The dragon’s roar
"Grazie per avermi fatto male, non lo dimenticherò."
Arya
Dopo le parole di
Bran era come
se anche il vento si fosse congelato. Incurante del delicato abito blu,
Arya si
inginocchiò nella neve e afferrò il fratello per le spalle.
“Arya!” esclamò
Sansa, ma Bran non si mosse.
Arya lo scosse con
forza. “La Barriera è
crollata?” chiese ad alta voce per non tradire il panico. Bran annuì e
Arya lo
lasciò andare. Le tremavano le mani.
Tormund era venuto
avanti. “Non è
possibile!” esclamò incredulo “Il Popolo Libero ha tentato di buttare
giù il
vostro dannato muro per secoli senza mai nemmeno scarflirlo… Gli
Estranei non
possono aver…”
“Il Re della Notte ha
il Corno di Joramun” lo interruppe Bran e
Tormund sbiancò.
“Che cos’è?” chiese
Sansa ancora carponi nella neve.
“Uno
strumento che secondo le leggende poteva far crollare la Barriera”
spiegò il
bruto con voce grave. “Mance l’ha cercato per anni, senza mai
trovarlo.” Tormund
tacque e Arya vide che aveva le pupille dilatate. Lei non sapeva
praticamente nulla
di questi Estranei, eccetto quello che raccontavano le storie della
Vecchia
Nan, ma credeva nella loro esistenza. Beric era sembrato sincero e
Thoros per
una volta non aveva fatto battute.
Sansa si alzò in
piedi. “Entriamo dentro”
disse con voce indecifrabile, “e parliamone… Tormund, puoi aiutare mio
fratello?” Il bruto ammiccò e prese in braccio Bran, che non batté
ciglio. Arya
si chiese cosa gli fosse successo oltre la Barriera da renderlo così
apatico.
Poi notò una cosa e corse a raggiungere Bran.
“Dov’è Estate?”
“E’ morto” rispose
Bran senza guardarla e Arya non seppe cosa dire.
Aspettò Sansa e insieme entrarono nel palazzo.
Tutti i lord
fissavano esterrefatti
Bran e molti dovevano averlo riconosciuto, perché si misero a
bisbigliare fra
loro. Tormund lo mise a sedere al tavolo di legno e lasciò il posto
accanto a
Meera. Sansa tuttavia rimase in piedi. Il suo volto era teso e gli
schiamazzi
erano cessati. Arya sapeva che spiegare la situazione non sarebbe stato
facile.
“Miei signori” iniziò
sua sorella, “purtroppo mio fratello Brandon Stark è
tornato con notizie terribili.” Nessuno commentò, nessuno nemmeno
fiatò. La
tensione si poteva tagliare con un coltello.
“La Barriera è
caduta.”
“Non è possibile!”
esclamò Cley Cerwyn “Esiste da migliaia
di anni…”
“E’ qualcosa di
impensabile” gli fece eco Brandon Tallhart.
“Sciocchezze!” gridò
qualcuno dal fondo.
“Io c’ero” intervenne
Bran e tutti si
voltarono a guardarlo. "Io e Meera eravamo lì quando è successo.
L’abbiamo
vista sgretolarsi sotto i nostri occhi, abbiamo visto i Guardiani della
Notte
soccombere al suo crollo. L’esercito dei morti sta arrivando e non c’è
più
nulla che possa fermarlo.” Arya rabbrividì suo malgrado. I presenti
erano
nuovamente silenziosi e l’improvviso panico era tangibile.
“Cosa facciamo?”
chiese lord Glover “Non sappiamo niente di questi Estranei, non li
abbiamo mai
combattuti, non li abbiamo mai nemmeno visti…
Cosa potremo contro di loro?”
Tormund si alzò dalla
sua panca. “Io li ho visti”
iniziò, “così come tutti i sopravvissuti del mio popolo. Io e Jon Snow
abbiamo
combattuto l’esercito dei morti ad Aspra Dimora, quando era ancora Lord
Comandante dei Guardiani della Notte, e le cose che abbiamo visto
farebbero
cagarsi sotto anche il più coraggioso uomo del mondo. I non-morti hanno
fatto a
pezzi il nostro accampamento e alla fine il Re della Notte è venuto
avanti e ha
fatto risorgere tutti i nostri caduti. Se si vuole avere una speranza
di
batterli, non bisogna cedere alla paura.”
Arya ricordò le
parole di Syrio
Forel: la paura uccide più della spada.
“Per
distruggere i non-morti è necessario il fuoco, giusto?” chiese Sansa e
Tormund
annuì.
“No” obiettò Bran,
“appena gli Estranei saranno abbastanza vicini
risulterà impossibile accendere anche solo una scintilla.”
Sansa era rimasta a
bocca aperta. “Allora occorre il Vetro di Drago…” disse incerta e Arya
si morse
il labbro.
“Re Jon aveva detto
che sarebbe andato a riprenderlo” osservò
Manderly, “ma non è ancora tornato…”
Sansa sospirò. “Jon
non è qui” disse con
amarezza, “so che avete riposto in lui la vostra fiducia, mei signori,
e penso
che non avreste potuto fare scelta migliore. Ma non è ancora tornato e
non c’è
più tempo per aspettarlo: il Nord deve difendersi da solo.” Ci furono
attimi di
doloroso silenzio e Sansa chinò il capo.
“Meera ha una spada
di acciaio di
Valyria” disse ad un tratto Bran.
“E’ un’arma valida”
constatò Tormund e Meera
annuì.
“Io ho la daga di
Baelish” disse Arya, “anch’essa di acciaio di Valyria
e abbiamo ricevuto in dono Signora Piangente dai lord della Valle.” Ci
furono
esclamazioni entusiatiche: tutti conoscevano quella spada per fama.
“La mia
spada, Giuramento, è di quel metallo” intervenne Brienne, “ma Daenerys
Targaryen me l’ha sottratta…” Tormunc imprecò ad alta voce.
“Quindi” ricapitolò
Sansa, “abbiamo due spade valyriane e una daga, corretto?”
“La mia lama non
sarà di acciaio di Valyria” si intromise Beric Dondarrion con un
ghigno, “ma è
infuocata…” La sala esplose in una risata liberatoria.
Sansa appoggiò le
mani
sul tavolo. “Ho bisogno di discutere della situazione con i mei
consiglieri”
disse in tono autoritario, “potete andare tutti a dormire tranne
Brienne e
Tormund. Domani mattina vi comunicherò le nostre decisioni circa la
protezione
del Nord.” Uno dopo l’altro i lord si incinarono e uscirono. Sansa fece
cenno
a Tormund e Brienne di avvicinarsi e concesse loro di sedere al tavolo
di
legno.
“Bran, ora non posso
più dare ordini” osservò Sansa voltandosi verso il
fratello. “Tu sei l’erede di nostro padre: Grande Inverno spetta a te.”
Bran
scosse la testa. “Sono il Corvo con Tre Occhi” replicò e Arya si chiese
che
cosa intendesse, “non sarei affatto un buon lord e in questo momento il
Nord ha
bisogno di un comandante forte.”
Sansa si lasciò
cadere sulla sedia e sospirò.
“Vorrei che Jon fosse qui” mormorò tristemente, “lui saprebbe cosa
fare… Io
invece non ho idea di come affrontare questa minaccia…”
Arya le venne vicino.
“Noi siamo qui per aiutarti” le ricordò con affetto e Sansa annuì.
“Tormund?”
chiamò “Puoi prendere quella cartina sullo scaffale per favore?” Il
bruto si
allontanò e tornò con il rotolo richiesto. Brienne lo aiutò a
distendere la
cartina sul tavolo.
“Avete visto gli
Estranei al Castello Nero?” chiese Sansa
lisciando la carta e Bran e Meera annuirono.
“Però altri
potrebbero essere
rimasti verso il Forte Orientale” osservò Bran, “o anche in altri punti
della
Barriera… Non lo sappiamo.”
“Quindi dobbiamo
aspettarci un attacco sia da est
che da ovest” fece notare Arya osservando la cartina. “Icastelli più a
nord di
Grande Inverno sono Ultimo Focolare, Karhold, Deepwood Motte e Forte
Terrore.”
“Forte Terrore è
deserto” ricordò Sansa con voce dura, “e nessuno ci metterà
più piede. Deepwood Motte e Karhold invece sono piuttosto decentrati:
non credo
verranno presi d’attacco.”
“Gli Estranei non
attaccano secondo uno schema
razionale” disse Bran, “non puoi illuderti di prevedere le loro mosse.”
Sansa
sembrò irritata. “E allora che cosa dovremmo fare secondo te?” chiese
con un
velo di accusa nella voce.
“Inviare una
guarnigione in ogni castello.”
“Ma non abbiamo
abbastanza uomini, Bran!” esclamò Sansa “L’Incollatura è
troppo ardua da superare durante l’inverno e quindi non possiamo
contare sul
sostegno della Valle e delle Terre dei Fiumi e in ogni caso i loro
soldati non arriverebbero mai in tempo… Abbiamo già perso troppi uomini
alla Barriera
e Porto Bianco: non possiamo permetterci di sbagliare ancora.”
“Intendi
difendere solo Ultimo Focolare?” chiese stupita Arya. Sansa la guardò e
annuì.
“La mia gente è
ancora là” disse Tormund con angoscia, “anziani, bambini e
donne incinte…”
Sansa si morse il
labbro. “Invieremo dei soldati a…”
Ma
Arya aveva subito capito non avrebbe funzionato. “A fare cosa?” chiese
“Non
possono fermare gli Estranei, solo rallentarli…”
“Ci faranno
guadagnare tempo”
disse Sansa, “e permetteranno al Popolo Libero di fuggire.”
“Si faranno
ammazzare” ribatté Arya alzando la voce.
“Ci faremo ammazzare
tutti se non
facciamo qualcosa!” urlò Sansa.
Rimasero a guardarsi
senza fiato. In quel
momento si sentì bussare alla porta.
“AVANTI!” gridarono
all’unisono.
Podrick
entrò tutto tremante. “Non volevo disturbare…” si scusò con una vocina
sottile.
Sansa scossa la
testa. “Nessun problema” lo tranquillizzò con voce forzatamente
calma, “cosa succede?” Arya si preparò all’annuncio di un’altra
catastrofe.
Invece
Podrick sembrava come
emozionato e allo stesso tempo confuso. “C’è un
esercito alle porte” bofonchiò, “ma hanno le bandiere bianche di pace e
gli
stemmi dei Baratheon… Li guida il Cavaliere delle Cipolle, mia
signora.” Arya
ricordò l’uomo che Sansa le aveva raccontato essere andato a Roccia del
Drago
insieme a Brienne. Forse anche Jon è
con lui, pensò con il cuore che
iniziava ad accelerare.
Sansa invece era
solamente interdetta. “Davos?” chiese
incredula “E hai detto Baratheon?!”
Podrick annuì. “Il
cervo, mia signora” precisò, “quello di re Robert.”
Sansa
annuì. “Andiamo” disse rivolta agli altri e tutti insieme uscirono
nuovo,
lasciando Bran insieme a Meera.
“Sembra che questa
sia la serata dei grandi
ritorni” disse sarcastica Arya affrettandosi.
Fuori dal portone
c’erano davvero
soldati con i vessilli delle casate della Tempesta e Arya li osservò a
bocca
aperta. L’uomo che venne avanti salutando Tormund, Brienne e Sansa
doveva
essere ser Davos Seaworth, il Cavaliere delle Cipolle. Arya sapeva Jon
l’aveva
scelto come suo consigliere, ma si chiedeva cosa ci faceva lì con
un’esercito dei
Baratheon. Evidentemente se lo stavano chiedendo anche gli altri.
“Davos!”
esclamò Sansa “Brienne mi aveva detto eravate stati tenuti prigionieri
da
Daenerys Targaryen… Sono felice anche tu sia riuscito a fuggire.”
