Dark Sister
Brienne
Quando Arya Stark era
corsa via,
tutti l’avevano seguita con lo sguardo stupefatti. Quel ragazzo di nome
Gendry
sembrava mortificato.
“Non so cosa le sia
preso” si scusò Sansa imbarazzata,
“vado a vedere…”
“Chiedo scusa, mia
signora” intervenne Gendry, “posso andare a
parlarle? Credo io le debba delle scuse...”
Sansa lo squadrò per
un attimo.
“D’accordo” assentì poi. “Podrick ti porterà alla stanza di Arya…”
Gendry
ringraziò e seguì Podrick dentro il castello. Brienne pensò che forse
lui e
Arya si erano conosciuti durante i pellegrinaggi della ragazza. Tornò a
guardare Davos, che le sorrise.
“Sono felice di
vedere che stai bene, mia
signora” disse il Cavaliere delle Cipolle, “ero certo saresti riuscita
a
trovare un modo per ritornare da lady Sansa. E’ stato un lungo
viaggio?”
Brienne trattenne una
risatina. “Più di quanto immagini” rispose, “ero salita
per sbaglio su una nave per Vecchia Città…”
Davos sgranò gli
occhi. “Per i
Sette Inferi!” esclamò incredulo “E’ stato un viaggio pazzesco…”
Brienne annuì.
Davos allargò le
braccia e si rivolse a Sansa. “Come vedi, mia signora” disse,
“ora hai seimila uomini in più per sedare la rivolta… E’ stato Baliesh
a
causarla?”
Sansa aggrottò la
fronte. “Ditocorto è morto” disse. “Io e Arya
l’abbiamo giustiziato per tradimento: la ribellione di cui parli è
stata
gestita con successo già qualche giorno fa. Tuttavia ora che la
Barriera è
crollata il vostro aiuto sarà più necessario che mai…”
“La Barriera è crollata?” chiese Davos sconvolto “Com’è
possibile?”
“Pensavo lo sapessi”
intervenne Tormund, “non è per questo che sei
qui?”
Davos scosse la
testa, ancora esterrefatto. “Come ho detto avevamo avuto
notizie di una rivolta” replicò, “non certo del crollo della Barriera…”
Si guardò le scarpe. “Mia signora” continuò guardando Sansa,
“l’esercito delle
Terre della Tempesta è sotto il comando di Gendry, ma sono certo
deciderà di
rimanere per affrontare i morti.”
Brienne non poté
reprimere un brivido di
paura. Non aveva mai visto l’esercito degli Estranei che tutti dicevano
si stesse
muovendo alla conquista di Westeros, ma ne aveva sentito parlare. Davos
le
aveva raccontato storie in tono appassionato, ma nemmeno lui poteva
vantare un
incontro ravvicinato con i nemici di ghiaccio. Jon Snow aveva ucciso un
Estraneo, da quello che si sentiva dire in giro, ma era partito prima
che
Brienne potesse chiederglielo. Certo, Tormund non sembrava aspettare
altro che
trovare il momento per raccontarle una storia del genere, ma Brienne
era
risoluta a mantenere le distanze.
Sansa annuì. “Molto
bene” disse, “tu e lord
Gendry potrete essere ospitati nel castello, troveremo due camere
libere, ma
tutti gli altri soldati e lord dovranno tornare all’accampamento o
recarsi a
Città dell’Inverno.” Davos annuì.
“Adesso torniamo
dentro” continuò Sansa, “e
troviamo un posto più opportuno per discutere.” Davos corse ad
avvertire i lord
alle sue spalle, per poi seguire Brienne, Sansa e Tormund dentro le
mura di
Grande Inverno. Brienne se lo ritrovò presto al suo fianco e fu con
sorpresa
che vide che le stava porgendo Giuramento.
“Questa è tua” disse
Davos,
“Daenerys ha acconsentito a restituirtela…”
Brienne prese in mano
la spada con
un sorriso e i suoi pensieri corsero inevitabilmente a Jaime. “Grazie”
sussurrò
sistemandola nel fodero, “cosa è successo su Roccia del Drago?”
Davos fece una
smorfia. “Forse la Madre dei Draghi non è così terribile come
pensavamo”
confidò a bassa voce, “forse addirittura ci verrà in soccorso ora che
la Grande
Guerra è comincita. Diamine, ancora non ci posso credere che la
Barriera sia
crollata…”
“Nemmeno io” replicò
Brienne con amarezza. Poi si ricordò di una
cosa. “Davos, tutti i lord della Tempesta sono qui?”
Il Cavaliere
delle Cipolle rifletté un attimo. “Non credo” rispose, “perché me lo
chiedi?”
Brienne sospirò.
“Pensavo fosse possibile ci fosse anche mio papre” replicò
abbassando lo sguardo.
“Mi dispiace” disse
Davos addolorato, “di lord Selwyn
non so nulla…”
“Non importa” si
affrettò a dire Brienne, “abbiamo altro a cui
pensare ora…” Entrarono nella Sala Grande e Sansa disse loro di
accomodarsi al
lungo tavolo.
“Davos, ti presento
mio fratello Brandon Stark” disse Sansa, “e
Meera Reed, di Torre delle Acque Grigie.”
Davos sorrise. “Vedo
che gli Stark
sono finalmente tornati a Grande Inverno” osservò allegro, “Jon ne sarà
felice…” In quel momento Podrick entrò nella stanza.
“Allora?” chiese
Sansa
“Mia sorella?”
Pod parve piuttosto
imbarazzato. “Ehm” mugugnò, “credo voglia
rimanere in camera sua con lord Gendry, mia signora.”
Sansa era
sconcertata.
“Come fai a dirlo?” insistette “Te l’ha detto lei?”
Podrick era sempre
più a
disagio. “Credo le sue parole siano state vai
a farti fottere” balbettò e Tormund scoppiò a ridere rumorosamente.
Brienne
lo trovava un comportamento estremamente sguaiato.
Sansa alzò gli occhi
al
cielo. “D’accordo” disse visibilmente innervosita, “inizieremo la
discussione
senza di loro…”
“Vuoi vada a
svegliare lord Beric e Sandro Clegane?” chiese
Podrick, ma Sansa scosse la testa. “No” rispose, “lasciali dormire:
domani
metteremo al corrente tutti i lord a decisioni prese.” Podrick si
inchinò e
fece per uscire.
“Oh, assolutamente
no” lo fermò Sansa. “Tu rimani: vieni a
sederti con noi…” Podrick sembrò disorientato per un attimo, ma poi
sorrise e
prese posto fra Tormund e Brienne, che quasi tirò un sospiro di
sollievo.
“Allora” iniziò
Sansa, “su quanti uomini possiamo contare?” Tutti borbottarono
cifre poco precise.
“Credo nel Nord si
possano racimolare massimo
venticinquemila soldati” disse Davos facendo dei calcoli, “se si decide
di
arruolare anche i ragazzi piuttosto giovani…”
Sansa annuì. “Quanti
bruti hai,
Tormund?”
“Meno di mille in
grado di
combattere.”
Sansa si morse un
labbro. “Così come siamo messi
il nostro esercito non arriva neanche a cinquantamila unità.”
“Mia signora”
intervenne Brienne, “chiedo scusa, ma il Nord non
può contare sull’appoggio delle Terre dei Fiumi e della Valle? Possiamo
chiedere aiuto a loro…”
“Invierò i messaggi”
assentì Sansa, “ma non arriveranno
mai in tempo: l’Incollatura è insidiosa e il ghiaccio ha reso la Strada
del Re
pericolosa…”
“Su quali altre forze
possiamo contare?” chiese Tormund
visibilmente non molto pratico di quegli affari.
“C’è la Fratellanza
senza
Vessilli…” tentò Podrick per dimostrarsi utile.
“La Fratellanza senza
Vessilli
è sotto il mio comando!”
Tutti si voltarono.
Arya e Gendry erano
appena entrati,
ma se la prima aveva uno sguardo determinato e sicuro, il secondo
sembrava
solamente intimidito dall’ambiente in cui si trovava.
“Arya!” esclamò Sansa
stizzita “Podrick vi era venuto a chiamare già qualche minuto fa…”
Arya roteò
gli occhi. “E infatti eccoci qui” disse con un sorriso di scherno.
Sansa
dovette decidere di contenersi, perché non replicò. Arya le si sedette
affianco, mentre Gendry rimase indeciso per qualche secodo. Alla fine
scelse il
posto accanto a Davos.
“Stavate dicendo?”
chiese Arya in tono leggero puntando
i gomiti sul tavolo.
