Quando Regina aprì gli occhi quella
mattina d'autunno l'accolse la splendida visione della foresta che,
fuori dalle vetrate delle ampie finestre, brillava di oro, topazio e
rubino, accarezzata dalla luce di una delle ultime giornate di sole e
cielo terso prima dell'arrivo delle nebbie e dei giorni grigi e
uggiosi.
Rumpelstiltskin le aveva dato
appuntamento nel bosco per una delle loro lezioni di magia e la
prospettiva di trascorrere qualche ora all'aria aperta era molto
allettante considerando la piacevolezza del clima, eppure Regina non
avrebbe desiderato altro che rimanere a letto tra le coperte, dare le
spalle alla finestra e riprendere a dormire. Non era da lei, sempre
attiva e pronta specialmente quando si trattava delle sue lezioni con
Rumpelstiltskin, ma quel giorno si sentiva inspiegabilmente stanca e
affaticata nonostante la sera prima si fosse addormentata presto e
avesse trascorso una notte serena.
Tuttavia non poteva non presentarsi
alla lezione; stava migliorando molto nel controllo dei suoi poteri
e, sebbene non l'avesse rivelato al suo maestro, custodiva
gelosamente nel cuore la segreta speranza che un giorno sarebbe
diventata abbastanza esperta di arti magiche da riuscire a praticare
un incantesimo che riportasse Daniel da lei e lo strappasse al mondo
dei morti. Doveva essere possibile! La magia poteva fare qualsiasi
cosa, no?
Per questo motivo le lezioni erano
troppo importanti e non sarebbe stata un po' di stanchezza a
convincerla a rinunciarvi, e poi forse l'aria frizzante della foresta
l'avrebbe aiutata a scrollarsi di dosso quella fastidiosa sensazione.
Così, Regina gettò indietro le
coperte e si alzò, avviandosi alla specchiera, dove prese una
spazzola d'argento e cominciò a sistemarsi i lunghi capelli neri,
domandandosi cosa il suo insegnante avesse in serbo per lei quella
mattina.
Mezz'ora più tardi, Regina entrò
nella vasta sala da pranzo del palazzo reale. Suo padre Henry che, su
invito del re, si era trasferito al castello dopo le nozze del
sovrano con sua figlia, si trovava già seduto alla tavola riccamente
imbandita per la colazione. L'uomo, che si stava servendo una
generosa fetta di torta alla marmellata, le rivolse un sorriso dolce
e le diede il buongiorno. Regina lo raggiunse e gli regalò un tenero
bacio sulla testa dai capelli ormai radi e canuti. - Buongiorno papà.
-
La giovane donna prese posto accanto al
genitore e si servì una tazza di tè accompagnata da un paio di
fette di pane tostato.
- Che programmi hai per la giornata,
cara? - le domandò il padre, notando il suo abbigliamento comodo e
informale.
- Oh, pensavo di andare a fare una
cavalcata con Ronzinante. È una giornata così bella... -
Henry guardò sua figlia con
espressione seria e Regina si sentì arrossire.
- Hai di nuovo lezione di magia con il
Signore Oscuro, vero? -
Regina abbassò lo sguardo sulla sua
colazione con aria colpevole. - Sì, è così. -
Non le piaceva mentire a suo padre, ma
sapeva che, per quanto non gliel'avesse mai detto apertamente, lui
disapprovava i metodi del suo maestro, per non parlare della sua
reputazione di essere malvagio e perverso. L'idea che la sua adorata
figlia passasse tanto tempo a stretto contatto con quell'uomo, sempre
che così si potesse definire quel demone, e che si lasciasse guidare
da lui nell'apprendimento della magia e, in particolare, delle arti
oscure, non gli faceva certo piacere.
Dopo qualche secondo di silenzio
imbarazzato, Regina gli prese la mano e la strinse nella propria con
affetto. - Stai tranquillo, papà. Non diventerò come lui, se è
questo che ti preoccupa. Ti prometto che non mi vedrai diventare
verde e ricoperta di squame. -
Ma Henry scosse la testa, del tutto
insensibile a quel tiepido tentativo di umorismo. - No, figlia mia.
