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Autore: Son of Jericho    13/10/2018    2 recensioni
Reboot della già esistente "Dream 2 Fly".
Il Trio si trova ad affrontare un nemico assetato di potere, che non sembra avere punti deboli. Il legame tra le sorelle verrà messo a dura prova, e tutte le loro certezze cadranno in frantumi, quando nemmeno il Libro delle Ombre sembrerà in grado di aiutarle.
Dopo l'attacco di un demone, Phoebe si risveglia in soffitta, dolorante e senza memoria.
La battaglia per il predominio della Terra sta per iniziare, e gli inferi sono pronti a scatenare tutta la potenza di fuoco che hanno a disposizione.
Riuscirà il Potere del Trio a contrastarli anche stavolta?
Genere: Azione, Drammatico, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Cole Turner, Leo Wyatt, Paige Matthews, Phoebe Halliwell, Piper Halliwell
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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08. Hell Ain’t Waiting For Nothing

 

I sotterranei del castello di Jiroke ospitavano anime perdute, creature condannate, ed esseri ritenuti non abbastanza forti o degni per vivere in superficie.

Una luce soffusa avvolgeva come un manto i cunicoli e le gallerie che si diramavano sotto le stanze dell’imperatore. Mozzi di legno, agganciati alle pareti, bruciavano di fiamme eterne, color rubino e cobalto. Il sinistro crepitio delle torce andava a mescolarsi ai gemiti dei rinchiusi.

Le celle, incavate nella pietra, ospitavano due prigionieri ciascuna, per volere di Jiroke. Comandava il buio, mentre per alcuni il massimo della fortuna era qualche stralcio di luce che filtrava attraverso le fessure. Le gocce di umidità che cadevano dalle rocce echeggiavano come un interminabile e frustrante tamburellare sul metallo. Nessun carceriere.

Due figure si muovevano lentamente in una delle celle. La prima, alta e robusta, se ne stava in silenzio con gli occhi puntati nel nulla. Forse un demone. L’altra, arrivata da poco, si contorceva per il dolore delle torture e sprecava il fiato in lamenti. Il sangue aveva imbrattato i vestiti e la terra. Forse un umano.

Le catene, strette attorno alle caviglie di entrambi, sferragliavano e stridevano ad ogni sussulto.

- Se la sorte ti ha sorriso, sei finito nel posto giusto. – sussurrò il demone. – Altrimenti, puoi anche smettere di gridare. Non ti sentirà nessuno. –

L’umano balbettò qualcosa, per poi cedere alle lacrime.

- Il pianto, che strano modo di manifestare la sofferenza. Solo i protetti dai celesti potevano inventare qualcosa di così stupido. Ricordo che mentre la mia razza veniva massacrata dalla vostra, noi sentivamo rabbia e sete di sangue. A loro, invece, interessava solo piangere i caduti. -

Non gli importava che il suo nuovo compagno di sventura lo stesse effettivamente ad ascoltare. Si immerse nel suo racconto, in un sibilo disgustato.

- Di sicuro comandano ancora loro, lassù. Fanno le regole, rendono il mondo un posto peggiore, ci costringono a vivere nell’ombra. Era così anche tanti anni fa. –

Ma allora anche noi eravamo forti e numerosi. Arrivammo a un passo dal conquistare il loro trono. Volevamo sovvertire l’ordine delle cose, volevamo eliminare gli Anziani e riprenderci ciò che era nostro. Potevamo farcela. Gli Anziani non si sarebbero aspettati un attacco così diretto, li avremmo colti di sorpresa. Nemmeno i demoni più infimi avevano paura di sfidare le forze del cielo. C’era il potere in palio.

L’uomo disteso al suolo, intanto, taceva. Probabilmente era svenuto.

Scatenammo l’inferno. Il primo giorno che forzammo i cancelli, urlavamo tutti. Eravamo già sicuri della vittoria. Entrammo e iniziammo a distruggere quello che trovavamo. Le colonne dei loro templi venivano giù come fossero di cartone. All’inizio non trovammo nessuna opposizione. C’era un gruppo di Angeli Neri al comando. Furbi, forse fin troppo. Erano convinti che avessimo a che fare con dei vecchi dalla barba bianca che non facevano altro che ripetere filastrocche. Ci facevano attaccare in massa, senza tregua. Ne abbiamo uccisi parecchi, di Anziani. Mi ricordo com’era, camminare in mezzo a quei corpi inermi e disgustosi, mentre cercavamo di avanzare. Ma la strategia del comando era sbagliata. Anche loro sapevano come combattere. Presto fu chiaro che l’effetto sorpresa si era esaurito appena varcato il primo cancello. Noi eravamo di più, loro avevano più poteri e una migliore organizzazione. Fu l’inizio di una strage. Avevamo l’illusione di salire verso porte del Cielo, in realtà continuavano a respingerci e a eliminarci. Fu sparso molto sangue. Non saremmo durati a lungo così, ma il comando non cambiava. Scontrarsi era inutile. Decisi allora di andarmene per conto mio. Formai una squadra e ci allontanammo, almeno per restare in vita. Ci muovevamo in fretta. Con la mia Carta del Tempo, intanto, potevo vedere che il resto dell’armata, guidata solo dalla voglia di staccare la testa agli esseri celesti, non ascoltava, non si ferma, non si rendeva conto di andare incontro all’eliminazione. Gli Angeli Neri scapparono come codardi. Finì in un massacro. Mentre gli ultimi della mia gente venivano sterminati, noi ci spostavamo di continuo, anticipando le mosse che riuscivo a vedere. Ma fu tutto inutile. Loro ci sorpresero e ci annientarono. Il mio potere fu la mia unica fortuna…

- A proposito, non ti ho ancora detto qual è il mio potere? – Si voltò lentamente verso l’umano. La pozza di sangue in cui versava si era allargata e inscurita. Il respiro si era spento.

