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Autore: Feel Good Inc    14/11/2018    1 recensioni
«E poi, ecco... C’è un’altra cosa di cui forse dovremmo parlare, visto che ora siamo una squadra.» Una ‘squadra’? Dio, patetico. Ma come diavolo si fa ad affrontare questo argomento?
«Ti ascolto» ribatte Marc con una certa sicurezza nuova, forse dovuta al libro – Nathan ha già notato l’effetto che hanno su di lui le pagine intonse: lo conosce bene, è anche il suo – appollaiandosi sullo schienale di una seggiola senza smettere di rigirarselo da tutte le parti, come un tesoro inaspettato. [...]
«Tu...» esita un po’, e alla fine decide di buttarla lì come viene. «Lo sai, vero, che a me piacciono le ragazze?»

Nathaniel/Marc ♥ pre-slash, bond!fic
Genere: Fluff, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Marc Anciel, Nathanaël
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Pages blanches ~ di goffe spiegazioni su un mondo complicato

 

 

 

L’Aula 33 si svuota rapidamente. La presentazione del primo numero de Le avventure di Ladybug è stata un successo, si dice Nathaniel con un sorriso, salutando con la mano Marinette che si allontana in corridoio con Alix, Rose e Juleka, ridendo alle loro benevole prese in giro riguardo quella dedica sul retro di copertina.

Naturalmente però – e il sorriso si smorza – non se ne sono ancora andati tutti; e forse questo è il momento buono.

«Ehi, uhm. Marc?»

Si volta in tempo per sorprenderlo nell’atto di far cadere una pila di fogli dei suoi appunti sulla sceneggiatura finale. Affrettandosi a raccattare tutto il possibile, il ragazzo lo guarda di sotto in su con aria preoccupata. «S-sì? Tutto bene? Ho sbagliato qualcosa, vero?» balbetta.

Nathan si lascia scappare un risolino, ma poi pensa che potrebbe dargli l’impressione di star ridendo di lui, e si affretta a tornare serio. «No, certo che no» gli assicura, avvicinandosi e chinandosi per aiutarlo. «Andava tutto benissimo. Penso che abbiamo messo su una storia davvero fantastica!»

Il sorriso dell’altro è ancora nervoso mentre insieme rimettono in sesto gli appunti e li depositano sul loro tavolo – lo stesso cui hanno lavorato, più o meno imbarazzati, per tutta l’ultima settimana.

Alla fine, Nathan recupera lo zaino da sotto una sedia, e lo tiene in mano come una bomba carica mentre cerca le parole successive.

«Senti, volevo... darti una cosa. Insieme alle mie scuse. Per – sai.»

Gli caccia in mano un semplicissimo libro dalle pagine bianche.

Marc lo guarda perplesso, poi i suoi occhi si illuminano di comprensione, mentre tende le mani ad accettare il libro.

«Mi dispiace da morire, davvero» borbotta Nathaniel, «e avrei solo voluto riuscire a dirtelo prima.»

«Oh, n-non fa niente.» Marc solleva la copertina rigida, accarezza la prima pagina e l’annusa. «Grazie, Nathan. È molto... molto carino da parte tua.»

Qualche secondo di silenzio imbarazzante e imbarazzato, e alla fine Nathaniel prende fiato e decide che tanto vale mettere tutte le carte in tavola.

«E poi, ecco... C’è un’altra cosa di cui forse dovremmo parlare, visto che ora siamo una squadra.» Una ‘squadra’? Dio, patetico. Ma come diavolo si fa ad affrontare questo argomento?

«Ti ascolto» ribatte Marc con una certa sicurezza nuova, forse dovuta al libro – Nathan ha già notato l’effetto che hanno su di lui le pagine intonse: lo conosce bene, è anche il suo – appollaiandosi sullo schienale di una seggiola senza smettere di rigirarselo da tutte le parti, come un tesoro inaspettato.

Questo potrebbe rendere le cose più difficili, riflette lui, afferrando un’altra sedia, dondolandola sulle gambe, imponendosi di restare ben saldo sui propri piedi.

«Tu...» esita un po’, e alla fine decide di buttarla lì come viene. «Lo sai, vero, che a me piacciono le ragazze?»

Marc sussulta e alza lo sguardo su di lui. Nei due secondi e mezzo che ci mette a costruire una risposta, la pelle del suo viso diventa progressivamente dello stesso colore dei capelli di Nathaniel.

«C-certo che lo so.»

«Ah.»

Passa un altro arco di tempo indefinito, con Nathan sempre più concentrato sul dondolio delle gambe della sua seggiola.

Si chiede se fosse davvero necessario metterlo in parole. Certo, che lo sapeva. D’altro canto, pur nei suoi tentativi di vivere la vita come un alter ego di carta e inchiostro, Nathan non è mai stato un esempio di discrezione a scuola; e anche se persino a lui suona un po’ ridicolo che i suoi standard siano passati nel tempo da Marinette Dupain-Cheng a una supereroina come Ladybug – insomma, sempre di ragazze si tratta, giusto? Mentre Marc, be’, insomma... lo guarda in un certo modo. E lui non è mica cieco come Adrien Agreste.

