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Autore: Stria93    18/11/2018    0 recensioni
Era evidente che quel giorno Regina non fosse al massimo della forma fisica, ma lui non era certo il tipo di insegnante che decida di sospendere una lezione per delle inezie simili, così non fece commenti e si limitò a far apparire dal nulla un bersaglio che, sulla linea delle lezioni precedenti, la sua pupilla avrebbe dovuto centrare con una freccia scagliata grazie alla magia.
- Vogliamo cominciare, dearie? -
Genere: Generale, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Henry (Padre), Regina Mills, Signor Gold/Tremotino
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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bitter

Quando Regina aprì gli occhi quella mattina d'autunno l'accolse la splendida visione della foresta che, fuori dalle vetrate delle ampie finestre, brillava di oro, topazio e rubino, accarezzata dalla luce di una delle ultime giornate di sole e cielo terso prima dell'arrivo delle nebbie e dei giorni grigi e uggiosi.
Rumpelstiltskin le aveva dato appuntamento nel bosco per una delle loro lezioni di magia e la prospettiva di trascorrere qualche ora all'aria aperta era molto allettante considerando la piacevolezza del clima, eppure Regina non avrebbe desiderato altro che rimanere a letto tra le coperte, dare le spalle alla finestra e riprendere a dormire. Non era da lei, sempre attiva e pronta specialmente quando si trattava delle sue lezioni con Rumpelstiltskin, ma quel giorno si sentiva inspiegabilmente stanca e affaticata nonostante la sera prima si fosse addormentata presto e avesse trascorso una notte serena.
Tuttavia non poteva non presentarsi alla lezione; stava migliorando molto nel controllo dei suoi poteri e, sebbene non l'avesse rivelato al suo maestro, custodiva gelosamente nel cuore la segreta speranza che un giorno sarebbe diventata abbastanza esperta di arti magiche da riuscire a praticare un incantesimo che riportasse Daniel da lei e lo strappasse al mondo dei morti. Doveva essere possibile! La magia poteva fare qualsiasi cosa, no?
Per questo motivo le lezioni erano troppo importanti e non sarebbe stata un po' di stanchezza a convincerla a rinunciarvi, e poi forse l'aria frizzante della foresta l'avrebbe aiutata a scrollarsi di dosso quella fastidiosa sensazione.
Così, Regina gettò indietro le coperte e si alzò, avviandosi alla specchiera, dove prese una spazzola d'argento e cominciò a sistemarsi i lunghi capelli neri, domandandosi cosa il suo insegnante avesse in serbo per lei quella mattina.



Mezz'ora più tardi, Regina entrò nella vasta sala da pranzo del palazzo reale. Suo padre Henry che, su invito del re, si era trasferito al castello dopo le nozze del sovrano con sua figlia, si trovava già seduto alla tavola riccamente imbandita per la colazione. L'uomo, che si stava servendo una generosa fetta di torta alla marmellata, le rivolse un sorriso dolce e le diede il buongiorno. Regina lo raggiunse e gli regalò un tenero bacio sulla testa dai capelli ormai radi e canuti. - Buongiorno papà. -
La giovane donna prese posto accanto al genitore e si servì una tazza di tè accompagnata da un paio di fette di pane tostato.
- Che programmi hai per la giornata, cara? - le domandò il padre, notando il suo abbigliamento comodo e informale.
- Oh, pensavo di andare a fare una cavalcata con Ronzinante. È una giornata così bella... -
Henry guardò sua figlia con espressione seria e Regina si sentì arrossire.
- Hai di nuovo lezione di magia con il Signore Oscuro, vero? -
Regina abbassò lo sguardo sulla sua colazione con aria colpevole. - Sì, è così. -
Non le piaceva mentire a suo padre, ma sapeva che, per quanto non gliel'avesse mai detto apertamente, lui disapprovava i metodi del suo maestro, per non parlare della sua reputazione di essere malvagio e perverso. L'idea che la sua adorata figlia passasse tanto tempo a stretto contatto con quell'uomo, sempre che così si potesse definire quel demone, e che si lasciasse guidare da lui nell'apprendimento della magia e, in particolare, delle arti oscure, non gli faceva certo piacere.