Non è questo pensiero ad angustiarmi. Il fatto è che... a suo
tempo, anche lei aveva imparato la magia da quel folletto e...
e... -
- E tu temi che un giorno potrei finire
per assomigliarle. - concluse Regina.
Fu la volta di Henry ad arrossire. -
Tua madre era una donna... complicata. Non metto in dubbio che avesse
una personalità difficile, ma se non avesse mai incontrato
Rumpelstiltskin... se non si fosse fatta insegnare la magia da lui,
forse... -
Un silenzio ingombro di ricordi e di
pensieri inutili riguardo a ciò che sarebbe potuto essere ma non era
stato calò sulla sala da pranzo.
- Senti papà, - esordì Regina
guardando il padre dritto negli occhi e senza smettere di stringergli
la mano nella propria, - sappiamo tutti e due che Cora era attratta
dal potere. Era ambiziosa e ha fatto di tutto perché sposassi il re
e diventassi la sovrana del reame, ma io non sono come lei. A me non
importa del potere o della ricchezza. Voglio solo imparare a
praticare la magia, tutto qui. Forse un giorno riuscirò ad usarla
per liberare me e anche te da questa prigione dorata. Forse sarà
grazie alla magia che saremo di nuovo felici. -
L'uomo osservò il piglio fiducioso e
determinato della figlia e fece un gran sospiro. - Se è quello che
desideri, allora d'accordo. Mi fido di te, Regina. Ma, ti prego, fa'
attenzione e guardati bene da Rumpelstiltskin. -
La donna sorrise al padre e depose un
nuovo bacio sulla sua guancia ispida.
Consumarono il resto della colazione in
silenzio e quando Regina ebbe terminato il tè fece per alzarsi, ma,
appena fu in piedi, barcollò al punto da doversi sostenere al tavolo
per non perdere l'equilibrio.
- Non ti senti bene, tesoro? - domandò
Henry, scrutandola con preoccupazione.
- No papà, sta' tranquillo.
Probabilmente è stato solo... un piccolo capogiro, credo. -
Il padre continuò a fissarla con
insistenza mentre si portava una mano alla testa e sbatteva le
palpebre in attesa che quel senso di disorientamento svanisse.
- Forse non dovresti presentarti alla
lezione oggi. Forse faresti meglio a tornare di sopra e rimetterti a
letto. - azzardò, benché con poca convinzione.
- No, sto benissimo, davvero. È già
passato. Ora è meglio che vada, o arriverò tardi. Ci vediamo dopo.
-
Regina lo salutò con un sorriso e si
avviò svelta fuori dalla sala.
Henry la seguì con lo sguardo finché
non la vide scomparire nel corridoio, dopodiché sospirò e mise da
parte il suo piatto ancora mezzo pieno di prelibatezze: a un tratto,
gli era passato l'appetito.
Regina uscì dal palazzo reale da un
ingresso segreto che comunicava direttamente con le sue stanze: non
le andava di essere vista sgattaiolare nella foresta di soppiatto e
per di più vestita in quel modo. Le voci avrebbero iniziato a
circolare e ad ingigantirsi e l'ultima cosa che le serviva era che
suo marito iniziasse a farla pedinare per scoprire lo scopo dei suoi
peregrinaggi.
Quella mattina, la foresta offriva un
meraviglioso spettacolo di scintillanti riflessi colorati di tonalità
calde e accese che baluginavano pigramente a intermittenza sotto la
carezza dei raggi del sole che facevano breccia nel folto tetto di
chiome che ondeggiavano al venticello fresco fragrante di muschio. Ma
Regina non aveva tempo di godersi quel suggestivo scenario autunnale:
era in ritardo, inoltre la testa aveva ripreso a girarle come le era
accaduto poco prima a colazione. Che si stesse ammalando?