Peccato che il tuo soggiorno sia durato così poco, pensò il demone. Ti perderai la fine della storia.

Ero circondato da quei bastardi. Avevo visto i miei compagni disintegrarsi sotto i loro colpi, uno dopo l’altro. Ero rimasto solo io, non ce la facevo più. Loro mi fissavano, erano pronti a farmi fuori e a fare piazza pulita. Eppure in qualche modo riuscii a fuggire. Con le ultime forze che avevo, riuscii ad aprire un varco nello spazio e a proiettarmi indietro sulla Terra. Ma ero distrutto, non fui in grado di controllare la caduta. Mi ritrovai al suolo, in un luogo che non apparteneva né agli inferi né al cielo. C’era silenzio, non potevo muovermi. Credevo fosse la fine. Invece, all’improvviso, una figura annebbiata si avvicinò a me. Avvolto nelle tenebre, ricordo solo che aveva la pelle rossa come il fuoco dell’Inferno.

Tirò un rabbioso strattone alla catena, facendola tuonare. – Non so di cosa essere più grato a quell’essere, se di avermi salvato la vita, o di avermi richiuso qui. –

Il rumore ovattato di passi si fece sempre più vicino alla cella. La porta si schiuse, i cardini cigolarono come il latrato di una bestia morente.

Una figura imponente, la stessa di cui aveva parlato il demone, si presentò sulla soglia. Giudice, giuria, boia. – E’ tempo di novità, Kronos. –

 

*****

 

- Immaginavi che sarebbe andata così con Paige? –

Piper stava sbirciando fuori dalla finestra della soffitta. Le braccia conserte, lo sguardo inquieto. C’era tanto traffico, quella mattina. Il sole rifletteva sulle carrozzerie delle auto, scintillando prepotentemente nei suoi occhi fino quasi ad accecarla.

- Voglio dire, mandarci via in quel modo… -

Senza staccare lo sguardo dal Libro delle Ombre, Phoebe aggrottò lievemente la fronte. – Devo dire che non sono del tutto sorpresa. E’ fatta così, quando si mette in testa una cosa, è dura fargliela passare. –

- E’ proprio una di noi. – sorrise amaramente Piper. – Non credi anche tu che dovremmo riprovare a parlarle? –

L’altra sollevò il capo e posò le mani sul treppiede. – Per cosa, per farci cacciare via di nuovo come due ospiti indesiderati? – il tono risentito. – Paige è arrabbiata, è chiaro. Ce l’ha con noi, anzi, vuole avercela con noi. E stare accanto, in questo momento, non mi sembra l’idea migliore. –

Piper si girò verso di lei, stringendo ancora di più le braccia al petto. – E se non volesse più tornare? –

Phoebe esalò un sospiro. Dopo anni, le discussioni tra sorelle sembravano ormai tutte uguali. – Me l’hai già chiesto, sai come la penso. Vedrai che, una volta sconfitto questo demone, tutto tornerà alla normalità. –

- Sei ancora convinta di poter eliminare Jiroke anche senza il Potere del Trio? – le domandò la maggiore, indicando il Libro delle Ombre. Piper stava dando vita a tutte le sue insicurezze riguardo le due cose che la interessavano più da vicino: i demoni e la famiglia. E per quanto si stesse sforzando, aveva l’impressione di non riuscire a combinare nulla per nessuna delle due.

- Ne sono sicura. – annuì decisa l’altra. – Non posso credere che qui non esista niente per fermare un demone, imperatore, fantino o giullare che sia. Ok, magari la prima formula non ha funzionato, vorrà dire che ne scriveremo un’altra. In fondo, rimaniamo pur sempre due Prescelte, no? –

Piper piegò le labbra in una smorfia. – E’ solo che non mi va di aver lasciato Paige lì da sola. –

Phoebe replicò scuotendo la testa. Non sarebbe andata a rincorrere Paige, pregandola di prendere parte al loro incantesimo, soltanto perché la sorellina magari aveva bisogno di sentirsi la star del proprio film. Almeno, non se potevano farne a meno. – Lei ha fatto la sua scelta. Sa cavarsela benissimo da sola. E poi, non è esattamente da sola. C’è Hunter che le guarda le spalle, e probabilmente anche qualcos’altro… -

- Phoebe! – la riprese la più grande con disappunto.

Phoebe fece spallucce, l’espressione maliziosa. – E’ difficile che mi sbagli su certe cose. -

Piper preferì lasciar cadere il commento. Con il piede, iniziò nervosamente a disegnare archi di circonferenza sul pavimento, in entrambe le direzioni.