Davos chinò
appena il capo. “In realtà la situazione era un po’ più complicata”
disse in
tono di scusa, “ma non credo sia il momento migliore per parlarne…”
“Jon dov’è?” chiese Arya.
Davos si voltò verso
di lei. “Chiedo scusa” disse in tono
gentile, “ma non ti conosco…”
“Lei è mia sorella Arya” disse Sansa.
Davos
sgranò gli occhi. “Arya Stark?” chiese esterrefatto “Jon mi ha
raccontato tanto
di te…” Arya sentì il suo cuore riempirsi di commozione. “Lui sta bene”
continuò Davos con un sorriso, “è rimasto con Daenerys…”
“Stai dicendo che ha scelto di rimanere con lei?!” chiese
Sansa in tono aggressivo “Ora che più abbiamo bisogno di lui…”
Davos sembrava
incerto delle parole da utilizzare. “Fidati, mia signora” disse infine,
“se
avesse potuto sarebbe tornato. Però ha inviato questo esercito a
proteggere il
suo popolo…”
Sansa guardò i
soldati sospettosa. “Cosa è successo nel Sud?”
chiese sulle difensive “Perché tu sei potuto tornare con un esercito e
Jon è
dovuto rimanere con Daenerys Targaryen?”
Davos sospirò. “Non
devi giudicare
severamente tuo fratello” le disse. “Jon non desiderava altro che
tornare qui:
ha disobbedito agli ordini di Daenerys per inviare questi uomini.”
Arya sentì
le lacrime pizzicarle gli occhi, ma Sansa rimase impassibile.
“C’è stata una
battaglia alla Roccia del Drago e Daenerys ha sconfitto Euron Greyjoy”
continuò
Davos, “in seguito Jon l’ha pregata di permettermi di ritornare al Nord
per
capire cosa stesse succedendo qui e ha anche inviato parte del suo
esercito a
liberare Porto Bianco…”
“Avete liberato Porto
Bianco?”
Davos annuì. “In
seguito io avrei dovuto proseguire da solo” disse, “ma abbiamo
ricevuto notizie riguardo ad una ribellione e il nuovo lord di Capo
Tempesta ha
deciso che non avrebbe riportato i soldati a sud come gli era stato
ordinato da
Daenerys, ma sarebbe invece venuto in vostro soccorso.”
“Lord di Capo
Tempesta?” chiese Sansa aggrottando le sopracciglia “La casata dei
Baratheon si
è estinta…”
Davos scosse la
testa. “Daenerys ha legittimizzato l’ultimo dei
bastardi di Robert” spiegò. Poi si voltò verso i soldati alle sue
spalle.
“Gendry, ieni a presentarti a lady Sansa…”
Fu come se qualcuno
avesse
dato ad Arya un pugno nello stomaco, svuotandole i polmoni. Gendry
venne avanti
di malavoglia, quasi trascinando i piedi. Non era molto cambiato
dall’ultima
volta che Arya l’aveva visto, ma ora portava i colori dei Baratheon.
Teneva gli
occhi bassi, finché Davos non gli diede una leggera gomitata.
“Mia signora”
inziò Gendry, “io sono Gendry Barathe…”
Il suo sguardo
incontrò quello di Arya
e Gendry ammutolì. Davos si voltò verso di lui e così anche Sansa, ma
Gendry
sembrava incapace di articolare parola. Arya gli si avvicinò
lentamente. Quando
fu abbatsanza vicina, si fermò e lo guardò dritto negli occhi.
“Ciao, Arya”
mormorò lui azzardando un timido sorriso.
E Arya lo
schiaffeggiò forte in pieno
viso.
“Arya!” arrivò l’urlo
strozzato di Sansa e l’esclamazione di stupore di
Davos, ma Arya non se ne curò. Raccolse la gonna, voltò le spalle a
tutti e
corse a perdifiato nel castello.
Mi aveva abbandonata, continuava a
ripetersi. Aveva preferito la
Fratellanza a me. Entrò nella sua stanza e sbatté la
porta, senza tuttavia chiuderla a chiave. Una remota parte di lei
desiderava
Gendry le fosse venuto dietro. Così, quando udì i colpi alla porta,
metà del
suo cuore gioì, mentre l’altra metà maledisse gli dèi.
“Arya!” la chiamava
Gendry da fuori “Ti prego apri, voglio solo parlarti… Io…”
Arya corse alla
porta e la aprì di scatto. “COSA VUOI?!” gli urlò in faccia.
Gendry si ritrasse
mortificato. “Volevo solo…”
“Parlarmi” lo
interruppe brusca Arya, “questo lo
hai già detto!”
“Allora perché me
l’hai chiesto?”
Arya non
seppe cosa rispondere. Gli voltò le spalle, tentando di mantenere
quanto più
possibile la calma, e si sedette sul letto. Non invitò Gendry a
prendere la
sedia del tavolino, né lui chiese il permesso. “Cosa vuoi?” chiese
ancora Arya
“Perché sei qui, perché indossi quei
vestiti?”
Gendry sospirò. “E’
complicato da spiegare.”
Arya rise. “La
scusa più petetica che abbia mai sentito” lo schernì sferzante e Gendry
abbassò
lo sguardo.
“Così sei alleato di
Daenerys Targaryen” continuò Arya accavallando
le gambe. Sansa le aveva raccontato abbastanza storie riguardo a quella
donna
che quasi Arya l’aveva inserita nella lista dell’odio per aver
costretto Jon a
lasciare Grande Inverno.
“Ero scudiero di tuo
fratello!” esclamò Gendry con più
determinazione ora “Mi prese con sé quando partì da Porto Bianco e mi
portò
alla Roccia del Drago. E’ stato lui a dirmi di obbedire agli ordini
della
regina, lui a suggerire il piano per farmi diventare lord di Capo
Tmpesta, lui
a dirmi di venire in soccorso del Nord in caso di pericolo…”
“Non parlare di
Jon come se lo conoscessi!” disse acida Arya, ma in realtà quasi lo
invidiava.
Gendry spostò il peso
del corpo sulla gamba destra. “Adesso perché te la prendi
con me?” le chiese alzando la voce “Cosa ti ho fatto per meritare tanto
odio?”
Arya scattò in piedi,
gli occhi ardenti e il fiato corto. “Cosa mi hai fatto?”
ripeté in tono pericolosamente calmo “Mi hai lasciata con la
Fratellanza.”
Afferrò un libro e
glielo tirò addosso, mancandolo di almeno due piedi.
“Hai
detto che tenevi a me” continuò Arya accecata dalle lacrime afferrando
un altro
libro, “ma mi hai abbandonata!”
Lanciò anche quello e
Gendry si coprì la testa
con le braccia. Arya gettò a terra il cesto della frutta, che, cadendo,
macchiò
il pavimento.
“Hai detto che mi
volevi bene” continuò ad urlare mentre le
lacrime le bagnavano le guance, “eppure non saresti stato disposto a
venire con
me, a essere la mia famiglia…”
Prese in mano il
candelabro, ma Gendry le bloccò
il polso, costringendola delicatamente ad appoggiarlo nuovamente sul
tavolo.
Arya allora cercò a tentoni Ago e la puntò contro il petto di Gendry.
Lui
sorrise. “Ricordi la prima volta che ci siamo incontrati?” chiese con
calma
“Nella comitiva del vecchio Yoren. Ti ho vista mentre minacciavi
Frittella con
questo spadino ed ho capito subito che eri una ragazza. E’
davvero forte, ricordo di aver pensato.”
Arya premette la
punta di
Ago sull’armatura di Gendry.
“E da allora”
proseguì lui, “tutte le mie
convinzioni riguardo alle ragazze si sono dissolte. Mi avevano sempre
detto
fossero serpi velenose, pronte a psosciugarti di ogni forza e ricchezza
prima
di abbandonarti. Invece tu eri così diversa… Insomma, guarda solo la
tua
reazione adesso: quale ragazza per bene urlerebbe così?”
Arya lo colpì di
nuovo
e Gendry rise.
“E’ per questo che mi piaci.”
Arya si immobilizzò.
“Stai
mentendo.”
Gendry scosse la
testa. “Mi sei sempre piaciuta” disse,
“ho sempre sognato di poter dividere la mia vita con te e solo con te…”
Il
cuore di Arya prese a battere selvaggiamente suo malgrado.
“Ma come avrei
potuto?” stava dicendo Gendry “Tu eri la figlia di un lord, la sorella
di un
re, io non ero niente.”
Arya gli si avvicinò,
ogni suo astio svanito. “Lo sai
che non è vero” mormorò, “lo sai che a me non interessano certe cose…”
“Lo so”
replicò Gendry con affetto, “ma ad altri interessano. Non potevamo
stare
insieme, così ho…”
“Così hai preferito
scaricarmi alla prima occasione?”
Gendry sgranò gli
occhi. “No!” esclamò “Ho
preferito farmi da parte, lasciarti libera di tornare alla tua famiglia
senza
doverti preoccupare di me, senza che fossi derisa per causa mia. Ti
volevo
troppo bene per poter permettere che fossi messa a disagio se potevo
evitarlo.
Volevo fossi felice dopo tutto quello che avevi passato, anche se
significava
perderti.” Arya sentiva il suo labbro tremare.
“Poi quella donna è
venuta a
portarmi via” continuò Gendry con amarezza, “mi ha detto che ero il
bastardo di
Robert Baratheon, mi ha ammaliato con belle parole, per poi tentare di
bruciarmi sul rogo. Ser Davos mi ha aiutato a fuggire e mi sono
nascosto a
Porto Bianco. Da quel momento l’unica cosa che avrei desiderato era
ritrovarti,
l’unica mia aspirazione. Ma poi seppi delle Nozze Rosse e credetti
fossi morta
insieme alla tua famiglia. Fidati, non ho mai conosciuto dolore più
grande di
quello che provai quel giorno. Pensavo di averti perduta per sempre e
invece
eccoti qui, a puntarmi la tua spadina al cuore…”
Arya non rispose. Si
limitò a
posare Ago sul letto e a gettare le braccia intorno al collo di Gendry,
saltandogli addosso. Poi premette le labbra sulle sue e, vinto il primo
momento
di incertezza, lo baciò con trasporto. Gendry rispose con crescente
passione e
l’abbracciò stretta. Arya sapeva che non c’era tempo per tutto quello,
che gli
Estranei sarebbero presto arrivati per ucciderli tutti, che entrambi
sarebbero
dovuti essere al consiglio di guerra. Sapeva anche che la porta era
rimasta
socchiusa.
In quel momento però
tutti quei problemi erano fumo.
Tyrion
Il viaggio per Castel
Granito fu
sorprendentemente breve e presto furono in vista della Roccia. Era
risaputo
l’enorme montagna su cui sorgeva la sede di casa Lannister fosse più
alta sia
della Barriera che dell’Alta Torre di Vecchia Città e, vista dal mare,
era uno
spettacolo impressionante. La Roccia gettava un’ombra imponente e,
nonostante
il freddo dell’inverno, riusciva a emergere dall’acqua bagnata dal
sole. A
prima vista l’osservatore ingenuo non avrebbe riconosciuto i segni del
lavoro
umano e forse l’avrebbe scambiata per una semplice montagna. Tyrion
però a
Castel Granito c’era cresciuto e ne conosceva ogni segreto.
“Sai orientarti qui
dentro meglio di tuo padre” diceva spesso suo zio Gerion quando era
certo Tywin
non lo potesse udire. Gerion Lannister era famoso per la sua abilità di
perdersi ovunque, ma era stata la figura più confortante che Tyrion
avesse mai
conosciuto durante la sua infanzia. E alla fine, forse, era stato
proprio il suo
scarso senso dell’orientamento a condannare lo zio, perduto in mare
mentre
tentava di raggiungere Valyria.
Tyrion invece
conosceva ogni angolo di Catsel
Granito, ogni più piccolo foro nella Roccia, ogni possibile
collegamento con
l’esterno. Caro padre, pensò
il nano con una smorfia, guarda che
traditore
che sono! Il primo Lannister a portare i nemici all’interno di Castel
Granito…
Tyrion scosse la testa e rientrò sottocoperta, raggiungendo Varys e
Verme
Grigio.
