Dangerous
decisions
Samwell
Era una settimana
ormai che viaggiavano
su quel carretto, quando finalmente raggiunsero la Forca Rossa. Sam
aveva
deciso di evitare l’Ovest per sicurezza e aveva condotto Gilly e il
bambino in
una serie di tortuosi sentieri attraverso le Terre dei Fiumi. Qua e là
avevano
visto i terribili segni della guerra. I villaggi erano in rovina e
molti
risultavano abbandonati. Le poche locande ancora aperte si erano
rifiutate di
dare ospitalità a dei forestieri provenienti dal Sud, nonostante Sam
avesse
insistito dicendo di far parte dei Guardiani della Notte.
Nell’Altopiano era
facile trovare una grotta in cui accamparsi ed accendere un fuoco per
la notte,
ma via via che si dirigevano a Nord l’inverno si faceva sempre più
insistente.
Le tormente erano frequenti e Sam capì di non poter spingere il loro
cavallo
oltre.
“E’ stremato, Sam”
continuava a ripetere Gilly, “non può proseguire…”
Durante il viaggio
Gilly si era molto affezionata all’animale, arrivando a
chiamarlo Snowfall. Aveva anche imparato a cavalcarlo, quando il
cavallo andava
al passo, ed era preoccupatissima per il suo stato di salute. Sam
sapeva che
non sarebbero potuti andare avanti così, anche perché il piccolo si era
preso
un brutto raffreddore. Così decise di non guadare il fiume, ma di
seguirlo
verso ovest.
“Andiamo a Delta
delle Acque” annunciò a Gilly, “non è lontano.”
La deviazione costò
loro un altro pomeriggio di viaggio, ma in serata giunsero
ai piedi delle mura del castello. Sam sapeva che questo era ritornato
nelle
mani di casa Tully e sperava finalmente di ricevere ospitalità. Delta
delle
Acque era adagiato su un’isoletta al centro del fiume e il ponte
levatoio era
tirato su.
Presto sulle mura si
affacciò una vedetta. “Chi siete?” chiese con
voce cavernosa e Sam notò che degli arcieri li tenevano sotto tiro.
Gilly stringeva
forte il piccolo.
“Mi chiamo Samwell
Tarly, sono un
confratello dei Guardiani della Notte e sto tornando alla Barriera:
chiedo
ospitalità per una notte.”
“Se è così” chiese la
sentinella, “come mai hai una
donna con te?”
Sam si morse il
labbro. “Spiegherò tutto al vostro signore”
ribatté, “ma per favore lasciateci entrare…”
La guardia ghignò. “Sei forse un disertore?”
Sam stava per
rispondere, ma venne interrotto
da una voce femminile.
“Pypos, cosa succede
qui?”
La sentinella si
affrettò a chinare il capo. “Nulla, mia
signora” disse, “è solo un vagabondo che…”
“E’ così che
accogliamo gli
ospiti?” chiese la giovane appena comparsa con voce calma “Apri quel
portone o mio marito ne
sarà informato.”
“Ma, mia signora,
potrebbero essere nemici…”
“A
me non sembra abbiano un esercito” ribatté la ragazza, “su, falli
entrare.”
Riluttante Pypos fece
aprire il cancello. Il ponte levatoio calò e Sam sorrise
incoraggiante a Gilly. Fece avanzare il cavallo fin dentro le mura,
dove fu
subito preso in custodia. Sam aiutò Gilly, che teneva per mano il
bambino, a
scendere dal carretto. Sentì il portone alle loro spalle chiudersi e si
guardò
intorno curioso. Si trovavano in un cortile quadrato con al centro una
fontana
senz’acqua. Tutto intorno correva un porticato. Poi la fanciulla che
avevano
intravisto sulle mura venne loro incontro sorridente. Era di
corporatura minuta
e carnagione pallida. Aveva capelli castani acconciati in trecce
sottili
intorno al capo e grandi occhi azzurri.
“Benvenuti” li salutò
con la sua voce
cristallina, “io sono Roslin, lady di Delta delle Acque.”
Sam quasi rimase a
bocca aperta per la sorpresa. “Roslin Frey?” chiese ricordando il nome
della
donna che, gli avevano raccontato, si era sposata alle Nozze Rosse.
Roslin lo
fissò. “Roslin Tully” lo corresse gentilmente, “non voglio più avere
nulla a
che fare con la mia vecchia famiglia. Ma ditemi piuttosto, cosa vi
porta fino a
qui e dove siete diretti?”
“Dobbiamo tornare
alla Barriera” intervenne Gilly,
“Sam è nei Guardiani della Notte.”
Roslin le sorrise.
“Sarà meglio che ne
parliate con mio marito” decise. “Venite, vi porterò da lui.”
La seguirono su
per la scalinata di pietra e furono ammessi in una stanza spaziosa con
un bel
camino acceso. Un bambino poco più piccolo di Sam giocava vicino al
fuoco.
Aveva i capelli scuri arruffati e le guance paffute. Appena li vide
entrare
lasciò cadere il cavaliere di legno che aveva in mano e corse fra le
braccia
spalancate di Roslin.
“Mamma!” esclamò, per
poi guardare gli intrusi con aria
corrucciata. “Chi sono loro?” chiese sulle difensive.
“Ospiti” replicò
Roslin
mettendo una mano sulla spalla del figlio. Poi si rivolse a Sam e
Gilly. “Lui è mio figlio” disse, “Brynden Tully, erede di Delta delle
Acque.”
Inaspettatamente
Gilly si inginocchiò accanto al piccolo Sam. “Coraggio” disse,
“vai a presentarti…” Lei e Roslin si scambiarono un’occhiata d’intesa.
Il
piccolo Sam, strofinandosi il naso gocciolante, fece un passetto
avanti. “Io
sono Sam” borbottò.
Brynden alzò un
sopracciglio. “Quelli sono tuoi genitori?”
chiese guardando curioso Samwell e Gilly.
Il piccolo Sam
sembrava confuso. “Beh
sì” rispose incerto, ma Gilly scoppiò a ridere. “Io sono sua madre”
spiegò più a
Roslin che a Brynden, “ma Sam non c’entra nulla.”
Brynden Tully corrugò
la
fronte. “Hanno lo stesso nome?” Gilly annuì. Il bambino non
parve capire.
“Proprio come tu
porti il nome del tuo prozio, Bryn” intervenne
Roslin. “Ora perché non porti Sam nella tua stanza e non gli fai vedere
la tua
collezione di spade di legno? Potete anche giocare insieme…”
Gli occhi di
Brynden si illuminarono. “Sì!” urlò e prese per mano il piccolo Sam,
praticamente trascinandolo fuori dalla stanza. Sam e Gilly risero.
In quel momento
un uomo entrò e venne verso di loro. Indossava un fermaglio a forma di
trota e
Sam capì doveva trattarsi di Edmure Tully. “Pypos mi ha detto che
abbiamo
ospiti” disse Edmure avvicinandosi, “un certo Samwell Tarly…”
“Sono io, mio
signore”
si affrettò a presentarsi Sam, “e lei è Gilly, una mia amica. Veniamo
dalla
Cittadella e io sono un confratello dei Guardiani della Notte.”
Edmure sorrise.
“Nessun Guardiano della Notte sarà mai scacciato da questo castello”
disse in
tono caloroso, “potrete rimanere quanto vorrete: so quanto può essere
difficile
viaggiare con questo terribile inverno.”
“Ti ringraziamo per
la tua ospitalità”
disse Sam sollevato, “chiederemmo solo di curare il raffreddore del
figlio di
Gilly, non vorremmo peggiorasse.”
Edmure annuì. “Dirò a
maestro Vyman di dare
un occhiata al bambino” promise, “ma raccontatemi di più…” Fece loro
cenno di
sedersi sulle sedie coperte di cuscini e lui prese posto accanto a
Roslin. “Tu
se vuoi puoi andare” le disse Edmure.
“Posso restare?”
chiese Roslin con finta
voce implorante ed Edmure rise. “Certo, mia signora” disse in tono
scherzoso e
poi si voltò verso Sam e Gilly. “Allora?” chiese “Che cosa avete da
raccontare?”
Sam aprì la bocca per
parlare, ma Gilly lo precedette.
“Nell’Altopiano c’è la guerra, mio signore” disse, “siamo dovuti
fuggire da
Vecchia Città perché non era più un posto sicuro…” Sam fu colpito dalla
capacità di Gilly di mentire. In
realtà non è neanche poi tanto una bugia,
rifletté, la Cittadella non era più
un posto sicuro, ma non certo per la
guerra.
“Sono vere le voci?”
chiese Roslin “L’esercito di Daenerys Targaryen
ha davvero sconfitto i Lannister?” Sam e Gilly annuirono.
“E’ solo questione di
tempo” assicurò Edmure, “e Cersei vedrà il suo regno crollare.”
“Tu hai giurato
fedeltà al Nord, vero lord Edmure?” chiese Sam ricordando le parole
pompose di
Vyktor.
Edmure Tully annuì.
“Mia nipote Sansa Stark è lady di Grande Inverno”
rispose, poi sospirò. “Siete diretti là?” chiese in tono piuttosto
strano.
“Credo ci passeremo”
replicò Sam.
“Allora quando
arrivate vi prego di mandarmi
un corvo dicendomi cosa diamine sta succedendo lassù” continuò lord
Edmure.
“Sono quasi due settimane che non riceviamo notizie: l’ultima lettera
che ho
ricevuto dal Re del Nord diceva di aver accettato la mia alleanza, ma
poi più
nulla.”
“Abbiamo sentito voci
su Cavalieri della Valle accampati al Moat
Cailin” disse Roslin mentre Edmure le circondava le spalle con un
braccio, “e
su guai nel Nord… Siamo abbastanza preoccupati.”
Sam si chiedeva cosa
potesse
essere successo. “So solo che Jon Snow è andato a Roccia del Drago”
disse
abbassando la voce, “da allora non ricevo notizie neanch’io.”
Edmure sembrava
sorpreso. “Conosci il Re del Nord?” chiese curioso “A dire la verità io
non
l’ho mai conosciuto, ma mia nipote Sansa mi ha parlato tanto bene di
lui da farmi quasi dimenticare non sia figlio di mia sorella Catelyn…”
“Eravamo
amici alla Barriera” disse Sam, “abbiamo combattuto insieme gli…”
“Estranei” lo
anticipò Edmure, “lo sappiamo, la lady ce l’ha detto.”
Sam si interruppe. "a
lady?"
“Ci ha mostrato come
leggere i segni nel fuoco” stava raccontanto Roslin, “ma io non ho
visto
nulla…”
Sam iniziava a farsi
un’idea. “Melisandre?” chiese incredulo “La Donna
Rossa?”
Edmure e la moglie
annuirono. “Ci ha detto che dobbiamo essere pronti”
proseguì il lord di Delta delle Acque, “che presto l’esercito dei morti
arriverà. Ci ha detto di non sacrificare soldati per guerre inutili.”
Sam si
alzò in piedi e Gilly lo seguì con lo sguardo. “Posso incontrarla?”
chiese
ansioso.
Edmure sembrava
sorpreso. “Ma certo” rispose mascherando solo in parte
la sua esitazione, “ti porto subito da lei.”
Sam annuì, poi si
voltò verso
Gilly, che era rimasta seduta. “Tu resta con lady Roslin” disse, “io
torno
subito.” Gilly annuì e Sam seguì Edmure fuori dalla stanza. Passarono
davanti a
altre sale, tutte riscaldate dall’immancabile caminetto, e si fermarono
davanti
a una porta chiusa. Edmure bussò.
