Serie TV > Il Trono di Spade/Game of Thrones
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Autore: QueenInTheNorth    14/12/2018    2 recensioni
Vi chiedete mai cosa sarebbe successo se le cose fossero andate diversamente? Se dopo l'incoronazione di Jon Snow a Re del Nord nuove forze fossero scese in campo? Se vecchie profezie fossero tornate alla luce e la Canzone si fosse rivelata? Quanto può una decisione diversa cambiare le sorti dei Sette Regni?
La ruota continua a girare, nuovi re si faranno avanti e la terra tremerà ancora per il ruggito dei draghi.
Ma la Lunga Notte è vicina, gli Estranei attendono pazienti, e nell'ora più buia tutte le vostre certezze vacilleranno. Stavolta gli uomini sono soli e l'amore forse non basterà più a salvarli.
Siete pronti a perdere ogni speranza?
Genere: Avventura, Drammatico, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Daenerys Targaryen, Jon Snow, Sansa Stark, Tyrion Lannister, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: Contenuti forti, Violenza
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Capitolo 21


Dark Sister                                                                                                                 

 


Brienne

 

Quando Arya Stark era corsa via, tutti l’avevano seguita con lo sguardo stupefatti. Quel ragazzo di nome Gendry sembrava mortificato.

“Non so cosa le sia preso” si scusò Sansa imbarazzata, “vado a vedere…”

“Chiedo scusa, mia signora” intervenne Gendry, “posso andare a parlarle? Credo io le debba delle scuse...”

Sansa lo squadrò per un attimo. “D’accordo” assentì poi. “Podrick ti porterà alla stanza di Arya…” Gendry ringraziò e seguì Podrick dentro il castello. Brienne pensò che forse lui e Arya si erano conosciuti durante i pellegrinaggi della ragazza. Tornò a guardare Davos, che le sorrise.

“Sono felice di vedere che stai bene, mia signora” disse il Cavaliere delle Cipolle, “ero certo saresti riuscita a trovare un modo per ritornare da lady Sansa. E’ stato un lungo viaggio?”

Brienne trattenne una risatina. “Più di quanto immagini” rispose, “ero salita per sbaglio su una nave per Vecchia Città…”

Davos sgranò gli occhi. “Per i Sette Inferi!” esclamò incredulo “E’ stato un viaggio pazzesco…” Brienne annuì.

Davos allargò le braccia e si rivolse a Sansa. “Come vedi, mia signora” disse, “ora hai seimila uomini in più per sedare la rivolta… E’ stato Baliesh a causarla?”

Sansa aggrottò la fronte. “Ditocorto è morto” disse. “Io e Arya l’abbiamo giustiziato per tradimento: la ribellione di cui parli è stata gestita con successo già qualche giorno fa. Tuttavia ora che la Barriera è crollata il vostro aiuto sarà più necessario che mai…”

“La Barriera è crollata?” chiese Davos sconvolto “Com’è possibile?”

“Pensavo lo sapessi” intervenne Tormund, “non è per questo che sei qui?”

Davos scosse la testa, ancora esterrefatto. “Come ho detto avevamo avuto notizie di una rivolta” replicò, “non certo del crollo della Barriera…” Si guardò le scarpe. “Mia signora” continuò guardando Sansa, “l’esercito delle Terre della Tempesta è sotto il comando di Gendry, ma sono certo deciderà di rimanere per affrontare i morti.”

Brienne non poté reprimere un brivido di paura. Non aveva mai visto l’esercito degli Estranei che tutti dicevano si stesse muovendo alla conquista di Westeros, ma ne aveva sentito parlare. Davos le aveva raccontato storie in tono appassionato, ma nemmeno lui poteva vantare un incontro ravvicinato con i nemici di ghiaccio. Jon Snow aveva ucciso un Estraneo, da quello che si sentiva dire in giro, ma era partito prima che Brienne potesse chiederglielo. Certo, Tormund non sembrava aspettare altro che trovare il momento per raccontarle una storia del genere, ma Brienne era risoluta a mantenere le distanze.

Sansa annuì. “Molto bene” disse, “tu e lord Gendry potrete essere ospitati nel castello, troveremo due camere libere, ma tutti gli altri soldati e lord dovranno tornare all’accampamento o recarsi a Città dell’Inverno.” Davos annuì.

“Adesso torniamo dentro” continuò Sansa, “e troviamo un posto più opportuno per discutere.” Davos corse ad avvertire i lord alle sue spalle, per poi seguire Brienne, Sansa e Tormund dentro le mura di Grande Inverno. Brienne se lo ritrovò presto al suo fianco e fu con sorpresa che vide che le stava porgendo Giuramento.

“Questa è tua” disse Davos, “Daenerys ha acconsentito a restituirtela…”

Brienne prese in mano la spada con un sorriso e i suoi pensieri corsero inevitabilmente a Jaime. “Grazie” sussurrò sistemandola nel fodero, “cosa è successo su Roccia del Drago?”

Davos fece una smorfia. “Forse la Madre dei Draghi non è così terribile come pensavamo” confidò a bassa voce, “forse addirittura ci verrà in soccorso ora che la Grande Guerra è comincita. Diamine, ancora non ci posso credere che la Barriera sia crollata…”

“Nemmeno io” replicò Brienne con amarezza. Poi si ricordò di una cosa. “Davos, tutti i lord della Tempesta sono qui?”

Il Cavaliere delle Cipolle rifletté un attimo. “Non credo” rispose, “perché me lo chiedi?”

Brienne sospirò. “Pensavo fosse possibile ci fosse anche mio papre” replicò abbassando lo sguardo.

“Mi dispiace” disse Davos addolorato, “di lord Selwyn non so nulla…”

“Non importa” si affrettò a dire Brienne, “abbiamo altro a cui pensare ora…” Entrarono nella Sala Grande e Sansa disse loro di accomodarsi al lungo tavolo.

“Davos, ti presento mio fratello Brandon Stark” disse Sansa, “e Meera Reed, di Torre delle Acque Grigie.”

Davos sorrise. “Vedo che gli Stark sono finalmente tornati a Grande Inverno” osservò allegro, “Jon ne sarà felice…” In quel momento Podrick entrò nella stanza.

“Allora?” chiese Sansa “Mia sorella?”

Pod parve piuttosto imbarazzato. “Ehm” mugugnò, “credo voglia rimanere in camera sua con lord Gendry, mia signora.”

Sansa era sconcertata. “Come fai a dirlo?” insistette “Te l’ha detto lei?”

Podrick era sempre più a disagio. “Credo le sue parole siano state vai a farti fottere” balbettò e Tormund scoppiò a ridere rumorosamente. Brienne lo trovava un comportamento estremamente sguaiato.

Sansa alzò gli occhi al cielo. “D’accordo” disse visibilmente innervosita, “inizieremo la discussione senza di loro…”

“Vuoi vada a svegliare lord Beric e Sandro Clegane?” chiese Podrick, ma Sansa scosse la testa. “No” rispose, “lasciali dormire: domani metteremo al corrente tutti i lord a decisioni prese.” Podrick si inchinò e fece per uscire.

“Oh, assolutamente no” lo fermò Sansa. “Tu rimani: vieni a sederti con noi…” Podrick sembrò disorientato per un attimo, ma poi sorrise e prese posto fra Tormund e Brienne, che quasi tirò un sospiro di sollievo.

“Allora” iniziò Sansa, “su quanti uomini possiamo contare?” Tutti borbottarono cifre poco precise.

“Credo nel Nord si possano racimolare massimo venticinquemila soldati” disse Davos facendo dei calcoli, “se si decide di arruolare anche i ragazzi piuttosto giovani…”

Sansa annuì. “Quanti bruti hai, Tormund?” 

“Meno di mille in grado di combattere.”

Sansa si morse un labbro. “Così come siamo messi il nostro esercito non arriva neanche a cinquantamila unità.”

“Mia signora” intervenne Brienne, “chiedo scusa, ma il Nord non può contare sull’appoggio delle Terre dei Fiumi e della Valle? Possiamo chiedere aiuto a loro…”

“Invierò i messaggi” assentì Sansa, “ma non arriveranno mai in tempo: l’Incollatura è insidiosa e il ghiaccio ha reso la Strada del Re pericolosa…”

“Su quali altre forze possiamo contare?” chiese Tormund visibilmente non molto pratico di quegli affari.

“C’è la Fratellanza senza Vessilli…” tentò Podrick per dimostrarsi utile.

“La Fratellanza senza Vessilli è sotto il mio comando!”

Tutti si voltarono.

Arya e Gendry erano appena entrati, ma se la prima aveva uno sguardo determinato e sicuro, il secondo sembrava solamente intimidito dall’ambiente in cui si trovava.