“Contavamo quanti
uomini abbiamo a disposzione per affrontare
gli Estranei” spiegò Sansa con pazienza, “e come sarebbe a dire la
Fratellanza è sotto il tuo comando?”
Arya ridacchiò. “Mi
hanno scelto come loro
capo.”
Sansa la guardò per
un attimo. “Quanti uomini ci sono nella
Fratellanza?” chiese poi in tono serio.
Arya alzò le
sopracciglia. “Mi sembra
sui quaranta” rispose, “ma dovrei chiedere…”
Sansa sospirò. “Sono
troppo pochi”
mormorò, “l’esercito degli Estranei ne avrà almeno…”
“Centinaia di
migliaia”
disse per lei Brandon con la sua voce apatica. “Io e Meera li abbiamo
visti:
non c’è modo di sconfiggerli con i numeri che abbiamo…”
“E se neanche abbiamo
le armi per distruggerli” borbottò Tormund, “siamo fottuti.”
Davos si agitò
sulla sedia. “A questo posso rimediare io” intervenne, “ho portato con
me tutta
l’Ossidiana che Jon ha recuperato a Roccia del Drago…”
Il volto di Sansa si
illuminò. “E’ un’ottima notizia!” esclamò rassicurata “Spero il nostro
armaiolo
sappia utilizzarlo per farne delle armi…”
“Se posso, mia
signora” si intromise
Gendry, “io ho lavorato ad Approdo del Re alla bottega di un fabbro e
desidero
rendermi utile…”
Sansa annuì. “Molto
bene” concordò allacciando le mani in
grembo, “ti saranno date le armi dei solati perché tu possa rinforzarle
con il
Vetro di Drago. Desidero anche che tu ti occupi della mia spada,
Ambra.”
Gendry
chinò il capo. “Certamente, mia signora” disse, “mi metterò a lavoro
domani
mattina.”
“Oltre al Vetro di
Drago, al pugnale di Arya e a Signora Piangente, quindi
non abbiamo altre armi di acciaio di Valyria da usare contro gli
Estranei?”
Brienne si ricordò
della sua spada. “Davos mi ha restituito
Giuramento” disse e Sansa sembrò rasserenarsi.
“Anche Crepuscolo è
di acciaio
di Valyria” osservò Gendry accennando alla propria arma, “era di Euron
Greyjoy…”
“Direi che non siamo
messi male” osservò Sansa, “se non c’è altro…”
“La spada di Meera è
di acciaio di Valyria” intervenne Brandon e tutti
guardarono la ragazza.
“L’abbiamo trovata
oltre la Barriera” disse Meera
estrendola e posandola sul tavolo, “ma non sappiamo cosa ci facesse
lì…”
Arya
l’afferrò, esaminadola attentamente. Brienne poté giurare fosse colta
da una
forte emozione.
“Questa è Sorella
Oscura!” esclamò Arya emozionata “La leggendaria
spada che Visenya Targaryen usava quando non cavalcava il suo drago
Vhagar…”
Brienne fissò la
spada incredula e Meera si ritrasse come impaurita. “Come fai
ad esserne sicura?” chiese Sansa scettica.
“Visenya è sempre
stata la mia
eroina preferita” spiegò Arya. “Dopo Nymeria Martell ovviamente, e so
tutto di
lei. Ho visto così tante illustrazioni della sua spada che saprei
riconoscerla
ovunque. I due draghi che si intrecciano sull’elsa e i riflessi scuri,
tutto
torna!”
“Ma che cosa ci
faceva Sorella Oscura oltre la Barriera?” chiese Meera
incredula “L’abbiamo trovata in una grotta…”
“La spada, se non mi
sbaglio, andò
perduta durante la una delle ribellioni Blackfyre” disse Arya. “Il suo
ultimo
possessore noto fu Brynden Rivers, uno dei bastardi di Aegon il
Mediocre.” Meera
fissava incredula la spada.
“Non ha importanza
come ci sia finita lassù” disse
Sansa, “l’importante è che possa uccidere gli Estranei.” Meera riprese
Sorella
Oscura con cautela, come preoccupata di rovinare un oggetto di tale
valore.
Sansa sospirò di
nuovo. “Abbiamo bisogno di un piano ora” disse in tono stanco, “in modo
da distribuire le nostre forze in maniera saggia… Se ci rifugiamo in
castelli,
gli Estranei riusciranno a trovarci in ogni caso?”
“Ad Aspra Dimora i
morti
hanno fatto a pezzi la fortificazione in legno dell’accampamento”
raccontò
Tormund, “credo riuscirebbero a scavalcare le mura…”
“La tua gente è
ancora ad
Ultimo Focolare” disse Sansa rivolta al bruto, “dobbiamo trovare il
modo da
farla fuggire da lì…”
“Inviare uomini ed
incontrare i non-morti in campo aperto
non è una scelta saggia” osservò Davos accarezzandosi la barba,
“soprattutto se
i numeri non sono dalla nostra parte… Però forse si può provare a
respingerli
protetti dalle mura: perdonate la mia ignoranza, ma sono abbastanza
alte quelle
di Ultimo Focolare?”
“Abbastanza” rispose
Arya, “ricordo però che sono molto
spesse e non possono essere demolite facilmente.”
“E’ già qualcosa…”
“Porterò i miei
uomini di nuovo là” intervenne Tormund con il suo
vocione. “Siamo gli unici che conoscono un minimo questa minaccia:
senza Jon
Snow a guidarli i vostri soldati non hanno speranza contro gli
Estranei.”
“Hai ragione” disse Davos, “ma voi del Popolo Libero non potreste mai sperare di difendere un castello, non avete abbastanza discliplina: è necessario che dei soldati esperti vengano con voi… Il Re della Notte conosce lo stile di combattimento dei bruti, ma quello di Westeros potrebbe coglierlo alla sprovvista.” Brienne aveva la sensazione che ciò non sarebbe accaduto.
“Se è
così” intervenne Gendry, “porterò metà dei miei uomini ad Ultimo
Focolare
insieme a…?” Guardò Tormund con aria interrogativa. “Tormund” si
presentò il
bruto e Gendry annuì.
“Sei sicuro di quello
che dici, Gendry?” chiese Davos con
voce grave.
“Lo sono” rispose
fieramente il ragazzo e a Brienne non sfuggì lo
sguardo di puara che balenò negli occhi di Arya per un secondo.
Poi la ragazza
si alzò in piedi. “Porterò la Fratellanza senza Vessilli insieme
all’esercito
della Tempesta” annunciò seria.
Prima ancora che
Brienne potesse realizzare il
peso di tale affermazione, Sansa era già scattata in piedi, facendo
cadere a
terra la propria sedia. “NO!” urlò con voce strozzata. Arya sostenne lo
sguardo
della sorella.
“Tu devi rimanere a
Grande Inverno” continuò Sansa, “non puoi
andartene proprio ora, è troppo pericoloso…”
“Per questo voglio
fare la mia
parte.”
“Puoi benissimo
contribuire da qua.”
Arya rise. “Come fai
tu?” chiese sarcastica “Non sono io quella che deve
governare…”
“Arya, ti prego” la
supplicò Sansa con le lacrime agli occhi, “non
voglio rischiare di non rivederti mai più… Io…”
“Sansa” la interruppe
tranquillo Brandon, “Arya può andare.”
Sansa si voltò
sconvolta verso di lui.
“Cosa?!” chiese distrutta “Dici che dovrebbe andare?!”
Brandon annuì. “E’
ciò
per cui si prepara da sempre” disse in tono misterioso, “non abbiamo il
diritto
di impedirle di andare.”
Sansa aveva gli occhi
gonfi di lacrime. “Bene!”
esclamò battendo le mani sul tavolo “Partirete tutti domani mattina.
L’udienza
è conclusa.” Girò le spalle a tutti e corse fuori dalla sala.
Tra i rimasti
scese un silenzio saturo di imbarazzo e nessuno si azzardava a
muoversi. Poi
Davos si alzò in piedi. “Dovete riposarvi” disse con voce saggia,
“meglio che
ce ne andiamo tutti a dormire.”
Brienne non attese
ulteriori inviti e raggiunse
la propria stanza. Mentre si svestiva ripensò allo sguardo perso di
Sansa e
alle lacrime che aveva tentato di nascondere. Si addormentò con
quell’immagine
che danzava ancora davanti ai suoi occhi chiusi.