“Avanti.”
Sam rabbrividì quando
ricordò quella stessa voce condannare al
rogo Mance Rayder. Edmure aprì la porta ed entrambi entrarono.
Melisandre era
in piedi davanti alla finestra e dava loro le spalle. “E’ arrivato
Samwell
Tarly?” chiese senza voltarsi e Sam rimase a bocca aperta. Edmure non
disse
nulla e si limitò ad uscire, chiudendo la porta. Allora Melisandre si
voltò.
Aveva i lunghi capelli rosso scuro raccolti sulla schiena, tranne
alcune
ciocche che incorniciavano il viso.
Sam deglutì. “Come
facevi a sapere…”
“Che
saresti venuto?” chiese Melisandre “L’ho letto nel fuoco. Ho visto
anche che
avresti portato una spada rubata e un libro pericoloso.”
Melisandre inclinò la testa. “Ho forse sbagliato?” chiese e Sam scosse
la
testa.
“Bene” replicò la
Donna Rossa, “allora fammi vedere questo libro…”
Sam
estrasse il grosso tomo dalla borsa che portava sempre con sé. Non
l’aveva
ancora aperto e non era sicuro di averne voglia.
“Sangue e
Fuoco” lesse Melisandre sgranando gli occhi, “questo
contiene segreti così oscuri…”
Sam ebbe conferma dei
suoi peggiori timori.
“L’uomo che stava tentando di rubarlo” disse, “diceva di venire dalla
Casa del
Bianco e del Nero di Braavos…”
“Gli Uomini senza
Volto” disse Melisandre, “una
setta di assassini che venerano il dio della morte. Noi devoti al
Signore della
Luce li odiamo più di ogni altra corrente religiosa.”
“Quell’uomo mi ha
detto
che sono stati loro a causare il Disastro di Valyria” proseguì Sam
sforzandosi
di ricordare tutto, “che i draghi sono alimentati dalla magia nera di
Stygai…
Cosa significa?”
“Perché lo chiedi a
me?” chiese a sua volta Melisandre “Cosa
ti fa pensare che io conosca la risposta?”
“Non la conosci?”
La
Donna Rossa sospirò. “Non ho detto questo” replicò, “ma in questi casi
la
verità risultà, diciamo, volubile. Io
posso solo dirti quello che so…”
“Sarà sufficiente”
assicurò Sam e Melisandre
annuì.
“Le risposte che
cerchi sono sepolte nell’orribile storia della Terra
delle Ombre” iniziò la sacerdotessa, “dove, migliaia di anni fa, prima
del
Tempo dell’Alba, esistevano due città: Asshai e Stygai. Asshai si
trovava sul
mare e aveva un porto, mentre Stygai era nell’entroterra, lì dove la
luce è
poca e la terra sterile. Entrambe le città prosperavano grazie alla
magia dei
loro sacerdoti e vivevano in armonia ai confini del mondo, non
condividendo i
loro segreti con nessuno. Ma la gente di Stygai non era sazia e bramava
anche
il potere di Asshai. Le due città finirono per iniziare una guerra che
durò
secoli, della cui esistenza nessuno al di fuori dei loro abitanti era
al
corrente. Utilizzarono le loro arti magiche nel tentativo di
sopraffarsi a
vicenda, ma gli stregoni di Stygai andarono troppo oltre. Il potere che
fecero
scaturire distrusse la loro città e causò una pericolosa avanzata
dell’ombra in
quelle terre. Asshai ne uscì completamente cambiata e da quel momento è
stata immersa
nelle arti oscure. La sua terra è stata maledetta e da allora non
nacquero più
bambini…”
“Ma com’è possibile!”
esclamò esterrefatto Sam “La sua gente dovrebbe
essersi estinta migliaia di anni fa se fosse vero…”
Melisandre scosse la
testa
tristemente e toccò il grosso rubino che portava sempre al collo. “I
rubini
sono pietre intrise di potere” spiegò, “riescono a celare il vero
aspetto di
una persona agli occhi degli altri.”
“Quindi” disse Sam
stentando a crederci,
“mi stai dicendo che tu in realtà hai centinaia di anni e che se ti
togliessi
quella collana appariresti vecchia?”
Melisandre annuì e
Sam sentì il bisogno di
sedersi. “Per i Sette Inferi…” riuscì solamente a mormorare.
“Ma non è tutto
qui” continuò Melisandre, “la fine di Stygai e la forza che ne scaturì
portarono la magia in questo mondo, tutta
la magia, e provocarono la nascita dei draghi.”
“Cosa?!”
“E’ così” insistette
Melisandre iniziando a camminare, “essi
nacquero dalle Quattordici Fiamme di quella che sarebbe diventata
Valyria,
furono dotati di ali e fuoco, ma non rimasero tutti a Essos. Molti
raggiunsero
Sothoryos e persero la loro capacità di sputare fuoco a favore di zanne
velenifere. Trascorrendo sempre più ore nelle grotte buie i loro occhi
cambiarono e i loro corpi divennero simili a serpenti. Adesso vengono
chiamati
viverne.”
Sam era rimasto a
bocca aperta e non aveva intenzione di chiuderla.
“Altri invece
volarono verso il Mare dei Brividi” proseguì lentamente
Melisandre, “e con il passare dei secoli raggiunsero dimensioni
spaventose e
iniziarono a soffiare freddo. Adesso vengono chiamati Draghi di
Ghiaccio.”
“Non
è possibile” intervenne Sam, “i Draghi di Ghiaccio non esistono.”
“Forse ora
non più” concesse Melisandre, “ma un tempo dominavano le Lande
dell’Eterno
Inverno.” La Donna Rossa andò verso il braciere. “Altri ancora si
immersero nei
mari” continuò, “e svilupparono zampe palmate e branchie come i pesci.
Adesso vengono chiamati Draghi Marini, probabilmente estinti anche
loro.”
Melisandre guardò Sam
negli occhi. “Infine” disse a bassa voce, “molti secoli
prima dell’arrivo dei Primi Uomini, i draghi giunsero a Westeros.”
Sam ormai
aveva rinunciato a tentare di mascherare l’incredulità. “E perché i
Primi
Uomini non ne hanno trovato traccia?”
“La magia non aveva
solamente creato i draghi” spiegò Melisandre, “aveva anche rafforzato
le
creature già esistenti, gli stregoni, i giganti e soprattutto i Figli
della
Foresta. Questi ultimi temevano i draghi per la loro indole indomabile,
ma
riuscirono con la loro magia a trasformare il loro fuoco in armi.”
“Il Vetro di
Drago” concluse Sam. “E che cosa successe
ai draghi arrivati a Westeros?” chiese aggrottando le sopracciglia.
“Nessuno
sembrava in grado di sottometterli” disse la Donna Rossa, “così i Figli
della
Foresta li sterminarono, salvando così i loro alberi-diga, e la maggior
parte
del Vetro di Drago venne nascosto sull’isola oggi nota come Roccia del
Drago.”
Sam era rimasto semiparalizzato da tutte quelle rivelazioni. Stava
cercando le
parole per esprimere le proprie emozioni, quando Melisandre venne verso
di lui.
“Ti ho detto tutto
quello che ho appreso, nonostante alcune cose
possano non corrispondere al vero, ma ora mi devi ascoltare: gli
Estranei sono
più vicini di quanto immaginiamo, ma Jon Snow non è ancora pronto per
diventare
il Principe che fu Promesso.”
“Come fai a sapere
che è davvero lui?” chiese Sam
incerto e spaventato allo stesso tempo.
“L’ho visto tornare
dal regno dei
morti” disse Melisandre e Sam sussultò, “l’ho visto liberare Grande
Inverno
proprio come le mie visioni mi avevano suggerito e quando guardo nel
fuoco
chiedendo al Signore di mostrarmi Azor Ahai…” Melisandre fece una pausa
e
spostò lo sguardo sul braciere. “Vedo solo neve”
concluse in un sussurro.
Sam la fissava
strabiliato, poi si ricordò di una
cosa. “Ho letto alcuni libri sull’argomento” disse, “e ricordo
perfettamente la
profezia riguardo ad Azor Ahai: egli deve avere sangue del drago. Jon
non può
essere il Principe che fu Promesso.”
“Forse sua madre
aveva il sangue di
Valyria.”
Quella frase fece
scattare qualcosa nella mente
di Sam. Improvvisamente tutti i tasselli di quel quadro fino a un
secondo prima
confuso tornarono ai loro posti e la risposta apparve chiara. Sam fu
colpito da
un’ondata di stupore e lasciò cadere a terra La Morte dei
Draghi.
Melisandre si chinò
subito a raccoglierlo.
“Che fai, sei impazzito?!” chiese acida “Ne esiste un’unica copia…”
Ma la mente
di Sam era altrove. Ma certo,
pensò ormai pienamente cosciente. Come
ha
potuto l’arcimaestro Ebrose essere così cieco tutti questi anni? Visenya
Targaryen non esisteva, non era mai esistita. Ned Stark era stato
l’ultimo a
vedere sua sorella Lyanna ancora viva ed era tornato in seguito nel
Nord
portando con sé un bambino che diceva essere il suo figlio bastardo. Lo voleva
proteggere da Robert Baratheon, realizzò Sam senza fiato. Tutti quegli anni a
fingere di aver disonorato sua moglie…
Melisandre lo
guardava interdetta. “Ti
senti bene, Tarly?” chiese facendo un passo avanti.
Sam doveva ancora
riprendersi dall’iperventilazione. “Jon Snow è figlio di Rhaegar
Targaryen e
Lyanna Stark.”
La Donna Rossa si
immobilizzò. “Cosa hai…?”
Sam non le diede modo
di terminare la frase. “Devo andare” disse
correndo verso la porta. Senza lasciare tempo a Melisandre di
controbattere, si era già messo a correre verso la stanza di prima.
Spalancò la porta e si
precipitò dentro. Roslin e Gilly stavano chiacchierando, mentre il
piccolo Sam
e Brynden giocavano sul tappeto con cavallini di stoffa.
Gilly gli sorrise.
“Sam” lo salutò, “stavamo giusto dicendo…”
“Dobbiamo partire” la
interruppe
Sam, “subito.”
Il sorriso di Gilly
svanì. “Come subito?” chiese senza capire
“Il piccolo sta ancora male…”
Sam sospirò. “E’
urgente” insistette, “dobbiamo
tornare nel Nord.” Gilly scosse la testa.
“Gilly…”
“NO!” urlò lei
“Non puoi rovinare tutto, finalmente stavamo bene qui…”
“Allora rimanete a
Delta delle Acque” suggerì Sam, “sarete al sicuro…”
Gilly si alzò in
piedi.
“Pensi di abbandonarci?” chiese con bassa voce minacciosa “Noi veniamo
con te.”
“L’hai detto tu che è
pericoloso per il piccolo” le ricordò Sam.
“Se posso
intromettermi” intervenne Roslin con voce conciliante, “potete lasciare
il
bambino qui: sembra diventato amico di Brynden. Non correrebbe pericoli
ed
avete la mia parola: lo tratterei come fosse mio figlio.”
Sam guardò Gilly, che
era sbiancata. “E’ la scelta migliore” le disse con gentilezza, “ma se
vuoi
puoi restare con lui.”
Gilly scosse il capo.
“Io verrò con te” decise, “ma non
metterò in pericolo la vita di mio figlio.”
