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Autore: Majakovskij    13/12/2018    1 recensioni
Calvino è un barista dalle idee parecchio confuse riguardo a quello che deve fare con Vittoria, la sua attuale ragazza. Non sa se lasciarla o meno, ma per fortuna la situazione si sbloccherà quando in un impeto la ammazza e se la mangia.
Genere: Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Violenza
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Cara mia Vittoria.

Queste cose vorrei dirtele a voce, ma sono un vigliacco. Così mi limito a pensarle, sperando, prima o poi, di trovare il coraggio. Di fare pace con questo mio cervello e capire cosa voglio da te. Cara mia Vittoria, te ne stai lì di fronte a me a ballare, e sembri cosparsa di carbonara. Non nel senso che sei sporca, figuriamoci. Sei sudata, quello sì. Ma non sporca. Anzi, il sudore ti dà quel velo di lucentezza che aggiunge fascino al tuo corpo già sexy. Il tuo culo di marmo che si agita a destra e sinistra, e le occhiate che mi mandi ogni tanto, come a dirmi, “che fai, non vieni a ballare con me? Mi lasci qui da sola?”. Tutto quello è carbonara. La carbonara è una cosa grassa e viscida, eppure è il piatto preferito di ogni romano che si rispetti. Perché ti conquista nonostante il grasso e il viscido, con il suo sapore. Con quello che ha dentro. Anzi, ti conquista proprio con il grasso e il viscido. E tu te ne stai lì, a ballare. Non che tu sia grassa. O viscida. Sei una stronzetta insicura, hai paura di tutti, hai scarsa autostima, odi il tuo corpo. Però te ne stai in mezzo a tutti a ballare come se ti amassi. Magari in questo momento ti ami davvero. È questo che mi ha conquistato di te, non sei una sola persona, tu. Sei due persone che cercano di convivere assieme. Due persone così diverse che insieme hanno capito come supportarsi. Sei uova e guanciale. Sei pecorino e rigatoni. Che vanno assieme, mano nella mano. E ballano da soli. Però poi la domanda che sorge spontanea è questa, se sei già due persone diverse che si spalleggiano a vicenda, c'è posto per me? Quando mi avvicino, mi sembra di scottarmi. È come se tu ballassi, cosparsa di carbonara, e io fossi allergico alle uova. È come se questa felicità che mi hai dato nelle ultime due settimane fosse troppa, e non sapessi più dove metterla. Dio mio, da quanto tempo di conosco, ormai? Quindici anni? E ti ho desiderata dal primo momento. Che cazzo mi sta passando per la testa, ora? Cos'è che non mi piace? Non mi piaci tu o non mi piace stare bene? Forse sono io, quello che si odia.
Cara Vittoria, in questo momento, sono tutti ubriachi. Tranne io e te. Tu sei sobria, perché, te lo leggo dentro, vuoi il controllo sulla situazione. Te lo vedo negli occhi, vuoi, nel momento in cui io mi dirigerò verso di te per ballare, vuoi essere perfettamente lucida, per accogliermi a te, dentro di te. Io, invece, io sono sobrio perché qui ci lavoro. Cazzo. Come mi è venuto in mente di portarti a ballare qui dove lavoro? Mica passi inosservata, tu. Domani tutti i clienti fissi mi chiederanno, non vedendoti, “ma chi era quella gnocca che ti guardava tutto il tempo? Le hai chiesto il numero?”. E io dirò che no, non gliel'ho chiesto. Che figura ci faccio? Non mi va di sbandierare ai quattro venti che abbiamo una relazione. Non mi va di sentire la gente che parla di me.
In realtà, se posso dirtelo con il cuore, il motivo per cui io non bevo, in questo momento, è che anche io ho paura di perdere il controllo. Chi sa, magari se adesso mi metto a bere finisco a ballare con te e non sarò più sicuro di ciò che voglio. O magari ti urlerò contro che devi starmi lontana. Forse nel profondo non lo voglio sapere nemmeno io, cosa voglio davvero da te. Per questo non bevo.
O, semplicemente, perché sono un codardo.
