriti catturò la sua attenzione, interrompendo il fiotto spasmodico dei pensieri. Gli Oni di guardia fecero un passo indietro, arrestandosi e trattenendo il fiato, impallidendo sotto la carnagione rossastra.
Enma guardò più attentamente in quella direzione, per scorgere quale fosse il motivo di tanta agitazione e lo inquadrò all’istante.
Due occhi, feroci e tristi, si sollevarono in risposta ai suoi, neri come la tenebra di uno dei suoi regni. Lo sguardo di chi quell’abisso lo aveva già sperimentato da vivo, in anima e corpo, ma non si era mai rassegnato.
“Per tutte le forche…Lui…” brontolò perplesso il Dai-ou.
 
Il principe dei Saiyan procedeva nella sua direzione con un’espressione tesa e concentrata sul volto. Probabilmente, anche da laggiù era in grado di percepire le emanazioni di ki e si era reso conto che il Majin era ancora al mondo. La sua agile mente doveva essere lontana anni luce: proseguiva incurante di tutto, come se non si stesse dirigendo verso il suo destino ultimo. Oppure, semplicemente, non gli importava.
“Maestà, quello è…” farfugliò il segretario, allentandosi la cravatta tigrata, palesemente a disagio.
L’occhiataccia carica di disapprovazione di Enma lo ridusse al silenzio, ma non lo tranquillizzò affatto. L’attendente gli porse con efficienza il pesante registro rilegato, tentando di recuperare il contegno, ma senza sentirsi totalmente in difetto nel provare quel timore. In fondo, l’ultimo di loro ad essere giunto davanti alla sua scrivania aveva creato non pochi problemi.
Il Giudice Supremo scartabellò tra le pagine del fascicolo e si soffermò a leggere, corrugando la fronte. Le sue dita tozze continuarono a salire e scendere sulla pagina vergata d’inchiostro bruno, come se non fosse del tutto convinto di ciò che stava scorrendo. Lo stupore gli si dipinse in volto.
“Mmmh” grugnì accigliato “Roba da non credersi…”
 
Vegeta percepiva ancora il rovente riverbero di quella luce. La stessa in cui si era trasformato e dissolto. Una sensazione nuova e antica, come se da lui fosse sgorgata solo un’essenza che già esisteva. Lontana, sopita, volutamente respinta, ma presente. Poi, finalmente libera, illimitatamente potente. Quasi inaccettabile dall’arroganza consapevole e dignitosa che costituiva il suo modo di essere. Trovava difficoltà a identificarla con una parola.
Sacrificio? Sofferenza… s’offerenza
Su Namek, dieci anni prima, quando Frieza lo aveva ucciso, era vibrata un’altra corda. La sua esistenza era semplicemente terminata, nient’altro. Quella attuale, invece, era la morte. Lo era, perché nel frattempo si era preso la briga di vivere. E la ragione per cui si era concesso quella possibilità era inconcepibile, se raffrontata al suo passato. Il discrimine era tanto chiaro, quanto distante dai suoi intenti precipui. Approdare sulla Terra come messaggero di morte, per poi tornare a causa di un dispetto della sorte e restarci, abbandonando i progetti originari solo perché gli era stato chiesto e perché poi…
Chi!” mormorò, sorprendendosi a rimuginare.
Inutili congetture. Mai voltarsi. Sempre avanti con fierezza, la stessa al cui dettame si era sempre attenuto. Tuttavia, in quell’occasione era difficile mantenere la direzione. Nell’indietro c’era il suo tutto. Quello che aveva pienamente afferrato nello stesso istante in cui aveva scelto di lasciarlo consapevolmente andare come unica chance. E non lo aveva fatto per sé. No di certo. Una realtà impietosa, innegabile, che riusciva a scalfire persino il principe della stirpe guerriera.
 