Raggiunse il piccolo
Sam e lo
abbracciò forte, dandogli un bacio sulla fronte. “Noi stiamo partendo”
gli
disse, “e tu resterai qui insieme a Brynden e lady Roslin. Voglio che
ti
comporti bene…”
“Quando
torneraiii?”
“Presto” promise
Gilly con un sorriso. Poi andò da Roslin e la
baciò su entrambe le guance. “Grazie per quello che hai fatto per noi”
disse,
“ti siamo debitori. Saluta tuo marito da parte nostra.”
“E’ stato un piacere”
disse Roslin. Poi le sue sopracciglia si unirono verso l’alto. “Partite
ora?”
chiese con un velo di tristezza e Gilly annuì. Sam andò a salutare il
piccolo e
rese omaggio alla lady di Delta delle Acque. Poi lui e Gilly si
diressero verso
l’uscita, dopo che Roslin aveva assicurato loro che avrebbero trovato
il ponte
levatoio abbassato.
All’ultimo Sam si
voltò a guardare il bambino che si erano
lasciati alle spalle. E’ più al
sicuro qui, continuava a ripetersi. Gli
Estranei presto attaccheranno il Nord. Prima o poi però, se non
fossero stati
fermati, avrebbero distrutto l’intero Continente Occidentale.
Quando Gilly uscì
dalle stalle tirandosi dietro un riposato Snowfall, Sam sorrise.
Salirono
insieme sul carretto e solo allora Sam si accorse di aver dimenticato La Morte dei Draghi. Realizzò quanto
poco gliene importasse e scrollò le spalle. Il ponte levatoio calò e
Sam e
Gilly furono di nuovo fuori nella tormenta.
“Allora?” chiese
Gilly nuovamente
sorridente “Cos’è tutta questa fretta?”
Sam la strinse a sé.
“C’è una cosa che
Jon deve sapere” disse solamente mentre il portone veniva di nuovo
chiuso alle
loro spalle. Davanti c’era solamente neve.
Jon
Duskendale era la
città con le
più alte mura Jon avesse mai visto. Non che in effetti ne avesse
visitate
tante… Il suo castello era a picco sul mare, con torri slanciate verso
il
cielo, e il porto riparato da alberi alti. Il popolo aveva accolto le
navi di
Daenerys correndo e agitando le braccia. La Raggio
di Luce era stata ormeggiata e Jon era saltato a terra. La gente
della
città sembrava così entusiasta.
Jon sapeva che erano
molti anni che Duskendale
non era più governata da nessun lord, in seguito alla fallita
ribellione di
Denys Darklyn. Il Re Folle aveva punito severamente i traditori
passandoli a
fil di spada e causando l’estinzione di casa Darklyn e Hollard. Era la
stessa
politica che Tywin Lannister aveva portato avanti contro i Reyne di
Castamere. E la stessa che noi
abbiamo utlizzato ponendo fine ai Bolton, realizzò Jon, ma
non si sentiva minimamente in colpa.
Vide scendere dalla
nave anche Theon,
Missandei, Tyene e Benjameen, che lo raggiunsero subito. Benjameen
corse a dare
disposizioni per i soldati di Dorne, mentre Missandei andò a parlare
con coloro
che venivano loro incontro. Alla fine anche Daenerys scese dalla nave,
tenendo
per mano Jorah Mormont. Jon sapeva che il cavaliere era stato ferito
durante la
Battaglia delle Cinque Torri mentre tentava di salvare la vita della
sua regina
e ciò aveva fugato ogni dubbio rimasto riguardo dove giacesse la lealtà
di ser
Jorah.
Jon alzò lo sguardo
ed incontrò quello di Daenerys. Si affrettò a
distoglierlo. Dopo quel pomeriggio sulla nave durante il quale si erano
lasciati andare, Jon provava una forte vergogna. Come era successo con
Ygritte,
non riusciva a capacitarsi di aver alla fine ceduto. Certo, ora la
situazione
era diversa e non esistevano voti di castità da rispettare o guerre fra
popoli
che duravano da secoli, ma Jon conservava sempre i suoi valori, o
almeno ci
provava. Eppure, quando Daenerys gli si era avvicinata seducente, non
era stato
capace di resistere. Continuava a ripetersi che presto l’avrebbe
sposata e che
era normale lei desiderasse degli eredi. Il solo pensiero gli faceva
girare la
testa. Jon ormai tentava solamente di evitarla, per quanto possibile.
I
castellani di Duskendale resero omaggio a Daenerys e il suo corteo,
offrendo
ospitalità e doni. Era la prima volta che Jon vedeva Daenerys alle
prese con il
popolo e il suo ruolo di regina ed era curioso. Daenerys sembrava
perfettamente
a suo agio e sollevava la mano per salutare la folla sorridendo.
“Accetto il
vostro cortese invito” disse ai castellani. “Spero di essere degna
della vostra
fiducia.” Jon era sorpreso nessuno avesse accennato al fatto che
proprio il folle padre
di Daenerys avesse causato il declino della città. Forse hanno davvero capito
che Cersei sarà la rovina dei Sette Regni, pensò seguendo gli
altri lungo la
scalinata per il castello.
Jon non aveva mai
conosciuto Cersei. L’aveva scorta
durante la visita di re Robert a Grande Inverno molti anni prima e gli
era sembrata
piuttosto altezzosa, ma non la conosceva. Sansa però gliene aveva
parlato a
lungo, descrivendo l’ossessione di Cersei per il potere e la sua
malvagità. Jon
sapeva che c’era Cersei dietro la decapitazione di suo padre e,
probabilmente,
anche dietro alla caduta di Bran giù dalla torre. Il desiderio di
vendetta era
straordinariamente attraente, ma lui continuava a imporsi di rimanere
lucido e
concentrato sul reale obbiettivo.
Arrivati alle porte
del castello di
Duskendale, Jon si voltò verso il porto. Da lassù le navi sembravano
molto più
piccole e il mare assumeva tutte le colorazioni del verde e
dell’azzurro.
Entrarono nel palazzo e furono mostrate loro le stanze degli ospiti. Il
castello era spoglio e cupo, progettato pensando più ai suoi scopi
difensivi
piuttosto che alle comodità. Le camere erano piccole e umide,
chiaramente non
usate da molto tempo. Daenerys ringraziò i castellani, i quali si
dichiararono
pronti a fornirle tutto ciò di cui aveva bisogno.
Quando se ne furono
andati,
Daenerys tornò a rivolgersi ai suoi alleati. “Venite” li incitò,
“abbiamo molto
di cui discutere.”
Jon e gli altri la
seguirono nella stanza più grande, dove
trovarono delle poltrone che si rivelarono dure come il resto del
castello.
Dany si sedette aggraziata e accavallò le gambe. All’appello mancavano
solo
Benjameen e Jorah.
“Dunque” iniziò
Daenerys, “intanto voglio annunciarvi che,
in assenza di Tyrion, a fare le veci di Primo Cavaliere sarà Missandei.”
Missandei parve
sopresa. “Vostra grazia” obbiettò, “non credo una donna sia mai
stata Primo Cavaliere…”
“C’è sempre una prima
volta.”
“Ma io non conosco
Westeros, vostra grazia.”
“Neanch’io” osservò
Dany, “quindi tu capirai la mia situazione
meglio di chiunque altro.” Missandei la guardò per un paio di secondi,
poi
annuì.
“Come ben saprete
Cersei tiene Approdo del Re” continuò Daenerys, “e il
popolo sta soffrendo. E’ consigliata da suo fratello Jaime, colpevole
di aver
assassinato mio padre, e da Gregor Clegane, che uccise i figli bambini
ela moglie di mio
fratello Rhaegar come fossero bestie. Tutti loro pagheranno per quello
che
hanno fatto alla mia famiglia e ai Sette Regni, ma non è ancora giunto
il
momento di attaccare.”
In quel momento la
porta sbatté ed entro Benjameen Sand.
“Mi sono perso qualcosa?” chiese in tono allegro. Daenerys scosse la
testa e
Benjameen andò a sedersi accanto a Tyene, afferrando un frutto dal
cesto sul
tavolino e addentandolo.
“Stavo appunto
dicendo” proseguì Daenerys, “che
abbiamo bisogno di alleati.”
“Non ne abbiamo già
abbastanza?” chiese Benjameen
inarcandò le sopracciglia.
“Gli alleati non sono
mai abbastanza” gli ricordò
Dany, “e poi in questo momento molti sono impegnati in altre missioni.
Dovremo
riuscire a prendere la capitale versando meno sangue possibile…”
“I nostri
soldati dorniani saranno sufficienti” intervenne Tyene, “non si daranno
al
saccheggio se così ordinerai.”
“Dobbiamo cercare
alleati nelle Terre della
Corona” insistette Daenerys, “o potrebbero vederci come invasori e
passare
dalla parte di Cersei.” Tyene e Benjameen si guardarono, poi spostarono
nuovamente lo sguardo sulla loro regina e annuirono.
Daenerys si alzò in
piedi. “Ho studiato bene le casate di questa zona” iniziò, “e credo che
valga
la pena fare qualche tentativo…” Aprì una cartina e indicò due punti.
“Benjameen tu andrai a parlare a Rosby con lord Gyles” disse, “mentre
Tyene
prenderà la Sabbia di Sogno ed andrà
a Stokeworth a parlare con lady Tanda.”
“Cosa?” esclamò
Benjameen “Perché invii
proprio noi? Veniamo da Dorne e non conosciamo questa gente, molti ci
odiano…”
“Voi due siete i
comandanti dell’esercito di Dorne” spiegò Daenerys, “e i
vostri soldati sono gli unici che in questo momento possono combattere.
Verrete
accompagnati da una scorta e inviterete i lord a venire a Duskendale
con il
loro esercito per parlare con me.”
Benjameen non
sembrava convinto. “Gli
Stokeworth e i Rosby insieme non hanno più di tremila uomini” osservò,
“il loro
appoggio alla nostra causa è superfluo.”
“Ma il loro eventuale
appoggio alla
causa di Cersei non lo sarebbe” ribatté Daenerys. “Cosa pensi accadrà
se,
mentre i tuoi uomini stanno assediando Approdo del Re, venissero
attaccati
alle spalle dagli eserciti di Rosby e Stokeworth? Quelle morti sono
superflue.” Benjameen
chinò il capo.
Dany si rivolse a
Theon. “Theon, il tuo contributo alla Battaglia
delle Cinque Torri è stato vitale” disse con un sorriso, “così ho
deciso di
nominarti maestro della flotta. Quando siederò sul Trono di Spade farai
parte
del mio Concilio Ristretto.”
Jon sbirciò la reazione di Theon. Sembrava genuinamente esterrefatto. Jon non aveva perdonato Theon, più che altro tollerava la sua esistenza e provava pena per lui, ma dovette dar ragione a Daenerys. Senza di Theon gli Uomini di Ferro di Euron avrebbero preso la Torre delle Conchiglie, pensò, e probabilmente avremmo perso.
Theon stava ancora
tentando di parlare. “Vostra grazia, non merito tale onore...”
Daenerys rise. “Certo
che lo meriti” tagliò corto, “accetti?” Theon annuì e
sorrise.
“Bene” disse
Daenerys, “allora tu ti occuperai di preparare la flotta
per l’assedio. Resterai a Duskendale e lavorerai al porto.”
“Come vuoi, vostra
grazia” disse Theon e Jon sentì che il suo tono celava la gioia.
“Missandei”
chiamò poi la regina, “tu scriverai una lettera a Garth Hightower,
comandante
della guarnigione Tyrell, e gli dirai di portare i suoi uomini e i
Dothraki di
Rakandro alle porte di Duskendale. Quando saranno arrivati e avremo
ricevuto
notizie da Tyrion, Yara e Gendry, potremo procedere all’assedio.”