- Sono preoccupata per Wyatt e Chris. – ammise infine. – Insomma, fino ad ora hanno provato ad attaccare solo noi. Ma se decidessero di prendersela anche con gli innocenti, con i miei bambini? –

- I bambini stanno bene. – addolcì l’intonazione, cercando di tranquillizzarla. – Finché rimarranno alla scuola di magia con Leo, saranno al sicuro. –

- E se i demoni riuscissero ad arrivare anche lì? Lo so, Paige ha detto che non sono stati attaccati alla scuola, ma… -

- Paige ha detto un sacco di cose, è vero. – la interruppe Phoebe. – Ma non ho ragione di dubitare che la scuola sia ancora off-limits per i demoni. Non ci entreranno, ne sono certa. –

Tornò poi a consultare sul Libro delle Ombre, dando di nuovo le spalle alla sorella. Le aveva comunque dato un motivo in più per sbrigarsi a trovare qualcosa di utile.

Intanto, Piper continuava ad osservare pensierosa la soffitta. Sì, magari Wyatt, Chris e Leo non correvano pericoli. Almeno per ora. Magari Paige avrebbe resistito all’invasione anche da sola, grazie all’aiuto di Hunter. Almeno per ora. Magari non avrebbero fatto niente di impulsivo e stupido. Per ora. Il punto era che, nonostante tutto, non avevano ancora uno straccio d’idea su come sconfiggere quel maledetto imperatore.

Il suo esercito avanzava e sferrava colpi sempre più violenti, mentre loro pensavano solo a difendersi.

L’ultima riflessione le uscì ad alta voce. – Chissà come hanno fatto la mamma e la nonna ad eliminarlo le altre volte. –

Phoebe si voltò di scatto, incuriosita. In fin dei conti, aveva perfettamente senso. – Perché non proviamo a chiederlo direttamente a loro? –

Piper esitò. – Credi sul serio che le lasceranno venire quaggiù? –

- Mi pare che la situazione sia critica abbastanza da poter fare uno strappo alla regola. –

Piper la guardò perplessa per un istante, salvo poi realizzare l’effettiva bontà dell’idea. Le sfuggì un sorriso colorato di speranza, prima di lanciarsi improvvisamente verso la porta.

Phoebe allargò le braccia. – E adesso dove stai andando? Piper! –

La sorella stava già per sparire oltre la soglia. – E’ un’ottima idea, Phoebe, ci sto. – la risposta giunse lontana. - Ma prima devo fare una cosa. –

 

*****

 

Quella mattina, Hunter Myers aveva addirittura annullato una lezione, per stare con Paige.

Si era fatto sostituire dal primo insegnante che gli era capitato a tiro. Gli era sembrato più importante aiutare le Prescelte, o perlomeno una, che cercare di insegnare come far esplodere una mela. Poteva benissimo farlo un altro giorno. Male che vada, gli studenti avrebbero incendiato la lavagna piuttosto che il frutto.

Paige era stranamente taciturna. La ragazza che aveva conosciuto fino ad allora alternava spesso momenti di esuberanza ad altri fatti di poche parole, ma non l’aveva mai vista così.

Era chiaro come il sole che era concentrata, immersa nei suoi pensieri, nella volontà di eliminare quel demone a tutti i costi, nel ricordo della lite con le sue sorelle. Una personalità forte, che a lui piaceva particolarmente, messa a dura prova.

I due si erano riuniti nello studio del professore, avevano adibito la scrivania a piano di studio, e avevano messo insieme tutti, ma proprio tutti, i libri che parlavano o potevano parlare di Jiroke.

Hunter scrutò l’espressione di Paige mentre leggeva, con le pupille che scorrevano da una parte all’altra come un flipper.

Incrociò le mani davanti a sé e appoggiò i gomiti sul tavolo. – Tra questo e ciò che ti hanno raccontato le tue sorelle, dovremmo avere abbastanza informazioni. Perché non ti riposi un po’? –

Paige parve ignorare la domanda. – E’ strano, non c’è scritto da nessuna parte quali siano le origini di Jiroke. – commentò ad alta voce, assorta.

Sfogliò qualche pagina in maniera casuale. – Ci sono due secoli di imprese, battaglie, conquiste e perdite. Negli inferi e in superficie. Sembra di leggere un libro di storia. Qui dice che il suo esercito, uno dei più vasti del mondo sotterraneo, si rinnova continuamente, andando a reclutare demoni o Angeli Neri anche di altre fazioni. –

Hunter sollevò un sopracciglio e piegò le labbra in un ghigno. – Non mi sorprende, mercenari. Vedendo come combattono, molti di quei demoni non durano più di ventiquattro ore. –

Paige si passò una mano tra i capelli. – Parla anche di un castello, il suo quartier generale. Deve essere quello che abbiamo visto quando siamo andati là. –

C’erano diverse storie a proposito di chi aveva affrontato Jiroke e i suoi seguaci, eppure quasi tutte si interrompevano appena arrivavano a menzionare le segrete del castello. Nessuna notizia e nessuna voce, una volta entrata, sembrava uscire da quel posto.

