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Autore: SuperWhoLock    18/10/2018    1 recensioni
Il rosso non è solo un colore. È una sensazione.
Si impossessa del tuo corpo e ti costringe a fare cose orribili.
Lo incolpi del male che hai causato perché sai bene che se non fosse mai esistito quelle cose non sarebbero mai accadute, o mi sbaglio?
Genere: Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Violenza
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Rosso, era tutto rosso. Lo sentivo pesante salire su per il mio corpo, infiltrarsi sotto i vestiti e penetrare con violenza la pelle.

-È dentro di me.

Era nei miei occhi, non riuscivo a vedere nient'altro. Non volevo vedere nient'altro.
Un attimo prima ero in casa,  sul divano mentre cercavo di rilassarmi. L'attimo dopo ero in quella fogna. Circondata dal puzzo di fluidi corporei dei barboni che l'avevano scambiato per un bagno all'aperto. Glii stessi barboni che ora giacevano inermi ai miei piedi, con gli occhi vitrei e la bocca contorta da un'espressione di terrore e dolore, accomunati dalla ferita che dal basso ventre arrivava fino alla gola, inferta da un solo taglio pulito.
Colpevoli del solo fatto di aver cercato riparo nel posto sbagliato.
Erano tre in tutto: Due uomini e una donna. Sporchi di terriccio e sudore, con indosso stracci troppo larghi e nient’affatto caldi. Non erano adatti al freddo pungente che avvolgeva la città in quei giorni.
Continuavo a guardare i corpi mentre sangue rosso colava dalle mie mani. Cercando di non far rumore mi spostai verso l’esterno di quel macabro quadro, senza curarmi delle impronte che stavo lasciando sul terreno umido. Continuai a guardare la mia opera d’arte.

-Sì, un’opera d’arte.

Ma era ancora grezza, dovevo sistemarli meglio, dovevo trasformali in qualcosa di spettacolare. Era la mia occasione, non potevo sprecarla o avrei dovuto iniziare tutto daccapo.
Mi avvicinai ancora una volta verso il centro della scena e iniziai a spogliarli, gettando i vestiti da un lato e maneggiando i corpi inermi in modo che fossero uniti in un abbraccio. Non volevo che le ferite mandassero all’aria il mio piano. Avevo bene in mente la scena del ritrovamento. Avrebbero pensato che i tre avevano bevuto un bicchiere di troppo e con un lampo di genio uno dei tre aveva suggerito di spogliarsi e abbracciarsi per riuscire a racimolare un po’ di calore. L’altro uomo aveva acconsentito immediatamente, bramoso di sentire dopo tanto un corpo femminile muoversi sotto al suo. La donna, titubante, aveva accettato solo per la promessa di un po’ di calore. Così si spogliarono e si stesero sul terreno ghiacciato, avvinghiandosi l’uno all’altro solo per morire qualche ora dopo.
Avevo pianificato tutto nei minimi dettagli. Il solo pensare alle facce di quelli che li avrebbero ritrovati mi faceva fremere.

-Esilarante.

Finii di posizionare i corpi, soddisfatta del risultato finale. Tuttavia sentivo che c’era qualcosa che non andava. Continuai ad ammirare la mia opera.
Tre bambole, unite solamente dalle braccia che andavano ad incrociarsi sul barbone al centro, stringendolo in un ultimo abbraccio. Ed era proprio sul barbone centrale che si andava ad espandere un’enorme chiazza rossa impossibile da ignorare.

-No. Pulisci.

Avrei giurato di aver prosciugato tutto il sangue. Così non andava bene, dovevo rimediare. Dalla mia posizione cercai qualcosa che potesse servirmi per il mio scopo. A circa tre metri di distanza giacevano gli stracci dei barboni ma erano troppo sottili e troppo sporchi per usarli.
Girai lo sguardo e notai quello che una volta doveva essere un sacco a pelo. Era scucito da un lato e sarebbe stato una coperta perfetta. Lo andai a recuperare e lo sistemai addosso ai corpi. Feci un passo indietro per ammirare l’opera finale.

-Perfetto.

Un senso di orgoglio mi invase, non avevo mai provato niente del genere per qualcosa che avevo creato io.
Mi allontanai di un altro passo ma all’improvviso sentii un lamento acuto provenire da sinistra. A terra, accanto al barile con i tizzoni spenti c’era una figura grande quanto un pallone che si muoveva convulsamente e gridava. Un bambino.

-Uccidilo.

Dovevo far tacere il moccioso o avrebbe mandato tutto  a monte. Velocemente mi avvicinai al barile, quindi mi accovacciai per afferrarlo con la mano destra. Lo sollevai fino a farlo arrivare a cinque centimetri dalla mia faccia. Non la smetteva di piangere. Iniziai ad osservarlo e a pensare alla possibilità di inserirlo nella mia opera. Avrei dovuto cambiare qualcosa ma più ci pensavo e più il pensiero che quel moccioso sarebbe stato parte integrante dell’opera mi stuzzicava. Considerando il senso di protezione che emanano negli adulti, trovare un bambino nelle stesse condizioni degli adulti avrebbe sicuramente reso l’atto finale più interessante da guardare.
Alzai il braccio sinistro e lentamente avvicinai gli artigli al ventre esule pregustando la fine di un’altra vita quando sentii le spalle farsi sempre più pesanti e gli occhi che iniziarono a chiudersi autonomamente. Sembrava che tutto il peso del mondo fosse su di me.
Sentivo la vista farsi sempre più sfocata quando sentii un peso all’altezza del ventre, come se qualcuno mi avesse afferrato da dietro e mi volesse trascinare via. Mi girai allarmata pensando che qualcuno mi avesse colto con le mani nel sacco ma sentivo la mano destra stringere aria.

-Paura. Questa emozione la sento mia.

Mentre piroettavo all’indietro inciampai su qualcosa. Vidi il terreno farsi sempre più vicino e una vocina nella mia testa mi fece notare che l’urto avrebbe fatto male, ma non mi importava. Chiusi gli occhi, ma non per paura.

-Patetica.

-Mai avere paura.

L’urto non avvenne. Aprii gli occhi di scatto ma con la stessa rapidità li richiusi. Non riuscivo a capire.

- cosa è successo? Dove sono?

- Dov’è? DOV’È!

Mi sentì stordita. Gli uomini erano spariti, e con loro anche il sangue viscoso che avevo sulle mani. Ma non era quello che mi stupì.
Una luce bianca aveva invaso il mio campo visivo, avvolgendomi e ancorandomi. Un senso di sicurezza e calore si stava velocemente facendo strada nel mio corpo mentre la stanchezza si espandeva nelle mie membra sporche.
Lentamente la luce si dissipò e capì cos’era cambiato.

-Non posso più scappare.

Il rosso non c’era più.
 
  
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