“Addio, Bulma… Trunks… e anche a te, Kakarott…”
 
Lo aveva detto davvero. E poi il coraggio non era bastato. Era stato altro: qualcosa dentro di lui aveva varcato la strenua resistenza dell’orgoglio, lacerandogli l’anima come mai era accaduto. Una forza soverchiante gli si era riversata nel cuore come uno tsunami, portandosi via ogni forma di difesa, senza misericordia, eruttando da quella ferita invisibile, indefinibile.
Quella verità non gli aveva fatto paura: aveva solo smesso di negarla.
“Che vocabolo stai cercando? Non sei bravo a mentire, neppure a te stesso…”
Vegeta sussultò.
Gli spiriti che lo affiancavano sulla tortuosa strada bianca erano silenziosi e si muovevano con lentezza, ciascuno di essi perso nei ricordi o nei rimpianti. Quei termini pungenti non erano stati proferiti da nessuno dei suoi diafani vicini.
Gli Oni erano indaffarati poco distante e, quando lo avevano riconosciuto, avevano addirittura evitato di guardarlo. Figurarsi rivolgergli la parola!
Sogghignò.
Evidentemente, la sua fama lo precedeva e l’aldilà era aggiornato.
Era ancora frastornato dalla franosa successione degli eventi. Dall’effetto domino che lo aveva condotto laggiù. Quell’affermazione categorica che gli era saettata per il cervello era senz’altro il risultato dato dalla somma delle sue ultime ore di vita, cui si aggiungevano le decisioni assunte in extremis, accompagnate da una buona e insolita dose di ammissione di responsabilità. Un’eco rimasta sospesa, che aveva trovato finalmente la via d’uscita. Non poteva essere altrimenti.
Una contrazione dolorosa lo trapassò nell’io profondo. Se la sua intenzione era stata quella di sistemare le cose, aveva fallito miseramente: convivere con quella sensazione di impotenza lo rendeva furente, anche se sarebbe durata ancora pochi istanti in fondo. Poi, di lui, non sarebbe rimasto niente.
Strinse i pugni. La consapevolezza lo assalì inclemente.
 
“Piccolo, porta via i bambini e vattene da qui…”
“Allora… allora tu hai davvero intenzione di morire, Vegeta?”
Il Namekiano lo aveva compreso al volo e lo aveva fissato, contrariato e ammirato, ma senza tentare di dissuaderlo. Per certi versi, loro due erano simili. Lo sguardo rispettoso di quel mistico perspicace gli aveva infuso lo slancio finale.
Aveva tagliato corto, bandendo le spiegazioni delle proprie intime ragioni.
“Dimmi una cosa. Potrò incontrare Kakarott all’altro mondo?”
L’impercettibile esitazione del guerriero dalla pelle verde aveva risposto in sua vece, confermando le aspettative.
“Sarò sincero. Uno del tuo calibro non necessita di inutili consolazioni. No, non lo rivedrai mai più. Quando morirai, la tua anima finirà in un luogo differente dal suo, perché hai spezzato troppe vite innocenti. Perderai la memoria, sarai purificato e rinascerai in un nuovo corpo…”
 
