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Autore: RainIntomyEyes    31/10/2018    0 recensioni
L'apocalisse sorprende Catherine e Lara in una tranquilla mattina di Ottobre. Sarà la speranza,l'ultima a morire?
"- Cat,guardami. Guardati... Guardati intorno. - mi accarezza una guancia.- Non c'è rimasto nulla...- "
Genere: Horror, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: FemSlash
Note: Otherverse | Avvertimenti: Contenuti forti
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  "Più dolce sarebbe la morte se il mio sguardo avesse come ultimo orizzonte il tuo volto,
e se così fosse... mille volte vorrei nascere per mille volte ancor  morire.”

- William Shakespeare
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Il suono della campanella mi sveglia dall'appisolamento dovuto alla lezione di storia. Storia a terza ora,fa più effetto del cloroformio. Mi stiracchio i muscoli e mi alzo dalla sedia, faccio due passi verso la finestra. I miei compagni di classe, chiacchierano del più e del meno. Siamo pochi stamani. Conto e siamo solo nove persone; molti sono a casa malati. Influenza hanno detto, probabilmente qualche cosa che gira. Spero di non prendermela anche io.
Oggi ho bisogno di un po' di tempo per svegliarmi del tutto. Apro la finestra, l'aria fresca di ottobre mi arriva sul viso. Stanotte ho dormito davvero poco.

«Hai ancora il cuscino attaccato alla faccia...» commenta Lara,la mia compagna di banco, non l'avevo sentita arrivare.
«Eh, lo sai che la mattina mi ci vuole un po' per svegliarmi del tutto.» le dico accennando un sorriso.

«Buongiorno ragazzi!» il professore di matematica, sempre allegro, entra in classe.
Un coro di "buongiorno a lei", in pochi minuti tutti sono di nuovo seduti ai propri posti. Trenne me, chiedo al professore il permesso per andare in bagno; chissà che il movimento non mi faccia svegliare.
«Vai,vai... Prenditi anche un caffé magari, così ti svegli...» mi risponde lui,sorridendo.
Un tipo simpatico,alla mano,spiega anche molto bene. Esco dall'aula e cammino verso i bagni.

La mia scuola è un palazzo a pianta rettangolare,di sette piani,sembra un po' un condominio visto da fuori, di un orribile colore giallo.Il settimo piano è vuoto,e sopra c'è il tetto,inaccessibile agli studenti.Le aule non sono molto spaziose,ma ci accontentiamo.Il bagno delle ragazze è alla fine di un lungo corridoio.Entro in bagno, stranamente c'è la cartaigienica (di solito non c'è).
Mentre esco dal cubicolo del water per lavarmi le mani, sento degli strani rumori: sedie strusciate a terra, un tonfo di qualcosa caduto a terra,una botta sul muro. Che diamine combinano questi del primo? Le classi prime del liceo,sono quasi sempre le più caotiche, ragazzini che hanno appena lasciato le medie e che stanno passando la fase di transizione da ragazzini ad adulti (in teoria), ma tutto quel trambusto mi sembra esagerato. Esco fuori, la classe prima del bagno, dallo stesso lato, mi pare sia quella da dove proviene il rumore. Mi avvicino alla porta. Qalcosa che impatta contro di essa mi fa sobbalzare. E poi lo sento,un grido,qualcosa che lì per lì mi fa accapponare la pelle. Poi mi rendo conto di essere esagerata...

«Cosa state comb...» dico,aprendo la porta, cercando di assumere un tono serio.

La scena che mi si presenta è degna del peggior film splatter. Apro la bocca per gridare,ma esce solo un suono strozzato, il panico mi attanaglia la gola. Sangue,sangue ovunque, strisciate rosse sui muri,per terra...la porta si apre solo per metà c'è qualcosa che la intralcia. Steso su di un banco c'è un corpo di ragazzino,altri corpi buttati tra i banchi  rovesciati. Sembrano bambole di pezza dimenticate lì da un bambino distratto.  Accasciato sulla cattedra, il corpo del professore. E poi lui, un ragazzino di forse 15 anni, tiene un braccio in mano, un fottutissimo braccio umano. Lo sta...mio dio lo sta mangiando... E poi si accorge della mia presenza. Mi guarda. I suoi occhi sono opachi,venati di giallo, non sembrano umani. Richiudo la porta di scatto.
Indietreggio, finché le spalle toccano il muro dietro di me. Cosa ho appena visto? Sto forse sognando? Sono sveglia? Mi pizzico una coscia. Si, sono sveglia. Cazzo.Cazzo.Cazzo. Ripeto a denti stretti. Lo sguardo mi cade sul pavimento, ai piedi della porta si sta allargando una pozza di sangue,passa sotto la porta,ha ormai bagnato mezzo corridoio. Le mie scarpe. Le mie converse gialle, sporche anch'esse di sangue. Un tonfo contro la porta, non aspetto di sentire il secondo,sto già correndo verso la mia classe.
Mi guardo indietro,le mie scarpe lasciano impronte rosse sul pavimento. Guardo un ultima volta indietro prima di svoltare l'angolo, sono a pochi metri dalla mia classe. La mano del mostro sfonda la porta. Corro veloce,come non ho mai fatto, verso la mia classe. Entro, sono in preda al panico, mi chiudo la porta alle spalle e mi ci appoggio con le spalle contro.
Guardo la mia classe.C'è silenzio assoluto, i miei compagni e il professore mi guardano come se fossi impazzita.

«Che succede?»dice il professore alzandosi.
«E' del sangue quello?» chiede qualcuno.

Sento imprecazioni di vario genere,il professore che mi si avvicina e parla. Credo io stia avendo un attacco di panico, o qualcosa del genere, sento le loro voci ovattate; sento,nelle orecchie, il cuore che mi batte troppo veloce, il respiro accelera. Suoni ovattati,ho gli occhi fissi sul muro di fronte a me, non riesco a muovermi,a formulare qualunque parola… sento un fischio,acuto... no forse è una sirena,no è un grido, come stessi uscendo dall'acqua distinguo chiaramente un grido umano che viene dal corridoio. Riesco a muovermi, guardo i miei compagni preoccupati.

«Cosa sta succedendo là fuori!? »chiede il professore,scandendo le parole.

Mi scosto dalla porta.

«Aiutatemi!»dico mentre cerco di spostare la cattedra contro la porta,per sbarrarla.

«In bagno, sentivo trambusto… mi sono affacciata nella classe che sta accanto.. c’era sangue, ovunque, ragazzini morti, letteralmente morti.. e poi uno.. uno.. »cerco di dire mentre Lawrence mi aiuta a spostare la cattedra.

«Un cosa? È terrorismo? Un attentato? Un pazzo omicida?»il professore mi guarda atterrito, non sembra credere alle mie parole.

«No uno… un ragazzino,di quella classe...stava mangiando.. mangiando i corpi! » dico.
«Ma tu devi essere impazzita… »dice esterrefatto,quasi arrabbiato, il professore.
«Ma io.. io.. »
I miei compagni sono ammutoliti, Lara in piedi dietro il banco, mi guarda e lei sa che non sto mentendo, che ho visto e qualcosa di grave sta succedendo davvero.

«Vado a cercare le bidelle,mi devono una spiegazione. Spostate quella cattedra! » ci ordina il professore.
«Non esca! »
«Non deve uscire! »
Qualcuno cerca di obiettare.
«Devo farlo da solo? Bene! » il professore scosta la cattedra,con un notevole sforzo, dalla porta. Riesce ad aprirla per metà ed esce.

«Idiota…» sento Lawrence sussurrare mentre richiude la porta.
«Allora? Cosa sta succedendo?!» sentiamo urlare il professore. « Lei che fa fuori dall’aula? Ritorni subito in classe! Se è uno scherzo è di cattivo gusto!» lo sentiamo proprio dietro la porta.
« Ho detto: torni in classe! La faccio sospendere! Cosa fa? Non ci sente? » un attimo di silenzio poi la voce del professore si incrina, il panico lo invade.
« Stia lontano! Lontano! Ma cosa fa? NO!NO! » un tonfo contro la porta. Sussultiamo tutti contemporaneamente.

