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Autore: _Joanna_    12/12/2018    1 recensioni
Fanfiction ispirata alla celebre serie TV (nonché romanzo) The Man in the High Castle.
Londra, 1998.
In un mondo dove il Signore Oscuro non ha mai udito la Profezia e non ha dunque mai ucciso i genitori di Harry Potter, finendo con il perdere tutti i propri poteri, si intrecciano le storie dei nostri amati protagonisti.
Lord Voldemort ha trionfato e ora governa con pugno di ferro su tutta l'Inghilterra, esercitando la sua prepotente influenza anche sul resto del mondo.
Ma un uomo, l'Uomo nell'Alto Castello, sta facendo circolare strani giornali e fotografie animate, che raccontano di un mondo diverso, più felice ed equo, dove Voldemort è stato annientato e il suo regime abbattuto.
Riusciranno i nostri eroi a rendere quel sogno impossibile una realtà?
E chi si ergerà a paladino della Resistenza, in questo mondo, dove non esiste alcun Ragazzo Sopravvissuto?
In definitiva, quello era decisamente un mondo cupo e triste in cui vivere, dove la speranza di un futuro diverso e migliore stava cedendo rapidamente il passo a una tetra e desolata rassegnazione.
Neville ancora non poteva saperlo, ma la scintilla della rinascita era già stata appiccata
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Genere: Drammatico, Guerra, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Draco Malfoy, Famiglia Potter, Il Secondo Trio (Neville, Ginny, Luna), Il trio protagonista, Severus Piton | Coppie: Draco/Hermione, Harry/Ginny, Ron/Hermione
Note: AU, OOC | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza | Contesto: Altro contesto
Capitoli:
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1.1


Prologo





Londra,  12 ottobre 1998



Una leggera pioggia, gelida e pungente, sferzava il viso di Neville Paciock che, avvolto in un pesante mantello marrone, camminava lungo il sudicio marciapiede della Regent Street.
Un tempo, quella era stata la via più bella del quartiere, con i suoi eleganti edifici, sedi di importanti società e ambasciate, i suoi splendidi giardini ben tenuti, i suoi negozi raffinati e i suoi pub esclusivi.
Ma la guerra aveva cambiato tutto.
Quando le atrocità erano cominciate, i ricchi abitanti del posto avevano fatto le valigie e si erano rifugiati nelle loro case di campagna, ben presto imitati dai negozianti che, in fretta e furia, avevano tirato giù le saracinesche e avevano seguito i loro facoltosi clienti nell'esilio.
Così abbandonati, i bei palazzi erano stati occupati da barboni e criminali, e i negozi e i pub si erano trasformati in sordidi ricettacoli.
Ma quel sacrificio, quella rinuncia, non erano serviti a nulla; la campagna, infatti, non era stata risparmiata.
La lunga mano nera del Signore Oscuro aveva raggiunto quei ricchi signori e li aveva strangolati nei loro letti, laddove si erano creduti al sicuro.
Neville aveva appena otto anni quando tutto era finito, ma ricordava ancora perfettamente le parole di suo padre: “Oggi, la libertà è morta” aveva detto, sfogliando quella che era stata l'ultima edizione della Gazzetta del Profeta, e Neville, crescendo, aveva compreso quanto questo fosse vero.
La pioggia crebbe d'intensità.
Neville scacciò via quei tristi pensieri dalla propria mente e affrettò il passo; svoltò l'angolo e imbucò uno stretto vicolo, invaso dall'immondizia.
E lì, tra quei cumuli maleodoranti, individuò quello che stava cercando.
Si guardò intorno, circospetto, quindi scese i pochi gradini, fermandosi poi davanti a una piccola porta grigia; allungò la mano stretta a pugno e bussò.
Un colpo, una pausa, due colpi, un'altra pausa, poi altri due colpi.
Per un po' non accadde nulla e Neville cominciò a temere di aver sbagliato la bussata.
Poi, finalmente, l'uscio venne schiuso e un vivido occhio azzurro fece capolino nello spiraglio; quello guizzò rapido su di lui e Neville si ritrovò a sorridere, impacciato.
L'altro uomo grugnì, quindi aprì la porta, quel tanto che bastava a farlo passare.
«Piantala di sorridere come un idiota» lo accolse poi, quando Neville gli sgusciò accanto.
«È un piacere vederti, Ab» replicò Neville, allegro.
«Sì, certo, come no» borbottò Ab, allontanandosi per ritornare alla sua postazione, dietro al bancone.