Missandei
annuì. “Dove la devo indirizzare?”
Daenerys parve
riflettere. “Ad Alto
Giardino” rispose poi, “qualcuno sicuramente sarà rimasto e potrà farla
recapitare a Garth.” Missandei annuì di nuovo.
“Jon” disse quindi
Daenerys e
Jon si voltò a guardarla, “è ora di mettere alla prova la nostra
alleanza: il
Nord deve fare la sua parte.”
Jon si morse il
labbro. “Daenerys, te l’ho già
detto” le ricordò, “sono pronto ad offrirti tutto il mio supporto, ho
combattuto per te, ma i miei uomini non possono scendere così a sud:
gli
Estranei sono più vicini ogni giorno che passa e l’inverno rende
l’Incollatura
molto pericolosa da superare.” Daenerys lo fissò e Jon pensò stesse per
arrabbiarsi. Invece sorrise. Forse
finalmente ha capito, si disse Jon e la
tensione lo abbandonò.
“Capisco” disse Dany,
“non richiederò il supporto del
Nord, ma tu sei alleato della Valle e delle Terre dei Fiumi.”
Jon sussultò:
l’idea di coinvolgere Baelish in una guerra a sud non lo entusiasmava
per
niente. “I Cavalieri della Valle sono rimasti nel Nord” osservò, “ma
forse
Edmure Tully potrebbe sostenerti. Io non imporrò nulla: sarai tu a
scrivergli e
a chiedergli di inviare le sue truppe. Non aspettarti però molti
uomini: casa
Tully è stata una delle più colpite dalla Guerra dei Cinque Re.” Così come
casa Stark, non poté far a meno di pensare.
Dany annuì. “Bene”
disse, “scriverò
io stessa a lord Edmure e gli chiederò di abbracciare la mia causa.” Si
diresse
verso la porta e tutti si alzarono. “La riunione è finita” annunciò,
“Tyene e
Benjameen partiranno oggi pomeriggio, mentre gli altri hanno tutti i
loro
doveri qui.”
“Cosa intendi fare
con i draghi, vostra grazia?” chiese allora
Missndei.
Daenerys si
immobilizzò, la mano ferma sulla maniglia. Si girò
nuovamente verso di loro. “Ora che siamo in una grande città non
possono
rimanere liberi” disse in tono mesto, “specialmente dopo quello che è
successo
alla Roccia del Drago. Li rinchiuderò io stessa nei sotterranei del
castello.
Potete andare.” Daenerys lasciò per prima la stanza e corse via. Tyene
e
Benjameen tornarono nelle loro stanze, mentre Theon scese al porto.
Missandei
invece salì alla corvaia per cercare un corvo adatto a inviare la
lettera.
Rimasto solo, Jon si
chiese cosa potesse fare. Era piuttosto strano avere del
tempo libero. Così decise di approfittarne per farsi un bagno e cercò
le stanza
delle vasche. Quando finalmente la trovò, aprì la porta di scatto.
Quasi fece
un salto indietro quando vide che dentro c’era già Jorah. Il cavaliere
era
seduto sul bordo di una vasca ed era a petto nudo. Stringeva nella mano
destra
una spugna e se la strofinava con veemenza sul corpo. Appena sentì Jon
entrare,
alzò la testa e si coprì il braccio sinistro, ma ormai il danno era
fatto. Jon
aveva visto il segni del Morbo Grigio sulla sua pelle.
“Perché sei qui?”
chiese
Jorah in tono aspro “Vattene.”
Jon invece entrò e chiuse la porta alle sue spalle. “Daenerys mi aveva detto che avevi trovato un cura” disse avvicinandosi, “ma se fosse così la pelle sarebbe tornata al suo colore naturale, non sarebbe diventata nera.”
“E’ un caso diverso”
borbottò Jorah, “ma
sono guarito.”
“La figlia di Stannis
Baratheon, Shireen, era stata curata da
piccola dal Morbo Grigio” continuò Jon, “ma la sua cicatrice non era
come la
tua. La sua, nonostante tutto, sembrava pelle, la tua sembra roccia.”
Jorah
sospirò e sembrò accasciarsi.
“Non ti sei mai
curato” mormorò Jon, colpito da un
gesto tanto temerario: avrebbe potuto contaminare altre persone, anche
senza
volerlo.
“Non è così” disse
Jorah, “è solo più complicato.” Jon si sedette
accanto a lui, invitandolo con lo sguardo a continuare.
“Ho viaggiato per il
Continente Orientale alla ricerca di una cura” raccontò Jorah con
amarezza, “ma
ovunque mi dicevano che la malattia mi stava consumando e che mi sarei
dovuto
rassegnare. Poi incontrai una donna che avevo già visto a Qarth.
Portava una
maschera sul volto e diceva di chiamarsi Quaithe. Mi offrì un patto:
avrebbe
potuto trattare la pelle infetta e bloccare la malattia, in modo che
non
potessi più rischiare di trasmetterla ad altri, ma ciò avrebbe
accelerato il
decadimento dell’infezione. Mi disse che se avessi accettato il Morbo
Grigio
non mi avrebbe ucciso in dieci anni o più, ma in massimo tre lune.”
Jon era
incredulo. “E tu hai accettato?”
Jorah annuì.
“Desideravo solo una
cosa” disse con un sorriso da sognatore, “poter essere al fianco di
Daenerys
quando avrebbe conquistato i Sette Regni. In questo modo potrò spendere
il
resto dei miei giorni con lei, senza rappresentare un rischio per
qualcuno.”
Jon si sentì oppresso
da un indicibile tristezza. “Quanto ti resta?” chiese a
bassa voce.
“Poche settimane
ormai” rispose Jorah, “ma saranno sufficienti.”
“Daenerys non ne sa
niente.”
Jorah scosse la
testa. “Non volevo
che fosse influenzata da questo” spiegò, “volevo mi trattasse come ha
sempre
fatto e che non fosse in pena per me. Maestro Pylos ovviamente ha
capito subito
la situazione, ma è un brav’uomo e ha accettato di aiutarmi a mantenere
il
segreto: tu sei il primo dopo di lui a scoprirlo.”
“Se non vuoi” disse
Jon,
“non lo dirò a Daenerys.” Poi non poté trattenere la curiosità. “Mi ha
detto
che tu l’hai tradita” disse ricordando le parole di Daenerys dopo quel
pomeriggio di passione.
Jorah lo guardò. “E’
vero” rispose con amarezza, “ma è
stato tanto tempo fa.”
“Daenerys ha parlato
di una profezia” continuò Jon, “di
tradimenti e…”
“Era la profezia
degli stregoni di Qarth” lo interruppe Jorah.
“Le hanno predetto che dovrà accendere tre fuochi, cavalcare tre
destrieri e
subire tre tradimenti.”
“Ma ora i tradimenti
sono finiti” osservò Jon, “o
almeno lei sostiene che sia così… La strega che le ha ucciso suo figlio
era il
tradimento per sangue, mentre tu l’hai tradita per oro e…”
“Io non l’ho tradita
per oro!” esclamò Jorah indignato “Volevo solamente ottenere il perdono
reale e
poter tornare a casa… Ascoltami: quella era solo una stupida profezia e
non
tutte le profezie si avverano. Sai che cosa le avevano anche predetto
quando
ancora viveva con i Dothraki? Che suo figlio sarebbe diventato lo
Stallone che
Monta il Mondo, che avrebbe unito tutti i khalasar sotto il suo
vessillo. E
prima ancora, suo fratello Rhaegar era ossessionato dall’idea del drago
che
doveva avere tre teste ed era convinto che suo figlio sarebbe stato il
Principe
che fu Promesso. E che cosa è successo? Rhaego e il principe Aegon sono
stati
uccisi e le profezie non si sono avverate. Non è bene che Daenerys
perda il sonno
a casua di queste sciocchezze.” Jon lo stava fissando, le mani sulle
ginocchia
e il busto in avanti.
Jorah fece una breve
pausa. “Daenerys mi ha detto tutto,
sai” disse senza guardarlo, “della vostra alleanza, del vostro
imminente
matrimonio…”
Jon si sentì
all’improvviso estremamente a disagio. Trovarsi nella
stessa stanza di un uomo prossimo alla morte e così follemente
innamorato non
sembrava più una scelta saggia.
“Tu la ami?” chiese
Jorah tornando a guardarlo.
Jon deglutì un paio
di volte. Una parte di lui avrebbe voluto scoppiare a
ridere, tergiversare, dire che sposava Daenerys solamente per senso del
dovere
e per spirito di sacrificio. Forse le ragioni che l’avevano spinto in
principio
ad accettare il patto offertogli da Daenerys erano davvero mosse da
sentimenti
del genere, ma ora la situazione era cambiata e Jon non riusciva bene a
capire
quanto. Una parte di lui gli urlava di star tradendo Ygritte e la sua
casata,
ma le emozioni alla fine furono quelle che ebbero la meglio.
“Sto imparando a
farlo.”
Jorah annuì. “Lei ti
ama?” chiese in tono indecifrabile.
“Così dice” rispose
Jon sulle difensive. Jorah si alzò in piedi e Jon fece altrettanto.
“Bene”
disse il cavaliere, “vi auguro di essere felici.” Gli tese la mano e
Jon la
prese esitante. La stretta di Jorah era ferrea e faceva scricchiolare
le dita.
Jon strinse le labbra.
“Trattala con onore,
Jon Snow” sussurrò Jorah con voce
velatamente minacciosa, “come merita una regina e rendila felice.”
Lasciò
andare la mano e Jon dovette combattere l’impulso di ritrarsi. Invece
rimase a
fissare Jorah negli occhi.
“Lo farò.”
Jorah annuì. Si
infilò la
camicia che aveva lasciato sul pavimento e coprì con cura il braccio
infetto.
Fece per uscire, poi si voltò. “Altrimenti ti strapperà il cuore” disse
con un
ghigno, “e lo darà in pasto ai suoi draghi.”
La porta sbatté di
nuovo e Jon
rimase solo con il suo turbamento.
Davos
Sembrava passato così
tanto tempo
da quando aveva lasciato Porto Bianco per recarsi di nascosto alla
Roccia del
Drago con Brienne ed era strano ritornarci. Davos contava che gli
Uomini di
Ferro lasciati da Euron Greyjoy sarebbero stati colti di sorpresa e si
augurava
la liberazione non avrebbe richiesto troppo tempo. Via via che la Furia Grigia sia avvicinava alla costa
si potevano scorgere i resti di quella che era stata la piccola flotta
del Nord.
Davos era certo fra quei relitti ci fossero anche le navi di Stannis. E’ stato
bruciato tutto, si disse ricordando il racconto di Theon. Le
banchine erano
deserte e dalla città non provenivano rumori.
Gendry era
particolarmente
nervoso. “Cosa dobbiamo fare?” chiese in tono falsamente tranquillo.
“Per prima
cosa stare calmi” scherzò Davos, “e ricordare il piano.”
“Abbiamo un piano?”
chiese sorpreso Gendry.
Davos capì che stava
entrando nel panico. “Te l’ha spiegato
ser Andrew prima.”
Gendry sospirò. “Non
posso guidare un assedio”
mormorò, “non so come fare!”
“Non sarà un assedio
se siamo fortunati” replicò
Davos, “probabilmente si arrenderanno.”
“E se non lo
facessero?” insistette
Gendry “se decidessero di combattere?”
