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Autore: Lumos and Nox    01/12/2018    0 recensioni
"(…) il Compowder era ottimo, con copertura agganciata a un satellite privato e quasi sempre privo di interferenze, prendeva di fatto ovunque, perfino lì in quell'isoletta. Ma se era utile per le missioni, nel suo caso si rivelava un appiglio alla vita di un tempo che non avrebbe decisamente voluto avere."
Jerry Lewis | the spies | accenni Jerry/Sam | che succede a chi sopravvive?
Genere: Drammatico, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Jerry, Sorpresa
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Totally… 
                      Lost
 
 
Gerald "Jerry" Lewis arrivò all’isola quando era ormai pomeriggio inoltrato. Aveva impiegato più di una settimana. Giorni in cui sprazzi di nuvole fuggiasche avevano reso il mare più scuro sotto le loro ombre, frastagliandolo di tonalità di blu che nemmeno credeva esistessero e un sole splendente, di un biancore accecante, si erano alternati a notti puntellate da stelle, una bellezza che un tempo, ricordava, gli avrebbe fatto qualche effetto.
L’isola non era nemmeno notabile, da distante, una striscia appena più scura del mare poggiata sull’orizzonte. Si era rivelata in effetti piatta, con vegetazione bassa, una sorta di landa desolata, da cui sule e altri uccelli acquatici lo fissavano incuriositi.
Con movimenti meccanici, una volta che fu abbastanza vicino alla spiaggia, spense il motore e, con l’aiuto di un remo, avanzò per qualche altro metro, fermandosi quasi subito- andare più avanti lo avrebbe fatto incagliare e aveva disincagliato la sua barca più volte di quanto gli piacesse ammettere. L’acqua accolse imperturbabile l’ancora e le boe protettive, ma la barca non fu tanto accondiscende. Il cofano si era fatto rovente per lo sforzo e per l’esposizione al sole implacabile che accompagnava quella stagione e Jerry fece fatica a non scottarsi ulteriormente mentre agganciava gli ultimi supporti protettivi. Quel mare tanto limpido e cristallino poteva dare in strattoni formidabili.
In poco tempo, ebbe indosso la sua attrezzatura e si lasciò scivolare in acqua. Era fresca. Gli arrivava appena sotto al mento e doveva tenere le braccia tutto il tempo verso l’alto per evitare che gli strumenti si bagnassero.
Quando i suoi piedi passarono dall’essere immersi in acqua allo sprofondare nella poltiglia fangosa che costituiva il primo approdo sulla terraferma, era fradicio e un po’ ansimante. In quei momenti, un po’ si pentiva di non aver preso una barca con una scialuppa. Ma tanto ormai la Hope aveva i suoi anni, gli sembrava arrugginita perfino da lì, con una notevole distanza e la preoccupazione di togliersi la camicia a separarli. Magari la barca successiva avrebbe avuto una scialuppa, se le sue finanze glielo avrebbero consentito e se ne fosse, tutto sommato, valsa la pena. Aveva altri investimenti, più importanti, su cui concentrarsi.
 