Kakarott. Maledizione.
L’impossibilità eterna di sfidarlo sarebbe stata proprio la peggiore condizione che gli avrebbe imposto Enma, come meritato castigo per aver incoscientemente ed egoisticamente risvegliato il Majin. Per essere stato così…
“Stai scendendo davvero in basso! Non vorrai cedere all’autocommiserazione…”
Vegeta sciolse le braccia dal petto e andò automaticamente in posizione di guardia. Decisamente non poteva trattarsi di un’allucinazione provocata dalla fine esplosiva che si era auto inflitto.
“Se fossi in te, modererei i termini!” saettò al nulla che lo circondava “Vieni fuori!”
Le entità che gli erano accanto ebbero un tremolio e si allontanarono di qualche passo, intimorite.
Gli Oni gli indirizzarono un timido cenno, invitandolo a proseguire, raggelando a fronte della smorfia minacciosa con cui lui accolse la richiesta.
Nient’altro.
Chi! Almeno tra poco smetterò di ascoltare delle assurdità, da qualunque parte esse provengano…” ringhiò tra i denti.
Un boato assordante si propagò per l’etere, facendo vibrare l’intero oltretomba.
Un’energia spirituale immensa si irradiò attraverso lo spazio-tempo, raggiungendo per un millesimo di secondo quel mondo inaccessibile; un’altra aura, purissima, le si intrecciò spasmodica e poi svanì in una scia luminosa.
Stavano combattendo, lontano, per sopravvivere. Lo percepiva con chiarezza.
Il principe corrugò la fronte, tentando di placare inutilmente il violento ribollire del suo sangue saiyan, che per dna rifiutava la resa e si ribellava all’inattuabilità della lotta; un’immobilità forzata che pesava più di qualunque eventuale prossima condanna.
Quanto pesano invece le scelte azzardate, Ōji-sama?”
“Ma che diavolo…!?” esclamò Vegeta, esasperato.
Poi, la sua attenzione venne interamente fagocitata dallo squarcio circolare che occupò la volta rosata, sovrastando ogni altra questione.
Le immagini provenienti dalla Terra, deturpata dalla furia del demone mago, iniziarono a scorrere come in un film, senza interruzioni.
Udì distrattamente gli Oni affermare che Enma aveva dato l’ordine di monitorare la situazione del pianeta e di prepararsi al peggio, mentre fissava il cielo, sconcertato e irato.
Majin-Bu e Kakarott.
Il primo ancora odiosamente borioso. Il secondo… beh, gli aveva mentito.
Bakaya…” mormorò fra sé e sé, osservando la lunga capigliatura dorata e lo sguardo selvaggio di Goku “Ha volutamente trascurato di informarmi che era in grado di raggiungere il terzo livello di super Saiyan…”
Il che era un oltraggio intollerabile, che si aggiungeva a quelli precedenti. Dopo il loro primo scontro, il suo rivale gli aveva risparmiato la vita; poi era morto per salvarlo da Cell; infine, aveva rifiutato di concedergli la rivincita in duello.
Per costringerlo alla sfida, Vegeta aveva dovuto ricattarlo. Nel peggiore dei modi. Quella era la ragione per cui lui…
“No. La sola ragione sei tu”.
“Che cosa!?” gridò il principe, infiammandosi come brace al tocco del vento “Mostrati, razza di vigliacco! O sei capace solo di sputare aria?”
“Sei tu che non mi vedi, io sono qui davanti a te”.
Hah, hai deciso di provocare la persona sbagliata. Evidentemente non mi conosci affatto! Levati di torno, ho altro da fare!”.
“Ti conosco meglio di quanto credi, invece”.
Vegeta ridacchiò freddamente, ignorando volutamente la voce alle sue spalle e sollevando nuovamente il viso verso la proiezione degli eventi in corso.
Kakarott. Non era difficile intuire la ragione per cui non gli aveva rivelato la sua effettiva potenza: non voleva ucciderlo. Lo considerava un fratello. Per le stelle, come bruciava quella stima non richiesta! L’aveva riconosciuta distintamente sui suoi lineamenti, mischiata alla rassegnazione, alla comprensione, al rimprovero e all’angoscia.
 