“Allora lascerai il
comando a tuo zio
Eldon” disse Davos, “e resterai nelle retrovie al sicuro.”
Gendry sollevò il
capo. “Ma un buon capo guida il proprio esercito” fece notare con
amarezza,
“non si nasconde come un codardo…”
Davos rise. “Sì e in
teoria i sovrani
dovrebbero seguire i loro sudditi in battaglia” disse, “eppure Daenerys
non è
qui.” Gli passò un braccio intorno alle spalle. “Andrà tutto bene” lo
rassicurò, “gli Uomini di Ferro non saranno più di mille: li superiamo
dieci a uno.”
Gendry parve
rilassarsi e Davos si alzò dalla scomoda panca di legno sul ponte
della nave. “Guarda” disse, “siamo arrivati.” Nel porto c’erano
solamente una
cinquantina di navi della Flotta di Ferro, perciò le imbarcazioni della
Tempesta non riscontrarono difficoltà nel legare gli ormeggi. Gendry fu
raggiunto sul pontile da Andrew ed Eldon Estermont e subito dopo da
Lester
Mirrigen e Monterys Velaryon. Il bambino era avvolto da un mantello blu
notte
con un piccolo fermaglio a forma di cavalluccio marino ed aveva
un’espressione
corrucciata che gli donava almeno un paio di anni. A Davos ricordò
incredibilmente la piccola Lyanna Mormont. Tutti insieme si diressero
verso le
case bianche della città. Le strade erano silenziose.
“Dove sono finiti
tutti?”
chiese Andrew stupito. Davos non voleva subito pensare al peggio.
“Forse sono
scappati” suggerì Gendry incerto. Si avvicinava sempre più al bianco
castello
dei Manderly e Davos sentiva l’ansia crescere a ogni passo. Finalmente
raggiunsero le mura. Eldon diede ordini ai soldati di disporsi su tre
file e di
stare pronti. Gli arcieri avevano già gli archi tesi e la mano di Davos
scivolò
istintivamente su Giuramento. Per qualche istante non successe nulla.
Poi sulle
mura comparvero degli uomini.
“Chi siete?” gridò
una guardia dalla voce
profonda. Davos stava per dire qualcosa, ma Gendry fece un passo
avanti.
“Sono
Gendry Baratheon, lord di Capo Tempesta e alleato di
Daenerys Targaryen. Questa città appartiene al Re del Nord: vi chiedo
di arrendervi
e di consegnare il cancello.”
La sentinella scoppiò
in una squallida risata. “E
perché mai dovremmo, ragazzino?”
“Euron Greyjoy è
morto”
intervenne Davos, “le sue navi ora appartengono alla Madre dei Draghi.
Molti
Uomini di Ferro alla Roccia del Drago hanno scelto di arrendersi e
Daenerys ha
permesso loro di ritornare alle proprie isole. Sappiamo che non avete
abbastanza uomini, quindi perché ostinarsi a combattere per una causa
ormai
persa?”
“Abbiamo degli
ostaggi” osservò l’uomo sulle mura, “ogni singolo
abitante di Porto Bianco morirà prima che i vostri soldati riescano a
prendere
il castello.”
Era successo
esattamente ciò che avevano tanto temuto. Davos
strinse le labbra e Gendry si voltò verso di lui. “Cosa facciamo?”
chiese incerto.
“Dobbiamo prendere
quel castello” disse Morrigen, “dobbiamo attaccare, mio
signore.”
“Ma causeremmo la
morte di centinaia di innocenti” protestò Andrew.
Morrigen lo squadrò
dall’alto in basso. “Cosa suggerisci di fare allora?”
chiese in tono di sfida.
“Chiediamo di inviare
qualcuno a trattare la resa”
propose ser Andrew, “così da guadagnare almeno un po’ di tempo:
sentiamo cosa
hanno da dire e poi decidiamo.” Morrigen non rispose, ma Davos capì che
era
d’accordo.
Gendry annuì. Si girò
nuovamente verso le mura. “Desideriamo
discutere i termini della resa del castello” disse, “inviate un vostro
rappresentante a dialogare oppure troveremo un modo per far breccia
nelle
mura.”
La sentinella non
rispose e si limitò a scomparire otlre i bastioni.
Davos si avvicnò a Gendry e attesero un paio di minuti. Poi il portone
si
spalancò e venne fuori un uomo con il simbolo dei Greyjoy sull’armatura
scortato da quattro soldati. Gendry fece un respiro profondo e andò
loro
incontro. Si comporta come un vero
lord, pensò Davos con ammirazione e lo
seguì. Furono presto raggiunti da Andrew Estermont che portava il
vessillo dei
Baratheon.
“Chi sei?” chiese
Gendry rivolto all’uomo accigliato che lo stava
fissando.
“Gyles Farwynd”
rispose quello sporgendo il mento, “erede di Luce
Solitaria e incaricato da re Euron di tenere Porto Bianco.”
“Sai queli erano
le intenzioni del tuo re quando ha lasciato questa città?” chiese Davos
e Gyles
annuì. “A Roccia del Drago è stato versato già abbastanza sangue”
proseguì
Davos, “non vogliamo che questa questione finisca in un massacro.”
“Vi daremo
la possibilità di lasciare il Nord” incalzò Gendry, “avete la mia
parola.”
Gyles
Farwynd rise. “Due volte un uomo ha fatto questa offerta agli Uomini di
Ferro,
a Grande Inverno e Moat Cailin” disse a bassa voce, “e due volte il
patto non è
stato rispettato. I nostri fratelli sono stati passati a fil di spada
proprio
da coloro che avevano giurato di avere clemenza.”
Gendry parve confuso,
ma
Davos aveva capito. “E’ stato Ramsay Bolton” osservò, “è stato lui a
scuoiare i
vostri uomini vivi e a gettarli in pasto ai suoi cani: lord Gendry vi
sta offrendo
un accordo sincero.”
“E io come faccio
sapere che non state mentendo?” chiese
Gyles stringendo gli occhi “Che non brucerete le nostre navi appena
saremo saliti?”
“Quelli qui che hanno
la passione di dare alle fiamme le navi avversarie siete
voi” osservò Davos con voce dura. Poi sorrise. “Ma se non volete
arrendervi,
fate pure” disse con calma. “Noi saremmo stati clementi: lord Gendry e
i suoi
alfieri non hanno mai avuto nulla a che fare con gli Uomini di Ferro,
non
stanno cercando alcuna vendetta. Non hanno interesse a vedervi
distrutti e
neppure Daenerys Targaryen. Dall’altra parte la gente del Nord... Oh sì
che
avrebbe motivo per sterminarvi tutti, non trovi? Noi possiamo aspettare
i
rinforzi da Grande Inverno e quando saranno arrivati prenderemo questo
castello
prima che abbiate la possibilità di impiccare il primo ostaggio. A voi
la
scelta…” Gendry ed Andrew lo stavano guardando con ammirazione. Davos
aveva spudoratamente
mentito riguardo al Nord, le cui truppe non si sarebbero mosse da
Grande
Inverno e dalla Barriera almeno fino al ritorno di Jon, ma sembrava che
le sue
parole avessero sortito l’effetto sperato.
Gyles si guardava
intorno a disagio.
Poi si rivolse a Gendry. “Se consegnamo il castello” mormorò, “non
romperete la
vostra promessa?”
“Non lo faremo”
promise in tono solenne Gendry, “lo giuro
sulla mia spada.” E la estrasse dal fodero. Davos era sorpreso anche
solo dal
fatto che avesse una spada. La osservò attentamente e il suo stupore
divenne
incredulità. E’ acciaio di Valyria,
pensò. Dove l’ha trovata?
Gyles annuì,
poi fece un cenno verso le guardie ancora sulle mura. Presto il
vessillo della
piovra fu ammaniato e sui bastioni tornarono a sventolare il tritone
dei
Manderly e il meta-lupo degli Stark. I vicnitori poterono entrare nel
castello,
mentre lord Eldon si occupava di condurre gli Uomini di Ferro alle loro
navi.
Davos si chiedeva se Yara Greyjoy li avrebbe fatti tutti giustiziare
ugualmente, ma si rese conto che non era un suo problema.
La popolazione di
Porto Bianco fu liberata e tutti riconoscevano Gendry e urlavano il suo
nome.
Il ragazzo sembrava profondamente emozionato e Davos era felice di
vederlo
sorridere. Presto poterono prendere posto nella sala dei banchetti e
Davos si
sedette al fianco di Gendry. “Dove l’hai trovata quella spada?” chiese
accennando all’arma.
“Re Jon me l’ha
donata” spiegò Gendry, “la notte prima di
partire. Mi ha detto che era la spada di Euron Greyjoy e che si chiama
Crepuscolo.”
Davos era sorpreso. “E’ acciaio di Valyria.”
Gendry
annuì. “Sì, l’aveva già notato” disse estraendo di poco la spada, “so
che può
uccidere gli Estranei. Ma perché il re l’ha voluta dare proprio a me?”
Davos
inarcò le sopracciglia. “Forse voleva fornirti un’arma…” azzardò, ma
Gendry
scosse la testa. “Sa bene che ho già Tuono, la mia mazza” disse, “mi ha
visto
combattere sulla nave contro i sicari di Euron… Quindi, perché?”
Davos sopirò.
“Doveva pur darla a qualcuno” osservò, “e tutti sanno che io combatto
peggio di
un bambino.”
“Lo stesso vale per
me” ribatté Gendry, “sembra come mi avesse
voluto fornire un qualche indizio per capire qualcosa, come volesse che
facessi
qualcosa…”
Davos lo stava
guardando negli occhi. In effetti Jon avrebbe potuto
benissimo regalare la spada a Gendry in pieno giorno, poco prima della
partenza, e invece aveva scelto la notte, come non volesse essere
scoperto.
Davos stesso non si era accorto della spada di Gendry fino a non molti
minuti
prima. “Ricordi cosa ti ha detto esattamente?” chiese avvicinando la
sedia.
Gendry ci pensò sopra
un attimo. “Mi ha detto sappi che l’acciaio di Valyria
uccide gli Estranei” recitò, “in caso di bisogno, usala
a Nord.”
Davos si grattò il mento: sembrava un messaggio criptico, sempre ammesso fosse davvero un messaggio.
Poi Eldon Estermont
arrivò a sedersi accanto a Gendry. “Ci sono
notizie sorprendenti, nipote” disse. “Abbiamo ricevuto voci secondo cui
il Nord
sarebbe sull’orlo di una guerra civile: sembra c’entrino in qualche
modo dei
ribelli della Valle. Non sappiamo altro, ma il Nord potrebbe non essere
più un
posto sicuro anche ora che Porto Bianco è liberata.”
Fu allora che Davos
capì.
Si alzò in piedi, subito imitato da Gendry. “Puoi scusarci un momento,
lord
Eldon?” chiese ed Estermont chinò il capo e fece ritorno al suo tavolo.
Davos
si rivolse a Gendry. “Seguimi” gli disse e lo condusse lontano dalla
sala, fino
in una stanza vuota.
Gendry aveva gli
occhi sgranati. “Una rivolta nel Nord?”
chiese incerto.
Non lo sappiamo”
osservò con calma Davos, “potrebbero essere,
anzi sono probabilmente, delle notizie di qualche giorno fa, prima che
gli
Uomini di Ferro si ritirassero nel castello per paura delle ritorsioni
di
Daenerys.” Jon gli aveva accennato ad una certa tensione fra lui e
Baelish, ma
Davos non aveva mai pensato questa sarebbe potuta sfociare addirittura
in una
rivolta.