Il mattino seguente
il vento
gelido dell’inverno faceva svolazzare i mantelli della piccola folla
che si era
radunata nel cortile per salutare coloro che partivano. Sansa era
eretta nel
suo abito scuro, pallida come la luna e con gli occhi arrossati. I
capelli le
ondeggiavano nella brezza. Arya invece indossava i pantaloni e portava
alla
cintura Ago e la daga di acciaio di Valyria. Continuava a scherzare con
Gendry
ed evitava lo sguardo di sua sorella. Brienne vide Tormund venirle
incontro e
dovette reprimere l’istinto di sguainare Giuramento.
“Io sto andando”
borbottò
il bruto sottolineando l’ovvietà, “volevo salutarti... Spero di
rivederti
presto.”
Sembrava si stesse
impegnando per essere gentile e Brienne non ebbe il
cuore di rispondere in maniera sgarbata. “Ti auguro buona fortuna”
disse
solamente e vide Tormund sorridere.
Poi il bruto si voltò
e tornò verso i suoi
compagni. Brienne lo seguì con lo sguardo e per sbaglio incrociò quello
di
Sandor Clegane, già in sella al suo cavallo. Era assolutamente certa il
Mastino
l’avesse riconosciuta, eppure non sembrava arrabbiato. Fece uno strano
cenno
con la testa che poteva essere scambiato per un saluto e Brienne
ricambiò.
Poi
Sansa venne avanti, composta come sempre. “Il vostro coraggio potrebbe
fare la
differenza” disse a voce alta rivolta ai soldati in partenza. “Noi
tutti
aspetteremo con ansia il vostro ritorno e speriamo in una luminosa
vittoria.
Per il Nord!”
Tutti elevarono al
cielo le loro preghiere, anche i soldati della
Tempesta che il Nord lo vedevano per la prima volta. Sansa si avvicinò
ad Arya
e le prese le mani. Brienne non sentì cosa le due sorelle si dissero,
ma
dovette essere un momento molto intenso, perché entrambe avevano gli
occhi
lucidi. Poi Arya abbracciò Sansa e Brandon e saltò a cavallo, portando
l’animale affianco a quello di Gendry.
Sansa si diresse
verso il Mastino
stringendo qualcosa fra le mani. “Ti sei dimostrato un alleato fedele
di casa
Stark” disse in tono solenne, “perciò io ti ricompenso con questo dono:
una
spada di acciaio di Valyria che potrai usare per affrontare i nostri
nemici. Si
chiama Signora Piangente...”
Il Mastino fece una
smorfia. “Fanculo i nomi delle
spade” disse prendendo l’arma in mano, “roba da ragazzine.” Poi
sospirò. “Mi
mancherai, uccelletto” disse in tono quasi affettuoso, “stammi bene.”
Sansa
annuì e il cavallo di Sandor Clegane si allontanò.
Le trombe suonarono e
la
colonna iniziò ad uscire dal portone. Sansa rimase ferma, senza
piangere o
mostrare segni di cedimento. Sembra
una regina, realizzò Brienne con
ammirazione. Arya si voltò un’ultima volta verso sua sorella, per poi
lanciare
il cavallo al galoppo dietro al resto del piccolo esercito. Il vento
spazzava
quella terra prostrata dalla desolazione e quegli uomini coraggiosi
continuarono a cavalcare verso una battaglia quanto mai incerta.
Brienne non
era sicura sarebbero tornati indietro.
Yara
Il Mare del Tramonto
era agitato.
Le onde facevano sbandare la Vento Nero pericolosamente
e le navi più piccole rischiavano di rovesciarsi. Molti marinai si
erano
sentiti male, altri preferivano rimanere sottocoperta, ma Yara non
aveva paura
delle tempeste. Camminava sui ponti delle navi da quando aveva tre anni
ed
ormai non barcollava più. Il mare era la sua casa, l’unico luogo dove
si
sentisse davvero a proprio agio. Quando Daenerys le aveva dato il
permesso di
ritornare alle Isole di Ferro per riportare l’ordine dopo il malgoverno
di
Euron, Yara aveva accettato con entusiasmo. Non le interessavano più di
tanto
gli intrighi politici che avrebbero messo la Madre dei Draghi sul Trono
di
Spade e di certo non era intenzionata a combattere una guerra più del
necessario. La Flotta di Ferro sarebbe arrivata ad Approdo del Re solo
per
chiudere l’assedio via mare, questo era l’accordo.
Yara era solo rimasta
stupita dalla decisione di Daenerys di affidare le proprie navi a
Theon. Il
suo ruolo nella battaglia è stato determinante, pensava. Forse sarebbe
stato giusto permettergli di ritornare a casa con me… Theon però
era sembrato
felice della scelta della regina e Yara non aveva insistito. Finalmente
suo
fratello si era ripreso e la sua determinazione in battaglia l’aveva
alquanto
colpita. Yara non l’avrebbe mai ammesso, ma era fiera di lui.
Avevano superato
Lannisport, dove le navi degli Immacolati si erano separati dalla
Flotta di
Ferro, ed erano arrivati all’altezza di Kayce. Uno spruzzo d’acqua
gelida colpì
Yara in faccia e lei decise di ritornare al coperto. Si diresse verso
la cabina
di suo zio Aeron, ancora troppo debole per abbandonarla.
L’avevano trovato a
bordo della Vittoria di Ferro, una
delle navi di Euron ancorate al porto al momento della vittoria di
Daenerys.
Era rinchiuso ed incatenato, con in corpo i segni delle torture che
Euron
doveva avergli inflitto. Daanerys l’aveva fatto soccorrere da maestro
Pylos ed
aveva chiesto a Yara cosa dovesse farci con lui.
“Euron è stato una
maledizione
quanto per noi tanto per lui” aveva risposto Yara. “Con il tuo permesso
riporterò mio zio alle Isole di Ferro: se deciderà di giurarmi fedeltà
quale
sua regina, lo lascerò vivere. Altrimenti gli staccherò la testa con la
mia
ascia.” Daenerys aveva annuito.
Ora Yara sperava di
riuscire a parlare con suo
zio, di capire magari quale situazione dovesse aspettarsi di trovare
alle Isole
di Ferro. Aeron stava visibilmente meglio e Yara lo trovò seduto sul
letto.
Chiuse la porta alle sue spalle e gli si avvicinò.
“Zio, vedo che
stai riacquistando le forze…”
Aeron sospirò, ma non
disse nulla.
Yara si
sedette sulla sedia più vicina. “Senti” iniziò, “devo sapere cosa ti ha
fatto
Euron, come ha ridotto le nostre isole…”
Gli occhi di Aeron
erano vacui. “Mi ha
torturato” rispose con un filo di voce, “farneticava riguardo a un
sacrificio,
a qualcosa di grandioso. Diceva che il mondo stava per essere distrutto
per poi
venir forgiato nuovamente, più forte di prima…”
Yara iniziò a credere
la follia
di Euron fosse stata più grave del previsto. “Cos’altro diceva?”
“Che gli Estranei
sono reali” proseguì Aeron, “e che solo lui avrebbe potuto
fermarli, ma che ciò avrebbe richiesto fuoco e sangue.” Yara rabbrividì
suo
malgrado.
“Diceva di poter
legare i draghi alla sua volontà” raccontò ancora
Capelli Bagnati, “e che presto il mondo si sarebbe inginocchiato ai
suoi piedi,
riconoscendo la sua natura divina.”
Yara alzò gli occhi
al cielo. “Era davvero
un coglione” osservò sbuffando.
“Era un uomo
pericoloso” disse Aeron tremando
appena. “L’ho visto tagliare la lingua a molti dei prigionieri fatti a
Porto
Bianco, sono sorpreso tu sia ancora viva, Yara.”
Yara sollevò le
sopracciglia.
“Non è così facile uccidermi.” Poi si alzò in piedi. “Quando arriveremo
alle Isole di Ferro” disse in tono autoritario, “mi concederai la
corona che
Daenerys Targryen mi ha promesso…”
Aeron era titubante.
“Conosci la legge”
obbiettò, “il sovrano può essere scelto solo dall’Acclam…”
“Conosco la legge
bene almeno quanto te” lo interruppe Yara, “ma dove ci ha portato
l’ultima
Acclamazione? Ad eleggere Euron Greyjoy, che si è schierato dalla parte
sbagliata provocando la morte di centinaia di Uomini di Ferro.” Aeron
chinò i
capo.
“Io sono la regina
delle Isole di Ferro” concluse Yara, “e per il tuo
bene, zio, ti invito a scegliere adesso da che parte stare.”