– Paige, posso chiederti una cosa? – Hunter si sporse in avanti, il tono discreto.

Lei si girò a guardarlo, impassibile, e annuì.

- Sei davvero sicura di volerlo affrontare senza le tue sorelle? –

Non aveva dubbi sulla preparazione di Paige, l’aveva vista in azione e si era reso conto che era forte almeno quanto le altre due. Ma come tutti conosceva il Potere del Trio delle Halliwell, e sapeva che, unito, era pressoché invincibile.

La ragazza non aveva bisogno di rifletterci ancora. Aveva sentito quella domanda, anche nella sua testa, fin troppe volte ultimamente. – Mia madre e mia nonna ce l’hanno fatta da sole, posso riuscirci anch’io. –

Fu ripetendo quell’inciso, che cercò di far capire a Hunter che lei non aveva paura. Le Halliwell non avevano mai paura.

Hunter aggrottò la fronte e fece un cenno verso la pila di libri sulla scrivania. – Buon sangue non mente, devono essere state tra le poche a sopravvivere. Possibile che non ci sia nulla su come hanno fatto a sconfiggerlo? –

Paige scosse stancamente il capo.

- Tu, piuttosto. – gli lanciò un’occhiata enigmatica. – Sei sicuro di voler continuare ad aiutarmi? -

- Combattere il Male è ciò che faccio. – le rispose sicuro.

Un leggero sorriso gli si disegnò poi in volto. – E poi, temo sia l’unico modo per fare fede alla mia promessa. Quell’appuntamento diventa sempre più lontano, per cui mi sta bene anche una caccia ai demoni insieme a te. –

Paige non riuscì a trattenere una risata, che le allentò notevolmente la tensione.

Subito dopo, però, fu di nuovo il momento di pensare alla guerra in atto e di studiare un nuovo piano.

Ci aveva pensato e ripensato, da quando era tornata dalla loro prima missione. Aveva rivissuto mentalmente le immagini di quella foresta, di quel maniero all’orizzonte. E ancora, dello scontro con i demoni, dell’armata che marciava verso di loro, e di Hunter a terra ferito.

Ma dopotutto, l’idea di fondo continuava a non sembrarle così pessima. Magari la prima volta avevano sbagliato qualche dettaglio nella strategia, ma non sarebbe risuccesso. Sì, poteva ancora funzionare.

La prima volta, appena avevano iniziato ad avanzare, erano finiti dritti nella trappola delle milizie di difesa. Difficile, attraversare quella sterminata radura passando inosservati. L’incantesimo li aveva sicuramente fatti apparire troppo distanti dal castello. Non che la formula fosse sbagliata, ma non conoscendo nulla di Jiroke o del suo regno, era inevitabile dover fare un salto nel buio.

Bene, adesso sapeva tutto ciò di cui avevano bisogno. Avrebbe indirizzato meglio l’orbitazione, superando le prime linee della retroguardia e arrivando direttamente dentro le mura.

Stavolta, ne era convinta, era lei a poter contare sull’effetto sorpresa. Non si sarebbero mai aspettati due attacchi al forte così ravvicinati, e soprattutto, che fosse la Strega a fare la prima mossa.

- Io entrerò in quel castello. – dichiarò alla fine, facendo valere il suo spirito combattivo.

Hunter la guardò di traverso. – Come sarebbe a dire “io”? –

Paige storse un po’ la bocca. – Ti ho già detto che le mie sorelle non saranno con me. –

- Non mi stavo riferendo a loro. –

Occorse qualche secondo di troppo a Paige per capire cosa intendesse. Dopodiché, assottigliò gli occhi come un felino e gli agitò energicamente l’indice davanti alla faccia. – Fuori discussione, tu non vieni stavolta. –

- Perché? – esclamò stupito Hunter, allargando le mani.

- Guarda com’è andata, non sei ancora guarito del tutto. –

- Io sto benissimo. – sorrise.

- Non sei nelle condizioni per tornare a combattere così presto. –

- Cosa c’è, hai paura che ti rallenti? – la stuzzicò, spingendola verso la verità.

- No, è che non posso rischiare di metterti di nuovo in pericolo. – frenò al termine della frase. – Non voglio farlo. –

- Non devi preoccuparti per me. – le lanciò un’occhiata molto più morbida. – Ti stai addossando colpe che non hai. Ci siamo dentro insieme, ormai. E se credi che ti lascerò tornare là da sola, ti sbagli. –

Si alzò e, senza dare tempo a Paige di replicare, si diresse verso la porta. – Ho preso un impegno, e intendo onorarlo. – posò il palmo sulla maniglia. – Tu aspettami qui, vado a prendere il libro che fa per noi. -

 

*****

 

Cole stava vagando da ore, senza meta, tra le terre del mondo sotterraneo.

Non riusciva a capire, non aveva perso i suoi poteri. I demoni che aveva incontrato e che aveva usato come cavie lo avevano provato sulla loro pelle, anche se non sarebbero mai andati a testimoniarlo. Due di loro, colpiti dalle sfere d’energie, avevano preso fuoco in un baleno, come fiammiferi imbevuti di benzina. Era stato uno spettacolo molto piacevole. Non aveva lasciato tracce. Il teletrasporto gli permetteva ancora di spostarsi tranquillamente da una dimensione all’altra senza essere individuato.