“Ascoltami” disse
posando le mani sulle spalle di Gendry, “Jon ha
corso un rischio enorme affidantoti quella spada, se fosse scoperto
potrebbero
accusarlo di tradimento.”
Gendry era esterrefatto. “E’ solo una spada…” mormorò.
Davos scosse la
testa. “Jon con quelle parole intenteva dirti di
portare il tuo esercito a Nord semmai le cose si fossero messe male”
spiegò,
“di proteggere la sua famiglia e la sua casa ora che lui non può.”
Davos si sentiva un idiota: e lui che aveva pensato Jon avesse
abbandonato la causa del
Nord!
Gendry sembrava
spaventato. “Ma io ho promesso alla regina che avrei
riportato i soldati nelle Terre della Corona dopo aver liberato Porto
Bianco” disse a bassa voce, “ho giurato
fedeltà a lei…”
Davos sorrise. “Non
devi fare nulla che tu non voglia” disse in
tono rassicurante. “Jon ti ha solo chiesto aiuto, ma allo stesso tempo
ti ha
esposto a grandi rischi. Io farò come è stato stabilito ed andrò a
Grande
Inverno e porterò con me il Vetro di Drago, ma tu puoi scegliere.”
Gendry
sembrava incapace di articolare una frase di senso compiuto.
“Io non voglio
vederti in pericolo” disse Davos in tono affettuoso, “ma non posso
nemmeno
obbligarti ad andare o a tornare indietro. Il Nord è nei guai e sembra
non a
causa del Re della Notte o degli Estranei, ma per problemi interni.
Lady Sansa non
ha gli uomini per affrontare una rivolta e il fatto che non abbia
avvertito suo
fratello mi fa temere il peggio.”
“Il mio esercito
farebbe la differenza?”
chiese Gendry in un sussurro.
Davos sapeva di dover
essere onesto ed annuì.
“Non è una decisione da prendere a cuor leggero” mormorò guardando
Gendry negli
occhi, “appena la regina saprà che le hai voltato le spalle saremo
tutti
accusati di tradimento.”
“E cosa farà re Jon
allora?”
Davos
sospirò. “Conosce i rischi” disse con voce grave, “ma se è abbastanza
furbo
darà la colpa a noi.” Davos era perfettamente certo Jon non l’avrebbe
mai
fatto, ma non voleva mettere toppo sotto pressione Gendry. Jon ha fatto la sua
scelta, si disse capendo che quello era l’unico modo per
garantire al Nord
protezione nonostante le tante guerre nel Sud.
Gendry stava
annuendo. “Tu mi
hai salvato la vita da Stannis e dalla Donna Rossa, ser Davos” disse,
“e re Jon
mi ha portato con sé via da Porto Bianco senza neanche conoscermi e ha
avuto
fiducia in me. Se ora sento di essere qualcuno, è solo merito vostro.
Non vi volterò le spalle, qualcunque sia il prezzo.” Gendry si avviò
nuovamente verso la sala dei banchetti e Davos lo seguì. Non
poteva credere a quanto quel ragazzo fosse cresciuto in così poco
tempo. Appena
entrarono Gendry sussurrò qualcosa all’orecchio di ser Andrew, che
batté il
calice sul tavolo per richiedere silenzio.
“Miei signori” inizò
Gendry ad alta
voce, “avevamo preso un impegno con Daenerys Targaryen: riportare il
nostro
esercito ad Approdo del Re, così da poterla aiutare a prendere il Trono
di
Spade.” Ci furono esclamazioni e borbottii. “Tuttavia” continuò Gendry,
“io
sono dell’idea che dovremmo cambiare il nostro piano.” La sala iniziò
ad
agitarsi.
“Il Nord è nei guai”
spiegò Gendry, “tutti noi sappiamo che i veri
nemici verranno da oltre la Barriera, eppure la regina si rifiuta di
inviare
uomini a proteggere il Nord, che ora sembra anche precipitato nel
caos.”
“Perché dovrebbe
interessarci?” chiese Morrigen “Abbiamo giurato fedeltà a
Daenerys…” Davos vide Gendry annuire.
“Il Re del Nord è mio
amico” disse il
ragazzo, “e se sono qui ora, a parlare come vostro signore, lo devo
solo a lui
e a ser Davos.”
“Questo non lo
mettiamo in dubbio, mio signore” intervenne
Duram Bar Emmon, “ma non è nostro compito proteggere il regno di
qualcun
altro.”
“Io non vi chiederò
di seguirmi” disse Gendry, “coloro che vorranno
potranno portare le proprie navi a Sud, aiutare Daenerys Targaryen e
nessuno li
fermerà. Ma io andrò a Grande Inverno, insieme a ser Davos e a coloro
che
vorranno venire, perché è nei momenti di paura e sconforto che ci
dobbiamo
aiutare l’un l’altro. Jon Snow ha aiutato le Terre della Tempesta a
ritrovare
la stabilità e ora io tenterò di salvare il suo regno dalla guerra
civile. Coloro
che verranno con me saranno considerati dalla regina come traditori,
voltagabbana e bugiardi, ma avranno modo di aiutare davvero i Sette
Regni.”
Davos era davvero
colpito dalla bellezza di quel discorso. La semplicità della
mente non istruita di Gendry era meravigliosa e gli permetteva di
arrivare
dritto al punto. I suoi alfieri erano straordinariamente silenziosi.
Poi Andrew si alzò in piedi. “Te l’ho detto, mio signore” disse con un sorriso, “ti seguirò ovunque.” Gendry annuì e Davos vide che era sollevato. “
Hai parlato
bene” ammise Morrigen con una smorfia, “un uomo non può rimanere
insensibile a
un tale discorso… mio signore.” In molti sollevarono il calice in segno
di
approvazione.
Tutti attendevano il
verdetto di Eldon Estermont. “Ritengo sia
una decisione avventata” disse l’anziano lord di Pietraverde, “dettata
dal
furore della gioventù… Ma in fondo, il motto dei Baratheon è Nostra è la furia: cosa potevamo
aspettarci dal figlio di re Robert? Noi saremo sempre con te, mio
signore.”
Ormai era fatta e
nessuno osò scegliere di tornare a Sud. Tutti sembravano
entusiasti all’idea di vedere il Nord, come dimenticando che era stato
la tomba
di Stannis Baratheon e della sua famiglia, e si complimentavano con
Gendry per
il grande coraggio.
Davos osservava la
scena in disparte, guardando Gendry con
sguardo fiero. Jon era in trappola a Sud costretto a sposare la regina
per
salvare il suo popolo, ma loro avrebbero aiutato Sansa a combattere i
ribelli,
i non-morti e gli Estranei, per il bene del Nord e dei Sette Regni. Quindi sta
accadendo davvero, realizzò Davos. Stiamo veramente sfidando Daenerys
Targaryen Nata dalla Tempesta? Ci stiamo davvero ribellando al suo
volere?
Davos era certo la
reginetta non l’avrebbe presa bene, ma, vedendo il sorriso
di Gendry e ricordando la tristezza di Jon bloccato così lontano da
casa, capì
che ciò che pensava Daenerys Madre dei Draghi non gli interessava.
Sansa
Brienne era arrivata
a Grande
Inverno due giorni dopo l’esecuzione di Baelish. Quando il suo cavallo,
un
meraviglioso esemplare di Dorne, era entrato al trotto nel cortile,
Sansa si
era precipitata fuori dalla sua stanza senza nemmeno finire di
intrecciare le
ultime ciocche di capelli. Arya le era venuta dietro con un’espressione
diffidente sul volto. Sansa non poteva credere Brienne fosse riuscita
ad
abbandonare Roccia del Drago ed era piuttosto strano avesse impiegato
tutto
quel tempo a tornare.
Perché Davos non è con lei?
Brienne sembrava
raggiante. “Lady Sansa” la salutò chinando appena il capo,
“sono dolente di non essere potuta tornare più in fretta, sapevo avevi
bisogno
di me, ma…”
“Non c’è bisogno di
scusarsi” la interruppe gentilmente Sansa,
“sono felice sei di nuovo qui. Credo tu abbia già incontrato mia
sorella
Arya…”
Gli occhi di Brienne
divennero enormi quando il suo sguardo si posò su
Arya, che aveva fatto un passo avanti. Sembrava rimasta senza parole.
“S-sono
contenta di vedere che stai bene” balbettò Brienne davvero a disagio.
“Mi
dispiace di non essere riuscita a proteggerti, mia signora.”
“Chiamami Arya” la
invitò lei, “e non è stata colpa tua: sono io che sono fuggita.”
Sansa aveva
già ascoltato quella storia. “Mia sorella è andata a Braavos” disse
alzando gli
occhi al cielo, “ed è stata lei ad uccidere Walder Frey e a liberare
nostro zio
Edmure. Non credo avesse bisogno della tua protezione.” Ora Brienne era
davvero
esterrefatta e fissava Arya con espressione quasi spaventata.
“Entriamo dentro”
le incitò Sansa per smorzare la tensione crescente, “ci sono tante cose
che ci
devi raccontare, Brienne.” Diede ordine ai lord e ai vari inservienti
di non
disturbarle, ma permise a Brienne di salutare il suo scudiero.
Podrick era al
settimo cielo. “Mia signora!” esclamò appena la vide “Sono così…”
“Spero le tue abilità nel combattere siano enormemente migliorate” lo interruppe Brienne incrociando le braccia.
Podrick arrossì.
“Credo si sì” rispose imbarazzato.
Brienne annuì. “Dopo
controlleremo” disse e seguì Sansa ed Arya nella stanza che un tempo
era stata
di Catelyn. Sansa ricordva come amava giocare accanto al fuoco mentre
sua madre
ricamava sulla sedia a dondolo. Si sedettero al tavolo e Sansa versò il
vino. Arya preferì la birra e bevve un intero boccale in pochi secondi.
Sansa
fece finta di non aver visto sua sorella pulirsi la bocca con la
manica.
“Allora” disse
rivolta a Brienne, “raccontaci tutto... La Regina dei Draghi ti ha
lasciato andare?”
Brienne sospirò.
“Teneva me e ser Davos prigionieri” replicò,
“ma io sono riuscita a fuggire. Davos invece è voluto rimanere e…”
“Come sta mio
fratello?” la interruppe Arya sporgendosi sulla sedia.
“Arya!” la sgridò
Sansa
“Lasciala parlare!”
“Nessun problema” la
tranquillizzò Brienne con un sorriso.
Poi si rivolse ad Arya. “Sono fuggita prima che Jon Snow arrivasse alla
Roccia
del Drago, mi dispiace” disse e Arya chinò il capo.
“E dopo dove sei
andata?”
chiese Sansa.
Brienne inspirò
profondamente. “Sarei voluta tornare subito al
Nord, mia signora” rispose, “ma mi sono ritrovata sulle navi dirette a
Vecchia
Città.”
Sansa era stupita.
“Vecchia Città?” chiese confusa “Perché mai Daenerys
avrebbe dovuto inviare qualcuno a Veccia Città?”
“Da quello che ho
capito aveva
diviso il suo esercito in due” spiegò Brienne, “metà è stato inviato a
Porto
Bianco a proteggere la città da Euron Greyjoy e l’altra metà ad Alto
Giardino.”
“Euron Greyjoy ha
conquistato Porto Bianco” osservò Sansa, “non sapevo però
avesse affrontato anche gli uomini di Daenerys Targaryen…”
“Euron ha attaccato
anche la Roccia del Drago” disse a bassa voce Brienne e Sansa ed Arya
sia
guardarono. Jon era lì, cosa sarà
successo?
