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Autore: robrap9    02/11/2018    1 recensioni
Una tragedia tratta da una storia realmente accaduta che sembra uscire dalla penna di William Shakespeare. Un destino infausto e incredibile sembra perseguitare il protagonista: ha scelto la strada più breve al bivio di una scelta cruciale, non tenendo conto e provando ad eludere il fato tracciato per lui. Questo, inevitabilmente, lo porterà verso il baratro.
Genere: Drammatico, Malinconico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Quattro secondi

 
Mentre precipitava dal quarantesimo piano del Warsaw Marriott Hotel, improvvisamente i bui pensieri che fin lì lo avevano pervaso e costretto al salto finale, scomparvero. Al loro posto i visi sorridenti di sua moglie Giulia e dei suoi due figlioletti, Giovanni ed Elisa; della sua famiglia che aveva tanto amato e per la quale aveva lottato disperatamente. Tutto vano. La giustizia divina li aveva segnati sin dal principio.
***
Il corpo di Mario Lorusso, nato a Bari quarantacinque anni prima, amministratore unico della società tessile “Lorusso Textiles”, impiegò quattro secondi per percorrere i quaranta piani: dalla terrazza del bar panoramico al suolo della Aleja Jerozolimskie, a due passi dalla Warszawa centralna (stazione centrale di Varsavia).
Solo quattro secondi che furono sufficienti a ripercorrere quei burrascosi ultimi mesi della sua esistenza.
Da qualche tempo gli ordinativi dei clienti abituali non arrivavano più con la necessaria costanza e quantità che aveva caratterizzato i tempi recenti, in cui l’azienda aveva espanso le sue capacità produttive ricorrendo all’assunzione di nuovi dipendenti. L’involuzione del mercato iniziava a mettere in discussione il livello produttivo dell’azienda. Era necessario agire prontamente per attutire i contraccolpi della crisi. Il primo passo era stato il ridimensionamento degli organici. Progressivamente iniziò a dimettere quelli che non avevano un contratto a tempo indeterminato, quelli che erano stati assunti per brevi periodi e con contratti a progetto. Contemporaneamente diminuì gli straordinari finché non li annullò del tutto ben sapendo che molti operai contavano su quelli per le spese extra delle famiglie (pizzeria, vestiario, qualche cinema).
Questo suscitò subito i primi mugugni da parte dei dipendenti. D’altra parte la produzione già scarseggiava per occupare l’intero orario giornaliero e in alcuni momenti le maestranze erano utilizzate per altri compiti (sistemazione dei magazzini, ripulitura dei viali interni, verniciatura delle inferriate di recinzione, manutenzioni varie).
Nello stesso tempo, al fine di assolvere tutti i pagamenti, si rivolse alle banche di cui era cliente implorandole di aumentare lo scoperto di conto, cercando di convincerle che il mercato stava ripartendo. I politici raccontavano di una ripresa alle porte, ripresa che aveva già iniziato ad affacciarsi nei principali Paesi d’Europa e che non sarebbe tardata ad arrivare anche in Italia. La risposta fu ovunque negativa. Nuove linee di credito sarebbero state aperte solo a fronte di ordinativi sostanziosi che la sua azienda non poteva al momento presentare.
Quando staccava dall’ufficio e ritornava a casa aveva timore di agitare la moglie, la quale, avvertendo le sue preoccupazioni, lo pregava di confidarsi, nell’eventualità che lei potesse aiutarlo in qualche modo. Mario cercava di sminuire e rispondeva alle sue richieste con un sorriso: “Va tutto bene, piccoli problemi e un po’ di stanchezza accumulata nel tempo, non ti preoccupare, in un attimo passa”.  Poi la baciava e le accarezzava il volto. Non voleva impensierirla perché Giulia era molto sensibile e fragile. Dopo la nascita dell’ultimo figlio, Giovanni, aveva trascorso un brutto periodo di depressione che l’aveva portata a rivolgersi a uno psicoterapeuta che l’aveva imbottita di psicofarmaci. Pertanto gettava alle spalle le preoccupazioni del lavoro e dedicava tutto il tempo libero alla sua splendida famiglia che, grazie a Dio, godeva di ottima salute. Mario e Giulia si amavano come il primo giorno che si erano conosciuti nonostante i diversi anni di matrimonio e i figli erano adorabili e sani.
 