Dopo qualche secondo di silenzio imbarazzato, Regina gli prese la mano e la strinse nella propria con affetto. - Stai tranquillo, papà. Non diventerò come lui, se è questo che ti preoccupa. Ti prometto che non mi vedrai diventare verde e ricoperta di squame. -
Ma Henry scosse la testa, del tutto insensibile a quel tiepido tentativo di umorismo. - No, figlia mia. Non è questo pensiero ad angustiarmi. Il fatto è che... a suo tempo, anche lei aveva imparato la magia da quel folletto e... e... -
- E tu temi che un giorno potrei finire per assomigliarle. - concluse Regina.
Fu la volta di Henry ad arrossire. - Tua madre era una donna... complicata. Non metto in dubbio che avesse una personalità difficile, ma se non avesse mai incontrato Rumpelstiltskin... se non si fosse fatta insegnare la magia da lui, forse... -
Un silenzio ingombro di ricordi e di pensieri inutili riguardo a ciò che sarebbe potuto essere ma non era stato calò sulla sala da pranzo.
- Senti papà, - esordì Regina guardando il padre dritto negli occhi e senza smettere di stringergli la mano nella propria, - sappiamo tutti e due che Cora era attratta dal potere. Era ambiziosa e ha fatto di tutto perché sposassi il re e diventassi la sovrana del reame, ma io non sono come lei. A me non importa del potere o della ricchezza. Voglio solo imparare a praticare la magia, tutto qui. Forse un giorno riuscirò ad usarla per liberare me e anche te da questa prigione dorata. Forse sarà grazie alla magia che saremo di nuovo felici. -
L'uomo osservò il piglio fiducioso e determinato della figlia e fece un gran sospiro. - Se è quello che desideri, allora d'accordo. Mi fido di te, Regina. Ma, ti prego, fa' attenzione e guardati bene da Rumpelstiltskin. -
La donna sorrise al padre e depose un nuovo bacio sulla sua guancia ispida.



Consumarono il resto della colazione in silenzio e quando Regina ebbe terminato il tè fece per alzarsi, ma, appena fu in piedi, barcollò al punto da doversi sostenere al tavolo per non perdere l'equilibrio.
- Non ti senti bene, tesoro? - domandò Henry, scrutandola con preoccupazione.
- No papà, sta' tranquillo. Probabilmente è stato solo... un piccolo capogiro, credo. -
Il padre continuò a fissarla con insistenza mentre si portava una mano alla testa e sbatteva le palpebre in attesa che quel senso di disorientamento svanisse.
- Forse non dovresti presentarti alla lezione oggi. Forse faresti meglio a tornare di sopra e rimetterti a letto. - azzardò, benché con poca convinzione.
- No, sto benissimo, davvero. È già passato. Ora è meglio che vada, o arriverò tardi. Ci vediamo dopo. -
Regina lo salutò con un sorriso e si avviò svelta fuori dalla sala.
Henry la seguì con lo sguardo finché non la vide scomparire nel corridoio, dopodiché sospirò e mise da parte il suo piatto ancora mezzo pieno di prelibatezze: a un tratto, gli era passato l'appetito.



Regina uscì dal palazzo reale da un ingresso segreto che comunicava direttamente con le sue stanze: non le andava di essere vista sgattaiolare nella foresta di soppiatto e per di più vestita in quel modo. Le voci avrebbero iniziato a circolare e ad ingigantirsi e l'ultima cosa che le serviva era che suo marito iniziasse a farla pedinare per scoprire lo scopo dei suoi peregrinaggi.