Il capo degli
Immacolati stava ripetendo per l’ottocentesima volta il
piano che avevano elaborato e Varys lo ascoltava fissando il vuoto.
“Tremila
soldati terranno impegnate le guardie” stava dicendo Verme Grigio,
“mentre
mille tenteranno di arrampicarsi. Gli altri porteranno le navi
dall’altr…”
“Dall’altra parte
della Roccia” continuò Varys, “così che possano utilizzare il
passaggio indicato da lord Tyrion… Credo me lo ricorderò.”
Tyrion rise. “Varys
ha ragione” osservò versandosi da bere, “e poi non sarà una battaglia
difficile: Cersei ha lasciato pochissimi uomini.”
Verme Grigio portò le
mani
dietro la schiena. “In guerra non si hanno mai certezze, nano” disse
asciutto,
“potremmo trovare una resistenza maggiore di quella che ci aspettiamo.”
Tyrion
decise di non controbattere, così si rivolse a Varys. “I tuoi
uccelletti hanno
notizie interessanti dalla capitale e dintorni?” chiese per cambiare
discorso.
Sapeva che Jaime era riuscito a sopravvivere alla Battaglia del
Labirinto, così
ora chiamavano lo scontro avuto luogo ad Alto Giardino, e ne era
felice. Si chiedeva solo come mai Jaime non avesse ancora capito di che
razza di mostro
era innamorato.
Varys si lasciò
andare ad uno dei suoi teatrali sospiri.
“Notizie positive e negative” rispose, “quali vuoi sentire per prime?”
Tyrion
inarcò le sopracciglia. “Le positive, ovvio” replicò accennando un
brindisi.
“Daenerys con il suo
seguito è arrivata senza problemi a Duskendale” disse
Varys, “e sta pianificando l’attacco ad Approdo del Re. Da quanto ho
udito,
inoltre, Porto Bianco è stata liberata con successo: credo Daenerys
possa
aspettarsi il ritorno dell’esercito della Tempesta in pochi giorni.”
Tyrion
annuì. “Bene” disse, “e quali sono le notizie negative?”
Varys lo guardò.
“Garth Hightower si è ribellato agli ordini della regina” disse e
Tyrion
sussultò. “E' in cerca di vendetta per suo fratello, sua sorella e lady
Olenna:
intende affrontare l’esercito Lannister alle porte della capitale senza
attendere il resto delle forze di Daenerys.”
Tyrion era rimasto
senza parole.
“E i Dothraki?” riuscì alla fine a chiedere con un rantolo.
“Sono allo sbando”
rispose Varys, “stanno mettendo a ferro e fuoco le Terre della Corona e
credo
parte dell’orda sia arrivata anche nell’Ovest.” Tyrion sentì la
necessità di
sedersi.
“Suppongo decidano di
seguire ser Garth” concluse Varys a bassa voce.
“E’ terribile” disse
Tyrion, “non hanno alcuna possibilità contro un intero
esercito Lannister e i Dothraki non sanno gestire gli assedi.”
“Ad Alto
Giardino evidentemente se la sono cavata piuttosto bene.”
Tyrion scosse il
capo. “Li hai visti alla Roccia del Drago” disse, “non hanno
disciplina, non seguono gli ordini, non conoscono nemmeno la nostra
lingua!”
“In realtà mi sembra
Rakandro la stesse imparando” ricordò Varys, “ciò però non
cambia la situazione, giusto?”
Tyrion strinse le
labbra. “Garth non può sperare
di controllarli” disse con amarezza, “soprattutto senza uno scopo
preciso.”
“La
regina ha bisogno degli Immacolati” si intromise Verme Grigio,
“dobbiamo
tornare indietro.”
“No” replicò subito
Tyrion, “il nostro compito è prendere
Castel Granito. Daenerys ha ancora il supporto dei dorniani e presto
anche
Gendry e Yara saranno di ritorno. Inoltre ha pur sempre tre draghi…”
“Due draghi”
lo corresse Varys. “Viserion,
a quanto dice, è introvabile.”
Sembra le fila degli alleati si stiano
assottigliando, pensò Tyrion, ma evitò di dirlo ad alta voce.
“Noi andiamo
avanti con il piano” ripeté, “prendiamo il castello e ritorniamo a
Duskendale. Decideremo
poi come gestire questa situazione. In caso di necessità ricordate che
la
nostre regina ha comunque dalla sua parte il Nord, le Terre dei Fiumi e
la
Vallle.” Anche se nessuno di questi
tre regni le andrà in soccorso, non poté
fare a meno di pensare.
Nonostante ammirasse
la fermezza d’animo di Jon
e i suoi valori, proprio non riusciva a comprendere la sua
testardaggine. Non
c’era modo che gli Estranei riuscissero a superare la Barriera, quindi
perché
non aiutare Daenerys a prendere il Trono di Spade con l’esercito del
Nord? In
quel modo si sarebbe potuta evitare un’altra guerra lunga e
sanguinosa.Tuttavia
Tyrion credeva ci fosse margine di miglioramento. Aveva osservato
attentamente
Jon e Daenerys quando ne aveva avuto l’opportunità ed era sempre più
certo del
suo pensiero iniziale: quel matrimonio non sarebbe stato solo politico.
Ciò
ovviamente era un bene e così la regina avrebbe potuto persuadere il
suo futuro
sposo a collaborare. Tyrion sorrise malizioso immaginando i modi
in cui Daenerys poteva riuscire a persuaderlo.
Posò il calice sul
tavolo. “Meglio che saliamo sul ponte” disse. “la Roccia è
uno spettacolo troppo bello da perdere…”
Varys e Verme Grigio
lo seguirono
fuori dalla cabina. Tyrion vide che le navi si stavano già dividendo in
gruppi
per meglio circondare Castel Granito. Fece scorrere lo sguardo sulla
roccia
baciata dal sole ed ebbe quasi una vertigine. Sarà una bella scalata, si
disse.
Alcune navi della
flotta della regina avevano il leone dei Lannister
dipinto sulle vele e portavano i lord alfieri di Cersei che avevano
deciso di
cambiare fazione quando gli Immacolati erano giunti a Lannisport. Tra
di loro
c’era Tytos Brax, lord di Hornvale, che aveva inviato il fratello in
battaglia.
Tyrion sospettava fosse stato più il desiderio di lord Tytos di
sbarazzarsi di
ser Flement a spingerlo a tale decisione. Poi c’era anche Terrence
Kenning,
lord di Kayce, con il suo fedele cavaliere Kennos che lo seguiva
ovunque, e
soprattutto Roland Crakehall, uno dei più potenti signori dell’Ovest.
Rimanevano
dalla parte di Cersei invece i Marbrand di Ashemark, i Farman di Isola
Bella e
i Westerling del Crag. Le altre erano casate minori e poco importanti,
i cui
uomini non avrebbero mai fatto la differenza in battaglia.
Verme Grigio, eretto
sulla prua della loro Soffio Dorato,
gridava ordini in valyriano ai suoi soldati. Tyrion tentò di seguire il
suo
discorso, ma la sua conoscenza dlela lingua era davvero troppo scarsa.
Prestò
rinunciò e tornò a fissare il mare. A Castel Granito l’acqua non era
limpida e
calda come nell’Altopiano o a Dorne, ma quel golfo almeno era riparato
da
tempeste e mareggiate e ciò aveva reso quello di Lannisport uno dei
porti più
sicuri al mondo. Sulle mura della fortezza erano già apparse le
guardie, che
sembravano perfettamente coscienti del pericolo. Tyrion le vedeva
correre e
scomparire inghiottite dalla Roccia. Se
fossero intelligenti si
nasconderebbero nelle viscere del castello, pensò. Se Loren Lannister fosse
rimasto in quelle mura al sicuro, neanche il fuoco dei tre draghi di
Aegon il
Conquistatore avrebbe potuto raggiungerlo. Sembrava invece che
la Storia non
avesse insegnato nulla. Tyrion, però, ne era rassicurato: non avevano
molto
tempo per prendere quel castello.
La Soffio
Dorato e altre quattro navi virarono verso nord, lasciando che il
resto
della flotta attaccasse la piccola guarnigione di Cersei. Tyrion guardò
con
apprensione le imbarcazioni dirigersi verso la Porta del Leone. Sarebbe
stata
una missione suicida: anche difese da pochi soldati le mura di Castel
Granito
erano impenetrabili. Tornò a concentrarsi sul loro scopo.
“Vedete quella
fessura laggiù?” chiese indicando un punto della Roccia “E’ il
principale
scarico delle fogne. Da lì tutta la merda dei signori del castello
finisce in
mare…”
Varys gli lanciò una
strana occhiata. “Il tuo grande piano” disse
scettico, “sarebbe quindi quello di risalire lungo quei condotti?”
Tyrion
sollevò un sopracciglio. “Sembra così terribile?” chiese sarcastico.
“Neanche
troppo” rispose Varys, “ma sembra un lavoro adatto ad una persona della
tua
statura…”
A questo Tyrion non
ci aveva pensato. “Stavo scherzando” sbuffò, “voi
due proprio non comprendete l’ironia…” Verme Grigio lo stava fissando
storto.
“E va bene” si arrese
Tyrion, “certo che non passeremo dalle fogne: in quella
fessura esiste una scala interna che usavo durante la manutenzione. E’
vecchia
e arrugginita, ma il mio caro padre non volle mai farla levare. Diceva
sempre
che, qualora avessi arrecato disonore alla casata Lannister, mi avrebbe
rispedito laggiù. Da ragazzo era il mio peggior incubo, sognavo così
spesso di…”
“Sono sicuro il tuo
racconto sarebbe molto toccante” lo interruppe Varys allacciando
le mani davanti lo stomaco, “ma credo sia meglio tornare al piano.”
Tyrion alzò
gli occhi al cielo: non lo facevano mai divertire. “Varys, sei mai
stato a
Castel Granito?”
L’eunuco scosse la
testa. “Mai avuto il piacere.”
“Allora non puoi
avere idea di quanto siano intricati i corridoi”
replicò il nano, “di quante trappole siano nascoste, di quanti
tranelli, vicoli
ciechi e pozzi. La Roccia all’inizio ospitava una miniera: Castel
Granito non è
una fortezza come le altre.” Tyrion fissò le onde.
“Io farò strada a
Verme
Grigio e massimo cinquanta altri Immacolati” proseguì, “ed entreremo
attraverso
il passaggio, colpendo le vedette alle spalle. Varys, tu invece
resterai alle
navi e dirigerai l’attacco frontale.”
Verme Grigio venne
avanti. “Cosa ti fa
credere lui possa dire agli Immacolati cosa devono fare?”
Tyrion aggrottò la
fronte. “Preferiresti rimanessi io?” chiese
sarcastico “Con il mio pessimo valyriano? Varys conosce la lingua…”
“Non è
adatto a guidare gli Immacolati” insistette Verme Grigio e Tyrion si
chiese il
motivo di quella cocciutaggine.
“Chiunque saprebbe
guidare gli Immacolati. A voi basta dire cosa fare, come e quando.”
Ora Verme Grigio
sembrava
davvero arrabbiato, ma Tyrion era intenzionato a stroncare la sfuriata
sul
nascere. “Senti” disse in tono serio, “io so che tutti voi credete in
Daenerys,
che la considerate la vostra salvatrice e avete ragione. Vi ha liberati
dalla
schiavitù e adesso la aiuterete a riprendersi il Trono che le spetta di
diritto, ma sono sempre necessari sacrifici. Io e la regina abbiamo
bisogno di
te e dei tuoi cinquanta uomini più discreti su per quella scaletta
arrugginita
e qui deve rimanere qualcuno a gestire la situazione. Varys conosce la
guerra:
è affidabile.”
Verme Grigio lo
scrutò per qualche secondo, poi annuì. “Cosa
dobbiamo fare?” chiese in tono più rilassato.
Tyrion sospirò.