La Testa di Porco Rifondata, questo era il nome del locale, non era un luogo particolarmente accogliente, ma, dopotutto, non lo era mai stato neanche il pub originale.
Neville si guardò intorno; quella sera il locale non era particolarmente affollato e così non ebbe difficoltà ad individuare i suoi amici, Ron e Hermione, seduti sugli sgabelli davanti al bancone.
«'Sera» salutò, avvicinandosi.
I due si voltarono.
«Dov'eri finito?» chiese Ron, brusco.
«Ciao Neville» lo salutò la ragazza, con un sorriso.
«Ho appena staccato» rispose Neville, prendendo posto su un terzo sgabello, accanto all'amico, e liberandosi in fretta dal pesante mantello.
«Ma Simpson non aveva detto che si trattava solo di qualche scartoffia?» chiese intanto Ron.
«Qualche scartoffia si è rivelata essere un mucchio di scartoffie» rispose Neville, evasivo, e Ron parve accontentarsi di quella spiegazione.
In realtà, anche volendo, Neville non avrebbe saputo essere più preciso; lui si era, infatti, semplicemente limitato a fare il proprio lavoro.
Quella sera, poco prima della fine del turno, Simpson, il suo capo al Dipartimento Permessi e Licenze del Ministero della Magia, lo aveva richiamato: un spessa pila di documenti era appena stata portata giù dal Secondo Livello del Ministero, dove si trovavano gli Uffici per l'Applicazione della Legge sulla Magia, nonché il Quartier Generale dei Mangiamorte, e aveva urgente bisogno di essere esaminata.
Non c'era nulla di strano, in effetti, poiché il suo lavoro, e quello di Ron, consisteva nel compilare montagne di scartoffie, ma Neville ancora non riusciva a scacciarsi di dosso l'idea che quel particolare fascicolo, arrivato direttamente dai piani alti, riguardasse qualcosa di importante e potenzialmente pericoloso.
Tuttavia, l'unica cosa che sapeva per certa era che il mago, a cui era stata revocata la licenza per il suo giornale, doveva aver scritto qualcosa che aveva infastidito il Ministero.
«Cosa ti porto?» chiese Ab in quel momento. Neville sussultò, riscuotendosi dai propri pensieri.
«Una camomilla, direi» scherzò Ron, notando la reazione dell'amico.
«Il solito» rispose Neville e Ab, scuotendo la testa, si apprestò a soddisfare la sua richiesta.
Il vecchio Ab non aveva mai avuto alcun senso dell'umorismo, rifletté Neville, anche se lui proprio non riusciva a biasimarlo; per quelli della sua generazione, infatti, la voglia di ridere era stata soffocata dalle tragedie della guerra.
«Assurdo!» esclamò a un tratto Hermione; aveva appena iniziato a sfogliare il giornale, il Corriere dell'Ibis e doveva essersi imbattuta nell'ennesima brutta notizia.
«Che è successo stavolta?» chiese infatti Ron, stancamente.
«Hanno arrestato il vecchio Dedalus» rispose Hermione, senza staccare gli occhi dalla pagina.
«Dedalus?» domandò Neville, sorpreso «Dedalus Lux?»
«Secondo fonti ufficiali» lesse Hermione «l'anziano Lux è stato trovato in possesso di alcuni volantini e altro materiale di propaganda ribelle. Immediatamente allertati, i Mangiamorte hanno disposto il fermo per Lux, che ora dovrà difendersi dall'accusa di possesso e tentata divulgazione di materiale illegale».
«Povero Dedalus, lo dicevo che prima o poi si sarebbe messo nei guai» commentò Ron, amareggiato.
«Non dice di quale materiale si tratta?» chiese Neville, mandando giù il suo bicchierino di Whisky Incendiario.
«Parlano solo di generica propaganda ribelle» rispose Hermione, cupa.
«Probabilmente si tratterà di uno di quei soliti manifesti un po' volgari» osservò Ron.
In effetti, quel genere di cose andava parecchio di moda tra coloro che ancora non si erano rassegnati alla vittoria del Signore Oscuro.
Generalmente, quei manifesti raffiguravano un qualche importante funzionario del Ministero, dai tratti grottescamente deformati, o un anonimo mago vestito da Mangiamorte e impegnato a fare qualcosa di poco dignitoso.
Ad ogni modo, il Governo mal tollerava quel tipo di facezie, e chi esagerava veniva spesso ospitato per qualche giorno in una delle esclusive stanze due metri per due della Marshalsea.
Evidentemente, questa volta Lux doveva aver infastidito un pesce un po' troppo grosso.
«Bé, sarà meglio che vada» disse Hermione, infilandosi il cappotto.
