Fumetti/Cartoni europei > Ctrl-Z
Segui la storia  |       
Autore: Caterpillarkable    08/12/2018    0 recensioni
[Ctrl-Z]
Aveva appena mosso qualche passo in direzione dell’uscita del parcheggio antistante il locale, quando qualcosa – o meglio, qualcuno – lo spinse da dietro. Abituato come sempre alle risse, Skull stava voltandosi con già la sua espressione minacciosa e il pugno pronto e carico a spaccare il naso dell’ubriaco che andava cercando la rissa, ma si dovette bloccare. E ricredere.
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Crack Pairing
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
 <<  
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

A Skulldog piaceva correre. Forse, però, quella corsa a perdifiato se la sarebbe risparmiata. Non capiva cosa fosse preso al suo padrone che, dopo il vaccino, si era prefissato quella veloce maratona verso un posto ancora non chiaro.
La visita dal veterinario era andata bene e tutto sommato non era nemmeno durata tanto. Per Simon, però, era durata anche fin troppo. Uscito da lì prima di Aubrey, non aveva fatto nemmeno in tempo a chiederle il numero di telefono per poterla contattare durante la settimana. Non avrebbe neanche potuto stare ad aspettarla, considerando che da lì a poco loro One Up sarebbero dovuti tornare in città per un’altra settimana di lavoro.
Non poteva di certo andarsene senza avere uno straccio di modo per poter contattare quella cantante da urlo.
Ecco spiegato perché Skull e Skulldog non erano altro che un padrone e animale a sfrecciare per le vie di Saerloon, alla ricerca del luogo dove tutto era iniziato: lo Stuzki. Raggiungere il posto gli costò molto fiato, molte energie e molta fatica, tant’era che quasi si accasciò contro la porta chiusa del locale, fresca contro la sua pelle accaldata dalla corsa. Fortuna che Amelia era già lì, forse per colpa del fato.
«Simon. Che ci fai qui?»
La donna dai capelli rosa osservò il batterista a metà tra il sorpreso, il confuso e lo scettico.
«Non dovresti già essere
al bus insieme agli altri?»
Questa volta, un sopracciglio perfettamente definito si inarcò, svettando verso l’alto. Skull, dal canto suo, stava cercando di inglobare quanta più aria possibile, prima di parlare.
«Sì, sì, ma ho un favore da chiederti. Ti prego.» 

Il bus dei One Up andò a prendere il batterista nel parcheggio del locale. Il ragazzo era stato piuttosto ermetico sul perché e cosa ci facesse lì, soprattutto considerando il fatto che doveva farsi trovare da tutt’altra parte. Diversamente dalle star della tv, Simon ai suoi “paparazzi” rispose con un sonoro:
«Fatevi i cazzi vostri.»
Così dicendo, passò il resto del viaggio ammusonito seduto verso il fondo del mezzo di trasporto comodo. Nelle orecchie nuovamente le tracce di quei nuovi pezzi che avrebbe dovuto imparare. Peccato, però, che su quelle note sentiva una calda voce femminile, piuttosto che quella di J.Jay, al vedere il pezzetto di carta che aveva appallottolato nel pugno. Sopra c’era semplicemente scritto il numero di una brava cantante di un certo gruppo chiamato Heller.
Arrivati a destinazione, quello stesso bigliettino scomparve nuovamente nella tasca dei suoi pantaloni. Nessuno doveva venirne in possesso: gli avevano già fregato Eliantho, non avrebbe permesso lo stesso finale anche con Aubrey. L’aveva conosciuta solo il giorno prima, forse era fin troppo presto per dirlo, ma non era forse vero che tante volte il destino giocava brutti scherzi ai poveri disperati? 

