Serie TV > Il Trono di Spade/Game of Thrones
Segui la storia  |       
Autore: QueenInTheNorth    28/10/2018    4 recensioni
Vi chiedete mai cosa sarebbe successo se le cose fossero andate diversamente? Se dopo l'incoronazione di Jon Snow a Re del Nord nuove forze fossero scese in campo? Se vecchie profezie fossero tornate alla luce e la Canzone si fosse rivelata? Quanto può una decisione diversa cambiare le sorti dei Sette Regni?
La ruota continua a girare, nuovi re si faranno avanti e la terra tremerà ancora per il ruggito dei draghi.
Ma la Lunga Notte è vicina, gli Estranei attendono pazienti, e nell'ora più buia tutte le vostre certezze vacilleranno. Stavolta gli uomini sono soli e l'amore forse non basterà più a salvarli.
Siete pronti a perdere ogni speranza?
Genere: Avventura, Drammatico, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Daenerys Targaryen, Jon Snow, Sansa Stark, Tyrion Lannister, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: Contenuti forti, Violenza
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
capitolo 18


The melting ice                                                                                                         

 


Arya

 

Aveva così tanto immaginato il momento in cui avrebbe rivelato la sua identità al mondo che, quando accadde davvero, nemmeno se ne accorse più di tanto. Fu un gesto naturale quello di sfilarsi il volto di Myun e tornare a essere sé stessa, come non lo era più stata da quando aveva visto la lama abbattersi sul collo di Ned Stark. Da quel momento aveva avuto tanti nomi: Arry l’orfano, Cat la gatta dei canali, Larra la venditrice di vongole, Mercy e infine Myun. Ma ora, ora tornava a essere Arya, solo Arya.

Osservò con crescente soddisfazione l’espressione di pura incredulità, mista anche a timore, calare sulla faccia di Baelish. Non hai più scampo, pensò e brandì Ago. Alle sue spalle Sansa doveva essere caduta a terra e la sentiva respirare affannosamente.

“Arya Stark è morta” sussurrò Ditocorto.

Arya rise. “Se sono qui davanti a te” osservò, “come potrei essere morta? Comunque ti do una prova della mia identità. Al torneo in onore della nomina a Primo Cavaliere di mio padre tu ti sedesti accanto a Sansa e le raccontasti la storia dell’orribile bruciatura di Sandor Clegane e la raccomandasti di non farne parola con nessuno o il Mastino l’avrebbe uccisa.”

Baelish aveva perso anche quel poco di colore che gli era rimasto.

“Arya…” mormorò Sansa avvicinandosi “Com’è possibile? T-tu eri lei? Non capisco…”

“Non è il momento per le spiegazioni” obbiettò Arya senza perdere di vista Ditocorto, “dobbiamo occuparci di lui…”

Baelish si voltò e iniziò a correre verso l’uscita segreta. Era stata Arya a mostrargliela, tentando di attirarlo nel Parco degli Dei. Certo, non si sarebbe mai aspettata l’arrivo di Sansa.

“Sta scappando!” esclamò Sansa ancora palesemente scossa “Devo chiamare le guardie…”

“Non ce n’è bisogno” replicò Arya e fischiò. Dall’ombra uscirono i lupi del branco che si strinsero minacciosi intorno a Baelish. Le sue guardie, terrorizzate, l’avevano abbandonato ed era fuggite. Arya rise vedendo che l’unica arma a disposizione di Ditocorto era la sua corta daga. Gli si avvicinò. “Questa la prendo io” disse sfilandogliela dalla mano. Baelish oppose resistenza, ma Nymeria comparve ringhiando al fianco di Arya.

“Ma quella è Nymeria?” chiese con voce strozzata Sansa.

Arya si rigirò il pugnale di Baelish fra le mani: sembrava acciaio di Valyria ed aveva un’elsa di osso di drago decorata. “L’ho ritrovata sul Tridente” spiegò accennando alla meta-lupa.

Sansa stava scuotendo la testa stupefatta. “Non ci posso credere…”

“Sansa” la chiamò Baelish, “ti prego, lasciami andare… Ho fatto tutto questo per te…” Ditocorto tacque quando Arya gli puntò Ago alla gola.

Sansa le mise una mano sulla spalla e venne avanti. “Hai complottato contro la mia famiglia” sibilò e Arya non l’aveva mai vista così arrabbiata, “hai tentato di far uccidere mia sorella. Questo è imperdonabile.” Sansa sollevò il mento. “Sarai incarcerato” disse con voce fredda come il ghiaccio, “in attesa della tua condanna.” Baelish strinse le labbra.

In quel momento sopraggiunse Cley Cerwyn con la sua scorta. “Cosa succede, mia signora?” chiese preoccupato “Abbiamo sentito gridare e poi ululati di lupi…” Il suo sguardo si spostava nervoso da Sansa, a Baelish fino ad Arya, che aveva ancora un coltello e una spada braavosiana in mano.

“Abbiamo catturato lord Baelish” spiegò Sansa con calma, “saresti così gentile da accompagnarlo nelle segrete?” Cerwyn chinò il capo e fece un cenno ai suoi uomini. Immediatamente i lupi si allontanarono e i soldati poterono afferrare Ditocorto. Stranamente Baelish non si divincolò, né tentò nuovamente di fuggire.

Rimaste sole nel Parco degli Dei, con solo il vento della notte a colmare quel tetro silenzio, Sansa e Arya si guardarono. Poi lasciarono cadere le armi e si abbracciarono. Arya non ricordava nemmeno l’ultima volta che si era sentita così in pace. Affondò le dita nei capelli fiammanti di sua sorellla scompigliandoli, ma Sansa non protestò. Arya si accorse che stava piangendo in silenzio.

“Arya... mi dispiace, mi dispiace tanto…” Si separarono e Sansa aveva già gli occhi gonfi.

“Non è stata colpa tua” disse Arya.

“Sono tua sorella maggiore” singhiozzò Sansa, “avrei dovuto proteggerti e invece ero così egoista… Perdonami, ti prego…”

Arya trovò la forza di sorridere. “Già fatto” replicò, “tanti anni fa.” Sua sorella continuava a piangere e Arya le mise una mano sulla spalla.

“Vorrei essere fuggita insieme a te da Approdo del Re” mormorò Sansa, “sarei dovuta venire via… E’ stato orribile.”

Arya sapeva che era meglio non sottolineare tutti gli orrori che aveva dovuto affrontare lei. Le diede un colpetto gentile sulla schiena. “Forza” la incoraggiò, “dobbiamo difendere il nostro castello, non credi?” Fece una piccola pausa. “Insieme” concluse stringendo forte la mano di sua sorella. Sansa annuì.

Raccolsero spade e daga e si diressero nuovamente verso le mura, i lupi che le seguivano tenendosi alla giusta distanza insieme a Nymeria e Spettro. I colpi d’ariete non erano cessati, ma non avevano minimamente intaccato la resistenza del portone di legno. Arya ne fu compiaciuta. Salirono sui bastioni e si sporsero. La situazione non era cambiata e rimaneva in stato di stallo. Tutti le guardavano sorpresi, ma nessuno si azzardò a fermarle, forse anche per via dei due meta-lupi che venivano con loro.

“La vostra ribellione è finita!” urlò Sansa “Abbiamo catturato il traditore lord Baelish, ma tutti voi siete innocenti. Sospendete immediatamente l’attacco e saremo clementi. Scriverò io stessa a lord Arryn, sono sicura accetterà questa nuova situazione. Alzate la bandiera bianca e noi permetteremo ai vostri lord di entrare per dichiarare ancora una volta la loro fedeltà a casa Stark.”

I colpi d’ariete al portone erano terminati. Sansa ed Arya rimasero a guardare tutti quei cavalieri. Poi un cavallo venne avanti e il suo padrone scese a terra. Tirò fuori un fazzoletto bianco, una macchia ben visibile nella notte, e lo legò alla propria spada. In molti lo imitarono. I più reticenti tentarono di arretrare verso la Foresta del Lupo, ma Arya vide che la Fratellanza era lì ad aspettarli. Deve essere stata Sansa ad ordinare così, realizzò.

Ormai il campo sembrava punteggiato da piccoli pezzi di stoffa candidi e Sansa annuì. “Che sia aperto il portone” ordinò, “e che a tutti i nobili signori della Valle sia permesso l’ingresso. I loro soldati torneranno all’accampamento.” Sansa scese nuovamente la scala di legno ed Arya la seguì. Una folla si stava accalcando vicino al portone che si stava spalancando.

Sansa si fece largo senza eccessiva cortesia. “Miei signori” disse ad alta voce agli alfieri di Grande Inverno, “accompagnate i nostri ospiti nella Sala Grande e reggiungeteci là. Accetteremo i giuramenti di fedeltà e terremo i processi di Petyr Baelish e Yohn Royce.”

“Mia signora” obbiettò lord Glover, “forse non è il caso di rimandare queste cose a domani mattina? Non credi abbiamo tutti bisogno di riposo?”

Sansa sollevò un sopracciglio. “Qualcosa lo rimanderemo a domani” assicurò, “le esecuzioni.” Detto questo, si diresse verso il palazzo con Arya che le veniva dietro.

Entrarono nella Sala Grande, che nel frattempo era stata rimessa in ordine, ed Arya provò un brivido di trepidazione quando tornò a sedersi al lungo tavolo di legno affianco a sua sorella. Nymeria e Spettro si accucciarono ai loro piedi e Sansa sorrise. “Bentornata a casa” sussurrò e la gente iniziò a entrare. I signori del Nord presero posto ai lunghi tavoli ancora visibilmente scombussolati.

Poi Podrick corse dentro. Quando vide Arya dovette riconoscerla, perché rimase paralizzato. “Arya?” chiese esterrefatto nella confusione che regnava in quella sala “Sei davvero Arya Stark?” Arya annuì e Podrick boccheggiò.

“Perché sei qui?” chiese Sansa e il ragazzo parve ridestarsi.

“Beric Dondarrion dice che i bruti sono arrivati” disse lui, “chiede quali siano gli ordini.”

Arya vide che sua sorella si era rilassata. “Dì a Beric di venire qui insieme a Thoros, il Mastino e Tormund” disse Sansa. “Gli altri possono tornare al loro accampamento.” Podrick annuì e uscì con la sua buffa corsetta a gambe larghe. Poi Sansa fece cenno al primo lord della Valle di avvicinarsi. Trascorsero quasi un’ora ad ascoltare lo stesso giuramento di fedeltà, a guardare uomini inginocchiarsi e posare a terra le proprie spade. Arya si stava annoiando a morte, ma Sansa non mostrava cenno di cedimento.

Alla fine fu portato al loro cospetto Yohn Royce. Aveva le mani legate davanti allo stomaco e sembrava smarrito. Appena vide Sansa, cadde in ginocchio. “Mia signora” balbettò, “ti scongiuro di credermi: ho fatto quello che ho fatto solo perché Baelish mi ha costretto.”

Sansa lo ignorò. “Yohn Royce, lord di Runestone e tutore di Robin Arryn” iniziò con voce profonda, “sei accusato di aver cospirato insieme a lord Baelish per spodestare il Re del Nord. Come ti difendi?”