“Credo però
sia stato sconfitto” continuò Brienne, “o almeno così ho sentito sulla
strada
verso Grande Inverno…”
Sansa tirò un sospiro
di sollievo. “E poi dove sei stata?” chiese riprendendo il filo del
discorso.
“Ho seguito
l’esercito Tyrell
in battaglia contro Jaime Lannister” rispose Brienne, “e l’esercito di
Daenerys
è riuscito a tenere il castello.” Brienne esitò. “Lady Olenna è stata
avvelenata” confidò e Sansa sussultò, “non si sa da chi, ma è morta. Io
sono
partita subito dopo…”
Sansa ricordava la
vecchia ed energica Regina di Spine.
Ammirava la sua determinazione, così come aveva sempre invidiato la
capacità di
Margaery di convincere con gentilezza le persone a fare quello che
voleva.
Sansa aveva sempre pensato loro fossero le donne in grado di reggere il
gioco
del trono ed era disgustata dalla propria debolezza. Eppure sono state uccise,
pensò, e io sono viva.
“Sono felice tu sia
di nuovo fra noi, Brienne. E' successo così tanto mentre eri via…”
Brienne strinse
le labbra. “Baelish ti ha importunata?” chiese con voce dura “Lo uccido
se è
così…”
Sansa rise. “Diciamo
che ha fatto di tutto per farmi tradire la mia
famiglia” raccontò, “ha perfino organizzato una marcia dei Cavalieri
della Valle su
Grande Inverno.” Brienne era quasi saltata sulla sedia.
“Non c’è stata una
battaglia” la tranquillizzò Sansa, “siamo riusciti a gestire la
situazione.
Baelish è stato giustiziato per il suo tradimento.”
Brienne sembrò
rilassarsi.
“Com’era giusto, mia signora.”
“Ti avverto, Brienne”
disse Sansa in
tono falsamente minaccioso, “chiamami ancora una volta mia
signora e ti farò bandire da Grande Inverno. Sono Sansa per
te.” Brienne si irrigidì per un momento, poi sorrise.
Sansa si alzò in
piedi.
“Mio fratello e Davos ancora non sono tornati” disse con amarezza, “e
io ho un
intero regno a cui pensare… Spero solo Jon non abbia ceduto alle
lusinghe di
quella regina…”
“Lo sai che non lo
farebbe mai!” esclamò Arya con foga.
“Jon è
cambiato, Arya” sospirò Sansa, “è diverso da come lo ricordi.”
“Io lo conosco
molto meglio di te” borbottò Arya e Sansa sentì un dolore nel petto,
“so che
non tradirebbe mai la fiducia dei suoi uomini.”
Sansa si augurava sua
sorella
avesse ragione. E’ vero,
pensò, non conosco Jon come dico di
conoscerlo, non
so veramente cosa pensi o cosa voglia. Era strano capire di aver
compreso
molto meglio l’anima di un serprente come Baelish piuttosto che quella
del
proprio fratello. Sansa decise di non pensarci.
Arya stava fissando
Brienne.
“Il Mastino è tornato, sai” disse. “Non l’avevi ucciso, ma c’eri andata
molto
vicino. Ora è dalla nostra parte.”
Brienne era rimasta a
bocca aperta. “Non
credo sia un uomo affidabile…” iniziò, ma Arya la interruppe subito.
“La lealtà
di Sandor Clegane è fuori discussione” disse asciutta, “è anche merito
suo se
sono riuscita a smascherare i piani di Ditocorto.”
Brienne chinò il capo
in
segno di rispetto. “Se è così” disse in tono fiero, “non dirò più nulla
contro
di lui.” Arya annuì, un sopracciglio alzato.
Sansa sapeva di dover
riportare
l’ordine. “Sarai molto stanca per il viaggio” disse rivolta a Brienne,
“ti
prego, va’ a riposarti. Ordinerò di portare acqua calda nella tua
stanza
qualora tu volessi fare un bagno. Parleremo ancora a cena: ci sarà un
banchetto
in onore del ritorno di mia sorella.”
Brienne sorrise. “Non
mancherò” assicurò
e uscì.
Sansa si accorse che
Arya la stava fissando. “Cosa c’è?” chiese
inarcando le sopracciglia.
“Ti fidi di quella
donna?” le chiese Arya in tono
sospettoso.
“Sì, mi ha salvato la
vita quando sono fuggita da Ramsay” rispose
Sansa, “senza di lei non avrei mai raggiunto la Barriera.” Fece una
pausa. “E
tu ti fidi del Mastino?” chiese ironica e Arya rise.
“Lo sai” continuò
Sansa,
“mi ha aiutato ad Approdo del Re e mi ha protetto come poteva da
Joffrey. Avevi
ragione tu Arya, era davvero un mostro ed io ero così cieca…”
Arya le venne
vicina e le prese la mano. “Eri innamorata” disse, “non potevi sapere
chi era
davvero.”
Sansa sollevò lo
sguardo, gli occhi improvvisamente colmi di lacrime.
“Tu c’eri, vero?” chiese “Quando hanno decapitato nostro padre. Ho
sempre
sentito che tu eri là nella folla, da qualche parte…” Arya annuì, le
labbra
serrate. Per un po’ nessuna delle due parlò.
“Ero anche alle Torri
Gemelle”
mormorò poi Arya e Sansa girò la testa di scatto, “ho sentito le Piogge
di
Castamere suonare e visto cosa hanno fatto al cadavere di Robb…” Sansa
stava
trattenendo il respiro.
“Ho visto i
balestrieri uccidere Vento Grigio” proseguì
Arya con amarezza, “ho visto il vessillo degli Stark bruciare. Volevo
entrare,
andare a salvare mio fratello, ma il Mastino mi ha afferrato. Mi ha
portata via
da lì e mi ha salvato la vita.” Ora Sansa stava singhiozzando.
“Ho continuato a
sperare nostra madre fosse sopravvissuta” andò avanti Arya, “pensavo
fosse
stata presa prigioniera. Poi ho sognato Nymeria che ritrovava il suo
cadavere
sulla riva del fiume e ho capito che era morta.”
Sansa non resistette
ed
abbracciò sua sorella. Sentì le braccia di Arya aggrapparsi alla veste
sulla
schiena e la strinse più forte. “E’ tutto passato” mormorò lottando con
i
singhiozzi che le mozzavano le parole, “nostro padre, nostra madre,
Robb e
Rickon non ci sono più, ma abbiamo ancora una famiglia. Io e te siamo
vive,
siamo insieme, e presto Jon tornerà e forse anche Bran è ancor là fuori
da
qualche parte. La nostra famiglia esiste ancora, Arya, e dobbiamo
difenderla a
tutti i costi.” Si separarono e Sansa tirò le labbra in un sorriso.
Arya
sembrava piuttosto turbata.
“Non sono mai stata
una brava sorella maggiore”
disse Sansa abbassando lo sguardo, “ma voglio rimediare. Ricorda che a
me puoi
dire tutto…” Arya annuì e in quel momento entrò Podrick.
Sansa raddrizzò la
schiena. “Hai dimenticato di bussare, Pod” disse severa.
“Mi dispiace, mia
signora” balbettò Podrick, “è arrivata una lettera e un dono dalla
Valle.”
Sansa si avvicinò
sorpresa e prese in mano il rotolo di pergamena che portava
il sigillo del falco degli Arryn. Arya intanto aveva afferrato il pacco
che
Podrick le porgeva. Sansa srotolò la lettera ed iniziò a leggerla.
A Sansa
Stark, lady di Grande Inverno e Protettrice del Nord
Mia
signora, la Valle è tua. Lord Robin ha accettato di annettere i
suoi domini al regno di tuo fratello per far fronte al pericolo degli
Estranei, a patto che il suo titolo rimanga
invariato. E’ pronto a riconoscere Jon Snow come suo re e a rispondere
a eventuali chiamate alle armi. Per il momento, però, i Cavalieri della
Valle
resteranno qui per non creare altri problemi. Inoltre lord Robin invia
al Nord
un dono prezioso, scusandosi per i danni che il tradimento di lord
Baelish
ha causato. Spera sarà di tuo gradimento.
Yohn
Royce, lord di Runestone e nuovo consigliere di lord Robin Arryn
Sansa sorrise:
sembrava lei
avesse fatto bene a risparmiare la vita a Royce. Adesso anche la Valle è
tornata al suo posto, si disse. Jon sarà fiero di me quando saprà come ho
gestito la situazione.
Intanto Arya aveva
strappato la stoffa sottile che
avvolgeva il dono e ne aveva estratto qualcosa. Sansa si girò e fissò
incredula
la spada che era comparsa fra le mani di sua sorella. Arya la impugnò e
la lama
riflesse la luce che entrava dalla finestra.
“E’ acciaio di
Valyria” mormorò
Sansa, “Jon dice può uccidere gli Estranei.” Arya sollevò lo sguardo.
Sansa
prese in mano la spada e la esaminò. “La riconosco” disse d’un tratto,
“è
Signora Piangente, la spada di ser Lyn Corbray…”
Arya rise. “Chissà
come hanno
fatto a convincerlo a cederla a te” disse divertita.
“Da quello che so,
ser Lyn
era unodei maggiori sostenitori di Baelish” osservò Sansa. “Forse gli
hanno
fatto un’offerta: consegna la spada o perdi la testa.” Tornò a fissare
la
spada. “Che ne facciamo?” chiese “Vuoi prenderla tu?”
Arya scosse subito la
testa. “Io ho Ago” disse, “la spada che mi ha regalato Jon, non potrei
mai
sostiuirla. E poi credo la daga che ho preso a Ditocorto sia di acciaio
di
Valyria, quindi Signora Piangente non mi serve. Dovresti prenderla tu…”
“Mi
credi una signora piangente?” scherzò Sansa. Poi scosse anch’ella il
capo. “No”
replicò, “ho già Ambra e questa spada servirà a coloro che
affronteranno gli
Estranei: sarebbe sprecata se la tenessi io…”
“Quindi a chi la
darai?” chiese
Arya curiosa “Tormund? Brienne? Thoros?” Abbassò la voce. “Podrick?”
chiese
ed entrambe risero.
“Non lo so” ammise
Sansa, “credo dovremmo conservarla e
decidere più avanti.” Arya annuì.
“Adesso vieni” la
invitò Sansa, “ti devi
preparare per la festa…”
Arya alzò gli occhi
al cielo, ma la seguì lo stesso
fuori dalla stanza. “Solo perché il banchetto è in mio onore, ciò non
vuol dire
che devo essere abbigliata come un giullare” brontolò.
Sansa la accompagnò
nella sua stanza e chiuse la porta. “Tranquilla” la rassicurò, “ho
chiuso con i
vestiti del Sud. Ora… Preferisci il blu-notte o il verde-smeraldo?”
Arya mise
il broncio. “Il blu” rispose alla fine senza alcuna allegria.
Sansa si tuffò
nell’armadio alla ricerca dell’abito giusto. “Eccolo!” esclamò
trionfante
estraendone uno “E ora chiudi gli occhi…”
Arya sollevò un
sopracciglio
contrariata, ma fece come la sorella le aveva detto. “Se trovo anche un
solo
fiocco sul vestito, ti strozzo” minacciò e Sansa sorrise. Aiutò la
sorella a
vestirsi e si fece da parte per osservare il risultato. Poi prese la
spazzola e
si mise ad intrecciare i corti capelli scuri di Arya. “Non voglio
sapere cosa
stai facendo” disse lei in tono sofferente. Le mani esperte di Sansa
terminarono in fretta e lei guidò la sorella davanti allo specchio.
