Serie TV > Il Trono di Spade/Game of Thrones
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Autore: QueenInTheNorth    10/11/2018    3 recensioni
Vi chiedete mai cosa sarebbe successo se le cose fossero andate diversamente? Se dopo l'incoronazione di Jon Snow a Re del Nord nuove forze fossero scese in campo? Se vecchie profezie fossero tornate alla luce e la Canzone si fosse rivelata? Quanto può una decisione diversa cambiare le sorti dei Sette Regni?
La ruota continua a girare, nuovi re si faranno avanti e la terra tremerà ancora per il ruggito dei draghi.
Ma la Lunga Notte è vicina, gli Estranei attendono pazienti, e nell'ora più buia tutte le vostre certezze vacilleranno. Stavolta gli uomini sono soli e l'amore forse non basterà più a salvarli.
Siete pronti a perdere ogni speranza?
Genere: Avventura, Drammatico, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Daenerys Targaryen, Jon Snow, Sansa Stark, Tyrion Lannister, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: Contenuti forti, Violenza
Capitoli:
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Capitolo 19


Dangerous decisions                                                                                               



Samwell

 

Era una settimana ormai che viaggiavano su quel carretto, quando finalmente raggiunsero la Forca Rossa. Sam aveva deciso di evitare l’Ovest per sicurezza e aveva condotto Gilly e il bambino in una serie di tortuosi sentieri attraverso le Terre dei Fiumi. Qua e là avevano visto i terribili segni della guerra. I villaggi erano in rovina e molti risultavano abbandonati. Le poche locande ancora aperte si erano rifiutate di dare ospitalità a dei forestieri provenienti dal Sud, nonostante Sam avesse insistito dicendo di far parte dei Guardiani della Notte. Nell’Altopiano era facile trovare una grotta in cui accamparsi ed accendere un fuoco per la notte, ma via via che si dirigevano a Nord l’inverno si faceva sempre più insistente. Le tormente erano frequenti e Sam capì di non poter spingere il loro cavallo oltre.

“E’ stremato, Sam” continuava a ripetere Gilly, “non può proseguire…”

Durante il viaggio Gilly si era molto affezionata all’animale, arrivando a chiamarlo Snowfall. Aveva anche imparato a cavalcarlo, quando il cavallo andava al passo, ed era preoccupatissima per il suo stato di salute. Sam sapeva che non sarebbero potuti andare avanti così, anche perché il piccolo si era preso un brutto raffreddore. Così decise di non guadare il fiume, ma di seguirlo verso ovest.

“Andiamo a Delta delle Acque” annunciò a Gilly, “non è lontano.”

La deviazione costò loro un altro pomeriggio di viaggio, ma in serata giunsero ai piedi delle mura del castello. Sam sapeva che questo era ritornato nelle mani di casa Tully e sperava finalmente di ricevere ospitalità. Delta delle Acque era adagiato su un’isoletta al centro del fiume e il ponte levatoio era tirato su.

Presto sulle mura si affacciò una vedetta. “Chi siete?” chiese con voce cavernosa e Sam notò che degli arcieri li tenevano sotto tiro. Gilly stringeva forte il piccolo.

“Mi chiamo Samwell Tarly, sono un confratello dei Guardiani della Notte e sto tornando alla Barriera: chiedo ospitalità per una notte.”

“Se è così” chiese la sentinella, “come mai hai una donna con te?”

Sam si morse il labbro. “Spiegherò tutto al vostro signore” ribatté, “ma per favore lasciateci entrare…”

La guardia ghignò. “Sei forse un disertore?”

Sam stava per rispondere, ma venne interrotto da una voce femminile.

“Pypos, cosa succede qui?”

La sentinella si affrettò a chinare il capo. “Nulla, mia signora” disse, “è solo un vagabondo che…”

“E’ così che accogliamo gli ospiti?” chiese la giovane appena comparsa con voce calma “Apri quel portone o mio marito ne sarà informato.”

“Ma, mia signora, potrebbero essere nemici…”

“A me non sembra abbiano un esercito” ribatté la ragazza, “su, falli entrare.”

Riluttante Pypos fece aprire il cancello. Il ponte levatoio calò e Sam sorrise incoraggiante a Gilly. Fece avanzare il cavallo fin dentro le mura, dove fu subito preso in custodia. Sam aiutò Gilly, che teneva per mano il bambino, a scendere dal carretto. Sentì il portone alle loro spalle chiudersi e si guardò intorno curioso. Si trovavano in un cortile quadrato con al centro una fontana senz’acqua. Tutto intorno correva un porticato. Poi la fanciulla che avevano intravisto sulle mura venne loro incontro sorridente. Era di corporatura minuta e carnagione pallida. Aveva capelli castani acconciati in trecce sottili intorno al capo e grandi occhi azzurri.

“Benvenuti” li salutò con la sua voce cristallina, “io sono Roslin, lady di Delta delle Acque.”

Sam quasi rimase a bocca aperta per la sorpresa. “Roslin Frey?” chiese ricordando il nome della donna che, gli avevano raccontato, si era sposata alle Nozze Rosse.

Roslin lo fissò. “Roslin Tully” lo corresse gentilmente, “non voglio più avere nulla a che fare con la mia vecchia famiglia. Ma ditemi piuttosto, cosa vi porta fino a qui e dove siete diretti?”

“Dobbiamo tornare alla Barriera” intervenne Gilly, “Sam è nei Guardiani della Notte.”

Roslin le sorrise. “Sarà meglio che ne parliate con mio marito” decise. “Venite, vi porterò da lui.”

La seguirono su per la scalinata di pietra e furono ammessi in una stanza spaziosa con un bel camino acceso. Un bambino poco più piccolo di Sam giocava vicino al fuoco. Aveva i capelli scuri arruffati e le guance paffute. Appena li vide entrare lasciò cadere il cavaliere di legno che aveva in mano e corse fra le braccia spalancate di Roslin.

“Mamma!” esclamò, per poi guardare gli intrusi con aria corrucciata. “Chi sono loro?” chiese sulle difensive.

“Ospiti” replicò Roslin mettendo una mano sulla spalla del figlio. Poi si rivolse a Sam e Gilly. “Lui è mio figlio” disse, “Brynden Tully, erede di Delta delle Acque.”

Inaspettatamente Gilly si inginocchiò accanto al piccolo Sam. “Coraggio” disse, “vai a presentarti…” Lei e Roslin si scambiarono un’occhiata d’intesa. Il piccolo Sam, strofinandosi il naso gocciolante, fece un passetto avanti. “Io sono Sam” borbottò.

Brynden alzò un sopracciglio. “Quelli sono tuoi genitori?” chiese guardando curioso Samwell e Gilly.

Il piccolo Sam sembrava confuso. “Beh sì” rispose incerto, ma Gilly scoppiò a ridere. “Io sono sua madre” spiegò più a Roslin che a Brynden, “ma Sam non c’entra nulla.”

Brynden Tully corrugò la fronte. “Hanno lo stesso nome?” Gilly annuì. Il bambino non parve capire.

“Proprio come tu porti il nome del tuo prozio, Bryn” intervenne Roslin. “Ora perché non porti Sam nella tua stanza e non gli fai vedere la tua collezione di spade di legno? Potete anche giocare insieme…”

Gli occhi di Brynden si illuminarono. “Sì!” urlò e prese per mano il piccolo Sam, praticamente trascinandolo fuori dalla stanza. Sam e Gilly risero.

In quel momento un uomo entrò e venne verso di loro. Indossava un fermaglio a forma di trota e Sam capì doveva trattarsi di Edmure Tully. “Pypos mi ha detto che abbiamo ospiti” disse Edmure avvicinandosi, “un certo Samwell Tarly…”

“Sono io, mio signore” si affrettò a presentarsi Sam, “e lei è Gilly, una mia amica. Veniamo dalla Cittadella e io sono un confratello dei Guardiani della Notte.”

Edmure sorrise. “Nessun Guardiano della Notte sarà mai scacciato da questo castello” disse in tono caloroso, “potrete rimanere quanto vorrete: so quanto può essere difficile viaggiare con questo terribile inverno.”

“Ti ringraziamo per la tua ospitalità” disse Sam sollevato, “chiederemmo solo di curare il raffreddore del figlio di Gilly, non vorremmo peggiorasse.”

Edmure annuì. “Dirò a maestro Vyman di dare un occhiata al bambino” promise, “ma raccontatemi di più…” Fece loro cenno di sedersi sulle sedie coperte di cuscini e lui prese posto accanto a Roslin. “Tu se vuoi puoi andare” le disse Edmure.

“Posso restare?” chiese Roslin con finta voce implorante ed Edmure rise. “Certo, mia signora” disse in tono scherzoso e poi si voltò verso Sam e Gilly. “Allora?” chiese “Che cosa avete da raccontare?”

Sam aprì la bocca per parlare, ma Gilly lo precedette. “Nell’Altopiano c’è la guerra, mio signore” disse, “siamo dovuti fuggire da Vecchia Città perché non era più un posto sicuro…” Sam fu colpito dalla capacità di Gilly di mentire. In realtà non è neanche poi tanto una bugia, rifletté, la Cittadella non era più un posto sicuro, ma non certo per la guerra.

“Sono vere le voci?” chiese Roslin “L’esercito di Daenerys Targaryen ha davvero sconfitto i Lannister?” Sam e Gilly annuirono.

“E’ solo questione di tempo” assicurò Edmure, “e Cersei vedrà il suo regno crollare.”

“Tu hai giurato fedeltà al Nord, vero lord Edmure?” chiese Sam ricordando le parole pompose di Vyktor.

Edmure Tully annuì. “Mia nipote Sansa Stark è lady di Grande Inverno” rispose, poi sospirò. “Siete diretti là?” chiese in tono piuttosto strano.

“Credo ci passeremo” replicò Sam.

“Allora quando arrivate vi prego di mandarmi un corvo dicendomi cosa diamine sta succedendo lassù” continuò lord Edmure. “Sono quasi due settimane che non riceviamo notizie: l’ultima lettera che ho ricevuto dal Re del Nord diceva di aver accettato la mia alleanza, ma poi più nulla.”

“Abbiamo sentito voci su Cavalieri della Valle accampati al Moat Cailin” disse Roslin mentre Edmure le circondava le spalle con un braccio, “e su guai nel Nord… Siamo abbastanza preoccupati.”

Sam si chiedeva cosa potesse essere successo. “So solo che Jon Snow è andato a Roccia del Drago” disse abbassando la voce, “da allora non ricevo notizie neanch’io.”

Edmure sembrava sorpreso. “Conosci il Re del Nord?” chiese curioso “A dire la verità io non l’ho mai conosciuto, ma mia nipote Sansa mi ha parlato tanto bene di lui da farmi quasi dimenticare non sia figlio di mia sorella Catelyn…”

“Eravamo amici alla Barriera” disse Sam, “abbiamo combattuto insieme gli…”

“Estranei” lo anticipò Edmure, “lo sappiamo, la lady ce l’ha detto.”

Sam si interruppe. "a lady?"

“Ci ha mostrato come leggere i segni nel fuoco” stava raccontanto Roslin, “ma io non ho visto nulla…”

Sam iniziava a farsi un’idea. “Melisandre?” chiese incredulo “La Donna Rossa?”