Royce sussultò. “Io non c’entro!” esclamò con voce strozzata “Mi ha costretto. Avrei dovuto obbedirli o mi avrebbe fatto giustiziare… Ti prego, mia signora…”

Sansa lo stava osservando. “Miei signori” disse rivolgendosi alle tavolate, “chiedo il vostro parere.”

“E’ colpevole!” gridò lord Cerwyn “E’ anche troppo vigliacco per ammetterlo.”

“Palesemente colpevole” borbottò l’anziano Locke.

“Deve essere punito!” esclamò Robett Glover.

“Ma sentitevi!” intervenne acida Barbrey Dustin “Sono qui da appena un giorno e già mi sono resa conto del tormento a cui quest’uomo è stato sottoposto da Baelish. Come potete essere stati così ciechi da non accorgervene tanto a lungo? E’ stato obbligato…”

“Poteva sempre rifiutare, mia signora” ribatté Robett, “e mantenere il suo onore intatto.”

“Ti ricordo, lord Glover” si intromise Lyanna Mormont, “che anche tu, così come la maggior parte dei lord qui presenti, hai obbedito per lungo tempo a Ramsay Bolton. Sai quindi cosa si prova quando si ha paura e nemmeno in quel caso ti ricordasti del tuo onore o di ciò che era giusto.” Robett Glover era ammutolito imbarazzato.

“Il nostro re e la nostra signora sanno perdonare” andò avanti lady Mormont, “o le teste di più della metà della gente che ora è seduta in questa stanza sarebbero dovute essere infilate su delle picche.” La sala divenne silenziosa.

Poi Sansa si alzò in piedi. “Lord Royce” chiamò e Yohn sollevò lo sguardo, “ti permetto di fare ritorno nella Valle con i tuoi uomini a due condizioni. Dovrai giurare nuovamente fedeltà alla mia casata e convincere lord Arryn a cessare ogni ostilità nei confronti del Nord e a riconoscere mio fratello come suo re. Il suo titolo di lord rimarrà intatto. Se accetti queste condizioni sei libero di andare.”

Royce si prostrò ai suoi piedi. “Giuro che la mia fedeltà non vacillerà mai più” balbettò con voce tremante, “e mi auguro di poter servire adeguatamente casa Stark fino al giorno della mia morte. Parlerò con lord Robin e lo persuaderò ad abbandonare l’idea di questa follia, che, ne sono sicuro, non è partita da lui. Che gli dei ti benedicano, mia signora.”

Sansa annuì. “Partirai domani all’alba” decretò, “per ora ti permetterò di ritornare alle tue stanze.” Royce si inchinò profondamente e fu scortato fuori.

L’atmosfera nella sala iniziò a scaldarsi e Arya seppe in anticipo che stava per essere portato a giudizio Ditocorto. Baelish entrò nella sala con volto impassibile e non dovette neppure essere trascinato. Camminava lentamente, con la schiena ben’eretta e guardava Sansa negli occhi. “Lord Baelish” disse lei con voce tagliente, “sei accusato di tradimento, manipolazione, menzogna, cospirazione e tentativo di colpo di stato. Tutto il Nord è stato testimone delle tue azioni, ma hai qualcosa da dire a tua discolpa?”

Ditocorto sorrise. “Sono fiero” disse, “di averti fatto da maestro di vita Sansa, provo orgoglio vedendoti oggi così.”

Non sembrava intenzionato a proseguire, perciò Sansa annuì. “Molto bene” disse asciutta, “se non vuoi aggiungere altro, sarai scortato nuovamente nella tua cella. Domani mattina si terrà la tua esecuzione.” Anche mentre veniva condotto via, Baelish non smise un attimo di sorridere. Arya moriva dalla voglia di prenderlo a pugni.

Sansa scrollò appena il capo. “Ma ora è tempo di una meravigliosa notizia!” esclamò con voce commossa rivolta alla sala “E’ con immensa gioia che vi presento mia sorella, Arya Stark.”

L’annuncio fu seguito da qualche secondo di puro tangibile stupore. Poi i presenti esplosero in urla di felicità. Arya venne loro incontro, con Nymeria sempre al suo fianco, e sorrise. Tutti la chiamavano, tutti le facevano domande e dicevano il suo nome. Non si era mai sentita così ben voluta in tutta la sua vita.

“Lupa di Sangue!” esclamavano delle voci dal fondo della sala ed Arya seppe che la Fratellanza era arrivata. Sansa le venne vicino e le strinse forte la mano. Casa Stark esiste ancora, pensò Arya, ora e per sempre.

Quella notte andarono a dormire che era quasi l’alba. Le loro stanze erano ancora vicine e Sansa sorrise quando aprì la porta. “Sansa” la chiamò Arya e la sorella esitò, “come hai fatto ad uccidere Alys Karstark?”

Sansa fece una risatina. “L’ho infilzata con la punta” rivelò a bassa voce ed Arya provò ammirazione. Poi, incurante del cadavere che ancora giaceva ai piedi del suo letto, si mise sotto le coperte addormentandosi immediatamente.

Solo poche ore più tardi erano nuovamente tutti riuniti nel cortile. E’ strano portare di nuovo i colori degli Stark, si disse Arya giocherellando con la piccola spilla a forma di meta-lupo. Aveva perfino permesso a sua sorella di farle le trecce. Sansa invece appariva radiosa, nonostante le occhiaie bluastre, e salutava tutti i lord che si riversavano in quel fazzoletto di terra.

Quando il ceppo sporco di sangue secco fu posizionato, Arya non poté resistere e fece una smorfia. Ci siamo, pensò e Baelish fu fatto rimanere in piedi, mani incatenate dietro la schiena, davanti al pezzo di legno. Aveva i capelli scompigliati e indossava una semplice camicia grigia mezza sbottonata, ma non sembrava spaventato. Sansa ed Arya gli si pararono di fronte, mentre i presenti si sistemavano in cerchio intorno a loro. Tra di essi c’erano anche i membri della Fratellanza, Tormund con i suoi bruti e il Mastino, che stranamente rimaneva in silenzio.

Sansa fece un passo avanti, il vento che le gonfiava il mantello scuro. “Petyr Baelish” inziò con voce solenne tenendo in mano Ambra, “lord di Harrenhal e lord potettore della Valle, in nome di Jon Snow Re del Nord, del Tridente e della Valle, io, Sansa di casa Stark, lady di Grande Inverno e di Forte Terrore e principessa del Nord ti condanno a morte.” Fece una pausa. “Hai delle ultime parole?”

Ditocorto sorrise. “Ti auguro di essere felice” disse solamente e piegò spontaneamente la testa sul ceppo. Arya ricordava bene le parole di suo padre: chi proclama la sentenza deve anche eseguirla. Sansa però esitava.

Arya allora le si affiancò. “Posso farlo io” sussurrò, “lascialo a me…”

Sansa si voltò verso di lei incerta. “Hai mai ucciso qualcuno?” chiese con un filo di voce .

Arya trattenne a stento le risa. “Ho ucciso io Walder Frey” mormorò e gli occhi di Sansa brillarono di sorpresa e ammirazione. Poi lei annuì.

“Ago non può tagliare teste” continuò Arya, “puoi prestarmi Ambra?”

Sansa le porse la spada ed Arya se la passò da una mano all’altra. Era davvero leggera, quasi snella quanto Ago. Baelish non si muoveva ed Arya gli venne più vicino. Sansa non stava distogliendo lo sguardo e aveva le labbra serrate. Quando Arya sollevò la spada poté sentire tutti i presenti trattenere il respiro con un sol uomo. Questo è per mio padre, pensò facendo calare la spada sul collo di Ditocorto. Il sangue spruzzò immediatamente, ma Arya non si ritrasse e neppure Sansa lo fece. Mentre la testa di Baelish rotolava lasciando nella neve fresca una tetra scia rossa, Arya e Sansa, a lati opposti del ceppo, sollevarono contemporaneamente lo sguardo e si fissarono.

Il Nord era appena stato liberato.

 

Jaime

 

Fu di gran lunga la marcia più estenuante di tutta la sua vita. Camminarono nelle basse acque gelide del Mander e risalirono verso nord. Presto Jaime non sentì più i piedi, ma non avevano altra scelta se non quella di proseguire. Non avevano nemmeno cavalli ed erano costretti a mantenere un passo sostenuto se speravano di non essere trovati dagli esploratori dei Tyrell. Jaime voleva solo uscire dall’Altopiano il più in fretta possibile.

Superarono Sala dei Cedri, ma non sostarono: erano ancora troppo vicini ad Alto Giardino. Quando arrivarono a Ponteamaro, tuttavia, Jaime dovette cedere alle richieste dei suoi soldati sfiniti e fermare la comitiva in una locanda per la notte. Ebbero modo perciò di lavarsi e indossare abiti più comodi al posto delle pesanti armature di metallo. Jaime rimase sveglio tutta la notte tentando di scrivere una lettera a Cersei che non provocasse un suo istantaneo scatto di collera. Continuava a scrivere e stracciare fogli. Quando il sole sorse, si arrese e legò alla zampa del corvo l’ultimo messaggio che aveva buttato giù. Che Cersei se la prenda pure, pensò con amarezza vestendosi, stavolta ha ragione.

La missione ad Alto Giardino era stata un completo disastro e Jaime si era salvato solo grazie all’intervento di Brienne. Quando le aveva detto addio, sola sulle mura e in lacrime, Jaime aveva desiderato di poter fare una scelta diversa. Avrebbe potuto seguirla a Nord, ricominciare una vita normale lontano da quella follia. Ma non posso, pensava e quella convinzione feriva più di qualsiasi arma. Non esisteva uno scenario in cui gli era concesso di trascorrere gli anni che gli restavano in pace. Davanti a lui c’era solo incertezza, dolore e morte. Non voleva abbandonare Cersei e in parte si incolpava per come era diventata. Non ero con lei quando avevo bisogno di me, si diceva tormentandosi, non l’ho aiutata abbastanza.

Tutto quello che Cersei aveva subìto era stato a causa della sua incapacità di proteggerla. Era probabilmente troppo tardi per sperare di rimediare, ma Jaime doveva tornare indietro e affrontare le conseguenze delle sue azioni: non c’era via di fuga.

Ripresero il cammino il giorno seguente e stavolta percorsero la Strada delle Rose. Correvano grandi rischi lungo quella via, ma fortunatamente la strada era deserta. Arrivarono sotto le mura di Approdo del Re al tramonto e Jaime fu sorpreso dal trovare un accampamento Lannister alle porte della città. E questi soldati da dove saltano fuori? si chiese mentre il portone veniva aperto.

Cersei non era lì ad accoglierlo, non che Jaime si aspettasse di vederla. Attraversarono esausti le spoglie vie della città e videro occhi spaventati che li spiavano dalle finestre e da dietro porte falsamente sbarrate. Jaime si impose di ignorarli e proseguì fino alla Fortezza Rossa. Fu accolto al portone da Qyburn, sorridente e subdolo come al solito.

Il Primo Cavaliere chinò il capo appena lo vide. “Ser Jaime” lo salutò, “i tuoi soldati troveranno posto nell’accampamento: spero il viaggio di ritorno non sia stato troppo arduo.”