Ron fece per protestare, ma la ragazza continuò «Ho un mucchio di lavoro da fare e poi ho promesso a tua sorella che sarei passata a salutarla».
«Oh, d'accordo» si arrese Ron.
Hermione gli sorrise, quindi gli schioccò un rapido bacio sulla guancia.
«Ci vediamo a casa» disse poi, «Ciao Neville» salutò e, in fretta, uscì dal locale.
Ron, rabbuiato, si appoggiò con i gomiti sul bancone.
«Bé, almeno tu hai qualcuno che ti aspetta» commentò Neville, indovinando i pensieri dell'amico.
Ron si lasciò sfuggire un mezzo sorriso.
«Potresti averlo anche tu, se non te stessi tutto il giorno a parlare alle piante» osservò Ab, che era ricomparso davanti a loro.
Neville si limitò a stringersi nelle spalle e ordinò di nuovo da bere per entrambi.
«Passami un po' quel giornale» disse poi, rivolto a Ron.
Lo sfogliò distrattamente, quindi lo richiuse per leggere i titoli in prima pagina.
Ovviamente, la notizia del giorno riguardava i grandi festeggiamenti che si sarebbero tenuti, di lì a due settimane, per celebrare il quindicesimo anniversario della vittoria del Signore Oscuro.
Il 31 ottobre 1983, infatti, Bartemius Crouch, allora Ministro della Magia, aveva firmato la resa, totale e incondizionata, davanti a un'enorme platea esultante: dopo quasi dieci anni di guerra civile, il Ministero aveva capitolato e il Signore Oscuro aveva trionfato.
La Resistenza aveva continuato a combattere, ma i suoi sforzi si erano fatti via via sempre meno incisivi; i suoi leader erano stati stanati e giustiziati, i suoi migliori guerrieri abbattuti e, adesso, dell'orgogliosa Ribellione non restava altro che qualche sparuto gruppo di maghi, troppo testardi per cedere, troppo deboli per rappresentare una seria minaccia.
Il Signore Oscuro, invece, aveva rapidamente cementato il suo potere: aveva nominato i suoi nuovi Ministri, fatto approvare nuove leggi e in breve aveva instaurato il suo Regime dittatoriale su tutta l'Inghilterra, e non solo.
Ora, infatti, ai vertici dei Ministeri della Magia dei vari Paesi, c'erano uomini a lui fedeli o comunque a lui graditi, che perseguivano la sua stessa politica repressiva e crudele.
E poi, c'erano i Babbani.
Quando la Comunità Magica era venuta allo scoperto, la maggior parte dei Babbani aveva stentato a crederci.
Ma gli orrori che i seguaci del Signore Oscuro avevano scatenato su di loro erano stati la prova che non solo la Magia esisteva, ma anche che aveva il potere, e la volontà, di sterminarli.
I Babbani avevano tentato di combattere, ma le loro armi si erano rivelate inutili contro i maghi, le loro difese futili davanti ai potenti incantesimi dei Mangiamorte.
E così, i Babbani erano stati umiliati, piegati, schiacciati.
I più fortunati erano stati uccisi durante i violenti attacchi e le spedizioni punitive dei Mangiamorte.
Tutti gli altri, invece, avevano conosciuto l'orrore della persecuzione, l'abominio dell'annientamento.
Non erano però stati un nemico facile da abbattere: infatti, dopo la firma della pace e l’instaurazione del regime, ci erano voluti altri cinque anni per sedare le rivolte, e il Signore Oscuro aveva dovuto imparare a proprie spese quanto fosse orgogliosa quella stirpe, a suo dire, inferiore.
Ma, come è evidente, coraggio e ardimento non potevano offrire alcuna protezione contro gli Anatemi letali.
La popolazione non magica era stata pesantemente decimata e, nell’ultimo anno di quella guerra sanguinosa e brutale, i Babbani avevano pagato duramente i loro sforzi per difendere ciò che restava della loro libertà; gli atti finali della guerra erano stati qualcosa di tremendo, inumano: tre diversi Primi Ministri erano stati assassinati, mentre una lunga serie di massacri era stata perpetrata in varie zone strategiche del Paese; intere famiglie erano state sterminate, trucidate e i loro corpi, esposti al pubblico come monito, erano divenuti oggetto di vilipendio da parte dei molti, troppi maghi che avevano accettato la tirannia.