“Saliamo sulle
scialuppe” disse convinto, “e gettiamoci nella mischia.”
Pochi minuti dopo le
piccole barchette si stavano avvicinando rapidamente alla scogliera.
Tyrion
guardava gli Immacolati remare e si chiese come potessero essere così
instancabili. Dall’altro lato della Roccia la battaglia era già
cominciata e si
vedevano le prime frecce volare da entrambe le parti. Varys aveva
diviso le
navi in due gruppi che stavano assaltando la Bocca del Leone. Le
sentinelle
resistevano lanciando pietre dai bastioni. L’acqua era diventata di un
invitante colore turchese e Tyrion saltò dalla scialuppa, bagnandosi
fino alla
cintura. Il gruppo di Verme Grigio lo seguì fino alla fessura e il nano
entrò
per primo. L’umidità e la necessità di non essere visti non permetteva
loro di
accendere una torcia, così dovettero procedere alla cieca tentando di
non
scivolare. Tyrion trovò la scaletta e fischiò. Subito venne raggiunto
da Verme
Grigio.
“Quando saliremo”
disse Tyrion a bassa voce, “ci ritroveremo nei bagni
che, con un po’ di fortuna, saranno deserti. Da lì dovrete fare
attenzione a
non perdervi: vi basterà seguire me…” Tyrion alzò le mani e sorrise,
poi iniziò
a salire.
L’odore di ruggine
era forte e il metallo era ruvido al tatto. I
pioli scricchiolarono, ma non cedettero. Presto Tyrion sbucò nella
stanza sopra
le loro teste e fu sollevato dal trovarla avvolta nella penombra.
Attese
paziente che anche tutti gli altri fossero arrivati e fece cenno a
Verme Grigio
di avvicinarsi.
“Chi è fra questi
l’uomo di cui puoi fidarti maggiormente?”
“Layol” rispose
subito Verme Grigio. “E' sempre stato leale e lo conosco
da quando eravamo in addestramento.”
Tyrion annuì. “Bene”
disse, “digli di
prendere metà degli uomini e di andare a sinistra. Non è difficile
orientarsi
da quella parte: ci sono solamente le cucine e le camere da letto dei
servi.
Dovranno raggiungere la cima della Roccia e sconfiggere le guardi che
troveranno là in modo tale che noi non verremo colpiti alle spalle
quando
attaccheremo.” Verme Grigio iniziò a tradurre tutto in valyriano e
quello che
doveva essere Layol si allontanò con un pugno di uomini.
“Noi invece” proseguì
Tyrion, “andiamo a destra, verso il cuore della miniera…”
Aprì la porta del
bagno e controllò che nel corridoio non ci fosse nessuno. Silenziosi
corsero
verso le scale e Tyrion li guidò attraverso i saloni. Gli stendardi
rossi e oro
dei Lannister erano ovunque, ma sembravano impolverati. Da quand’è che questo
castello non ha più un lord? si chiese Tyrion con amarezza.
Superarono un
solarium e due armerie, dove la confusione sugli scaffali tradiva la
fretta
della preparazione alla battaglia. Tyrion andò avanti lungo una scala a
chiocciola piuttosto ripida e finalmente uscirono sulla prima terrazza.
Il sole
picchiava e l’aria era secca.
Tyrion si affacciò,
cercando di scrutare il mare.
La maggior parte degli Immacolati aveva raggiunto la terraferma e stava
caricando con le legioni. Alcuni avevano anche appoggiato le scale di
legno
alle mura e stavano affrontando impavidi la salita. Tyrion sollevò lo
sguardo
verso il cielo e vide che il vessillo del leone era stato strappato da
Castel
Granito. Al suo posto sventolava il drago a tre teste dei Targaryen.
“Layol ha
trionfato” urlò Tyrion, “ora tocca a voi: raggiungete le sentinelle
sopra la
Porta del Leone e terminate il lavoro.”
Gli Immacolati non
urlarono la loro
gioia come avrebbero fatto normali soldati, come Tyrion ricordava aver
udito
alle Acque Nere, ma semplicemente si misero in posizione. Iniziarono a
scalare
la Roccia a mani nude, riuscendo anche a trasportare le loro armi.
Tyrion si
obbligò a non guardare l’altezza vertiginosa a cui si trovavano. Alla
terrazza
sopra la Bocca del Leone si poteva accedere anche dall’interno, ma una
simile
decisione sarebbe stata sicuramente più rischiosa. Per prendere di
sorpresa le
guardie l’opzione migliore era quella di calarsi sopra le loro teste e
ciò
prevedeva quella scalata. Tyrion si sfregò le mani e si arrampicò di
mezzo
metro.
“Tu non devi venire per forza” lo richiamò Verme Grigio che era già salito fino al davanzale delle scuderie.
Tyrion fece una
smorfia. “Ormai non
saprei come scendere” replicò con amara ironia.
Una pietra dopo
l’altra
riusciva tuttavia ad avanzare e si ritrovò sorpreso dalle proprie
prestazioni
atletiche. Fortunatamente la Roccia offriva molti anfratti ed appigli,
duri a
sgretolarsi. A metà percorso le mani inizarono a sudargli, ma non
causarono
grandi problemi. Quando finalmente atterrò sulla lisca pietra del
terrazzo, le
membra gli tremavano per lo sforzo e il cuore minacciava di scoppiargli
nel
petto. Gli venne da ridere: lui era stato costretto a sedersi per
riprendere
fiato, mentre gli Immacolati combattevano già.
Le sentinelle, colte
alla
sporvvista, lasciarono perdere le pietre che stavano scagliando in mare
e sulla
scogliera e si voltarono a fronteggiare la nuova minaccia. Appena fu in
grado
di reggersi in piedi, Tyrion corse al parapetto e vide che i portoni di
Castel
Granito, non più difesi dalle guardie, erano stati spalancati. Sorrise
all’esercito che si stava riversando nella fortezza, superando in massa
compatta la Bocca del Leone. Si voltò nuovamente verso il gruppo di
scalatori,
che stava avendo facilmente la meglio sui nemici spaesati. Tyrion si
morse il
labbro riconoscendo fra loro alcune sue vecchie conoscenze, ma non
intervenne.
Verme Grigio stava
attaccando con la lancia un giovane armato di una spada più
alta di lui e al tempo stesso faceva roteare lo scudo. Colpì il ragazzo
al
fianco, poi al ginocchio. Quando l’avversario cadde a terra,
l’Immacolato si
avventò su di lui per finirlo.
“Mi arrendo!” gridò
terrorizzato il giovane “Mi
arrendo!”
Verme Grigio esitò e
Tyrion gli corse incontro. “Risparmialo” gli
disse, “la regina ha detto di perdonare tutti coloro che sarebbero
passati
dalla sua parte, ricordi?” Verme Grigio annuì e ritirò la lancia.
Tyrion
sorrise e fece un passo indietro. Fu quello che gli salvò la vita. Il
ragazzo,
con il volto sfigurato da un’odio impensabile per la sua giovane età,
aveva
fatto roteare la spada, mancandolo per un pelo. Verme Grigio era subito
scattato in avanti, allungando il braccio dello scudo per proteggere
Tyrion. Il
giovane era scattato in piedi e colpiva furiosamente, senza un motivo
apparente.
“Traditore! Hai
ucciso il tuo re!”
Tyrion cadde a
terra, soffocato dal peso dello scudo, e vide Verme Grigio conficcare
la sua
lancia nel petto del ragazzo. Questi barcollò e, mentre già il capo
degli
Immacolati si apprestava a soccorrere Tyrion, gli affondò la spada
nello
stomaco.
Tyrion avrebbe voluto
urlare qualcosa, ma lo scudo gli premeva il
diaframma, mozzandogli il respiro. Vide il ragazzo cadere a terra negli
spasmi
dell’agonia e Verme Grigio estrarre la spada dal proprio ventre. La
lama aveva
trapassato la leggera armatura e il sangue sgorgava copioso. Verme
Grigio
guardò Tyrion, poi si accasciò contro il muretto.
Allora il nano
raccolse tutte
le sue forze e riuscì finalmente a liberarsi del pesantissimo scudo.
Probabilmente si era storto una caviglia, ma riuscì lo stesso a
raggiungere
Verme Grigio. Gli tolse l’elmo e gli sostenne la testa.
“Ehi” disse
ansimando, “devi rimanere sveglio… Mi senti? Devi rimanere sveglio… La
tua
regina ha bisogno di te…”
Verme Grigio aprì gli
occhi e Tyrion vide con orrore
che aveva le pupille dilatate.
“A-abbiamo preso il
castello?” chiese Verme
Grigio in un soffio e Tyrion annuì. “I miei uomini hanno combattuto
bene?”
domandò l’Immacolato tossendo sangue.
Tyrion si accorse di
avere le lacrime
agli occhi. “Sono stati molto valorosi” rispose tirando su col naso.
Verme
Grigio annuì, il sangue che gli bagnava il collo. “Dì alla regina”
mormorò
bagnandosi appena le labbra, “che mi dispiace non poterla più aiutare:
ho fallito.”
Tyrion aveva le mani
viscide di sangue. “Non è vero” si affrettò a dire, “hai
fatto tutto il possibile, devi essere orgoglioso…”
“E dì a Missandei” lo
interruppe Verme Grigio con un rantolo, “che non avrei mai voluto
lasciarla…
I-io la amo…”
Tyrion chinò il capo,
tentando di allontanare la disperazione.
Intorno si erano radunati gli altri Immacolati, tutti che osservavano
in
doloroso silenzio la scena. Verme Grigio afferrò il braccio di Tyrion,
che
sobbalzò.
“Glielo dirai?”
chiese l’Immacolato piangendo “Glielo dirai, Tyrion?”
Tyrion sentì tutti i
muscoli della faccia contrarsi. “Te lo prometto” disse e, per la prima
volta, vide Verme Grigio sorridere, come fosse finalmente in pace.
Poi la sua presa si
allentò ed egli morì.
Daenerys
Quando le vennero a
dire di
Garth, Daenerys non ci voleva credere. Camminava avanti e indietro per
la
stanza torcendosi le mani. Com’era possibile Garth avesse tradito, che
le
avesse voltato le spalle ignorando i suoi precisi ordini? Dany non
riusciva a
capire.
“Vuole vendetta,
vostra grazia” disse Missandei. “I Lannister hanno
ucciso suo fratello e sua sorella…”
“E l’avrebbe avuta
con me!” esclamò
Daenerys “Ho giurato di punire Cersei per quello che ha fatto, quindi
perché
tradire?”
“Se posso” intervenne
Jon in piedi con la schiena appoggiata alla
parete, “non credo questo Garth abbia tradito… Non lo conosco, certo,
ma se
aveva deciso di seguirti voleva dire che desiderava vederti sul Trono
di
Spade.”
Daenerys si fermò a
guardarlo. “Spiegati meglio.”
“Intendo
dire che probabilmente non desidera sottrarti i tuoi diritti” disse
Jon, “dopo
che avrà ottenuto la sua vendetta il Trono sarà tuo. Questo non può
essere
considerato tradimento…”
“Ha disobbedito ai
miei ordini” osservò tagliente
Dany, “sta marciando su Approdo del Re senza il mio consenso. Come
chiameresti
questa azione?”
“Una follia” rispose
Jon e Daenerys tacque, “ma una follia
dettata dal dolore per la perdita di coloro che amava: non giudicarlo
troppo
severamente, Daenerys…”
Dany alzò gli occhi
al cielo. “Si faranno solo
ammazzare” disse, “non è stata affatto una decisione saggia.”
Jon sospirò. “Non
lo è stata” assentì all’improvviso malinconico, “ma ti posso dire per
esperienza personale che non sempre scelta saggia e scelta giusta
coincidono; a
volte non si può andare contro il proprio istinto…”
Daenerys si chiese
quale
fosse l’esperienza a cui Jon stava facendo riferimento. Intrecciò le
mani in
grembo ed inclinò appena la testa. “Presto sarai re dei Sette Regni”
disse e
Jon chinò il capo, “e governerai al mio fianco: cosa faresti in questa
situazione? Come agiresti?” Daenerys scrutò l’espressione di Jon, che
tuttavia
rimase piuttosto impassibile.