Jaime fu costretto a stirare le labbra in un sorriso. “Una meraviglia” rispose con voce di miele. Poi fece cenno ai suoi uomini superstiti di ritornare all’accampamento. In effetti non avrei dovuto portarli fino a qui. Quando erano entrati in città, però, la sua testa era stata altrove.

Qyburn sorrise. “Sua grazia vuole vederti” annunciò, “seguimi per favore.” Jaime gli venne dietro e presto realizzò non erano diretti nelle stanze di Cersei.

Poi Qyburn si fermò. “Devo avvertirti” lo mise in guardia, “sua grazia non è del suo umore migliore.” Jaime l’aveva immaginato, ma sentì lo stesso un brivido scendergli lungo la schiena. Qyburn aprì la porta e lo lasciò entrare. Cersei sedeva rigida sul Trono di Spade e la sala era deserta. Jaime venne avanti, gli occhi di ghiaccio di sua sorella che lo trapassavano.

“Grazie, Qyburn” disse la regina, “puoi andare. Ricorda a ser Gregor di rimanere a guardia della porta e poi torna a dedicarti ai tuoi compiti. Rafforza la rete di spie: voglio sapere cosa succede nell’Altopiano.”

Qyburn si inchinò. “Sarà fatto, vostra grazia” disse ed uscì chiudendosi la pesante porta alle spalle.

Jaime tornò a concentrarsi su Cersei. Era vestita di nero, come succedeva sempre più di frequente ormai, e portava la corona d’argento sui corti capelli biondi che arrivavano ora a sfiorare la nuca. Stringeva le dita intorno alle lame dei braccioli fino a far diventare bianche le nocche e a Jaime parve di rivedere Aerys Targaryen con le mani ferite ed eternamente sanguinanti.

“Non ti conviene stringere così forte” l’avvertì accennando ai braccioli, “o finirai per tagliarti.”

“Credi di essere spiritoso?” lo apostrofò acida Cersei “Lo sai chi era spiritoso? Il nostro caro fratellino…”

Jaime abbassò lo sguardo. “Cersei…” iniziò, ma lei alzò una mano per farlo tacere. Jaime ammutolì.

“Ti avevo affidato il mio esercito. Dovevi solamente prendere un castello deserto e…”

“Non era deserto.”

Cersei fece una smorfia. “No, certo che no” replicò, “sei addirittura riuscito a farti incastrare da una donnetta.”

Jaime strinse le labbra. “Alerie si è suicidata davanti ai miei occhi” disse con voce grave venendo avanti, “dovresti ammirare il suo coraggio, non denigrarlo.”

Cersei sbuffò. “Il suicidio è l’arma dei deboli” replicò gelida, “di coloro che sanno di non poter vincere e di non avere la forza per controbattere.”

Jaime d’istinto pensò a Tommen. E lui perché l’ha fatto Cersei? pensò Forse perché avevi distrutto tutto ciò a cui teneva, perché avevi spazzato via il suo regno? Ma quelli restarono solo pensieri. “Cersei” disse tentando un’altra strategia, “ho fatto tutto quello che ho potuto, i miei uomini sono morti per te…”

“I miei uomini vorrai dire. E hanno fatto proprio quello che non dovevano: morire.”

Jaime indicò la porta. “Abbiamo combattuto” disse, “siamo stati traditi dai nostri stessi alleati, c’erano dei Dothraki e un labirinto…”

“Non mi interessano i problemi che avete dovuto affrontare” ribatté Cersei. “Era una battaglia, cosa credevi di trovare? So solo che Alto Giardino è ancora nelle mani dei nostri nemici e che Daenerys è sempre più forte, mentre noi ci siamo indeboliti.”

Jaime si morse il labbro. “Ci rifaremo” promise, “ne sono certo, ti do la mia parola.”

Cersei rise. “La tua parola?” chiese sarcastica alzandosi in piedi “Credi conti ancora qualcosa per me la tua parola? Mi hai promesso tante cose in questi anni, Jaime, e non hai mai tenuto fede alla tua parola.” Cersei gli venne incontro e Jaime non si mosse. “Mi avevi promesso che saresti rimasto sempre al mio fianco” sussurrò, “che non avresti permesso a nessuno di farmi del male, che avresti protetto i nostri figli…”

Non potevo proteggerli da te. “Mi dispiace” disse Jaime, “davvero, so che in parte è stata colpa mia, ma voglio rimediare… Sono tornato per questo…” Cersei lo fissava con uno sguardo indecifrabile. Le faccio ribrezzo, realizzò Jaime e sentì qualcosa dentro di lui risvegliarsi: la rabbia.

“Con le tue azioni hai messo in pericolo la nostra famiglia” stava dicendo Cersei, “e il mio regno. Non ti si possono affidare nemmeno i compiti più facili.”

“Avevamo Alto Giardino” replicò Jaime alzando la voce, “avevamo alzato il vessillo del leone, i nostri soldati erano nei cortili…”

“E allora poi cos’è successo?” chiese freddamente Cersei “Se la missione stava procedendo così bene, allora perché sei tornato con ottanta uomini?”

“Ottantasei” non poté far a meno di correggerla Jaime e gli occhi di Cersei si infiammarono.

“E’ tutto uno scherzo per te?” chiese la regina dandogli una spinta sul petto abbastanza forte da farlo barcollare.

“Ti ho già detto che voglio rimediare!” ripeté Jaime quasi urlando.

Cersei gli voltò le spalle. Camminò fino all’unico tavolino presente nella sala e si versò il vino. Poi si sedette nuovamente sul Trono di Spade. “Allora sentiamo” disse portandosi il calice alle labbra, “Cosa intendi fare per fermare Daenerys Targaryen?”

Jaime si ricompose. “Tentare di prendere l’Altopiano con la forza è stato un errore” disse, “forse avremmo dovuto convocare i lord e discutere.”

Cersei rise. “Non ci sarà più niente da discutere” ribatté, “Olenna Tyrell è morta.”

Jaime sussultò. “Come è accaduto?” chiese incredulo rifiutando di credere che fosse un crollo dovuto alla vecchiaia.

“Di certo non per merito tuo” replicò Cersei e Jaime incassò il colpo, “pare sia stato veleno…”

“Che ne sarà dell’esercito dell’Altopiano e dei Dothraki?” 

Cersei scrollò le spalle. “Se somo saggi resteranno ad Alto Giardino.”

Jaime era scettico. “Garth Hightower ha il comando” disse, “e vuole vendetta per sua sorella e per i suoi nipoti. Non credo si fermerà.”

Cersei sospirò. “In ogni caso il nostro problema primario è un altro” osservò, “Euron ha attaccato Roccia del Drago con tutti i suoi Uomini di Ferro e i miei mercenari riuscendo anche a perdere. Daenerys ha ottenuto l’alleanza di ventimila uomini delle Terre della Tempesta ed ha lasciato l’isola.”

Jaime era rimasto immobile. La situazione era davvero degenerata. “Dove è diretta?” chiese preoccupato “Credi vorrà attaccare Approdo del Re ora?”

Cersei scosse la testa. “Dovrà prima aspettare di riunirsi alla guarnigione di Alto Giardino” spiegò, “per il momento tenterà di sbarcare da qualche parte nelle terre della Corona. Ho già mandato corvi a tutti i lord e detto loro di opporsi al suo arrivo con ogni mezzo.” Jaime sapeva che ciò non sarebbe mai stato possibile, ma non disse nulla.

“Quindi ora siamo qui” proseguì Cersei posando il gomito destro sul bracciolo, “cosa mi consigli di fare?”

Ah, adesso chiede la mia opinione? pensò Jaime irritato Qyburn non è più disponibile? In ogni caso tentò di pensare ad una soluzione. “Potremmo andarle incontro” suggerì, “spostando la battaglia lontano dalla città…”

Cersei fece una smorfia. “Sei uscito di senno?” chiese nuovamente rabbiosa “Affrontare quei suoi sporchi soldati stranieri in campo aperto? No, mai: resteremo all’interno delle mura di Approdo del Re.”

“Cersei, Daenerys ha tre draghi” le ricordò Jaime, “potrebbe mettere a ferro e fuoco la città.”

“Potrebbe” concesse Cersei, “ma il mio esercito la fermerà prima.”

Jaime capì che si riferiva ai soldati accampati alle porte di Approdo del Re. “Dove hai trovato così tanti soldati?” chiese sospettoso.

Cersei sorrise. “Ho tolto la guarnigione da Castel Granito” spiegò, “e reclutato ogni uomo in grado di tenere in mano una lancia in tutto l’Ovest.”

Jaime era esterrefatto. “Nemmeno nei momenti più accesi della guerra nostro padre avrebbe mai anche solo pensato di lasciare sguarnito Castel Granito.”

Cersei alzò gli occhi al cielo. “E tu come fai a sapere cosa pensava?” chiese “Se ricordo bene eri a marcire in una cella…”

Jaime avanzò. “Cersei, è pericoloso” l’avvisò, “e se Daenerys decidesse di prendere Castel Granito?”

“Non lo farà mai, è troppo presa dalla sua ridicola rivendicazione al Trono” replicò Cersei con noncuranza. “E se anche dovesse espugnare Castel Granito, cosa avremmo perso? Non c’è più oro nelle miniere di Lannisport…”

Jaime non poteva credere stesse parlando sul serio. “E’ il castello della nostra famiglia” disse tentando di mantenere la calma, “appartiena ai Lannister da…”

“Oh, ti prego risparmiami i discorsi di nostro padre” lo interruppe annoiata Cersei, “li conosco molto meglio di te. I miei soldati servono qui, la questione è chiusa.”

Jaime sapeva bene non aveva senso insistere. “Bronn è morto” disse dopo un momento di silenzio, “è stato ucciso da Randyll Tarly.”

Cersei non parve scossa da quella notizia. “Era solo un mercenario” osservò, “se non fosse stato per lui Tyrion sarebbe stato giustiziato a Nido dell’Aquila e tutte queste tragedie non sarebbero avvenute.”

“E chi avrebbe salvato la città da Stannis?” si lasciò sfuggire Jaime.

Cersei lo fissò intensamente. “Tywin Lannister ha salvato la città da Stannis” lo corresse scandendo bene le parole.

“Il trucco dell’Altofuoco però è stato opera di Tyrion” insistette con amarezza Jaime.

“L’idea era stata mia.”

Jaime sentì un vuoto nello stomaco. Incapace di ribattere, preferì rimanere in silenzio. Trascorsero momenti di tensione. “Posso andare?” chiese infine Jaime “Vostra grazia?” Cersei annuì senza guardarlo e Jaime le voltò le spalle, incamminandosi verso l’uscita. Aveva urgentemente bisogno d’aria. Uscì sul terrazzo e si aggrappò con l’unica mano al davanzale. Davanti a lui si allargava Approdo del Re, le macerie del Tempio di Baelor ancora polverose. La città era quieta, come in attesa di qualcosa. La paura l’ha paralizzata, realizzò con dolore Jaime, la gente si è rassegnata.