Quando finalmente giunse nell'ampia
radura che il suo maestro aveva eletto ad aula per i loro incontri
quotidiani, trovò Rumpelstiltskin che l'attendeva in piedi
appoggiato al tronco di una quercia, le braccia incrociate al petto,
le dita lunghe e verdastre che tamburellavano con impazienza. - Era
ora, dearie! Ce ne hai messo di tempo. Cominciavo a credere che non
saresti venuta. -
Regina ansimava per la camminata a
passo spedito, fatto decisamente inusuale considerando il suo fisico
atletico e allenato, e dovette addirittura poggiare le mani sulle
ginocchia per cercare di riprendere fiato. - Mi... uff... mi
dispiace. Uff... non succederà più. -
Il Signore Oscuro studiò la sua
allieva in preda al fiatone e notò un inconsueto pallore sul suo
viso sudato, incorniciato dai suoi capelli corvini che però quella
mattina avevano un colorito spento e apparivano sottili e privi di
vigore.
Era evidente che quel giorno Regina non
fosse al massimo della forma fisica, ma lui non era certo il tipo di
insegnante che decida di sospendere una lezione per delle inezie
simili, così non fece commenti e si limitò a far apparire dal nulla
un bersaglio che, sulla linea delle lezioni precedenti, la sua
pupilla avrebbe dovuto centrare con una freccia scagliata grazie alla
magia.
- Vogliamo cominciare, dearie? -
Regina fece del suo meglio, ma dopo
circa mezz'ora di vani tentativi, il bersaglio rimaneva ostinatamente
vuoto e integro e sembrava prendersi gioco di lei, della sua pessima
mira e della sua buona volontà. In compenso, la giovane apprendista
strega aveva disseminato frecce ovunque nei dintorni, tanto che
alcuni dei tronchi degli alberi che circondavano la radura
assomigliavano ormai a dei puntaspilli.
A un certo punto, Rumpelstiltskin
dovette afferrare un dardo con la mano per evitare che questo lo
colpisse in pieno.
- Si può sapere che diavolo ti prende
oggi, dearie? L'ultima volta sei riuscita a centrare il bersaglio
quasi la metà delle volte, e ora non riesci nemmeno ad avvicinartisi
lontanamente! -
Regina, madida di sudore per lo sforzo,
scosse la testa. - Mi dispiace, io... non so proprio cosa mi stia
succedendo. -
Rumpelstiltskin sospirò impaziente e
fece scomparire frecce e bersaglio. - Be', forse avremo più fortuna
con gli incantesimi di immobilizzazione. Almeno con quelli dovresti
cavartela visto che li stiamo studiando da settimane. -
Così dicendo, il Signore Oscuro fece
materializzare, a poca distanza dal punto in cui si trovavano lui e
la sua allieva, un grosso bisonte che sbuffò con aria piuttosto
contrariata.
- Ecco a te, dearie. È tutto tuo. -
sghignazzò il folletto.
In preda allo sconforto, Regina guardò
l'animale che si preparava minacciosamente a caricare proprio nella
sua direzione. Si sentiva quasi completamente priva di forze: come
diamine avrebbe mai potuto evocare un incantesimo abbastanza potente
da riuscire a fermare quel bestione con le corna?
Ma ormai non aveva altra scelta che
provarci, tanto più per il fatto che l'animale si era deciso ad
iniziare la carica e puntava dritto verso di lei.
Regina alzò le braccia, palmi aperti
verso quel colosso indiavolato, e cercò di concentrarsi per evocare
ogni goccia di potere magico che risiedeva in lei, ma si rese conto
con orrore che quella sorta di bacino interiore dal quale attingeva
la sua magia ogni volta che doveva farvi ricorso, era come
prosciugato. Non sentì i suoi poteri scorrerle nelle vene e
raggiungerle le mani, né quel calore elettrico che la pervadeva
piacevolmente quando praticava un incantesimo.
Era completamente indifesa e, a
peggiorare ulteriormente la situazione, arrivò una nuova potente
vertigine che l'assalì a tradimento trasformando la radura in
un'immensa trottola. Il bisonte le era quasi addosso.