La sera si era infiltrata nella sua giornata prima che se ne fosse del tutto reso conto, mentre era impegnato nel terzo giro di perlustrazione. Aveva spaventato a morte un branco di animali che non era riuscito del tutto a identificare, era inciampato più di una volta e aveva finito l’acqua potabile. Non si era accorto di avere fame e nemmeno del tramonto- ne aveva visto così tanti che era diventato un evento abbastanza irrilevante. In quel momento, però, non aveva più nulla da ispezionare, e gli tremavano le dita, era stato punto da diversi insetti, aveva freddo, fame, un ribollio crescente e devastante che gli agitava il petto, il pianto che rimaneva impigliato nella gola e una voglia di lasciarsi cadere a terra.
Se lo era aspettato, a dire il vero. Si era aspettato la delusione, l’aveva sentita entrare in lui lentamente, in punta dei piedi, lieve come se avesse indossato scarpette di seta. La parte razionale del suo cervello era stata fin da subito franca e irritata: già dal primo avvistamento di quell’isola così piatta, non poteva esserci nulla lì. Era assurdo, una perdita di tempo, c’era così tanto altro da fare, ce ne erano ancora così tante altre da perlustrare…
Ma quella parte assumeva sempre più spesso il cipiglio e lo stesso tono di voce lamentoso di Clover e, buon Dio, Jerry trovava la trovava seccante in quei tempi, lo portava a stringersi la radice del naso tra le dita così tanto spesso da avere influito sul suo corpo più lui, in quel modo, che tutti quegli anni sotto il sole. Era irritante ascoltare Clover, come era irritante ascoltare la di lei personificazione che la sua testa assumeva: era quella la scusa che si era dato. In realtà, lo sapeva benissimo. Non avrebbe mai, mai, permesso a nessuno, men che meno a se stesso, di ostacolarlo nella sua missione. Le avrebbe esplorate tutte, quelle isole, una a una, spiaggia dopo spiaggia, centimetro dopo centimetro. Lei avrebbe potuto essere caduta lì, avrebbe potuto trovarsi lì. Jerry non l’avrebbe abbandonata.
Non di nuovo.
 