Quella mattina, la foresta offriva un meraviglioso spettacolo di scintillanti riflessi colorati di tonalità calde e accese che baluginavano pigramente a intermittenza sotto la carezza dei raggi del sole che facevano breccia nel folto tetto di chiome che ondeggiavano al venticello fresco fragrante di muschio. Ma Regina non aveva tempo di godersi quel suggestivo scenario autunnale: era in ritardo, inoltre la testa aveva ripreso a girarle come le era accaduto poco prima a colazione. Che si stesse ammalando?
Quando finalmente giunse nell'ampia radura che il suo maestro aveva eletto ad aula per i loro incontri quotidiani, trovò Rumpelstiltskin che l'attendeva in piedi appoggiato al tronco di una quercia, le braccia incrociate al petto, le dita lunghe e verdastre che tamburellavano con impazienza. - Era ora, dearie! Ce ne hai messo di tempo. Cominciavo a credere che non saresti venuta. -
Regina ansimava per la camminata a passo spedito, fatto decisamente inusuale considerando il suo fisico atletico e allenato, e dovette addirittura poggiare le mani sulle ginocchia per cercare di riprendere fiato. - Mi... uff... mi dispiace. Uff... non succederà più. -
Il Signore Oscuro studiò la sua allieva in preda al fiatone e notò un inconsueto pallore sul suo viso sudato, incorniciato dai suoi capelli corvini che però quella mattina avevano un colorito spento e apparivano sottili e privi di vigore.
Era evidente che quel giorno Regina non fosse al massimo della forma fisica, ma lui non era certo il tipo di insegnante che decida di sospendere una lezione per delle inezie simili, così non fece commenti e si limitò a far apparire dal nulla un bersaglio che, sulla linea delle lezioni precedenti, la sua pupilla avrebbe dovuto centrare con una freccia scagliata grazie alla magia.
- Vogliamo cominciare, dearie? -



Regina fece del suo meglio, ma dopo circa mezz'ora di vani tentativi, il bersaglio rimaneva ostinatamente vuoto e integro e sembrava prendersi gioco di lei, della sua pessima mira e della sua buona volontà. In compenso, la giovane apprendista strega aveva disseminato frecce ovunque nei dintorni, tanto che alcuni dei tronchi degli alberi che circondavano la radura assomigliavano ormai a dei puntaspilli.
A un certo punto, Rumpelstiltskin dovette afferrare un dardo con la mano per evitare che questo lo colpisse in pieno.
- Si può sapere che diavolo ti prende oggi, dearie? L'ultima volta sei riuscita a centrare il bersaglio quasi la metà delle volte, e ora non riesci nemmeno ad avvicinartisi lontanamente! -
Regina, madida di sudore per lo sforzo, scosse la testa. - Mi dispiace, io... non so proprio cosa mi stia succedendo. -
Rumpelstiltskin sospirò impaziente e fece scomparire frecce e bersaglio. - Be', forse avremo più fortuna con gli incantesimi di immobilizzazione. Almeno con quelli dovresti cavartela visto che li stiamo studiando da settimane. -
Così dicendo, il Signore Oscuro fece materializzare, a poca distanza dal punto in cui si trovavano lui e la sua allieva, un grosso bisonte che sbuffò con aria piuttosto contrariata.
- Ecco a te, dearie. È tutto tuo. - sghignazzò il folletto.
In preda allo sconforto, Regina guardò l'animale che si preparava minacciosamente a caricare proprio nella sua direzione. Si sentiva quasi completamente priva di forze: come diamine avrebbe mai potuto evocare un incantesimo abbastanza potente da riuscire a fermare quel bestione con le corna?
Ma ormai non aveva altra scelta che provarci, tanto più per il fatto che l'animale si era deciso ad iniziare la carica e puntava dritto verso di lei.
Regina alzò le braccia, palmi aperti verso quel colosso indiavolato, e cercò di concentrarsi per evocare ogni goccia di potere magico che risiedeva in lei, ma si rese conto con orrore che quella sorta di bacino interiore dal quale attingeva la sua magia ogni volta che doveva farvi ricorso, era come prosciugato. Non sentì i suoi poteri scorrerle nelle vene e raggiungerle le mani, né quel calore elettrico che la pervadeva piacevolmente quando praticava un incantesimo.