Uscì sbattendo la
porta. Salì nuovamente sul ponte, godendosi l’aria che le sferzava il
viso, e
rimase a fissare immobile il mare finché il castello di Pyke non
comparve a
prua. Quel giorno stranamente il cielo era limpido e l’isola non
sembrava
avvolta dalla nebbia. Yara aiutò i mozzi a legare gli ormeggi e fu la
prima a
saltare sulla scialuppa. La barchetta ondegggiò un poco, ma Yara si
tenne forte
ed attese i rematori. Quando finalmente mise piede sulla spiaggia dagli
scogli
grigi incrostati di sale, si sentì a casa, molto più di quando suo
padre era
ancora vivo.
Scortata da tre
uomini, raggiunse la folla di pescatori e nobili
che si era radunata verso l’introterra. Sembravano tutti piuttosto
sorpresi di
vederla, alcuni apparivano anche spaventati. Yara sogghignò. Ora tutti quelli che
hanno appoggiato Euron temono la mia vendetta, pensò
soddisfatta. La loro
paura è così divertente. Yara non aveva certo intenzione di
giustiziarli, non
tutti almeno, ma lasciare che il dubbio li corrodesse per un po’ era
una
punizione meravigliosa. I principali sostenitori di Euron l’avevano
seguito a
Roccia del Drago ed erano morti durante la battaglia, ma Yara era certa
Occhio
di Corvo avesse lasciato qualcuno a tutela delle Isole di Ferro mentre
andava
in guerra.
La folla si aprì,
permettendo al corteo dei vincitori di passare.
Yara raggiunse uno spiazzo pianeggiante e salì in piedi su un ceppo di
albero
tagliato. Si voltò poi a fronteggiare le molte facce che la guardavano.
“Il
vostro re è morto” disse ad alta voce, “ucciso dopo aver trascinato gli
Uomini
di Ferro in una battaglia suicida contro Daenerys Targaryen. Ora io
chiedo a
voi tutti: è questo l’operato di un buon re? Euron si è alleato con
Cersei
Lannister, la donna che ha fatto esplodere il Tempio di Baelor con
l’Altofuoco
causando la morte di decine di persone, per poi complottare contro di
lei. Non
gli sono mai interessate le Isole di Ferro, ci sputava sopra, ciò che
voleva
era il Trono di Spade e le vostre vite non erano nulla per lui: vi
avrebbe
sacrificati tutti se ciò fosse stato necessario per ottenerlo.”
Ci furono
mormorii di sorpresa e Yara si chiese se quella stupida gente avesse
creduto
anche solo per un momento che Euron avrebbe fatto il bene del popolo.
Alzò le
mani. “Daenerys Targaryen sarà un’ottima regina dei Sette Regni”
proseguì, “mio
fratello Theon è anche rimasto con lei per occuparsi delle sue navi.
Daenerys è
pronta a concedere alle Isole di Ferro l’indipendenza dalla Corona, a
patto che
le nostre razzie cessino del tutto.” Yara fece una pausa. “E a patto
che io
diventi la vostra regina” concluse con un sorriso.
Molti esultarono,
probabilmente la maggior parte, altri rimasero in silenzio. Yara vide
suo zio
Aeron restare in disparte. Almeno
stavolta non si è intromesso con la sua
Acclamazione, pensò scrollando le spalle. In molti iniziarono a
urlare il suo
nome, anche battendo le mani per farsi sentire.
Poi un uomo venne
avanti. Era
alto e possente, con una barba ispida ed occhi infossati. Yara lo
riconobbe
come Dunstan Drumm, lord di Vecchia Wyk, uno degli ultimi ad unirsi ad
Euron.
“Chi dice che tu
debba essere regina? Le Isole di
Ferro non accettano donne sul Trono del Mare.”
Yara scese con un
salto dal
ceppo e fece cenno alle sue guardie di rimanere indietro. “Sono la
figlia di
Balon Greyjoy” rispose, “e l’unica qui con abbastanza cervello per
poter
sperare di combinare qualcosa di buono.”
Drumm sputò ai suoi
piedi. “I Greyjoy
hanno portato solo distruzione alle Isole di Ferro” disse con voce
dura, “il
tuo nome non significa un cazzo, è ora che una nuova dinastia prenda il
controllo…” E sguainò la sua spada.
Yara la riconobbe
subito: era Pioggia
Rossa, la letale spada di acciaio di Valyria di casa Drumm. La sua
scorta venne
subito avanti, ma Yara ordinò loro di stare indietro. “Molto bene”
disse con un
sorriso, “faremo alla tua maniera, così che dopo che ti avrò ucciso
nessuno si
azzarderà a contestare la mia rivendicazione al Trono del Mare.”
Yara impugnò
la sua ascia, mentre la folla si allargava per lasciare spazio ai due
contendenti. Dunstan fece roteare la luna spada un paio di volte, per
poi
lanciarsi all’attacco. Yara conosceva la sua tattica: avrebbe colpito
subito e
con forza, ma ciò l’avrebbe indebolito più velocemente. Devo tenerlo occupato
più a lungo possibile, decise,
così da stancarlo.
Pioggia Rossa calò a
pochi
centimetri dalla sua spalla, ma Yara fece in tempo a scartare verso
destra, la
ghiaia che scricchiolava sotto i suoi stivali. Dunstan grugnì e sollevò
nuovamente la spada, protendendosi in avanti. La lama incrociò il ferro
dell’ascia di Yara, che tuttavia si vide costretta ad arretrare a causa
della
violenza del colpo. Si accorse di essere già umida di sudore. Drumm
avanzò e
menò un altro fendente, che Yara riuscì ancora una volta ad
intercettare.
Non
posso sperare di respingere i suoi attacchi per molto. Devo essere
io a colpire.
Abbassandosi per
evitare un altro colpo, rotolò a terra e colpì l’avversario
alla coscia, sbilanciandolo. Dunstan grugnì e Yara vide che sanguinava.
Tuttavia non era un taglio profondo, sicuramente non fatale. Pioggia
Rossa si
abbatté su di lei e Yara fece appena in tempo, in ginocchio com’era, a
sollevare l’ascia. L’urto delle due armi le fece tremare tutto il
corpo, ma
concesse a Yara più tempo per pensare alla sua prossima mossa. Facendo
forza
sulle gambe, riuscì a sollevarsi un poco, allontanando la lama nemica
dal suo
viso.
Fu allora che con la
mano sinistra estrasse lo stiletto e lo conficcò
nella gamba sana di Drumm. Poi balzò all’indietro, tirandosi in piedi.
La
seconda ferita doveva aver fatto infuriare il suo avversario, perché
ora
avanzava più selvaggio che mai. Yara parò altri due colpi, prima che
fosse
ferita all’avambraccio destro. Il dolore le fece sfuggire l’ascia dalla
mano e
Dunstan calciò l’arma lontano con un ghigno. Yara fu abbastanza svelta
da
estrarre la propria spada, ma il suo metallo era scadente, soprattutto
se
paragonato a quello di Pioggia Rossa.
Yara sentì la sua
spada piegarsi
impercettibilmente sotto i ripetuti colpi dell’avversario e pregò il
Dio
Abissale di non farla spezzare. L’armatura la proteggeva da eventuali
ferite al
torace, ma la gola era scoperta e Yara sapeva che era lì che Dunstan
mirava
ogni suo attacco.
Fece un passo
indietro e inciampò in una pietra che sporgeva
dal terreno accidentato. Si protesse con la spada come meglio poté, ma
Dunstan
riuscì a ferirla alla gamba. Il dolore era cocente, ma Yara si impose
di
ignorarlo. In quel momento vide che ser Harras aveva recuperato la sua
ascia.
Si scambiarono un’occhiata in un frammento di secondo e Yara seppe che
lui
aveva capito. Si rimise in piedi, incurante del dolore alla gamba e al
braccio
e fronteggiò Drumm, che la osservava sarcastico.
“Il gioco finisce
qui” disse lui
crudele e partì alla carica.
Yara si costrinse a
tenere lo sguardo sul nemico
e, all’ultimo momento, fece cadere a terra la spada sollevando il
braccio.
Quando Pioggia Rossa calò, Yara si spostò di lato, afferrando il polso
libero
di Dunstan. Diede uno strattone con tutta la sua forza e gli fece
perdere
l’equilibrio per qualche secondo. Poi alzò lo sguardo. L’ascia stava
roteando,
volando dritta nella sua direzione a velocità sorprendente. Yara
inspirò
profondamente e si protese per afferrarla al volo. La sua mano si
strinse con
successo intorno al manico e Yara tirò a sé l’avversario, piantandogli
l’ascia
nel cranio. Il sangue zampillò immediatamente e Yara saltò indietro. Il
corpo
di Drumm cadde a terra con un tonfo sordo e la folla rimase silenziosa.