Clover, non sotto forma di voce irritante nella sua testa, ma la vera Clover, in carne, ossa e impeccabili capelli biondi, si fece sentire mentre Jerry stava preparando qualcosa da mangiare. I tecnici della Woohp erano sempre stati molto avanti con i tempi rispetto alla tecnologia del grande pubblico, ma era in quei momenti che riteneva inopportuna la loro bravura; il Compowder era ottimo, con copertura agganciata a un satellite privato e quasi sempre privo di interferenze, prendeva di fatto ovunque, perfino lì in quell'isoletta. Ma se era utile per le missioni, nel suo caso si rivelava un appiglio alla vita di un tempo che non avrebbe decisamente voluto avere.
«Sapevamo entrambi che non avresti trovato nulla a Howland». La voce di Clover poteva essere rimasta la stessa in quegli anni, ma risultava evidente che avesse perso la coloritura vivace caratteristica nel suo tono- o forse, l'aveva persa con lui, dato che quando lo contattava, gli forniva solo informazioni di quella risma. Jerry aveva appoggiato il Compowder sullo schienale dello zaino, rivolto verso di lui, e fece leva sul crepitio del fuoco e sullo scrosciare di onde e vento per fingere di non averla sentita. Non funzionò molto.
«Jerry!»
«Ne ero consapevole, Clover» rispose infine Jerry, la calma imperturbabile in contrasto con l'impazienza della ragazza. Fece scivolare due uova su una padella, seguendo ogni loro movimento con anche troppa attenzione. Evitava ostinatamente e platealmente di rivolgere lo sguardo verso il Compowder. «Ti faccio però presente che una supposizione non corrisponde a una certezza. Era importante controllare ugualmente».
Sapeva che Clover stava stringendo gli occhi, adesso, e forse anche le labbra, serrandole in una smorfia che da broncio adolescenziale gli anni avevano reso adulta disapprovazione. «La Whoop non è più disposta a finanziarti, ormai!»
Jerry allontanò con un gesto vago della mano quella frase e tutto ciò che socialmente ne conseguiva- non gli importava più da tempo. «Sto utilizzando già da tempo le mie finanze private».
Clover sospirò così pesantemente che Jerry la udì anche nonostante lo sfrigolio che diede la padella quando la poggiò sul fuoco.
«Jerry».
Pronunciò il suo nome in modo strano, senza gridarlo o con un rimprovero implicito tra le sillabe. E Jerry lottò per non voltarsi, per non guardarla. Sapeva che guardare Clover gli avrebbe fatto male, che gli avrebbe fornito una prova evidente e schiacciante di quanto tempo era passato e che allo stesso tempo sarebbe stato un balsamo e un veleno, un viso noto in un'esistenza solitaria e un monito del suo continuo, inesorabile, fallimento.
Ma non era un uomo forte, non più. Aveva sviluppato la spiccata tendenza a farsi deliberatamente del male. Lasciò perdere la padella appoggiandola per terra ancora sfrigolante e si accucciò davanti al Compowder. La luce improvvisa gli diede fastidio. Doveva essere a malapena sera, a Los Angeles, o dovunque Clover fosse- si intravedeva la chiarezza dorata di una finestra alle sue spalle. Gli anni avevano donato dei capelli più scuri alla donna (per lui, sarebbe sempre stata una ragazza) ma era soprattutto sul suo viso che avevano infierito. Ogni emozione- e Clover era sempre stata tendente a provare tante emozioni e in gradi estremamente forti- ogni emozione aveva lasciato il suo passaggio, facendo sembrare Clover più vecchia dei suoi non ancora compiuti trentacinque anni: a ogni sua espressione, piccoli solchi le tracciava archi attorno agli occhi e il taglio più corto che portava rendeva il suo viso più squadrato, più rigido. Quando la guardava, Jerry faticava a ricordarsi la Clover dello shopping sfrenato e della cotta facile- sembrava che fosse stata una parte di un'altra dimensione, di un mondo giusto dove i binari della vita di Clover e quelli del dolore non si fossero mai seriamente incrociati.
Clover lo squadrò per un istante prima di parlare, e quando lo fece guardò le proprie unghie anziché lui. «Ho assunto i pieni poteri qui alla Woohp da quasi cinque anni, Jerry, ho praticamente il tuo ruolo di quando ci hai ingaggiato. Sono nella tua stessa, vecchia, posizione. E non riesco a capirti».
Jerry si sentì protendersi in avanti, quasi il suo corpo stesse cercando di tendersi ad afferrare quel discorso di Clover per gettarlo via. «Non pretendo che tu lo faccia...»
«Ascoltami. Ho visto morire delle spie, Jerry, le ho viste prima di arrivare in questa posizione e le vedo morire adesso. È inevitabile. In una associazione come questa ci sono delle perdite, e tu lo sapevi quando l'hai fondata e lo sai tuttora. Hai visto anche tu morire altre spie- basta pensare ad Alice, Pam e Crimson, le credevi morte e le hai, giustamente, lasciate perdere. Ci sono sempre stati incidenti, sacrifici, vittime. Ci sono sempre stati. Ma noi, noi, siamo andati avanti. Dobbiamo andare avanti».
Le onde del mare arrivavano sull'isola a intervalli regolari, ma Jerry le percepiva distanti, ovattate, quasi non appartenessero al suo stesso mondo. Dietro il piccolo schermo, Clover aveva gli occhi lucidi e prese un respiro tremante, prima di proseguire. «È responsabilità dei restanti andare avanti, per la Woohp e per lo stesso mondo. Ci ho messo un po' a capirlo, ma l'ho capito. Io sono andata avanti, Alex è andata avanti. Devi farlo anche tu, Jerry. Devi».
«Andare avanti». Jerry sentiva il sapore di qualcosa di amaro, dentro di sé. «Clover, perdona la franchezza. Nessuno di noi è andato avanti. Se ti fossi applicata di più nel corso di psicologia della Woohp lo sapresti. È la tecnica dell'evitamento, si riempie il proprio tempo per evitare il problema e i pensieri- io l'ho riempito con questa ricerca, Alex con lo sport e tu...» alzò la voce per sovrastare le polemiche di Clover, «e tu dedicandoti anima e corpo a distruggere quei trafficanti e poi alla Woohp».
«Allora almeno torna!». Clover aveva il viso paonazzo, anche se era difficile capire se per la rabbia, se per il pianto- o se per tutte e due. «Abbiamo comunque bisogno di te! Io ho bisogno di te! Sono quindici anni che te ne stai a cercare i resti di un fottuto aereo! Quindici anni, Jerry! Guardati: non ti fai nemmeno più la barba, sei stravolto! E tutto questo mentre la Woohp e il mondo e la vita vanno avanti, vorticano attorno a noi!». Stava urlando adesso. «Non ce la posso fare da sola, Jerry, non posso! Non parlo nemmeno più con Alex. Ho bisogno del tuo aiuto! E di agenti, alla fine, ne muoiono ogni giorno!»
«Clover Ewing». Jerry la fissò duramente. «Stai sostenendo che Samantha fosse un agente come tutti gli altri?»
Silenzio. Il vento diede in una folata violenta, facendo crepitare violentemente il fuoco.
Poi Clover tirò su col naso, gli occhi appannati dalle lacrime e dall'odio. «Sei diventato impossibile, Jerry». E chiuse la comunicazione.
 