Lawrence sbarra di nuovo la porta con la cattedra. Sentiamo gorgogli, gemiti… una pozza di sangue si allarga sotto la porta. Ci allontaniamo. Dopo pochi minuti un altro grido squarcia il silenzio creatosi nella classe. E poi altre urla confuse,banchi e sedie capovolte, legni rotti,rumori di vetri infranti, e di nuovo urla,gemiti… ora le facce dei miei compagni sono completamente terrorizzate.

«Chiudete le serrande! Le finestre del terrazzo! » dice Lawrence. Tutti si precipitano alle finestre.
La finestra affianco e una porta-finestra danno sul balcone, una terza finestra da sulla strada, sul parcheggio della scuola. Abbassano velocemente le serrande, le finestre vengono chiuse,qualcuno mette un banco di traverso davanti la portafinestra che da accesso al balcone. Siamo al terzo piano.

«Dobbiamo stare calmi, e soprattutto non fate rumore.. »cerco di dire ma nessuno mi ascolta. Sono tutti in preda al panico, parlano tra di loro, cercano di usare i telefoni.

«Non funzionano i cellulari! »
«Evidentemente le linee sono sovraccarico, qualsiasi cosa stia succedendo non sta succedendo solo qui…»

Paula, una ragazza mora e sempre gentile, è sull’orlo di una crisi isterica. È pallida,sta sudando freddo.
«Aiutatela,non fatela svenire. »dico. La fanno sedere a terra.
«Siamo nel centro della cittá qualcuno dovrá pur venirci a salvare, i militari si saranno giá mobilitati pr salvarci, se questo qualcosa che sta succedendo sta succedendo in tutta la cittá.»dice Lara a Paula per rassicurarla un po’, Thomas un ragazzo magrolino e decisamente troppo minuto per i suoi 18 anni le dà dell’acqua e una barretta di cioccolato.

«L’importante è non farci prendere dal panico. » ripete Lawrence. A lui danno sempre tutti ascolto. E come non farlo. È il leader per eccellenza, sempre gentile con tutti, simpatico, carismatico, e poi fisico muscoloso e slanciato di uno che nuota agonisticamente dai cinque anni, cappelli castani e occhi verdi, la mandibola volitiva,in pratica un modello da copertina di moda. E' anche il rappresentante di classe, salito in carica con voto unanime...
 «Verranno a salvarci,ne sono certo. Questione di poche ore. Rimaniamo qui,senza far rumore,resisteremo. »
Mi affaccio alla finestra,da questa parte dell’edificio si vede il parcheggio della scuola, gli alberi di platano che costeggiano la strada principale. Sembra deserto, ma da qui vedo solo un lato di tutta la strada.

«No,non verranno.» dice Yago « Non verrá nessuno a salvarci. Dobbiamo salvarci da soli...non capite davvero cosa sta succedendo? » ci chiede. Tutti ci scambiamo occhiate interrogative.
«Gesù! Ma non leggete? Non vi informate? » continua il ragazzo. « Da un po’di mesi su internet girano notizie strane, la gente si comporta in modo diverso,sono aumentati i crimini, ma il telegiornale non dice le cose esattamente come stanno.»
«Ho letto anche io notizie del genere su internet, ma è assurdo ritenerle vere...  »risponde Lawrence.

«Invece sono vere. E quello che sta succedendo fuori da questa porta ne è la prova.Una malattia,ha contagiato l'intera popolazione mondiale.Chi ne è colpita muore,ma il corpo continua a vivere, feroce e assetato di carne viva. Se vieni morso,graffiato, ti trasformi. » dice Yago con voce greve.
Yago è un ragazzo basso,robusto, con i capelli ricci mori che gli ricadono sugli occhiali rettangolari; indossa sempre qualche maglia con il logo di qualche videogioco, adora giocare con i video giochi, è un esperto. Sta esagerando forse, ci gioca troppo e la sua fantasia si sta confondendo con la realtà...

Qualcuno scuote la testa,non crede alle parole di Yago,o forse non vuole credergli. Ma io gli credo,so quello che ho visto dentro quella classe.

« Quindi?Cosa dovremmo fare?» chiede Paula,ancora seduta a terra,con Thomas affianco,lui gli tiene stretta una mano; è dal primo superiore che sono fidanzati, dove va uno va l'altro. Sono una coppia così carina, gli occhi di entrambi si illuminano quando si guardano.
«Io dico di scendere,non possiamo rimanere qui...» suggerisce Marco.
«E se tutta la città fosse stata contagiata? Dureremmo due secondi lì fuori...» dice Lawrence.
«Per non parlare che siamo al terzo piano.Sotto di noi abbiamo un piano con nove classi,saranno più di quaranta persone, se dobbiamo essere negativi,saranno tutte e quaranta trasformate. » conclude Yago, tirandosi su gli occhiali con l'indice.
Ha ragione. Ma se restare non si può,scendere nemmeno,cosa dovremmo fare? Rimanere qui dentro, finché moriremo di fame,o finché quelle cose trasformate non ci verrano a prendere con la forza?

«Potremmo salire...» suggerisce Lara.
«Sono sempre altri quattro piani di quaranta persone ciascuno... » dice Yago,smorzando sul nascere le speranze di Lara.
L'ascensore. Penso io, e poi la vedo,la lampada accesa, accesa! Corro verso l'interruttore,lo spengo e lo accendo un paio di volte.Poi la lascio spenta.
«Funziona!Funziona!» esulto a bassa voce, guardo i miei compagni attoniti.
«A cosa può essere utile la luce in questo momento? » chiede Paula sconcertata. Solo Lara mi guarda sorridente,ha capito.
«Ma certo!» la interrompe Thomas prima che io possa aggiungere altro. « L'elettricità,c'è! L'ascensore funziona!Saliamo al settimo piano,da lì sul tetto e ci barrichiamo sul tetto!

Un lampo di speranza e quasi di gioia brilla nei nostri occhi. Ma proprio un lampo, spento subito dalla dura verità che ci dice Yago.
«Chiavi. E' questo il problema.Quelle dell'ascensore le hanno solo le bidelle. Dovremmo uscire,entrare nella loro sala qui affianco,sperare di non trovarle, prendere le chiavi. Trovare poi quelle della porta di ferro che separa il sesto piano dal settimo, e poi quella che separa il settimo dal tetto. »
«Possiamo riuscirci.Dobbiamo per forza arrivare lassù,le porte sono di ferro, resistenti. Saremo salvi...» cerca di essere positivo Cameron.
« Salvi,si. Dipende in quanti arriveremo sopra. E il cibo,l'acqua,non possiamo stare lì sopra...» risponde di nuovo Yago.

«Ma qualche soluzione ci deve pur essere! » sbotta Paula. Le facciamo segno di stare in silenzio. Di nuovo nessuno parla.Sono tutti persi nei loro pensieri.

So a cosa stanno pensando. Pregano silenziosamente che i loro famigliari e i loro amici stiano bene, pregano di sopravvivere. Io dopo quel momento di shock, sto cominciando a riprendere il controllo di me. Sto pregando anche io che i miei famigliari stiano bene,ma dalle parole di Yago, ho capito che la situazione è critica. Sono convinta che nel resto del paese la situazione sia uguale se non peggiore. E la nostra città non è piccola,di persone c'è ne vivono molte,ci lavorano. Ci sono un sacco di scuole.Vorrei poter essere positiva, credere che qualcuno ci salverà, che qualcuno si sia salvato. Ma qualcosa mi dice che la situazione e tragica. I miei genitori saranno morti, di sicuro, così il resto della mia famiglia e anche le famiglie dei miei compagni.
Forse potrebbe essersi salvato chi di loro abita fuori città. Se ha avuto il buon senso di barricarsi in casa.

