Film > Captain America
Ricorda la storia  |      
Autore: Enid    18/10/2018    3 recensioni
Alcuni giorni fa, girellando su FB, ho visto un post con una citazione da un'intervista di Chris Evans che parlava di Steve Rogers... e sottolineava come la relazione con Bucky fosse forse una delle poche cose rimaste a Steve che gli ricordasse "casa".
Da lì, nasce questa piccola storia, un pezzetto di viaggio nell'animo di Steve Rogers^^.
Grazie ad Harianne, la mia beta!
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Steve Rogers
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
 “Penso che sia una delle relazioni più preziose per Steve Rogers. È una delle poche relazioni che è stato in grado di trasferire ai giorni nostri. Una delle poche relazioni che lui possa identificare come qualcosa che noi chiameremmo “casa”.” Chris Evans su Steve Rogers.

**************************************************************
Casa.

Non ne aveva avuta una in così tanto tempo.

Era passato da edificio ad edificio, da un appartamento all’altro, ospite, o in affitto, o dato per lavoro.

Aveva comprato suppellettili, quadri, piante, nel tentativo di fare proprie quelle quattro mura. Musica per riempire il vuoto del silenzio, opere d’arte sui muri, un plaid sul divano.

Inutilizzati. Non aiutavano, la musica era tutta sbagliata, le note troppo acute, il suono troppo chiaro. I quadri sui muri erano falsi, e non erano suoi perché non era più riuscito a disegnare dopo… I plaid erano ruvidi e mai caldi abbastanza.

Passava tutto il tempo possibile fuori dall’abitazione: al lavoro, o allenandosi, correndo per Washington. Aveva comprato una moto e l’aveva usata finché il battito del suo cuore non si era sincronizzato col rombo del motore, sfrecciando a tutta velocità sulle strade vuote fuori dalla città.

Aveva risposto ad ogni chiamata, incurante del pericolo, facendo impazzire i suoi colleghi/amici. Perfino Tony aveva avuto da dire sulla sua incoscienza, e non in modo positivo.

Si era unito allo SHIELD cercando lo stesso senso di appartenenza, agognando la sensazione di lavorare per un bene superiore, sperando in una nuova casa.

Tutto per niente.

Tutto per un fottuto niente.

E poi, quel giorno, mentre tutto gli crollava attorno, quando gli amici si trasformavano in nemici, proprio quando avrebbe dovuto, concretamente, sentire ogni cosa cedere sotto i piedi, quel giorno, su quel fottuto ponte, aveva ricominciato a respirare.

Non era stato facile. In realtà, era una delle cose più dure che avesse mai fatto, anche peggio del dolore dei Vitarays che gli avevano cambiato così tanto la vita. C’erano stati giorni di disperazione, giorni in cui non riusciva a vedere una via d’uscita. Inerme nella decisione di Bucky di sparire dopo il crollo del Triskellion, e durante il caos degli Accordi di Sokovia e dell’attacco di Vienna. Senza speranza di nuovo, dopo che quel farabutto di Thanos aveva schioccato le dannate dita.

Lo avrebbe rifatto?

Subito, sempre, sarebbe la sua risposta.

Perché, dopo tutto il dolore e la sofferenza, la disperazione e la desolazione, dopo la solitudine, era a casa.

Tra le braccia di Bucky, nel loro appartamento, che non era più asettico. I plaid erano morbidi e caldi, le opere d’arte sul muro di nuovo sue, perché aveva un intero studio dove lavorare mentre Bucky leggeva sulla sua poltrona nella stessa stanza, e le sue dita avevano ritrovato matite e colori. C’era la musica che poteva di nuovo ascoltare, anche se le note erano un po’ troppo acute, anche se il suono era un po’ troppo chiaro, perché l’ascoltava con Bucky, ballando nel loro salotto, o in un bar, o ad uno dei party alla Torre.

Rideva di nuovo, e poteva di nuovo abbracciare. Tony una volta aveva detto che era come abbracciare un muro, ma nessuno dei suoi amici si tirava mai indietro, nemmeno Natasha.

Poteva essere abbracciato di nuovo, tenuto vicino al cuore di Bucky, con un braccio di metallo che lo stringeva di notte quando gli incubi minacciavano di trascinarlo di nuovo nel baratro, e aveva un altro cuore che batteva da seguire, ed una voce morbida e consolatoria a guidarlo, di nuovo, a casa.

Poteva di nuovo baciare quelle labbra che amava disegnare ma che amava ancora di più baciare. Poteva lasciare baci sulle cicatrici di Bucky, alleggerendole e alleviandole quando dolevano d’inverno, e farlo impazzire, baciandolo con la stessa passione che avevano dovuto nascondere negli anni ’40.

Erano amichevoli coi vicini (veri) e litigavano per le cose stupide, anche solo per poter poi far pace.

Non c’era nulla che non avrebbe fatto per Bucky, e non c’era nulla che Bucky non avrebbe fatto per Steve: anche quando non avevano niente, avevano l’un l’altro, così era stato nel passato e così sarebbe stato in futuro, fino alla fine.

Per quello che riguardava il presente, casa era davvero dov’era il cuore, e il cuore di Steve era sempre stato accanto a quello di un uomo coi capelli scuri e gli occhi azzurri, con un sorrisetto furbo in viso ed un bacio pronto sulle labbra.
 
   
 
Leggi le 3 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Film > Captain America / Vai alla pagina dell'autore: Enid