Edmure e la moglie annuirono. “Ci ha detto che dobbiamo essere pronti” proseguì il lord di Delta delle Acque, “che presto l’esercito dei morti arriverà. Ci ha detto di non sacrificare soldati per guerre inutili.”

Sam si alzò in piedi e Gilly lo seguì con lo sguardo. “Posso incontrarla?” chiese ansioso.

Edmure sembrava sorpreso. “Ma certo” rispose mascherando solo in parte la sua esitazione, “ti porto subito da lei.”

Sam annuì, poi si voltò verso Gilly, che era rimasta seduta. “Tu resta con lady Roslin” disse, “io torno subito.” Gilly annuì e Sam seguì Edmure fuori dalla stanza. Passarono davanti a altre sale, tutte riscaldate dall’immancabile caminetto, e si fermarono davanti a una porta chiusa. Edmure bussò.

“Avanti.”

Sam rabbrividì quando ricordò quella stessa voce condannare al rogo Mance Rayder. Edmure aprì la porta ed entrambi entrarono.

Melisandre era in piedi davanti alla finestra e dava loro le spalle. “E’ arrivato Samwell Tarly?” chiese senza voltarsi e Sam rimase a bocca aperta. Edmure non disse nulla e si limitò ad uscire, chiudendo la porta. Allora Melisandre si voltò. Aveva i lunghi capelli rosso scuro raccolti sulla schiena, tranne alcune ciocche che incorniciavano il viso.

Sam deglutì. “Come facevi a sapere…”

“Che saresti venuto?” chiese Melisandre “L’ho letto nel fuoco. Ho visto anche che avresti portato una spada rubata e un libro pericoloso.” Melisandre inclinò la testa. “Ho forse sbagliato?” chiese e Sam scosse la testa.

“Bene” replicò la Donna Rossa, “allora fammi vedere questo libro…”

Sam estrasse il grosso tomo dalla borsa che portava sempre con sé. Non l’aveva ancora aperto e non era sicuro di averne voglia.

Sangue e Fuoco” lesse Melisandre sgranando gli occhi, “questo contiene segreti così oscuri…”

Sam ebbe conferma dei suoi peggiori timori. “L’uomo che stava tentando di rubarlo” disse, “diceva di venire dalla Casa del Bianco e del Nero di Braavos…”

“Gli Uomini senza Volto” disse Melisandre, “una setta di assassini che venerano il dio della morte. Noi devoti al Signore della Luce li odiamo più di ogni altra corrente religiosa.”

“Quell’uomo mi ha detto che sono stati loro a causare il Disastro di Valyria” proseguì Sam sforzandosi di ricordare tutto, “che i draghi sono alimentati dalla magia nera di Stygai… Cosa significa?”

“Perché lo chiedi a me?” chiese a sua volta Melisandre “Cosa ti fa pensare che io conosca la risposta?”

“Non la conosci?”

La Donna Rossa sospirò. “Non ho detto questo” replicò, “ma in questi casi la verità risultà, diciamo, volubile. Io posso solo dirti quello che so…”

“Sarà sufficiente” assicurò Sam e Melisandre annuì.

“Le risposte che cerchi sono sepolte nell’orribile storia della Terra delle Ombre” iniziò la sacerdotessa, “dove, migliaia di anni fa, prima del Tempo dell’Alba, esistevano due città: Asshai e Stygai. Asshai si trovava sul mare e aveva un porto, mentre Stygai era nell’entroterra, lì dove la luce è poca e la terra sterile. Entrambe le città prosperavano grazie alla magia dei loro sacerdoti e vivevano in armonia ai confini del mondo, non condividendo i loro segreti con nessuno. Ma la gente di Stygai non era sazia e bramava anche il potere di Asshai. Le due città finirono per iniziare una guerra che durò secoli, della cui esistenza nessuno al di fuori dei loro abitanti era al corrente. Utilizzarono le loro arti magiche nel tentativo di sopraffarsi a vicenda, ma gli stregoni di Stygai andarono troppo oltre. Il potere che fecero scaturire distrusse la loro città e causò una pericolosa avanzata dell’ombra in quelle terre. Asshai ne uscì completamente cambiata e da quel momento è stata immersa nelle arti oscure. La sua terra è stata maledetta e da allora non nacquero più bambini…”

“Ma com’è possibile!” esclamò esterrefatto Sam “La sua gente dovrebbe essersi estinta migliaia di anni fa se fosse vero…”

Melisandre scosse la testa tristemente e toccò il grosso rubino che portava sempre al collo. “I rubini sono pietre intrise di potere” spiegò, “riescono a celare il vero aspetto di una persona agli occhi degli altri.”

“Quindi” disse Sam stentando a crederci, “mi stai dicendo che tu in realtà hai centinaia di anni e che se ti togliessi quella collana appariresti vecchia?”

Melisandre annuì e Sam sentì il bisogno di sedersi. “Per i Sette Inferi…” riuscì solamente a mormorare.

“Ma non è tutto qui” continuò Melisandre, “la fine di Stygai e la forza che ne scaturì portarono la magia in questo mondo, tutta la magia, e provocarono la nascita dei draghi.”

“Cosa?!”

“E’ così” insistette Melisandre iniziando a camminare, “essi nacquero dalle Quattordici Fiamme di quella che sarebbe diventata Valyria, furono dotati di ali e fuoco, ma non rimasero tutti a Essos. Molti raggiunsero Sothoryos e persero la loro capacità di sputare fuoco a favore di zanne velenifere. Trascorrendo sempre più ore nelle grotte buie i loro occhi cambiarono e i loro corpi divennero simili a serpenti. Adesso vengono chiamati viverne.”

Sam era rimasto a bocca aperta e non aveva intenzione di chiuderla.

“Altri invece volarono verso il Mare dei Brividi” proseguì lentamente Melisandre, “e con il passare dei secoli raggiunsero dimensioni spaventose e iniziarono a soffiare freddo. Adesso vengono chiamati Draghi di Ghiaccio.”

“Non è possibile” intervenne Sam, “i Draghi di Ghiaccio non esistono.”

“Forse ora non più” concesse Melisandre, “ma un tempo dominavano le Lande dell’Eterno Inverno.” La Donna Rossa andò verso il braciere. “Altri ancora si immersero nei mari” continuò, “e svilupparono zampe palmate e branchie come i pesci. Adesso vengono chiamati Draghi Marini, probabilmente estinti anche loro.”

Melisandre guardò Sam negli occhi. “Infine” disse a bassa voce, “molti secoli prima dell’arrivo dei Primi Uomini, i draghi giunsero a Westeros.”

Sam ormai aveva rinunciato a tentare di mascherare l’incredulità. “E perché i Primi Uomini non ne hanno trovato traccia?”

“La magia non aveva solamente creato i draghi” spiegò Melisandre, “aveva anche rafforzato le creature già esistenti, gli stregoni, i giganti e soprattutto i Figli della Foresta. Questi ultimi temevano i draghi per la loro indole indomabile, ma riuscirono con la loro magia a trasformare il loro fuoco in armi.”

“Il Vetro di Drago” concluse Sam. “E che cosa successe ai draghi arrivati a Westeros?” chiese aggrottando le sopracciglia.

“Nessuno sembrava in grado di sottometterli” disse la Donna Rossa, “così i Figli della Foresta li sterminarono, salvando così i loro alberi-diga, e la maggior parte del Vetro di Drago venne nascosto sull’isola oggi nota come Roccia del Drago.” Sam era rimasto semiparalizzato da tutte quelle rivelazioni. Stava cercando le parole per esprimere le proprie emozioni, quando Melisandre venne verso di lui.

“Ti ho detto tutto quello che ho appreso, nonostante alcune cose possano non corrispondere al vero, ma ora mi devi ascoltare: gli Estranei sono più vicini di quanto immaginiamo, ma Jon Snow non è ancora pronto per diventare il Principe che fu Promesso.”

“Come fai a sapere che è davvero lui?” chiese Sam incerto e spaventato allo stesso tempo.

“L’ho visto tornare dal regno dei morti” disse Melisandre e Sam sussultò, “l’ho visto liberare Grande Inverno proprio come le mie visioni mi avevano suggerito e quando guardo nel fuoco chiedendo al Signore di mostrarmi Azor Ahai…” Melisandre fece una pausa e spostò lo sguardo sul braciere. “Vedo solo neve” concluse in un sussurro.

Sam la fissava strabiliato, poi si ricordò di una cosa. “Ho letto alcuni libri sull’argomento” disse, “e ricordo perfettamente la profezia riguardo ad Azor Ahai: egli deve avere sangue del drago. Jon non può essere il Principe che fu Promesso.”

“Forse sua madre aveva il sangue di Valyria.”

Quella frase fece scattare qualcosa nella mente di Sam. Improvvisamente tutti i tasselli di quel quadro fino a un secondo prima confuso tornarono ai loro posti e la risposta apparve chiara. Sam fu colpito da un’ondata di stupore e lasciò cadere a terra La Morte dei Draghi.

Melisandre si chinò subito a raccoglierlo. “Che fai, sei impazzito?!” chiese acida “Ne esiste un’unica copia…”

Ma la mente di Sam era altrove. Ma certo, pensò ormai pienamente cosciente. Come ha potuto l’arcimaestro Ebrose essere così cieco tutti questi anni? Visenya Targaryen non esisteva, non era mai esistita. Ned Stark era stato l’ultimo a vedere sua sorella Lyanna ancora viva ed era tornato in seguito nel Nord portando con sé un bambino che diceva essere il suo figlio bastardo. Lo voleva proteggere da Robert Baratheon, realizzò Sam senza fiato. Tutti quegli anni a fingere di aver disonorato sua moglie…

Melisandre lo guardava interdetta. “Ti senti bene, Tarly?” chiese facendo un passo avanti.

Sam doveva ancora riprendersi dall’iperventilazione. “Jon Snow è figlio di Rhaegar Targaryen e Lyanna Stark.”

La Donna Rossa si immobilizzò. “Cosa hai…?”

Sam non le diede modo di terminare la frase. “Devo andare” disse correndo verso la porta. Senza lasciare tempo a Melisandre di controbattere, si era già messo a correre verso la stanza di prima. Spalancò la porta e si precipitò dentro. Roslin e Gilly stavano chiacchierando, mentre il piccolo Sam e Brynden giocavano sul tappeto con cavallini di stoffa.

Gilly gli sorrise. “Sam” lo salutò, “stavamo giusto dicendo…”

“Dobbiamo partire” la interruppe Sam, “subito.”

Il sorriso di Gilly svanì. “Come subito?” chiese senza capire “Il piccolo sta ancora male…”

Sam sospirò. “E’ urgente” insistette, “dobbiamo tornare nel Nord.” Gilly scosse la testa.

“Gilly…”

“NO!” urlò lei “Non puoi rovinare tutto, finalmente stavamo bene qui…”

“Allora rimanete a Delta delle Acque” suggerì Sam, “sarete al sicuro…”

Gilly si alzò in piedi. “Pensi di abbandonarci?” chiese con bassa voce minacciosa “Noi veniamo con te.”