Quella notte, lo sognò di nuovo.
Era sulla sua sedia, alla sua scrivania, nel suo ufficio. La luce bianca e artificiale della stanza illuminava il Compowder accanto al suo computer. «Missione compiuta, Sam, perdona la mia lentezza nel comunicartelo. Clover e Alex sono già in volo per la base, il tuo aereo ti attende a cinquecentoquattro metri dalla tua posizione, dovresti già scorgerlo».
«Perfetto, Jerry» aveva cinguettato la voce di Sam dall'altra parte del Compowder, e Jerry aveva avuto l'impulso ma non il bisogno di nascondere il suo sorriso, molto poco professionale, dietro la tazza di caffè- le bellezze di essere solo nel suo ufficio. Sam era stanca, lo sapeva, era stata una missione difficile, e quello lo sapevano entrambi. Ma Jerry trovava veramente... che altro termine poteva utilizzare, se non adorabile?, il fatto che volesse dare sempre l'impressione che fosse tutto apposto, con lei, non c'erano problemi, Jerry.
Digitando qualcosa sul suo computer, aveva continuato ad ascoltarla parlare della missione contro quella branca di trafficanti australiani, anche mentre saliva sull'aereo. Finché non aveva sentito il tiack della cintura agganciata. «Ci sono, Jerry» gli aveva detto, sistemando meglio i comandi. 
«Ci vediamo alla base» le aveva risposto, non con quanta attenzione meritasse, era stato distratto dall'arrivo di una mail importante. «Buon volo, agente».
E con un sorriso che Jerry aveva intravisto con la coda dell'occhio, Sam aveva spento il Compowder ed era sfrecciata in aria, volando via spedita.
I problemi erano cominciati due ore dopo. L'aereo non risultava raggiungibile sui radar, perfino il Compowder stava dando problemi, «sono un po' preoccupata, Jerry» gli aveva detto, un solco tra le sopracciglia alzate e lui l'aveva rassicurata, era un guasto da nulla, probabilmente, aveva mandato comunque altri aerei, anche Clover e Alex, stavano arrivando, la stavano cercando, sarebbe saltata su uno dei loro aerei, sarebbe venuto anche lui ma non poteva proprio assentarsi, quel giorno, «oh, capisco, Jerry, tranquillo, c'è un'isola sotto di me, spero solo...». C'era... c'era stato un boato? Il suono si era interrotto bruscamente. Per un lungo attimo, il Compowder si era bloccato sull'immagine di Sam, sgranata e girata verso sinistra. Poi il monitor si era deturpato in strisce verdastre, tagliando l'immagine. Infine, si era fatto nero.
Jerry aveva intuito cosa avrebbe potuto significare ma non aveva voluto, né potuto, crederci e vi era stato costretto solo molto dopo, quando era già in volo su un aereo per raggiungerla, al quarto tentativo di ricollegarsi.
L'aereo di Sam era saltato in aria.
 
Il giorno sembrò arrivare presto a Howland. Lasciandosi alle spalle uno stormo di sule che lo fissava indignato per essere stato risvegliato, Jerry ripartì quando il sole non era altro che una pallida sfera lontana all'orizzonte. Si sentiva strano, tramortito e in qualche modo distante, nascosto in un angolo remoto dentro di sé, ma allo stesso tempo sommerso in valanghe di rimorsi. Non riuscì a scuotersi nemmeno quando si immerse nell'acqua per raggiungere la barca.
Si rese conto a malapena di esserci salito sopra e di averla messa in moto. Aveva le guance bagnate da acqua non di mare, e aveva la folle impressione che le sue lacrime si unissero agli schizzi della prua che fendeva l'oceano. Le lacrime erano difficili, rendevano cielo e acqua un tutt'uno confuso e appannato ai suoi occhi, mentre governava il timone, diretto all'isola Baker.
Alla ricerca dei resti di un aereo.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
My Land
 
DISCLAIMER
I personaggi da me utilizzati appartengono esclusivamente alla Marathon Production e alla Image Entertainment Corporation. La storia qui pubblicata, tuttavia, appartiene a me.
 