Passarono due giorni, prima che Simon si decidesse ad inviare un messaggio ad Aubrey. Non che si fosse scordato, semplicemente si sentiva un idiota in tutto ciò che scriveva. Qualsiasi saluto sembrava da sfigato, lui sembrava uno sfigato a preoccuparsi così tanto per un messaggino. Optare per un “Ciao, sono Skull” gli sembrò la scelta meno peggiore tra tutte.
Aspettare una risposta, però, fu forse ancora peggio. Non che ci pensasse costantemente, solo il 90% del suo tempo. Probabilmente quelle delle prove era una scusa, una come Aubrey non avrebbe mai risposto ad un messaggio così sfigato – perché non aveva aggiunto una di quelle faccine sorridenti? Magari avrebbe apprezzato.
Magari, magari, magari.

Tutti dubbi che vennero dissipati il giorno dopo, con la risposta della bella cantante. Da quel momento, Skull sembrò ossessionato dal cellulare e i suoi trilli molto più di Hugo. Questo, però, non volle dire che il batterista prese coraggio per chiederle nuovamente di uscire. Il rischio di un altro rifiuto era molto alto – almeno per lui. Non doveva lasciarsela fuggire, però: era certo che una bomba del genere avesse il manipolo di ragazzi ai suoi piedi.
Aveva saputo tramite social che a Saerloon quel weekend sarebbe arrivato il Luna Park, con giochi, giostre e lucine colorate. Di certo non l’habitat naturale di Simon, però non vedeva nessun’altra possibilità: lo Stuzki sarebbe stato troppo semplice come scelta ed un luogo troppo conosciuto da entrambi, di un qualsiasi ristorante anche la sola idea faceva impazzire il ragazzo. Il Luna Park, alla fine, non suonava nemmeno così male. Alla peggio, sarebbe salito su una di quelle macchine degli autoscontri e se la sarebbe presa con i mocciosetti facendoli cadere come birilli.
Infine, fece tutto senza pensarci. Se avesse ragionato ancora tanto su quella questione, sarebbe finito per impazzire, impanicarsi e non fare nulla di quanto prefissatosi. Chiese ad Aubrey di accompagnarlo alle giostre con leggerezza: aveva solo bisogno di qualcuno che gli facesse compagnia mentre le sue due sorelle maggiori bullizzavano la gente a destra e a sinistra. Non che a Simon sarebbe davvero dispiaciuto rimanere da solo a rubare le patatine fritte a quelli alti un metro e uno sputo... però Aubrey era un’allettante alternativa e poi, diciamocelo, quella era palesemente una scusa.
La risposta tardò ad arrivare. In quelle ore d’attesa, Skull cadde in uno stato di agitazione, depressione e nervosismo. Avrebbe volentieri preso a pugni J.Jay e Hugo, soprattutto mentre discutevano su questioni totalmente inutili durante le prove. Alzò semplicemente la voce contro di loro urlando un’accozzaglia di parolacce e insulti, lasciò cadere le bacchette a terra dopo aver colpito uno dei tamburi della batteria e se andò così, lasciando tutti senza parole. L'occhiataccia che rivolse al resto del gruppo fece desistere qualsiasi tentativo di rincorrerlo. Dopo quest’uscita di scena, la suoneria del suo telefonino avvertì Simon che un messaggio era stato ricevuto: la reazione alla lettura fu l’equivalente di un bambino il giorno di Natale.
Aubrey aveva accettato il suo invito e si era scusata per il ritardo della risposta, avendo le prove musicali con le altre. Solo quello. Il batterista si sentì un emerito idiota a non averci pensato prima.
A quel punto, l’unico problema che gli si parava davanti era riuscire ad avere il fine settimana libero per potersi vedere con quella gno– gran bella ragazza. 