“L’hai detto tu che è pericoloso per il piccolo” le ricordò Sam.

“Se posso intromettermi” intervenne Roslin con voce conciliante, “potete lasciare il bambino qui: sembra diventato amico di Brynden. Non correrebbe pericoli ed avete la mia parola: lo tratterei come fosse mio figlio.”

Sam guardò Gilly, che era sbiancata. “E’ la scelta migliore” le disse con gentilezza, “ma se vuoi puoi restare con lui.”

Gilly scosse il capo. “Io verrò con te” decise, “ma non metterò in pericolo la vita di mio figlio.”

Raggiunse il piccolo Sam e lo abbracciò forte, dandogli un bacio sulla fronte. “Noi stiamo partendo” gli disse, “e tu resterai qui insieme a Brynden e lady Roslin. Voglio che ti comporti bene…”

“Quando torneraiii?” 

“Presto” promise Gilly con un sorriso. Poi andò da Roslin e la baciò su entrambe le guance. “Grazie per quello che hai fatto per noi” disse, “ti siamo debitori. Saluta tuo marito da parte nostra.”

“E’ stato un piacere” disse Roslin. Poi le sue sopracciglia si unirono verso l’alto. “Partite ora?” chiese con un velo di tristezza e Gilly annuì. Sam andò a salutare il piccolo e rese omaggio alla lady di Delta delle Acque. Poi lui e Gilly si diressero verso l’uscita, dopo che Roslin aveva assicurato loro che avrebbero trovato il ponte levatoio abbassato.

All’ultimo Sam si voltò a guardare il bambino che si erano lasciati alle spalle. E’ più al sicuro qui, continuava a ripetersi. Gli Estranei presto attaccheranno il Nord. Prima o poi però, se non fossero stati fermati, avrebbero distrutto l’intero Continente Occidentale.

Quando Gilly uscì dalle stalle tirandosi dietro un riposato Snowfall, Sam sorrise. Salirono insieme sul carretto e solo allora Sam si accorse di aver dimenticato La Morte dei Draghi. Realizzò quanto poco gliene importasse e scrollò le spalle. Il ponte levatoio calò e Sam e Gilly furono di nuovo fuori nella tormenta.

“Allora?” chiese Gilly nuovamente sorridente “Cos’è tutta questa fretta?”

Sam la strinse a sé. “C’è una cosa che Jon deve sapere” disse solamente mentre il portone veniva di nuovo chiuso alle loro spalle. Davanti c’era solamente neve.

 

Jon

 

Duskendale era la città con le più alte mura Jon avesse mai visto. Non che in effetti ne avesse visitate tante… Il suo castello era a picco sul mare, con torri slanciate verso il cielo, e il porto riparato da alberi alti. Il popolo aveva accolto le navi di Daenerys correndo e agitando le braccia. La Raggio di Luce era stata ormeggiata e Jon era saltato a terra. La gente della città sembrava così entusiasta.

Jon sapeva che erano molti anni che Duskendale non era più governata da nessun lord, in seguito alla fallita ribellione di Denys Darklyn. Il Re Folle aveva punito severamente i traditori passandoli a fil di spada e causando l’estinzione di casa Darklyn e Hollard. Era la stessa politica che Tywin Lannister aveva portato avanti contro i Reyne di Castamere. E la stessa che noi abbiamo utlizzato ponendo fine ai Bolton, realizzò Jon, ma non si sentiva minimamente in colpa.

Vide scendere dalla nave anche Theon, Missandei, Tyene e Benjameen, che lo raggiunsero subito. Benjameen corse a dare disposizioni per i soldati di Dorne, mentre Missandei andò a parlare con coloro che venivano loro incontro. Alla fine anche Daenerys scese dalla nave, tenendo per mano Jorah Mormont. Jon sapeva che il cavaliere era stato ferito durante la Battaglia delle Cinque Torri mentre tentava di salvare la vita della sua regina e ciò aveva fugato ogni dubbio rimasto riguardo dove giacesse la lealtà di ser Jorah.

Jon alzò lo sguardo ed incontrò quello di Daenerys. Si affrettò a distoglierlo. Dopo quel pomeriggio sulla nave durante il quale si erano lasciati andare, Jon provava una forte vergogna. Come era successo con Ygritte, non riusciva a capacitarsi di aver alla fine ceduto. Certo, ora la situazione era diversa e non esistevano voti di castità da rispettare o guerre fra popoli che duravano da secoli, ma Jon conservava sempre i suoi valori, o almeno ci provava. Eppure, quando Daenerys gli si era avvicinata seducente, non era stato capace di resistere. Continuava a ripetersi che presto l’avrebbe sposata e che era normale lei desiderasse degli eredi. Il solo pensiero gli faceva girare la testa. Jon ormai tentava solamente di evitarla, per quanto possibile.

I castellani di Duskendale resero omaggio a Daenerys e il suo corteo, offrendo ospitalità e doni. Era la prima volta che Jon vedeva Daenerys alle prese con il popolo e il suo ruolo di regina ed era curioso. Daenerys sembrava perfettamente a suo agio e sollevava la mano per salutare la folla sorridendo. “Accetto il vostro cortese invito” disse ai castellani. “Spero di essere degna della vostra fiducia.” Jon era sorpreso nessuno avesse accennato al fatto che proprio il folle padre di Daenerys avesse causato il declino della città. Forse hanno davvero capito che Cersei sarà la rovina dei Sette Regni, pensò seguendo gli altri lungo la scalinata per il castello.

Jon non aveva mai conosciuto Cersei. L’aveva scorta durante la visita di re Robert a Grande Inverno molti anni prima e gli era sembrata piuttosto altezzosa, ma non la conosceva. Sansa però gliene aveva parlato a lungo, descrivendo l’ossessione di Cersei per il potere e la sua malvagità. Jon sapeva che c’era Cersei dietro la decapitazione di suo padre e, probabilmente, anche dietro alla caduta di Bran giù dalla torre. Il desiderio di vendetta era straordinariamente attraente, ma lui continuava a imporsi di rimanere lucido e concentrato sul reale obbiettivo.

Arrivati alle porte del castello di Duskendale, Jon si voltò verso il porto. Da lassù le navi sembravano molto più piccole e il mare assumeva tutte le colorazioni del verde e dell’azzurro. Entrarono nel palazzo e furono mostrate loro le stanze degli ospiti. Il castello era spoglio e cupo, progettato pensando più ai suoi scopi difensivi piuttosto che alle comodità. Le camere erano piccole e umide, chiaramente non usate da molto tempo. Daenerys ringraziò i castellani, i quali si dichiararono pronti a fornirle tutto ciò di cui aveva bisogno.

Quando se ne furono andati, Daenerys tornò a rivolgersi ai suoi alleati. “Venite” li incitò, “abbiamo molto di cui discutere.”

Jon e gli altri la seguirono nella stanza più grande, dove trovarono delle poltrone che si rivelarono dure come il resto del castello. Dany si sedette aggraziata e accavallò le gambe. All’appello mancavano solo Benjameen e Jorah.

“Dunque” iniziò Daenerys, “intanto voglio annunciarvi che, in assenza di Tyrion, a fare le veci di Primo Cavaliere sarà Missandei.”

Missandei parve sopresa. “Vostra grazia” obbiettò, “non credo una donna sia mai stata Primo Cavaliere…”

“C’è sempre una prima volta.”

“Ma io non conosco Westeros, vostra grazia.”

“Neanch’io” osservò Dany, “quindi tu capirai la mia situazione meglio di chiunque altro.” Missandei la guardò per un paio di secondi, poi annuì.

“Come ben saprete Cersei tiene Approdo del Re” continuò Daenerys, “e il popolo sta soffrendo. E’ consigliata da suo fratello Jaime, colpevole di aver assassinato mio padre, e da Gregor Clegane, che uccise i figli bambini ela moglie di mio fratello Rhaegar come fossero bestie. Tutti loro pagheranno per quello che hanno fatto alla mia famiglia e ai Sette Regni, ma non è ancora giunto il momento di attaccare.”

In quel momento la porta sbatté ed entro Benjameen Sand. “Mi sono perso qualcosa?” chiese in tono allegro. Daenerys scosse la testa e Benjameen andò a sedersi accanto a Tyene, afferrando un frutto dal cesto sul tavolino e addentandolo.

“Stavo appunto dicendo” proseguì Daenerys, “che abbiamo bisogno di alleati.”

“Non ne abbiamo già abbastanza?” chiese Benjameen inarcandò le sopracciglia.

“Gli alleati non sono mai abbastanza” gli ricordò Dany, “e poi in questo momento molti sono impegnati in altre missioni. Dovremo riuscire a prendere la capitale versando meno sangue possibile…”

“I nostri soldati dorniani saranno sufficienti” intervenne Tyene, “non si daranno al saccheggio se così ordinerai.”

“Dobbiamo cercare alleati nelle Terre della Corona” insistette Daenerys, “o potrebbero vederci come invasori e passare dalla parte di Cersei.” Tyene e Benjameen si guardarono, poi spostarono nuovamente lo sguardo sulla loro regina e annuirono.

Daenerys si alzò in piedi. “Ho studiato bene le casate di questa zona” iniziò, “e credo che valga la pena fare qualche tentativo…” Aprì una cartina e indicò due punti. “Benjameen tu andrai a parlare a Rosby con lord Gyles” disse, “mentre Tyene prenderà la Sabbia di Sogno ed andrà a Stokeworth a parlare con lady Tanda.”

“Cosa?” esclamò Benjameen “Perché invii proprio noi? Veniamo da Dorne e non conosciamo questa gente, molti ci odiano…”

“Voi due siete i comandanti dell’esercito di Dorne” spiegò Daenerys, “e i vostri soldati sono gli unici che in questo momento possono combattere. Verrete accompagnati da una scorta e inviterete i lord a venire a Duskendale con il loro esercito per parlare con me.”

Benjameen non sembrava convinto. “Gli Stokeworth e i Rosby insieme non hanno più di tremila uomini” osservò, “il loro appoggio alla nostra causa è superfluo.”

“Ma il loro eventuale appoggio alla causa di Cersei non lo sarebbe” ribatté Daenerys. “Cosa pensi accadrà se, mentre i tuoi uomini stanno assediando Approdo del Re, venissero attaccati alle spalle dagli eserciti di Rosby e Stokeworth? Quelle morti sono superflue.” Benjameen chinò il capo.

Dany si rivolse a Theon. “Theon, il tuo contributo alla Battaglia delle Cinque Torri è stato vitale” disse con un sorriso, “così ho deciso di nominarti maestro della flotta. Quando siederò sul Trono di Spade farai parte del mio Concilio Ristretto.”

Jon sbirciò la reazione di Theon. Sembrava genuinamente esterrefatto. Jon non aveva perdonato Theon, più che altro tollerava la sua esistenza e provava pena per lui, ma dovette dar ragione a Daenerys. Senza di Theon gli Uomini di Ferro di Euron avrebbero preso la Torre delle Conchiglie, pensò, e probabilmente avremmo perso.

Theon stava ancora tentando di parlare. “Vostra grazia, non merito tale onore...”

Daenerys rise. “Certo che lo meriti” tagliò corto, “accetti?” Theon annuì e sorrise.