“Arya!” esclamò Sansa stizzita “Podrick vi era venuto a chiamare già qualche minuto fa…”

Arya roteò gli occhi. “E infatti eccoci qui” disse con un sorriso di scherno. Sansa dovette decidere di contenersi, perché non replicò. Arya le si sedette affianco, mentre Gendry rimase indeciso per qualche secodo. Alla fine scelse il posto accanto a Davos.

“Stavate dicendo?” chiese Arya in tono leggero puntando i gomiti sul tavolo.

“Contavamo quanti uomini abbiamo a disposzione per affrontare gli Estranei” spiegò Sansa con pazienza, “e come sarebbe a dire la Fratellanza è sotto il tuo comando?”

Arya ridacchiò. “Mi hanno scelto come loro capo.”

Sansa la guardò per un attimo. “Quanti uomini ci sono nella Fratellanza?” chiese poi in tono serio.

Arya alzò le sopracciglia. “Mi sembra sui quaranta” rispose, “ma dovrei chiedere…”

Sansa sospirò. “Sono troppo pochi” mormorò, “l’esercito degli Estranei ne avrà almeno…”

“Centinaia di migliaia” disse per lei Brandon con la sua voce apatica. “Io e Meera li abbiamo visti: non c’è modo di sconfiggerli con i numeri che abbiamo…”

“E se neanche abbiamo le armi per distruggerli” borbottò Tormund, “siamo fottuti.”

Davos si agitò sulla sedia. “A questo posso rimediare io” intervenne, “ho portato con me tutta l’Ossidiana che Jon ha recuperato a Roccia del Drago…”

Il volto di Sansa si illuminò. “E’ un’ottima notizia!” esclamò rassicurata “Spero il nostro armaiolo sappia utilizzarlo per farne delle armi…”

“Se posso, mia signora” si intromise Gendry, “io ho lavorato ad Approdo del Re alla bottega di un fabbro e desidero rendermi utile…”

Sansa annuì. “Molto bene” concordò allacciando le mani in grembo, “ti saranno date le armi dei solati perché tu possa rinforzarle con il Vetro di Drago. Desidero anche che tu ti occupi della mia spada, Ambra.”

Gendry chinò il capo. “Certamente, mia signora” disse, “mi metterò a lavoro domani mattina.”

“Oltre al Vetro di Drago, al pugnale di Arya e a Signora Piangente, quindi non abbiamo altre armi di acciaio di Valyria da usare contro gli Estranei?”

Brienne si ricordò della sua spada. “Davos mi ha restituito Giuramento” disse e Sansa sembrò rasserenarsi.

“Anche Crepuscolo è di acciaio di Valyria” osservò Gendry accennando alla propria arma, “era di Euron Greyjoy…”

“Direi che non siamo messi male” osservò Sansa, “se non c’è altro…”

“La spada di Meera è di acciaio di Valyria” intervenne Brandon e tutti guardarono la ragazza.

“L’abbiamo trovata oltre la Barriera” disse Meera estrendola e posandola sul tavolo, “ma non sappiamo cosa ci facesse lì…”

Arya l’afferrò, esaminadola attentamente. Brienne poté giurare fosse colta da una forte emozione.

“Questa è Sorella Oscura!” esclamò Arya emozionata “La leggendaria spada che Visenya Targaryen usava quando non cavalcava il suo drago Vhagar…”

Brienne fissò la spada incredula e Meera si ritrasse come impaurita. “Come fai ad esserne sicura?” chiese Sansa scettica.

“Visenya è sempre stata la mia eroina preferita” spiegò Arya. “Dopo Nymeria Martell ovviamente, e so tutto di lei. Ho visto così tante illustrazioni della sua spada che saprei riconoscerla ovunque. I due draghi che si intrecciano sull’elsa e i riflessi scuri, tutto torna!”

“Ma che cosa ci faceva Sorella Oscura oltre la Barriera?” chiese Meera incredula “L’abbiamo trovata in una grotta…”

“La spada, se non mi sbaglio, andò perduta durante la una delle ribellioni Blackfyre” disse Arya. “Il suo ultimo possessore noto fu Brynden Rivers, uno dei bastardi di Aegon il Mediocre.” Meera fissava incredula la spada.

“Non ha importanza come ci sia finita lassù” disse Sansa, “l’importante è che possa uccidere gli Estranei.” Meera riprese Sorella Oscura con cautela, come preoccupata di rovinare un oggetto di tale valore.

Sansa sospirò di nuovo. “Abbiamo bisogno di un piano ora” disse in tono stanco, “in modo da distribuire le nostre forze in maniera saggia… Se ci rifugiamo in castelli, gli Estranei riusciranno a trovarci in ogni caso?”

“Ad Aspra Dimora i morti hanno fatto a pezzi la fortificazione in legno dell’accampamento” raccontò Tormund, “credo riuscirebbero a scavalcare le mura…”

“La tua gente è ancora ad Ultimo Focolare” disse Sansa rivolta al bruto, “dobbiamo trovare il modo da farla fuggire da lì…”

“Inviare uomini ed incontrare i non-morti in campo aperto non è una scelta saggia” osservò Davos accarezzandosi la barba, “soprattutto se i numeri non sono dalla nostra parte… Però forse si può provare a respingerli protetti dalle mura: perdonate la mia ignoranza, ma sono abbastanza alte quelle di Ultimo Focolare?”

“Abbastanza” rispose Arya, “ricordo però che sono molto spesse e non possono essere demolite facilmente.”

“E’ già qualcosa…”

“Porterò i miei uomini di nuovo là” intervenne Tormund con il suo vocione. “Siamo gli unici che conoscono un minimo questa minaccia: senza Jon Snow a guidarli i vostri soldati non hanno speranza contro gli Estranei.”

“Hai ragione” disse Davos, “ma voi del Popolo Libero non potreste mai sperare di difendere un castello, non avete abbastanza discliplina: è necessario che dei soldati esperti vengano con voi… Il Re della Notte conosce lo stile di combattimento dei bruti, ma quello di Westeros potrebbe coglierlo alla sprovvista.” Brienne aveva la sensazione che ciò non sarebbe accaduto.

“Se è così” intervenne Gendry, “porterò metà dei miei uomini ad Ultimo Focolare insieme a…?” Guardò Tormund con aria interrogativa. “Tormund” si presentò il bruto e Gendry annuì.

“Sei sicuro di quello che dici, Gendry?” chiese Davos con voce grave.

“Lo sono” rispose fieramente il ragazzo e a Brienne non sfuggì lo sguardo di puara che balenò negli occhi di Arya per un secondo.

Poi la ragazza si alzò in piedi. “Porterò la Fratellanza senza Vessilli insieme all’esercito della Tempesta” annunciò seria.

Prima ancora che Brienne potesse realizzare il peso di tale affermazione, Sansa era già scattata in piedi, facendo cadere a terra la propria sedia. “NO!” urlò con voce strozzata. Arya sostenne lo sguardo della sorella.

“Tu devi rimanere a Grande Inverno” continuò Sansa, “non puoi andartene proprio ora, è troppo pericoloso…”

“Per questo voglio fare la mia parte.”

“Puoi benissimo contribuire da qua.”

Arya rise. “Come fai tu?” chiese sarcastica “Non sono io quella che deve governare…”

“Arya, ti prego” la supplicò Sansa con le lacrime agli occhi, “non voglio rischiare di non rivederti mai più… Io…”

“Sansa” la interruppe tranquillo Brandon, “Arya può andare.”

Sansa si voltò sconvolta verso di lui. “Cosa?!” chiese distrutta “Dici che dovrebbe andare?!”

Brandon annuì. “E’ ciò per cui si prepara da sempre” disse in tono misterioso, “non abbiamo il diritto di impedirle di andare.”

Sansa aveva gli occhi gonfi di lacrime. “Bene!” esclamò battendo le mani sul tavolo “Partirete tutti domani mattina. L’udienza è conclusa.” Girò le spalle a tutti e corse fuori dalla sala.

Tra i rimasti scese un silenzio saturo di imbarazzo e nessuno si azzardava a muoversi. Poi Davos si alzò in piedi. “Dovete riposarvi” disse con voce saggia, “meglio che ce ne andiamo tutti a dormire.”

Brienne non attese ulteriori inviti e raggiunse la propria stanza. Mentre si svestiva ripensò allo sguardo perso di Sansa e alle lacrime che aveva tentato di nascondere. Si addormentò con quell’immagine che danzava ancora davanti ai suoi occhi chiusi.

Il mattino seguente il vento gelido dell’inverno faceva svolazzare i mantelli della piccola folla che si era radunata nel cortile per salutare coloro che partivano. Sansa era eretta nel suo abito scuro, pallida come la luna e con gli occhi arrossati. I capelli le ondeggiavano nella brezza. Arya invece indossava i pantaloni e portava alla cintura Ago e la daga di acciaio di Valyria. Continuava a scherzare con Gendry ed evitava lo sguardo di sua sorella. Brienne vide Tormund venirle incontro e dovette reprimere l’istinto di sguainare Giuramento.