Era completamente indifesa e, a peggiorare ulteriormente la situazione, arrivò una nuova potente vertigine che l'assalì a tradimento trasformando la radura in un'immensa trottola. Il bisonte le era quasi addosso.
Con un ringhio di frustrazione, Rumpelstiltskin si vide costretto a far evanescere la creatura prima che finisse per uccidere la sua preziosa allieva, le cui prestazioni di quel giorno si erano rivelate, in verità, piuttosto deludenti.
Regina era immobile al suo posto, le braccia tremanti ancora protese, gli occhi e la bocca serrati in attesa dell'impatto con la bestia che, fortunatamente, non era avvenuto. Le gambe le tremavano tanto che non riuscirono più a sostenere il suo peso e la donna crollò a terra in ginocchio sul morbido tappeto di foglie, ansante e col cuore in gola.
- Ma si può sapere che cos'hai, dearie?! È stata la tua peggior lezione da quando ho iniziato ad addestrarti. Non sei nemmeno riuscita a praticare una semplice immobilizzazione! -
Con voce affannata, Regina tentò di giustificarsi e di spiegare al folletto la strana sensazione di vuoto che aveva provato mentre cercava di evocare il suo potere: - C'è qualcosa che non va con la mia magia. Non riesco a richiamarla. È come se fosse... scomparsa. -
A quelle parole, Rumpelstiltskin venne colto da un improvviso sospetto. Si piegò sulle ginocchia in modo da guardare dritto in viso la sua allieva: il suo colorito spaziava dal bianco latte al verdognolo, fatta eccezione per due profonde ombre scure che si allargavano sotto i suoi occhi bruni nei quali sembrava essersi spenta la luce che li animava di solito. Un velo di sudore le imperlava la fronte e le guance e qualche ciocca di capelli sfuggita all'acconciatura le ricadeva floscia sul volto.
- In effetti hai un pessima cera, dearie. Credo che per oggi la nostra lezione sia finita. In queste condizioni, riusciresti solo a fare danni. Ma non pensare che sarò così magnanimo anche in futuro. -
Regina annuì, sollevata di essere libera di tornare al castello, farsi un bagno e trascorrere il resto della giornata a riposo. Ne aveva un gran bisogno.
Si appoggiò a un albero e tentò di rimettersi in piedi a fatica, reggendosi al tronco per non finire di nuovo al suolo.
Nel frattempo, Rumpelstiltskin la fissava con aria pensierosa e si interrogava sulle possibili cause di quello strano malessere. Ciò che gli aveva detto Regina sull'impossibilità di evocare la magia gli aveva fatto sorgere un dubbio, che quell'insolita debolezza unita all'aspetto terribile della sua pupilla non faceva altro che confermare.
Ma se la sua intuizione era corretta, allora avrebbe dovuto porre rimedio a quel problema imprevisto immediatamente, prima che fosse troppo tardi e i suoi piani per servirsi della donna andassero in fumo.
Sempre in preda alle vertigini, Regina provò a staccare la mano dall'albero che le faceva da sostegno, ma il suo equilibrio era davvero troppo precario per pensare di poter ripercorrere a ritroso la strada verso il palazzo.
- Temo proprio che, ridotta in questo stato pietoso, non andrai da nessuna parte, dearie. Non con le tue gambe, almeno. -
Il folletto le si avvicinò e le porse un braccio con fare galante. - Permetti che ti dia un passaggio? -
Regina, che ormai era quasi sul punto di svenire, accolse con sollievo e gratitudine quell'offerta e, senza farselo ripetere due volte, si affrettò ad afferrare il gomito del Signore Oscuro.
I due vennero avvolti da una densa nube viola e, in un battito di ciglia, scomparvero dalla radura per riapparire quasi all'istante nella camera da letto della donna.
Non appena i loro piedi toccarono il freddo pavimento di marmo della stanza, le forze abbandonarono del tutto la giovane strega, che venne prontamente sostenuta da Rumpelstiltskin prima che cadesse a terra.