Aveva addirittura iniziato a temere che i suoi poteri non funzionassero in superficie. Bene, il ladro che aveva immobilizzato, ferito e abbandonato in un vicolo buio e deserto aveva dimostrato il contrario.

Quindi restavano solo le Halliwell. Poteva andare ovunque, poteva fare qualsiasi cosa, poteva colpire chiunque. Chiunque, ma non loro.

Doveva capire cosa stava succedendo. Non era più nel limbo, almeno di quello era sicuro. Ma per qualche oscura ragione, qualcuno o qualcosa lo stava trattenendo lontano dalle Prescelte. Perché?

Se non potevano avvertire nemmeno la sua presenza, allora tutto ciò che stava cercando di fare era inutile? Si rispose di no. Non era nella sua natura arrendersi, né in quella di demone né in quella di umano. In passato aveva fallito troppe volte, aveva gettato all’aria tutte le occasioni che gli si erano presentate. Stavolta avrebbe fatto il possibile, e l’impossibile, perché il finale cambiasse.

In un modo o nell’altro, avrebbe portato a termine la sua missione. Adesso, non gli rimaneva che scoprire cos’era ancora in grado di fare.

Arrivò al castello di Jiroke, superando in silenzio e a capo chino le guardie a protezione delle porte. Approdò nella sala che precedeva quella del trono. C’era il solo Hewon ad attenderlo. Il ministro si voltò a fissarlo, appena sentì i cardini della porta stridere.

- Chiedo di poter parlare con Jiroke. – esordì Cole, senza indugi.

- In questo momento è impegnato. – rispose Hewon, le mani giunte dietro la schiena. – Sta consultando la Carta del Tempo, non credo voglia essere disturbato. –

- E’ importante. –

- Riguarda te o la missione? – gli domandò in un sibilo.

Cole parve rifletterci un secondo di troppo. – Entrambe. –

Hewon annuì. – Ti ascolto. –

Cole sentì il sangue scaldarsi nelle vene. Un po’ per rabbia, un po’ per una strana tensione. - Non era così che doveva andare. Non potevo prevedere… quello. –

- Ti credo. – lo stoppò sul nascere, con tono flemmatico. - Nessuno avrebbe potuto. –

Cole drizzò la schiena, quasi si trovasse di fronte al giudice di un tribunale. - Non ho avuto l’opportunità di mostrarvi di cosa sono capace, ma la prossima volta… -

- Non ci sarà una prossima volta. – lo interruppe di nuovo Hewon. – Jiroke è rimasto piuttosto deluso dall’esito della missione. –

Lo sguardo di Cole mutò in un istante, andando a richiamare molto quello di Belthazor. – Che significa? Che sono fuori? –

Il ministro mosse qualche passo alla sua destra. – Vedi, Cole. – iniziò a voce bassa. – Tu sei un essere profondamente tormentato, te l’ho letto negli occhi fin dalla prima volta che ci siamo incontrati. Capisco che tu nutra un forte desiderio di vendetta, ed è giusto per un demone della tua caratura e del tuo passato aspirare sempre a qualcosa di più. Ma questa è la guerra di Jiroke, non la tua. –

- Ma posso sempre combattere al vostro fianco. – il tono si alzò, quasi in un urlo. – Non potete tagliarmi fuori. Io vi servo! –

Hewon non vacillò di un millimetro. L’ultimo colloquio con Jiroke lo aveva convinto su ciò che doveva fare. – Hai tentato di dimostrare la tua lealtà nei nostri confronti, questo te lo riconosco. Ma se non puoi colpire le Prescelte, non vedo come tu possa esserci utile. –

Cole strinse il pugno. - Ditemi qual è il vostro piano, ci sarà pur qualcosa che posso ancora fare! –

D’un tratto, la porta dall’altro lato della stanza, quella che dava sulla sala del trono, si aprì. Il legno scricchiolò, e un filo d’aria calda gli passò attraverso. Jiroke apparve sulla soglia, il mantello svolazzante sul pavimento, il copricapo tirato fin sopra la fronte.

Cole girò la testa nella sua direzione. Da lontano, non riuscì a vedergli gli occhi. C’erano solo le tenebre, su quel volto.

La voce cavernosa del demone imperatore tuonò tra le pareti, andando a rispondere alla domanda di Cole. Aveva visto nuovi sviluppi sulla Carta del Tempo.

- Non ti considerare congedato. – dichiarò, sorprendendo anche Hewon. - I tuoi poteri possono ancora servirci. –

 

*****

 

Quando vide Piper camminare a passo svelto verso di lei, dall’altra parte del corridoio, Paige sospirò estenuata e piantò i piedi a terra, quasi fossero mattoni.

Aspettò che le fosse abbastanza vicina. – Mi sembrava di essere stata chiara… -

- Frena, non sono qui per discutere. – tagliò corto la maggiore. – Voglio solo parlare. Ti voglio bene. Lo sai, Paige. –

Usò quell’ultima frase, apparentemente sconnessa, per appianare subito i toni e anticipare l’eventuale nuova bufera. Non sapeva effettivamente cosa aspettarsi. Suppose che anche la sorella volesse dirle una cosa simile, ma che allo stesso tempo si trovasse a combattere con il proprio orgoglio.