“Garth Hightower ha
fatto la sua scelta” disse
lui in tono grave, “e i suoi uomini hanno deciso di seguirlo: non
possono
sfuggire alle loro responsabilità.”
Dany aggrottò le
sopracciglia. “Stai
suggerendo” chiese stupita, “di non fare nulla? Di lasciare che conduca
al
macello i miei uomini?”
Jon scrollò le
spalle. “Quale alternativa hai?” chiese a sua
volta “Se decidi di inseguirlo finirai per scontrarti con i Lannister
senza il
supporto di tutto il tuo esercito e ciò potrebbe causare un numero di
morti
maggiori di quello necessario.”
Daenerys annuì: il
ragionamento di Jon aveva un
senso. Sono fortunata ad averlo al
mio fianco quando prenderò il Trono di
Spade, pensò con un moto improvviso di affetto. “Bene” disse,
“vorrà dire che
ci atterremo al piano previsto e attenderemo il ritorno degli
Immacolati,
degli Uomini di Ferro e dell’esercito della Tempesta prima di colpire.”
Daenerys fece per uscire dalla stanza.
“Vostra grazia” la
richiamò invece
Missandei, “c’è ancora la questione dei Dothraki…”
La bocca di Daenerys
assunse
una piega amara. “Hai ragione” ammise lei in tono grave. “Cosa si sa di
loro?”
Missandei scosse
appena la testa, i riccioli che le ondeggiavano davanti agli
occhi. “Molto poco in realtà” spiegò, “sembra stiano commettendo razzie
in
tutte le terre che attraversano.”
Dany l’aveva sempre
temuto, ma non che ora
fosse maggiormente pronta ad affrontare un problema del genere.
“Notizie di
Rakandro?”
Missandei alzò le
spalle. “Nulla, vostra grazia” rispose,
“suppongo sia ancora a capo dei Dothraki…”
“Dove sono diretti?”
chiese Jon
venendo avanti.
“Credo Approdo del
Re” replicò Missandei, “ma stanno distruggendo
tutto nelle Terre della Corona e nell’Ovest.”
“C’è pericolo
sconfinino nelle
Terre della Tempesta?” chiese Dany riflettendo un attimo.
“Penso di no” rispose
Missandei, “cosa intendi fare, vostra grazia?”
Daenerys guardò Jon,
che le fece
un cenno col capo. “Invierò ser Jorah a capo di una drappello di uomini
che
facciano da ambasciatori con i Dothraki” rispose Daenerys. “Sappiamo
che Tyene
è riuscita a convincere facilmente lady Tanda ad unirsi alla nostra
causa e in
questo momento l’esercito di Stokeworth si sta dirigendo qui. Benjameen
invece
sta riscontrando dei problemi con lord Rosby. Jorah andrà in suo aiuto
e
insieme procederanno per incontrare Rakandro o chi comanda l’orda di
Dothraki.
Forse non possiamo impedire a Garth di attaccare i Lannister, ma siamo
ancora
in tempo per evitare che i Dothraki radano al suolo interi villaggi e
città.”
Si accorse solo allora che Jon la stava fissando e poté giurare di aver
visto
un lampo d’orgoglio nei suoi occhi. Ne fu più rincuorata di quanto
avrebbe mai
voluto ammettere.
Missandei li stava
osservando e sembrava imbarazzata. “Chiedo
perdono, vostra grazia” disse con una sfumatura quasi impercettibile di
malizia
nella voce, “ma credo sia meglio se vado ad avvertire ser Jorah sel
nuovo
piano…”
Dany si affrettò ad
annuire. “Ottima idea” concordò, “potresti anche
andare a controllare il lavoro di Theon?” Missandei annuì ed uscì,
chiudendo
piano la porta.
Daenerys si voltò
verso Jon e sorrise. “Sembra sia quasi giunto
il gran momento” disse trattenendo a stento l’emozione, “presto avrò
quello che
mi spetta di diritto.”
Jon abbozzò un
sorriso. “Come ci si sente?”
Dany inarcò le
sopracciglia. “Non lo so” ammise sedendosi su una poltroncina
foderata di velluto rosso. “Tu come ti sentivi quando stavi per
riconquistare
Grande Inverno?”
Jon parve sorpreso
dalla domanda. “Avevo paura.”
“Di
morire?”
Jon scosse la testa.
“Di non poter proteggere mia
sorella” rispose con amarezza, “di non riuscire a salvare mio fratello,
di deludere
coloro che mi avevano seguito…”
Dany deglutì: era un
bel peso da sopportare.
“Ed hai paura di questo ora?”
Jon rimase in
silenzio. “Sì” sussurrò
infine.
Daenerys si chiese se
avesse paura di lei, di ciò che avrebbe potuto
fare. “Non deluderai nessuno” disse accavallando le gambe.
Jon rise. “I lord
del Nord mi hanno scelto come loro re” osservò, “non la prenderanno
bene appena
sapranno del nostro… accordo.”
“E’ la
cosa giusta da fare.”
“Lo so. E' per questo
che ho accettato, per il bene del Nord.”
Sarà il
sovrano dei Sette Regni, non poté fare a meno di pensare
Daenerys, e continua
a pensare solo alla sua gente… Non sapeva se ciò fosse una virtù
o meno. Si
alzò in piedi. “Si è fatto tardi” disse, “sarà meglio andare a
dormire.” Jon
non si muoveva e Dany lo guardò sollevando un sopracciglio.
“Questa è la mia stanza” fece notare lui imbarazzato.
Dany quasi arrossì.
“Perdonami” si scusò,
“sono molto stanca.” Prima di uscire però, gli venne vicino e gli diede
un
bacio sulla guancia. “A domani” mormorò e, senza attendere la risposta,
uscì
dalla camera.
La mattina dopo fu
svegliata da poderosi colpi alla porta.
“Maestà, maestà!”
Dany si alzò
stropicciandosi gli occhi:
doveva essere successo qualcosa. Aprì la porta e si ritrovò davanti
Theon,
sudato e ansimante. “Cosa succede?” chiese Daenerys preoccupata.
“Notizie da
Castel Granito, vostra grazia” rispose Theon. “Gli Immacolati hanno
trionfato.”
Daenerys tirò un
sospiro di sollievo, ma il sorriso le morì sulle labbra quando
vide l’espressione addolorata di Theon. “C’è dell’altro?” chiese
sentendo un
groppo in gola.
Theon guardò a terra.
“Verme Grigio è morto” disse a bassa
voce, “ucciso da una delle guardie. Tyrion dice che gli ha salvato la
vita…”
Daenerys fece un
passo indietro, come a voler prendere le distanze da quella
notizia. Si ritrovò con il fiato corto ed ebbe un lieve giramento di
testa.
Vide Theon sporsi in avanti per sorreggerla e si affrettò a ritrovare
un certo
contegno. Sapevamo poteva succedere,
si obbligò a pensare. Era una
possibilità. Tuttavia era dalla morte di Barristan Selmy che non
sentiva il
suo cuore tanto oppresso.
Respirò
profondamente. “Dov’è Missandei?” chiese con
un filo di voce.
“Si rifiuta di aprire
la porta a chiunque” rispose Theon con
angoscia, “non vuole parlare con nessuno…”
Dany quasi si fece
prendere dal
panico: era una situazione che non sapeva gestire. Il suo primo
pensiero fu
quello di andare a svegliare Jon e chiedergli aiuto, ma poi decise che
doveva
cavarsela da sola. “Andrò a parlare io con Missandei” disse convinta,
“tu
riferisci tutto a Jon…” Theon annuì e corse via.
Daenerys tentò di
calmare il
tremito che la scuoteva e si avviò verso la stanza della sua
consigliera. Bussò,
ma ovviamente non ricevette risposta. Tentò ancora altre quattro volte.
“Andate
via!”
Dany non l’aveva mai
sentita così
disperata. “Missandei, sono io” disse cercando di sembrare calma, “ti
prego,
aprimi…”
Ci furono attimi di
silenzio, ma Daenerys poteva sentire i singhiozzi
dell’amica, nonostante la porta a dividerle. “Missandei, ti
prego” la implorò, “voglio aiutare…”
I singhiozzi
cessarono e,
lentamente, la porta si aprì. Daenerys corse dentro e la richiuse alle
sue
spalle. Trovò Missandei con addosso solo una veste leggera seduta al
suo
tavolo davanti a una lettera. Aveva i capelli scompigliati, la schiena
curva e gli occhi gonfi di
pianto.
Daenerys prese la
sedia davanti alla sua. “Ne vuoi parlare?” chiese
dolcemente dopo qualche secondo.
Missandei sollevò
appena il mento. “Non c’è
nulla di cui parlare” disse, ma il abbro tremante tradiva i suoi
sentimenti.
“E-eravamo coscienti di ciò…”
Dany venne più
vicina. “Missandei, io sono tua
amica” le disse prendendole le mani, “a me puoi dire tutto, lo sai: non
tradirò
mai la sua fiducia…”
Missandei la guardò,
gli occhi grandi e lucidi. “Gli avevo
detto che sarebbe stato pericoloso!” urlò a un certo punto “L’avevo
pregato di
portarmi con lui, ma ha sempre rifiutato. Diceva che sarebbe tornato,
che non
dovevo preoccuparmi per lui, aveva promesso…”
Missandei stava singhiozzando incontrollabilmente.
“Gli uomini non
dovrebbero
fare promesse che potrebbero essere costretti a non mantenere” disse
Daenerys con
tristezza ricordando il giuramento di Khal Drogo. “Verme Grigio sapeva
quali
erano i rischi e anche tu: lui era un soldato…”
“Non era solo quello!” esclamò Missandei acida. Poi sgranò gli occhi. “M-mi dispiace, mia regina” balbettò senza fiato.
Daenerys l’abbracciò.
“Non ti scusare” le disse, “hai ragione,
lui era molto più che un soldato, era uno degli uomini migliori che
abbia mai
conosciuto.”
Missandei sospirò.
“Era coraggioso” disse distrutta dalla
malinconia, “e gentile, ma sembrava sempre triste. L’ho visto
pochissime volte
ridere.”
“Rideva per te” disse
con affetto Daenerys, “lui ti voleva bene, lo
sai, ed avrebbe voluto vederti reagire…”
Missandei scosse il
capo. “Non so se
ci riesco.”
Dany le mise
delicatamente le mani sulle spalle. “Devi
essere forte” le disse, “come lo era lui, non puoi permettere che il
dolore rovini
il ricordo che hai di lui.”
Missandei la guardò
negli occhi. “Ho paura” ammise,
“di dimenticare…”
Dany scosse la testa.
“Ho amato Khal Drogo” raccontò, “e
quando è morto ero distrutta, sentivo fosse stata colpa mia. Ma ancora
adesso,
dopo anni, ricordo il suo viso, il suono della sua voce, la dolcezza
del suo
sorriso. Verme Grigio resterà sempre con noi, non abbandonerà i suoi
compagni,
la sua regina e soprattutto non abbandonerà te…” Missandei annuì, le
lacrime
che iniziavano a seccarsi sulle sue guance.
Daenerys si alzò in
piedi. “Ci
vuole tempo per queste cose” disse con calma, “non pretendere troppo da
te
stessa. Darò disposizioni che tu non venga disturbata finché tu non lo
vorrai.
Ricorda: qualunque cosa puoi contare su di me, so quanto sia
difficile…”
Missandei
accennò un sorriso triste. “Grazie, vostra grazia.”
“Dany” la corresse
Daenerys stringendole le mani. Poi le sorrise e uscì.
Al contrario di
Missandei, lei aveva bisogno di compagnia in quel momento. Jorah era
partito
durante la notte e Theon doveva essere tornato al suo lavoro al porto,
così,
neanche troppo controvoglia, Daenerys tornò alle stanze di Jon. Lo
trovò nella
spaziosa anticamera, in piedi davanti alla finestra. Quando la sentì
entrare,
si voltò.