Il Signore Oscuro sollevò Regina tra le braccia e la depose sul sontuoso letto a baldacchino, ancora sfatto dalla notte precedente, dopodiché le passò delicatamente una mano sulla fronte e sentì che, sotto lo strato di sudore appiccicaticcio, la sua pelle era gelida. Allora le tastò piano il polso sinistro e riuscì a percepire solo un battito debole e quasi impalpabile.
Le condizioni della sua allieva erano più gravi di quanto avesse pensato ad un primo colpo d'occhio. Ma doveva capire cosa l'avesse ridotta in quel modo prima di poterle procurare un rimedio sicuro.
Proprio in quel momento, la sua attenzione venne attirata da un calice vuoto appoggiato sul comodino di legno bianco intarsiato. Emanava un pungente odore di erbe che tuttavia non riusciva a dissimulare del tutto, al suo naso di pozionista esperto, una nota acre che Rumpelstiltskin conosceva bene: sangue di salamandra.
Il Signore Oscuro prese il recipiente tra le mani e ne esaminò attentamente il fondo, dove erano ancora visibili tracce della bevanda che evidentemente Regina doveva aver ingerito la sera prima. Tra i resti mollicci di camomilla, valeriana e lavanda, Rumpelstiltskin identificò immediatamente ciò che rimaneva di una particolare pozione che veniva solitamente impiegata per indebolire coloro che possedevano poteri magici.
Dunque il suo sospetto era fondato! Ecco che tutto tornava. Ecco spiegata la strana indisposizione della sua allieva. Ma chi poteva conoscere gli effetti di quella rara mistura e avere interesse a togliere la magia a Regina?
Il suo primo pensiero andò a Cora, ma era impossibile! Sua figlia l'aveva esiliata nel Paese delle Meraviglie spingendola oltre lo specchio magico che lui le aveva donato appositamente per quello scopo. A quel punto, esclusa la principale candidata, chi altri avrebbe potuto essere a conoscenza dei poteri di Regina e somministrarle in segreto quella pozione mimetizzandola con un'innocua tisana di erbe per dormire?
La risposta a quella domanda giunse in maniera quasi provvidenziale quando la porta della camera si socchiuse con un sommesso cigolio e fece capolino nella stanza la figura bassa e tarchiata del padre di Regina.
Quando vide il Signore Oscuro torreggiare sul corpo inerme della figlia, pallida come un cadavere, distesa sul letto, Henry lanciò un urlo acuto e si precipitò a frapporsi tra i due.
- Che cosa avete fatto a mia figlia?! -
Rumpelstiltskin non si scompose e, conscio ormai di aver identificato il suo misterioso avvelenatore, si esibì in un sorrisetto beffardo. - Io non ho fatto proprio niente, dearie. Sei stato tu. -
- Cosa? -
Il folletto indicò la coppa incriminata. - Hai messo tu quella pozione nel calice di Regina, non è vero? E scommetto che ora sei sgattaiolato furtivamente quassù per recuperare il calice e riportarlo di nuovo pieno questa sera. Volevi privarla della sua magia? E, vediamo se indovino: non approvi che io la stia addestrando e speravi che farle perdere i suoi poteri mi avrebbe indotto a lasciarla in pace. Allora... ho ragione, dearie? -
Il viso bonario e mite di Henry si fece terreo quasi quanto quello della giovane svenuta accanto a lui. Non replicò alle parole di Rumpelstiltskin, ma il senso di colpa si leggeva chiaramente in ogni sua ruga, in ogni piega del suo volto segnato da un'espressione sofferente.