Con
calma Yara pulì l’ascia sui pantaloni e si chinò a raccogliere Pioggia
Rossa
dalla mano inerte del cadavere. La sollevò in alto, in modo che tutti
potessero
vedere il suo trofeo. “Ho pagato il prezzo di ferro” urlò a tutti i
presenti,
“ed ora questa spada mi appartiene, le Isole di Ferro mi appartengono…
Io sono
la vostra regina!”
Questa volta tutti
ruggirono la loro approvazione ed
agitarono le proprie spade. Yara chiuse gli occhi e inspirò
profondamente. Poi
suo zio Aeron venne avanti, i capelli gocciolanti di acqua di mare e le
mani
strette intorno ad una corona di legno levigato. Era molto più bella di
quella
che era stata di Euron, con i rametti delicati intrecciati come esili
gambi di
fiori. Yara guardò suo zio, che annuì. Le posò la corona sul capo e
Yara spinse
i capelli dietro le orecchie. Quando sollevò lo sguardo, Aeron si
inginocchiò
ai suoi piedi, subito imitato da tutti i presenti.
“Lunga vita alla
regina
Yara! Yara! Yara! Yara!”
La nuova regina dal
canto suo, si limitò a
legare alla cintura la sua ascia e Pioggia Rossa, per poi sollevare la
mano in
cenno di saluto. La processione fino al palazzo fu grandiosa e, una
volta che
Yara ebbe potuto finalmente sedersi sul Trono del Mare, la regina
decise che
avrebbe rimandato tutte le questioni importanti al giorno dopo. Ordinò
che
fossero preparate le navi per la partenza per l’assedio di Approdo del
Re e
chiese di essere lasciata sola.
Quando fu l’unica
rimasta nella sala, Yara
scoppiò a ridere. Aveva visto suo padre sedersi sul quel trono ed aveva
sognato
il giorno in cui sarebbe finalmente spirato. Non era stato un buon re,
aveva
solamente indebolito le Isole di Ferro. La sua flotta però era stata
forte, le
navi ben progettate e robuste, ed ora era bruciata a Roccia del Drago o
affondata chissà dove. Io renderò
questa terra forte, promise Yara a sé
stessa, nessuno oserà più ridere di
noi.
La mattina dopo Aeron
le chiese
udienza urgentemente e Yara lo ammise alla sala del trono. Suo zio era
pallido
e sembrava trattenere qualche sconcertante rivelazione.
“Yara, stanotte ho
avuto una visione…”
Yara represse
l’istinto di
alzare gli occhi al cielo. Bene, la
nostra famiglia è
completamente uscita fuori di senno.
Aeron fece un passo
avanti. “Crederai che
sono pazzo” disse come indovinando i suoi pensieri, “ma non è così:
ascoltami…”
Yara inarcò le
sopracciglia. “Cosa hai visto?”
“Ghiaccio che
si frantumava” disse Aeron con voce di morte, “cadaveri che
strisciavano ed
uscivano dalle tompe. Ho visto un drago color smeraldo volare via da
una città,
ho visto un kraken tentare di afferrarlo con i suoi tentacoli, ma
finire
trafitto da frecce nemiche. C’era una spada rossa, un lago ghiacciato e
un lupo
enorme. Ho visto neve tingersi di rosso, un pugnale scuro che
squarciava la
notte, fuoco ovunque e le tenebre che avvolgevano questo mondo. Ho
visto
creature di ghiaccio e morte invadere una terra di neve e gelo.”
Yara era
rabbrividita. “E tutto questo cosa significa?” chiese raddrizzando la
schiena.
“Non
è molto chiaro” ammise Aeron, “ma una cosa è certa: gli Estranei sono
tornati e
stanno minacciando il Nord.”
Yara avrebbe voluto
che suo zio si stesse
sbagliando, ma qualcosa le diceva che doveva credergli. “E cosa vuoi
che
faccia?” chiese irritata “Se anche fosse vero, cosa pensi potrei fare?
Andare
in aiuto di quella gente? Lo sai che ci odiano…”
“Se tutto questo è
reale”
insistette Aeron, “e gli Estranei stanno davvero attaccando, allora non
ci sarà
un posto sicuro, Yara. Nemmeno le Isole di Ferro potranno proteggerci.”
Yara si
alzò in piedi. “Ho giurato fedeltà a Daenerys Targaryen” gli ricordò,
“ho
giurato che l’avrei aiutata a vincere la guerra contro Cersei e così
farò.”
In
quel momento le porte sbattereno ed entrò ser Harras Harlaw, trafelato
e con
un’espressione d’orrore in viso. Stringeva fra le mani una lettera e
ansimava.
“Vostra grazia” disse, “sono arrivate terribili notizie da
Duskendale... Io non
so cosa dire… Sono così sconvolto che…”
“Cosa hai saputo?”
chiese Yara con
angoscia.
Harras la guardò
negli occhi. "Tuo fratello Theon è morto” mormorò, “da
quello che Tristifer Botley scrive sarebbe stato ucciso con delle
frecce da
guerrieri dothraki durante un incidente con uno dei draghi. Mi dispiace
molto,
mia regina.”
Yara rimase immobile,
assimilando la notizia. Mio fratello
è
morto, pensò tentando di stabilizzare il suo respiro, mio fratello è morto, è
stato ucciso.
Aveva lasciato Theon
sotto la protezione di Daenerys. “Sarà al sicuro con me” aveva detto la
regina
e Yara ci aveva creduto. E invece Theon era morto. I Dothraki sono sotto il
controllo della regina, si disse mentre la rabbia la divorava. Se lei non è in
grado di controllarli, non è adatta a governare i Sette Regni.
La visione di
Aeron era vera: il drago, le frecce, il kraken, tutto era così
fottutamente
reale.
Yara si passò una
mano tremante fra i capelli, allontanandoli dal viso.
Pensò a suo fratello, al modo in cui era cambiato, a come l’aveva
supportata
durante l’Acclamazione. Era stata dura, ma Yara era perfino riuscita a
fargli
capire che esisteva ancora qualcosa di buono nella sua vita. L’aveva
seguita
fino a Meeren, aveva combattuto a Porto Bianco e Roccia del Drago e mai
una
volta aveva ceduto al terrore. Yara fu colta dal rimorso per non essere
stata
più gentile con lui e non avergli davvero detto addio. “Ci rivedremo
presto”
aveva detto semplicemente quando si erano separati sul molo di Roccia
del
Drago. Non aveva nemmeno risposto al suo abbraccio.
Yara non aveva
bisogno di
una famiglia, ma si era sempre sentita disposta a qualsiasi cosa per
proteggere
coloro che amava. Eppure, per tutta la sua vita, non aveva mai davvero
tenuto a
qualcuno. Forse sua madre, ma era morta già da tanto tempo, troppo per
poterla
ricordare. I suoi fratelli maggiori erano stati fatti a pezzi quando
era solo
una bambina e suo padre era sempre stato scontroso, troppo perché lei
potesse
affezionarglisi. Theon era l’eccezione. Yara non aveva mai capito se
ciò che
provava per lui fosse amore fraterno, semplice compassione, disgusto
viscerale
o odio, almeno fino a quel momento. Yara pensò con amarezza che il vero
valore
di ciò che si ha lo si comprende solamente nel momento in cui lo si
perde.
Theon voleva vivere, pensò, il rimorso che lasciava spazio all’ira, e quei bastardi non gliel’hanno permesso. Ho sbagliato a fidarmi di Daenerys Targaryen, non commetterò ancora una volta questo errore.
Voltò le spalle a
ser Harras ed Aeron. “Ser Harras?” chiamò con voce atona.
“Sì, vostra grazia?”
“Scrivi a Tristifer e
digli di abbandonare
immediatamente Duskendale con tutti i suoi uomini e con il corpo di mio
fratello” ordinò, “e di ritornare alle Isole di Ferro. Inoltre voglio
che i
marinai siano pronti: si salpa domani mattina all'alba.”
“Per Duskendale o
Approdo del Re?”
Yara si voltò appena
verso di lui. “Per Lancia di Sale”
rispose asciutta e vide la confusione negli occhi del Cavaliere.
“Ma, vostra
grazia” obbiettò Harras, “vuoi portare i tuoi uomini nel Nord?”
Yara sorrise,
incrociando le braccia davanti al petto. “Esatto. Andiamo a
dare una mano ai nostri adorati nemici.”