NOTE
L’isola Howland è un atollo disabitato e dalla ben poco considerevole ampiezza, situato nell'Oceano Pacifico poco a nord dell'Equatore e a ovest delle Kiribati. Tra l’altro anche il luogo dove sarebbe dovuta atterrare l'aviatrice statunitense Amelia Earhart, prima donna pilota, poi scomparsa in volo nel 1937- sembrava quindi l’ambientazione ideale per questa storia.
Anche Baker è un’isola e presenta di fatto le stesse caratteristiche di Howland, anche se è leggermente più grande. Entrambe le isole sono sotto la giurisdizione degli Usa e sono, a dire il vero, sotto stretta osservazione da parte della NOAA (National Oceanic and Atmospheric Administration), che ne monita l’ecosistema. Di conseguenza, dubito che sia così facile accedere alle isole, ma consideriamo che Jerry è Jerry. Ha i suoi metodi per agire indisturbato- e se la cosa comunque non soddisfa, ci prendiamo questa licenza di usare Howland, dai.
Per quanto riguarda il meccanismo di evitamento citato, lo trovate qui.
Altre informazioni molto random: la storia si svolge quindici anni dopo la sesta e ultima serie del cartone. La scomparsa di Sam doveva originariamente verificarsi quando lei aveva diciotto anni, ma, notando come ne avesse in realtà venti nell'ultima puntata, ho preferito attenermi strettamente al programma, come se la storia fosse una sua sorta di seguito- vi sono anche altre motivazioni, a dire il vero, ma non voglio annoiarvi elencandovele.
 
 
L’ANGOLINO di NOX
Avevo in mente da parecchio qualcosa sulle Totally Spies, ma le varie idee che mi frullavano in mente non mi soddisfavano mai abbastanza, almeno finché uno dei due bambini di tre anni che accudisco non ha in qualche modo fatto sì che costruissimo un aereo in salotto per andare a inseguire il Ninja della Notte.
La mia testa, mentre tornavo a casa, ha effettuato l’insolito collegamento aereo-Totally Spies, e così ha avuto origine questa storia. Grazie, piccolo Marietto, la tua genialità è stata cruciale!
Ho qualche dubbio sulla caratterizzazione dei personaggi, fatemi sapere se risultano OOC. Il fatto è che, dopo un evento importante e devastante come un disastro aereo, ritengo, le persone possono essere portate a subire dei cambiamenti nella loro personalità, come nel loro stile di vita- e con questo vorrei spiegare la Clover e il Jerry qui rappresentati.
Detto questo, del cartone in questione ho sempre apprezzato particolarmente Jerry, il suo sprizzare brithisaggine da ogni poro, e Sam, bè, Sam è la mia preferita in assoluto. E, tristemente, Nox ha la spiccata tendenza ad ammazzare i propri personaggi preferiti…
Ma ci teniamo il beneficio del dubbio, chissà. Il finale rimane aperto.
Questo mio nuovo stile (sono tornata su Efp da solo qualche settimana) si sta ancora consolidando e non ha mai avuto modo di esporsi in pubblico. In particolare, questa storia è volutamente poco approfondita nelle descrizioni, perché ci troviamo nell’ottica di Jerry, e Jerry ha trascorso anni a osservare certi paesaggi, nella sua ricerca ossessiva. Jerry non ne può più di quei paesaggi, anche… comunque, sono aperta a ogni tipo di consiglio. Fatemi sapere quello che pensate con una recensione, se vi va.
 
Have a good time!
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Nox
 
 
  
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