- Sì. - ammise alla fine. - Sono stato io. Ho trovato quell'intruglio tra gli effetti personali di Cora e ricordo che una volta mi accennò qualcosa riguardo al fatto che chi l'avesse bevuto avrebbe perduto per sempre i propri poteri magici. Ogni sera, prima di coricarsi, Regina beve una tisana a base di erbe officinali contro l'insonnia, così ho iniziato a versarne un po' nel suo calice tutti i giorni. Credevo che, in questo modo, avreste perso interesse nei suoi confronti. Ma ora ditemi: che cosa le è successo? Sta male? Devo mandare a chiamare il medico di corte? -
L'occhiata carica di allarme e preoccupazione che l'uomo rivolse alla donna priva di conoscenza ebbe l'inaspettato effetto di una stretta al cuore oscuro di Rumpelstiltskin: come poteva rivelare a quel padre, così accecato dalle buone intenzioni, che la sua amatissima figlia si era ammalata per colpa sua? Per colpa del suo atto d'amore che, sebbene sprovveduto, era volto esclusivamente a proteggerla?
Scelse le parole con cura. - Di preciso, cosa sai di quella pozione, dearie? -
Henry si strinse nelle spalle. - Quello che mi disse Cora: che prosciuga la magia di chi la beve. -
Rumpelstiltskin fece un lungo sospiro. Proprio come aveva immaginato.
- Quello che Cora non ti ha detto, - rispose piano e con voce incredibilmente seria, - è che quel filtro non si limita a prosciugare la magia. Prosciuga anche l'energia vitale. -
Per un attimo, Henry sembrò sul punto di svenire a sua volta. Il suo sguardo smarrito saettava da Rumpelstiltskin a Regina, incapace di conciliare il senso di quella terribile asserzione con la realtà che gli si presentava impietosa davanti agli occhi.
- Questo significa che... è colpa mia. Oh, per li dèi! Che cosa ho fatto?! Che cosa ho fatto alla mia bambina?! -
Calde lacrime di rimorso e terrore iniziarono a rigargli le gote mentre Henry si chinava su Regina e le accarezzava i capelli singhiozzando a dirotto. - Oh, figlia mia! Mi dispiace! Sono stato così stupido! -
Rumpelstiltskin assistette a quello spettacolo senza dare alcun segno di emozione, tuttavia avvertì un lieve moto di compassione per quel padre che, il buon senso offuscato dal desiderio di proteggere la figlia, aveva finito invece per farle del male e portarla inconsapevolmente molto vicina ad una soglia oltre la quale sarebbe stato impossibile salvarla.
- Si rimetterà, non è così?! - domandò l'uomo, voltandosi di scatto verso il folletto. - Regina guarirà, vero? VERO?! -
Il Signore Oscuro fece spallucce. - Al momento non è messa granché bene, come puoi vedere. Ma posso preparare una pozione ricostituente che dovrebbe rimetterla in sesto in pochi giorni. Dovrà stare a riposo per un po' ma penso di poter affermare con certezza che tornerà quella di prima, magia inclusa. Certo, se avesse continuato a bere quel veleno, le cose non sarebbero state così semplici da risolvere. -
- Sarebbe... sarebbe potuta...? -
Rumpelstiltskin annuì grave. - Temo proprio di sì. -
Henry si lasciò cadere sul letto, lo sguardo atterrito perso nel vuoto. - Che cosa ho fatto! - ripeté, la voce ridotta ad un sussurro incredulo e orripilato.
Il Signore Oscuro gli scoccò uno sguardo severo. - In futuro, ti consiglio di lasciare le arti magiche a chi se ne intende, dearie. La magia ha sempre un prezzo, anche per coloro che la maneggiano da anni, figuriamoci se utilizzata da qualcuno inesperto come te. Le conseguenze sarebbero potute essere disastrose. -
Henry annuì. - Avete ragione. Non mi avvicinerò mai più agli oggetti magici di Cora. Mai più. -
- Sarà meglio per te, dearie. Ora devo tornare al Castello Oscuro e preparare il rimedio per Regina. Tornerò più tardi per consegnartelo. -
E, prima che Henry potesse dire altro, Rumpelstiltskin si smaterializzò e ricomparve al centro del suo laboratorio, dove si mise subito al lavoro per distillare il filtro che avrebbe curato la sua allieva, restituendole anche la sua magia.