Cara la mia piccola Vittoria, ti sei messa accanto uno che anche lui è due persone, a dirla tutta. Da un lato ci sono io, che ti ho affascinata. Lo so che sono carismatico, lo so bene. Lo so che piaccio alla gente. Però dall'altro lato ci sono sempre io, ma un io che in realtà è un piccolo morto vivente che si odia da mattina a sera e che mi urla dentro, e vuole solo essere libero di fare quello che gli pare. Di fare del male a chi gli sta intorno. Che vuole essere amato da tutti, che vuole sempre essere il numero uno. A qualsiasi costo. E io non riesco proprio a capire, tu piacevi al carismatico barista che ora sta lucidando i bicchieri o all'insulso morto vivente che si sta impegnando a fare il proprio lavoro perché ha bisogno di una scusa per non affrontarti? Perché se piacevi all'insulso è finita, ora che sa di essere il tuo numero uno non ha più bisogno di te. Che poi alla fine siamo una coppia formata da quattro persone nel corpo di due, non è ironico?
L'unica differenza è che se tu sei guanciale e pecorino, cazzo, io sono bacon e parmigiano. Io sono due finte inconsistenze che assieme non ci azzeccano davvero nulla.
In questo momento con le labbra stai sillabando la parola “sfigato” diretta a me. Lo dici sempre, quando vuoi provocarmi. Hai quel modo di dirlo, quasi tenero. Era questo che mi piaceva di te, non mi sono mai sentito insultato e intenerito contemporaneamente da una persona.
Però poi si è esaurito tutto troppo in fretta, stiamo assieme da un mese e già non ti desidero più molto. Cioè, in fin dei conti cosa mi aspettavo? Non lo so nemmeno io. Non sento, in questo preciso momento della mia vita, di nutrire alcun desiderio per il tuo bel corpo perfetto, i seni sodi, i capelli biondi tinti di blu e nero. Per le tue cosce muscolose, ben visibili sotto il vestitino stretto a tema azteco con il quale sei entrata nel locale, che si alza di poco a ogni passo di danza.
Però non puoi spiegare alla ragazza con la quale hai flirtato intensamente per otto mesi, ignorando i suoi costanti rifiuti, non puoi spiegarle, quando finalmente accetta, quando finalmente ti concede un appuntamento, non puoi spiegarle, dopo un mese che state assieme, dopo esservi avvinghiati, sudati, nel torrido bagno del tuo locale, dopo aver fatto sesso a pecorina dentro un cesso pubblico, con lei che ti ha morso il braccio fino a farlo sanguinare per non urlare facendosi sentire da tutti i clienti, non puoi spiegarle, quella sera stessa, che ti sei già stancato di lei.
Così mi limito a cercare di non guardarti troppo, sperando che il mio cervello bacato cambi idea prima della fine della serata. Al momento la sola idea di toccarti mi mette un po' a disagio, e il rientro a casa, in queste condizioni, si farebbe decisamente strano. Avevo quasi pensato di far finta di niente, di andare da te e mettermi a ballare, ma appena l'idea ha sfiorato la mia mente ho sentito lo stomaco chiudersi e un senso di bruciore alle mani.

Cara Vittoria, la serata è quasi finita. Sono le due di notte, e il locale inizia a svuotarsi. Io l'ho passata tutta a pulire bicchieri, preparare cocktail, stappare birre. Dare resti. Sono da solo in tutto il Tenochtitlan, non ho idea di quanta gente sia entrata e uscita oggi. È martedì sera, non so perché tutti questi stronzi abbiano deciso di venire qui proprio oggi, però almeno mi non ho dovuto affrontarti. Sono così concentrato sul lavoro che non ho sbagliato una comanda, non ho sbagliato un resto. Non ho nemmeno acceso la lavastoviglie, non lo faccio mai il martedì, e ho pulito a mano centosessantotto bicchieri. Li ho contati.
Qui dentro sono tutti ubriachi lerci, tranne io, che non ho toccato un goccio d'alcool, e te, che non hai fatto altro che bere e ballare, ma non so per quale magia resti perfettamente lucida.
Il che peggiora la mia situazione.

   
 
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