Venne il momento di ritardare i pagamenti dei fornitori, cosa che aveva preferito piuttosto che mettere mano sul capitolo dipendenti a tempo pieno. Questo però ebbe la conseguenza di non poter assolvere la produzione di alcuni prodotti e quindi perse alcuni dei pochi clienti ancora rimasti.
Le banche, sentito odore di muffa, cominciarono a chiudere i portafogli. Fu costretto a rivolgersi direttamente ai vari direttori e li pregò di dargli fiducia. Lui e prima di lui il padre erano stati ottimi clienti e avevano contribuito all’affermazione di quelle banche locali; non potevano abbandonarlo ora, nel momento di maggiore necessità. Nulla da fare nemmeno su quel fronte. Come ormai tutti gli italiani hanno bene imparato, se il debito ce l’hanno le banche lo stato interviene prontamente, ma se i sofferenti sono i clienti di quegli istituti ... campa cavallo!
Venne quindi il momento di ritardare i pagamenti dei contributi previdenziali e delle tasse. Infine, inevitabilmente, dovette operare la scelta più dolorosa di tutte, quella del licenziamento dei dipendenti. Iniziò da quelli più giovani, che avrebbero avuto meno difficoltà nel trovare una nuova occupazione. Aveva avuto sempre un ottimo rapporto con i suoi operai e impiegati e aveva sempre ottemperato a ogni incombenza contrattuale. Per questo fu molto sorpreso quando, di fronte ai primi licenziamenti, si ritrovò additato come il solito “padrone” che pur di non intaccare i propri guadagni, si rifaceva sui lavoratori. Non sapevano che da mesi non ritirava il suo solito stipendio mensile e che pur di ottenere credito, aveva ipotecato sia la casa al mare, sia quella dove abitavano a Bari.
I dipendenti licenziati, aiutati dai sindacati di categoria, formarono un picchetto che tutte le mattine sostava davanti alla fabbrica, con cartelli e fischietti, e quando varcava i cancelli d’ingresso, era pesantemente apostrofato e additato come il manager arrogante e insensibile che scarica la sua incompetenza nella conduzione aziendale sulle spalle dei lavoratori.
Non si erano accorti anche loro che mancavano gli ordinativi? Non conoscevano la situazione economica del Paese? Cadde in un pesante stato depressivo e anche in famiglia non riusciva più a nascondere del tutto le preoccupazioni date dal lavoro. Da qualche tempo la moglie aveva intuito che il marito le nascondeva il pessimo stato dell’azienda e pertanto, un giorno, prese da parte il compagno e gli propose di vendere la sua proprietà: una villa che le avevano lasciato i genitori e che lei volentieri avrebbe ceduto al suo sposo per sollevare le sorti aziendali. Mario al principio si oppose fieramente, ma poi, con il peggiorare complessivo della situazione, approfittò della disponibilità che gli era offerta e mise in vendita sia la casa al mare, sia quella di proprietà della consorte, sia il piccolo e vecchio motoscafo di sua proprietà. I ricavi della vendita riuscirono solo per un breve periodo a mantenere l’azienda sulla linea di galleggiamento. Ma della benedetta “ripresa” commerciale, dello sperato aumento della spesa degli italiani, dell’auspicata disponibilità bancaria ad allargare le maglie creditizie continuava a non vederne nemmeno l’ombra. Così, nemmeno dopo due mesi dalla vendita dei beni, stante l’assoluta insufficienza delle commesse, fu costretto a interrompere la produzione, a licenziare tutti i dipendenti e a dichiarare lo stato di liquidazione. Era finita: La “Lorusso textiles” aveva chiuso i battenti, e nel peggiore dei modi!
 