“Io sto andando” borbottò il bruto sottolineando l’ovvietà, “volevo salutarti... Spero di rivederti presto.”

Sembrava si stesse impegnando per essere gentile e Brienne non ebbe il cuore di rispondere in maniera sgarbata. “Ti auguro buona fortuna” disse solamente e vide Tormund sorridere.

Poi il bruto si voltò e tornò verso i suoi compagni. Brienne lo seguì con lo sguardo e per sbaglio incrociò quello di Sandor Clegane, già in sella al suo cavallo. Era assolutamente certa il Mastino l’avesse riconosciuta, eppure non sembrava arrabbiato. Fece uno strano cenno con la testa che poteva essere scambiato per un saluto e Brienne ricambiò.

Poi Sansa venne avanti, composta come sempre. “Il vostro coraggio potrebbe fare la differenza” disse a voce alta rivolta ai soldati in partenza. “Noi tutti aspetteremo con ansia il vostro ritorno e speriamo in una luminosa vittoria. Per il Nord!”

Tutti elevarono al cielo le loro preghiere, anche i soldati della Tempesta che il Nord lo vedevano per la prima volta. Sansa si avvicinò ad Arya e le prese le mani. Brienne non sentì cosa le due sorelle si dissero, ma dovette essere un momento molto intenso, perché entrambe avevano gli occhi lucidi. Poi Arya abbracciò Sansa e Brandon e saltò a cavallo, portando l’animale affianco a quello di Gendry.

Sansa si diresse verso il Mastino stringendo qualcosa fra le mani. “Ti sei dimostrato un alleato fedele di casa Stark” disse in tono solenne, “perciò io ti ricompenso con questo dono: una spada di acciaio di Valyria che potrai usare per affrontare i nostri nemici. Si chiama Signora Piangente...”

Il Mastino fece una smorfia. “Fanculo i nomi delle spade” disse prendendo l’arma in mano, “roba da ragazzine.” Poi sospirò. “Mi mancherai, uccelletto” disse in tono quasi affettuoso, “stammi bene.” Sansa annuì e il cavallo di Sandor Clegane si allontanò.

Le trombe suonarono e la colonna iniziò ad uscire dal portone. Sansa rimase ferma, senza piangere o mostrare segni di cedimento. Sembra una regina, realizzò Brienne con ammirazione. Arya si voltò un’ultima volta verso sua sorella, per poi lanciare il cavallo al galoppo dietro al resto del piccolo esercito. Il vento spazzava quella terra prostrata dalla desolazione e quegli uomini coraggiosi continuarono a cavalcare verso una battaglia quanto mai incerta.

Brienne non era sicura sarebbero tornati indietro.

 

Yara

 

Il Mare del Tramonto era agitato. Le onde facevano sbandare la Vento Nero pericolosamente e le navi più piccole rischiavano di rovesciarsi. Molti marinai si erano sentiti male, altri preferivano rimanere sottocoperta, ma Yara non aveva paura delle tempeste. Camminava sui ponti delle navi da quando aveva tre anni ed ormai non barcollava più. Il mare era la sua casa, l’unico luogo dove si sentisse davvero a proprio agio. Quando Daenerys le aveva dato il permesso di ritornare alle Isole di Ferro per riportare l’ordine dopo il malgoverno di Euron, Yara aveva accettato con entusiasmo. Non le interessavano più di tanto gli intrighi politici che avrebbero messo la Madre dei Draghi sul Trono di Spade e di certo non era intenzionata a combattere una guerra più del necessario. La Flotta di Ferro sarebbe arrivata ad Approdo del Re solo per chiudere l’assedio via mare, questo era l’accordo.

Yara era solo rimasta stupita dalla decisione di Daenerys di affidare le proprie navi a Theon. Il suo ruolo nella battaglia è stato determinante, pensava. Forse sarebbe stato giusto permettergli di ritornare a casa con me… Theon però era sembrato felice della scelta della regina e Yara non aveva insistito. Finalmente suo fratello si era ripreso e la sua determinazione in battaglia l’aveva alquanto colpita. Yara non l’avrebbe mai ammesso, ma era fiera di lui.

Avevano superato Lannisport, dove le navi degli Immacolati si erano separati dalla Flotta di Ferro, ed erano arrivati all’altezza di Kayce. Uno spruzzo d’acqua gelida colpì Yara in faccia e lei decise di ritornare al coperto. Si diresse verso la cabina di suo zio Aeron, ancora troppo debole per abbandonarla.

L’avevano trovato a bordo della Vittoria di Ferro, una delle navi di Euron ancorate al porto al momento della vittoria di Daenerys. Era rinchiuso ed incatenato, con in corpo i segni delle torture che Euron doveva avergli inflitto. Daanerys l’aveva fatto soccorrere da maestro Pylos ed aveva chiesto a Yara cosa dovesse farci con lui.

“Euron è stato una maledizione quanto per noi tanto per lui” aveva risposto Yara. “Con il tuo permesso riporterò mio zio alle Isole di Ferro: se deciderà di giurarmi fedeltà quale sua regina, lo lascerò vivere. Altrimenti gli staccherò la testa con la mia ascia.” Daenerys aveva annuito.

Ora Yara sperava di riuscire a parlare con suo zio, di capire magari quale situazione dovesse aspettarsi di trovare alle Isole di Ferro. Aeron stava visibilmente meglio e Yara lo trovò seduto sul letto. Chiuse la porta alle sue spalle e gli si avvicinò.

“Zio, vedo che stai riacquistando le forze…”

Aeron sospirò, ma non disse nulla.

Yara si sedette sulla sedia più vicina. “Senti” iniziò, “devo sapere cosa ti ha fatto Euron, come ha ridotto le nostre isole…”

Gli occhi di Aeron erano vacui. “Mi ha torturato” rispose con un filo di voce, “farneticava riguardo a un sacrificio, a qualcosa di grandioso. Diceva che il mondo stava per essere distrutto per poi venir forgiato nuovamente, più forte di prima…”

Yara iniziò a credere la follia di Euron fosse stata più grave del previsto. “Cos’altro diceva?”

“Che gli Estranei sono reali” proseguì Aeron, “e che solo lui avrebbe potuto fermarli, ma che ciò avrebbe richiesto fuoco e sangue.” Yara rabbrividì suo malgrado.

“Diceva di poter legare i draghi alla sua volontà” raccontò ancora Capelli Bagnati, “e che presto il mondo si sarebbe inginocchiato ai suoi piedi, riconoscendo la sua natura divina.”

Yara alzò gli occhi al cielo. “Era davvero un coglione” osservò sbuffando.

“Era un uomo pericoloso” disse Aeron tremando appena. “L’ho visto tagliare la lingua a molti dei prigionieri fatti a Porto Bianco, sono sorpreso tu sia ancora viva, Yara.”

Yara sollevò le sopracciglia. “Non è così facile uccidermi.” Poi si alzò in piedi. “Quando arriveremo alle Isole di Ferro” disse in tono autoritario, “mi concederai la corona che Daenerys Targryen mi ha promesso…”

Aeron era titubante. “Conosci la legge” obbiettò, “il sovrano può essere scelto solo dall’Acclam…”

“Conosco la legge bene almeno quanto te” lo interruppe Yara, “ma dove ci ha portato l’ultima Acclamazione? Ad eleggere Euron Greyjoy, che si è schierato dalla parte sbagliata provocando la morte di centinaia di Uomini di Ferro.” Aeron chinò i capo.

“Io sono la regina delle Isole di Ferro” concluse Yara, “e per il tuo bene, zio, ti invito a scegliere adesso da che parte stare.”

Uscì sbattendo la porta. Salì nuovamente sul ponte, godendosi l’aria che le sferzava il viso, e rimase a fissare immobile il mare finché il castello di Pyke non comparve a prua. Quel giorno stranamente il cielo era limpido e l’isola non sembrava avvolta dalla nebbia. Yara aiutò i mozzi a legare gli ormeggi e fu la prima a saltare sulla scialuppa. La barchetta ondegggiò un poco, ma Yara si tenne forte ed attese i rematori. Quando finalmente mise piede sulla spiaggia dagli scogli grigi incrostati di sale, si sentì a casa, molto più di quando suo padre era ancora vivo.

Scortata da tre uomini, raggiunse la folla di pescatori e nobili che si era radunata verso l’introterra. Sembravano tutti piuttosto sorpresi di vederla, alcuni apparivano anche spaventati. Yara sogghignò. Ora tutti quelli che hanno appoggiato Euron temono la mia vendetta, pensò soddisfatta. La loro paura è così divertente. Yara non aveva certo intenzione di giustiziarli, non tutti almeno, ma lasciare che il dubbio li corrodesse per un po’ era una punizione meravigliosa. I principali sostenitori di Euron l’avevano seguito a Roccia del Drago ed erano morti durante la battaglia, ma Yara era certa Occhio di Corvo avesse lasciato qualcuno a tutela delle Isole di Ferro mentre andava in guerra.