In quella landa desolata, che era il teatrale specchio di un’interiorità soffocata a forza, il suo sguardo lo aveva sconfitto già in partenza. Quegli occhi verdi e sinceri gli avevano confermato che Kakarott non lo odiava. Anzi, lo capiva più di tutti gli altri. Ma non lo approvava.
“Hai abbandonato l’orgoglio solo per essere più forte? Mi hai deluso, Vegeta!”.
“Fai silenzio!! Non avrei mai voluto usare un tale mezzuccio! Per colpa vostra ho smesso di riconoscermi! Sembro un patetico terrestre! Avevo bisogno di tornare ad essere il vero me stesso, lo spietato principe guerriero! Ora, finalmente, sono di nuovo io e mi sento benissimo!”
Kakarott non gli aveva prestato ascolto, fissandolo con consapevolezza: “Non è vero!” aveva risposto perentorio e lui, per non udire la verità, aveva attaccato con la forza della disperazione.
L’aura remota e agghiacciante di Majin-Bu era poi mutata, mentre si fronteggiavano; il suo avversario aveva abbassato le braccia.
“E’ colpa nostra, Vegeta. Non è il momento di pensare al nostro ego”.
“Non mi interessa! Majin-Bu può fare quello che vuole!”
Kakarott si era raddrizzato, severo: “Ucciderà tutti, lo sai. Anche Bulma e tuo figlio…”.
“Stai zitto! Zitto!!”
Più preghiera che rabbia quella con cui aveva dato fiato a tutta la tristezza, a tutta la pesante cognizione derivante dalla sua infausta scelta.
“Ho venduto il mio spirito al Majin proprio per cancellare i miei sentimenti umani! Non mi importa più di niente e di nessuno!!”
“Non ti credo! È impossibile che tu abbia abbandonato tutto te stesso al mago!”.
Il principe lo aveva squadrato, terrificante all’esterno, in disastrosi pezzi di dolore all’interno. Rimaneva in piedi per arrogante ostinazione. Non era vero, infatti, e ben lo sapeva. Aveva sbagliato strada e non ne esistevano altre a quel confine estremo. Solo una. Quella che lo aveva condotto lì.
 
Fluttuò in quella memoria recente e gravosa.
Amaro da accettare, eh?” continuò il misterioso interlocutore.
Il principe si riscosse, preda di quel commento irriverente.
“Puah! Sei forse un nemico che ho dimenticato?”
Il peggiore, oserei dire”.
“Vaneggi. Lui è ancora là…” rispose Vegeta, indicando gli eventi riflessi in cielo.
Goku ansimava vistosamente e aveva sciolto la trasformazione, riacquistando il suo aspetto naturale. Presto, le sue ventiquattr’ore sarebbero scadute e avrebbe fatto ritorno all’altro mondo. Era al limite. Majin-Bu, che non avrebbe più incontrato ostacoli, lo osservava con crescente curiosità.
“Andiamo… Non è certo Kakarott il tuo acerrimo nemico!”
“Che cosa ne sai, tu, dannato…”
“Lo so bene. Io sono la tua nemesi, sono quello che ha colto il tuo ultimo respiro, scaraventandoti quaggiù. Io sono quello che ti ha ucciso, Vejita” lo interruppe.
Il principe si bloccò, incerto. Poi recuperò la risolutezza.
“Se proprio vuoi continuare con le tue idiozie, informati! Ho fatto tutto da solo, come sempre! Sei solo un impudente in cerca di gloria!” ribatté.
Oh-ho… non ne ho bisogno. Quanto affermo non contraddice la realtà dei fatti che entrambi conosciamo. Anzi, la conferma. Io ti ho elargito la morte”.
“Ora mi hai stancato!”
Vegeta si girò di scatto, sondando con il ki la trasparenza che lo stava pungendo sul vivo. Era esattamente dove si era dichiarata, solo invisibile agli occhi, come l’energia spirituale che la costituiva. Ma era vera e spaventosa.
Due iridi d’onice scura lo fissarono intensamente, balenando ironiche in risposta alla sua incredulità. Il viso dalla carnagione ambrata, incorniciato dalla lucida chioma corvina che vinceva la forza di gravità, si sollevò, indirizzandogli quell’inconfondibile sorriso di sbieco. Incrociò le braccia, fasciate nell’aderente dogi blu.
Io sono... te!” concluse.
   
 
Leggi le 3 recensioni
Ricorda la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
   >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Dragon Ball / Vai alla pagina dell'autore: Enchalott