La vergogna e la disperazione per aver dovuto chiudere la fabbrica che da settanta anni era l’emblema di famiglia lo portò sull’orlo del baratro e a pensare seriamente al suicidio.  Se fosse stato da solo, l’avrebbe fatto di sicuro, ma c’erano Giulia, Giovanni ed Elisa, come poteva provocare altro dolore alle persone che più amava al mondo?
Allora gli venne l’idea. Solo nel suo studio per giorni elaborò il piano per riportare serenità e benessere ai suoi amati familiari e a lui stesso. Un progetto semplice, ma se ben condotto lo avrebbe risollevato dal fango in cui si era cacciato. Dieci anni prima, quindi in tempi non sospetti, aveva stipulato un’assicurazione sulla vita che aveva come unica beneficiaria la moglie Giulia. Lo aveva fatto senza avvertirla perché non voleva che lei si preoccupasse. Aveva saldato tutte le scadenze annuali e quindi era in regola con il contratto che prevedeva, al momento della sua morte improvvisa per malattia grave o per incidente mortale, una rendita di tre milioni di euro. Una cifra consistente che avrebbe permesso alla moglie di vivere agiatamente e ai figli di intraprendere con tranquillità gli studi necessari per avere un futuro come si deve. Ovviamente l’assicurazione non avrebbe pagato se lui si fosse suicidato, quindi bisognava trovare un modo che facesse sembrare la sua morte accidentale. Inoltre, vista la somma che sarebbero stati obbligati a sborsare, la “finta morte” doveva sembrare vera e accidentale al cento per cento.
Per rendere la commedia oltremodo convincente decise che nemmeno sua moglie avrebbe dovuto conoscere il retroscena. Tutto doveva sembrare autentico. Il suo progetto prevedeva che solo passato un certo periodo dalla riscossione del premio si sarebbe fatto vivo agli occhi dei suoi. Avrebbero sofferto enormemente, ma il loro dolore si sarebbe trasformato in felicità quando si sarebbero resi conto che lui era ancora in vita.
Iniziò i preparativi.
Il primo passo consisteva nel trovare una nuova identità. Non fu molto difficile trovare documenti falsi. Gli bastò recarsi nei vicoletti malfamati del centro e lanciare il messaggio. La malavita barese non richiedeva eccessive spiegazioni a chi pagava il dovuto e i suoi diecimila euro gli garantirono un falso passaporto stampato su carta originale del ministero degli affari esteri.
Inscenare la sua morte fu un’operazione molto più complicata che richiese preparativi molto accurati. Dopo aver scartato le ipotesi più assurde e complicate che per lo più richiedevano l’ausilio di qualche complice (che alla fine avrebbe potuto incolparlo o peggio ancora ricattarlo), si sforzò di trovare una soluzione che non richiedesse l’aiuto di nessuno.
Le previsioni meteo vennero casualmente in suo soccorso. Erano due settimane che imperversava il brutto tempo su tutto il sud del paese e per il prossimo week end erano previste nuove piogge abbondanti su tutta la sua regione; tutti i principali meteo erano concordi nel ritenere che il clou della perturbazione sarebbe avvenuto nella serata della domenica. La protezione civile aveva diramato lo stato di allerta rosso su tutta la Puglia con particolare riguardo e attenzione ai corsi dei fiumi regionali sconsigliando gli abitanti di intraprendere viaggi per quel periodo.
Era quello che cercava.
Inscenò l’incidente su un ponte, lungo la statale 529 che incrociava il fiume Ofanto, il più importante corso d’acqua della Puglia per lunghezza, bacino e ricchezza d’acqua e uno dei più lunghi del mezzogiorno.
E a vederlo, quella sera di ottobre, metteva veramente paura.
Non c’era anima viva quando lanciò la sua l’auto a forte velocità contro il guard rail e si lanciò fuori un attimo prima dell’impatto. L’auto ruppe la barriera e precipitò nel vuoto. In pochi secondi fu trascinata dall’impetuosa corrente del fiume in piena fuori dalla sua vista. Mentre guardava il tettuccio bianco dell’auto che velocemente scompariva, dolorante per le ferite riportate in seguito alla caduta, bagnato fradicio dall’acquazzone che imperversava, alzò le mani al cielo; ce l’aveva fatta! Ora doveva solo scomparire.
 