Con un ringhio di frustrazione,
Rumpelstiltskin si vide costretto a far evanescere la creatura prima
che finisse per uccidere la sua preziosa allieva, le cui prestazioni
di quel giorno si erano rivelate, in verità, piuttosto deludenti.
Regina era immobile al suo posto, le
braccia tremanti ancora protese, gli occhi e la bocca serrati in
attesa dell'impatto con la bestia che, fortunatamente, non era
avvenuto. Le gambe le tremavano tanto che non riuscirono più a
sostenere il suo peso e la donna crollò a terra in ginocchio sul
morbido tappeto di foglie, ansante e col cuore in gola.
- Ma si può sapere che cos'hai,
dearie?! È stata la tua peggior lezione da quando ho iniziato ad
addestrarti. Non sei nemmeno riuscita a praticare una semplice
immobilizzazione! -
Con voce affannata, Regina tentò di
giustificarsi e di spiegare al folletto la strana sensazione di vuoto
che aveva provato mentre cercava di evocare il suo potere: - C'è
qualcosa che non va con la mia magia. Non riesco a richiamarla. È
come se fosse... scomparsa. -
A quelle parole, Rumpelstiltskin venne
colto da un improvviso sospetto. Si piegò sulle ginocchia in modo da
guardare dritto in viso la sua allieva: il suo colorito spaziava dal
bianco latte al verdognolo, fatta eccezione per due profonde ombre
scure che si allargavano sotto i suoi occhi bruni nei quali sembrava
essersi spenta la luce che li animava di solito. Un velo di sudore le
imperlava la fronte e le guance e qualche ciocca di capelli sfuggita
all'acconciatura le ricadeva floscia sul volto.
- In effetti hai un pessima cera,
dearie. Credo che per oggi la nostra lezione sia finita. In queste
condizioni, riusciresti solo a fare danni. Ma non pensare che sarò
così magnanimo anche in futuro. -
Regina annuì, sollevata di essere
libera di tornare al castello, farsi un bagno e trascorrere il resto
della giornata a riposo. Ne aveva un gran bisogno.
Si appoggiò a un albero e tentò di
rimettersi in piedi a fatica, reggendosi al tronco per non finire di
nuovo al suolo.
Nel frattempo, Rumpelstiltskin la
fissava con aria pensierosa e si interrogava sulle possibili cause di
quello strano malessere. Ciò che gli aveva detto Regina
sull'impossibilità di evocare la magia gli aveva fatto sorgere un
dubbio, che quell'insolita debolezza unita all'aspetto terribile
della sua pupilla non faceva altro che confermare.
Ma se la sua intuizione era corretta,
allora avrebbe dovuto porre rimedio a quel problema imprevisto
immediatamente, prima che fosse troppo tardi e i suoi piani per
servirsi della donna andassero in fumo.
Sempre in preda alle vertigini, Regina
provò a staccare la mano dall'albero che le faceva da sostegno, ma
il suo equilibrio era davvero troppo precario per pensare di poter
ripercorrere a ritroso la strada verso il palazzo.
- Temo proprio che, ridotta in questo
stato pietoso, non andrai da nessuna parte, dearie. Non con le tue
gambe, almeno. -
Il folletto le si avvicinò e le porse
un braccio con fare galante. - Permetti che ti dia un passaggio? -
Regina, che ormai era quasi sul punto
di svenire, accolse con sollievo e gratitudine quell'offerta e, senza
farselo ripetere due volte, si affrettò ad afferrare il gomito del
Signore Oscuro.
I due vennero avvolti da una densa nube
viola e, in un battito di ciglia, scomparvero dalla radura per
riapparire quasi all'istante nella camera da letto della donna.
Non appena i loro piedi toccarono il
freddo pavimento di marmo della stanza, le forze abbandonarono del
tutto la giovane strega, che venne prontamente sostenuta da
Rumpelstiltskin prima che cadesse a terra.