 «Dobbiamo raggiungere il tetto. Raggiungiamo il tetto e sbarriamo la porta. E' l'unica speranza, sul tetto potremo essere visti dai militari, verranno in soccorso, con gli aerei. Dobbiamo sbrigarci, non sappiamo per quanto ancora la corrente funzionerà. » dico alzandomi in piedi.
«Io di qui non esco! Hai visto cosa è successo al professore?Non farò la stessa fine! » mi dice Paula, sussurra ma vorrebbe urlare. Thomas l'abbraccia, cerca di rassicurarla.
«Moriremo anche se rimaniamo qui! Quanto credi che ci metterenno quei cosi a capire che siamo qui dentro ? Ad abbattere una porticina di legno come quella? » le rispondo indicandole la porta. « Io non rimarrò di certo qui ad aspettarla, la morte! »
«Ha ragione. Se c'è una remota possibilità di salvarsi su quel tetto, io salirò. » dice Lara affiancandosi a me. Paula ci guarda, non trova nulla da ridire.

Mi siedo a terra,sotto la finestra,con le spalle al muro. Vorrei poter piangere, ma c'è una specie di frenesia nelle mie carni, io voglio sopravvivere,devo fare qualcosa, non voglio morire. E poi c'è lei. La guardo, se ne sta seduta al suo banco,la testa tra le mani. Lara. La prima volta che la vidi,3 anni fa,mai avrei pensato di trovare in lei l'amore. Era bella,indubbiamente, con la corporatura esile,i capelli castani a caschetto,le guance e il mento fini, il naso dritto e leggermente all'insù, delle labbra rosse e perfette e poi gli occhi, quegli occhi verdi che avevano sempre attratto i miei come una calamita. Era antipatica, una piccola sapientina, convinta di sapere tutto lei, con quel tono di voce superbo e quell'odioso modo di alzare la il viso e guardarti con sufficienza.
L'antipatia iniziale nei suoi confronti era più che ricambiata da parte sua; poi successe che si trasferì nel mio stesso condominio, proprio la porta di fronte la mia. All'inizio nemmeno ci salutavamo. Ma poi ci rendemmo conto che ci stavamo comportando come due bambine; una mattina uscendo contemporaneamente dalle rispettive porte ci salutammo. Da quel giorno una chiacchiera portò ad una altra e via via nel giro di un mese diventammo amiche. Ci rendemmo conto di avere una sintonia, una specie di legame, di quel tipo che trovavi solo una volta nella vita. E più passavo il tempo con lei più mi rendevo conto di volerla sempre di più intorno.

Sentivo il bisogno di vederla, la sera andavo a dormire pensando a lei e ogni mattina  mi sembrava sempre più bella. Lo sfiorare casuale delle nostre mani mi faceva sentire le famose "farfalle nello stomaco"; all'inizio pensavo fosse solo una cotta, una di quelle cose passeggere adolescenziali fatte per il gusto di scoprire qualcosa di nuovo... Ma non mi interessava nessun'altro se non lei.
E quando un giorno che ero a casa sua, la vidi uscire dal bagno solo con un asciugamano a lasciarle scoperte le gambe mi sentii così in imbarazzo che dovetti correre via. L'immagine di lei poco vestita mi tornava in mente ogni volta e la mia fervida fantasia immaginava cose poco caste... Contemporaneamente anche lei provava le stesse emozioni che provavo io; ma lei è una persona molto molto più coraggiosa di me, impavida che non ha paura del giudizio degli altri,che fa qualunque cosa abbia voglia di fare. Da quel giorno in accappatoio, lei aveva capito a cosa era dovuta la mia reazione.
Cambiò atteggiamento nei miei confronti, anche se io lo capii solo molto dopo: cominciò ad esserci molto più contatto fisico tra di noi, mi salutava al mattino baciandomi la guancia,mi abbracciava molto più spesso, sedute nel banco molto spesso le nostre ginocchia si toccavano... e tante altre piccole cose che, poi mi disse, faceva apposta, proprio per provocarmi perché trovava le mie reazioni dolci e buffe allo stesso tempo. Arrossivo ogni volta che mi abbracciava, dopo che mi baciava la guancia dandomi il buongiorno io rispondevo  "buongiorno" ma balbettando.
Il nostro primo bacio avvenne un sabato sera. C'era la festa prima dell'inizio delle vacanze di natale organizzata dai rappresentanti di classe delle classi del nostro anno .Una festa in un locale in città, con un gruppo musicale di ragazzi proprio della nostra scuola, che facevano cover di ogni genere di canzone. Molto bravi. Quella sera ci eravamo messe d'accordo di andare con il mio motorino, in centro. Alle otto e mezzo ci saremmo incontrate sul pianerottolo.
Alle otto e 20 ero già pronta e non riuscivo a stare ferma,avevo controllato dodicimila volte di aver preso tutto! Alle 8 e 29 uscimmo contemporaneamente dalla porta. Era bellissima, uno spettacolo mozzafiato.
Con i capelli a caschetto lisci e piegati alla perfezione, una linea di eye-liner sugli occhi e il mascara nero, rossetto rosso... indossava calze nere che le fasciavano quelle gambe lunghe e aggraziate, pantaloncini a losanghe grigi, che sembravano una gonna con dei bottoni argentati sul lato , una maglia nera di cotone stretta, a maniche lunghe con il collo alto ma che lasciava scoperto lo sterno, stivali neri alti fin sopra il ginocchio che calzavano come un  guanto. Per finire una giacca di pelle nera imbottita di pelo grigio chiaro, corta sopra i fianchi... Era stupenda e dopo un attimo di stupore senza parole riuscii a spiccicare un "ciao".
Salimmo sul mio motorino e le allacciai il casco sotto il mento perché lei non ci riusciva mai, e la vedevo che mi fissava negli occhi. Il suo sguardo mi fece arrossire. In sella al motorino, ringrazia tra me il pungente freddo di dicembre perché avrebbe smorzato il calore che sentivo salire alle guance dovuto al fatto che lei era dietro di me, le sue mani mi stringevano la vita così come le sue gambe erano strette intorno alle mie di cosce. Arrivati al locale, una volta dentro la persi di vista mentre salutavamo i nostri amici  e ci ritrovammo solo dopo un po' di ore davanti il piano-bar.
Lei ordinava un Cosmopolitan, io una Coca-Cola, dato che poi avrei guidato. Rise quando vide ciò che avevo ordinato, e brindammo con i bicchieri mentre lei ancora ridacchiava.

«Quanti nei hai bevuti,eh? » le chiesi ridendo.
«E' solo il secondo! » disse lei.

Aveva le guance rosse e parlava velocemente. Gli occhi le brillavano ed era bellissima.  Glielo dico sta sera stessa, pensavo, glielo dico, Lara, mi sono innamorata di te, così tutto d'un fiato. Ma sapevo che il coraggio non lo avrei mai trovato. E così la serata passò tra risate, chiacchiere e buona musica, uscimmo dal locale all'una passata. Durante il tragitto di ritorno faceva ancora più freddo, sentivo Lara rabbrividire ma non smetteva di parlare urlando per farsi sentire sopra il rumore del motore. Davanti il  portone del condominio faticò a mettere le chiavi nella serratura e lo stesso davanti casa sua.

«Fai silenzio!Sveglierai i tuoi genitori. » le dissi mentre entravamo perché non smetteva ancora di chiacchierare.
 « Sono entrambi a lavoro, hanno il turno di notte sta sera. » disse lei. « Entra, ho fame... hai fame? Mangiamo un po' di schifezze e guardiamo un film...non ho per niente sonno! »

Entrai in casa sua e la seguii i cucina evitando la scia di vestiti che si lasciava dietro: si tolse giacca, stivali , sciarpa e cappello mentre camminava. Li raccolsi e li misi sul divano del salotto e mi ritornò in mente una scena uguale a quella di qualche sabato prima... Risi tra me. Lara intanto era in cucina che frugava negli sportelli alla ricerca di cibo. Io andai in salotto ad accendere la tv. Mentre le chiedevo che film aveva voglia di vedere la vidi arrivare a braccia piene con patatine e una bottiglia di vodka alla fragola.