“Bene” disse Daenerys, “allora tu ti occuperai di preparare la flotta per l’assedio. Resterai a Duskendale e lavorerai al porto.”

“Come vuoi, vostra grazia” disse Theon e Jon sentì che il suo tono celava la gioia.

“Missandei” chiamò poi la regina, “tu scriverai una lettera a Garth Hightower, comandante della guarnigione Tyrell, e gli dirai di portare i suoi uomini e i Dothraki di Rakandro alle porte di Duskendale. Quando saranno arrivati e avremo ricevuto notizie da Tyrion, Yara e Gendry, potremo procedere all’assedio.”

Missandei annuì. “Dove la devo indirizzare?”

Daenerys parve riflettere. “Ad Alto Giardino” rispose poi, “qualcuno sicuramente sarà rimasto e potrà farla recapitare a Garth.” Missandei annuì di nuovo.

“Jon” disse quindi Daenerys e Jon si voltò a guardarla, “è ora di mettere alla prova la nostra alleanza: il Nord deve fare la sua parte.”

Jon si morse il labbro. “Daenerys, te l’ho già detto” le ricordò, “sono pronto ad offrirti tutto il mio supporto, ho combattuto per te, ma i miei uomini non possono scendere così a sud: gli Estranei sono più vicini ogni giorno che passa e l’inverno rende l’Incollatura molto pericolosa da superare.” Daenerys lo fissò e Jon pensò stesse per arrabbiarsi. Invece sorrise. Forse finalmente ha capito, si disse Jon e la tensione lo abbandonò.

“Capisco” disse Dany, “non richiederò il supporto del Nord, ma tu sei alleato della Valle e delle Terre dei Fiumi.”

Jon sussultò: l’idea di coinvolgere Baelish in una guerra a sud non lo entusiasmava per niente. “I Cavalieri della Valle sono rimasti nel Nord” osservò, “ma forse Edmure Tully potrebbe sostenerti. Io non imporrò nulla: sarai tu a scrivergli e a chiedergli di inviare le sue truppe. Non aspettarti però molti uomini: casa Tully è stata una delle più colpite dalla Guerra dei Cinque Re.” Così come casa Stark, non poté far a meno di pensare.

Dany annuì. “Bene” disse, “scriverò io stessa a lord Edmure e gli chiederò di abbracciare la mia causa.” Si diresse verso la porta e tutti si alzarono. “La riunione è finita” annunciò, “Tyene e Benjameen partiranno oggi pomeriggio, mentre gli altri hanno tutti i loro doveri qui.”

“Cosa intendi fare con i draghi, vostra grazia?” chiese allora Missndei.

Daenerys si immobilizzò, la mano ferma sulla maniglia. Si girò nuovamente verso di loro. “Ora che siamo in una grande città non possono rimanere liberi” disse in tono mesto, “specialmente dopo quello che è successo alla Roccia del Drago. Li rinchiuderò io stessa nei sotterranei del castello. Potete andare.” Daenerys lasciò per prima la stanza e corse via. Tyene e Benjameen tornarono nelle loro stanze, mentre Theon scese al porto. Missandei invece salì alla corvaia per cercare un corvo adatto a inviare la lettera.

Rimasto solo, Jon si chiese cosa potesse fare. Era piuttosto strano avere del tempo libero. Così decise di approfittarne per farsi un bagno e cercò le stanza delle vasche. Quando finalmente la trovò, aprì la porta di scatto. Quasi fece un salto indietro quando vide che dentro c’era già Jorah. Il cavaliere era seduto sul bordo di una vasca ed era a petto nudo. Stringeva nella mano destra una spugna e se la strofinava con veemenza sul corpo. Appena sentì Jon entrare, alzò la testa e si coprì il braccio sinistro, ma ormai il danno era fatto. Jon aveva visto il segni del Morbo Grigio sulla sua pelle.

“Perché sei qui?” chiese Jorah in tono aspro “Vattene.”

Jon invece entrò e chiuse la porta alle sue spalle. “Daenerys mi aveva detto che avevi trovato un cura” disse avvicinandosi, “ma se fosse così la pelle sarebbe tornata al suo colore naturale, non sarebbe diventata nera.”

“E’ un caso diverso” borbottò Jorah, “ma sono guarito.”

“La figlia di Stannis Baratheon, Shireen, era stata curata da piccola dal Morbo Grigio” continuò Jon, “ma la sua cicatrice non era come la tua. La sua, nonostante tutto, sembrava pelle, la tua sembra roccia.” Jorah sospirò e sembrò accasciarsi.

“Non ti sei mai curato” mormorò Jon, colpito da un gesto tanto temerario: avrebbe potuto contaminare altre persone, anche senza volerlo.

“Non è così” disse Jorah, “è solo più complicato.” Jon si sedette accanto a lui, invitandolo con lo sguardo a continuare.

“Ho viaggiato per il Continente Orientale alla ricerca di una cura” raccontò Jorah con amarezza, “ma ovunque mi dicevano che la malattia mi stava consumando e che mi sarei dovuto rassegnare. Poi incontrai una donna che avevo già visto a Qarth. Portava una maschera sul volto e diceva di chiamarsi Quaithe. Mi offrì un patto: avrebbe potuto trattare la pelle infetta e bloccare la malattia, in modo che non potessi più rischiare di trasmetterla ad altri, ma ciò avrebbe accelerato il decadimento dell’infezione. Mi disse che se avessi accettato il Morbo Grigio non mi avrebbe ucciso in dieci anni o più, ma in massimo tre lune.”

Jon era incredulo. “E tu hai accettato?”

Jorah annuì. “Desideravo solo una cosa” disse con un sorriso da sognatore, “poter essere al fianco di Daenerys quando avrebbe conquistato i Sette Regni. In questo modo potrò spendere il resto dei miei giorni con lei, senza rappresentare un rischio per qualcuno.”

Jon si sentì oppresso da un indicibile tristezza. “Quanto ti resta?” chiese a bassa voce.

“Poche settimane ormai” rispose Jorah, “ma saranno sufficienti.”

“Daenerys non ne sa niente.”

Jorah scosse la testa. “Non volevo che fosse influenzata da questo” spiegò, “volevo mi trattasse come ha sempre fatto e che non fosse in pena per me. Maestro Pylos ovviamente ha capito subito la situazione, ma è un brav’uomo e ha accettato di aiutarmi a mantenere il segreto: tu sei il primo dopo di lui a scoprirlo.”

“Se non vuoi” disse Jon, “non lo dirò a Daenerys.” Poi non poté trattenere la curiosità. “Mi ha detto che tu l’hai tradita” disse ricordando le parole di Daenerys dopo quel pomeriggio di passione.

Jorah lo guardò. “E’ vero” rispose con amarezza, “ma è stato tanto tempo fa.”

“Daenerys ha parlato di una profezia” continuò Jon, “di tradimenti e…”

“Era la profezia degli stregoni di Qarth” lo interruppe Jorah. “Le hanno predetto che dovrà accendere tre fuochi, cavalcare tre destrieri e subire tre tradimenti.”

“Ma ora i tradimenti sono finiti” osservò Jon, “o almeno lei sostiene che sia così… La strega che le ha ucciso suo figlio era il tradimento per sangue, mentre tu l’hai tradita per oro e…”

“Io non l’ho tradita per oro!” esclamò Jorah indignato “Volevo solamente ottenere il perdono reale e poter tornare a casa… Ascoltami: quella era solo una stupida profezia e non tutte le profezie si avverano. Sai che cosa le avevano anche predetto quando ancora viveva con i Dothraki? Che suo figlio sarebbe diventato lo Stallone che Monta il Mondo, che avrebbe unito tutti i khalasar sotto il suo vessillo. E prima ancora, suo fratello Rhaegar era ossessionato dall’idea del drago che doveva avere tre teste ed era convinto che suo figlio sarebbe stato il Principe che fu Promesso. E che cosa è successo? Rhaego e il principe Aegon sono stati uccisi e le profezie non si sono avverate. Non è bene che Daenerys perda il sonno a casua di queste sciocchezze.” Jon lo stava fissando, le mani sulle ginocchia e il busto in avanti.

Jorah fece una breve pausa. “Daenerys mi ha detto tutto, sai” disse senza guardarlo, “della vostra alleanza, del vostro imminente matrimonio…”

Jon si sentì all’improvviso estremamente a disagio. Trovarsi nella stessa stanza di un uomo prossimo alla morte e così follemente innamorato non sembrava più una scelta saggia.

“Tu la ami?” chiese Jorah tornando a guardarlo.

Jon deglutì un paio di volte. Una parte di lui avrebbe voluto scoppiare a ridere, tergiversare, dire che sposava Daenerys solamente per senso del dovere e per spirito di sacrificio. Forse le ragioni che l’avevano spinto in principio ad accettare il patto offertogli da Daenerys erano davvero mosse da sentimenti del genere, ma ora la situazione era cambiata e Jon non riusciva bene a capire quanto. Una parte di lui gli urlava di star tradendo Ygritte e la sua casata, ma le emozioni alla fine furono quelle che ebbero la meglio.

“Sto imparando a farlo.”

Jorah annuì. “Lei ti ama?” chiese in tono indecifrabile.

“Così dice” rispose Jon sulle difensive. Jorah si alzò in piedi e Jon fece altrettanto.

“Bene” disse il cavaliere, “vi auguro di essere felici.” Gli tese la mano e Jon la prese esitante. La stretta di Jorah era ferrea e faceva scricchiolare le dita. Jon strinse le labbra.

“Trattala con onore, Jon Snow” sussurrò Jorah con voce velatamente minacciosa, “come merita una regina e rendila felice.”

Lasciò andare la mano e Jon dovette combattere l’impulso di ritrarsi. Invece rimase a fissare Jorah negli occhi.

“Lo farò.”

Jorah annuì. Si infilò la camicia che aveva lasciato sul pavimento e coprì con cura il braccio infetto. Fece per uscire, poi si voltò. “Altrimenti ti strapperà il cuore” disse con un ghigno, “e lo darà in pasto ai suoi draghi.”

La porta sbatté di nuovo e Jon rimase solo con il suo turbamento.

 

Davos

 

Sembrava passato così tanto tempo da quando aveva lasciato Porto Bianco per recarsi di nascosto alla Roccia del Drago con Brienne ed era strano ritornarci. Davos contava che gli Uomini di Ferro lasciati da Euron Greyjoy sarebbero stati colti di sorpresa e si augurava la liberazione non avrebbe richiesto troppo tempo. Via via che la Furia Grigia sia avvicinava alla costa si potevano scorgere i resti di quella che era stata la piccola flotta del Nord. Davos era certo fra quei relitti ci fossero anche le navi di Stannis. E’ stato bruciato tutto, si disse ricordando il racconto di Theon. Le banchine erano deserte e dalla città non provenivano rumori.

Gendry era particolarmente nervoso. “Cosa dobbiamo fare?” chiese in tono falsamente tranquillo.

“Per prima cosa stare calmi” scherzò Davos, “e ricordare il piano.”

“Abbiamo un piano?” chiese sorpreso Gendry.