Mentre volava a diecimila metri di quota sopra le Alpi in un aereo A320 della flotta low cost della Wizz Air diretto all’Aeroporto Chopin di Varsavia, pensava a sua moglie Giulia.
Erano passate ventiquattro ore dalla “sua morte” e i quotidiani del giorno successivo al falso incidente aprivano la pagina regionale con l’immane tragedia accaduta a causa della piena del fiume Ofanto. Tutti riportavano la notizia dell’industriale caduto con l’auto in acqua e scomparso. Il caso aveva voluto che altre cinque persone, nella stessa giornata, fossero state inghiottite dalla piena dell’Ofanto. Protezione Civile, Forze dell’ordine e Vigili del fuoco si prodigavano senza sosta lottando contro le intemperie che ancora si abbattevano con violenza sul mezzogiorno d’Italia. I cinque appartenevano a un gruppo di escursionisti che erano stati “sorpresi dal maltempo” (difficile a credersi visti gli allarmi lanciati in precedenza dalla protezione civile), così almeno riportavano i quotidiani.
Mario, seppur dispiaciuto sinceramente della tragedia, comprese che il destino lo aveva aiutato aggiungendo nuova attendibilità alla sua messinscena. E Giulia? Come avrebbe reagito? Si rodeva il fegato pensando al dolore che le aveva provocato. I figli erano piccoli e forse non avrebbero capito. Di certo, conoscendola, lei non li avrebbe informati subito della perdita del padre; le avrebbe risparmiato quella brutta notizia per poi informarli nel tempo trovando i modi per ferirli il meno possibile. Ma lei?
Si angosciava al pensiero ed era tentato di alzare il telefono e di avvertirla dello stato di ottima salute di cui godeva. La conosceva molto bene e sapeva della sua fragilità psichica. Inoltre era anche consapevole della sua onestà: avrebbe giustificato le sue azioni? Sarebbe riuscita a mantenere il segreto? A recitare con convinzione la parte della vedova? Avrebbe continuato ad amarlo poiché si era reso colpevole di una truffa?
Conoscendo molto bene la sua Giulia, sapeva che aborriva le menzogne, era consapevole che la stima che da sempre nutriva nei suoi riguardi avrebbe subito un colpo di arresto. Ci sarebbe voluto del tempo poi per ristabilire quella fiducia alla quale lo aveva abituato. Non sapeva perfettamente cosa sarebbe accaduto, ma qualcosa si sarebbe inventato, dopo tutto lo aveva fatto solo per loro. Per il momento decise di non avvertirla, ne valeva dell’affidabilità del progetto: le assicurazioni non erano facilmente restie a versare dieci milioni di euro a fronte a un cadavere irreperibile e ogni particolare doveva sembrare autentico, primo tra tutti, il dolore vedovile.
Arrivò puntuale a Varsavia Chopin, noleggiò una city car alla Global Service, impostò il navigatore, e si diresse verso un modesto hotel nel centro della città, a due passi dalla stazione centrale, dove aveva prenotato una stanza singola per una settimana (non voleva dare troppo nell’occhio), a nome di Sandro Ippoliti, così come riportato nel suo falso passaporto.
Il giorno dopo si alzò dopo una notte passata in bianco. I peggiori incubi mai fatti a occhi aperti! Gli era sembrato che il suo piano facesse acqua da tutte le parti, che da un momento all’altro sarebbe stato scoperto e arrestato. Che ingenuo era stato a pensare di farla franca! Con l’ansia alle stelle e le mani tremanti accese il portatile e andò subito alle pagine di cronaca della “Gazzetta del Mezzogiorno – Cronaca di Bari”. Come prevedibile, la notizia della tragedia sul fiume Ofanto era in prima pagina. Lesse angosciato l’articolo che lo riguardava.
 
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LA GAZZETTA DEL MEZZOGIORNO

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LA TRAGEDIA DEL FIUME OFANTO

 
BARI -  20 dicembre 2012. Dopo quasi settantadue ore dal violento nubifragio, nonostante alle ricerche abbiano partecipato alcuni uomini del Raggruppamento Subacquei e incursori della Marina Militare (oltre a vari corpi dei sommozzatori della Polizia e dei Carabinieri), solo tre dei sei dispersi sono stati ritrovati cadaveri a chilometri di distanza dall’accaduto. I corpi sono stati rinvenuti nei pressi della foce del fiume sull’Adriatico, nel comune di Barletta, sono stati prontamente identificati: si tratta delle bambine Clara e Veronica e di loro padre Augusto Parrini. Per quanto riguarda i corpi delle altre tre vittime, i due escursionisti austriaci di cui non si conoscono ancora i nomi e quello dell’industriale Mario Lorusso, non ci sono novità. Gli inquirenti e la Protezione civile disperano di ritrovare i loro resti. Il fiume, che ricordiamo, è lungo centotrenta chilometri, nasconde nel suo cammino centinaia di cunicoli sotterranei, di pozzi naturali profondi anche 20 metri, di gomiti sabbiosi e vasti canneti, dove questi possono essersi incastrati. In ogni caso, dopo che sono passati quasi tre giorni dal disastro, sembra oltremodo improbabile la possibilità che qualcuno sia sopravvissuto. Da fonti ben informate in Procura a Bari si apprende che il Magistrato che si occupa dell’indagine si appresta a svolgere il delicato compito di informare i parenti delle vittime che esse devono essere considerate, con ogni probabilità, prive di vita.