«Ora puoi bere anche tu! » mi disse entusiasta. La vodka alla fragola mi faceva alquanto schifo, ma la bevetti comunque.

Alla fine non ricordo nemmeno la trama, del film che vedemmo. Chiacchieravamo , facevamo battute sugli attori, bevendo e mangiando, e io ero troppo affascinata dalla sua risata e al modo in cui i suoi occhi brillavano.
A film finito Lara disse di voler vedere un film romantico, ma sapeva bene che mi sarei ribellata: non li sopportavo.  Invece lei mi tolse il telecomando di mano...da lì cominciò una lotta per il recupero del telecomando. Lara finì sedere a terra giù dal divano e io sopra di lei; la tenevo ferma con le gambe e con le mani avevo fermato le sue sopra la sua testa, a terra. Il telecomando non lo aveva nessuna delle due, era finito chissà dove. Ridevano senza fiato in quella posizione e io ero così vicina al suo viso che riuscivo a contarle le chiare lentiggini che aveva sul naso.
Non seppi resistere alla tentazione e feci quello che sognavo di fare da molto tempo ormai: la baciai. Non ebbi paura di un rifiuto, fui coraggiosa e il mio coraggio venne ripagato. Lei ricambiò il bacio e finimmo abbracciate per terra a baciarci. Dapprima  fu un bacio dole e casto ma via via andò a farsi sempre più spinto, la passione che provavamo l'una per l'altra ci trasportò. Le sue labbra erano morbide e calde sotto le mie, si muovevano coordinate e la sua bocca sapeva di fragola. Restammo entrambe senza maglietta e vidi il brivido di freddo che le percorse la schiena mentre le baciavo il collo...

« Cat... » una voce maschile mi ridesta dai miei pensieri. Lawrence è di fronte a me sta dicendo qualcosa. Il dolce ricordo della prima volta con Lara, mi sembra lontano anni luce da ciò che sto vivendo adesso.

« Dobbiamo decidere chi andrà a prendere le chiavi, dobbiamo organizzare un piano d'azione. » mi sta dicendo Lawrence. Mi alzo da terra, non posso fermarmi a pensare al passato.

« Vado io. » dico. « Vado io dalle bidelle. »
«No Cat! » mi sussurra Lara, mi stringe una mano. Io non la guardo, guardo invece Lawrance e cerco di accendere il mio cervello.

« Prendo le chiavi, dò un'occhiata nel corridoio e quando ripasso davanti la classe, dovrete essere pronti a seguirmi. Io andrò avanti con le chiavi, qualcuno deve controllare che la via sia libera e...»

« Non ci entriamo in nove dentro l'ascensore.» obietta Lucia, una ragazza con i capelli rossi, sempre allegra ma che ora si è fatta prendere dallo sconforto e dal panico, ha gli occhi rossi di pianto e il mascara colato.

« Infatti, dobbiamo fare a gruppi. Un gruppo di 5 dove ci sono io che prendo le chiavi. E l'latro che ci raggiunge dopo.» le rispondo. « Io vado intanto ragazzi. Voi organizzatevi i gruppi, quando ripasso qui davanti dovete essere pronti a seguirmi. » dico.

Mi creo un arma alla bene e meglio con una gamba del banco. Yago mi spiega che quei mostri si uccidono solo trapassandogli il cranio, che sono forti ma lenti nell'attacco, seguono i rumori maggiormente ma è dubbioso sul fatto  se ci vedano o no.
« Ma queste cose le sia per certo, o sono frutto della tua fervida fantasia, Yago?» gli chiedo.
«Sarò sincero, non le so per certo... ma da qualche base bisogna cominciare. » mi risponde lui; non dovrebbero essere rassicuranti le sue parole,ma in qualche modo per me lo sono.
Prendo una seconda gamba di banco, come arma di riserva  e me la incastro nella cintura dei pantaloni. Lawrence mi aspetta vicino la cattedra, con Marco, pronti a spostarla e rimetterla subito apposto.

«Dovrete essere veloci a decidere, » dico. « potrei metterci poco, o molto. Vi busso sulla porta quando arrivo. »
I due ragazzi annuiscono. Lara viene verso di me. Mi abbraccia.
«Non morire.» mi sussurra in un orecchio. Mi bacia. Devo vivere, non posso morire e non poter più baciare quelle labbra, penso.
Marco e Lawrence spostano la cattedra quel tanto che basta per aprire la porta,il giusto spazio per far passare me.Richiudo delicatamente la porta alle mie spalle.
Ora sono sola, nel corridoio, alla mercé del pericolo. La prima cosa che vedo è il sangue del professore, per terra e sulla porta. Mi affaccio a destra e sinistra per vedere il  corridoio: non c'è nulla. Prendo il corridoio di sinistra, che va dritto per alcuni metri e poi gira ad angolo retto verso sinistra. E' proprio li che devo andare, perché dopo l'angolo c'è la stanza delle bidelle. Impugno il bastone e cammino lentamente, cerco di regolare il respiro. Ho i nervi tesi, le orecchie pronte a sentire qualunque rumore possibile. Ma non c'è alcun rumore. Troppo silenzio. Prima di girare l'angolo mi affaccio velocemente e nemmeno nell'altro lato del corridoio c'è qualcosa. Entro nella stanza, deserta anche questa. Trovo un enorme mazzo di chiavi nel primo cassetto della scrivania. Fortuna che le nostre bidelle hanno qualche problema nel ricordarsi di cosa sono le chiavi, infatti su ogni chiave c'è un etichetta con su scritto cosa aprono. Ci sono tutte quelle che ci servono.
Mentre sto uscendo sento un rumore. Mi affaccio sull'atrio dove ci sono le scale. C'è uno di quei così, sale le scale strascicando i piedi, ha uno squarcio sulla gola dal quale non esce sangue, ha la pelle marroncina, gli occhi vitrei e gialli dai quali è sparita ogni traccia di umanità, non c'è nemmeno la pupilla, così come al ragazzino che ho visto prima. Lo guardo meglio mentre sale le scale e arriva sul pianerottolo, e lo riconosco: è la guardia giurata della banca che sta sotto il nostro istituto. Ha la fondina della pistola alla cintura, e c'è anche la pistola. Una cazzo di pistola. La devo prendere, potrebbe essere utile... decido di lasciar perdere.
Esco allo scoperto, voglio vedere se ci vedono... e infatti no, sono ciechi: i suoi occhi morti si rivolgono verso di me ma mi sorvolano. Torno in silenzio verso la mia classe. Quando busso delicatamente i ragazzi sono già tutti pronti per andare e quindi apro la strada verso l'ascensore.
Dobbiamo percorrere il corridoio di destra per alcuni metri poi una porta sulla destra ci da sullo stesso pianerottolo dove c'è la guardia giurata morta,

«Sul pianerottolo c'è uno, se facciamo silenzio non ci vedrà. Sono ciechi.» sussurro agli altri.

Arrivati al pianerottolo invece vediamo che la guardia giurata morta non c'è. Meglio. Inserisco le chiavi e l'ascensore scende con un leggero sferragliamento. Entriamo tutti, siamo in 5. Ma Lara non c'è. Impreco tra me. Arrivati al sesto piano, usciamo dall'ascensore velocemente. Intanto ho staccato la chiave per l'ascensore e me la sono rimessa in tasca; lascio il resto delle chiavi al gruppo. Io torno nell'ascensore e riscendo.
Al terzo piano lascio l'ascensore aperto, pronto per tornare subito dopo. I corridoi sono ancora liberi. In classe rimangono Lara,Marco,Lucia e Cameron. Busso piano, Cameron e Marco mi aprono la porta. Mi ritrovo avvolta nell'abbraccio di Lara, mi bacia di nuovo, il mio cuore potrebbe scoppiare di felicità.