La folla si aprì, permettendo al corteo dei vincitori di passare. Yara raggiunse uno spiazzo pianeggiante e salì in piedi su un ceppo di albero tagliato. Si voltò poi a fronteggiare le molte facce che la guardavano. “Il vostro re è morto” disse ad alta voce, “ucciso dopo aver trascinato gli Uomini di Ferro in una battaglia suicida contro Daenerys Targaryen. Ora io chiedo a voi tutti: è questo l’operato di un buon re? Euron si è alleato con Cersei Lannister, la donna che ha fatto esplodere il Tempio di Baelor con l’Altofuoco causando la morte di decine di persone, per poi complottare contro di lei. Non gli sono mai interessate le Isole di Ferro, ci sputava sopra, ciò che voleva era il Trono di Spade e le vostre vite non erano nulla per lui: vi avrebbe sacrificati tutti se ciò fosse stato necessario per ottenerlo.”

Ci furono mormorii di sorpresa e Yara si chiese se quella stupida gente avesse creduto anche solo per un momento che Euron avrebbe fatto il bene del popolo. Alzò le mani. “Daenerys Targaryen sarà un’ottima regina dei Sette Regni” proseguì, “mio fratello Theon è anche rimasto con lei per occuparsi delle sue navi. Daenerys è pronta a concedere alle Isole di Ferro l’indipendenza dalla Corona, a patto che le nostre razzie cessino del tutto.” Yara fece una pausa. “E a patto che io diventi la vostra regina” concluse con un sorriso.

Molti esultarono, probabilmente la maggior parte, altri rimasero in silenzio. Yara vide suo zio Aeron restare in disparte. Almeno stavolta non si è intromesso con la sua Acclamazione, pensò scrollando le spalle. In molti iniziarono a urlare il suo nome, anche battendo le mani per farsi sentire.

Poi un uomo venne avanti. Era alto e possente, con una barba ispida ed occhi infossati. Yara lo riconobbe come Dunstan Drumm, lord di Vecchia Wyk, uno degli ultimi ad unirsi ad Euron.

“Chi dice che tu debba essere regina? Le Isole di Ferro non accettano donne sul Trono del Mare.”

Yara scese con un salto dal ceppo e fece cenno alle sue guardie di rimanere indietro. “Sono la figlia di Balon Greyjoy” rispose, “e l’unica qui con abbastanza cervello per poter sperare di combinare qualcosa di buono.”

Drumm sputò ai suoi piedi. “I Greyjoy hanno portato solo distruzione alle Isole di Ferro” disse con voce dura, “il tuo nome non significa un cazzo, è ora che una nuova dinastia prenda il controllo…” E sguainò la sua spada.

Yara la riconobbe subito: era Pioggia Rossa, la letale spada di acciaio di Valyria di casa Drumm. La sua scorta venne subito avanti, ma Yara ordinò loro di stare indietro. “Molto bene” disse con un sorriso, “faremo alla tua maniera, così che dopo che ti avrò ucciso nessuno si azzarderà a contestare la mia rivendicazione al Trono del Mare.”

Yara impugnò la sua ascia, mentre la folla si allargava per lasciare spazio ai due contendenti. Dunstan fece roteare la luna spada un paio di volte, per poi lanciarsi all’attacco. Yara conosceva la sua tattica: avrebbe colpito subito e con forza, ma ciò l’avrebbe indebolito più velocemente. Devo tenerlo occupato più a lungo possibile, decise, così da stancarlo.

Pioggia Rossa calò a pochi centimetri dalla sua spalla, ma Yara fece in tempo a scartare verso destra, la ghiaia che scricchiolava sotto i suoi stivali. Dunstan grugnì e sollevò nuovamente la spada, protendendosi in avanti. La lama incrociò il ferro dell’ascia di Yara, che tuttavia si vide costretta ad arretrare a causa della violenza del colpo. Si accorse di essere già umida di sudore. Drumm avanzò e menò un altro fendente, che Yara riuscì ancora una volta ad intercettare.

Non posso sperare di respingere i suoi attacchi per molto. Devo essere io a colpire.

Abbassandosi per evitare un altro colpo, rotolò a terra e colpì l’avversario alla coscia, sbilanciandolo. Dunstan grugnì e Yara vide che sanguinava. Tuttavia non era un taglio profondo, sicuramente non fatale. Pioggia Rossa si abbatté su di lei e Yara fece appena in tempo, in ginocchio com’era, a sollevare l’ascia. L’urto delle due armi le fece tremare tutto il corpo, ma concesse a Yara più tempo per pensare alla sua prossima mossa. Facendo forza sulle gambe, riuscì a sollevarsi un poco, allontanando la lama nemica dal suo viso.

Fu allora che con la mano sinistra estrasse lo stiletto e lo conficcò nella gamba sana di Drumm. Poi balzò all’indietro, tirandosi in piedi. La seconda ferita doveva aver fatto infuriare il suo avversario, perché ora avanzava più selvaggio che mai. Yara parò altri due colpi, prima che fosse ferita all’avambraccio destro. Il dolore le fece sfuggire l’ascia dalla mano e Dunstan calciò l’arma lontano con un ghigno. Yara fu abbastanza svelta da estrarre la propria spada, ma il suo metallo era scadente, soprattutto se paragonato a quello di Pioggia Rossa.

Yara sentì la sua spada piegarsi impercettibilmente sotto i ripetuti colpi dell’avversario e pregò il Dio Abissale di non farla spezzare. L’armatura la proteggeva da eventuali ferite al torace, ma la gola era scoperta e Yara sapeva che era lì che Dunstan mirava ogni suo attacco.

Fece un passo indietro e inciampò in una pietra che sporgeva dal terreno accidentato. Si protesse con la spada come meglio poté, ma Dunstan riuscì a ferirla alla gamba. Il dolore era cocente, ma Yara si impose di ignorarlo. In quel momento vide che ser Harras aveva recuperato la sua ascia. Si scambiarono un’occhiata in un frammento di secondo e Yara seppe che lui aveva capito. Si rimise in piedi, incurante del dolore alla gamba e al braccio e fronteggiò Drumm, che la osservava sarcastico.

“Il gioco finisce qui” disse lui crudele e partì alla carica.

Yara si costrinse a tenere lo sguardo sul nemico e, all’ultimo momento, fece cadere a terra la spada sollevando il braccio. Quando Pioggia Rossa calò, Yara si spostò di lato, afferrando il polso libero di Dunstan. Diede uno strattone con tutta la sua forza e gli fece perdere l’equilibrio per qualche secondo. Poi alzò lo sguardo. L’ascia stava roteando, volando dritta nella sua direzione a velocità sorprendente. Yara inspirò profondamente e si protese per afferrarla al volo. La sua mano si strinse con successo intorno al manico e Yara tirò a sé l’avversario, piantandogli l’ascia nel cranio. Il sangue zampillò immediatamente e Yara saltò indietro. Il corpo di Drumm cadde a terra con un tonfo sordo e la folla rimase silenziosa.

Con calma Yara pulì l’ascia sui pantaloni e si chinò a raccogliere Pioggia Rossa dalla mano inerte del cadavere. La sollevò in alto, in modo che tutti potessero vedere il suo trofeo. “Ho pagato il prezzo di ferro” urlò a tutti i presenti, “ed ora questa spada mi appartiene, le Isole di Ferro mi appartengono… Io sono la vostra regina!”

Questa volta tutti ruggirono la loro approvazione ed agitarono le proprie spade. Yara chiuse gli occhi e inspirò profondamente. Poi suo zio Aeron venne avanti, i capelli gocciolanti di acqua di mare e le mani strette intorno ad una corona di legno levigato. Era molto più bella di quella che era stata di Euron, con i rametti delicati intrecciati come esili gambi di fiori. Yara guardò suo zio, che annuì. Le posò la corona sul capo e Yara spinse i capelli dietro le orecchie. Quando sollevò lo sguardo, Aeron si inginocchiò ai suoi piedi, subito imitato da tutti i presenti.

“Lunga vita alla regina Yara! Yara! Yara! Yara!”

La nuova regina dal canto suo, si limitò a legare alla cintura la sua ascia e Pioggia Rossa, per poi sollevare la mano in cenno di saluto. La processione fino al palazzo fu grandiosa e, una volta che Yara ebbe potuto finalmente sedersi sul Trono del Mare, la regina decise che avrebbe rimandato tutte le questioni importanti al giorno dopo. Ordinò che fossero preparate le navi per la partenza per l’assedio di Approdo del Re e chiese di essere lasciata sola.