Il Signore Oscuro sollevò Regina tra
le braccia e la depose sul sontuoso letto a baldacchino, ancora
sfatto dalla notte precedente, dopodiché le passò delicatamente una
mano sulla fronte e sentì che, sotto lo strato di sudore
appiccicaticcio, la sua pelle era gelida. Allora le tastò piano il
polso sinistro e riuscì a percepire solo un battito debole e quasi
impalpabile.
Le condizioni della sua allieva erano
più gravi di quanto avesse pensato ad un primo colpo d'occhio. Ma
doveva capire cosa l'avesse ridotta in quel modo prima di poterle
procurare un rimedio sicuro.
Proprio in quel momento, la sua
attenzione venne attirata da un calice vuoto appoggiato sul comodino
di legno bianco intarsiato. Emanava un pungente odore di erbe che
tuttavia non riusciva a dissimulare del tutto, al suo naso di
pozionista esperto, una nota acre che Rumpelstiltskin conosceva bene:
sangue di salamandra.
Il Signore Oscuro prese il recipiente
tra le mani e ne esaminò attentamente il fondo, dove erano ancora
visibili tracce della bevanda che evidentemente Regina doveva aver
ingerito la sera prima. Tra i resti mollicci di camomilla, valeriana
e lavanda, Rumpelstiltskin identificò immediatamente ciò che
rimaneva di una particolare pozione che veniva solitamente impiegata
per indebolire coloro che possedevano poteri magici.
Dunque il suo sospetto era fondato!
Ecco che tutto tornava. Ecco spiegata la strana indisposizione della
sua allieva. Ma chi poteva conoscere gli effetti di quella rara
mistura e avere interesse a togliere la magia a Regina?
Il suo primo pensiero andò a Cora, ma
era impossibile! Sua figlia l'aveva esiliata nel Paese delle
Meraviglie spingendola oltre lo specchio magico che lui le aveva
donato appositamente per quello scopo. A quel punto, esclusa la
principale candidata, chi altri avrebbe potuto essere a conoscenza
dei poteri di Regina e somministrarle in segreto quella pozione
mimetizzandola con un'innocua tisana di erbe per dormire?
La risposta a quella domanda giunse in
maniera quasi provvidenziale quando la porta della camera si
socchiuse con un sommesso cigolio e fece capolino nella stanza la
figura bassa e tarchiata del padre di Regina.
Quando vide il Signore Oscuro
torreggiare sul corpo inerme della figlia, pallida come un cadavere,
distesa sul letto, Henry lanciò un urlo acuto e si precipitò a
frapporsi tra i due.
- Che cosa avete fatto a mia figlia?! -
Rumpelstiltskin non si scompose e,
conscio ormai di aver identificato il suo misterioso avvelenatore, si
esibì in un sorrisetto beffardo. - Io non ho fatto proprio niente,
dearie. Sei stato tu. -
- Cosa? -
Il folletto indicò la coppa
incriminata. - Hai messo tu quella pozione nel calice di Regina, non
è vero? E scommetto che ora sei sgattaiolato furtivamente quassù
per recuperare il calice e riportarlo di nuovo pieno questa sera.
Volevi privarla della sua magia? E, vediamo se indovino: non approvi
che io la stia addestrando e speravi che farle perdere i suoi poteri
mi avrebbe indotto a lasciarla in pace. Allora... ho ragione, dearie?
-
Il viso bonario e mite di Henry si fece
terreo quasi quanto quello della giovane svenuta accanto a lui. Non
replicò alle parole di Rumpelstiltskin, ma il senso di colpa si
leggeva chiaramente in ogni sua ruga, in ogni piega del suo volto
segnato da un'espressione sofferente.
- Sì. - ammise alla fine. - Sono stato
io. Ho trovato quell'intruglio tra gli effetti personali di Cora e
ricordo che una volta mi accennò qualcosa riguardo al fatto che chi
l'avesse bevuto avrebbe perduto per sempre i propri poteri magici.
Ogni sera, prima di coricarsi, Regina beve una tisana a base di erbe
officinali contro l'insonnia, così ho iniziato a versarne un po' nel
suo calice tutti i giorni. Credevo che, in questo modo, avreste perso
interesse nei suoi confronti. Ma ora ditemi: che cosa le è successo?