«La porta dell'ascensore è aperta, il corridoio mentre sono passata era deserto, ma non possiamo sapere come sia ora. Cameron chiudi la fila?»

Cameron è un ragazzo alto e robusto, se la caverebbe bene ad abbattere qualche non-morto. Annuisce. Tutti armati di gambe di banco usciamo dall'aula. Corridoi deserti, ma quando arrivo ad affacciarmi dalla porta che da sull'atrio trovo una brutta sorpresa: tre non-morti, tra cui la guardia giurata, hanno salito le scale e si aggirano strisciando i piedi e facendo schioccare le mascelle; sono troppo vicini all'ascensore, uno arriva proprio di fronte all'ascensore, fa per entrarci ma evidentemente sente qualche altro rumore e fa dietrofront.
«Uno alla volta, nell'ascensore. In silenzio. Chiudo io la fila. » sussurro, a tratti nemmeno mi esce la voce.
E così Marco è il primo che va, seguito da Lara, dopo che entrambi sono all'interno, faccio segno anche a Lucia di andare. Sta per mettere piede nell'ascensore quando ecco un non-morto girarsi proprio verso di lei. Lucia rimane impietrita lì dov'è. Mi guarda, le faccio segno di avanzare. Ma la poverina è bloccata dal panico, la capisco. Quegli occhi vitrei la guardano ora, con molto interesse. Che riescano a sentire i battiti del cuore se accelerati? penso. Lucia non accenna a muoversi. Il non morto che la fissava fa due striscianti e lenti passi verso di lei e la ragazza urla:
«NO!»
Succede tutto velocemente: il non morto che la fissava scatta verso di lei, seguito a ruota dagli altri due. Cameron corre in suo aiuto  ponendosi di fronte , abbatte il primo non morto con una sprangata, ma sono in tre, e anche se uno è stramazzato al suolo ecco che il secondo e il terzo si avventano con ferocia verso i due. Corro ad aiutarli, mi ritrovo a dover bloccare la guardia giurata che tenta di mordermi, ho incastrato il pezzo di ferro nella sua bocca ma questi cosi sono dannatamente forti. Con tutta la forza che riesco lo spingo verso la ringhiera delle scale cercando di fargli sbattere la testa contro la rampa di scale superiore.
La mia forza è poca in confronto alla sua che dopo due colpi ancora resiste. Sento Lucia urlare, non posso girarmi, se mi tolgo da questa posizione la guardia giurata mi morde. Cerco di sbatterlo di nuovo al muro ma niente. La sua forza è talmente tanta che mi fa arretrare.

«Ne arrivano altri! Sbrigatevi!  » sento Marco urlare.

Poi un pezzo di ferro si abbatte sulla testa della guardia giurata che mi si accascia contro. Cameron lo ha steso e ora mi aiuta a rialzarmi. Sto per ringraziarlo quando dal nulla spunta un altro mostro gli si lancia addosso, sangue rosso zampilla fuori dalla gola di Cameron che rotola a terra insieme al non-morto.
Cameron  era riuscito ad abbattere i mostri che avevano attaccato Lucia, ma ora altri tre l'hanno attaccata: mentre urla i non-morti le mordono collo, torace e gambe. La scena è straziante così come le urla di quella poverina. Sulle sue urla sento le voci di Marco e Lara che mi chiamano.
Dopo un attimo di shock mi riprendo, sfilo la pistola dalla fondina della guardia giurata accasciata ai miei piedi e me la infilo nei pantaloni, dietro, sotto la maglietta. Marco urla: tenta di non far entrare un vagante nell'ascensore. Corro verso di lui riesco solo a spingere via il vagante e ad entrare nell'ascensore. Intanto Lara preme freneticamente il bottone del sesto piano.
Mentre io e Marco tentiamo di non far entrare il non- morto, il mostro riesce ad aggrapparsi al braccio del ragazzo:  denti affondano nelle carni. Lo tira verso di sè e io tento di tirare Marco all'interno, intanto lui grida e le sue grida attirano altri mostri che si uniscono al loro simile cercando di prendere il mio compagno. E' un macabro tiro alla fune, ma alla fine i mostri hanno la meglio e Marco viene tirato fuori. In  cinque lo circondano e lo mordono.
Le porte dell'ascensore si chiudono davanti la scena del corpo di Marco smembrato, i non morti sono troppo occupati a cibarsi del poveretto per accorgersi di altra carne fresca nell'ascensore. Mentre l'ascensore sale, mi accorgo di essere rimasta con gli occhi sbarrati contro le porte.
Le ginocchia mi tremano, la vista mi si annebbia di lacrime. Lara di fianco a me, mi stringe una mano e singhiozza sommessamente. L'abbraccio stretta, cerco di calmarla ma in realtà abbracciandola cerco di calmare me stessa. Torno ad avere respiri regolari. Mi guarda con gli occhi rossi di pianto e dallo sguardo terrorizzato. La bacio sulla fronte:
«Andrà tutto bene. » le sussurro, ma non ne sono convinta.« Sono qui. Tu sei qui. Siamo insieme. Non ti lascerò morire. »

Le luci dei bottoni dei piani si illuminano sul cinque e arrivato al sesto con un cigolio l'ascensore si ferma. Le porte si aprono sull'ennesima scena straziante. Due corpi riversi a terra, smembrati; li riconosciamo dalle magliette e dalle scarpe: sono Lawrence a Paula.  Sporgo la testa e controllo l'area circostante. Non c'è nessuno a destra, a sinistra una porta si apre. E' quella di ferro che porta al settimo piano. Una testa fa capolino, è Thomas.
«Venite presto! » ci dice.
Corriamo dentro la porta, la chiudiamo alle nostre spalle, e la chiudiamo anche a chiave, come se servisse. Saliamo l'ultima rampa di scale che porta al settimo piano. Questo piano è veramente deserto perché inaccessibile agli studenti, con aule vuote e polvere ovunque, sono anni che nessuno mette piede qui sopra.

«Che cosa è successo? » chiede Lara a Thomas. Il ragazzo si è seduto sull'ultimo gradino della rampa.
«Dov'è Yago?» chiedo io.
«Yago è sul tetto...Stavamo per entrare qui, un gruppo di vaganti è uscito da una delle aule.. erano cinque o forse dieci... ci hanno attaccato... Ho cercato di salvarla, ma non ci sono riuscito... ».
Ha i gomiti sulle ginocchia e si tiene la testa fra le mani.
«Ho cercato di salvarla! Non ci sono riuscito... » impreca in modo colorito, sta piangendo disperatamente. Paula era la sua fidanzata, stavano insieme dal primo anno.

«Andiamo sul tetto, Thomas, vieni. » gli dice Lara, molto più brava di me a parlare con le persone.
Lo fa alzare e lo accompagna verso le altre scale che danno sul tetto. Povero ragazzo, perdere così l'amore della sua vita.
Non riesco a pensarci,se ci penso, penso che potevamo essere io e Lara al posto di quei due. Poteva essere morta Lara, senza che io potessi salvarla.
Una volta sul tetto respiro quella che pensavo sarebbe stata aria fresca e invece è tutto impregnato di un odore di bruciato. Chiudiamo la porta di accesso. Lara fa sedere per terra Thomas e cerca di tranquillizzarlo.
Io perlustro il tetto e trovo Yago  seduto sul parapetto, da le spalle alla città, ma sta guardando il panorama.

«Yago... » lo chiamo avvicinandomi. Non mi guarda ma mi parla:
«Vedi? Nonc'è speranza. Non ci verrà a salvare nessuno. Il mondo è ufficialmente andato a farsi fottere.»