Stranamente quel pensiero risvegliava in lui uno strano desiderio di ribellione. Nessuno proteggerà la città quando Daenerys arriverà con i suoi draghi, pensò, perciò lo devo fare io. Tutti avrebbero combattuto per il potere, per la vendetta, per il Trono di Spade, ma lui non avrebbe dimenticato il popolo che tanto stava soffrendo anche a causa sua. Proteggerò Approdo del Re dai Dothraki, si disse Jaime, dagli Immacolati, dalla vendetta dell’Altopiano, dal fuoco dei draghi.

Ma soprattutto avrebbe protetto la città da Cersei.

 

Daenerys

 

Dopo il cosiglio Daenerys, Jon e Tyrion erano scesi nei sotterranei a recuperare il Vetro di Drago. Tyrion faceva strada con la fiaccola in mano e, come primo esploratore, fu quello che più andò a sbattere contro le insidiose rocce affilate delle pareti. Dany procedeva a rilento, tastando bene la pietra con la mano prima di proseguire. Nel buio che li circondava riusciva a distinguere solo lo scintillio dell’armatura di Jon, che la precedeva. Nessuno di loro sapeva esattamente dove fossero diretti, ma andavano avanti. Alla fine di un lungo corridoio oscuro Tyrion si fermò di colpo e Daenerys rischiò quasi di andare addosso a Jon.

“Cosa c’è?” chiese lui.

“Credo di aver trovato qualcosa” disse Tyrion chinandosi a terra. Raccolse quel qualcosa e lo porse a Jon, che lo esaminò. “E’ Vetro di Drago” decretò e lo passò a Daenerys, “vuol dire che ce n’è altro qui intorno.”

Dany si rigirò il pezzo di Ossidiana fra le mani. Era a forma di rozzo pugnale ed aveva i bordi sceggiati. Nonostante non fosse stato ancora lavorato, appariva liscio al tatto, proprio come il vero vetro. Tyrion e Jon ne avevano raccolti un’altra decina.

“Come hanno fatto ad arrivarci quaggiù?” chiese Daenerys.

Jon si voltò verso di lei. “Non ne ho idea” ammise. “I Guardiani della Notte ne hanno trovati alcuni al Pugno dei Primi Uomini, oltre la Barriera, ma non sappiamo come ci siano arrivati.”

Daenerys abbassò nuovamente lo sguardo sulla strana arma. “Ma che cos’è esattamente?” insistette “E come mai può uccidere gli Estranei?” Jon non sembrava in grado di rispondere.

“Alcuni ritengono il Vetro di Drago derivi dal respiro di drago congelato” si intromise Tyrion continuando a frugare in terra, “altri che sia stato creato tramite la magia dei Figli della Foresta, altri ancora che fu portato qui dai Primi Uomini.” Si sollevò in piedi, le braccia cariche di Ossidiana. “Non credo ci sarà dato sapere la verità” concluse, “ma se può uccidere gli Estranei, è l’arma perfetta.”

Presto si resero conto che non sarebbe mai stato possibile per loro tre trasportare tutto il Vetro di Drago in superficie, così Daenerys decise che avrebbe inviato gli Immacolati più tardi. Quando finalmente lasciarono quel posto umido e scomodo, il sole era già tramontato.

“Non credo qualcuno abbia voglia di cenare stasera” osservò Tyrion, “io penso proprio me ne andrò a letto.” Il nano represse un gigantesco sbadiglio dietro la mano ed accennò un saluto. Poi si allontanò fischiettando.

“Darò ordini ai cuochi di servire da mangiare a chiunque lo chieda” disse Daenerys, “ma neanch’io ho fame. Tu ne hai?” Jon scosse la testa. La battaglia l’aveva davvero provato e Dany sapeva di non star messa certo meglio. I miei draghi mi hanno abbandonata, pensò, sono stata tradita ed alcuni fra i mei più valenti soldati sono morti.

Quel pomeriggio era andata a trovare Jorah, nuovamente messo a letto da maestro Pylos. “Khaleesi” l’aveva salutata Jorah, “sono felice tu stia bene.” Dany si era subito accertata che la ferita alla gamba di Jorah non fosse troppo grave.

Fortunatamente maestro Pylos l’aveva tranquillizzata. “Non preoccuparti, vostra grazia” aveva detto, “solo una ferita, neanche troppo profonda, domani mattina sarà già in grado di camminare in modo corretto.” Jon invece si era rifiutato di far esaminare da Pylos le sue di ferite e Daenerys aveva smesso di chiedere.

Era andata vicino a Jorah ed aveva sorriso. “Continui a salvarmi la vita” aveva sussurrato, “e io non so più come ringraziarti.” Jorah aveva abbassato lo sguardo imbarazzato.

“Daario Naharis ha cercato di uccidermi” aveva sussurato Dany prima di essere vinta dalla commozione, “m-mia ha tradita e poi…”

“E’ tutto finito” aveva detto Jorah con una smorfia di dolore, “è morto.”

“Ha detto era stata colpa mia” aveva mormorato Daenerys piangendo, “ha detto l’avevo abbandonato… Forse aveva ragione lui, io sono stata una sciocca…”

“No!” aveva esclamato Jorah prendendole i polsi “Non lo dire mai più! Se davvero ti avesse amata, ti avrebbe saputo lasciar andare: l’ha fatto solo per oro.” Ma Dany sapeva Jorah si sbagliava. Daario era il tradimento per amore, aveva pensato, l’oro non c’entra.

Quella notte, nonostante il sonno arretrato e l’incredibile stanchezza, Daenerys non era riuscita a dormire bene. Continuava a muoversi, a sbadigliare e non si fidava a tenere gli occhi chiusi.

La mattina dopo invece non riusciva a tenerli aperti. Sembrava che gli altri fossero riusciti a riposarsi molto meglio di lei, soprattutto Tyrion, che appariva piuttosto allegro. Scesero alla spiaggia dopo colazione e Daenerys diede ordine di preparare le navi. Tutto il Vetro di Drago raccolto fu caricato sulla Furia Grigia, una delle navi dirette a Porto Bianco.

Anche quella mattina Dany si sforzò di ripetere l’ennesimo discorso preparato d’incoraggiamento e poi vennero i saluti. Le prime navi a salpare furono quelle di Yara, dirette alle Isole di Ferro, e poi fu il turno delle imbarcazioni degli Immacolati, che si apprestavano a espugnare Castel Granito. Daenerys osservò commossa Missandei e Verme Grigio stringersi in un abbraccio e Tyrion agitare la mano dalla nave in segno di saluto. Non avrebbe mai voluto dividere in quel modo il suo esercito, ma non c’era scelta. I nemici erano forti e loro dovevano assicurarsi di avere terreno saldo su più fronti possibili.

Poi Jon era andato a salutare Davos, mentre Tyene, Benjameen, Missandei e Theon salivano sulla nave. Daenerys aveva dato disposizioni affinché Jorah fosse scortato nella sua cabina all’alba, in modo da lasciarlo poi riposare. Presto Jon fu di ritorno e Daenerys vide Davos e Gendry allontanarsi sul molo. Si voltò un’ultima volta verso l’isola. Era strano lasciarla così presto dopo averla sognata così a lungo.

Jon le prese la mano. “Andiamo?” chiese a bassa voce e Dany annuì. Salirono insieme sulla Raggio di Luce e rimasero a guardare la costa che si allontanava. Avevano virato verso nord, e poi si sarebbero diretti ad occidente. Presto le navi della Tempesta, che per il primo tratto li avevano affiancati, non furono più in vista. Fu allora che Daenerys sentì Jon sospirare, un sospiro lungo, quasi sconsolato.

“Qualcosa non va?” chiese girandosi verso di lui.

Jon tenne gli occhi bassi, fissi sulla scia che la loro nave lasciava sull’acqua. “Sarei dovuto andare con loro” disse in tono mesto, “sarei dovuto tornare da mia sorella. Sono settimane che non ricevo sue notizie, sono preoccupato.”

Daenerys si morse il labbro. “Io non avrei voluto tenerti lontano dalla tua famiglia” confidò, “mi dispiace, non odiarmi per questo.”

Jon voltò la testa a guardarla, i gomiti poggiati sul parapetto. “Io non ti odio” replicò, “so che è mio dovere seguirti ora che noi…” Fece cadere la frase e tornò a fissare il mare.

Dany si sentiva sempre più a disagio e non sapeva cosa dire. “Non mi hai più parlato del Nord” riuscì a tirare fuori infine.

Jon sospirò di nuovo. “Non so se ne ho voglia ora” rispose e raddrizzò la schiena. “Dove sono i tuoi draghi?”

Dany non avrebbe voluto rispodere. “Rhaegal ci sta seguendo” rispose con un filo di voce, “Drogon l’ho visto stamattina: era ancora scosso, ma credo abbia capito che deve venire con noi. Di Viserion ancora nessuna traccia.”

“Dove credi sia andato?” chiese Jon e Daenerys pensò a quante volte aveva posto a sé stessa quella domanda.

“Non lo so.”

Jon la stava guardando.

“Ti ringrazio per quello che hai fatto con Euron” mormorò Daenerys senza guardarlo negli occhi, “Verme Grigio mi ha raccontato tutto. Hai rischiato di morire…”

Jon rise. “Si rischia di morire tutti i giorni” osservò con voce leggera.

“Valar Morghulis” mormorò Dany prima di accorgersi di aver parlato in valyriano.

Stranamente Jon non sembrava confuso. “Tutti gli uomini devono morire” tradusse correttamente.

Daenerys annuì. “Hai paura della morte?”

Jon abbassò nuovamente lo sguardo. “No” rispose con un’amarezza che Dany non comprese.

“Io ne sono terrorizzata” disse lei e Jon la guardò, “non c’è sera in cui io non vada a letto con la paura e mattina in cui non mi svegli con questo stesso pensiero. Ho paura di morire prima di aver avuto l’opportunità di vivere la vita che ho sempre sognato, la vita per cui mi preparo da sempre.” Daenerys sospirò. “Sai” continuò, “forse sono sempre stata così ossessionata dall’idea della morte e di ciò che avrei potuto perdere da dimenticarmi di vivere il presente.”

“E’ un problema di molti, dicono” osservò con gentilezza Jon.

Dany sorrise tristemente. “All’inizio pensavo di non poter riuscire a vivere fra i Dothraki” rivelò, “erano un popolo così rude, così rozzo e ne avevo paura. La mia relazione con Khal Drogo non era iniziata bene ed ogni notte peggiorava. C’è stato un momento in cui ho pensato di non poter più andare avanti, in cui ho creduto fosse meglio farla finita.”

Jon la ascoltava a bocca aperta. “E che cos’è che ti ha spinto a continuare?” chiese “Che ti ha dato la forza necessaria…”

Daenerys sorrise. “Le mie tre uova di drago” rispose. “Erano la cosa più bella e preziosa che avessi mai posseduto e mi bastava guardarle per ricordarmi chi ero: io sono il sangue del drago ed i draghi non possono avere paura.” Ora anche Jon stava sorridendo. “Da allora ho saputo chi ero” continuò Daenerys, “cosa sarei potuta diventare e quando mi sono lanciata nelle fiamme insieme al cadavere di mio marito non ho avuto paura. E il giorno dopo erano nati i miei draghi.”