Quando fu l’unica rimasta nella sala, Yara scoppiò a ridere. Aveva visto suo padre sedersi sul quel trono ed aveva sognato il giorno in cui sarebbe finalmente spirato. Non era stato un buon re, aveva solamente indebolito le Isole di Ferro. La sua flotta però era stata forte, le navi ben progettate e robuste, ed ora era bruciata a Roccia del Drago o affondata chissà dove. Io renderò questa terra forte, promise Yara a sé stessa, nessuno oserà più ridere di noi.

La mattina dopo Aeron le chiese udienza urgentemente e Yara lo ammise alla sala del trono. Suo zio era pallido e sembrava trattenere qualche sconcertante rivelazione.

“Yara, stanotte ho avuto una visione…”

Yara represse l’istinto di alzare gli occhi al cielo. Bene, la nostra famiglia è completamente uscita fuori di senno.

Aeron fece un passo avanti. “Crederai che sono pazzo” disse come indovinando i suoi pensieri, “ma non è così: ascoltami…”

Yara inarcò le sopracciglia. “Cosa hai visto?”

“Ghiaccio che si frantumava” disse Aeron con voce di morte, “cadaveri che strisciavano ed uscivano dalle tompe. Ho visto un drago color smeraldo volare via da una città, ho visto un kraken tentare di afferrarlo con i suoi tentacoli, ma finire trafitto da frecce nemiche. C’era una spada rossa, un lago ghiacciato e un lupo enorme. Ho visto neve tingersi di rosso, un pugnale scuro che squarciava la notte, fuoco ovunque e le tenebre che avvolgevano questo mondo. Ho visto creature di ghiaccio e morte invadere una terra di neve e gelo.”

Yara era rabbrividita. “E tutto questo cosa significa?” chiese raddrizzando la schiena.

“Non è molto chiaro” ammise Aeron, “ma una cosa è certa: gli Estranei sono tornati e stanno minacciando il Nord.”

Yara avrebbe voluto che suo zio si stesse sbagliando, ma qualcosa le diceva che doveva credergli. “E cosa vuoi che faccia?” chiese irritata “Se anche fosse vero, cosa pensi potrei fare? Andare in aiuto di quella gente? Lo sai che ci odiano…”

“Se tutto questo è reale” insistette Aeron, “e gli Estranei stanno davvero attaccando, allora non ci sarà un posto sicuro, Yara. Nemmeno le Isole di Ferro potranno proteggerci.”

Yara si alzò in piedi. “Ho giurato fedeltà a Daenerys Targaryen” gli ricordò, “ho giurato che l’avrei aiutata a vincere la guerra contro Cersei e così farò.”

In quel momento le porte sbattereno ed entrò ser Harras Harlaw, trafelato e con un’espressione d’orrore in viso. Stringeva fra le mani una lettera e ansimava. “Vostra grazia” disse, “sono arrivate terribili notizie da Duskendale... Io non so cosa dire… Sono così sconvolto che…”

“Cosa hai saputo?” chiese Yara con angoscia.

Harras la guardò negli occhi. "Tuo fratello Theon è morto” mormorò, “da quello che Tristifer Botley scrive sarebbe stato ucciso con delle frecce da guerrieri dothraki durante un incidente con uno dei draghi. Mi dispiace molto, mia regina.”

Yara rimase immobile, assimilando la notizia. Mio fratello è morto, pensò tentando di stabilizzare il suo respiro, mio fratello è morto, è stato ucciso.

Aveva lasciato Theon sotto la protezione di Daenerys. “Sarà al sicuro con me” aveva detto la regina e Yara ci aveva creduto. E invece Theon era morto. I Dothraki sono sotto il controllo della regina, si disse mentre la rabbia la divorava. Se lei non è in grado di controllarli, non è adatta a governare i Sette Regni. La visione di Aeron era vera: il drago, le frecce, il kraken, tutto era così fottutamente reale.

Yara si passò una mano tremante fra i capelli, allontanandoli dal viso. Pensò a suo fratello, al modo in cui era cambiato, a come l’aveva supportata durante l’Acclamazione. Era stata dura, ma Yara era perfino riuscita a fargli capire che esisteva ancora qualcosa di buono nella sua vita. L’aveva seguita fino a Meeren, aveva combattuto a Porto Bianco e Roccia del Drago e mai una volta aveva ceduto al terrore. Yara fu colta dal rimorso per non essere stata più gentile con lui e non avergli davvero detto addio. “Ci rivedremo presto” aveva detto semplicemente quando si erano separati sul molo di Roccia del Drago. Non aveva nemmeno risposto al suo abbraccio.

Yara non aveva bisogno di una famiglia, ma si era sempre sentita disposta a qualsiasi cosa per proteggere coloro che amava. Eppure, per tutta la sua vita, non aveva mai davvero tenuto a qualcuno. Forse sua madre, ma era morta già da tanto tempo, troppo per poterla ricordare. I suoi fratelli maggiori erano stati fatti a pezzi quando era solo una bambina e suo padre era sempre stato scontroso, troppo perché lei potesse affezionarglisi. Theon era l’eccezione. Yara non aveva mai capito se ciò che provava per lui fosse amore fraterno, semplice compassione, disgusto viscerale o odio, almeno fino a quel momento. Yara pensò con amarezza che il vero valore di ciò che si ha lo si comprende solamente nel momento in cui lo si perde.

Theon voleva vivere, pensò, il rimorso che lasciava spazio all’ira, e quei bastardi non gliel’hanno permesso. Ho sbagliato a fidarmi di Daenerys Targaryen, non commetterò ancora una volta questo errore.

Voltò le spalle a ser Harras ed Aeron. “Ser Harras?” chiamò con voce atona.

“Sì, vostra grazia?”

“Scrivi a Tristifer e digli di abbandonare immediatamente Duskendale con tutti i suoi uomini e con il corpo di mio fratello” ordinò, “e di ritornare alle Isole di Ferro. Inoltre voglio che i marinai siano pronti: si salpa domani mattina all'alba.”

“Per Duskendale o Approdo del Re?”

Yara si voltò appena verso di lui. “Per Lancia di Sale” rispose asciutta e vide la confusione negli occhi del Cavaliere.

“Ma, vostra grazia” obbiettò Harras, “vuoi portare i tuoi uomini nel Nord?”

Yara sorrise, incrociando le braccia davanti al petto. “Esatto. Andiamo a dare una mano ai nostri adorati nemici.”

 

Bran

 

La sedia a rotelle funzionava a meraviglia. Maestro Wolkan aveva dato istruzioni precise ai falegnami, perfino riguardo al tipo di legno da utilizzare. Bran la trovava sorprendentemente comoda, soprattutto se foderata di soffici cuscini. Era la cosa migliore avesse mai provato da quando erano partiti per il viaggio oltre la Barriera, eppure Bran aveva nostalgia di Ballerina e della sella speciale disegnata da Tyrion Lannister. Sorrise al ricordo: sembravano passati secoli da quei giorni, Robb all’epoca non era ancora partito per la guerra e loro padre era Primo Cavaliere del re. Ma ricordare tutto ciò che era stato rendeva il presente solo più spiacevole.

Quella mattina avevano salutato Arya e gli altri soldati che partivano per Ultimo Focolare. Sansa non aveva pianto, ma Bran sapeva che era distrutta. Meera se l’era presa con lui, dicendogli che non avrebbe dovuto favorire la decisione di Arya di partire.

“Hai davvero dato il tuo assenso a mandare tua sorella in guerra?!” gli aveva chiesto quando erano rimasti soli “Sai meglio di me quanto sia pericoloso…”

Bran aveva annuito stancamente. “Certo che lo so” aveva replicato, “ma il compito di Arya non è quello di rimanere qui a non fare nulla…”

Meera gli aveva lanciato un’occhiataccia, una di quelle che facevano sentire Bran in colpa. “E tu che ne vuoi sapere di quale sia il suo compito?” aveva chiesto in tono accusatorio “Solo perché ora sei il Corvo con Tre Occhi, Bran, ciò non vuol dire che tu ti debba innalzare al di sopra di tutti… Non è giusto nei confronti di lady Sansa!”

“Il compito di Sansa è quello di organizzare la difesa di Grande Inverno” aveva osservato Bran. “Arya non era di alcuna utilità qua.”

Meera aveva messo le mani sui fianchi. “Ah è così?” aveva chiesto arrabbiata “Allora dato che neanch’io servo a niente qui, magari decido di andarmene in guerra!”

Bran l’aveva guardata. “Il tuo posto è al mio fianco” aveva detto con calma, “ho bisogno del tuo aiuto…”

“Allora smettila di comportarti come se fossi il centro del mondo!” aveva esclamato Meera stizzita e aveva lasciato la stanza.