Ha dannatamente ragione. Sotto di noi la città è a ferro e fuoco. Ci sono incendi ovunque, allarmi di case che suonano, gente che grida, vediamo persone correre alla rinfusa, da  quassù sembrano tante piccole formiche; due palazzi più in la del nostro c'è né uno in fiamme, tutto il piano centrale sta bruciando. Urla, sirene ed esplosioni, e spari, si sentono provenire dalla città. E poi i non morti che camminano lentamente tra la devastazione, si riconoscono chiaramente,incuranti del caos vagano alla ricerca di nutrimento e scattano di corsa verso ogni rumore che sentono.

«Moriremo...» 
«Io lo sono già. » dice Yago. Mi mostra il braccio: il segno di un morso gli ricopre l'avambraccio, sanguina.

«Stai sanguinando, dobbiamo fasciarlo!» 

«E' troppo tardi, Catherine. » mi chiama con il mio nome completo; in classe nessuno lo fa mai, mi chiamano tutti semplicemente Cat; solo i professori mi chiamano Catherine...

«Ormai si sta già diffondendo, la malattia intendo. Potrei trasformarmi in uno di quei cosi da un momento all'altro.»

« Ma non lo sai per certo che succederà, Yago. Nei film ti potrai pure infettare così, ma qua siamo nella vita vera! Non puoi sapere come andrà...» gli dico, lui continua a guardare il panorama della città. « Vieni, scendiamo di sotto e cerchiamo qualcosa per..»

« Non possiamo fare nulla, siamo tutti già morti. Sta mattina quando mi sono alzato non avevo voglia di venire a scuola, non volevo fare le tre ore di filosofia con quella noia di professore, quanto cazzo era noioso,eh? Ho pensato "meglio morire,cazzo, non le sopporto due ore di filosofia!" »  ride, Yago ride come se stesse raccontando una barzellette. « Porca puttana, Cat, il destino mi ha preso in parola, cazzo. » ride di nuovo, mentre guarda la devastazione della città.
Sto per dire qualcosa ma lui parla prima di me:
«Non voglio diventare uno di quei cosi, non voglio fare del male a te o.. a Thomas. Cazzo, Thomas ha perso Paula. Santo iddio, quei due erano un'anima sola... Come farà? Io non voglio diventare uno di quei cosi Cat, mi ha fatto piacere stare cinque anni della mia vita con voi tutti. Anche con Lawrence, quello spocchioso figlio di papà, mi manca cazzo.. è morto davanti ai miei occhi... » fa una pausa e si gira verso di me.

Il suo viso sembra rilassato, si aggiusta la manica della maglietta; non porta gli occhiali, li avrà persi nella lotta. Nei suoi occhi leggo la disperazione che vorrebbe nascondere parlando con quel tono ilare, e noto anche una luce strana...
«Erano meglio le due ore di Filosofia, Cat ... » dice infine , sorridendo e si lascia cadere all'indietro giù dal tetto.

«NO! »  grido, tento di afferrarlo ma riesco solo a sfiorargli i pantaloni.

Yago cade giù dal palazzo. Non riesco a distogliere gli occhi, lo guardo cadere. Poi un rumore sordo, un tonfo ma da qui non vedo altro che una chiazza scura a terra.
Mi allontano dal parapetto, il mio urlo ha allarmato Thomas e Lara che mi stanno correndo incontro. Hanno visto la scena da lontano, dicono. Thomas impreca, si china a terra e si prende la testa fra le mani. Lara mi abbraccia stretta, io ricambio e affondo il viso nell'incavo del suo collo. Cerco di trovare coraggio.
Ci sediamo a terra, al centro del tetto. Cerchiamo di non ascoltare il casino che viene dalla città.  Cerchiamo anche di parlare ma non troviamo nessuna parola da dire. Thomas ha il viso provato, ogni tanto singhiozza, si sfrega il viso dalle lacrime. Io e Lara siamo sedute vicine, con un braccio le circondo la vita, lei ha il viso appoggiato al mio petto. La tengo stretta e respiro il profumo dei suoi capelli.



Non so quantificare il tempo che passa, sembrano passati giorni, come potrebbero essere passate solo alcune ore. Lara si è addormentata e anche io ogni tanto cadevo in una specie di dormiveglia dal quale mi ridestavo a causa di brutti sogni. Nelle mie orecchie c'è ancora il grido di Lucia  e chiudendo gli occhi rivedo Yago cadere di sotto,  il suo sorriso da pazzo...

« Non posso! Non posso! » le urla di Thomas mi ridestano dallo stato di torpore, anche Lara si sveglia di soprassalto e si alza in piedi.
Il ragazzo è vicino al parapetto del terrazzo. Lara mi guarda terrorizzata

«Thomas? Cosa fai? » gli chiede.
«Non posso, capite? Non posso continuare. Paula è morta, probabilmente tutta la mia famiglia è morta. E anche noi siamo morti, come fate a non capirlo? Siamo bloccati su un tetto, senza cibo, senza acqua! »

«I militari ci verranno a salvare! »  gli dice Lara.

«Ma quali militari ? Non verrà nessuno, Lara! Siamo soli.. le forze armate si saranno radunate intorno ai potenti del paese a proteggere loro invece che la popolazione. O peggio ancora magari un militare morto ha infettato tutti gli altri e nelle caserme sono tutti morti!  Non volete capirlo! Siamo morti, nessuno ci salverà... e cosa faremo qui sopra? Senza acqua,cibo?Chi morirà per primo? Chi morirà per primo ucciderà gli altri due per mangiarseli una volta diventato un non-morto!»
 
«Ma non siamo stati morsi! Nessuno si trasformerà! » gli urlo io.

«Che ne sai Catherine,eh? Studi epidemiologia? Sei una virologa? Per quanto ne sappiamo potremmo già essere tutti infetti e sviluppare la malattia dopo che siamo morti. Tornare in vita dopo essere morti. E' l'apocalisse, non capite? E' la fine del mondo! E o prima o dopo moriremo. E io non morirò di fame, non soffrirò la sete, non mi trasformerò in uno di quei cosi ! »

Qualunque cosa cercheremmo di dirgli, non l'ascolterà. Nei suoi occhi c'è la stesso luce che ho visto negli occhi di Yago. Vediamo Thomas prendere la rincorsa e saltare giù. Lara grida.

«No!No!No! »

Io la tengo stretta per impedirle di correre verso il parapetto e vedere  la stessa scena che ho visto io. Le copro le orecchie e le risparmio un po' il rumore agghiacciante di ossa rotte al suolo. Lara piange stretta al mio petto, i singhiozzi la sconquassano e fanno tremare la sua esile figura. Mi tolgo la gamba di banco usata come arma dalla cintura dei pantaloni. Lei si inginocchia  a  terra e io la seguo, ci abbracciamo così per non so quanto tempo: lei che piange disperata, io che non riesco a tirar fuori nemmeno una lacrima, respiro l'odore dei suoi capelli.
Ci appoggiamo con la schiena al muretto del parapetto, sedute a terra abbracciate.

«Cosa facciamo, Cat? » mi dice lei guardandomi negli occhi.
Quegli occhi verdi  come i prati in primavera. Di un verde vivo, sono così magnetici, non puoi far altro se non ammirarli. Nonostante il panico che riflettono adesso, essi non smettono di brillare di vita. Lara è bellissima, ha dei lineamenti perfetti e un corpo favoloso, ma io mi sono innamorata per prima dei suoi occhi verdi. Mi tornano in mente i versi di una canzone "...quegli occhi verdi come il mare, poi all'improvviso uscì una lacrima e lui credette di affogare..."

«Non lo so, amore.  Thomas potrebbe aver avuto ragione o forse no, noi possiamo credere e sperare in ciò che vogliamo. Io voglio credere, Lara. Voglio avere la speranza, verranno  a salvarci. Non possono essere morte veramente tutte le forze dell'ordine, i militari cazzo, hanno le armi!»

Lara sospira si stringe a me.