Jon sembrava sinceramente colpito. “Vorrei avere la tua sicurezza” disse in tono piatto, “sapere esattamente chi sono, a quale posto davvero appartengo, ma non l’ho mai saputo. Sono stato il bastardo di Grande Inverno, poi una recluta dei Guardiani della Notte, poi un disertore che si era unito ai bruti. Sono diventato Lord Comandante, Re del Nord e ora sto per sposare la regina dei Sette Regni, ma non ho mai trovato il mio posto.”

“Perché hai infranto il tuo giuramento?”

Un’ombra calò sul volto di Jon. “Preferisco non parlarne.” rispose e Daenerys non insistette.

“Quando ci sposeremo” disse lei dopo qualche momento, “ho intenzione di legittimizzarti come Jon Stark e…”

“Così che tu non sfiguri davanti ai Sette Regni sposando un bastardo?”

La voce di Jon era tagliente e Dany ne fu ferita. “Non intendevo questo” si affrettò a dire, “è solo che mi sembrava giusto, tutto qui.”

Jon si era allontanato verso le cabine. “Che ne sai di che cosa è giusto?” chiese “Che ne puo’ sapere un Targaryen, voi che da sempre vi vantate del vostro sangue?”

Daenerys era ammutolita. Perché si è arrabbiato? si chiese con le lacrime agli occhi Cos’ho detto di sbagliato?

Poi Jon si passò una mano sul viso e Dany vide che era pentito. “Perdonami” sussurrò, “non so che cosa mi sia preso.”

Daenerys gli si avvicinò. “Va tutto bene” lo rassicurò, “ma ti prego dimmi perché non vuoi…?”

Jon sospirò e all’improvviso era triste e stanco. “Sono solo Jon Snow” replicò, “solo questo e niente di più. Non chiedermi di essere qualcosa di diverso: non ne sarei capace.”

Daenerys scosse la testa. “Non te lo chiederò mai più” promise e in quel momento arrivò Missandei. La giovane li osservò con un’espressione a metà fra il sorpreso e l’imbarazzato. Jon subito fece un passo indietro.

“Vostra grazia” disse Missandei, “non vorrei disturbare, ma il cuoco dice che è pronto a servire il pranzo.”

Daenerys sorrise. “Grazie per avermi avvertita” replicò, “arriviamo subito. Puoi chiamare anche gli altri per favore?” Missandei chinò il capo e rientrò sottocoperta. Daenerys e Jon si guardarono.

“Sarà meglio andare” disse Jon e Dany annuì. Si recarono insieme nella cabina dove era stato imbandito il tavolo. Presto furono raggiunti anche da Tyene, Benjameen, Missandei e per ultimo Theon, che si portava sempre dietro l’arco di osso di drago. Dany era felice di vedere che si era così affezionato a quel dono. Per prima fu servita la zuppa di legumi e cipolle, che tutti sorseggiarono in religioso silenzio. Poi fu il turno della carne di maiale cotta al sangue, che risultò particolarmente difficile da tagliare. A Theon sfuggì anche la forchetta per terra e ciò bastò a rompere la rigida atmosfera che aveva accompaganto il pasto.

Daenerys sapeva che erano tutti prostrati dalla recente battaglia, che aveva sentito in giro inziava ad essere chiamata la Battaglia delle Cinque Torri, e da quelle future. Tyene aveva perso la madre e due sorelle nel giro di un paio giorni, Missandei era terrorizzata dall’idea di non rivedere più Verme Grigio e Theon era in pensiero per Yara. Poi ovviamente c’era Jon, i cui sentimenti rappresentavano in gran parte ancora un mistero per Daenerys.

Il pranzo si concluse dopo qualche scambio di battute di circostanza. Tutti sembravano avere fretta di tornare nelle proprie stanze. Presto quindi si separarono e ognuno andò per la propria strada senza dire una parola più del necessario. Daenerys vide che Jon stava per uscire e gli prese un braccio. Lui si voltò a guardarla confuso.

“Ti devo far vedere una cosa” disse Dany, “puoi venire nella mia cabina?”

Jon parve pensarci su un attimo. Poi annuì e la seguì fino alla porta della cabina che era stata assegnata alla regina. Daenerys la aprì ed entrambi entrarono. La stanza non era particolarmente grande ed era scarsamente arredata. Aveva un largo finestrino così basso sul mare che le onde spesso colpivano il vetro e una piccola libreria con una decina dei libri più famosi. Il letto però era spazioso e il materasso soffice scompariva sotto le coperte verde-erba. Al centro della stanza c’era il tavolo, con un cesto di frutta sopra. Daenerys lo prese in mano e lo spostò sul comodino. Poi distese un enorme foglio e si scansò per permettere a Jon di vedere.

Lui poggiò le mani sul tavolo ed accarezzò la carta incredulo. “Ma questo è…”

“Il Nord” concluse per lui Daenerys, “l’ho disegnata io stessa copiandola da un vecchio libro: pensavo sarebbe stato un esercizio valido per imparare un po’ di geografia.” Jon era rimasto senza parole.

“Ti piace?” chiese Dany improvvisamente impacciata.

“E’ meravigliosa” rispose Jon con un sorriso e Daenerys sentì il suo cuore accelerare senza un vero motivo.

“Avanti” disse a bassa voce, “raccontami qualcosa…”

Jon si spostò in modo che le fosse esattamente davanti, solo il tavolo a dividerli. “Grande Inverno secondo la leggenda è stato costruito da Brandon il Costruttore” iniziò sbiarciando di tanto in tanto l’espressione di Daenerys, “il fondatore di casa Stark famoso per aver eretto anche la Barriera.”

“E’ davvero alta come la descrivono?” chiese Dany curiosa.

Jon annuì. “Anche di più” disse indicandola sulla cartina, “la prima volta che la vidi pensavo sarei morto prima di arrivare in cima. Quando c’è la nebbia poi non si riesce nemmeno a vedere dove finisce.” Jon indicò qualcosa sul disegno. “Io vivevo al Castello Nero” raccontò e Daenerys percepì qualcosa di molto simile a nostalgia nella sua voce, “insieme alla maggior parte dei Guardiani della Notte. Poi ci sono anche altre fortezze lungo la Barriera, come la Torre delle Ombre e il For…”

“Basta con le nozioni o non ricorderò nulla” scherzò Daenerys, “raccontami di te: voglio sapere come vivevi…”

“Alla Barriera?”

Dany scosse la testa. “Immagino lì la vita fosse noiosa” disse, “dimmi di Grande Inverno…”

Jon deglutì, ma stavolta non si tirò indietro. “Cosa vuoi sapere?”

“Cosa vuoi raccontarmi?”

Jon sorrise. Il suo sguardo si perse nel vuoto. “Da piccolo io e Robb correvamo sulle mura” iniziò con calma. “Ricordo che una volta litigammo mentre eravamo lassù su chi dovesse fare il lord di Grande Inverno nel nostro gioco e lui mi diede una spinta. Io caddi sulla scala e mi storsi una caviglia. Nostro padre mise Robb in punizione dicendo che doveva rimanere in camera da solo per tutto il pomeriggio, ma io lo andai a trovare lo stesso. Lui mi chiese scusa per la spinta e mi promise che almeno una volta mi avebbe fatto fare il lord di Grande Inverno. Ma solo una volta, ricordo che disse.” Jon aveva gli occhi lucidi e Daenerys si sentì in colpa.

“Mia sorella Arya invece mi seguiva ovunque” continuò però lui e sorrise, “era sempre là, con gli occhi sgranati, a guardarmi mentre mi allenavo con la spada. Diceva di voler provare anche lei, ma nostro padre non lo permetteva. Arya non voleva cucire, danzare o suonare uno strumento e scappava sempre dalle sue lezioni facendo infuriare la septa. Dicevano tutti che ci assomigliavamo tantissimo e devo ammettere che con lei avevo un rapporto speciale. Quando ho dovuto dirle addio prima di partire per la Barriera le ho regalato una spada e lei l’ha chiamata Ago.”

Jon sospirò, nuovamente triste. “Sansa dice che Arya è fuggita da Approdo del Re prima dell’esecuzione di nostro padre” disse con voce spenta “e che da allora nessuno aveva saputo cosa le fosse successo. Poi Brienne l’ha incontrata, ma Arya è scappata di nuovo.” Jon tacque. Daenerys provava un sentimento strano in quel momento, mentre sentiva qualcuno raccontare della sua famiglia. Lei non aveva mai avuto una famiglia e non aveva ricordi da condividere. Tutto ciò era incredibilmente frustrante.

“Bran e Rickon invece amavano le storie” continuò all’improvviso Jon e Dany sollevò lo sguardo, “tutte le storie della Vecchia Nan. Ricordo una volta la Vecchia Nan si era ammalata e Rickon venne da me e Robb chiedendo una storia. Tentammo di raccontare loro quella del lord che viveva nella torre insanguinata, ma non ci ricordavamo il finale. Allora abbiamo inventato ed è venuto fuori il racconto più esilarante che abbia mai sentito. Alla fine erano arrivate anche Sansa ed Arya e stavamo tutti ridendo.” Sembrava quasi Jon volesse buttare tutto fuori, come necessitasse di liberarsi di un peso. Mi ha scelto come confidente, realizzò all’improvviso Daenerys e provò un moto d’orgoglio e commozione.

Jon aveva abbassato gli occhi. “E mio padre…” iniziò e Dany si sporse in avanti. Jon si era fermato di nuovo.

“Che uomo era?” chiese allora Daenerys curiosa.

“L’uomo migliore che abbia mai conosciuto” replicò lui, “lo ammiravo tantissimo e il mio unico desiderio era di renderlo orgoglioso diventando come lui. Sognavo che un giorno mi avrebbe reso uno della sua famiglia a tutti gli effetti, uno Stark, e che mi avrebbe donato Ghiaccio, la spada della sua casata. Ma era un sogno stupido.”

“Non è vero!” esclamò Daenerys e Jon la guardò interdetto “Volevi solo essere accettato, non c’è niente di cui vergognarsi.”

Jon rise. “Ero piccolo all’epoca” disse, “non capivo come funzionava il mondo, speravo addirittura che avrei potuto ereditare Grande Inverno. Poi ho capito che non sarebbe mai successo ed ho abbandonato quei sogni.”

“Eppure sei qui” osservò sorridendo Daenerys, “sei Re del Nord, nonostante tutto.”

Jon la guardò negli occhi. “Aye, sono Re del Nord” replicò, “perché la mia famiglia è morta.”

Ma Dany scosse la testa. “Sai, c’è soprattutto una cosa che ammiro di te” rivelò, “dove sei riuscito ad arrivare pur non essendo ambizioso. I tuoi uomini ti seguono perché credono in te, perché ti hanno scelto…”

“Così come fanno i tuoi.”

Dany strinse le labbra. “Metà del mio esercito pensa unicamente alla vendetta” disse, “io rappresento solamente un’alternativa a Cersei.” Poi sollevò la testa. “Ma tu hai unito il Nord” proseguì, “e Tyrion dice che è stata un’azione molto complicata. Hai fatto pace con i bruti e loro hanno combattuto per te.”