Implorare Nathan ebbe i suoi frutti, considerando che quel Sabato mattina Skull era quasi in dirittura d’arrivo a Saerloon. Aveva giusto il tempo di un pranzo veloce e di una doccia prima di incontrarsi con la ragazza all’entrata del Luna Park, meta che non tardò a raggiungere.
Aubrey era bellissima in quell’abbigliamento attillato, che mostrava tutto il suo fascino, i capelli raccolti in una coda alta. Simon si prese tutto il tempo per osservarla mentr’ella s’avvicinava a lui. Sul volto, un sorrisetto furbo e compiaciuto per averla invitata fuori e, sì, anche perché per quella giornata era sua.
«Ehi, sei arrivata.»
«Come potevo dire di no?»
Dopo una piccola risata, la ragazza lasciò un piccolo bacio leggero sulla guancia di lui. Per un attimo, il suo sorriso scomparve per via del gesto tanto apprezzato quanto inaspettato. Se si fosse guardato in uno specchio, avrebbe visto solo la propria espressione da pesce lesso.
«Allora, che vogliamo fare? Autoscontri? Il tiro a segno?»
Aubrey non rispose. Con un sorrisetto quasi misterioso e dopo aver scosso la testa – quasi come se ritenesse quella domanda come stupida –, ella prese la mano di Simon, trascinandolo verso i calcinculo. Forse c’era d’aspettarselo, forse i seggiolini erano troppo piccoli per la stazza del ragazzo, ma non obiettò mai. Non voleva contraddirla, non voleva rovinare nulla di quella giornata: dopo i seggiolini volanti, fu un susseguirsi di corse su varie giostre, tentativi fallimentari ai giochi di pesca, lanci e prese con i ganci.
Il pomeriggio passò in un lampo, trasformandosi in sera. La loro cena si compose di hamburger, hot dog e patatine fritte alla bancarella del posto – Skull minacciò anche dei ragazzini di lasciare loro il posto, alle spalle di Aubrey. Come dolce, la ragazza prese un bastoncino di zucchero filato dal color rosa confetto, forse più grande di lei. L'ultima cosa che rimase loro da fare fu un giro sulla ruota panoramica, che sembrava essere una cosa forse troppo romantica per una persona come Simon – almeno ad un primo impatto.
La coda per la giostra fu veloce e corta, salire su una di quelle cabine per due persone prese loro, quindi, poco tempo. La velocità con la quale la ruota girava, però, diede loro modo di ritagliarsi diverso tempo per chiacchierare lontano anche dalla musica quasi assordante del resto del Luna Park. Il cielo stava scurendosi, il tramonto era visibile solo all’orizzonte; le prime stelle iniziavano a rendersi visibili nell’azzurro scuro della volta celeste, mentre la Luna imponeva la sua presenza come protagonista indiscussa della notte.
Insomma, c’erano tutti i presupposti per un finale molto più che roseo di quell’appuntamento.
Al suo fianco, Aubrey aveva terminato di mangiare il suo zucchero filato e stava giocando con il bastoncino di legno, mentre lieta ancora chiacchierava e scherzava con Simon. Dal canto suo, il ragazzo era rapito da lei, dalla sua voce, dal suo umorismo e allegria.
«Aspetta, sei sporca qui...» 
Forse prendendo l’occasione al volo di una piccola briciola di zucchero filato rimastole al lato della bocca, il batterista non solo le accarezzò il viso, ma si avvicinò con il proprio con l’intento di terminare quel giro sulla ruota panoramica nel modo migliore possibile. Era a pochi millimetri, quando una voce di sua conoscenza iniziò a sbraitare dal prato sottostante.
«Ehi, tu, testa di cazzo. Giù le mani da Aubrey!»

Ivan, il frontman dei
Bastard Sons of Bastet, guardava proprio loro, indicando Skull con l’indice con un modo poco calmo e molto risentito.
«Ma che
ca–» 
Non terminò la frase, sovrastata dal tono di voce della ragazza, che mandò al diavolo l’altro. Quel gesto la fece solo apprezzare di più dal suo accompagnatore.

«Scusami. È colpa mia. Non credevo di trovarlo qua.»

Il parlare concitato e mortificato
d’ella mise in allarme Simon, confuso.
«Cosa vuoi dire?»

«Skull... Non so come dirtelo ma... Ivan è il mio ex.» 

  
Leggi le 0 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<  
Torna indietro / Vai alla categoria: Fumetti/Cartoni europei > Ctrl-Z / Vai alla pagina dell'autore: Caterpillarkable