Davos capì che stava entrando nel panico. “Te l’ha spiegato ser Andrew prima.”

Gendry sospirò. “Non posso guidare un assedio” mormorò, “non so come fare!”

“Non sarà un assedio se siamo fortunati” replicò Davos, “probabilmente si arrenderanno.”

“E se non lo facessero?” insistette Gendry “se decidessero di combattere?”

“Allora lascerai il comando a tuo zio Eldon” disse Davos, “e resterai nelle retrovie al sicuro.”

Gendry sollevò il capo. “Ma un buon capo guida il proprio esercito” fece notare con amarezza, “non si nasconde come un codardo…”

Davos rise. “Sì e in teoria i sovrani dovrebbero seguire i loro sudditi in battaglia” disse, “eppure Daenerys non è qui.” Gli passò un braccio intorno alle spalle. “Andrà tutto bene” lo rassicurò, “gli Uomini di Ferro non saranno più di mille: li superiamo dieci a uno.”

Gendry parve rilassarsi e Davos si alzò dalla scomoda panca di legno sul ponte della nave. “Guarda” disse, “siamo arrivati.” Nel porto c’erano solamente una cinquantina di navi della Flotta di Ferro, perciò le imbarcazioni della Tempesta non riscontrarono difficoltà nel legare gli ormeggi. Gendry fu raggiunto sul pontile da Andrew ed Eldon Estermont e subito dopo da Lester Mirrigen e Monterys Velaryon. Il bambino era avvolto da un mantello blu notte con un piccolo fermaglio a forma di cavalluccio marino ed aveva un’espressione corrucciata che gli donava almeno un paio di anni. A Davos ricordò incredibilmente la piccola Lyanna Mormont. Tutti insieme si diressero verso le case bianche della città. Le strade erano silenziose.

“Dove sono finiti tutti?” chiese Andrew stupito. Davos non voleva subito pensare al peggio.

“Forse sono scappati” suggerì Gendry incerto. Si avvicinava sempre più al bianco castello dei Manderly e Davos sentiva l’ansia crescere a ogni passo. Finalmente raggiunsero le mura. Eldon diede ordini ai soldati di disporsi su tre file e di stare pronti. Gli arcieri avevano già gli archi tesi e la mano di Davos scivolò istintivamente su Giuramento. Per qualche istante non successe nulla. Poi sulle mura comparvero degli uomini.

“Chi siete?” gridò una guardia dalla voce profonda. Davos stava per dire qualcosa, ma Gendry fece un passo avanti.

“Sono Gendry Baratheon, lord di Capo Tempesta e alleato di Daenerys Targaryen. Questa città appartiene al Re del Nord: vi chiedo di arrendervi e di consegnare il cancello.”

La sentinella scoppiò in una squallida risata. “E perché mai dovremmo, ragazzino?”

“Euron Greyjoy è morto” intervenne Davos, “le sue navi ora appartengono alla Madre dei Draghi. Molti Uomini di Ferro alla Roccia del Drago hanno scelto di arrendersi e Daenerys ha permesso loro di ritornare alle proprie isole. Sappiamo che non avete abbastanza uomini, quindi perché ostinarsi a combattere per una causa ormai persa?”

“Abbiamo degli ostaggi” osservò l’uomo sulle mura, “ogni singolo abitante di Porto Bianco morirà prima che i vostri soldati riescano a prendere il castello.”

Era successo esattamente ciò che avevano tanto temuto. Davos strinse le labbra e Gendry si voltò verso di lui. “Cosa facciamo?” chiese incerto.

“Dobbiamo prendere quel castello” disse Morrigen, “dobbiamo attaccare, mio signore.”

“Ma causeremmo la morte di centinaia di innocenti” protestò Andrew.

Morrigen lo squadrò dall’alto in basso. “Cosa suggerisci di fare allora?” chiese in tono di sfida.

“Chiediamo di inviare qualcuno a trattare la resa” propose ser Andrew, “così da guadagnare almeno un po’ di tempo: sentiamo cosa hanno da dire e poi decidiamo.” Morrigen non rispose, ma Davos capì che era d’accordo.

Gendry annuì. Si girò nuovamente verso le mura. “Desideriamo discutere i termini della resa del castello” disse, “inviate un vostro rappresentante a dialogare oppure troveremo un modo per far breccia nelle mura.”

La sentinella non rispose e si limitò a scomparire otlre i bastioni. Davos si avvicnò a Gendry e attesero un paio di minuti. Poi il portone si spalancò e venne fuori un uomo con il simbolo dei Greyjoy sull’armatura scortato da quattro soldati. Gendry fece un respiro profondo e andò loro incontro. Si comporta come un vero lord, pensò Davos con ammirazione e lo seguì. Furono presto raggiunti da Andrew Estermont che portava il vessillo dei Baratheon.

“Chi sei?” chiese Gendry rivolto all’uomo accigliato che lo stava fissando.

“Gyles Farwynd” rispose quello sporgendo il mento, “erede di Luce Solitaria e incaricato da re Euron di tenere Porto Bianco.”

“Sai queli erano le intenzioni del tuo re quando ha lasciato questa città?” chiese Davos e Gyles annuì. “A Roccia del Drago è stato versato già abbastanza sangue” proseguì Davos, “non vogliamo che questa questione finisca in un massacro.”

“Vi daremo la possibilità di lasciare il Nord” incalzò Gendry, “avete la mia parola.”

Gyles Farwynd rise. “Due volte un uomo ha fatto questa offerta agli Uomini di Ferro, a Grande Inverno e Moat Cailin” disse a bassa voce, “e due volte il patto non è stato rispettato. I nostri fratelli sono stati passati a fil di spada proprio da coloro che avevano giurato di avere clemenza.”

Gendry parve confuso, ma Davos aveva capito. “E’ stato Ramsay Bolton” osservò, “è stato lui a scuoiare i vostri uomini vivi e a gettarli in pasto ai suoi cani: lord Gendry vi sta offrendo un accordo sincero.”

“E io come faccio sapere che non state mentendo?” chiese Gyles stringendo gli occhi “Che non brucerete le nostre navi appena saremo saliti?”

“Quelli qui che hanno la passione di dare alle fiamme le navi avversarie siete voi” osservò Davos con voce dura. Poi sorrise. “Ma se non volete arrendervi, fate pure” disse con calma. “Noi saremmo stati clementi: lord Gendry e i suoi alfieri non hanno mai avuto nulla a che fare con gli Uomini di Ferro, non stanno cercando alcuna vendetta. Non hanno interesse a vedervi distrutti e neppure Daenerys Targaryen. Dall’altra parte la gente del Nord... Oh sì che avrebbe motivo per sterminarvi tutti, non trovi? Noi possiamo aspettare i rinforzi da Grande Inverno e quando saranno arrivati prenderemo questo castello prima che abbiate la possibilità di impiccare il primo ostaggio. A voi la scelta…” Gendry ed Andrew lo stavano guardando con ammirazione. Davos aveva spudoratamente mentito riguardo al Nord, le cui truppe non si sarebbero mosse da Grande Inverno e dalla Barriera almeno fino al ritorno di Jon, ma sembrava che le sue parole avessero sortito l’effetto sperato.

Gyles si guardava intorno a disagio. Poi si rivolse a Gendry. “Se consegnamo il castello” mormorò, “non romperete la vostra promessa?”

“Non lo faremo” promise in tono solenne Gendry, “lo giuro sulla mia spada.” E la estrasse dal fodero. Davos era sorpreso anche solo dal fatto che avesse una spada. La osservò attentamente e il suo stupore divenne incredulità. E’ acciaio di Valyria, pensò. Dove l’ha trovata?

Gyles annuì, poi fece un cenno verso le guardie ancora sulle mura. Presto il vessillo della piovra fu ammaniato e sui bastioni tornarono a sventolare il tritone dei Manderly e il meta-lupo degli Stark. I vicnitori poterono entrare nel castello, mentre lord Eldon si occupava di condurre gli Uomini di Ferro alle loro navi. Davos si chiedeva se Yara Greyjoy li avrebbe fatti tutti giustiziare ugualmente, ma si rese conto che non era un suo problema.

La popolazione di Porto Bianco fu liberata e tutti riconoscevano Gendry e urlavano il suo nome. Il ragazzo sembrava profondamente emozionato e Davos era felice di vederlo sorridere. Presto poterono prendere posto nella sala dei banchetti e Davos si sedette al fianco di Gendry. “Dove l’hai trovata quella spada?” chiese accennando all’arma.

“Re Jon me l’ha donata” spiegò Gendry, “la notte prima di partire. Mi ha detto che era la spada di Euron Greyjoy e che si chiama Crepuscolo.”

Davos era sorpreso. “E’ acciaio di Valyria.”

Gendry annuì. “Sì, l’aveva già notato” disse estraendo di poco la spada, “so che può uccidere gli Estranei. Ma perché il re l’ha voluta dare proprio a me?”

Davos inarcò le sopracciglia. “Forse voleva fornirti un’arma…” azzardò, ma Gendry scosse la testa. “Sa bene che ho già Tuono, la mia mazza” disse, “mi ha visto combattere sulla nave contro i sicari di Euron… Quindi, perché?”

Davos sopirò. “Doveva pur darla a qualcuno” osservò, “e tutti sanno che io combatto peggio di un bambino.”

“Lo stesso vale per me” ribatté Gendry, “sembra come mi avesse voluto fornire un qualche indizio per capire qualcosa, come volesse che facessi qualcosa…”

Davos lo stava guardando negli occhi. In effetti Jon avrebbe potuto benissimo regalare la spada a Gendry in pieno giorno, poco prima della partenza, e invece aveva scelto la notte, come non volesse essere scoperto. Davos stesso non si era accorto della spada di Gendry fino a non molti minuti prima. “Ricordi cosa ti ha detto esattamente?” chiese avvicinando la sedia.

Gendry ci pensò sopra un attimo. “Mi ha detto sappi che l’acciaio di Valyria uccide gli Estranei” recitò, “in caso di bisogno, usala a Nord.

Davos si grattò il mento: sembrava un messaggio criptico, sempre ammesso fosse davvero un messaggio.

Poi Eldon Estermont arrivò a sedersi accanto a Gendry. “Ci sono notizie sorprendenti, nipote” disse. “Abbiamo ricevuto voci secondo cui il Nord sarebbe sull’orlo di una guerra civile: sembra c’entrino in qualche modo dei ribelli della Valle. Non sappiamo altro, ma il Nord potrebbe non essere più un posto sicuro anche ora che Porto Bianco è liberata.”

Fu allora che Davos capì. Si alzò in piedi, subito imitato da Gendry. “Puoi scusarci un momento, lord Eldon?” chiese ed Estermont chinò il capo e fece ritorno al suo tavolo. Davos si rivolse a Gendry. “Seguimi” gli disse e lo condusse lontano dalla sala, fino in una stanza vuota.

Gendry aveva gli occhi sgranati. “Una rivolta nel Nord?” chiese incerto.

“Non lo sappiamo” osservò con calma Davos, “potrebbero essere, anzi sono probabilmente, delle notizie di qualche giorno fa, prima che gli Uomini di Ferro si ritirassero nel castello per paura delle ritorsioni di Daenerys.” Jon gli aveva accennato ad una certa tensione fra lui e Baelish, ma Davos non aveva mai pensato questa sarebbe potuta sfociare addirittura in una rivolta.