Avrebbero dovuto sospendere le lezioni almeno per una settimana, ma l'importante era che Regina si rimettesse e riacquistasse tutti i suoi poteri.
Sebbene fosse mosso da nobili intenzioni, il vecchio Henry aveva proprio combinato un bel guaio, per non parlare del fatto che aveva seriamente rischiato di compromettere irrimediabilmente il suo piano per, a tempo debito, far lanciare a Regina il Sortilegio Oscuro.
Avrebbe dovuto fargliela pagare cara per quel suo goffo ma pericoloso tentativo. Avrebbe dovuto fargli capire in modo molto incisivo che non ci si mette contro il Signore Oscuro, che nessuno può sperare di intralciare i suoi piani e sperare di passarla liscia... ma lo spavento che si era preso vedendo la figlia in quello stato e la consapevolezza di averla quasi portata alla morte rappresentavano una punizione più che sufficiente per quell'uomo, nonché un deterrente più forte di qualsiasi tortura per indurlo a non giocare mai più con la magia.



La pozione fu pronta nel tardo pomeriggio e, come promesso, Rumpelstiltskin apparve di nuovo nella camera di Regina, dove trovò una scena perfettamente identica a quella che aveva lasciato poche ore prima: la giovane giaceva ancora priva di sensi e mortalmente livida tra le coltri mentre Henry era chino su di lei e le accarezzava il viso cinereo, singhiozzando di tanto in tanto.
Il Signore Oscuro si affrettò a raggiungere il capezzale di Regina, scostando con malagrazia la figura massiccia del padre. Passò un braccio attorno alle spalle della paziente e la sollevò di qualche centimetro, poi stappò una bottiglietta di vetro con i denti aguzzi e versò lentamente il liquido color topazio tra le sue labbra dischiuse ed esangui. - Su, dearie. Bevi. Ti sentirai meglio. -
Alla fine di quell'operazione, Rumpelstiltskin fece ridistendere con delicatezza la sua allieva sui cuscini.
- Ora starà bene? - chiese Henry che aveva seguito con ansia ogni meticoloso gesto del folletto tormentandosi le mani.
Rumpelstiltskin tornò a tastare il polso di Regina e constatò con sollievo che il battito si era fatto più vigoroso. - Sì, guarirà. Ma avrà bisogno di altra pozione. Ne preparerò ancora. -
- Grazie. - mormorò Henry, commosso, - Non so cos'avrei fatto se l'avessi persa. Mia figlia è tutto per me! -
Il Signore Oscuro lo trafisse con uno sguardo glaciale. - In tal caso, dearie, dovresti lasciarle vivere la sua vita e non interferire nelle sue scelte. Guarda a cosa hanno portato i tuoi sconsiderati tentativi di proteggerla! Che tu lo voglia o no, ormai si è affidata a me e io ho tutte le intenzioni di farne la strega più potente di tutti i reami. Lei compirà un'impresa che nessuno ha mai portato a termine prima d'ora. È il suo destino fin da quando è nata e tu non potrai impedire che si compia. -
Henry trasalì di fronte a quegli occhi di granito e al tono perentorio con cui Rumpelstiltskin aveva appena delineato il futuro di sua figlia. A qualunque impresa fosse destinata, aveva il forte sospetto che sarebbe stato qualcosa di oscuro, che l'avrebbe trascinata in un abisso fondo e buio dal quale sarebbe stato assai difficile riemergere.
- Regina dovrebbe svegliarsi tra qualche ora. - riprese il folletto, - Falle mangiare qualcosa ma non permetterle di alzarsi: è ancora troppo debole. Tornerò domani mattina con un'altra dose di pozione. -
Senza attendere risposta, Rumpelstiltskin scomparve in una nube purpurea e il vecchio Henry rimase solo con l'adorata figlia immersa in un sonno profondo ma finalmente quieto e un pesante carico di senso di colpa e impotenza che gli gravava sul cuore.

  
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