Ora, sulla sua sedia a rotelle nuova di zecca, Bran ripensava a quelle parole. Non sopportava vedere Meera arrabbiata, ma molto probabilmente lei aveva frainteso. Bran sapeva che il posto di Arya non era a Grande Inverno, non ancora almeno. Lo sapeva e basta. Doveva essere lasciata libera di fare le proprie scelte, proprio come Bran quando aveva deciso di rincorrere il proprio destino verso l’ignoto. In un modo o nell’altro, il fato avrebbe sempre trionfato ed era futile tentare di evitarlo. La storia di Hodor ne era la prova. Bran non voleva comportarsi in un modo piuttosto che in un altro, semplicemente faceva quello che riteneva giusto. E allora perché Meera non riusciva a capire?

Pranzarono in silenzio, tutti seduti al lungo tavolo di legno che faceva parte dell’esistenza di Bran da quando aveva memoria. Nessuno sembrava in vena di parlare, soprattutto Meera, che non alzava gli occhi dal piatto.

A un certo punto Davos, che Bran aveva saputo essere il principale consigliere di Jon, osò rompere quel silenzio. “Quanto credete impiegheranno per raggiungere Ultimo Focolare?” Bran non ne aveva idea, così non parlò.

“Un pomeriggio” rispose Sansa con voce atona, “se le condizioni sono ottimali.” Davos aggrottò la fronte.

“Pensi ci siano possibilità di respingere questi Estranei, lady Sansa?” chiese allora Brienne.

Sansa lasciò cadere la forchetta nel piatto con troppa veemenza. “Non lo so, Brienne, non lo so!” esclamò irritata “Non ho mai visto gli Estranei, non ho mai visto i non-morti, non ho mai neppure assistito davvero a una battaglia… Lasciami in pace, ti prego.” Brienne sembrava sconvolta da una simile reazione e anche Davos appariva a disagio. Podrick si limitò a concentrarsi sul proprio pasto.

Poi Sansa sospirò. “Devi perdonarmi” disse rivolta a Brienne, “sono molto stanca e non so quello che dico…”

“Non devi scusarti” si affrettò a dire Brienne, “siamo tutti sconvolti…”

Sansa appoggiò le mani sul tavolo. “Credo abbiamo delle possibilità” replicò, “ma tutto dipende dalla strategia che adotteranno a Ultimo Focolare.”

“Le strategie non servono contro gli Estranei” non poté trattnersi dal dire Bran. “Loro attaccano e basta, ma mandano avanti sempre i loro non-morti per primi.” Indicò Meera. “Lei ha ucciso un Estraneo” disse in tono orgoglioso.

“Complimenti, mia signora” si congratulò Davos, “ora il numero di Estranei uccisi sale a tre…”

Bran sapeva che il primo ad uccidere un Estraneo era stato Samwell Tarly, il confratello dei Guardiani che aveva incontrato al Forte della Notte. Ricordò di non averlo visto al Castello Nero e si chiese se fosse ancora vivo. Ci furono attimi di silenzio in cui tutti si dedicarono al pranzo.

“Quanti sono gli Estranei?” chiese poi Podrick a nessuno in particolare.

“Non lo so con esattezza” rispose Bran sbirciando Meera, “ma non troppi: forse un centinaio massimo, ma credo più probabile una cinquantina.”

“Il problema sono i non-morti” proseguì Meera. “Ce ne sono più di centomila e ogni nostro morto diventa un’arma nelle mani degli Estranei. I non-morti non pensano, ucciderebbero anche i loro cari, e possono essere distrutti definitivamente solo dal fuoco.” Podrick annuì, gli occhi grandi di agitazione.

“Tu sei la figlia di Howland Reed, giusto?” chiese improvvisamente Sansa e Meera annuì “Non riesco a mettermi in contatto con tuo padre, qual è il motivo secondo te? I corvi non tornano mai indietro…”

Meera cambiò posizione sula sedia. “Torre delle Acque Grigie non è facile da trovare” spiegò. “E' costruita su una piccola isola artificiale e si muove nella nebbia. La leggenda dice che solo il destino può portare gli stranieri a trovarla. E’ normale i corvi non riescano a raggiungerla, però se vuoi posso aiutarti e recapitare un messaggio a mio padre…”

Sansa le sorrise. “Sei molto gentile” la ringraziò educata. Poi si alzò in piedi. “Dovete scusarmi” disse, “devo andare a parlare con lord Manderly riguardo alla sicurezza di Porto Bianco. Ser Davos, vuoi accompagnarmi?”

Davos quasi si strozzò con il vino che stava bevendo. “Certo, mia signora” rispose subito seguendola fuori dalla sala. Bran sospirò e continuò a mangiare.

“La tua Sorella Oscura è meravigliosa” osservò Brienne rivolta a Meera, “sai usarla?”

Meera la fissò incerta. “No” ammise poi, “sono un’arciera, non una spadaccina.”

Brienne sorrise. “Allora dovresti imparare, non credi?” chiese gentile “Vuoi allenarti con me e Pod?”

Meera guardò Bran. “No, non posso” disse in fretta, “devo aiutare Bran a…”

“Tranquilla” la rassicurò lui, “con questa sedia a rotelle posso spostarmi da solo e in caso di bisogno c’è sempre maestro Wolkan…” Meera non sembrava convinta.

“Avanti, mia signora” disse Podrick in tono incoraggiante. “Brienne è la migliore con la spada: è riuscita a insegnare perfino a me!”

Brienne fece una smorfia. “Spero solo lady Meera sia meno goffa di te.”

Meera rise. “D’accordo” assentì, “ma non voglio che mi chiamate mia signora o lady, solo Meera.”

Brienne annuì. “Forza” disse alzandosi, “andiamo nel cortile davanti all’armeria, credo che per iniziare sia meglio utilizzare spade da addestramento.”

Meera iniziò a spingere la sedia a rotelle di Bran. “Vuoi che ti porti da qualche parte in particolare?” chiese e Bran scosse la testa. “Voglio vedervi mentre combattete” rispose e Meera non disse nulla. Posizionò la sedia all’ombra di un albero e si assicurò che le gambe di Bran fossero ben coperte. Nonostante non volesse essere trattato come un neonato, Bran amava quelle premure.

Brienne era tornata indietro dall’armeria e porse le spade a Podrick e Meera, che approfittò della pausa per legarsi i capelli all’indietro. “Ora proverete ad attaccarmi insieme” disse Brienne impugnando la spada a due mani. “Vi conviene collaborare e non dimenticate la difesa…”

Meera e Podrick si guardarono per un momento. Podrick attaccò per primo, riuscendo a tenere impegnata Brienne per qualche secondo. Meera continuava a essere indecisa riguardo alla mano con cui impugnare l’arma e, quando ebbe optato per la destra, si lanciò in avanti. Era evidente non avesse alcuna idea di quello che stava facendo e i suoi movimenti erano scoordinati. Brienne la colpì non eccessivamente forte sulla spalla e Meera cadde a terra.

“Se non hai uno scudo” disse Brienne aiutandola ad alzarsi, “devi imparare a difenderti con la sola spada. Tienila alta e in orizzontale, così da poter bloccare i colpi del tuo avversario.”

“Ma Sorella Oscura è più corta della tua” osservò Meera perplessa.

“E’ vero” replicò Brienne, “ma entrambe sono di acciaio di Valyria: in un vero combattimento non si spezzeranno.”

“La mia lo farebbe però” borbottò Pocrick afflitto e le due donne risero.

“Di nuovo” disse poi Brienne e Meera tornò in posizione, stavolta la sua presa più decisa sull’impugnatura della spada.

Bran li osservava senza parlare e fu quasi soffocato dai ricordi. In quello stesso cortile aveva sfidato e battuto il principe Tommen durante la visita di Robert Baratheon a Grande Inverno. L’aveva mandato a sedere nella polvere e ser Rodrick aveva lodato la sua bravura. In quel luogo aveva visto Jon e Robb affrontarsi da quando era abbastanza grande da poter camminare. Ricordava il suono delle spade, le loro risate, le grida di Sansa quando sua sorella le tirava i capelli, le suppliche di Arya per poter imparare a combattere, le folli corse di Rickon giù per le scale, il sorriso di suo madre e lo sguardo orgoglioso di suo padre.Tutto questo era stato prima della caduta.

Bran sospirò e, poggiando le mani sulle ruote della sedia a rotelle, la fece girare. Tutti i suoi sogni si erano infranti, la sua vita non contava più nulla. Era il Corvo con Tre Occhi e l’unica cosa che riusciva a fare era avere delle stupide visioni. Non era quello che voleva. Chiuse gli occhi, ascoltando i gridolini di Meera. In quel momento sarebbe voluto essere al suo fianco, a ridere e divertirsi nonostante gli Estranei minacciassero di spazzare via tutto. Avrebbe voluto abbracciarla, dirle quanto fosse importante per lui, che l’avrebbe sempre protetta. Invece non era capace nemmeno di badare a sé stesso. Mi dispiace, Meera, pensò sentendo un peso sul cuore. Non posso rappresentare per te ciò che tu sei per me. Voleva solo quel tormento finisse, in qualunque modo.