“Ascoltami” disse posando le mani sulle spalle di Gendry, “Jon ha corso un rischio enorme affidantoti quella spada, se fosse scoperto potrebbero accusarlo di tradimento.”

Gendry era esterrefatto. “E’ solo una spada…” mormorò.

Davos scosse la testa. “Jon con quelle parole intenteva dirti di portare il tuo esercito a Nord semmai le cose si fossero messe male” spiegò, “di proteggere la sua famiglia e la sua casa ora che lui non può.” Davos si sentiva un idiota: e lui che aveva pensato Jon avesse abbandonato la causa del Nord!

Gendry sembrava spaventato. “Ma io ho promesso alla regina che avrei riportato i soldati nelle Terre della Corona dopo aver liberato Porto Bianco” disse a bassa voce, “ho giurato fedeltà a lei…”

Davos sorrise. “Non devi fare nulla che tu non voglia” disse in tono rassicurante. “Jon ti ha solo chiesto aiuto, ma allo stesso tempo ti ha esposto a grandi rischi. Io farò come è stato stabilito ed andrò a Grande Inverno e porterò con me il Vetro di Drago, ma tu puoi scegliere.” Gendry sembrava incapace di articolare una frase di senso compiuto.

“Io non voglio vederti in pericolo” disse Davos in tono affettuoso, “ma non posso nemmeno obbligarti ad andare o a tornare indietro. Il Nord è nei guai e sembra non a causa del Re della Notte o degli Estranei, ma per problemi interni. Lady Sansa non ha gli uomini per affrontare una rivolta e il fatto che non abbia avvertito suo fratello mi fa temere il peggio.”

“Il mio esercito farebbe la differenza?” chiese Gendry in un sussurro.

Davos sapeva di dover essere onesto ed annuì. “Non è una decisione da prendere a cuor leggero” mormorò guardando Gendry negli occhi, “appena la regina saprà che le hai voltato le spalle saremo tutti accusati di tradimento.”

“E cosa farà re Jon allora?”

Davos sospirò. “Conosce i rischi” disse con voce grave, “ma se è abbastanza furbo darà la colpa a noi.” Davos era perfettamente certo Jon non l’avrebbe mai fatto, ma non voleva mettere toppo sotto pressione Gendry. Jon ha fatto la sua scelta, si disse capendo che quello era l’unico modo per garantire al Nord protezione nonostante le tante guerre nel Sud.

Gendry stava annuendo. “Tu mi hai salvato la vita da Stannis e dalla Donna Rossa, ser Davos” disse, “e re Jon mi ha portato con sé via da Porto Bianco senza neanche conoscermi e ha avuto fiducia in me. Se ora sento di essere qualcuno, è solo merito vostro. Non vi volterò le spalle, qualcunque sia il prezzo.” Gendry si avviò nuovamente verso la sala dei banchetti e Davos lo seguì. Non poteva credere a quanto quel ragazzo fosse cresciuto in così poco tempo. Appena entrarono Gendry sussurrò qualcosa all’orecchio di ser Andrew, che batté il calice sul tavolo per richiedere silenzio.

“Miei signori” inizò Gendry ad alta voce, “avevamo preso un impegno con Daenerys Targaryen: riportare il nostro esercito ad Approdo del Re, così da poterla aiutare a prendere il Trono di Spade.” Ci furono esclamazioni e borbottii. “Tuttavia” continuò Gendry, “io sono dell’idea che dovremmo cambiare il nostro piano.” La sala iniziò ad agitarsi.

“Il Nord è nei guai” spiegò Gendry, “tutti noi sappiamo che i veri nemici verranno da oltre la Barriera, eppure la regina si rifiuta di inviare uomini a proteggere il Nord, che ora sembra anche precipitato nel caos.”

“Perché dovrebbe interessarci?” chiese Morrigen “Abbiamo giurato fedeltà a Daenerys…” Davos vide Gendry annuire.

“Il Re del Nord è mio amico” disse il ragazzo, “e se sono qui ora, a parlare come vostro signore, lo devo solo a lui e a ser Davos.”

“Questo non lo mettiamo in dubbio, mio signore” intervenne Duram Bar Emmon, “ma non è nostro compito proteggere il regno di qualcun altro.”

“Io non vi chiederò di seguirmi” disse Gendry, “coloro che vorranno potranno portare le proprie navi a Sud, aiutare Daenerys Targaryen e nessuno li fermerà. Ma io andrò a Grande Inverno, insieme a ser Davos e a coloro che vorranno venire, perché è nei momenti di paura e sconforto che ci dobbiamo aiutare l’un l’altro. Jon Snow ha aiutato le Terre della Tempesta a ritrovare la stabilità e ora io tenterò di salvare il suo regno dalla guerra civile. Coloro che verranno con me saranno considerati dalla regina come traditori, voltagabbana e bugiardi, ma avranno modo di aiutare davvero i Sette Regni.”

Davos era davvero colpito dalla bellezza di quel discorso. La semplicità della mente non istruita di Gendry era meravigliosa e gli permetteva di arrivare dritto al punto. I suoi alfieri erano straordinariamente silenziosi.

Poi Andrew si alzò in piedi. “Te l’ho detto, mio signore” disse con un sorriso, “ti seguirò ovunque.” Gendry annuì e Davos vide che era sollevato. “

Hai parlato bene” ammise Morrigen con una smorfia, “un uomo non può rimanere insensibile a un tale discorso… mio signore.” In molti sollevarono il calice in segno di approvazione.

Tutti attendevano il verdetto di Eldon Estermont. “Ritengo sia una decisione avventata” disse l’anziano lord di Pietraverde, “dettata dal furore della gioventù… Ma in fondo, il motto dei Baratheon è Nostra è la furia: cosa potevamo aspettarci dal figlio di re Robert? Noi saremo sempre con te, mio signore.”

Ormai era fatta e nessuno osò scegliere di tornare a Sud. Tutti sembravano entusiasti all’idea di vedere il Nord, come dimenticando che era stato la tomba di Stannis Baratheon e della sua famiglia, e si complimentavano con Gendry per il grande coraggio.

Davos osservava la scena in disparte, guardando Gendry con sguardo fiero. Jon era in trappola a Sud costretto a sposare la regina per salvare il suo popolo, ma loro avrebbero aiutato Sansa a combattere i ribelli, i non-morti e gli Estranei, per il bene del Nord e dei Sette Regni. Quindi sta accadendo davvero, realizzò Davos. Stiamo veramente sfidando Daenerys Targaryen Nata dalla Tempesta? Ci stiamo davvero ribellando al suo volere?

Davos era certo la reginetta non l’avrebbe presa bene, ma, vedendo il sorriso di Gendry e ricordando la tristezza di Jon bloccato così lontano da casa, capì che ciò che pensava Daenerys Madre dei Draghi non gli interessava.

 

Sansa

 

Brienne era arrivata a Grande Inverno due giorni dopo l’esecuzione di Baelish. Quando il suo cavallo, un meraviglioso esemplare di Dorne, era entrato al trotto nel cortile, Sansa si era precipitata fuori dalla sua stanza senza nemmeno finire di intrecciare le ultime ciocche di capelli. Arya le era venuta dietro con un’espressione diffidente sul volto. Sansa non poteva credere Brienne fosse riuscita ad abbandonare Roccia del Drago ed era piuttosto strano avesse impiegato tutto quel tempo a tornare.

Perché Davos non è con lei?

Brienne sembrava raggiante. “Lady Sansa” la salutò chinando appena il capo, “sono dolente di non essere potuta tornare più in fretta, sapevo avevi bisogno di me, ma…”

“Non c’è bisogno di scusarsi” la interruppe gentilmente Sansa, “sono felice sei di nuovo qui. Credo tu abbia già incontrato mia sorella Arya…”

Gli occhi di Brienne divennero enormi quando il suo sguardo si posò su Arya, che aveva fatto un passo avanti. Sembrava rimasta senza parole. “S-sono contenta di vedere che stai bene” balbettò Brienne davvero a disagio. “Mi dispiace di non essere riuscita a proteggerti, mia signora.”

“Chiamami Arya” la invitò lei, “e non è stata colpa tua: sono io che sono fuggita.”

Sansa aveva già ascoltato quella storia. “Mia sorella è andata a Braavos” disse alzando gli occhi al cielo, “ed è stata lei ad uccidere Walder Frey e a liberare nostro zio Edmure. Non credo avesse bisogno della tua protezione.” Ora Brienne era davvero esterrefatta e fissava Arya con espressione quasi spaventata.

“Entriamo dentro” le incitò Sansa per smorzare la tensione crescente, “ci sono tante cose che ci devi raccontare, Brienne.” Diede ordine ai lord e ai vari inservienti di non disturbarle, ma permise a Brienne di salutare il suo scudiero.

Podrick era al settimo cielo. “Mia signora!” esclamò appena la vide “Sono così…”

“Spero le tue abilità nel combattere siano enormemente migliorate” lo interruppe Brienne incrociando le braccia.

Podrick arrossì. “Credo si sì” rispose imbarazzato.

Brienne annuì. “Dopo controlleremo” disse e seguì Sansa ed Arya nella stanza che un tempo era stata di Catelyn. Sansa ricordva come amava giocare accanto al fuoco mentre sua madre ricamava sulla sedia a dondolo. Si sedettero al tavolo e Sansa versò il vino. Arya preferì la birra e bevve un intero boccale in pochi secondi. Sansa fece finta di non aver visto sua sorella pulirsi la bocca con la manica.

“Allora” disse rivolta a Brienne, “raccontaci tutto... La Regina dei Draghi ti ha lasciato andare?”

Brienne sospirò. “Teneva me e ser Davos prigionieri” replicò, “ma io sono riuscita a fuggire. Davos invece è voluto rimanere e…”

“Come sta mio fratello?” la interruppe Arya sporgendosi sulla sedia.

“Arya!” la sgridò Sansa “Lasciala parlare!”

“Nessun problema” la tranquillizzò Brienne con un sorriso. Poi si rivolse ad Arya. “Sono fuggita prima che Jon Snow arrivasse alla Roccia del Drago, mi dispiace” disse e Arya chinò il capo.

“E dopo dove sei andata?” chiese Sansa.

Brienne inspirò profondamente. “Sarei voluta tornare subito al Nord, mia signora” rispose, “ma mi sono ritrovata sulle navi dirette a Vecchia Città.”

Sansa era stupita. “Vecchia Città?” chiese confusa “Perché mai Daenerys avrebbe dovuto inviare qualcuno a Veccia Città?”

“Da quello che ho capito aveva diviso il suo esercito in due” spiegò Brienne, “metà è stato inviato a Porto Bianco a proteggere la città da Euron Greyjoy e l’altra metà ad Alto Giardino.”

“Euron Greyjoy ha conquistato Porto Bianco” osservò Sansa, “non sapevo però avesse affrontato anche gli uomini di Daenerys Targaryen…”

“Euron ha attaccato anche la Roccia del Drago” disse a bassa voce Brienne e Sansa ed Arya sia guardarono. Jon era lì, cosa sarà successo?