Bran
La sedia a rotelle
funzionava a
meraviglia. Maestro Wolkan aveva dato istruzioni precise ai falegnami,
perfino
riguardo al tipo di legno da utilizzare. Bran la trovava
sorprendentemente
comoda, soprattutto se foderata di soffici cuscini. Era la cosa
migliore avesse
mai provato da quando erano partiti per il viaggio oltre la Barriera,
eppure
Bran aveva nostalgia di Ballerina e della sella speciale disegnata da
Tyrion
Lannister. Sorrise al ricordo: sembravano passati secoli da quei
giorni, Robb
all’epoca non era ancora partito per la guerra e loro padre era Primo
Cavaliere
del re. Ma ricordare tutto ciò che era stato rendeva il presente
solo più spiacevole.
Quella mattina
avevano salutato Arya e gli altri soldati
che partivano per Ultimo Focolare. Sansa non aveva pianto, ma Bran
sapeva che
era distrutta. Meera se l’era presa con lui, dicendogli che non avrebbe
dovuto
favorire la decisione di Arya di partire.
“Hai davvero dato il
tuo assenso a
mandare tua sorella in guerra?!” gli aveva chiesto quando erano rimasti
soli
“Sai meglio di me quanto sia pericoloso…”
Bran aveva annuito
stancamente.
“Certo che lo so” aveva replicato, “ma il compito di Arya non è quello
di
rimanere qui a non fare nulla…”
Meera gli aveva
lanciato un’occhiataccia, una
di quelle che facevano sentire Bran in colpa. “E tu che ne vuoi sapere
di quale
sia il suo compito?” aveva chiesto in tono accusatorio “Solo perché ora
sei il
Corvo con Tre Occhi, Bran, ciò non vuol dire che tu ti debba innalzare
al di
sopra di tutti… Non è giusto nei confronti di lady Sansa!”
“Il compito di Sansa
è quello di organizzare la difesa di Grande Inverno” aveva osservato
Bran. “Arya non era di alcuna utilità qua.”
Meera aveva messo le
mani sui fianchi.
“Ah è così?” aveva chiesto arrabbiata “Allora dato che neanch’io servo
a niente
qui, magari decido di andarmene in guerra!”
Bran l’aveva
guardata. “Il tuo posto
è al mio fianco” aveva detto con calma, “ho bisogno del tuo aiuto…”
“Allora
smettila di comportarti come se fossi il centro del mondo!” aveva
esclamato
Meera stizzita e aveva lasciato la stanza.
Ora, sulla sua sedia
a rotelle
nuova di zecca, Bran ripensava a quelle parole. Non sopportava vedere
Meera
arrabbiata, ma molto probabilmente lei aveva frainteso. Bran sapeva che
il
posto di Arya non era a Grande Inverno, non ancora almeno. Lo sapeva e
basta.
Doveva essere lasciata libera di fare le proprie scelte, proprio come
Bran
quando aveva deciso di rincorrere il proprio destino verso l’ignoto. In
un modo
o nell’altro, il fato avrebbe sempre trionfato ed era futile tentare di
evitarlo. La storia di Hodor ne era la prova. Bran non voleva
comportarsi in un
modo piuttosto che in un altro, semplicemente faceva quello che
riteneva
giusto. E allora perché Meera non riusciva a capire?
Pranzarono in
silenzio,
tutti seduti al lungo tavolo di legno che faceva parte dell’esistenza
di Bran
da quando aveva memoria. Nessuno sembrava in vena di parlare,
soprattutto
Meera, che non alzava gli occhi dal piatto.
A un certo punto
Davos, che Bran
aveva saputo essere il principale consigliere di Jon, osò rompere quel
silenzio. “Quanto credete impiegheranno per raggiungere Ultimo
Focolare?” Bran non ne aveva idea, così non parlò.
“Un pomeriggio”
rispose Sansa con voce atona, “se le condizioni sono ottimali.” Davos
aggrottò
la fronte.
“Pensi ci siano possibilità di respingere questi Estranei, lady Sansa?” chiese allora Brienne.
Sansa lasciò cadere
la forchetta nel piatto con
troppa veemenza. “Non lo so, Brienne, non lo so!” esclamò irritata “Non
ho mai
visto gli Estranei, non ho mai visto i non-morti, non ho mai neppure
assistito
davvero a una battaglia… Lasciami in pace, ti prego.” Brienne sembrava
sconvolta da una simile reazione e anche Davos appariva a disagio.
Podrick si
limitò a concentrarsi sul proprio pasto.
Poi Sansa sospirò.
“Devi perdonarmi”
disse rivolta a Brienne, “sono molto stanca e non so quello che dico…”
“Non
devi scusarti” si affrettò a dire Brienne, “siamo tutti sconvolti…”
Sansa
appoggiò le mani sul tavolo. “Credo abbiamo delle possibilità” replicò,
“ma
tutto dipende dalla strategia che adotteranno a Ultimo Focolare.”
“Le
strategie non servono contro gli Estranei” non poté trattnersi dal dire
Bran. “Loro attaccano e basta, ma mandano avanti sempre i loro
non-morti per primi.”
Indicò Meera. “Lei ha ucciso un Estraneo” disse in tono orgoglioso.
“Complimenti, mia
signora” si congratulò Davos, “ora il numero di Estranei
uccisi sale a tre…”
Bran sapeva che il
primo ad uccidere un Estraneo era stato
Samwell Tarly, il confratello dei Guardiani che aveva incontrato al
Forte della
Notte. Ricordò di non averlo visto al Castello Nero e si chiese se
fosse ancora
vivo. Ci furono attimi di silenzio in cui tutti si dedicarono al
pranzo.
“Quanti sono gli
Estranei?” chiese poi Podrick a nessuno in particolare.
“Non
lo so con esattezza” rispose Bran sbirciando Meera, “ma non troppi:
forse un
centinaio massimo, ma credo più probabile una cinquantina.”
“Il problema sono i
non-morti” proseguì Meera. “Ce ne sono più di centomila e ogni nostro
morto
diventa un’arma nelle mani degli Estranei. I non-morti non pensano,
ucciderebbero anche i loro cari, e possono essere distrutti
definitivamente
solo dal fuoco.” Podrick annuì, gli occhi grandi di agitazione.
“Tu sei la
figlia di Howland Reed, giusto?” chiese improvvisamente Sansa e Meera
annuì “Non
riesco a mettermi in contatto con tuo padre, qual è il motivo secondo
te? I corvi
non tornano mai indietro…”
Meera cambiò
posizione sula sedia. “Torre delle
Acque Grigie non è facile da trovare” spiegò. “E' costruita su una
piccola isola
artificiale e si muove nella nebbia. La leggenda dice che solo il
destino può
portare gli stranieri a trovarla. E’ normale i corvi non riescano a
raggiungerla, però se vuoi posso aiutarti e recapitare un messaggio a
mio
padre…”
Sansa le sorrise.
“Sei molto gentile” la ringraziò educata. Poi si alzò
in piedi. “Dovete scusarmi” disse, “devo andare a parlare con lord
Manderly
riguardo alla sicurezza di Porto Bianco. Ser Davos, vuoi
accompagnarmi?”
Davos
quasi si strozzò con il vino che stava bevendo. “Certo, mia signora”
rispose
subito seguendola fuori dalla sala. Bran sospirò e continuò a mangiare.
“La tua
Sorella Oscura è meravigliosa” osservò Brienne rivolta a Meera, “sai
usarla?”
Meera la fissò
incerta. “No” ammise poi, “sono un’arciera, non una spadaccina.”
Brienne sorrise.
“Allora dovresti imparare, non credi?” chiese gentile “Vuoi
allenarti con me e Pod?”
Meera guardò Bran.
“No, non posso” disse in fretta,
“devo aiutare Bran a…”
“Tranquilla” la
rassicurò lui, “con questa sedia a
rotelle posso spostarmi da solo e in caso di bisogno c’è sempre maestro
Wolkan…” Meera non sembrava convinta.
“Avanti, mia signora”
disse Podrick in
tono incoraggiante. “Brienne è la migliore con la spada: è riuscita a
insegnare perfino a me!”
Brienne fece una
smorfia. “Spero solo lady Meera sia
meno goffa di te.”
Meera rise.
“D’accordo” assentì, “ma non voglio che
mi chiamate mia signora o lady, solo
Meera.”
Brienne annuì.
“Forza” disse alzandosi, “andiamo nel cortile davanti all’armeria,
credo che
per iniziare sia meglio utilizzare spade da addestramento.”