- Allora perché sei qui, Piper? –

- Come sta andando? – decise di prenderla larga, notando il libro sotto il braccio di Paige. – Con il demone, intendo. Hai trovato qualcosa? –

- Abbiamo qualche idea, sì. – rispose Paige, sottolineando il plurale.

- Avete già un piano? -

– Quello di non restare con le mani in mano, aspettando chissà cosa. – concluse in tono neutro.

Piper annuì laconica. La sorella si stava mantenendo volontariamente sul vago, come se non fossero affari suoi, come se non dovesse importarle. Si sbagliava.

Non glielo avrebbe mai detto in faccia, ma era dell’opinione che lei e Phoebe avessero molte più possibilità di sconfiggere Jiroke. Nel suo immaginario, nonostante l’aiuto di Hunter, Paige avrebbe dovuto limitarsi a resistere agli attacchi.

- Torna a casa, Paige, per favore. – le mormorò, cercando di suonare il più tenera possibile.

La più piccola si passò nervosamente una mano tra i capelli. – Piper, io… -

- Ascolta. – la fermò con la mano. – Potrei darti una buona, anzi, un’ottima ragione per farlo. –

- Quale, il Libro delle Ombre, per esempio? Non mi pare che abbia offerto granché, stavolta. – commentò Paige, con un filo di polemica.

- Non esattamente. – l’espressione di Piper si era fatta un po’ più sorridente, quasi ammiccante. Sperava di convincerla, anche se la sorellina non era per niente facile da comprare. – E’ una sorpresa. -

Paige la interrogò con un’occhiata sospettosa, ma da qualche parte anche incuriosita.

- Io e Phoebe vogliamo evocare la mamma e la nonna. – rivelò con entusiasmo. - Per capire cosa possiamo fare per eliminare Jiroke. –

Lo sguardo di Paige fu chiaramente tormentato, nei secondi che seguirono. Impossibile non accorgersi che ci stava pensando. Scosse leggermente il capo, mordendosi il labbro inferiore. – Mi dispiace. -

Il sorriso di Piper svanì. – Andiamo, perché no? –

Perché no? Perché lei invece continuava a insistere? Perché non riusciva a capire che questo riguardava lei anche come Paige Matthews, e non solo come parte delle Halliwell, del Trio, delle Prescelte. Tutte le sue certezze erano state minate, e aveva bisogno di ricostruirle. Ma soprattutto, perché doveva farle una cosa del genere?

- Non dovevate arrivare a tirare in ballo addirittura la mamma, per darmi un ultimatum. O torno a casa, o non potrò vederla, giusto? – la voce non era arrabbiata, era incrinata come un vetro. – Sempre che ci sia sul serio. -

Piper era rimasta spiazzata. Si sentiva profondamente delusa, e soprattutto, dispiaciuta che Paige non avesse capito quali erano le sue reali intenzioni. Quando Phoebe aveva avuto quell’idea, volta all’eliminazione del demone, lei ci aveva visto un’opportunità. Non voleva essere un ultimatum, un trucco, né tantomeno un ricatto. Sperava soltanto di far leva sull’amore di Paige per sua madre. Avrebbe dovuto essere l’occasione perfetta per riunire la famiglia.

- Potrebbe aiutarci. – tentò una strada parallela.

Paige inspirò a fondo. – Io non ho bisogno di aiuto, dovete smetterla di pensare il contrario. Vi ho detto che me la caverò da sola. –

Piper serrò le labbra. Evidentemente, non era ancora il momento giusto. Forse aveva ragione Phoebe, dovevano prima lasciare che la questione del demone imperatore facesse il suo corso, per poi risolvere le loro, di questioni.

- Le dirò che l’hai salutata. – fu tutto ciò che le venne in mente, di fronte all’ennesimo tentativo fallito. Un fallimento che non poteva accettare. In fondo al cuore, aspettava ancora che lei cambiasse idea.

Il silenzio era calato tra loro. Non era quella l’aria che avrebbe dovuto tirare tra sorelle, eppure, nessuna delle due sembrava in grado di fare nulla per cambiarla.

Piper resistette all’istinto di stringere le mani di Paige tra le sue. – Io torno da Phoebe, mi starà aspettando per l’incantesimo. – in un modo o nell’altro, non riusciva a lasciarla completamente sola. – Promettimi almeno che starai attenta. –

Paige annuì seria. – Lo farò. –

La maggiore delle Halliwell capì che, almeno da quel round, non avrebbe ottenuto molto di più. Per certi versi, le andava bene anche così.

Salutò la sorella e, a mani vuote, riprese il corridoio nella direzione opposta a quella da cui era provenuta.

Probabilmente il dubbio le sarebbe rimasto per sempre, ma mentre si allontanava ad ogni passo di più, poté giurare di aver sentito alle sue spalle la voce di Paige, che pronunciava piano un “grazie”.

 

*****

 

Mentre Jiroke controllava gli avvenimenti nel mondo di superficie, Hewon continuava a girellargli nervosamente intorno. Era da quando erano tornati dalle segrete, che il sacerdote si era chiuso in un pensieroso silenzio.