“Credo però sia stato sconfitto” continuò Brienne, “o almeno così ho sentito sulla strada verso Grande Inverno…”

Sansa tirò un sospiro di sollievo. “E poi dove sei stata?” chiese riprendendo il filo del discorso.

“Ho seguito l’esercito Tyrell in battaglia contro Jaime Lannister” rispose Brienne, “e l’esercito di Daenerys è riuscito a tenere il castello.” Brienne esitò. “Lady Olenna è stata avvelenata” confidò e Sansa sussultò, “non si sa da chi, ma è morta. Io sono partita subito dopo…”

Sansa ricordava la vecchia ed energica Regina di Spine. Ammirava la sua determinazione, così come aveva sempre invidiato la capacità di Margaery di convincere con gentilezza le persone a fare quello che voleva. Sansa aveva sempre pensato loro fossero le donne in grado di reggere il gioco del trono ed era disgustata dalla propria debolezza. Eppure sono state uccise, pensò, e io sono viva.

“Sono felice tu sia di nuovo fra noi, Brienne. E' successo così tanto mentre eri via…”

Brienne strinse le labbra. “Baelish ti ha importunata?” chiese con voce dura “Lo uccido se è così…”

Sansa rise. “Diciamo che ha fatto di tutto per farmi tradire la mia famiglia” raccontò, “ha perfino organizzato una marcia dei Cavalieri della Valle su Grande Inverno.” Brienne era quasi saltata sulla sedia.

“Non c’è stata una battaglia” la tranquillizzò Sansa, “siamo riusciti a gestire la situazione. Baelish è stato giustiziato per il suo tradimento.”

Brienne sembrò rilassarsi. “Com’era giusto, mia signora.”

“Ti avverto, Brienne” disse Sansa in tono falsamente minaccioso, “chiamami ancora una volta mia signora e ti farò bandire da Grande Inverno. Sono Sansa per te.” Brienne si irrigidì per un momento, poi sorrise.

Sansa si alzò in piedi. “Mio fratello e Davos ancora non sono tornati” disse con amarezza, “e io ho un intero regno a cui pensare… Spero solo Jon non abbia ceduto alle lusinghe di quella regina…”

“Lo sai che non lo farebbe mai!” esclamò Arya con foga.

“Jon è cambiato, Arya” sospirò Sansa, “è diverso da come lo ricordi.”

“Io lo conosco molto meglio di te” borbottò Arya e Sansa sentì un dolore nel petto, “so che non tradirebbe mai la fiducia dei suoi uomini.”

Sansa si augurava sua sorella avesse ragione. E’ vero, pensò, non conosco Jon come dico di conoscerlo, non so veramente cosa pensi o cosa voglia. Era strano capire di aver compreso molto meglio l’anima di un serprente come Baelish piuttosto che quella del proprio fratello. Sansa decise di non pensarci.

Arya stava fissando Brienne. “Il Mastino è tornato, sai” disse. “Non l’avevi ucciso, ma c’eri andata molto vicino. Ora è dalla nostra parte.”

Brienne era rimasta a bocca aperta. “Non credo sia un uomo affidabile…” iniziò, ma Arya la interruppe subito. “La lealtà di Sandor Clegane è fuori discussione” disse asciutta, “è anche merito suo se sono riuscita a smascherare i piani di Ditocorto.”

Brienne chinò il capo in segno di rispetto. “Se è così” disse in tono fiero, “non dirò più nulla contro di lui.” Arya annuì, un sopracciglio alzato.

Sansa sapeva di dover riportare l’ordine. “Sarai molto stanca per il viaggio” disse rivolta a Brienne, “ti prego, va’ a riposarti. Ordinerò di portare acqua calda nella tua stanza qualora tu volessi fare un bagno. Parleremo ancora a cena: ci sarà un banchetto in onore del ritorno di mia sorella.”

Brienne sorrise. “Non mancherò” assicurò e uscì.

Sansa si accorse che Arya la stava fissando. “Cosa c’è?” chiese inarcando le sopracciglia.

“Ti fidi di quella donna?” le chiese Arya in tono sospettoso.

“Sì, mi ha salvato la vita quando sono fuggita da Ramsay” rispose Sansa, “senza di lei non avrei mai raggiunto la Barriera.” Fece una pausa. “E tu ti fidi del Mastino?” chiese ironica e Arya rise.

“Lo sai” continuò Sansa, “mi ha aiutato ad Approdo del Re e mi ha protetto come poteva da Joffrey. Avevi ragione tu Arya, era davvero un mostro ed io ero così cieca…”

Arya le venne vicina e le prese la mano. “Eri innamorata” disse, “non potevi sapere chi era davvero.”

Sansa sollevò lo sguardo, gli occhi improvvisamente colmi di lacrime. “Tu c’eri, vero?” chiese “Quando hanno decapitato nostro padre. Ho sempre sentito che tu eri là nella folla, da qualche parte…” Arya annuì, le labbra serrate. Per un po’ nessuna delle due parlò.

“Ero anche alle Torri Gemelle” mormorò poi Arya e Sansa girò la testa di scatto, “ho sentito le Piogge di Castamere suonare e visto cosa hanno fatto al cadavere di Robb…” Sansa stava trattenendo il respiro.

“Ho visto i balestrieri uccidere Vento Grigio” proseguì Arya con amarezza, “ho visto il vessillo degli Stark bruciare. Volevo entrare, andare a salvare mio fratello, ma il Mastino mi ha afferrato. Mi ha portata via da lì e mi ha salvato la vita.” Ora Sansa stava singhiozzando.

“Ho continuato a sperare nostra madre fosse sopravvissuta” andò avanti Arya, “pensavo fosse stata presa prigioniera. Poi ho sognato Nymeria che ritrovava il suo cadavere sulla riva del fiume e ho capito che era morta.”

Sansa non resistette ed abbracciò sua sorella. Sentì le braccia di Arya aggrapparsi alla veste sulla schiena e la strinse più forte. “E’ tutto passato” mormorò lottando con i singhiozzi che le mozzavano le parole, “nostro padre, nostra madre, Robb e Rickon non ci sono più, ma abbiamo ancora una famiglia. Io e te siamo vive, siamo insieme, e presto Jon tornerà e forse anche Bran è ancor là fuori da qualche parte. La nostra famiglia esiste ancora, Arya, e dobbiamo difenderla a tutti i costi.” Si separarono e Sansa tirò le labbra in un sorriso. Arya sembrava piuttosto turbata.

“Non sono mai stata una brava sorella maggiore” disse Sansa abbassando lo sguardo, “ma voglio rimediare. Ricorda che a me puoi dire tutto…” Arya annuì e in quel momento entrò Podrick.

Sansa raddrizzò la schiena. “Hai dimenticato di bussare, Pod” disse severa.

“Mi dispiace, mia signora” balbettò Podrick, “è arrivata una lettera e un dono dalla Valle.”

Sansa si avvicinò sorpresa e prese in mano il rotolo di pergamena che portava il sigillo del falco degli Arryn. Arya intanto aveva afferrato il pacco che Podrick le porgeva. Sansa srotolò la lettera ed iniziò a leggerla.

A Sansa Stark, lady di Grande Inverno e Protettrice del Nord

Mia signora, la Valle è tua. Lord Robin ha accettato di annettere i suoi domini al regno di tuo fratello per far fronte al pericolo degli Estranei, a patto che il suo titolo rimanga invariato. E’ pronto a riconoscere Jon Snow come suo re e a rispondere a eventuali chiamate alle armi. Per il momento, però, i Cavalieri della Valle resteranno qui per non creare altri problemi. Inoltre lord Robin invia al Nord un dono prezioso, scusandosi per i danni che il tradimento di lord Baelish ha causato. Spera sarà di tuo gradimento.

Yohn Royce, lord di Runestone e nuovo consigliere di lord Robin Arryn

Sansa sorrise: sembrava lei avesse fatto bene a risparmiare la vita a Royce. Adesso anche la Valle è tornata al suo posto, si disse. Jon sarà fiero di me quando saprà come ho gestito la situazione.

Intanto Arya aveva strappato la stoffa sottile che avvolgeva il dono e ne aveva estratto qualcosa. Sansa si girò e fissò incredula la spada che era comparsa fra le mani di sua sorella. Arya la impugnò e la lama riflesse la luce che entrava dalla finestra.

“E’ acciaio di Valyria” mormorò Sansa, “Jon dice può uccidere gli Estranei.” Arya sollevò lo sguardo.

Sansa prese in mano la spada e la esaminò. “La riconosco” disse d’un tratto, “è Signora Piangente, la spada di ser Lyn Corbray…”

Arya rise. “Chissà come hanno fatto a convincerlo a cederla a te” disse divertita.

“Da quello che so, ser Lyn era unodei maggiori sostenitori di Baelish” osservò Sansa. “Forse gli hanno fatto un’offerta: consegna la spada o perdi la testa.” Tornò a fissare la spada. “Che ne facciamo?” chiese “Vuoi prenderla tu?”

Arya scosse subito la testa. “Io ho Ago” disse, “la spada che mi ha regalato Jon, non potrei mai sostiuirla. E poi credo la daga che ho preso a Ditocorto sia di acciaio di Valyria, quindi Signora Piangente non mi serve. Dovresti prenderla tu…”

“Mi credi una signora piangente?” scherzò Sansa. Poi scosse anch’ella il capo. “No” replicò, “ho già Ambra e questa spada servirà a coloro che affronteranno gli Estranei: sarebbe sprecata se la tenessi io…”

“Quindi a chi la darai?” chiese Arya curiosa “Tormund? Brienne? Thoros?” Abbassò la voce. “Podrick?” chiese ed entrambe risero.

“Non lo so” ammise Sansa, “credo dovremmo conservarla e decidere più avanti.” Arya annuì.

“Adesso vieni” la invitò Sansa, “ti devi preparare per la festa…”

Arya alzò gli occhi al cielo, ma la seguì lo stesso fuori dalla stanza. “Solo perché il banchetto è in mio onore, ciò non vuol dire che devo essere abbigliata come un giullare” brontolò.

Sansa la accompagnò nella sua stanza e chiuse la porta. “Tranquilla” la rassicurò, “ho chiuso con i vestiti del Sud. Ora… Preferisci il blu-notte o il verde-smeraldo?”

Arya mise il broncio. “Il blu” rispose alla fine senza alcuna allegria.

Sansa si tuffò nell’armadio alla ricerca dell’abito giusto. “Eccolo!” esclamò trionfante estraendone uno “E ora chiudi gli occhi…”

Arya sollevò un sopracciglio contrariata, ma fece come la sorella le aveva detto. “Se trovo anche un solo fiocco sul vestito, ti strozzo” minacciò e Sansa sorrise. Aiutò la sorella a vestirsi e si fece da parte per osservare il risultato. Poi prese la spazzola e si mise ad intrecciare i corti capelli scuri di Arya. “Non voglio sapere cosa stai facendo” disse lei in tono sofferente. Le mani esperte di Sansa terminarono in fretta e lei guidò la sorella davanti allo specchio.

“Ora puoi aprire gli occhi.”