Meera iniziò a
spingere la sedia a rotelle di Bran. “Vuoi che ti porti da qualche
parte in particolare?”
chiese e Bran scosse la testa. “Voglio vedervi mentre combattete”
rispose e
Meera non disse nulla. Posizionò la sedia all’ombra di un albero e si
assicurò
che le gambe di Bran fossero ben coperte. Nonostante non volesse essere
trattato come un neonato, Bran amava quelle premure.
Brienne era tornata
indietro dall’armeria e porse le spade a Podrick e Meera, che
approfittò della
pausa per legarsi i capelli all’indietro. “Ora proverete ad attaccarmi
insieme”
disse Brienne impugnando la spada a due mani. “Vi conviene collaborare
e non
dimenticate la difesa…”
Meera e Podrick si
guardarono per un momento. Podrick
attaccò per primo, riuscendo a tenere impegnata Brienne per qualche
secondo.
Meera continuava a essere indecisa riguardo alla mano con cui impugnare
l’arma
e, quando ebbe optato per la destra, si lanciò in avanti. Era evidente
non
avesse alcuna idea di quello che stava facendo e i suoi movimenti erano
scoordinati. Brienne la colpì non eccessivamente forte sulla spalla e
Meera
cadde a terra.
“Se non hai uno
scudo” disse Brienne aiutandola ad alzarsi,
“devi imparare a difenderti con la sola spada. Tienila alta e in
orizzontale,
così da poter bloccare i colpi del tuo avversario.”
“Ma Sorella Oscura è
più
corta della tua” osservò Meera perplessa.
“E’ vero” replicò
Brienne, “ma
entrambe sono di acciaio di Valyria: in un vero combattimento non si
spezzeranno.”
“La mia lo farebbe
però” borbottò Pocrick afflitto e le due donne
risero.
“Di nuovo” disse poi
Brienne e Meera tornò in posizione, stavolta la sua
presa più decisa sull’impugnatura della spada.
Bran li osservava
senza parlare
e fu quasi soffocato dai ricordi. In quello stesso cortile aveva
sfidato e
battuto il principe Tommen durante la visita di Robert Baratheon a
Grande
Inverno. L’aveva mandato a sedere nella polvere e ser Rodrick aveva
lodato la
sua bravura. In quel luogo aveva visto Jon e Robb affrontarsi da quando
era
abbastanza grande da poter camminare. Ricordava il suono delle spade,
le loro
risate, le grida di Sansa quando sua sorella le tirava i capelli, le
suppliche
di Arya per poter imparare a combattere, le folli corse di Rickon giù
per le
scale, il sorriso di suo madre e lo sguardo orgoglioso di suo
padre.Tutto
questo era stato prima della caduta.
Bran sospirò e,
poggiando le mani sulle
ruote della sedia a rotelle, la fece girare. Tutti i suoi sogni si
erano
infranti, la sua vita non contava più nulla. Era il Corvo con Tre Occhi
e
l’unica cosa che riusciva a fare era avere delle stupide visioni. Non
era
quello che voleva. Chiuse gli occhi, ascoltando i gridolini di Meera.
In quel
momento sarebbe voluto essere al suo fianco, a ridere e divertirsi
nonostante
gli Estranei minacciassero di spazzare via tutto. Avrebbe voluto
abbracciarla,
dirle quanto fosse importante per lui, che l’avrebbe sempre protetta.
Invece
non era capace nemmeno di badare a sé stesso. Mi dispiace, Meera, pensò
sentendo un peso sul cuore. Non
posso rappresentare per te ciò che tu sei per
me. Voleva solo quel tormento finisse, in qualunque modo.
Notò di essere
entrato nel Parco degli Dei, che era silenzioso come al solito. Bran si
guardò
diffidente intorno: sembrava solo. Spinse la sedia a rotelle fino
all’Albero del
Cuore e vi accostò titubante la mano. E’
questo che posso fare, pensò
convinto. Solo così riuscirò a
rendermi utile. Quando la mano toccò il
tronco, Bran sentì il suo corpo gelare e fu avvolto dall’oscurità. Si
ritrovò
nella stessa radura dei sogni, con i Figli della Foresta che lo
fissavano
curiosi.
Bran andò loro
incontro. “Il Re della Notte l’ha usato” disse con
amarezza, “il Corno di Joramun…”
Un Figlio della
Foresta annuì. “Lo sappiamo. La Barriera è crollata. Gli Uomini hanno
perso, Brandon Stark.”
Bran
scosse la testa. “Non ancora” obbiettò. “Combatteremo fino alla fine:
abbiamo
delle armi per sconfiggere gli Estranei.”
Il Figlio lo guardò
con compassione.
“Non serviranno contro il Re della Notte” disse in tono tetro, “nulla
può
contro di lui…” Bran rabbrividì e decise di cambiare discorso. “Voi
dove
vivete?” chiese inginocchiandosi nell’erba “Qui non c’è neve…”
I Figli si
fissarono. “Viviamo su quella che chiamate Isola dei Volti” rispose uno
di
loro, “protetti dagli Uomini Verdi.”
Allora Meera aveva ragione, pensò
Bran
sorridendo. I Figli della Foresta
non si sono ancora estinti. “Voi conoscete
gli Estranei” disse. “Forse se riuscissi a venire ad incontrarvi…”
“Non puoi!”
esclamò un altro dei Figli con gli occhi sgranati “L’ultima volta che
abbiamo
permesso a degli umani di camminare fra quest alberi, gli Estranei si
sono
risvegliati e voi uomini vi siete messi a combattere fra di voi.”
“Eppure non
potevamo mandarli via” continuò un Figlio che doveva essere un
esemplare
femmina, “sono venuti per sposarsi sotto gli alberi sacri.”
All’improvviso Bran capì perché quella radura gli sembrava così familiare: era il luogo del matrimonio di Rhaegar e Lyanna. Perché sarebbero dovuti arrivare sull’isola? pensò Bran esterrefatto Possibile stessero solo cercando un luogo nascosto?
Uno dei Figli della
Foresta si era avvicinato. “Gliel’abbiamo detto” mormorò
triste. “Abbiamo detto loro che avrebbero causato morte e distruzione,
ma non ci
hanno voluto ascoltare…”
Un altro si fece
avanti. “Tu sei il Corvo con Tre
Occhi, giusto?” chiese e Bran annuì “Devi stare attento, tutto dipende
da te
ora. Noi lo conoscevamo, il Corvo con Tre Occhi che era prima di te…”
Bran era
rimasto a bocca aperta.
“Lo conoscevamo prima
che partisse per la Barriera”
aggiunse un altro, “era un uomo così impetuoso, con quella sua spada
nera,
Sorella Oscura la chiamava…” Bran tentò di ricordare quello che Arya
aveva
detto a proposito della spada.
“Diceva di essere
figlio di un re e di chiamarsi Corvo di Sangue.”
Bran sgranò gli
occhi. Brynden
Rivers! pensò folgorato dalla rivelazione Il Corvo con Tre Occhi era Brynden
Rivers, ecco perché Sorella Oscura era in quella caverna…
La scena sfumò e
Bran si ritrovò di nuovo nella sala del Trono di Approdo del Re. Vide
una
regina vestita di nero sedere sul Trono di Spade e urlare qualcosa che
tuttavia non comprese. Poi le immagini divennero confuse e presero a
scorrergli
davanti agli occhi veloci. Vide una torre avvolta dalla nebbia e un
uomo
affacciato alla finestra. Vide l’Altofuoco distruggere il Tempio di
Baelor,
vide un ragazzo e un uomo affrontarsi in combattimento sotto le mura di
una
città. Vide Rhaegar cadere nelle acque del Tridente, i rubini che
schizzavano
via dalla sua armatura, e mormorare il nome della donna che amava. Vide
Lyanna
nel suo letto di sangue, mentre cantava con voce morente una strana
melodia di
ghiaccio e fuoco a suo figlio. Poi vide una ragazza scrivere in fretta
un breve
messaggio e lanciare un corvo dalla finestra della Torre della Gioia.
Vide
l’acqua ribollire di sangue e una spada accendersi nel fuoco.
Poi udì il
ruggito del drago.
Era a terra nella
neve, le sue scaglie candide intrise di
sangue ed il corpo in agonia. Era circondato da non-morti e non
sembrava capace
di sputare fuoco. Bran rimase immobile mentre osservava con orrore il
Re della
Notte avvicinarsi alla bestia. Quando estrasse la sua arma, Bran
avrebbe voluto
urlare, ma riuscì fortunatamente a trattenersi. Il Re della Notte
sollevò la
falce di ghiaccio e colpì. Il suono che seguì costrinse Bran a tapparsi
le
orecchie, le lacrime che minacciavano di tradirlo. Strinse gli occhi e
rimase
là tremante e paralizzato dal terrore. Quando osò aprire gli occhi,
rischiò di
cadere a terra per lo spavento.