“Ho solamente detto loro cosa sarebbe successo se il Nord non si fosse unito” disse Jon.

“Non solo questo” replicò Dany, “tu glielo hai fatto capire e il Nord ha avuto fiducia in te.”

Jon sembrava sorpreso. Daenerys gli si avvicinò facendo ondeggiare leggermente i fianchi. Le sue mani accarezzavano il tavolo e lisciavano il disegno. Jon non si mosse. Daenerys gli andò dietro e gli posò le mani sulle spalle.

Poi si protese in avanti e gli sussurrò in un orecchio. “Sconfiggeremo i nemici” mormorò, “i miei, i tuoi: tutti quanti. Insieme. E poi il mondo sarà nostro.”

Jon si voltò di scatto a fronteggiarla, le pupille dilatate e il fiato corto. E Dany lo baciò con trasporto, mettendogli le braccia intorno al collo e chiudendo gli occhi. Inizialmente Jon tentò di ritrarsi, poi Daenerys sentì che i suoi muscoli si stavano rilassando e le sue labbra restituivano il bacio. Jon le mise le mani sui fianchi e assecondò i suoi movimenti. Dany affondò le dita nei suoi capelli e lo strinse a sé. Rimasero così per qualche secondo, poi, lentamente, si allontanarono.

Jon la guardava con occhi grandi ed un leggero rossore sulle guance. Sembrava un bimbo che è stato colto in flagrante mentre tentava di rubare dalla dispensa. Aprì la bocca per parlare, ma Dany gli appoggiò l’indice sulle labbra. “Non dire niente” sussurrò e gli accarezzò una guancia, resa ruvida dalla barba.

Poi le sue mani scesero e Daenerys iniziò a sciogliere i lacci del farsetto, senza mai staccare gli occhi dai suoi. Quando finalmente la giacca e la camicia caddero a terra, Daenerys fece un passo indietro per ammirare il suo lavoro. Vide con orrore che il petto di Jon era attraversato da cicatrici. Sembravano essere state causate da tagli profondi, che Dany stentava a credere si fossero rimarginati. Accarezzò la cicatrice che correva sopra il suo cuore.

“Come te le sei fatte queste?” chiese con un filo di voce, ma Jon le prese il viso fra le mani e la costrinse delicatamente a guardarlo negli occhi.

“Non dire niente” mormorò e la baciò di nuovo.

Stavolta le sue mani iniziarono timide a spogliarla e Daenerys lo incoraggiò facendo ondeggiare il proprio corpo. Presto fu libera dal pesante mantello e subito dopo anche il vestito fu sbottonato. Rimasta nuda, Dany sorrise. Vedeva che gli occhi di Jon la stavano divorando, ma lui ancora non si muoveva. Sembrava combattuto. Daenerys allora gli prese una mano e lasciò che lui la accarezzasse. Poteva vedere la passione risvegliarsi nei suoi occhi e ne fu piacevolmente sorpresa. Jon le era sempre apparso così freddo e controllato, ma evidentemente era capace di provare emozioni come tutti. Ci penso io a fargli perdere il controllo, si disse Daenerys e, afferratolo all’improvviso, lo spinse supino sul letto.

Jon emise un verso acuto e Dany si lasciò scappare un risolino. Salì lentamente sul letto, avendo cura di continuare il contatto fisico. Jon aveva sollevato il capo e la stava osservando. Il suo petto si sollevava e si abbassava velocemente e Daenerys era certa di poter udire il rumore del suo cuore. Per un attimo le sembrò di essere tornata nella tenda di Khal Drogo, ma poi allontanò quel pensiero. Il passato era cenere e non si può vivere di ricordi. Ciò che contava era il presente e l’uomo che aveva davanti.

Vide che fra i loro corpi esisteva ancora un ostacolo e si affrettò a slacciare le braghe di Jon. Le fece poi scivolare lentamente via e si stese sopra di lui. Appoggiò le mani sul materasso sopra le spalle di Jon per un attimo, poi sollevò la schiena. Iniziò con movimenti lenti, proprio come Doreah le aveva insegnato tanto tempo prima, e nemmeno per un attimo smise di guardarlo negli occhi. Presto Jon si tirò su per abbracciarla e le loro posizioni si invertirono. Dany si sentì adagiare sul soffice materasso e rilassò i muscoli.

Presto i loro respiri si fecero corti e rapidi e l’iniziale calma divenne frenesia nel tentativo di placare il loro bisogno. I movimenti divennero veloci e urgenti e Daenerys si ritrovò a gemere sottovoce. Alla fine urlò forte il suo nome. Rotolarono sul letto esausti e rimasero a fissare il soffitto per un po’. Dany cercava disperatamente di riprendere fiato. Non si era mai sentita così completa come all’apice di quel rapporto ed ora che l’eccitazione stava scemando tornava la lucidità.

Si voltò verso Jon e lo abbracciò. Pochi secondi più tardi sentì le sue braccia circondarla e si sentì a casa, per la prima volta nella sua vita, nonostante quella non fosse la Roccia del Drago, o Approdo del Re, o Pentos, nonostante quella fosse solamente una nave che puzzava di muffa e legno tarlato. Dany alzò il mento e guardò Jon negli occhi. Si accorse che stava sorridendo ed il suo cuore si riscaldò.

“Credo che mi sto innamorando” mormorò lei sfiorando con le labbra il suo orecchio e fu sicura di aver assunto la sfumatura del cielo al tramonto.

L’espressione di Jon cambiò bruscamente e Daenerys temette stesse per andarsene o urlare o entrambe le cose. Invece l’abbracciò più stretta.

“Credo anch’io” replicò Jon con un sussurro e Dany pensò di non aver mai vissuto un momento tanto felice.

 

Bran

 

Gli Estranei ai piedi della Barriera non sembravano avere fretta. Erano già quattro giorni che il loro esercito era fermo là sotto senza dare cenno di voler attaccare. I non-morti rimanevano immobili e non sentivano il freddo o la stanchezza, né avevano bisogno di cibo. I Guardiani della Notte invece e i soldati che erano stati inviati da Jon erano allo stremo delle forze. Ormai una tormenta perenne avvolgeva il Castello Nero e risultava impossibile inviare dei corvi con richieste di soccorso. Gli emissari di Edd non erano riusciti a raggiungere nemmeno il Forte Orientale o Torre delle Ombre e i Guardiani si erano dovuti rassegnare a rimanere del tutto isolati.

Bran e Meera trascorrevano le giornate nella stanza del Lord Comandante tentando di non permettere ai loro arti di congelare. I fuochi che venivano accesi morivano dopo pochi minuti ed era difficile anche cucinare. Meera aveva sempre la punta del naso arrossata e aveva preso l’abitutdine di sfregarsi le mani gelide ogni due secondi. Bran si era dovuto trattenere più di una volta dal manifestare il suo fastidio.

“Se potessi vi manderei entrambi a Grande Inverno” continuava a ripetere Edd, “ma è impossibile con questa tempesta.”

Bran lo sapeva e non si lamentava. Lo zio Benjen l’aveva avvertito, gli aveva detto che si sarebbe trovato alla Barriera all’arrivo del Re della Notte. Aveva però anche detto che Bran sarebbe stato pronto e invece non era così. Bran non aveva la minima idea di quello che avrebbe dovuto fare.

La seconda notte sognò nuovamente i Figli della Foresta. Erano agitati e continuavano a parlare nella loro strana e incomprensibile lingua con voci acute. Poi iniziarono a lanciare esclamazioni anche nella lingua comune. Dicevano che ormai era tardi, che il Re della Notte aveva trovato ciò che cercava e gli uomini erano condannati.

Bran però non si voleva arrendere. “Cosa posso fare?” chiese e i Figli della Foresta si voltarono verso di lui “Cosa posso fare per fermarli?”

“Niente” rispose uno dei Figli, “non c’è più tempo, Brandon Stark.”

Bran si morse il labbro. “Cos’è che il Re della Notte ha trovato?” chiese disperato.

I Figli della Foresta inclinarono la testa e si apprestarono a rispondere, ma le loro parole furono portate via dal vento e Bran si svegliò. Quando si accorse di essere nuovamente nel suo letto senza aver appreso l’informazione che gli serviva, tirò un pugno alla parete urlando.

Immediatamente Meera si precipitò nella stanza. “Cosa succede?” chiese spaventata.

Bran scosse la testa. “Stavano per dirmi cosa cercava” rispose, “ma poi mi sono svegliato.” Meera non sembrò aver ben capito e Bran decise di non parlarne più.

Il pomeriggio del quarto giorno Edd convocò una riunione nel refettorio. A Bran e Meera fu concesso il privilegio di sedere in prima fila davanti al tavolo del Lord Comandante. Edd sembrava più nervoso del solito, così come tutti i presenti. L’inverno li sta consumando, pensò Bran guardandosi intorno. Meera gli prese una mano e la strinse forte.

Emmett il Ferrigno si alzò in piedi e parlò per primo. “Questa mattina Ulmer era di turno sulla Barriera con i suoi ragazzi” iniziò, “e ha riferito che i morti stanno serrando i ranghi. Dice di aver visto anche alcuni Estranei avanzare…” Ci furono molti mormorii ed Edd dovette battere due volte il bicchiere sul tavolo per riportare il silenzio.

“Dobbiamo colpirli!” esclamò un uomo seduto vicino alla finestra che Bran ricordò chiamarsi Kedge “Distruggerli prima che abbiano l’opportunità di scalfire la Barriera.”

“Se non te ne fossi accorto” ribatté un altro confratello, “sono troppi. Siamo riusciti gli dei solo sanno come a sconfiggere l’esercito di bruti di Mance Rayder, ma stavolta non ce la faremo.”

“Hai preso il ruolo di Edd come uccello del malagurio, Tim?” chiese Emmett e tutti risero.

“Dico solo la verità” si difese Tim, “non possiamo sperare di ricacciarli indietro, non questa volta.”

“Notizie da Cotter Pyke e Denys Mallister?” chiese un uomo dal fondo della sala.

Edd scosse la testa. “Non è possibile raggiungere in alcun modo il Forte Orientale e la Torre delle Ombre” rispose, “gli uomini che abbiamo a disposizione sono qui.” Ci fu un momento di silenzio.

“Perché non attaccano?” chiese poi Emmett guardano Edd.

“Non ne ho idea” replicò il Lord Comandante. “Al Pugno dei Primi Uomini e ad Aspra Dimora non hanno certo esitato: sono stati sempre i primi ad attaccare e non hanno lasciato il tempo di organizzare una difesa.”

“Forse stavolta sanno di avere più tempo perché siamo spacciati” suggerì tetro Tim e il suo vicino gli diede una spinta.

“Jon non aveva detto che il fuoco può uccidere i non-morti?” chiese d’un tratto Iron Emmett e Bran sussultò udendo il nome di suo fratello. Cugino, si corresse mentalmente per l’ennesima volta.

“Aveva salvato Mormont con una torcia” continuò Emmett, “ricordo che stette tre giorni con la mano fasciata.”

Eddison annuì. “Sì, lo ricordo anch’io” replicò, “cosa consigli quindi di fare?”