- Qualcosa ti turba? – gli domandò l’imperatore.

Hewon gli voltò le spalle, si allontanò di un paio di passi e inspirò rumorosamente. – E’ a proposito di Kronos. –

Il sovrano non staccò l’attenzione dalla Carta del Tempo. – Di che si tratta? –

Hewon aveva visto le guardie trascinarlo fuori dalla cella. Incatenato dal collo alle caviglie, strisciava i piedi per terra con lo sguardo fisso di fronte a sé, senza dire una parola. Il mento appuntito, un piccolo paio di corna dorate che gli spuntavano da sopra le orecchie, un carapace blu a coprirgli tutta la pelle. Percorreva il tunnel con l’aria minacciosa di chi non teme più nulla. Le guardie lo avevano portato in uno dei locali di combattimento, per poi tornare nei sotterranei a recuperare il corpo di quello che, per pochissimo tempo, era stato il suo compagno di cella.

Jiroke gli aveva raccontato la storia che si celava dietro quel demone. Adesso, Hewon era molto meno sorpreso che l’avesse definito “l’arma finale”. Era un essere estremamente pericoloso.

- Non sono convinto che affidarsi a Kronos sia una buona idea. –

- Per quale ragione? Sai di cos’è capace. –

- Esatto, è proprio per questo. E’ imprevedibile, poco incline a sottostare agli ordini. Secondo me corriamo un rischio, soprattutto arrivati a questo punto. Potrebbe essere una scheggia impazzita. –

- Kronos è una risorsa troppo importante per non essere sfruttata. E’ un demone incredibilmente potente. – si voltò repentino verso Hewon. – Anche più forte di Cole. –

Lesse ancora la perplessità negli occhi del sacerdote. – E ti assicuro che sarà determinante, nell’esito della guerra. Questa volta, potrà condurre l’esercito alla vittoria. –

Hewon chinò lo sguardo e annuì remissivo. Che fosse d’accordo o meno aveva poca importanza. – Che cosa facciamo con le Halliwell? Hanno sventato l’ultimo attacco, devo inviare altri demoni? –

- No. – ribatté risoluto. – Meglio non perdere altri elementi dell’esercito. Avevi ragione, nessuno di loro è all’altezza di uno scontro diretto con le Prescelte, ma almeno sono numerosi. Mandarne altri a morire sarebbe solo uno spreco. –

Tornò poi a concentrarsi sulla Carta del Tempo e sulle preziose informazioni che gli passavano davanti. – Il Potere del Trio non è più unito. Dobbiamo solo attendere finché una delle sorelle non commetterà un errore. – strinse il pugno vicino al petto. - E credimi, succederà molto presto. -

 

*****

 

Piper era tornata a casa con l’aria scura e assorta, e Phoebe se n’era accorta subito.

Mentre sistemava le ultime candele intorno al treppiede, osservava con la coda dell’occhio la sorella maggiore, che se ne stava con le braccia conserte al petto, senza dire una parola. La curiosità di sapere cosa fosse corsa a fare, cosa l’avesse spinta a scappare così all’improvviso dalla soffitta, la stava divorando.

- Che succede? – le domandò alla fine, spostando un cero sul tappeto.

Piper sospirò delicatamente. – Sono preoccupata per Paige. –

Phoebe si voltò verso di lei, e la colse un’esitazione. – Lo so. –

- Voglio dire… - proseguì la più grande, scuotendo il capo. – Continua a ripetere che, visto che la mamma e la nonna sono riuscite a respingere Jiroke, allora può farcela anche lei. Paige è forte, è vero, ma… -

- Non è il Potere del Trio. – Phoebe terminò quella frase cautamente, quasi sottovoce.

- Esatto. – Piper usò un tono un po’ più alto. – La mamma e, prima ancora, la nonna avevano tutto il potere delle Halliwell concentrato dentro di loro. In un’unica Strega, capisci? Paige, invece, è come se in confronto ne avesse solo un terzo. –

- O addirittura un quarto. – puntualizzò seria l’altra, rialzandosi per tornare sul Libro delle Ombre.

Piper le lanciò un’occhiata confusa. – Nella peggiore delle ipotesi. Il punto è che almeno noi siamo insieme, lei è da sola. Non dico che si stia sopravvalutando, però… -

- Ho capito. – annuì Phoebe, serrando le labbra. Comprendeva perfettamente i timori della sorella. – E’ anche per questo che faremmo meglio a sbrigarci, a chiedere alle nostre antenate qualche consiglio utile. –

Sfogliò alcune pagine del Libro delle Ombre, prima di fermarsi su quella che conteneva il rituale per richiamare uno spirito perduto. Estrasse dalla tasca un foglio piegato a metà, lo aprì e lo distese sulla pagina adiacente. Raccolse poi tre cristalli da un piccolo sacchetto di tessuto rosso: tenne il primo per sé, porse il secondo a Piper, e lasciò l’ultimo sul treppiede, accanto al Libro.

- Pensi davvero che le lasceranno scendere? – chiese con un briciolo d’impazienza la maggiore delle Halliwell.