“Hai parlato con
Missandei?”
Dany annuì.
“Theon mi ha
detto di Verme Grigio” continuò Jon in tono grave, “e mi dispiace: mi
sembrava
un uomo in gamba…”
“Più di quanto
immagini” replicò Daenerys. “Lui e gli
Immacolati sono stati i primi soldati a seguirmi: volevano combattere
per me.”
Sospirò e si sedette, mentre Jon rimase in piedi.
“Ti sei mai sentito
in colpa
per la morte di qualcuno?” chiese Daenerys in tono stanco.
“Ho mandato il mio
amico Grenn a morire durante una battaglia alla Barriera” rispose con
amarezza
Jon, “e, anche se il suo coraggio ci ha salvati tutti, quella mia
decisione mi
tormenta ancora la notte.”
“Verme Grigio era il
migliore comandante del mio
esercito” disse Dany aggrappandosi ai braccioli della sedia, “la sua
fedeltà
non poteva essere messa in discussione e io lo stimo, lo stimavo,
molto. Adesso è morto per causa mia.”
“Non è stata colpa
tua” obiettò Jon, “siamo in guerra, c’è sempre la possibilità che…”
“Sbaglio o
hai detto siamo?” lo interruppe Dany
piacevolmente sorpresa “Hai deciso finalmente di considerarti parte
della mia
guerra?”
Jon la fissò
incredulo, forse accorgendosi solo ora di ciò che aveva
detto. “Io…” iniziò, ma poi scosse la testa. “I nostri nemici sono gli
Estranei, sai cosa ne penso riguardo a tutto questo: è uno spreco di
tempo
prezioso.”
“Quindi la morte di
Verme Grigio secondo te è stata vana?”
“Verme Grigio è morto
per ciò in cui tutti voi credete e
ciò gli rende onore” replicò Jon, “ma ciò non cambia i miei ideali.”
A Dany
venne voglia di ridere. “E quali sarebbero i tuoi ideali, Jon Snow?”
“La protezione della
mia gente” rispose Jon e per poco Daenerys
non alzò gli occhi al cielo. Eccolo
di nuovo che parla della sua gente, pensò
a metà fra l’irritato e il divertito.
Si alzò e gli andò
incontro. “Lo sai”
disse camminando letamente, “mi sono sempre chiesta, fin dal primo
momento che
ti ho visto, quale fosse il tuo obiettivo: saperlo permette di
comprendere la
personalità di un uomo e di capire se è degno di fiducia o meno.
Eppure, per
quanto io e Tyrion ci siamo sforzati, non siamo riusciti a dare un
senso al tuo
comportamento…”
Jon rise. “Avete
entrambi passato troppo tempo con gente
bugiarda e falsa” replicò, “disposta a qualsiasi infamità per ottenere
ciò che
vuole, ed ora non siete più in grado di discernere il vero dal falso.
Io non ho
ambizioni e non ti pugnalerò alle spalle, tranquilla. Non ho mai voluto
essere
scelto come Lord Comandante dei Guardiani della Notte, non ho mai
desiderato
diventare Re del Nord e certamente non voglio essere re dei Sette
Regni. Il mio
unico scopo è quello di distruggere l’esercito dei non-morti e di
garantire al
mio popolo la pace che gli è stata strappata da così tante guerre.
Questo sono
io, non c’è altro, mi dispiace.”
Daenerys era rimasta
colpita da un tale
discorso, ma si impose di rimanere impassibile. “Ti credo” disse con
calma,
“sono certa che ciò che dici è vero, ma ci sarà tempo per sconfiggere
gli
Estranei: esiste una Barriera fra noi e loro e non la supereranno
facilmente.
Siamo al sicuro, Jon, almeno per ora.”
Jon abbassò lo
sguardo incerto e
Daenerys gli sfiorò il viso con la mano. “Devi imparare a desiderare
qualcosa”
mormorò e Jon la guardò, “o la tua esistenza sarà arida. Qualcosa per
te, che
possa anche rappresentare il bene per gli altri. Sai cosa voglio io?
Sconfiggere Cersei e vendicare tutte le persone che hanno sofferto e
perso la
vita a causa sua…” Poggiò l’altra mano sul petto di Jon e sentì il suo
cuore
battere all’impazzata.
“Voglio liberare
Approdo del Re e i Sette Regni dalla
sua tirannia” proseguì Daenerys, “entrare nella Fortezza Rossa con te e
Tyrion
al mio fianco e sedermi sul Trono di Spade.” Dany colmò la poca
distanza che li
separava ancora.
“Voglio sposarti,
governare con te, amarti fino al
giorno della mia morte…”
Jon sussultò
vistosamente e Daenerys sorrise. “Quando
verrà il momento” disse, “quando il mio esercito sarà pronto, forte ed
unito,
allora marceremo contro gli Estranei e gli distruggeremo, ma ora
dobbiamo
pensare a noi, alla nostra vita. Puoi dimenticare i tuoi non-morti per
un po’,
Jon Snow?”
Jon non rispose, ma
Daenerys capì lo stesso che aveva finalmente
ceduto. Si protese in avanti per baciarlo, ma si immobilizzò quando si
udì
qualcuno bussare alla porta. Jon si ritrasse immediatamente e Dany
soffocò
un’imprecazione.
“Chi è? In questo
momento sono impegnata…”
“E’
urgente, vostra grazia.”
Daenerys non ebbe
altra
alternativa se non quella di aprire. L’uomo che si ritrovò di fronte
era un
soldato dorniano e teneva in mano due rotoli, chiusi con la ceralacca.
“Vostra
grazia, sono arrivate queste” disse porgendole le missive.
Daenerys annuì e lo
congedò. “Questa è per te” disse consegnando a Jon la lettera con il
sigillo del
meta-lupo. Jon la prese perplesso. Dany osservò attentamente la lettera
indirizzata a lei, che portava il simbolo del cavalluccio marino, e la
srotolò
incerta iniziando a leggere.
Alla
regina Daenerys Targaryen
Porto
Bianco è stata liberata e gli Uomini di Ferro scacciati, ma è mio
dovere quale fedele servitore di casa Targaryen avvertirti: l’esercito
della
Tempesta non ti sosterrà contro Cersei Lannister. Lord Gendry ha deciso
di
portare il suo esercito a Grande Inverno per aiutare a sedare una
ribellione,
almeno da quello che ho capito. Tutti i lord delle Terre della Tempesta
sono
con lui e io sono tenuto a seguirlo in battaglia, nonostante penso
questo sia
un errore. E’ possibile che ci sia una cospirazione in atto, tra ser
Davos
Seaworth e lord Gendry e forse è coinvolto anche il Re del Nord. Spero
le mie
informazioni siano servite, vostra grazia, purtroppo non posso aiutarti.
Monterys
Velaryon, lord delle Maree e Mastro di Driftmark
Daenerys si accorse
di star
tremando dalla rabbia nel vano tentativo di reprimerla. Traditori, pensò irata
stringendo il pezzo di carta fra le mani. Gendry aveva giurato fedeltà
a lei,
era stato reso lord di Capo Tempesta e come la ricompensava?
Abbandonandola
quando più aveva bisogno dei suoi uomini. Ma era qualcos’altro ciò che
l’aveva
ferita. Rilesse quelle poce parole.
Forse
è coinvolto anche il Re del Nord.
Jon non lo avrebbe mai fatto, pensò
tentando di trovare una giustificazione. Sa che lo aiuterò a sconfiggere i
suoi nemici una volta che avrò preso il Trono di Spade. Eppure Daenerys
continuava
a essere divorata dal dubbio: Jon aveva davvero cospirato alle sue
spalle per
strapparle gli alleati? E per farci cosa poi? Dany non credeva alla
storiella
della ribellione.
No, lui non c’entra nulla, non agirebbe
mai in questo
modo…
Ma non è forse vero
che gli uomini fanno cose folli se pensano che
esse possano proteggere la loro famiglia?
Daenerys non
resistette oltre e si
voltò a fronteggiare Jon. Lui la fissava con occhi vitrei, la sua
lettera
caduta a terra. Dany si chiese cosa avesse letto di così sconvolgente,
ma si
accorse che l’informazione non le interessava.
Non è
stato lui.
“Gendry ha portato i
suoi uomini a Grande Inverno. Dimmi che tu non hai nulla a che fare con
questa storia.”
L’espressione di
incredulità e forse anche di sollievo che comparve sul volto
di Jon fu la prova di tutti i sospetti a cui lei non voleva credere.
Daenerys
strinse le dita lungo il bordo del tavolo. E’ stato lui, pensò esterrefatta. Lui ha detto a Gendry di agire così…
Jon lo stava
guardando. “Sono stato io”
rispose poi in tono indecifrabile e Dany sentì il mondo intorno a lei
sgretolarsi. “Ma tutto ciò non ha più alcuna importanza: la Barriera è
crollata.”
Jon
Rimasero a guardarsi
per qualche
secondo. Jon sapeva che Daenerys era arrabbiata per la storia di
Gendry, ma in
quel momento aveva altro per la testa. Nonostante tutto, era felice,
data la
situazione così disperata, che qualcuno fosse andato in soccorso del
Nord. Non
sarebbe stato però abbastanza se davvero la Barriera era crollata. Una
parte di
Jon aveva sempre temuto ciò sarebbe potuto accadere, ma in ogni caso il
colpo
fu terribile. Dovrei essere là,
pensò provando rimorso. A Grande
Inverno ad
aiutare la mia gente, non qui… Sono stato uno stupido…
Vide che Daenerys
taceva, così decise di affrontare la questione per primo. “Daenerys,
dobbiamo subito preparare una piano di difesa per…”
“Non venire a
dire a me quello che devo fare!” lo interruppe lei minacciosa “E non
cambiare
argomento…”
Jon era stupefatto.
“Cambiare argomento?” chiese iniziando ad
innervosirsi “Ti ho appena detto che la Barriera è stata abbattuta,
sono stati
gli Estranei a farlo ed ora hanno la possibilità di distruggere il
Nord…”
“Hai
cospirato alle mie spalle” disse gelida Daeneyrs ignorandolo, “hai
spinto i
lord della Tempesta ad abbandonare la mia causa… Perché?”
Jon abbassò per un
attimo lo sguardo. “Ho detto a Gendry di aiutare il mio regno qualora
avesse
ricevuto notizia esso fosse in difficoltà una volta giunto a Porto
Bianco”
ammise. “Evidentemente hanno saputo del crollo della Barriera e…”
“Mi hai
tradita.”
Jon sentì l’aria
mancargli a causa
dell’accusa. “Tentare di aiutare la propria famiglia è tradimento
adesso?” Stava alzando leggermente la voce.
“Sì, se agisci alle
mie spalle” ribatté
Daenerys tagliente. “Perché non mi hai semplicemente detto come stavano
le
cose?”
“Mi avresti forse
ascoltato?” replicò Jon con amarezza “Mi avresti
concesso i tuoi uomini, mi avresti permesso di tornare a casa?”
Daenerys non
rispose e Jon fece un passo avanti. “Mi dispiace non averti avvertita”
mormorò,
“ma non avresti mai capito, proprio come non capisci ora…”
Daenerys divenne
rossa di rabbia. “Mi consideri stupida forse?” lo attaccò “Capisco che
hai
sabotato i miei piani inviando uomini la cui fedeltà non ti appartiene
a
combattere una guerra della cui esistenza nemmeno eri certo. Ti rendi
conto di
quante persone le tue azioni azzardate hanno messo in pericolo, adesso
che lo
scontro con Cersei è vicino?”
Jon davvero non
capiva. “Ma ti rendi conto di
quante persone sono in pericolo in
questo momento perché noi stiamo qui a litigare invece di pensare ad un
piano?”
replicò irato “Mi ascolti quando parlo? LA BARRIERA E’ CROLLATA!”