Finalmente l’angoscia che lo aveva tormentato per tutta la notte si sciolse e iniziò a pensare positivamente. Le cose si stavano lentamente sistemando. La giustizia divina (era un credente cattolico) lo stava premiando e compensando di tutte le angherie e soprusi che aveva dovuto subire nei mesi appena trascorsi.
Decise di uscire per festeggiare le buone notizie. S’incamminò verso il centro della città, era una giornata stranamente mite e soleggiata per le caratteristiche meteo abituali della metropoli nordica. Il centro commerciale di Varsavia, con i suoi grattacieli di cristallo e marmi cresciuti in breve tempo come funghi, pareva condividere con lui la positività e l’allegria.
S’incamminò verso il Marriot Hotel e prese l’ascensore per il bar panoramico che si trovava al quarantesimo piano. Si sedette nella terrazza e ordinò l’aperitivo che gli consigliava il cameriere. Mentre aspettava il drink accese il portatile che si era portato dietro e, come d’abitudine in quei giorni, aprì di nuovo le pagine della “Gazzetta del Mezzogiorno”. Rivoleva leggere l’articolo che prima, in camera, lo aveva tranquillizzato e vedere se, nel frattempo, si erano aggiunti nuovi particolari interessanti. Arrivò il cameriere con il drink ordinato e nello stesso momento la pagina web si aggiornò ... comparve una nuova schermata e l’articolo precedente fu sostituito con un “Ultim’ora”.
L’espressione di Mario Lorusso si modificò visibilmente e la fronte si aggrottò, gli occhi sgranati con il viso più vicino al display per leggere meglio l’articolo che era appena comparso. Non poteva essere ... la giustizia divina si era beffata di lui e aveva appena palesato la sua vera volontà. Cereo in volto, lo sguardo fisso verso il paesaggio sontuoso che si presentava ai suoi occhi: una città elegante e variopinta, il cielo terso, il sole che si rifletteva sugli specchi dei grattacieli, i parchi e i giardini tinti dei verdi, dei rossi e dei gialli autunnali, le migliaia di piccoli puntini che la sotto sfilavano lungo le vie, le automobili di tutti i colori che sfrecciavano nel traffico ordinatissimo della metropoli ... tutto sembrava perfetto e nello stesso tempo ogni cosa sembrava deriderlo ... nemmeno una lacrima riuscì a versare, e ancora incredulo, con il cuore spezzato dal dolore, scavalcò le protezioni e si gettò nel vuoto.
Quattro secondi dopo, gli occhi chiusi, gli comparvero nella mente le sembianze dei suoi familiari ... il viso si distese e un’impercettibile traccia di sorriso comparve e lo illuminò per l’ultima volta un centesimo di secondo prima dell’impatto con il suolo.
***
La Polizia di Varsavia trovò il portatile del suicida ancora aperto sul tavolo, vicino al drink che non aveva consumato. Sul display c’era l’immagine di un quotidiano on line, ma nessuno di loro conosceva l’italiano, così lo spensero e lo chiusero per portarlo in centrale.
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LA GAZZETTA DEL MEZZOGIORNO

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ULTIM’ORA
  
 
BARI – 21 dicembre 2012. Apprendiamo in questo momento la terribile notizia del suicidio della moglie dell’industriale tessile scomparso tre giorni fa in seguito all’incidente automobilistico che l’ha fatto precipitare nel fiume in piena Ofanto. Lo scarno comunicato dell’agenzia Ansa riporta che questa mattina, all’incirca verso le ore nove, la signora Giulia Lemma, sposa di Mario Lorusso, si è gettata nello stesso fiume, dove è scomparso il marito. Dallo stesso ponte e nello stesso punto dove era occorso l’incidente del coniuge, trascinando con lei i due giovanissimi figlioletti Giovanni ed Elisa.
Alcuni automobilisti hanno assistito alla terribile scena e hanno tentato a più riprese di fermare la donna ancora in piedi sul muretto di sostegno con i due figli terrorizzati in braccio. Hanno cercato di persuaderla a non gettarsi, di salvare almeno la vita dei bimbi; la donna piangeva e gridava il nome del marito. Alcuni l’hanno sentita chiaramente dire che si sarebbero ricongiunti con il loro Mario, che la vita senza di lui era impossibile. Un attimo dopo si è lanciata nell’acqua. Due di loro hanno rischiato di finire a loro volta affogati nel tentativo di salvare la donna e i due bambini, ma la violenza della corrente del fiume ancora in piena non ha reso possibile il salvataggio. I cadaveri sono stati ripescati un’ora dopo molti chilometri più a valle dai soccorsi prontamente intervenuti.
L’immane tragedia ha colpito la comunità tutta e ...
 
 
   
 
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