“Ora puoi
aprire gli occhi.”
Arya li spalancò
subito e fissò per qualche secondo
la sua immagine nello specchio. Sansa sapeva di aver fatto la scelta
giusta.
L’abito non aveva un corpetto eccessivamente stretto e le gonne avevano
solamente due strati. Le maniche erano lunghe, ma non coprivano le
mani. Il
tessuto era elastico e comodo, di un bel colore uniforme senza
decorazioni. Ciò
esaltava la lucentezza del fermaglio a forma di mata-lupo appuntato
sulla
spalla. Le dita di Arya lo accarezzarono. I capelli invece erano
lasciati
morbidi, i ciuffi ribelli arrotolati e legati dietro la testa in
un’acconciatura a corona.
Arya sembrava
piacevolemten sorpresa. “E va bene”
ammise, “hai fatto un buon lavoro.”
Sansa le diede un
rapido bacio sulla
fronte, poi aprì la porta. “Credo possiamo andare” disse, “ci staranno
aspettando.” Arya annuì e allungò la mano verso Ago.
“Quella è meglio
lasciarla qui” osservò Sansa, “non ti servirà. E in caso di pericolo ci
saranno
comunque Nymeria e Spettro. Sempre se non sono tornati nella foresta…”
Arya
sorrise e seguì Sansa fino alla Sala Grande. Tutti i lord abbandonarono
le loro
sedie appena le giovani Stark entrarono. Si fecero avanti sciogliendosi
in
complimenti e Sansa temette sua sorella potesse irritarsi come accadeva
tanti
anni prima. Invece Arya sorrideva e continuava a comportarsi in maniera
educata. E’ così tanto cambiata,
pensò Sansa orgogliosa, ma non ha
rinunciato
mai al suo carattere… E’ solo diventata più matura, proprio come me.
Era
strano ritrovarsi così simili dopo tanti anni.
Si sedettero una
accanto all’altra
al lungo tavolo di legno e furono presto raggiunti da Tormund. “Mie
signore” le
salutò “siete bellissime…”
“Come procedete
l’integrazione del popolo libero?”
chiese Sansa “Hanno accettato le terre di Ultimo Focolare?”
Il grosso bruto
annuì. “La maggior parte del Popolo Libero è rimasta là” rispose,
“mentre i
guerrieri sono tornati qui. Quando il vostro amico dalla faccia
bruciata ci è
venuto a chiamare è stato arduo convincerli a venire in vostro
soccorso, ma
alla fine ci sono riuscito.”
“Li hai minacciati?” chiese Arya.
Tormund fece
una smorfia. “Nahh... cioè, non troppo…”
Sansa rise.
“Fortunatamente
non è stata necessaria una battaglia” disse con un sorriso e il bruto
annuì. In
quel momento fece il suo ingresso nella sala Brienne.
Tormund sgranò gli
occhi.
“Non mi avevate detto era tornata a Grande Inverno!”
“E’ arrivata oggi”
si giustificò Sansa.
“Credo allora andrò a
salutarla” disse Tormund e si
allontanò dal tavolo. Sansa osservò divertita il bruto tentare di
iniziare una
conversazione con una Brienne eccessivamente sulle difensive.
Arya le si
avvicinò. “E’ bello essere tornata a casa” confessò e Sansa sorrise. Il
banchetto era iniziato e c’era anche la musica.
“Finalmente possiamo
rilassarci” sussurrò Sansa, “agli altri problemi penseremo dopo…”
In
quell’esatto momento le porte in fondo alla sala si spalancarono di
colpo e
corse dentro una sentinella trafelata.
“Mia signora!” quasi
gridò senza fiato e
Sansa scattò in piedi “Al cancello… Credo sia…”
L’uomo non riusciva
più a
parlare, ma Sansa aveva sentito abbastanza. “Miei singori” disse ad
alta voce,
“continuate pure la cena… Tormund e Brienne: venite con me.”
Si precipitò fuori
dalla sala con Arya, Brienne e Tormund che le venivano dietro a passo
spedito.
Attraversarono il cortile di corsa e raggiunsero il portone spalancato.
La
prima cosa che Sansa vide furono due piccole figure. Poi distinse una
ragazza,
coperta di logore pellicce e con folti ricci scuri, e un ragazzo
dall’aria
provata disteso nella neve. Fu allora che il suo cuore si fermò. Sentì
Arya
esclamare qualcosa alle sue spalle, ma non se ne curò.
Fece un passo avanti,
quasi tremando. “Bran?” chiese incerta. Il ragazzo la fissò, poi
sorrise. E
allora Sansa si sciolse in nuove lacrime e corse ad abbracciarlo.
“BRAN!” urlò Arya
e Sansa presto se la ritrovò affianco. Sapeva che guardando le guance
arrossate
e l’emozione negli occhi di sua sorella si trovava in realtà di fronte
a un
riflesso di sé stessa.
“Per gli dèi, Bran”
chiese Arya, “dove eri finito?”
“Lontano” fu l’unica
risposta del fratello.
“Stai bene?” chiese
Sansa
preoccupata, poi sollevò lo sguardo verso la ragazza che era con Bran.
“State
bene?” chiese nuovamente angosciata.
“Io sono Meera Reed”
si presentò,
“fortunatamente stiamo bene.” Sembrava incapace di andare oltre.
Sansa tornò a
concentrarsi su suo fratello. “Bran, Bran, Bran” sussurrò bagnando la
pelliccia
con il suo pianto, “come avete fatto ad arrivare fin qui?”
Bran la guardò, i
suoi occhi spenti e distanti. “Un drago ci ha salvato la vita” spiegò e
Sansa credette
di aver capito male.
“Un drago?”
chiese Arya esterrefatta e Bran annuì. Sansa dovette reggersi al muro
del
cancello per combattere la vertigine. Tormund e Brienne erano rimasti
indietro,
ma ascoltavano tutto.
“E dov’è ora?” chiese
Sansa con un groppo in gola “Dov’è
il drago?”
“E’ volato via”
rispose Bran abbassando lo sguardo.
Sansa temette
fosse impazzito, ma anche quella Meera sembrava sincera. Scrollò le
spalle,
tentando di ritrovare un po’ di contegno. “Non importa” disse con un
sorriso,
“entrate dentro: starete gelando. Stavamo appunto festeggiando il
ritorno di
Arya…”
Sansa fece per
alzarsi, ma la mano di Bran si chiuse attorno al suo
braccio. Lei lo guardò incredula. “Bran…”
“Il tempo delle feste è finito” disse Bran in tono grave e Sansa sentì ogni calore sfuggirle dal corpo, “la Barriera è crollata. Il Re della Notte e il suo esercito marciano su Grande Inverno.”
Bentornati a tutti! Questo è un po' un capitolo di passaggio, ma si gettano le basi per molti degli avventimenti futuri ^_^ è veramente pieno di indizi...
Per il resto sento di dover specificare alcune cose (come al solito XD)...
In primo luogo, tutto ciò che Melisandre racconta a Sam è una mia personale interpretazione che spieghi la nascita del Vetro di Drago, l'esistenza di specie diverse di draghi, il mistero di Stygai, il motivo per cui Melisandre in realtà sia vecchissima e in generale la crescita della magia sia a Westeros che a Essos. Alcune informazioni sono effettivamente vere e confermate nei libri (come ad esempio il fatto che ad Asshai non ci siano più bambini o che i draghi siano arrivati anche a Westeros prima ancora dei Primi Uomini), ma il resto è solamente una mia visione dato che la verità non è stata ancora svelata. Probabilmente Martin ha in mente qualcosa di MOLTO più complicato XD ma a ogni modo ho voluto inserirla lo stesso per dare risposta a tutte quelle domande.
In secondo luogo, non ricordo esattamente cosa ne sia stato di Duskendale dopo che il Re Folle aveva fatto uccidere tutti gli esponenti delle due famiglie principali (risparmiando solo ser Dontos, che come sappiamo è stato fatto fuori su ordine di Baelish), quindi ho supposto la città fosse rimasta prima di una casata principale. Se per caso nei libri invece Duskendale è stata assegnata a qualcun altro, prendetela come una divergenza per motivi di trama XD
In terzo luogo, quando Gendry e gli Uomini della Tempesta arrivano a Porto Bianco e ricevono le notizie della rivolta e della guerra civile in realtà tutto il disastro si è già concluso e Baelish è morto. Infatti la Battaglia delle Cinque Torri e quella a Grande Inverno avvengono la stessa notte. Tuttavia le notizie arrivano a Porto Bianco in ritardo e quindi Gendry e Davos pensano che il Nord sia ancora in pericolo a causa dei Cavalieri della Valle. Alla fine la decisione di Gendry risulta comunque quella giusta alla luce della recente caduta della Barriera, di cui ancora nessuno sa nulla.
Sembra proprio Daenerys stia perdendo appoggio a vista d'occhio: Gendry le ha voltato le spalle portando i propri uomini a Nord e, anche se lei ancora non lo sa, Garth Hightower e i Dothraki hanno deciso di agire per proprio conto. Senza Greyjoy e Immacolati (al momento occupati in missioni altrove), riuscirà Dany a prendere il trono? La situazione è estremamente instabile e il prossimo capitolo sarà decisivo a riguardo.
Serve anche che iniziate a tenere a conto le varie spade di acciaio di Valyria XD XD per ora ne sono comparse 8: Lungo Artiglio (Jon), Giuramento (Davos, ma che tornerà a Brienne), Lamento di Vedova/Dominatrice (Cersei), Veleno del Cuore (Sam), Crepuscolo (Gendry), Verità (Garth Hightower), Signora Piangente (che ancora non ha un proprietario scelto) e la misteriosa spada di Meera (tutti i lettori dei libri avranno già capito cosa sia ^_^). In più c'è ovviamente la daga di Ditocorto ora nelle mani di Arya. Non male direi io XD XD
Quindi... La Barriera è crollata e ora il Nord è completamente esposto agli attacchi degli Estranei. Cosa sceglierà di fare Sansa? E come questo avvenimento influenzerà il resto dei Sette Regni?
Come al solito voglio ringraziare i miei recensori: PillyA (buona fortuna con la tesi!), GiorgiaXX, __Starlight__, Red_Heart96 e Spettro94 (che si sta rimettendo in paro). Grazie mille di cuore e sappiate che vi adoro tutti ^_^
Inoltre voglio chiedere a voi tutti un parere. Più avanti, quando l'identità di Jon verrà svelata, che nome preferite sia il suo originale, Aegon o Jaehaerys? Quando scrissi il capitolo tutte le scommesse puntavano su Jaehaerys, ma poi, come sapete bene, la serie ha rivelato si trattasse invece di Aegon. Io continuo a preferire Jaehaerys (Aegon è un po' troppo comune tra i Targaryen, inoltre l'altro figlio di Rhaegar si chiamava così, nonostante al momento della nascita di Jon il bambino fosse già morto), ma se voi voleste Aegon sono disposta a cambiarlo. Sappiate però che se nessuno dice nulla rimarrà Jaehaerys XD
Detto questo, un abbraccio a tutti e alla prossima!
PS: la citazione (libera, in quanto non ricordo le parole esatte usate nella versione italiana) è dal film Iron Man e l'ho scelta specificatamente per Gendry che ora sta contribuendo in modo molto importante agli snodi della trama. In fondo anche il titolo di questo capitolo era per lui :-) la citazione la dedico a leila91 per la nostra passione comune per i film Marvel ^_^