Stavolta
aveva urlato davvero, ma Daenerys non sembrava scossa più di tanto.
“Credi che
questo renda lecito il tuo operato?” chiese lei alzando un sopracciglio
“Che renda
onore alla tua pazzia? Che solo perché ora la minaccia potrebbe essere
più
incalzante la tua decisione sia giustificata?”
Jon rimase a bocca
aperta. “Potrebbe essere?” ripeté con minacciosa
calma “Credi chi abbia inviato la lettera stesse mentendo riguardo alla
Barriera?” Daenerys accarezzò il tavolo e Jon la fissò disgustato Perché non
vuole capire? si chiese frustrato.
“E’ difficile pensare
una cosa tanto grande
possa sciogliersi come neve al sole” osservò tranquilla Daenerys.
Jon avrebbe
voluto urlare, ma si impose di non perdere la pazienza. “Non si è
sciolta, è
stata distrutta” sibilò ora veramente
arrabbiato. “Perché ti rifiuti di vedere la verità?”
Daenerys si voltò di
scatto verso di lui, il fuoco negli occhi. “E tu cosa fai?” ribatté
acida “Vedi
solo quello che ti interessa…”
“Vuoi che ti chieda
perdono per quello che ho
fatto?” chiese Jon con cruda ironia.
“Sarebbe un buon
inizio, il tradimento è punibile con la morte.”
“E allora richiama
quelle guardie dothraki
che sono qui fuori e fammi uccidere, vostra grazia.”
Daenerys strinse gli
occhi. “Pensi non lo potrei fare?”
Jon era stufo di quei
giochini di potere. “Ascoltami” disse con voce dura,
“non so se te ne sei resa conto, ma il tempo per tutto questo è finito.
Gli
Estranei invaderanno il nostro continente ed uccideranno ogni singola
persona
che ancora respira se non verranno fermati…”
“E di cosa ti
preoccupi?” chiese
Daenerys “Davos ha portato con sé il Vetro di Drago che tu dici può
uccidere
questi fantomatici nemici e grazie al tuo sublime coraggio adesso ci
sono altri
ventimila uomini nel Nord pronti a combatterli.”
“E molto presto
saranno altri
ventimila non-morti dell’esercito del Re della Notte” replicò Jon. “Non
possono
farcela da soli, il Nord non può farcela da solo.” Sospirò e fece un
passo
avanti. “Daenerys” disse con calma, “abbiamo bisogno del tuo aiuto…”
Daenerys
lo fissò come fosse impazzito. “Ho appena perso il mio più valente
generale”
disse con voce roca, “i miei Dothraki, i miei soldati dell’Altopiano e
per
causa tua anche il supporto delle Terre della Tempesta e tu ora stai
chiedendo
il mio aiuto?!”
Jon strinse i pugni.
“Sì.”
Daenerys rise.
“Lo trovi
divertente?” chiese gelido Jon.
“No” rispose
Daenerys, “solo il fatto che tu
davvero immagini io possa in questo momento lasciare tutto quello che
ho
ottenuto fino ad ora per andare a salvare il Nord…” Jon ammutolì e
sgranò gli
occhi.
“Non posso” disse
Daenerys ora nuovamente seria. “I Dothraki stanno
distruggendo interi villaggi e devono essere fermati, Cersei sta
facendo
soffrire il mio popolo e devo porre fine alla sua follia. E’ necessario
che io
sieda al più presto sul Trono di Spade.”
“La tua è follia”
replicò Jon
inorridendo. “Come puoi pensare ai tuoi desideri egoistici quando la
salvezza
di tutti i Sette Regni è a rischio?”
Daenerys batté un
pugno sul tavolo. “Desideri
egoistici? E’ questo che pensi di me, che sono una ragazzina egoista?”
“In questo momento ti
stai comportando come se lo fossi.”
Gli occhi di Daenerys
mandarono faville. “Allora illuminami” disse lei
freddamente, “cosa dovrei fare?”
Jon strinse le
labbra. “Combattere per i vivi”
rispose, “portare i tuoi draghi e il tuo esercito a Nord ora,
prima che sia troppo tardi. Dimostrare di essere degna del
Trono a cui tanto aspiri…” Daenerys lo stava guardando e Jon sperò
avesse
finalmente capito.
“La guerra per cui i
miei sostenitori hanno deciso di
combattere è qui” replicò invece Daenerys, “i loro obiettivi riguardano
Cersei
e il Trono di Spade, non un esercito di non-morti che non hanno mai
visto…”
Jon
non risuciva a capacitarsi di tanta inutile testardaggine. “I miei
confratelli
dei Guardiani della Notte probabilmente sono rimasti uccisi dal crollo
della
Barriera” disse pensando ad Edd, “e così tutti gli uomini avevo inviato
io
stesso. Sono morti tentando di proteggere le loro famiglie e tutti noi…
E per
cosa? Per un’altra vana guerra per il potere senza che nessuno si
accorga della
vera minaccia…”
Daenerys sollevò il
mento. “Anche volendo non potrei portare il
mio esercito a Nord” osservò. “L’inverno è arduo da sopportare e i miei
uomini
non potrebbero sopravvivere. Morirebbero in troppi e non posso
permetterlo: il
Nord dovrà cavarsela da solo.”
Jon era senza parole:
davvero aveva pensato di
poter amare una donna del genere? “E cosa ne sarà dei suoi abitanti?”
chiese
“Di tutti coloro che non possono combattere e di tutti coloro che
invece
periranno? L’esercito del Re della Notte aumenta ad ogni morte e presto
arriverà anche qui: non c’è un posto sicuro.”
“Invierò parte del
mio esercito
all’Incollatura” disse Daenerys, “magari al Moat Cailin, così che possa
difendere il Sud dai morti. Le Terre dei Fiumi e la Valle potranno
inviare i
loro uomini e sono certa riusciranno tutti insieme a fermare gli
Estranei.”
Jon
quasi boccheggiava a corto d’aria. “E il mio popolo?” chiese con il
tono più
tranquillo che riuscì a tirar fuori.
“Il Nord in questo
momento non può essere
difeso” disse Daenerys poggiando le mani sullo schienale della sedia
più
vicina, “perciò la popolozione dovrà abbandonarlo e scendere a Sud.
Saranno
accolti a Delta delle Acque e…”
“Stai dicendo di
consegnare il mio regno agli
Estranei?”
“Il mio regno.
Hai rinunciato al tuo titolo, Jon Snow…”
“Non ancora.”
Daenerys parve
lievemente sorpresa da quella risposta.
“La mia gente non
riuscirà a raggiungere il Sud in tempo” continuò Jon, “quanti
vecchi, donne e bambini moriranno?”
Daenerys parve
triste, almeno per un
momento. “Troppi” rispose sincera, “ma non c’è altro che io possa
fare.”
Jon
scosse la testa. “Io ho combattuto per te” le fece notare, “ho ucciso
Euron
Greyjoy per te, ho accettato di sposarti…”
“Non sembravi così
dispiaciuto qualche giorno fa...”
Jon decise che non
avrebbe sopportato oltre e si avviò verso la porta. “Con il
tuo permesso” disse gelido, “salgo sulla prima nave per Porto Bianco, vostra grazia.”
Daenerys disse
qualcosa
in una lingua sconosciuta e Jon si ritrovò la strada sbarrata dalle due
guardie
dothraki. Fu costretto ad arretrare di qualche passo. Daenerys camminò
con
calma verso l’uscita e Jon la seguì con lo sguardo.
“No, non andrai da
nessuna
parte” replicò Daenerys senza voltarsi a guardarlo, “non permetterò tu
metta
ancora a rischio i miei piani: non posso più fidarmi di te.” Daenerys
parlò
ancora una volta in dothraki e uno dei due uomini afferrò Lungo
Aritglio, che
era appoggiata alla parete.
“NO!” urlò Jon
tentando di raggiungerla, ma si
ritrovò l’arakh dell’altro guerriero appoggiato sul petto e dovette
arretrare.
L’uomo tornò indietro ed entrambi uscirono.
Jon era senza fiato,
sconvolto da quella situazione. “Perché?” chiese “Avevi giurato avresti
aiutato
il Nord quando la vera guerra fosse iniziata, io ti ho creduto… Come
puoi
pensare di essere una buona regina se non rispetti i tuoi giuramenti?”
Daenerys
si fermò e si girò verso di lui. “Poprio tu osi parlare di giuramenti?
Tu che hai disertato i Guardiani della Notte… Hai pensato al tuo giuramento allora?”
Jon sentì il suo
sangue ribollire e non fu più capace di trattenersi. “Il mio giuramento
è stato
sciolto” disse sentendo ogni fibra del suo corpo fremere.
Daenerys scosse la
testa. “Da quello che mi hanno spiegato, solo la morte può…”
“IO ERO MORTO!”
Al diavolo le conseguenze.
“I miei confratelli
mi hanno pugnalato sei volte per aver
permesso ai bruti di attraversare la Barriera, uno di quei coltelli mi
ha
attraversato il cuore. Io il mio giuramento l’ho rispettato, fino alla
morte.”
Vide l’incredulità e
la comprensione farsi strada sul viso di Daenerys, che
tuttavia rimase in silenzio. Ma a Jon non interessava se gli credesse o
meno.
Pochi secondi dopo Daenerys uscì e la chiave girò nella toppa.
Appena fu solo,
Jon corse ad afferrare uno degli attizzatoi del caminetto. Era di ferro
nero e
sembrava robusto. Tornò alla porta e tentò di forzarla, ma presto
l’attrezzo
gli si piegò tra le mani. Jon imprecò e lo scaraventò a terra. Allora
andò alla
finestra e la spalancò. Purtroppo le sue stanze erano al terzo piano e
davano
sul mare. Jon guardò in basso e fu colto da un senso di vertigine. Le
pareti
del castello erano liscie, senza alcun appiglio per poter sperare di
intraprendere una scalata. Jon pensò di poter calarsi di sotto, ma non
avrebbe
avuto molte possibilità una volta caduto in mare.
Fu colto dalla rabbia
e
lanciò una delle tre fragili sedie di legno contro il muro. Sono stato uno
stupido, continuava a pensare mentre distruggeva l’anticamera. Come ho potuto
non accorgermi, come ho potuto fidarmi di lei?
Afferrò il grande
specchio sopra il camino e lo scagliò a terra, solo per poi
doversi allontanare dalle scheggie che sfrecciavano da tutte le parti.
Fece
ancora qualche tentativo con la porta e alla fine si lasciò cadere sul
letto
esausto. Non aveva neanche più voce per urlare. Non sarebbe dovuto
essere lì,
non avrebbe dovuto abbandonare il suo popolo. Pensò a Sansa e sentì le
lacrime
bagnargli gli occhi.
“Mi dispiace”
sussurrò, “vorrei essere con te, non sono
riuscito a proteggerti come avrei dovuto…”
Il Nord non era in
grado di fermare
l’avanzata dei non-morti, nemmeno con l’aiuto degli uomini di Gendry.
Jon provò
un moto di affetto nei confronti del ragazzo, che aveva rischiato tutto
per
aiutare sua sorella nel difficile compito che l’aspettava. Moriranno tutti,
realizzò Jon con orrore, e io non
sarò con loro. Ho fallito di nuovo…
La sua
seconda vita non era servita a nulla, se non a prolungare l’agonia. Jon
non
seppe mai quanto tempo rimase sospeso in quel limbo di desolazione, in
bilico
fra sonno e veglia. Forse pochi minuti, o forse diverse ore. Poi, a un
certo
punto, sentì dei rumori provenire dal corridoio. Si mise immediatamente
a
sedere sul letto e cercò con gli occhi un’arma: chiunque avesse aperto
la
porta, Jon avrebbe lottato per uscire di lì.
Tornò a recuperare
l’attizzatoio
storto e si appostò vicino all’entrata. Quando la porta si spalancò con
un cupo
cigolio, Jon era pronto a gettarsi sulla persona che entrava. La
sorpresa lo
lasciò completamente impietrito. Si era aspettato di vedere Daenerys, o
al
massimo una delle sue guardie, e invece trovò Theon.