Sta male? Devo mandare a chiamare il medico di corte? -
L'occhiata carica di allarme e
preoccupazione che l'uomo rivolse alla donna priva di conoscenza ebbe
l'inaspettato effetto di una stretta al cuore oscuro di
Rumpelstiltskin: come poteva rivelare a quel padre, così accecato
dalle buone intenzioni, che la sua amatissima figlia si era ammalata
per colpa sua? Per colpa del suo atto d'amore che, sebbene
sprovveduto, era volto esclusivamente a proteggerla?
Scelse le parole con cura. - Di
preciso, cosa sai di quella pozione, dearie? -
Henry si strinse nelle spalle. - Quello
che mi disse Cora: che prosciuga la magia di chi la beve. -
Rumpelstiltskin fece un lungo sospiro.
Proprio come aveva immaginato.
- Quello che Cora non ti ha detto, -
rispose piano e con voce incredibilmente seria, - è che quel filtro
non si limita a prosciugare la magia. Prosciuga anche l'energia
vitale. -
Per un attimo, Henry sembrò sul punto
di svenire a sua volta. Il suo sguardo smarrito saettava da
Rumpelstiltskin a Regina, incapace di conciliare il senso di quella
terribile asserzione con la realtà che gli si presentava impietosa
davanti agli occhi.
- Questo significa che... è colpa mia.
Oh, per li dèi! Che cosa ho fatto?! Che cosa ho fatto alla mia
bambina?! -
Calde lacrime di rimorso e terrore
iniziarono a rigargli le gote mentre Henry si chinava su Regina e le
accarezzava i capelli singhiozzando a dirotto. - Oh, figlia mia! Mi
dispiace! Sono stato così stupido! -
Rumpelstiltskin assistette a quello
spettacolo senza dare alcun segno di emozione, tuttavia avvertì un
lieve moto di compassione per quel padre che, il buon senso offuscato
dal desiderio di proteggere la figlia, aveva finito invece per farle
del male e portarla inconsapevolmente molto vicina ad una soglia
oltre la quale sarebbe stato impossibile salvarla.
- Si rimetterà, non è così?! -
domandò l'uomo, voltandosi di scatto verso il folletto. - Regina
guarirà, vero? VERO?! -
Il Signore Oscuro fece spallucce. - Al
momento non è messa granché bene, come puoi vedere. Ma posso
preparare una pozione ricostituente che dovrebbe rimetterla in sesto
in pochi giorni. Dovrà stare a riposo per un po' ma penso di poter
affermare con certezza che tornerà quella di prima, magia inclusa.
Certo, se avesse continuato a bere quel veleno, le cose non sarebbero
state così semplici da risolvere. -
- Sarebbe... sarebbe potuta...? -
Rumpelstiltskin annuì grave. - Temo
proprio di sì. -
Henry si lasciò cadere sul letto, lo
sguardo atterrito perso nel vuoto. - Che cosa ho fatto! - ripeté, la
voce ridotta ad un sussurro incredulo e orripilato.
Il Signore Oscuro gli scoccò uno
sguardo severo. - In futuro, ti consiglio di lasciare le arti magiche
a chi se ne intende, dearie. La magia ha sempre un prezzo, anche per
coloro che la maneggiano da anni, figuriamoci se utilizzata da
qualcuno inesperto come te. Le conseguenze sarebbero potute essere
disastrose. -
Henry annuì. - Avete ragione. Non mi
avvicinerò mai più agli oggetti magici di Cora. Mai più. -
- Sarà meglio per te, dearie. Ora devo
tornare al Castello Oscuro e preparare il rimedio per Regina. Tornerò
più tardi per consegnartelo. -
E, prima che Henry potesse dire altro,
Rumpelstiltskin si smaterializzò e ricomparve al centro del suo
laboratorio, dove si mise subito al lavoro per distillare il filtro
che avrebbe curato la sua allieva, restituendole anche la sua magia.