«Tu cosa credi Lara? Cosa speri?»
«Spero di morire prima di te,Cat. Non sopporterei vederti morire...»
«Ma cosa dici? -  la prendo per spalle, la guardo negli occhi. « Non dire queste cose. Non moriremo!»
«Ne sei molto convinta, vorrei poter sperare come te. »  dice lei tristemente riappoggiando la sua testa sul mio petto.

Rimaniamo in silenzio per un po'. Entrambe immerse nei propri pensieri. Non io in realtà. Non voglio pensare, voglio solo rimanere con questa speranza di salvezza. Non voglio pensarci troppo affondo perché una remota parte del mio cervello è d'accordo con Thomas e con Yago e anche con Lara: voglio morire prima io di lei, non voglio vederla morire e trasformarsi in una di quelle cose... ma non voglio nemmeno morire prima e trasformarmi e probabilmente ucciderla per mangiarla... Quando sentirò che starà arrivando la mia ora, farò come Thomas e Yago, penso guardando il parapetto.


Che ore saranno? Quanto tempo è passato?  penso prima di aprire gli occhi. Mi sono addormentata. Sento che dorme anche Lara appoggiata al mio petto. Apro lentamente gli occhi pronta alla luce del sole e invece il sole è calato, chissà da quanto. E' buio, le stelle non si vedono, il cielo è nuvoloso. Le uniche luci vengono dal basso, dalla città sotto di noi. Non vorrei muovermi per non disturbare Lara ma ho bisogno di alzarmi, mi fanno male le gambe. Delicatamente la sposto e la adagio per terra, lei non si scompone.
Mi alzo, sento le gambe formicolare. Mi tolgo anche la pistola che avevo tolto alla guardia giurata e l'appoggio a terra. Mi sporgo dal parapetto per vedere di sotto. Le uniche luci della città vengono dai focolai sparsi qua e là. Lungo la strada che porta al nostro palazzo ci sono auto in fiamme, non morti che camminano tra le fiamme come non ci fossero. Ci sono luci di fuochi anche più in là della città. Non si sentono più molte grida, si sente qualche grido ogni tanto,  e qualche colpo di pistola. Ma gli allarmi delle abitazioni ancora suonano e nell'aria c'è ancora puzza di fumo. Plastica bruciata e qualcosa di molto simile ai peli di pollo bruciati...

Penso a casa mia, il mio condominio non è molto distante dalla mia scuola ma è dietro questi palazzi in fiamme che vedo di fronte  ed è impossibile vederlo, anche a causa delle colonne di fumo nero che si alzano da terra. Mia madre, mio padre, la mia intera famiglia, sarà morta. O forse no. Il che è peggio: il non sapere se sono morti, il non sapere come stanno. Se fosse morto solo mio padre? Chi sosterrà la mamma ? Come staranno entrambi sapendo che io sono qui, non sapendo anche loro come sto io?  Penso a tutte le persone del mio condominio, alle facce che vedevo tutti i giorni da ormai dieci anni, a quelli più simpatici, al simpatico indiano che viveva sopra di noi che molto spesso ci portava spezie particolari, al vecchietto al primo piano, con il barboncino marrone che tutte le mattine ,mentre io uscivo per andare a scuola, lui portava a passeggio ai giardini. La famiglia con tre bambini che abita al  terzo piano... tutte quelle vite spezzate.  Sento le lacrime solcarmi le guance, sto piangendo. Finisco a singhiozzare, cerco di farlo sommessamente. Lo sconforto  e la disperazione che avevo cercato di ignorare mi saltano addosso. Cado in ginocchio a terra. Piango e ancora piango, sento di non potermi più fermare. Piango per i mie genitori, per mia nonna, per il resto della mia famiglia, per i genitori di Lara, per il vecchietto col cane e per i tre bambini della famiglia al terzo piano che potrebbero essere rimasti orfani o peggio essersi trasformati in piccoli non morti.
Cosa diavolo sta succedendo al mondo? E' davvero l'Apocalisse? Non credo in Dio, ma se invece si fosse incavolato sul serio alla fine?  Tutto questo stava succedendo anche nel resto del mondo?   Io e Lara cosa faremo? Come faremo a sopravvivere qui sopra? Che sia la morte l'unica via d'uscita?
Cerco di smettere di piangere, faccio dei respiri profondi. Mi asciugo il viso. Quando mi rialzo sussulto:

« Lara... mi hai spaventato... ti ho svegliato io? »
Lara è  di fronte a me.
«Si, ti ho sentita piangere...»
«Mi dispiace io...»
«Questa dove l'hai presa ? »   mi dice mostrandomi la pistola della guardia giurata che avevo lasciato a terra.
« Dalla fondina della guardia giurata morta giù al terzo piano.  Pensavo sarebbe stata utile...»

Lara guarda la pistola e poi posa i suoi occhi su di me.

« E' utile, Cat. Ci sono tre colpi qui dentro.»
«E quindi? »   le domando io.

Ma non mi serve una risposta, dal suo viso capisco già quello che intende fare.  Ma non posso accettarlo.

«Non è la soluzione Lara! Dobbiamo sopravvivere, dobbiamo aspettare i militari! Non posso sopportare di vedere morire anche te! » le dico, sto quasi urlando.

«Cat,guardami. Guardati... Guardati intorno.  »  mi accarezza una guancia.« Non c'è rimasto nulla...»

«Siamo rimaste noi,amore mio. A me sei rimasta tu,non puoi lasciarmi così. Ci siamo noi, possiamo trovare la forza di sopravvivere, insieme. Potremmo, potremmo...» lei mi fa segno di tacere
.
«Tu sei sempre stata la mia forza, amore mio. Ma questo... questo non si tratta di forza. Non c'è altra soluzione. Moriremo di fame, di sete prima di tutto. Sai com'è morire in questo modo?  Comincia con una sete tremenda, non farai altro che cercare acqua,poi ti sentirai stanca, avrai sonnolenza, apatia, nausea. Le tue emozioni non saranno più sotto il tuo controllo. La frequenza cardiaca aumenterà e così anche quella respiratoria, il nostro corpo non saprà più termoregolarsi. Avremo vertigini, difficoltà di parola, confusione mentale. Successivamente potremmo avere spasmi muscolari, crampi ai muscoli, delirio perché il nostro cervello comincerà a non funzionare correttamente. Verso la fine ci sarà una diminuzione del volume sanguigno, una conseguente insufficienza renale,poi del sistema cardiovascolare... poi coma, insomma coma, si fa per dire. Qui c'è direttamente la morte. Io non sono abbastanza forte da poter resistere a tutto questo. Non la voglio una morte lenta e dolorosa.»

Non so che dire. Il quadro descritto da Lara è tragico; capisco cosa voglia dire. Nemmeno io voglio morire in questo modo atroce.

«Cosa vuoi che faccia, allora? Vuoi che io stia qui seduta a vedere spararti un colpo in testa? » le dico.
«Non sarei mai capace di spararmi da sola,Cat. Ti devo chiedere un favore ancora più grande. Tu sei forte, molto più forte di me. Lo sai. Non parlo di coraggio nel fare cose che agli altri non starebbero bene, la mia è ribellione... Tu sei coraggiosa e forte, sai prendere decisioni ferme e sai ragionare nei momenti in cui la tensione è al massimo. Ho visto come hai affrontato la situazione oggi. Non ti sei mai arresa, non ti sei lasciata prendere dal panico, come Lucia per esempio. E sei arrivata fin qui, perché credevi in qualcosa. Tu credi nelle tue idee, persegui i tuoi obiettivi. Ma lo sai anche tu che la tua speranza di trovare qualche aiuto è infondata, amore mio.  Mi dispiace dirtelo. Ma la realtà dei fatti è questa. Siamo già morte.» si zittisce, mi sta dando il tempo di capire ciò che mi ha detto.