Emmett sospirò. “Colpirli con frecce incendiate” propose allargando le braccia. Bran sapeva già in principio che non avrebbe funzionato.

“Ci abbiamo già provato” intervenne infatti un confratello con il volto sfregiato, “ma le frecce si spengono quasi subito dopo essere state scoccate. Sembra quasi il fuoco si ritiri davanti al loro esercito. Sarà colpa di questo fottuto inverno.” Il suo commento ricevette i brontolii d’assenso di più di metà dei presenti.

“Abbiamo ancora del Vetro di Drago?” chiese Kedge, ma il Lord Comandante scosse la testa. “Tutto perduto ad Aspra Dimora” rispose con amarezza. “Jon ha promesso che ce ne porterà dell’altro, ma non credo arriverà in tempo.” Le terribili implicazioni di quell’affermazione aleggiarono tetre sulla sala.

“In ogni caso non sarebbe servito a molto contro i morti” proseguì quindi Edd, “sono troppi.”

“Ma almeno avremmo potuto tentare di uccidere gli Estranei!” esclamò Kedge e ricevette il supporto di molti.

“Sì, ma non ce l’abbiamo” tagliò corto il Lord Comandante, “quindi dobbiamo trovare un’altra strategia.”

“E quale sarebbe?” chiese sarcastico Kedge “Aspettiamo forse che se ne vadano da soli come stiamo facendo?”

“Piano con le parole, Occhiobianco” replicò duro Emmett, “stai parlando al tuo Lord Comandante.”

Kedge sbuffò. “Se non facciamo qualcosa tra poco saremo tutti morti” ribatté acido, “e allora non sarà rimasto nessun Lord Comandante a cui i nostri cadaveri dovranno ubbidire.”

“No” intervenne Bran senza riuscire a trattenersi, “ci sarà solamente un esercito di Estranei a cui i nostri cadaveri dovranno ubbidire.”

Kedge si voltò verso di lui, il suo occhio cieco ancora più minaccioso di quello sano. “Cosa ti fa credere di poter arrivare qui a sparare sentenze, ragazzino?” chiese con voce minacciosa “Non mi sembra indossi i vestiti neri, quindi non ti immischiare.”

“Sono Brandon Stark” ribatté Bran alzando la voce, “legittimo lord di Grande Inverno e si dà il caso che io abbia diritto a essere ascoltato.” Suo padre gliel’aveva detto tante volte quando tornava dalle sue visite alla Barriera. Kedge rimase in silenzio.

“Cosa hai da dire, Bran?” chiese Edd con gentilezza.

Bran si tirò su come meglio poteva. “Io ho visto il Re della Notte da molto più vicino di chiunque di voi” iniziò facendo scorrere lo sguardo sulle facce che lo fissavano, “e Meera ha ucciso un Estraneo con la sua lancia e il Vetro di Drago.” Ci furono mormorii d’ammirazione.

“Finché la Barriera si ergerà, saremo al sicuro” proseguì Bran, “i morti non possono attraversarla.”

“Come fai a saperlo?” chiese Edd inarcando un sopracciglio.

“Me l’hanno detto i Figli della Foresta” mentì Bran non sapendo bene come spiegare la situazione di Benjen.

“I Figli della Foresta si sono estinti” dichiarò un confratello in prima fila, “non esistono più da millenni.”

“Proprio come gli Estranei” ribatté Bran e nessuno parlò. “La Barriera è protetta da incantesimi potenti” andò avanti, “e non permetteranno ai morti di oltrepassarla finché non saranno rimossi.”

Bran inspirò profondamente. “Tuttavia non siamo al sicuro” proseguì. “Il Re della Notte ha un’arma, qualcosa che probabilmente permetterà al suo esercito di oltrepassare la Barriera…”

“Che cos’è?” chiese Emmett.

Bran abbassò il capo. “Non lo so.”

“Allora come fai a sapere che esiste?” chiese velenoso Kedge.

“Lo sa e basta” intervenne Meera, “e vi conviene dargli ascolto se non volete che…”

In quel momento la porta sbatté ed entrò un uomo.

“Elron” esclamò Edd, “che cosa succede?”

Elron venne avanti. “I morti si spostano” disse, “vengono verso la Barriera.”

“Il Re della Notte è con loro?” chiese Bran senza riuscire a mascherare la sua urgenza.

Elron si voltò verso di lui, ma fortunatamente non fece domande. “Credo di sì” rispose, “ho visto un Estraneo a cavallo separarsi dal gruppo.”

Bran sussultò. E’ qui, pensò rabbrividendo, ha con sé quello che ha trovato.

Edd stava dando ordini. “Tutti quelli che non possono combattere vadano sulla Barriera” disse, “gli altri davanti al portone.”

“Non basterà!” esclamò Bran ed Eddison si voltò verso di lui. “Dobbiamo uscire ad affrontarli” continuò Bran e sentì Meera trattenere il fiato.

“Non abbiamo le armi” esclamò Emmett esterrefatto. “Bran, credo tu debba andare adesso…”

“NO” urlò Bran ed Emmett fece un passo indietro. “Dobbiamo riuscire a portare via al Re della Notte la sua arma segreta o tutti i vostri sforzi non saranno serviti a nulla.”

“Bran, è troppo pericoloso” disse Edd inarcando le sopracciglia.

“E’ più pericoloso rimanere qui” osservò Bran, “dobbiamo almeno tentare…”

Edd lo fissò qualche secondo, poi annuì. “Molto bene” disse con voce profonda, “andremo io, Emmett, Kedge, Matthar e Bedwyck. Gli altri si divideranno fra la Barriera e il portone. Se non dovessimo tornare, sigillerete il tunnel.” Tutti annuirono e i prescelti da Edd si avvicinarono.

“Vengo anch’io” disse Bran e in molti si voltarono a guardarlo.

“Non credo sia una buona idea…” iniziò Edd, ma Bran lo interruppe subito. “Sarò utile” promise, “conosco gli Estranei meglio di voi.” Poi si voltò verso Meera. “Tu rimani qui.”

Lei scosse la testa. “E pretendere che sia uno di loro a trascinarti?” chiese sarcastica “Non ci penso neppure. Io vengo con te, Brandon, e non credo tu possa fare molto per impedirmelo.” Bran non rispose, ma in cuor suo era felice Meera avesse deciso di accompagnarlo. Allora annuì e lei lo aiutò a scendere dalla panca. Poi lo adagiò sulla slitta improvvisata e inziò a tirarlo.

Nel cortile del Castello Nero i confratelli correvano in direzioni diverse avvertendo i capi della guarnigione voluta da Jon. Edd e gli altri si erano diretti al portone che si stava lentamente sollevando. L’organo era in funzione e altri uomini erano in fila per essere trasportati sopra la Barriera. Quando il portone fu spalancato Meera portò Bran nel tunnel. Erano sette in tutto e Bran poteva vedere le espressioni spaventate dei suoi compagni, ma anche la loro determinazione. Stiamo andando alla morte, realizzò Bran e per un attimo fece fatica a respirare.

Quando anche il secondo portone fu alzato un vento gelido li investì. Tutti d’istinto si protessero la faccia con il braccio. L’esercito dei morti si parò davanti ai loro occhi e Bran notò con orrore la presenza di giganti. Come avrebbero fatto a sconfiggerli? Sarà il problema di qualcun altro, pensò con amarezza quando Meera avanzò.

Davanti a tutti, dritto sul suo cavallo decomposto, il Re della Notte li stava osservando impassibile. Bran immediatamente cercò con lo sguardo un oggetto che potesse assomigliare all’arma, ma non notò niente di strano: almeno, niente di più strano di un esercito di morti guidato da esseri di ghiaccio. Edd gridò qualcosa e tutti estrassero le loro spade. Bran vide con stupore che anche Meera ne stringeva una fra le mani. Curiosamente aveva l’elsa nera come la pece e, guardando meglio, Bran poté vedere che era decorata da due draghi sinuosi che si attorcigliavano intorno all’impugnatura. Avevano gli occhi di rubini.

“Dove l’hai presa?” chiese lui incredulo.

“Dalla caverna del Corvo con Tre Occhi” rispose Meera, “prima che arrivassero…”

“E’ acciaio di Valyria!” esclamò esterrefatto Edd esaminando la spada “Jon ha ucciso un Estraneo con una spada così!”

Bran rimase a bocca aperta e Meera quasi ebbe paura della spada. “Possiamo uccidere il Re della Notte” mormorò poi lei e Bran annuì pensieroso. Qualunque cosa fosse quella spada, non era certo il momento di pensarci: se poteva uccidere gli Estranei, era una mano dagli dei.

In quel momento Emmet gridò. Bran si voltò di scatto e vide che i non-morti stavano caricando. Superavano senza difficoltà il Re della Notte e venivano loro addosso.

“STATE PRONTI” urlò a pieni polmini Eddison, “DOBBIAMO COLPIRLI TUTTI INSIEME!”

Il vento ululava forte e Bran vide che gli altri erano in difficoltà anche solo a rimanere in piedi. Meera tirò fuori l’arco ed inziò a scoccare frecce. Nonostante centrasse sempre il bersaglio, i morti non si arrestavano. Kedge andò avanti con la propria ascia e Bedwyck gli coprì le spalle. Insieme ne abbatterono una decina, ma Kedge fu ferito al petto e iniziò a sanguinare. Edd ed Emmett combattevano a destra, mentre Meera e Matthar saltellavano da una parte all’altra scoccando frecce. Bran teneva gli occhi fissi sul Re della Notte, aspettando una sua reazione, un suo minimo movimento.

L’urlo di Meera lo riportò alla realtà. Bran vide che un non-morto gli stava correndo incotro emettende versi striduli. Meera mollò l’arco in terra e corse avanti brandendo la spada. Si mise di fronte a Bran e tagliò in due il cadavere che tentava di accoltellarla. Bran la vide stupirsi per quel risultato inaspettato, per poi continuare a combattere avanzando. Bedwyck era caduto e Kedge era rimasto solo ad urlare nella neve ormai rossa di sangue che vorticava loro intorno. Matthar corse verso di lui colpendo i morti che tentavano di finirlo. Poi però le frecce finirono e Matthar cadde in ginocchio tentando di proteggere l’amico. Le spade dei morti calarono su entrambi e Bran distolse lo sguardo.

Vide che i non-morti correvano verso il portone rimasto aperto. Stava per urlare qualche inutile avvertimento, ma poi vide che i morti, non appena misero piede nel tunnel, si dissolsero come avveunto nella grotta del Corvo con Tre Occhi.

Edd era rimasto a bocca aperta. “Avevi ragione!” esclamò “I morti non possono passare!” E ricominciò a combattere con rinnovata fiducia.

Sembrò per un attimo che l’assalto dei morti avesse subìto una battuta d’arresto. Bran spostò lentamente lo sguardo sul Re della Notte e vide che aveva estratto qualcosa dalla sella del suo destriero morto. Sembrava essere un corno, uno di quegli strumenti che i soldati suonavano in tempo di guerra. Da piccolo Bran aveva sognato il momento in cui gli avrebbero permesso di diventare uno scudiero e si era allenato a soffiarci dentro. Il corno che il Re della Notte stringeva fra le mani sembrava semplicissimo, senza particolari incisioni e decorazioni, e anche di dimensioni modeste. Eppure esso risvegliò qualcosa in Bran, una favola che la Vecchia Nan aveva raccontato a lui e Rickon così tante volte da perdere il conto. Il gelo del terrore si impadronì del suo corpo già provato dal freddo mentre Bran ascoltava nuovamente la favola del tredicesimo Lord Comandante dei Guardiani della Notte. La Vecchia Nan terminava il racconto sempre allo stesso modo.