- Ne sono convinta. –

Piper scrutò il pezzo di carta scritto a mano. – Per chi hai preparato la formula? –

- Per entrambe. – dichiarò fiera l’altra. – Non si sa mai. -

- Perfetto. Allora da chi iniziamo? –

- Scegli tu. –

Un accenno di sorriso si presentò timidamente sul viso di Piper. – La mamma. E’ da più tempo che non la vediamo, muoio dalla voglia di salutarla. –

- D’accordo. – Phoebe ripiegò nuovamente il foglio, lasciando solo un lato a vista. – Avanti, cominciamo. –

Chiamò la sorella con un cenno della mano, affinché la raggiungesse al suo fianco.

La soffitta calò nel silenzio per un lunghissimo istante. C’era una strana tensione nell’atmosfera. Era passato parecchio dall’ultima volta in cui avevano eseguito il rito. E in quell’occasione, lo ricordavano entrambe, c’era anche Paige.

Le due Halliwell si presero per mano, stringendo a pugno i cristalli nell’altro palmo. Le loro voci si levarono all’unisono, nel pronunciare l’incantesimo di evocazione.

- … attraversi la dimensione infinita, ci assista l’origine della nostra vita. -

Le fiammelle delle candele raddoppiarono l’intensità, mosse da un impercettibile filo di vento. I cristalli s’illuminarono. Tutti, tranne quello appoggiato sul treppiede.

Una manciata di scintille brillò a mezz’aria, per poi sparire subito dopo. Nessuna donna apparve di fronte a Piper e Phoebe.

Le due si guardarono stupite, interrogandosi su cosa fosse appena successo. Insieme, spostarono gli occhi sul Libro delle Ombre.

- Abbiamo sbagliato qualcosa? – ventilò Piper, accigliata.

- Non credo. – replicò Phoebe, ricontrollando perplessa ciò che aveva composto. – Riproviamo. –

Ripeterono più forte le stesse frasi, ma con il medesimo risultato. Nessuno.

- Magari è… impegnata. – azzardò Piper in una smorfia.

- Vuoi tentare con la nonna? – propose Phoebe, dubbiosa, come se in realtà non ne fosse convinta neppure lei.

L’altra acconsentì, scrollando le spalle.

La formula per Penny Halliwell era di base simile alla precedente, solo di un paio di versi più lunga e con l’aggiunta di alcuni termini arcaici. Le due Streghe trassero un profondo respiro, recuperando la concentrazione.

Solito effetto. Solito cristallo che rimaneva spento, solite scintille che vorticavano sospese e dopo un istante scomparivano. Ancora niente.

Piper sganciò la mano da quella della sorella, e se la passò nervosamente tra i capelli. - Perché non funziona? –

Phoebe continuava a fissare aggressiva il Libro delle Ombre. - Non capisco. – sospirò.

Da quello che avevano visto, sembrava come se, a un certo punto dell’incantesimo, la magia subisse una brusca interruzione. Come se il loro potere venisse ostacolato da qualcosa, che gli impediva di raggiungere l’obiettivo.

- Che sia per quello? – ipotizzò Piper, riferendosi all’unica pietra che non si era accesa. Era forse legato al Potere del Trio, e l’assenza di Paige non permetteva loro di completare il rituale?

- Non saprei. –

Mentre parlavano, Leo fece il suo ingresso nella soffitta. Dopo aver sentito del confronto tra Piper e Paige, nei corridoi della scuola di magia, aveva deciso di passare per controllare come stava. Nonostante l’espressione pacata, il momento non era dei migliori e Piper, vedendolo, pensò subito al peggio.

- Leo, che ci fai qui? – squillò. – La scuola di magia, i bambini… -

- I bambini stanno bene, tranquilla. – la placò immediatamente con un tenero sorriso.

Intanto, Phoebe aveva abbandonato la postazione e si era messa a spengere il cerchio di candele. - “Tranquilla” a lei? – ironizzò. – Di’ un po’, non conosci ancora tua moglie? –

Leo fece viaggiare lo sguardo per la stanza, incuriosito. – Che stavate combinando? -

Piper allungò il braccio e richiuse il Libro delle Ombre con disappunto e la veemenza di uno schiaffo. – Un altro buco nell’acqua, ecco cosa. –

Riunì i cristalli, li ripose nel sacchetto e ne strinse il cordoncino all’estremità. Mentre passeggiava inquieta lungo le assi di legno del pavimento, lo faceva volteggiare in modo da gesticolare ancora più apertamente.

Farlo volteggiare la aiutò a gesticolare ancora più apertamente, mentre passeggiava inquieta lungo le assi di legno del pavimento.

- Perché gli Anziani ci stanno facendo questo? Voglio dire, cosa gli costava permettere alla mamma o alla nonna di venire quaggiù? – protestò verso un interlocutore non ben definito. – Prima Paige, adesso questo, che altro dobbiamo fare? Voler eliminare uno stramaledetto demone è forse diventato troppo? –

- Ragazze! – la voce allarmata di Leo andò prepotentemente a interrompere lo sfogo della moglie. - Com’è potuto accadere? -

Le Halliwell si girarono verso di lui.

Leo, immobile davanti al treppiede, stava osservando con occhi inorriditi la copertina del Libro delle Ombre.

 

 

 

 
   
 
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