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Autore: Dida77    11/12/2018    3 recensioni
Dopo aver combattuto in Siberia contro Tony Stark, Steve non può permettere che Bucky si faccia ibernare di nuovo.
Non può permettersi di perderlo un'altra volta.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Steve Rogers
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Quando Bucky si svegliò quella mattina, la prima cosa che vide fu Steve addormentato di fianco al suo letto, seduto in terra, incastrato tra il materasso e il comodino.

Ricordava vagamente di aver avuto i soliti incubi quella notte, ma non ricordava molto altro. Probabilmente Steve, preoccupato da quegli incubi, aveva passato la notte accanto al suo letto per tentare in qualche modo di tranquillizzarlo.

“Cretino,” pensò tra sé.

Però doveva ammettere che aveva funzionato, almeno in parte. Quella notte era riuscito a dormire un po’, sicuramente più del solito.

Ma a quale prezzo? Steve aveva passato la notte al freddo, seduto per terra accanto al suo letto.

Senza considerare il fatto che, nel bel mezzo del sonno, avrebbe potuto non riconoscerlo e fargli del male. Il soldato d'inverno era sempre presente nella sua mente, o almeno così credeva, e il fatto che potesse tornare fuori all'improvviso lo terrorizzava, soprattutto la notte.

Al solo pensiero si accigliò e sospirò con disappunto.

Il sonno leggero di Steve si interruppe immediatamente e lui scattò come una molla, pensando che si trattasse di un altro incubo dell’amico.

Quando vide gli occhi di Bucky aperti, però, sorrise, un po’ imbarazzato per tanta sollecitudine.

“Sei sveglio!” disse sorridendo e grattandosi la nuca con quel gesto tanto familiare a Bucky. Un gesto che Steve faceva automaticamente tutte le volte che era imbarazzato.

Bucky annuì, poi, con una nota di preoccupazione nella voce chiese: “Da quanto tempo sei lì?”

“Non saprei, circa quattro ore, credo.”

“Non dovevi passare la notte qui.” rispose Bucky con un tono perentorio che, inizialmente, spiazzò l'amico. Poi Bucky continuò a parlare e Steve ne capì rapidamente il motivo.

“Quando dormo non ho il controllo di ciò che faccio. Non voglio che tu mi stia vicino mentre dormo. Potrei farti male.” disse Bucky serio.

“Stanotte non sembrava un problema” rispose Steve.

“Steve, sono serio. Non voglio che tu mi stia vicino mentre dormo. Stanotte non ero in me, mi ricordo a malapena cosa sia successo. ”

“Appunto.” rispose Steve.

”Il fatto che stanotte tu non fossi in te dimostra quanto tu abbia bisogno di qualcuno vicino.”

“Steve, per favore, voglio solo che tu non ti faccia male e che tu stia al sicuro.” continuò Bucky con un tono implorante nella voce.

“Non posso lasciarti solo ad affrontare tutto questo, Bucky. È fuori discussione!” rispose Steve serio.

“È pericoloso. Lo vuoi capire?”

“Esattamente come era pericoloso che tu mi stessi accanto giorno e notte quando prendevo la polmonite tutti gli inverni prima della guerra. Non ricordo quante volte te lo abbiano detto, sia la mamma che il dottore, eppure non c'era modo di spostarti da lì.”

A quel ricordo Bucky tacque. Era vero. Il dottore era sempre stato chiaro in merito. Ma a lui non era mai importato se fosse pericoloso o meno, se ci fosse il rischio di ammalarsi o meno. Lasciare Steve solo ad affrontare gli effetti della polmonite, soprattutto di notte, era fuori discussione. La febbre, la tosse, i respiri strozzati che non bastavano mai.

Bucky non si allontanava mai dal letto di Steve. Mai.

“Ti prego,” continuò Steve “dammi la possibilità di prendermi cura di te. Non mi allontanare, ti prego.”

Gli occhi di Bucky si riempirono di lacrime, e stavolta non fece niente per fermarle. Erano lacrime buone, lacrime calde che lavavano via lo sporco e il freddo che l'Hydra aveva lasciato dentro di lui.

Bucky le lasciò scorrere per un po’, occhi negli occhi con l'amico. Poi disse sottovoce: “Mi abbracceresti, Stevie? Ne ho un gran bisogno.”

Steve non se lo fece dire due volte. In un attimo fu sul letto con lui, le braccia aperte ad accogliere Bucky, anche lui gli occhi lucidi al sentirsi chiamare, dopo tutto quel tempo, con quel nomignolo tanto amato.

Stettero abbracciati sul letto per un tempo infinito. In quel momento il tempo non esisteva più.

Il tempo aveva giocato con loro per tutta la vita, ma in quel momento perfetto non aveva più potere su di loro.

Quando erano ragazzi il tempo sembrava volare e non ce ne era mai abbastanza per stare insieme lontani da occhi indiscreti.

Poi era arrivata la guerra e il tempo si era fermato come sull'orlo del precipizio, in attesa che Bucky partisse per il fronte.

Poi quella notte, quando si erano ritrovati oltre le linee nemiche, il tempo aveva iniziato nuovamente a volare, tra un combattimento e l'altro.

Poi la caduta, quella maledetta caduta che aveva portato via tutto. Dopo quella caduta il tempo aveva continuato a scorrere inesorabile, ma per Steve non aveva più senso. Non c'era più passato né futuro, era rimasto solo il dolore che, come un buco nero, sembrava risucchiare tutto. Era come se il mondo continuasse inevitabilmente a girare, ma lui fosse rimasto fermo a quell'istante sul treno.

Poi il ghiaccio per l'uno e l'Hydra per l'altro avevano fatto il resto. Uno strappo nel tempo di settant'anni che li aveva catapultati in un mondo che non era più loro, dove il tempo correva a velocità vertiginosa.

Ma lì, abbracciati su quel letto, tra quelle lenzuola, erano di nuovo insieme e il tempo non aveva più potere su di loro.

In silenzio, guardandosi negli occhi, piangendo insieme, si erano detti tutto senza parlare.

Le carezze dell'uno portavano via il dolore dell'altro. Senza più vergogna o ritegno.

“Mi sei mancato così tanto,” disse Steve con un filo di voce. Le mani sul volto dell'amico, del compagno di una vita.

Bucky sorrise. Senza dire una sola parola accarezzò il volto di Steve e si avvicinò a lui. I loro volti vicinissimi. Poi, in un soffio, chiese: “Posso?”

Steve non rispose, semplicemente chiuse gli occhi e aspettò di sentire le labbra di Bucky sulle sue.

E successe. Fu una carezza, solo un soffio, ma fu tutto.

In quel letto, tra quelle lenzuola, il tempo riprese il suo corso, benevolo, portando con sé la speranza di un nuovo futuro insieme.

   
 
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