Notò di essere entrato nel Parco degli Dei, che era silenzioso come al solito. Bran si guardò diffidente intorno: sembrava solo. Spinse la sedia a rotelle fino all’Albero del Cuore e vi accostò titubante la mano. E’ questo che posso fare, pensò convinto. Solo così riuscirò a rendermi utile. Quando la mano toccò il tronco, Bran sentì il suo corpo gelare e fu avvolto dall’oscurità. Si ritrovò nella stessa radura dei sogni, con i Figli della Foresta che lo fissavano curiosi.

Bran andò loro incontro. “Il Re della Notte l’ha usato” disse con amarezza, “il Corno di Joramun…”

Un Figlio della Foresta annuì. “Lo sappiamo. La Barriera è crollata. Gli Uomini hanno perso, Brandon Stark.”

Bran scosse la testa. “Non ancora” obbiettò. “Combatteremo fino alla fine: abbiamo delle armi per sconfiggere gli Estranei.”

Il Figlio lo guardò con compassione. “Non serviranno contro il Re della Notte” disse in tono tetro, “nulla può contro di lui…” Bran rabbrividì e decise di cambiare discorso. “Voi dove vivete?” chiese inginocchiandosi nell’erba “Qui non c’è neve…”

I Figli si fissarono. “Viviamo su quella che chiamate Isola dei Volti” rispose uno di loro, “protetti dagli Uomini Verdi.”

Allora Meera aveva ragione, pensò Bran sorridendo. I Figli della Foresta non si sono ancora estinti. “Voi conoscete gli Estranei” disse. “Forse se riuscissi a venire ad incontrarvi…”

“Non puoi!” esclamò un altro dei Figli con gli occhi sgranati “L’ultima volta che abbiamo permesso a degli umani di camminare fra quest alberi, gli Estranei si sono risvegliati e voi uomini vi siete messi a combattere fra di voi.”

“Eppure non potevamo mandarli via” continuò un Figlio che doveva essere un esemplare femmina, “sono venuti per sposarsi sotto gli alberi sacri.”

All’improvviso Bran capì perché quella radura gli sembrava così familiare: era il luogo del matrimonio di Rhaegar e Lyanna. Perché sarebbero dovuti arrivare sull’isola? pensò Bran esterrefatto Possibile stessero solo cercando un luogo nascosto?

Uno dei Figli della Foresta si era avvicinato. “Gliel’abbiamo detto” mormorò triste. “Abbiamo detto loro che avrebbero causato morte e distruzione, ma non ci hanno voluto ascoltare…”

Un altro si fece avanti. “Tu sei il Corvo con Tre Occhi, giusto?” chiese e Bran annuì “Devi stare attento, tutto dipende da te ora. Noi lo conoscevamo, il Corvo con Tre Occhi che era prima di te…” Bran era rimasto a bocca aperta.

“Lo conoscevamo prima che partisse per la Barriera” aggiunse un altro, “era un uomo così impetuoso, con quella sua spada nera, Sorella Oscura la chiamava…” Bran tentò di ricordare quello che Arya aveva detto a proposito della spada.

“Diceva di essere figlio di un re e di chiamarsi Corvo di Sangue.”

Bran sgranò gli occhi. Brynden Rivers! pensò folgorato dalla rivelazione Il Corvo con Tre Occhi era Brynden Rivers, ecco perché Sorella Oscura era in quella caverna…

La scena sfumò e Bran si ritrovò di nuovo nella sala del Trono di Approdo del Re. Vide una regina vestita di nero sedere sul Trono di Spade e urlare qualcosa che tuttavia non comprese. Poi le immagini divennero confuse e presero a scorrergli davanti agli occhi veloci. Vide una torre avvolta dalla nebbia e un uomo affacciato alla finestra. Vide l’Altofuoco distruggere il Tempio di Baelor, vide un ragazzo e un uomo affrontarsi in combattimento sotto le mura di una città. Vide Rhaegar cadere nelle acque del Tridente, i rubini che schizzavano via dalla sua armatura, e mormorare il nome della donna che amava. Vide Lyanna nel suo letto di sangue, mentre cantava con voce morente una strana melodia di ghiaccio e fuoco a suo figlio. Poi vide una ragazza scrivere in fretta un breve messaggio e lanciare un corvo dalla finestra della Torre della Gioia. Vide l’acqua ribollire di sangue e una spada accendersi nel fuoco.

Poi udì il ruggito del drago.

Era a terra nella neve, le sue scaglie candide intrise di sangue ed il corpo in agonia. Era circondato da non-morti e non sembrava capace di sputare fuoco. Bran rimase immobile mentre osservava con orrore il Re della Notte avvicinarsi alla bestia. Quando estrasse la sua arma, Bran avrebbe voluto urlare, ma riuscì fortunatamente a trattenersi. Il Re della Notte sollevò la falce di ghiaccio e colpì. Il suono che seguì costrinse Bran a tapparsi le orecchie, le lacrime che minacciavano di tradirlo. Strinse gli occhi e rimase là tremante e paralizzato dal terrore. Quando osò aprire gli occhi, rischiò di cadere a terra per lo spavento.

Gli occhi del drago erano blu e ben aperti e le sue ali nuovamente spiegate. Il suo repiro era gelido e Bran lo vide congelare il gruppo di non-morti più vicini. Il drago ruggì nuovamente, stavolta come cupo avvertimento, e lo sguardo del Re della Notte incontrò quello di Bran. Fu allora che lui ritornò in sé.

Meera era al suo fianco e sembrava terrorizzata. “Bran” disse con voce concitata, “che ti succede?”

Bran sentiva sudore freddo bagnargli la schiena. “I-il drago” balbettò senza il fiato, il cuore che batteva all’impazzata per il panico, “quello che ci aveva salvati… E’ stato ucciso dagli Estranei… Meera, lui è, lui è uno di loro ora... Sputa ghiaccio, come facciamo a sconfiggere un drago?” Bran sentiva di star sentendosi male. “Non ce la faremo mai” disse ansimando e quasi piangendo, “è tutto perduto… Un drago, come potremmo mai…”

Meera lo schiaffeggiò forte. “BASTA!” urlò e Bran ammutolitì. “Ti comporti come un ragazzino” proseguì lei. “Tua sorella e tanti altri sono andati là a fronteggiare questo nemico e tu stai qui a piangere?! Li credi spacciati? Sei sicuro della loro morte?”

Bran al fissò incredulo. “No!”

“Allora smettila di parlare come avessimo già perso, dobbiamo ancora combattere…”

“Ma hanno un drago…”

“E allora distruggeremo anche il loro drago” disse Meera convinta, “sarà solo più diffcile.” Si alzò in piedi. “Ti avverto, Brandon Stark” disse in tono minaccioso, “se ti comporterai ancora così, giuro che ti lascerò qui e me ne tornerò a casa.”

Bran si sforzò di sorridere. “Non lo farò” promise a bassa voce.

In quel momento sopraggiunse ser Davos. “Eccovi, siete qui” disse piuttosto imbarazzato di averli trovati da soli. “Venite, ci sono nuovi arrivi a Grande Inverno…”

Bran aggrottò la fronte: che Jon fosse finalmente tornato? Meera spinse la carrozzella fino al portone, dove trovarono anche Sansa, Brienne e Podrick. Brienne sorrideva ai nuovi arrivati, come si salutava un vecchio amico. Bran sentì Meera sussultare. Era una coppia a essere arrivata a Grande Inverno. La ragazza era bruna e coperta di pellicce, mentre il ragazzo aveva la barba scura ed era abbastanza grasso. Bran sorrise quando la coppia si fece avanti per rendere omaggio a Sansa.

“Piacere di conoscerti, mia signora, io sono Samwell Tarly.”

 

Cersei

 

Jaime era venuto nelle sue stanze per affrontarla. Cersei lo vedeva lì in piedi, con la mano d’oro abbandonata lungo il fianco e quella sua aria contrariata.

La regina sospirò. “Se devi dire qualcosa dillo in fretta” lo avvertì impaziente.

Jaime fece un passo verso di lei. “Hanno preso Castel Granito” disse come se Cersei non ne fosse già a conoscenza, “io ti avevo avvertito, i…”

“Era la soluzione migliore” lo interruppe Cersei, “ora l’esercito protegge Approdo del Re.”

“Abbiamo abbandonato la nostra terra” osservò Jaime corrugando la fronte, “abbiamo tradito la fiducia dei nostri alfieri…”

“La maggior parte ancora ci sostiene.”

“Ma molti sono passati dalla parte di Daenerys” ribatté Jaime, “e non me la sento certo di biasimarli…”

Cersei alzò gli occhi al cielo. “Non abbiamo bisogno di loro, Jaime” disse tranquilla, “noi siamo leoni.”

“I leoni lavorano in branco” osservò Jaime, “e noi non abbiamo più alleati.”

“Abbiamo un esercito.”