Avrebbero dovuto sospendere le lezioni
almeno per una settimana, ma l'importante era che Regina si
rimettesse e riacquistasse tutti i suoi poteri.
Sebbene fosse mosso da nobili
intenzioni, il vecchio Henry aveva proprio combinato un bel guaio,
per non parlare del fatto che aveva seriamente rischiato di
compromettere irrimediabilmente il suo piano per, a tempo debito, far
lanciare a Regina il Sortilegio Oscuro.
Avrebbe dovuto fargliela pagare cara
per quel suo goffo ma pericoloso tentativo. Avrebbe dovuto fargli
capire in modo molto incisivo che non ci si mette contro il Signore
Oscuro, che nessuno può sperare di intralciare i suoi piani e
sperare di passarla liscia... ma lo spavento che si era preso vedendo
la figlia in quello stato e la consapevolezza di averla quasi portata
alla morte rappresentavano una punizione più che sufficiente per
quell'uomo, nonché un deterrente più forte di qualsiasi tortura per
indurlo a non giocare mai più con la magia.
La pozione fu pronta nel tardo
pomeriggio e, come promesso, Rumpelstiltskin apparve di nuovo nella
camera di Regina, dove trovò una scena perfettamente identica a
quella che aveva lasciato poche ore prima: la giovane giaceva ancora
priva di sensi e mortalmente livida tra le coltri mentre Henry era
chino su di lei e le accarezzava il viso cinereo, singhiozzando di
tanto in tanto.
Il Signore Oscuro si affrettò a
raggiungere il capezzale di Regina, scostando con malagrazia la
figura massiccia del padre. Passò un braccio attorno alle spalle
della paziente e la sollevò di qualche centimetro, poi stappò una
bottiglietta di vetro con i denti aguzzi e versò lentamente il
liquido color topazio tra le sue labbra dischiuse ed esangui. - Su,
dearie. Bevi. Ti sentirai meglio. -
Alla fine di quell'operazione,
Rumpelstiltskin fece ridistendere con delicatezza la sua allieva sui
cuscini.
- Ora starà bene? - chiese Henry che
aveva seguito con ansia ogni meticoloso gesto del folletto
tormentandosi le mani.
Rumpelstiltskin tornò a tastare il
polso di Regina e constatò con sollievo che il battito si era fatto
più vigoroso. - Sì, guarirà. Ma avrà bisogno di altra pozione. Ne
preparerò ancora. -
- Grazie. - mormorò Henry, commosso, -
Non so cos'avrei fatto se l'avessi persa. Mia figlia è tutto per me!
-
Il Signore Oscuro lo trafisse con uno
sguardo glaciale. - In tal caso, dearie, dovresti lasciarle vivere la
sua vita e non interferire nelle sue scelte. Guarda a cosa hanno
portato i tuoi sconsiderati tentativi di proteggerla! Che tu lo
voglia o no, ormai si è affidata a me e io ho tutte le intenzioni di
farne la strega più potente di tutti i reami. Lei compirà
un'impresa che nessuno ha mai portato a termine prima d'ora. È il
suo destino fin da quando è nata e tu non potrai impedire che si
compia. -
Henry trasalì di fronte a quegli occhi
di granito e al tono perentorio con cui Rumpelstiltskin aveva appena
delineato il futuro di sua figlia. A qualunque impresa fosse
destinata, aveva il forte sospetto che sarebbe stato qualcosa di
oscuro, che l'avrebbe trascinata in un abisso fondo e buio dal quale
sarebbe stato assai difficile riemergere.
- Regina dovrebbe svegliarsi tra
qualche ora. - riprese il folletto, - Falle mangiare qualcosa ma non
permetterle di alzarsi: è ancora troppo debole. Tornerò domani
mattina con un'altra dose di pozione. -
Senza attendere risposta,
Rumpelstiltskin scomparve in una nube purpurea e il vecchio Henry
rimase solo con l'adorata figlia immersa in un sonno profondo ma
finalmente quieto e un pesante carico di senso di colpa e impotenza
che gli gravava sul cuore.