Per un po’, anche a Ribellione sedata, i Mangiamorte avevano continuato a uccidere, ma, ben presto, la spietata caccia al Babbano si era trasformata in una raffinata politica di contenimento e di lenta, ma inesorabile, estinzione; sparsi per il Paese, infatti, i milioni di Babbani sopravvissuti conducevano una misera esistenza nelle zone a loro dedicate, nelle quali avevano tentato di ricostruire una sorta di normalità.
Quanto ai maghi, anche per loro l'onnipresente Ministero aveva pensato una politica appositamente dedicata; l'intera popolazione magica, infatti, era stata censita, esaminata, classificata, modellata secondo gli schemi accuratamente ideati e teorizzati dal Signore Oscuro.
Nella distorta visione del tiranno, il fior fiore della comunità magica erano i Purosangue; essi godevano di tutti i diritti e i privilegi riservati al loro sangue nobile, a patto che, naturalmente, si adeguassero ai dettami del nuovo regime, cosa che, alla maggior parte di loro, non creava alcun problema.
Poi venivano i Mezzosangue, suddivisi in base alla “genealogia magica”, ovvero alla quantità di sangue Babbano che scorreva nelle loro vene, e dunque la loro posizione era migliore o peggiore a seconda della loro Purezza.
Dopo c'erano i Nati Babbani, i Sanguemarcio, coloro che erano nati in famiglie Babbane e che non potevano vantare alcun antenato magico.
Inizialmente, erano stati oggetto di una brutale persecuzione e molti avevano subito il medesimo, tragico destino dei loro concittadini Babbani; anzi, a dire il vero, a loro era stato riservato un trattamento ancora più crudele, come se il Signore Oscuro li ritenesse assurdamente responsabili di aver “rubato” i poteri dei maghi.
Ma poi qualcosa era cambiato.
Forse l'Oscuro Signore doveva aver capito che era impossibile sradicare il gene magico latente nella popolazione Babbana, o forse era stato persuaso che, dopotutto, anche i Sanguemarcio erano maghi e dunque la loro vita doveva pure valere qualcosa.
E così, l’Ufficio per il Censimento e il Controllo dei Nati Babbani aveva mutato linea d'azione; ora, infatti, non si limitava più solo ad individuare i Nati Babbani, ma si occupava anche di contenerne il “potenziale virale”.
I Nati Babbani, infatti, per via della loro condizione, dovevano essere, nei fatti, impossibilitati a diffondere il loro sangue non magico tra i maghi e, allo stesso modo, doveva altresì essere impedito loro di spargere quella scintilla di magia all'interno della comunità Babbana.
E l'unico modo per farlo era sterilizzarli. Tutti quanti.
Ai piedi di quella grottesca piramide sociale, poi, c'erano i Maghinò, ovvero quelle persone che erano nate in una famiglia di maghi, ma che non possedevano alcuna capacità magica.
Erano considerati alla stregua di intoccabili, e la loro condizione era quasi peggiore di quella dei Babbani. Per il Ministero erano come degli errori, degli abomini della specie magica, un fastidioso inciampo nella sfrenata corsa alla perfezione della nobile stirpe dei maghi.
Anche per loro era stato istituito un comitato speciale, la Commissione per la Salvaguardia della Stirpe Magica. Era situato nelle viscere del Ministero, all'Undicesimo Livello, sotto il piano dedicato all'Ufficio Misteri, ed era tristemente noto a tutti quello che accadeva tra quelle mura bianche e asettiche: lì, infatti, trascinati con la forza o condotti dalle loro stesse, nobili, famiglie Purosangue, e anche molte Mezzosangue, i giovani Maghinò andavano incontro a un destino tanto crudele quanto repentino.
Una squadra di Medimaghi, accuratamente selezionata e perfettamente addestrata, trattava i Maghinò come meritavano: i più deboli, i più fortunati, venivano eliminati con l'Anatema che Uccide; gli altri, i discendenti di famiglie non molto importanti, meglio ancora se ex ribelli perdonati, venivano invece condotti in celle appositamente preparate, dove i Guaritori avevano modo di approfondire le loro conoscenze, sperimentando su quegli sventurati incantesimi e pozioni, nel tentativo, sostenevano loro, di curare quella tremenda malattia.
Non serviva però un grande Veggente per immaginare quello che davvero accadeva laggiù, in quei candidi cubicoli dove Maghinò, ribelli e Babbani fungevano da cavie umane per i folli esperimenti del viscido Raptor.
Dunque, in definitiva, quello era decisamente un mondo cupo e triste in cui vivere, dove la speranza di un futuro diverso e migliore stava cedendo rapidamente il passo a una tetra e desolata rassegnazione.
Neville ancora non poteva saperlo, ma la scintilla della rinascita era già stata appiccata.


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