“Cosa ci fai qui?”
chiese
Jon incredulo.
Theon si portò
l’indice alle labbra, pregandolo di parlare a
bassa voce. “So tutto” sussurrò, “sono venuto a liberarti…”
Jon non ci credeva.
“La Barriera…”
Theon annuì.
“Daenerys si sbaglia” mormorò, “vieni con
me…”
Jon lo seguì e vide
con suo sommo stupore che le due sentinelle giacevano
a terra trafitte da frecce. Jon guardò Theon sempre più confuso e
colpito. Si
incamminarono tentando di fare meno rumore possibile verso le scale e
scesero
fino alle dispense dove erano accumulate le provviste.
Theon gli porse una
bisaccia. “Tieni” disse senza guardarlo negli occhi, “ne avrai bisogno
per il
viaggio…”
Jon annuì e se la
mise a tracolla, nemmeno controllando cosa
conteneva. “Grazie…”
Theon sembrava a disagio. “Non puoi lasciare Duskendale via terra” spiegò. “Le mura sono sorvegliate, però possiamo prendere una nave: quella che ho appena finito di costruire è una fra le più veloci… Si chiama Cuore d’Inverno…” “
Intendi
venire con me?” chiese Jon sorpreso “Daenerys ti ha offerto un posto
nel
Concilio Ristretto…”
Theon scosse la
testa. “Voglio tornare a Grande Inverno”
disse con un velo di malinconia, “ora che è nuovamente la casa che
ricordo da
sempre. Voglio dare il mio contributo in questa guerra: scriverò anche
a mia
sorella Yara…” Jon annuì di nuovo.
Theon era imbarazzato. “Posso venire?” chiese timidamente.
Jon gli sorrise.
“Credo proprio Sansa sarà felice di
rivederti.”
Theon arrossì, poi
sembrò ricordarsi di qualcosa.
“Quasi dimenticavo” disse porgendo a Jon Lungo Artiglio apparsa dal
nulla,
“questa è tua…”
Jon la fissò
incredulo, ma non chiese dove Theon l’avesse
trovata. In quel momento si udirono delle grida dai piani superiori e
Jon capì
che si erano dovuti accorgere della sua fuga. Guardò Theon,
improvvisamente
pallido. “Cosa facciamo?” chiese in un sussurro “Non riusciremo mai a
raggiungere il porto…”
Le voci aspre di
guerrieri dothraki erano sempre più
vicine. Theon aprì una porta e indicò la scala. “Nei sotterranei”
ansimò, “passeremo
da lì… Presto!”
Jon fece appena in
tempo a vedere che i loro inseguitori li
avevano raggiunti, che entrambi si buttarono giù a capofitto lungo la
ripida
rampa. Sotto era buio e il pavimento umido. Nella corsa, Jon rischiò di
inciampare più di una volta. Theon continuava a voltarsi indietro e Jon
sapeva
che non avevano un grande vantaggio: presto sarebbero stati presi. Non faremo
in tempo ad uscire da qui, pensò disperato, quando udì il
ruggito del drago.
Era Rhaegal, Jon ne
era certo, e sembrava quasi chiamarlo.
Cambiò bruscamente
direzione e Theon gli venne dietro
senza fare domande. Arrivarono ad un’enorme porta di pietra ed insieme
riuscirono a spalancarla. I draghi erano là. Drogon dormiva, ma Rhaegal
ruggiva
e si dimenava nelle catene. Quando vide Jon, tuttavia, i suoi movimenti
si
rilassarono. I loro sguardi si incontrarono e Jon fu folgorato da
un’idea,
l’idea più folle che avesse mai avuto. Iniziò a camminare verso il
drago.
“Che
fai?” gli gridò Theon “Ti incenerirà!”
“Non lo farà” rispose
Jon convinto, “ho
un piano.” Si fermò e si voltò verso Theon, che doveva aver capito,
perché
appariva terrorizzato.
“Non funzionerà…”
“Devo
tentare” replicò Jon, “o non avremo scampo.”
Theon annuì ed
impugnò il suo
arco. “Allora va’” disse risoluto fronteggiando i nemici che ormai
erano
entrati nella stanza, “io li trattengo…”
Jon prese ad avanzare
verso Rhaegal,
cercando per quanto poteva di ignorare i rumori dello scontro che si
stava
consumando alle sue spalle. Ti prego
non mangiarmi, pensò senza distogliere lo
sguardo da quello del drago. Ho
bisogno del tuo aiuto. Già una volta mi
salvasti la vita, ti prego…
Il drago non si
mosse. Jon si voltò una frazione
di secondo, giusto in tempo per vedere Theon uccidere due Dothraki in
rapida
successione. Tornò a concentrarsi su Rhaegal. So che mi capisci, pensò
costringendosi ad avanzare, so che
vuoi aiutarmi… Lentamente fece cadere a
terra le catene con un lugubre tintinnio.
Ho bisogno di te, pensò Jon
accorgendosi solo ora di star trattenendo il respiro, ti prego…
Allungò
esitante una mano e chiuse gli occhi. Quando sentì la pelle squamosa
del drago
sotto il suo palmo, li riaprì estasiato. Rhaegal stava battendo
leggermente le
ali, come a sgranchire i muscoli. Poi appoggiò una zampa a terra e
fissò Jon.
Lui annuì e, prendendo un respiro profondo, iniziò ad arrampicarsi
sull’ala del
drago. I suoi movimenti erano lenti e rigidi, paralizzati dal terrore,
ma Jon
non si fermò finché non fu seduto sul dorso. Solo allora sentì la
tensione
abbandonarlo e poté tornare a respirare normalmente.
Si voltò verso Theon,
che
aveva respinto la maggior parte degli assalitori e che lo stava
fissando. La
mano che teneva l’arco si rilassò lungo il fianco e Theon sorrise.
Quando la
freccia del Dothraki lo trafisse a pochi centimetri dal cuore, Theon si
guardò
il petto confuso. Jon sentì la vita scivolargli via dalle membra. La
seconda
freccia colpì Theon alla gamba sinistra, facendolo cadere a terra.
La rabbia di
Rhaegal esplose insieme a quella di Jon. Il drago balzò in avanti,
nonostante
il poco spazio a sua disposizione, e sputò fuoco sui Dothraki rimasti.
Le loro
urla rimbombavano nelle orecchie di Jon mentre si lasciava scivolare a
terra.
Corse da Theon e si buttò in ginocchio accanto a lui. Theon aveva le
veste
umide di sangue, ma sembrava ancora lucido. Jon non sapeva cosa dire e
lo
guardò inerme respirare affannosamente.
“Prendi il mio arco”
sussurrò Theon cercando
di sollevare il braccio, “ti prego, non voglio venga perduto…”
Jon prese l’arma
in mano lentamente e rimase in silenzio.
“M-mi dispiace”
balbettò Theon
piangendo, “per Robb e s-ser Rodrick… Io non volevo, davvero…” Iniziò a
tossire e Jon non comprese le parole che seguirono.
“Adesso li rivedrò”
sussurrò Theon con il volto contratto, “e potrò chiedere perdono.”
Jon sentì il
cuore stretto in una morsa: lui oltre la morte non aveva visto nulla.
“Mi
dispiace” ripeté Theon cercando lo sguardo di Jon. Ormai rantolava e
tentava di
rimanere aggrappato alla vita qualche secondo ancora.
Jon gli sorrise. “A
nome
del Nord, ti perdono” sussurrò e vide la gioia, pura e semplice,
inondare lo
sguardo di Theon. Quando il corpo smise di muoversi, i suoi lineamenti
erano
distesi.
Jon impiegò qualche
minuto per rimettersi in piedi. Raccolse la
faretra semivuota di Theon e tornò accanto al drago. Rhaegal lo stava
aspettando, il capo chino in attesa. Jon sospirò e salì nuovamente sul
suo
dorso. Guardò un’ultima volta il cadavere di Theon: sperava almeno
Daenerys
l’avrebbe seppellito. In quel momento non riusciva a provare emozioni,
la sua
mente era spossata.
Strinse fra le mani
le scagli del drago. “Andiamo,
Rhaegal” mormorò e il drago ruggì. Poi sbatté le ali un paio di volte e
si alzò
in volo di un metro. Superò i corpi bruciati dei Dothraki ed uscì dalla
stanza.
Jon sentì un vuoto
nello stomaco quando Rhaegal uscì dai sotterranei ed iniziò
la sua ascesa al cielo nell’aria frizzante. Vide gli sguardi
esterrefatti della
gente che diventava sempre più piccola sotto di lui e si abbandonò alla
musica
del vento. Il drago volava in maniera magnifica e Jon non aveva più
paura.
Adesso sapeva che
sarebbe tornato a casa, che avrebbe combattuto e che niente
si sarebbe mai più posto fra lui e il suo dovere. Rhaegal emise un
verso
soddisfatto e Jon si permise di ridere.
Il Nord lo stava
aspettando.
Ben tornati! Capitoletto intenso, vero? ^_^'''' spero non siate troppo arrabbiati o distrutti XD XD quello che è successo era nell'aria e i personaggi stanno iniziando a prendere le loro decisioni.
Mi dispiace tantissimo per Verme Grigio e Theon, ma dovevano andare. Lo so, Verme Grigio e Missandei sono una coppia stupenda e Theon stava migliorando tantissimo, ma almeno sono morti felici, in particolare Theon che ha ricevuto il perdone per tutti i suoi crimini. Hanno entrambi pagato (anche se volutamente, nessuno li ha forzati) per una guerra frivola e inutile, ma hanno avuto il coraggio di fare le loro scelte e non voltarsi indietro.
Spero almeno la scena tra Gendry e Arya basti a riscaldare un capitolo altrimenti molto oscuro e pesante. Si sono finalmente ritrovati e chiariti e, essendo entrambi cresciuti, è normale la situazione si stia riscaldando ;-P
Ma arriviamo al cuore del capitolo, che davvero segna un punto di svolta enorme nella trama: il litigio tra Daenerys e Jon. Purtroppo i pensieri di Dany non vengono mostrati per intero e, vista sotto gli occhi di Jon, appare veramente spietata. In realtà la ferita del tradimento di lui è terribile e oscura tutto il resto. Non sente di dovere più niente a quest'uomo di cui si fidava e che ha complottato alle sue spalle. Ne è terrorizzata. Jon ovviamente la pensa in modo diverso, in quanto vede tutto in funzione del bene del suo popolo e poco si cura invece dello stato emotivo di Daenerys (non perchè in sé non gli interessi, bensì considera priorità altre cose). Le loro visioni diversissime si scontrano con una violenza mai vista finora e il loro legame si spezza. Jon adesso ha fatto la sua scelta: lasciarsi tutto alle spalle e tornare al suo posto, per fare ciò che va fatto e rimanere con il suo popolo. Daenerys invece non vuole lasciare il Sud in mano a Cersei e rimarrà a lottare. E' finita per sempre tra loro? Può darsi, di certo hanno preso una bella batosta. C'è la possibilità di un riavvicinamento? Anche questo è possibile, ma dipenderà da come reagiranno nel tempo alle nuove sfide che li attendono ^_^ per ora sono molto fissi sulle loro posizioni (nel bene e nel male) e non sono disposti a cambiare idea.
Adesso si aprono però migliaia di possibilità diverse...
Come al solito ringrazio di cuore i miei recensori, in particolare __Starlight__, Spettro94 e Red_Heart96. Ragazzi il vostro supporto è sempre stupendo :-) non so come farei senza.
Non ho nient'altro da dirvi, quindi alla prossima!
PS: stavolta, per un capitolo così importante, abbiamo ben due citazioni, entrambe musicali. La prima viene dalla canzone "Pronto a correre" di Marco Mengoni e la seconda dalla canzone "Lo stadio" di Tiziano Ferro. Entrambe possono essere associate sia a Daenerys che a Jon e a quello che devono aver provato durante questo scontro.