E' impazzita, non c'è altra spiegazione. Eppure i suoi occhi sono quelli di di sempre, brillanti di vita, li scruto cercando la stessa luce di Thomas e Yago. Ma Lara è lucida e calma, ha pensato a questa cosa per tutto il tempo in cui ha dormito, se ha dormito davvero.

«Mi stai chiedendo una cosa troppo grande anche per me, Lara. Non posso farlo. Come puoi chiedermi di ucciderti? Di spararti un colpo di pistola in testa? ! Io ti amo!»  le urlo.
«Faccio appello proprio al tuo amore, Cat. Se mi ami, liberami da questo fardello, liberami da una morte lenta e dolorosa e concedimene una veloce e indolore. Ci sono tre colpi, mi potrai seguire anche tu. Ci rivedremo in paradiso, lontano da tutto questo male...»

E' impazzita, è decisamente impazzita. Non trovo parole per risponderle.

« Ti prego pensaci. Ma sappi che io a domattina non voglio arrivarci. Mi getterò di sotto, sperando di morire sul colpo e di fracassarmi il cranio, non voglio rischiare di diventare un non-morto. Non voglio arrivare a domattina. Voglio morire guardando la luna, lo sai quanto mi piace la notte, quanto amo le stelle. Voglio morire guardandole e sperando che morendo io ne diventi parte. »

Mi sorride, lascia la pistola a terra e si allontana. Mi tremano le ginocchia, le lacrime mi continuano a scendere dal viso. Non riesco a credere a ciò che mi ha detto.

E' davvero finita così la nostra vita? Abbiamo solo diciannove anni! Abbiamo così tante cose da fare...Porca puttana. Non festeggeremo la maturità, non daremo la maturità, non faremo il viaggio che volevamo fare in Spagna. Non la sposerò. La amo,con lei voglio passare il resto della mia vita...
Non faremo nulla di tutto ciò. Moriremo qui, su un cazzo di tetto di un liceo, con la fine del mondo sotto di noi. No, non arriveremo a domattina. Non posso farla morire fracassandosi al suolo, non posso vederla morire di stenti, dolorosamente.

La cerco, la trovo seduta di fronte la porta di ingresso per il piano di sotto.
«Lara...»  la chiamo,lei si alza e mi sorride.
«Sapevo che avresti cambiato idea. So quanto mi ami, e tu sai che ti amo anche io,vero?»
« Certo che lo so...»

Si siede a terra con le spalle contro il parapetto, di fronte la porta.

«Qui si vedono meglio le stelle, c'è un buco tra le nuvole.» mi siedo accanto a lei, poso la pistola a terra davanti a noi.
«Prima vorrei dirti una cosa, Lara...»
«Avremo tempo di parlare dall'altra parte amore mio... » dice lei, che è convinta del fatto che esista un paradiso.
«Lo so. - le sorrido. - Ma dato la situazione di merda in cui siamo, vorrei dirti qualche bella parola. Permetti?»
«Vai pure.»
«Io ti amo, e lo sai. Il mio amore per te mi fa male, perché non riesco ad immaginare come tutto ciò possa stare dentro questo piccolo muscolo che ho nel petto. Ti ho amato fin dal primo momento, lo so è una cosa scontata lo so, ma te la dico comunque. Avrei voluto condividere con te quel che sarebbe rimasto di me, e tutte le notti dormire ascoltando i battiti del tuo cuore, ogni notte chiudere gli occhi insieme a te. Ma questo non ci sarà possibile. E quindi ti dico questa frase, che so che riconoscerai perché il libro lo abbiamo letto insieme: " Io ti amo e ti amerò fino alla morte e, se c'è una vita dopo la morte, ti amerò anche allora."»

La bacio. Lacrime calde escono dai miei occhi e dai suoi, si mescolano nelle nostre bocche e sulle nostre guance. Ci baciamo disperatamente.

« Grazie, amore mio. Ti amo da morire... » mi sorride.« forse per dire "da morire" non è la situazione adatta.»

Rido. Ecco un altro motivo per cui la amo. Perché dice di non essere forte eppure trova il coraggio di ridere in una situazione del genere. Ed è così che la voglio ricordare ed è immaginando questo suo viso sorridente che voglio andarmene dopo. Prendo la pistola, è già carica. Devo solo premere il grilletto. Lei mi da le spalle e guarda verso l'alto. Devo solo appoggiarle la pistola dietro la nuca e premere il grilletto.  Non posso vacillare ora, la vedo che sorride, è serena, guarda le stelle. Ama le stelle, voleva fare l'astronauta da piccola. Mi torna in mente la lampada  che riflette le stelle sulle pareti della sua camera, e le stelle fluorescenti che  ha appeso sul muro davanti la mia scrivania. Controllo che l'arma sia nella giusta posizione. Raccolgo quel poco di coraggio che mi rimane.Chiudo gli occhi.
Lo faccio per lei, lei questo vuole, vuole questo, ci rivedremo tra poco, pochi minuti e saremo di nuovo insieme ...

Il colpo mi fa tremare la mano,sento la spalla vibrare, sento un liquido caldo che mi cola sulle mani. Tenendo gli occhi chiusi la adagio al suolo, supina. Lascio la pistola a terra. Mi tolgo la camicia, mi pulisco le mani. Non devo aprire gli occhi, non aprirò gli occhi. La cerco toccandola, sento le sue spalle, adagio sopra il suo viso la mia camicia. Mi viene la nausea, sento che sto per vomitare. Apro gli occhi, mi allontano dal suo corpo inerte.

«Cazzo, cosa cazzo ho fatto. Oddio. Porca puttana... Lei lo voleva, è più felice ora. Si, lo è. Ora è serena. Ora vado da lei. Ora la raggiungo.»

Ho freddo, sono rimasta a maniche corte, ho un freddo tremendo. Raccolgo la pistola, la ricarico. Mi siedo accanto a lei, così che quando mi accascerò all'indietro senza vita, sarò distesa accanto a lei. La pistola mi trema tra le mani. Sento un ticchettio. Mi rendo conto che sono i miei denti che sbattono, sto tremando. Ho freddo, ho tanto freddo. La canna della pistola è sporca di sangue, e di altro, non la guardo, mi viene di nuovo da vomitare. Non posso vomitare ora, devo andare da Lara.  Guardo verso l'alto. Mi punto la pistola  alla tempia. Guardo il cielo, le nuvole si stanno diradando. Vedo la luna. Mi torna in mente la canzone di prima, sorrido.
"....Ma quando vide la luna uscire da una nuvola gli sembrò più dolce anche la morte..."


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« Squadra 1, mi ricevi? Squadra 2 abbiamo raggiunto l'ingresso del tetto. Situazione di sotto? »
« Squadra 2, vi ricevo. Trovati 8 superstiti. Non- morti completamente annientati nei piani terra,1,2,3,4,5, al sesto pulizia ancora in corso.
»
«Squadra 1,passo. Ottimo lavoro . Entriamo ragazzi.
»

Il sergente dà l'ordine, un soldato spalanca la porta. Due soldati di avanscoperta escono sul tetto.

«Libero, sergente. Superstiti, sergente.
»

Una ragazza seduta a terra , ha una pistola puntata alla tempia.

«Signorina, sono il Sergente Garreth delle Forze Speciali. Siamo qui per portarla in salvo. Abbassi l'arma per cortesia.
»

La ragazza scoppia in lacrime.

«Squadra 1, mi ricevi? Abbiamo trovato un superstite sul tetto e una vittima da arma da fuoco. Serve un medico. Sopravvissuta è una donna, bianca, sui 19 anni, probabile alunna dell'istituto. In evidente stato di shock, leggero principio di ipotermia. La portiamo giù, non fate partire l'elicottero per  la Zona Sicura.
»


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  “E così con un bacio io muoio." - William Shakespeare
~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~
~THE END~

Note autore:
- I versi della canzone appartengono a Caruso, di Lucio Dalla
- La frase del libro è tratta da Shadowhunters- Città di Vetro , di Cassandra Clare.


   
 
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