«A dirla tutta...»

Il bisbiglio di Marc lo coglie del tutto alla sprovvista, e per poco non fa cadere la sedia.

Gli lancia uno sguardo di sbieco, ma vede solo la sua fronte rosso pomodoro, l’unica cosa che emerge dal libro che ora tiene scrupolosamente aperto davanti alla faccia.

«A dirla tutta, io... io non mi identifico sempre come un ragazzo.»

Nathaniel non è sicuro di aver capito, ma non osa fare domande troppo esplicite. È vagamente conscio di trovarsi in una zona molto, molto delicata per Marc, e aspetta che sia lui a continuare a parlare.

Infatti, dopo una pausa, il ragazzo si decide a sbirciarlo a sua volta oltre il bordo del libro. «Hai mai sentito parlare di fluidità di genere?»

Potrebbe anche mentirgli, ma gli sembra molto più giusto scuotere la testa, e intanto si rende conto che è praticamente la prima volta da quando sono rimasti soli nell’aula che non lo sente balbettare.

Marc sospira, si posa il libro sulle ginocchia con il dorso in su, e si muove a disagio sullo schienale, come un uccellino – molto colorato – che si agita sul suo trespolo.

«Vedi, non esistono solo i ragazzi che si ‘sentono’ ragazzi e le ragazze che si ‘sentono’ ragazze. Il mondo è più complicato di così, ti pare? E io... io ho sempre saputo di non essere soltanto un ragazzo. Non sempre, almeno. Non al cento per cento. Ad esempio, a volte mi riesce fin troppo facile... immedesimarmi in Ladybug, e scrivere dal suo punto di vista. Sì, insomma, da un punto di vista femminile. So che è un esempio stupido, ma... Accidenti, è difficile da spiegare.»

«No, credo... credo di capire.»

Marc azzarda un’altra occhiata verso di lui. «Davvero?»

«Sì.» Nathaniel si sorprende a scoprirsi sincero. Ha ragione; il mondo è più complicato di così. Basterebbero anche solo le storie di Evillustrator e Reverso a spiegarlo, e non solo nelle pagine di un fumetto.

Lo osserva mentre si mordicchia un’unghia smaltata di nero, apparentemente incerto se credergli o no, ed è allora che gli scappa una domanda probabilmente sbagliata.

«E c’è, uh, un motivo particolare per cui me l’hai detto?»

«C-certo che no

Marc quasi cade dalla sedia, e Nathan molla la sua per corrergli accanto e sorreggerlo.

Quando lo lascia andare si rende conto che, per un attimo, era un po’ come se lo stesse abbracciando; però non gli ha dato alcun fastidio.

Poi, prima di rendersene conto, sta ridendo. E Marc tenta una risata insieme a lui.

 

 

Et les passants qui passent les désignent du doigt
Mais les enfants qui s'aiment
Ne sont pour personne

 

 

Poco più tardi escono insieme dall’Aula 33, nella scuola ormai deserta. Camminano vicini senza più disagio.

«Potremmo farci un giro, ogni tanto. Andare in fumetteria. O da qualsiasi altra parte.»

«Sì... mi piacerebbe.»

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Spazio dell’autrice

 

La ragione principale per cui ho scritto questa cosuccia inutile è che non mi è piaciuto assolutamente che Nathaniel non si sia scusato, in Reverso, per aver fatto a pezzi il libro Il diario di Ladybug dopo aver scoperto che a scriverlo era stato Marc e non la stessa Ladybug. A parte il fatto che nell’intera situazione si può vedere una certa omofobia latente (gli stessi creatori di Miraculous hanno confermato che Marc ha una cotta per Nathan, e il fatto che Nathan si senta “preso in giro nei suoi sentimenti” può benissimo ricondursi al fatto che non vuole sentirsi – neanche per vie traverse come quel libro – corteggiato da un ragazzo: il che ci sta, ma non è giusto che assuma tratti violenti come quel gesto!), la cosa principale è che quello non è il mio Nathan, il mio piccolo adorabile Nathan che sa fin troppo bene cosa significa sentirsi umiliati dagli altri. Questa shot è un tentativo di riscattarlo, e con lui anche il suo rapporto con Marc, naturalmente. Perché è chiaro che li shippo come se non ci fosse un domani anche se mi manca da morire shippare Nathaniel/Marinette.

Inoltre, da qualche parte ho letto che il personaggio di Marc è ispirato da un* amic* genderfluid (e bisessuale) di Thomas Astruc, creatore principale della serie, perciò mi sembrava giusto che in questa storia le scuse di Nathaniel portassero anche a una maggiore comprensione di Marc da parte sua: non volevo rendere troppo “denso di significati” un confronto di questo tipo tra due quindicenni, fondamentalmente ancora molto ingenui e self-questioning, però volevo sottolineare la presenza di questo tratto particolarissimo in un cartoon per adolescenti perché, Dio santo, ERA ORA che ci fosse un minimo di rappresentazione in più sulla comunità LGBT+.

I tre versi prima della conclusione sono tratti da Les enfants qui s’aiment di Jacques Prévert.

Thanks for reading,

Aya ~

   
 
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