Arya li spalancò subito e fissò per qualche secondo la sua immagine nello specchio. Sansa sapeva di aver fatto la scelta giusta. L’abito non aveva un corpetto eccessivamente stretto e le gonne avevano solamente due strati. Le maniche erano lunghe, ma non coprivano le mani. Il tessuto era elastico e comodo, di un bel colore uniforme senza decorazioni. Ciò esaltava la lucentezza del fermaglio a forma di mata-lupo appuntato sulla spalla. Le dita di Arya lo accarezzarono. I capelli invece erano lasciati morbidi, i ciuffi ribelli arrotolati e legati dietro la testa in un’acconciatura a corona.

Arya sembrava piacevolemten sorpresa. “E va bene” ammise, “hai fatto un buon lavoro.”

Sansa le diede un rapido bacio sulla fronte, poi aprì la porta. “Credo possiamo andare” disse, “ci staranno aspettando.” Arya annuì e allungò la mano verso Ago.

“Quella è meglio lasciarla qui” osservò Sansa, “non ti servirà. E in caso di pericolo ci saranno comunque Nymeria e Spettro. Sempre se non sono tornati nella foresta…”

Arya sorrise e seguì Sansa fino alla Sala Grande. Tutti i lord abbandonarono le loro sedie appena le giovani Stark entrarono. Si fecero avanti sciogliendosi in complimenti e Sansa temette sua sorella potesse irritarsi come accadeva tanti anni prima. Invece Arya sorrideva e continuava a comportarsi in maniera educata. E’ così tanto cambiata, pensò Sansa orgogliosa, ma non ha rinunciato mai al suo carattere… E’ solo diventata più matura, proprio come me. Era strano ritrovarsi così simili dopo tanti anni.

Si sedettero una accanto all’altra al lungo tavolo di legno e furono presto raggiunti da Tormund. “Mie signore” le salutò “siete bellissime…”

“Come procedete l’integrazione del popolo libero?” chiese Sansa “Hanno accettato le terre di Ultimo Focolare?”

Il grosso bruto annuì. “La maggior parte del Popolo Libero è rimasta là” rispose, “mentre i guerrieri sono tornati qui. Quando il vostro amico dalla faccia bruciata ci è venuto a chiamare è stato arduo convincerli a venire in vostro soccorso, ma alla fine ci sono riuscito.”

“Li hai minacciati?” chiese Arya.

Tormund fece una smorfia. “Nahh... cioè, non troppo…”

Sansa rise. “Fortunatamente non è stata necessaria una battaglia” disse con un sorriso e il bruto annuì. In quel momento fece il suo ingresso nella sala Brienne.

Tormund sgranò gli occhi. “Non mi avevate detto era tornata a Grande Inverno!”

“E’ arrivata oggi” si giustificò Sansa.

“Credo allora andrò a salutarla” disse Tormund e si allontanò dal tavolo. Sansa osservò divertita il bruto tentare di iniziare una conversazione con una Brienne eccessivamente sulle difensive.

Arya le si avvicinò. “E’ bello essere tornata a casa” confessò e Sansa sorrise. Il banchetto era iniziato e c’era anche la musica.

“Finalmente possiamo rilassarci” sussurrò Sansa, “agli altri problemi penseremo dopo…”

In quell’esatto momento le porte in fondo alla sala si spalancarono di colpo e corse dentro una sentinella trafelata.

“Mia signora!” quasi gridò senza fiato e Sansa scattò in piedi “Al cancello… Credo sia…”

L’uomo non riusciva più a parlare, ma Sansa aveva sentito abbastanza. “Miei singori” disse ad alta voce, “continuate pure la cena… Tormund e Brienne: venite con me.”

Si precipitò fuori dalla sala con Arya, Brienne e Tormund che le venivano dietro a passo spedito. Attraversarono il cortile di corsa e raggiunsero il portone spalancato. La prima cosa che Sansa vide furono due piccole figure. Poi distinse una ragazza, coperta di logore pellicce e con folti ricci scuri, e un ragazzo dall’aria provata disteso nella neve. Fu allora che il suo cuore si fermò. Sentì Arya esclamare qualcosa alle sue spalle, ma non se ne curò.

Fece un passo avanti, quasi tremando. “Bran?” chiese incerta. Il ragazzo la fissò, poi sorrise. E allora Sansa si sciolse in nuove lacrime e corse ad abbracciarlo.

“BRAN!” urlò Arya e Sansa presto se la ritrovò affianco. Sapeva che guardando le guance arrossate e l’emozione negli occhi di sua sorella si trovava in realtà di fronte a un riflesso di sé stessa.

“Per gli dèi, Bran” chiese Arya, “dove eri finito?”

“Lontano” fu l’unica risposta del fratello.

“Stai bene?” chiese Sansa preoccupata, poi sollevò lo sguardo verso la ragazza che era con Bran. “State bene?” chiese nuovamente angosciata.

“Io sono Meera Reed” si presentò, “fortunatamente stiamo bene.” Sembrava incapace di andare oltre.

Sansa tornò a concentrarsi su suo fratello. “Bran, Bran, Bran” sussurrò bagnando la pelliccia con il suo pianto, “come avete fatto ad arrivare fin qui?”

Bran la guardò, i suoi occhi spenti e distanti. “Un drago ci ha salvato la vita” spiegò e Sansa credette di aver capito male.

“Un drago?” chiese Arya esterrefatta e Bran annuì. Sansa dovette reggersi al muro del cancello per combattere la vertigine. Tormund e Brienne erano rimasti indietro, ma ascoltavano tutto.

“E dov’è ora?” chiese Sansa con un groppo in gola “Dov’è il drago?”

“E’ volato via” rispose Bran abbassando lo sguardo.

Sansa temette fosse impazzito, ma anche quella Meera sembrava sincera. Scrollò le spalle, tentando di ritrovare un po’ di contegno. “Non importa” disse con un sorriso, “entrate dentro: starete gelando. Stavamo appunto festeggiando il ritorno di Arya…”

Sansa fece per alzarsi, ma la mano di Bran si chiuse attorno al suo braccio. Lei lo guardò incredula. “Bran…”

“Il tempo delle feste è finito” disse Bran in tono grave e Sansa sentì ogni calore sfuggirle dal corpo, “la Barriera è crollata. Il Re della Notte e il suo esercito marciano su Grande Inverno.”



                                                                                    "Adesso so quello che devo fare e so nel mio cuore che è giusto." 


N.D.A.


Bentornati a tutti! Questo è un po' un capitolo di passaggio, ma si gettano le basi per molti degli avventimenti futuri ^_^ è veramente pieno di indizi...
Per il resto sento di dover specificare alcune cose (come al solito XD)...

In primo luogo, tutto ciò che Melisandre racconta a Sam è una mia personale interpretazione che spieghi la nascita del Vetro di Drago, l'esistenza di specie diverse di draghi, il mistero di Stygai, il motivo per cui Melisandre in realtà sia vecchissima e in generale la crescita della magia sia a Westeros che a Essos. Alcune informazioni sono effettivamente vere e confermate nei libri (come ad esempio il fatto che ad Asshai non ci siano più bambini o che i draghi siano arrivati anche a Westeros prima ancora dei Primi Uomini), ma il resto è solamente una mia visione dato che la verità non è stata ancora svelata. Probabilmente Martin ha in mente qualcosa di MOLTO più complicato XD ma a ogni modo ho voluto inserirla lo stesso per dare risposta a tutte quelle domande.

In secondo luogo, non ricordo esattamente cosa ne sia stato di Duskendale dopo che il Re Folle aveva fatto uccidere tutti gli esponenti delle due famiglie principali (risparmiando solo ser Dontos, che come sappiamo è stato fatto fuori su ordine di Baelish), quindi ho supposto la città fosse rimasta prima di una casata principale. Se per caso nei libri invece Duskendale è stata assegnata a qualcun altro, prendetela come una divergenza per motivi di trama XD

In terzo luogo, quando Gendry e gli Uomini della Tempesta arrivano a Porto Bianco e ricevono le notizie della rivolta e della guerra civile in realtà tutto il disastro si è già concluso e Baelish è morto. Infatti la Battaglia delle Cinque Torri e quella a Grande Inverno avvengono la stessa notte. Tuttavia le notizie arrivano a Porto Bianco in ritardo e quindi Gendry e Davos pensano che il Nord sia ancora in pericolo a causa dei Cavalieri della Valle. Alla fine la decisione di Gendry risulta comunque quella giusta alla luce della recente caduta della Barriera, di cui ancora nessuno sa nulla.

Sembra proprio Daenerys stia perdendo appoggio a vista d'occhio: Gendry le ha voltato le spalle portando i propri uomini a Nord e, anche se lei ancora non lo sa, Garth Hightower e i Dothraki hanno deciso di agire per proprio conto. Senza Greyjoy e Immacolati (al momento occupati in missioni altrove), riuscirà Dany a prendere il trono? La situazione è estremamente instabile e il prossimo capitolo sarà decisivo a riguardo.

Serve anche che iniziate a tenere a conto le varie spade di acciaio di Valyria XD XD per ora ne sono comparse 8: Lungo Artiglio (Jon), Giuramento (Davos, ma che tornerà a Brienne), Lamento di Vedova/Dominatrice (Cersei), Veleno del Cuore (Sam), Crepuscolo (Gendry), Verità (Garth Hightower), Signora Piangente (che ancora non ha un proprietario scelto) e la misteriosa spada di Meera (tutti i lettori dei libri avranno già capito cosa sia ^_^). In più c'è ovviamente la daga di Ditocorto ora nelle mani di Arya. Non male direi io XD XD

Quindi... La Barriera è crollata e ora il Nord è completamente esposto agli attacchi degli Estranei. Cosa sceglierà di fare Sansa? E come questo avvenimento influenzerà il resto dei Sette Regni?

Come al solito voglio ringraziare i miei recensori: PillyA (buona fortuna con la tesi!), GiorgiaXX, __Starlight__, Red_Heart96 e Spettro94 (che si sta rimettendo in paro). Grazie mille di cuore e sappiate che vi adoro tutti ^_^

Inoltre voglio chiedere a voi tutti un parere. Più avanti, quando l'identità di Jon verrà svelata, che nome preferite sia il suo originale, Aegon o Jaehaerys? Quando scrissi il capitolo tutte le scommesse puntavano su Jaehaerys, ma poi, come sapete bene, la serie ha rivelato si trattasse invece di Aegon. Io continuo a preferire Jaehaerys (Aegon è un po' troppo comune tra i Targaryen, inoltre l'altro figlio di Rhaegar si chiamava così, nonostante al momento della nascita di Jon il bambino fosse già morto), ma se voi voleste Aegon sono disposta a cambiarlo. Sappiate però che se nessuno dice nulla rimarrà Jaehaerys XD
Detto questo, un abbraccio a tutti e alla prossima!


PS: la citazione (libera, in quanto non ricordo le parole esatte usate nella versione italiana) è dal film Iron Man e l'ho scelta specificatamente per Gendry che ora sta contribuendo in modo molto importante agli snodi della trama. In fondo anche il titolo di questo capitolo era per lui :-) la citazione la dedico a leila91 per la nostra passione comune per i film Marvel ^_^





   
 
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