“La pace fra Joramun e Brandon il Distruttore fu duratura” era solita dire con voce misteriosa, “e il Re Oltre la Barriera decise di disfarsi del suo corno magico. Perché sapete, egli diceva di possederne uno in grado di risvegliare i giganti dalla terra e far tremare il mondo. Non abbiate paura dei bruti, piccoli lord, temete questo corno, perché semmai verrà ritrovato e qualcuno ci soffierà al suo interno la Barriera cadrà e gli Estranei torneranno.”

Bran vide il mondo intorno a sé girare, folgorato com’era da quella rivelazione. Non vogliono oltrepassare la Barriera, pensò con crescente orrore, la vogliono distruggere.

Mentre i non-morti tornavano alla carica, Bran afferrò Meera per la pelliccia che indossava. “Meera” sussurrò faticando a respirare per il freddo pungente, “il corno… Il corno è l’arma…”

Meera lo guardò con occhi sgranati. “Bran, sono in troppi!” esclamò con le lacrime agli occhi “Non ce la faremo mai a prenderlo…” Si girò nuovamente verso l’orda che si stava avvicinando. Edd ed Emmett si erano avvicinati a loro e tentavano di proteggersi a vicenda. Emmett aveva un brutto taglio sull fronte, mentre Edd zoppicava.

“Che facciamo?” urlò Emmett per farsi sentire sopra il frastuono “Ne arrivano altri…”

“Resistiamo” rispose Eddison puntando la spada contro gli aggressori, “finché ci riusciremo…” Continuarono a combattere e il cuore di Bran perdeva un battito ogni volta che un pugnale dei morti passava troppo vicino a Meera. Non aveva più fiato neanche per avvertire della minaccia del corno di Joramun. Si stavano difendendo bene, le spalle alla Barriera, semplicemente i nemici erano troppi.

Poi un’ombra lucente scese dal cielo e l’aria arse di fumo. I non-morti più vicini presero fuoco, mentre l’ombra planava davanti a loro. Tutti sollevarono lo sguardo increduli e Bran riconobbe il drago del sogno. Era una bestia magnifica ed enorme, con scaglie dorate che a causa del candore della neve assumevano sfumature bianche.

“Quello è un drago?” chiese Edd appoggiandosi alla propria spada per non cadere.

“Il suo fuoco è l’unico che funziona contro l’inverno degli Estranei” disse Bran improvvisamente riacquisendo energie, “ma non basterà a fermarli. Dobbiamo prendere il corno del Re della Notte.”

“Perché?”

“Perché…”

Le parole gli morirono in gola. Il Re della Notte aveva portato il corno alla bocca.

NO, pensò Bran disperato e provò il desiderio irrefrenabile di mettersi a correre, ma le sue gambe rimasero paralizzate come sempre. Forse percependo l’immane pericolo, il drago smise di eruttare fiamme e scese a terra alle loro spalle. Bran si voltò verso l’animale, che lo stava fissando con i suoi occhi gialli. Aveva le ali ancora spiegate e sembrava in attesa. Bran non fece in tempo a chiedersi nulla che il cielo crollò sulle loro teste.

Il suono che udirono non aveva niente di naturale. Fu come se ogni singola pietra della terra si fosse frantumata, come se il mare avesse creato un’onda così alta da inghiottire il mondo, come se il vento avesse spazzato via tutti gli alberi delle foreste. Il drago ululò di dolore e Bran poté solamente tapparsi le orecchie così forte da farle sanguinare. Vide che anche gli altri erano sbiancati, come rendendosi all’improvviso conto del loro destino.

Poi fu tutto silenzio, innaturale proprio come il suono che l’aveva preceduto, la calma prima della tempesta. E la tempesta non tardò ad arrivare con il volto di cupi scricchiolii alle loro spalle. Bran si voltò lentamente e vide profonde fessure aprirsi nella Barriera.

“Per i Sette Inferi...” mormorò solamente Edd quando i primi blocchi di ghiaccio iniziarono a precipitare, frantumandosi davanti al portone e di fatto bloccando l’unica via di fuga. L’esercito dei morti arretrò e il Re delle Notte fece girare il suo cavallo cadavere. Voltavano le spalle alla fine dei Guardiani della Notte.

Bran guardò Meera e la scoprì pallida come un cencio. “Mi dispiace…” sussurrò mentre la Barriera si sgretolava davanti ai loro occhi. Dalla cima già potevano udire le urla disperate dei confratelli.

Poi il drago ruggì di nuovo. Bran lo guardò e vide che stava sbattendo le ali inquieto. Perché è venuto fin qui? non poté far a meno di chiedersi.

Edd gli mise una mano sulla spalla. “Andate...”

Bran alzò lo sguardo di scatto. “Dove?” chiese incredulo.

Edd sorrise. “Salite su quel drago” disse, “fuggite via di qui o morirete.”

Bran era esterrefatto. “Ma non possiamo cavalcare un drago” disse e Edd scosse la testa. “So che puoi farlo” sussurrò.

Bran voleva mettersi ad urlare, ma poi vide il volto teso di Meera che lo guardava. Devo portarla via di qua, si disse e annuì. Poi scivolò nella mente del drago. Provò un dolore lancinante e sentì che il drago si stava dibattendo, tentando in tutti i modi di cacciarlo via. Abbiamo bisogno del tuo aiuto, pensò Bran mentre il buio l’avvolgeva, dobbiamo fuggire… Ti prego… All’improvviso nell’oscurità che l’avvolgeva si accesero due fiammelle gialle e Bran riaprì gli occhi.

Il drago lo stava studiando e, mentre il mondo intorno a loro precipitava, Bran ulrò a Meera di andare in quella direzione. Fortunatamente lei non perse tempo con domande inutili e lo trasportò fino alle zampe del drago. Un blocco di ghiaccio cadde poco più in là e Bran capì di avere poco tempo. “Dobbiamo salire” disse e Meera sgranò gli occhi, “aiutami.”

“Bran…”

“AIUTAMI” urlò lui e Meera lo sollevò, le lacrime che le solcavano le guance. Bran si aggrappò alle squame del drago e si issò con grande fatica. L’animale emise un cupo brontolio. Meera era titubante.

“Meera” disse Bran mentre altro ghiaccio si staccava dalla Barriera, “sali, adesso.”

Trattenendo i singhiozzi, Meera saltò e Bran la prese per mano mentre si sistemava sul dorso del drago. Poi Meera si accasciò e il drago inziò a battere le ali. Quando si sollevò da terra Bran provò una strana sensazione in fondo allo stomaco. Il rumore del ghiaccio che continuava a creparsi era insostenibile e Bran sentì Meera tremare alle sue spalle. Vide Edd ed Emmett correre verso la Barriera e rimase a guardare con gli occhi umidi quando questa venne loro incontro. Volevano morire come Guardiani della Notte, realizzò con il cuore pesante, vicino a ciò che hanno protetto tutta la vita.

La Barriera si era ormai incrinata e Bran rabbrividì quando vide che ciò avveniva in tutta la sua lunghezza e non solo in un unico punto. Sembrava la fine del mondo. Forse lo era davvero. Il drago continuò a volare verso sud e passò sopra il Castello Nero, che ancora si ergeva come ultimo baluardo. Poi il ghiaccio lo spazzò via e ci fu un boato che Bran era certo fosse stato sentito fino a Grande Inverno e oltre. E’ fatta, pensò con tristezza indescrivibile osservando le macerie avvolte dal fumo e dalla polvere. Presto il ghiaccio iniziò a dissolversi e il vento ammantò tutto di bianco. Bran sospirò e chinò il capo, il drago che continuava il suo folle volo verso chissà dove.

La Barriera era crollata e la Grande Guerra cominciava.


                                                      "With our backs to the Wall, the darkeness would fall: we never quite thought we could lose it all."



N.D.A.


Eccomi!! Perdonate tutti il ritardo (per fortuna solo di un giorno... dai, poteva andare peggio XD), ma ieri non ho avuto neanche un attimo libero e non sono riuscita a pubblicare. Ho rimediato subito però ^_^

Che dire di questo capitolo in più di quanto scritto... Consideratelo il primo turning point di questa storia: la Barriera è crollata e ora tutti i personaggi sono chiamati a reagire. Cosa sceglieranno? Dalle loro decisioni dipende tutto e vedrete che non sarà così semplice come potrebbe sembrare (quando mai qualcosa è semplice nell'universo di Got? XD)...

Almeno Baelish è morto dai XD qualcosa di positivo... E i fan della Jonerys spero saranno soddisfatti XD ovviamente la scena in questione non è esplicita per rimanere nelle regole per il rating arancione della storia. Quando scrissi la scena in questione la settima stagione ancora non era uscita, ma c'era nell'aria il rumor della famosa "boat scene" (che poi si rivelò vera) e per questo decisi di utilizzarla anche nella mia storia. Stranamente anche la dinamica tra i due è molto simile a come è uscita fuori nella serie XD

A questo punto molti personaggi stanno prendendo le loro decisioni più importanti: abbiamo visto Sam e Brienne lo scorso capitolo (e anche Arya, ma per lei c'è ancora molto che la attende) e ora anche Jaime ha preso posizione. I nodi cominciano a venire al pettine, ma per i personaggi principale non sarà così facile XD

Ringrazio infinitamente i recensori dello scorso capitolo: __Starlight__, leila91 e Red_Heart96... La risposta alla storia ultimamente è un po' più tiepida del solito (lo so, è probabilmente colpa mia che non riesco a concepire che voi tutti abbiate una vita XD XD), quindi se ci siete vi invito a farvi sentire: le recensioni, dalle più corte alle più lunghe, sono ciò che mi spinge sempre a dare il massimo nel rivisionare questi capitoli e continuare a scrivere (sono quasi arrivata alla fine, correntemente al capitolo 30 ^_^) e sentirvi mi riempie sempre di gioia. Quindi ringrazio immensamente quelli che continuano a farmi sapere i loro pensieri con tanto impegno ^_^, non ho parole per dire quanto vi sia grata. E il primo capitolo di questa storia ha da poco superato le 2000 visite e tutto questo è fantastico! Grazie mille!

E niente, spero il capitolo vi sia piaciuto e alla prossima! Spero puntuale XD


NB: la citazione di oggi è dalla canzone "Ready, aim, fire" degli Imagine Dragons. Mi sono presa la libertà di scrivere "wall" con la maiuscola per indicare la Barriera (che nella versione inglese, per quelli che non lo sapessero, si chiama appunto "the Wall") però per il resto era troppo perfetta la situazione XD



 

   
 
Leggi le 4 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > Il Trono di Spade/Game of Thrones / Vai alla pagina dell'autore: QueenInTheNorth