Jaime scosse la testa. “Un esercito che non è neanche la metà di quello della Regina dei Draghi” disse con amarezza. “Come possiamo sperare di sconfiggerla?”

Cersei si alzò dalla poltrona. “Qyburn voleva parlarmi” disse cambiando argomento, “dice di avere delle notzie importanti.”

Jaime inclinò la testa. “Mi permetterai di venire con te?” chiese con una punta d’ironia nella voce che a Cersei non piacque affatto.

“Solo se ci risparmierai i tuoi commenti inutili” ribatté lei freddamente prima di uscire dalla camera. Salutò ser Gregor e gli chiese di seguirla. Non si voltò a controllare se Jaime fosse o meno dietro di lei. La caduta di Castel Granito era stata opera di Tyrion, di questo Cersei ne era sicura, solo lui avrebbe potuto condurre un esercito in quella missione.

“La Roccia è inespugnabile se non si conoscono i suoi segreti” diceva sempre loro padre, “e i suoi segreti sono il tesoro dei Lannister.”

E ora Tyrion aveva venduto quel tesoro a una puttana straniera. Cersei si impose di mantenere la calma. Forse è morto nella battaglia, pensò speranzosa, forse è rimasto finalmente ucciso. Il ghigno malefico di Tyrion continuava tuttavia a perseguitarla. Cersei si portò d’istinto le mani alla gola, come a volerla proteggere. Le parole di Maggy la Rana la tormentavano nel sonno, quella parola ripetuta allinfinito: valonqar, fratellino.

Cersei scosse la testa, tenendo a bada l’isteria. No, non glielo permetterò, si disse ansimando. Non si avvicinerà a me… Ricordò le urla di Melara Hetherspoon mentre Cersei la spingeva in quel freddo pozzo di Castel Granito. All’epoca voleva che la profezia si avverasse, voleva la sua corona di regina, e non aveva esitato ad uccidere la sua amica perché ciò avvenisse.

La strega aveva predetto che Melara sarebbe morta annegata in un pozzo in giovane età, ricordò Cersei, e io ero terrorizzata dall’idea che ciò potesse non avverarsi. Non provava rimorso per quello che aveva fatto, in fondo si era limitata ad obbedire alla profezia. E tutto il resto si era compiuto, ogni tassello era andato al proprio posto. Cersei aveva odiato e al tempo stesso temuto Tyrion per tutta la vita, ma ora era decisa a non permettere alla profezia di avverarsi, a qualunque costo.

Raggiunsero le stanze del Primo Cavaliere e trovarono Qyburn seduto al tavolo intento a leggere delle carte. Subito si alzò in piedi, chinando il capo. “Mia regina” la salutò e Cersei gli fece cenno di risedersi. Prese posto dall’altra parte del tavolo e si versò il vino. Presto furono raggiunti da Jaime, che si sedette dal lato di Qyburn.

“Bene” iniziò Cersei, “quali sono queste novità?”

Qyburn posò le mani sul tavolo. “Sembra che Daenerys non sia più in grado di controllare il suo esercito” spiegò, “e ha perso il supporto di molti dei suoi alleati. Al momento, da quanto i miei uccelletti riferiscono, può contare solamente sull’esercito di Dorne: gli altri si sono ammutinati o risultano impegnati in altre missioni.”

“Dove si trova in questo momento la ragazzina?” chiese Cersei desiderosa di sfruttare a proprio vantaggio la situazione.

“A Duskendale, vostra grazia.”

Cersei rise. “A visitare le celle in cui è stato imprigionato suo padre?” chiese sarcastica “Sta perdendo troppo tempo…”

“Credo abbia una strategia” si intromise Jaime. “Vorrà colpire Approdo del Re quando sarà al massimo della forza.”

“Sta cercando di ottenere la fedeltà dei lord di queste terre, vostra grazia” disse Qyburn. “Gli Stokeworth sono passati dalla sua parte e credo anche i Rosby.”

“I loro eserciti sono patetici” ribatté Cersei. “Non ci daranno fastidio.”

“Sono sempre nuovi nemici da aggiungere alle fila di quelli che abbiamo già” osservò Jaime scettico, “e Daenerys ha anche tre draghi, non dimenticartelo.”

“Su questo credo possiamo rallegrarci” intervenne Qyburn, “sembra che uno dei draghi sia scomparso, mentre un altro è stato rubato…”

Jaime era incredulo. “Rubato?!” ripeté “E da chi?”

“Non lo so, mio signore” rispose Qyburn “Ma nessuno può sperare di controllare quelle bestiacce, quindi chiunque sia stato non ci darà problemi.”

“In ogni caso dovremmo preparare la città per un assedio” insistette Jaime, “rinforzare le mura e…”

“Non credo ci sarà il tempo, mio signore” obbiettò Qyburn e Cersei si voltò a guardarlo. “Garth Hightower marcia su Approdo del Re insieme all’esercito che era di Olenna Tyrell. Si è ribellato a Daenerys Targaryen e sta cercando vendetta per la sua famiglia.” Cersei sbuffò irritata.

“Di quanti uomini è composto il suo esercito?” si informò Jaime.

Qyburn aggrottò le sopracciglia. “Non più di ventimila suppongo.”

“I Dothraki sono con lui?”

Qyburn scosse la testa. “I selvaggi sono rimasti a radere al suolo qualche villaggio nell’Ovest” replicò. “Anche loro sembrano sfuggiti alle redini di Daenerys.”

Cersei annuì. “Perfetto” disse alzandosi, “vorrà dire che porteremo il nostro esercito fuori ad affrontare quello di Garth Hightower e lo distruggeremo.”

Jaime sgranò gli occhi. “Cersei, è una follia! Perderemmo troppi uomini e non potremmo difenderci all’arrivo di Daenerys.”

Cersei lo guardò con sufficienza. Non gli avevo detto di risparmiarmi i suoi stupidi commenti? “Credi sia meglio lasciare che Garth assedi Approdo del Re?” chiese aggressiva “Così da ridurci alla fame prima ancora dell’attacco di quella ragazzina? Così che stremati non potremmo mai difenderci? A volte mi chiedo da che parte stai, Jaime.”

Suo fratello sembrava ferito da quell’accusa, ma Cersei era stufa della sua stupidità. La sua incapacità mi ha già fatto perdere l’Altopiano, pensò irata. Stavolta deciderò io.

Si alzò in piedi. “Ho preso la mia decisione” disse in tono che non ammetteva repliche. “Jaime, tu porterai il mio esercito fuori dalle mura e incontrerai quello di ser Garth in battaglia. E vedi bene di vincere questa volta e di punire quei traditori: non voglio sia mostrata nei loro confronti alcuna pietà.”

Jaime sembrava provato. “Cersei, io…” iniziò con voce debole.

“Miei signori” lo interruppe gelida la regina ed uscì dalla stanza senza voltarsi indietro.



                                               "Il peggior dolore che un uomo può soffrire: avere comprensione su molte cose e potere su nessuna."




N.D.A.

Eccomi!!! Perdonate questo mostruoso ritardo!!! Ho dovuto studiare tantissimo in questo periodo pre-natalizio e non ho avuto un attimo per respirare e sistemare questo capitolo. Vi prego tutti di perdonarmi, proverò a essere più puntuale ^_^

Dire che questo capitolo sia di passaggio è dire veramente poco XD XD XD Il prossimo sarà molto più intenso. Per ora si sta solamente preparando la scacchiera e vari esercito sono inviati: spero non abbiate perso il conto ^_^''''''
Dany perde alleati a vista d'occhio: sarà in grado di vedere i suoi errori e sistemare le cose?
E le spade di acciaio di Valyria sembrano spuntare come funghi XD XD XD in realtà sono tutte spade che già esistono nell'universo di Martin, non ho inventato nulla ^_^ che il Corvo con tre occhi fosse Brynden Rivers è una teoria piuttosto accreditata (praticamente confermata nei libri), così come il fatto che abbia conservato Sorella Oscura.

E' strano postare un capitolo in cui né Jon né Daenerys compaiono XD XD XD ma torneranno presto!

Come al solito ringrazio i miei fedelissimi: __Starlight__, GiorgiaXX e Red_Heart96. E un grazie anche a tutti coloro che hanno inserito la storia tra le preferite, seguite e ricordate: spero davvero vorrete prima o poi lasciare un commento ^_^

Mi scuso con tutti coloro a cui sto recensendo le storie. So di essere scomparsa per troppo tempo e spero vivamente di tornare in carreggiata il più presto possibile :-)

Gli aggiornamenti torneranno regolari ogni due settimane il sabato. Quindi ne approfitto ora che posso per farvi tantissimi auguri di buon Natale! Vi auguro di trascorrere delle splendide vacanze!


NB: tornano le citazioni colte, stavolta con Erodoto. La trovo perfetta per descrivere ciò che deve sentire Bran che conosce più di tutti e resta comunque il più impotente quando il male accade.










 

   
 
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