Gli occhi del drago
erano blu e ben aperti e le
sue ali nuovamente spiegate. Il suo repiro era gelido e Bran lo vide
congelare
il gruppo di non-morti più vicini. Il drago ruggì nuovamente, stavolta
come
cupo avvertimento, e lo sguardo del Re della Notte incontrò quello di
Bran. Fu
allora che lui ritornò in sé.
Meera era al suo
fianco e sembrava terrorizzata.
“Bran” disse con voce concitata, “che ti succede?”
Bran sentiva sudore
freddo
bagnargli la schiena. “I-il drago” balbettò senza il fiato, il cuore
che
batteva all’impazzata per il panico, “quello che ci aveva salvati… E’
stato
ucciso dagli Estranei… Meera, lui è, lui è uno di loro ora... Sputa
ghiaccio,
come facciamo a sconfiggere un drago?” Bran sentiva di star sentendosi
male.
“Non ce la faremo mai” disse ansimando e quasi piangendo, “è tutto
perduto… Un
drago, come potremmo mai…”
Meera lo schiaffeggiò
forte. “BASTA!” urlò e Bran
ammutolitì. “Ti comporti come un ragazzino” proseguì lei. “Tua sorella
e tanti
altri sono andati là a fronteggiare questo nemico e tu stai qui a piangere?! Li credi spacciati? Sei
sicuro della loro morte?”
Bran al fissò
incredulo. “No!”
“Allora smettila di
parlare come avessimo già perso, dobbiamo ancora combattere…”
“Ma hanno un drago…”
“E allora
distruggeremo
anche il loro drago” disse Meera convinta, “sarà solo più diffcile.” Si
alzò in
piedi. “Ti avverto, Brandon Stark” disse in tono minaccioso, “se ti
comporterai
ancora così, giuro che ti lascerò qui e me ne tornerò a casa.”
Bran si sforzò
di sorridere. “Non lo farò” promise a bassa voce.
In quel momento
sopraggiunse
ser Davos. “Eccovi, siete qui” disse piuttosto imbarazzato di averli
trovati da
soli. “Venite, ci sono nuovi arrivi a Grande Inverno…”
Bran aggrottò la
fronte:
che Jon fosse finalmente tornato? Meera spinse la carrozzella fino al
portone,
dove trovarono anche Sansa, Brienne e Podrick. Brienne sorrideva ai
nuovi
arrivati, come si salutava un vecchio amico. Bran sentì Meera
sussultare. Era
una coppia a essere arrivata a Grande Inverno. La ragazza era bruna e
coperta
di pellicce, mentre il ragazzo aveva la barba scura ed era abbastanza
grasso.
Bran sorrise quando la coppia si fece avanti per rendere omaggio a
Sansa.
“Piacere di
conoscerti, mia signora, io sono Samwell
Tarly.”
Cersei
Jaime era venuto
nelle sue stanze
per affrontarla. Cersei lo vedeva lì in piedi, con la mano d’oro
abbandonata
lungo il fianco e quella sua aria contrariata.
La regina sospirò.
“Se devi dire
qualcosa dillo in fretta” lo avvertì impaziente.
Jaime fece un passo
verso di
lei. “Hanno preso Castel Granito” disse come se Cersei non ne fosse già
a
conoscenza, “io ti avevo avvertito, i…”
“Era la soluzione
migliore” lo
interruppe Cersei, “ora l’esercito protegge Approdo del Re.”
“Abbiamo
abbandonato la nostra terra” osservò Jaime corrugando la fronte,
“abbiamo
tradito la fiducia dei nostri alfieri…”
“La maggior parte
ancora ci sostiene.”
“Ma molti sono
passati dalla parte di Daenerys” ribatté
Jaime, “e non me la sento certo di biasimarli…”
Cersei alzò gli occhi
al cielo.
“Non abbiamo bisogno di loro, Jaime” disse tranquilla, “noi siamo
leoni.”
“I leoni
lavorano in branco” osservò Jaime, “e noi non abbiamo più alleati.”
“Abbiamo un
esercito.”
Jaime scosse la
testa. “Un esercito che non è
neanche la metà di quello della Regina dei Draghi” disse con amarezza.
“Come
possiamo sperare di sconfiggerla?”
Cersei si alzò dalla
poltrona. “Qyburn
voleva parlarmi” disse cambiando argomento, “dice di avere delle notzie
importanti.”
Jaime inclinò la
testa. “Mi permetterai di venire con te?” chiese
con una punta d’ironia nella voce che a Cersei non piacque affatto.
“Solo se ci
risparmierai i tuoi commenti inutili” ribatté lei freddamente prima di
uscire dalla
camera. Salutò ser Gregor e gli chiese di seguirla. Non si voltò a
controllare
se Jaime fosse o meno dietro di lei. La caduta di Castel Granito era
stata
opera di Tyrion, di questo Cersei ne era sicura, solo lui avrebbe
potuto
condurre un esercito in quella missione.
“La Roccia è
inespugnabile se non si
conoscono i suoi segreti” diceva sempre loro padre, “e i suoi segreti
sono il
tesoro dei Lannister.”
E ora Tyrion aveva
venduto quel tesoro a una puttana
straniera. Cersei si impose di mantenere la calma. Forse è morto nella
battaglia, pensò speranzosa, forse
è rimasto finalmente ucciso. Il ghigno
malefico di Tyrion continuava tuttavia a perseguitarla. Cersei si portò
d’istinto le mani alla gola, come a volerla proteggere. Le parole di
Maggy la
Rana la tormentavano nel sonno, quella parola ripetuta allinfinito:
valonqar, fratellino.
Cersei scosse la
testa,
tenendo a bada l’isteria. No, non
glielo permetterò, si disse ansimando. Non
si avvicinerà a me… Ricordò le urla di Melara Hetherspoon mentre
Cersei la
spingeva in quel freddo pozzo di Castel Granito. All’epoca voleva che
la
profezia si avverasse, voleva la sua corona di regina, e non aveva
esitato ad
uccidere la sua amica perché ciò avvenisse.
La strega aveva predetto che
Melara sarebbe morta annegata in un pozzo in giovane età,
ricordò Cersei, e
io ero terrorizzata dall’idea che ciò potesse non avverarsi. Non
provava
rimorso per quello che aveva fatto, in fondo si era limitata ad
obbedire alla
profezia. E tutto il resto si era compiuto, ogni tassello era andato al
proprio
posto. Cersei aveva odiato e al tempo stesso temuto Tyrion per tutta la
vita,
ma ora era decisa a non permettere alla profezia di avverarsi, a
qualunque
costo.
Raggiunsero le stanze
del Primo Cavaliere e trovarono Qyburn seduto al
tavolo intento a leggere delle carte. Subito si alzò in piedi, chinando
il
capo. “Mia regina” la salutò e Cersei gli fece cenno di risedersi.
Prese posto
dall’altra parte del tavolo e si versò il vino. Presto furono raggiunti
da
Jaime, che si sedette dal lato di Qyburn.
“Bene” iniziò Cersei,
“quali sono
queste novità?”
Qyburn posò le mani
sul tavolo. “Sembra che Daenerys non sia
più in grado di controllare il suo esercito” spiegò, “e ha perso il
supporto
di molti dei suoi alleati. Al momento, da quanto i miei uccelletti
riferiscono,
può contare solamente sull’esercito di Dorne: gli altri si sono
ammutinati o
risultano impegnati in altre missioni.”
“Dove si trova in
questo momento la
ragazzina?” chiese Cersei desiderosa di sfruttare a proprio vantaggio
la
situazione.
“A Duskendale, vostra
grazia.”
Cersei rise. “A
visitare le celle in cui è stato imprigionato suo padre?” chiese
sarcastica
“Sta perdendo troppo tempo…”
“Credo abbia una
strategia” si intromise Jaime.
“Vorrà colpire Approdo del Re quando sarà al massimo della forza.”
“Sta
cercando di ottenere la fedeltà dei lord di queste terre, vostra
grazia” disse
Qyburn. “Gli Stokeworth sono passati dalla sua parte e credo anche i
Rosby.”
“I
loro eserciti sono patetici” ribatté Cersei. “Non ci daranno fastidio.”
“Sono
sempre nuovi nemici da aggiungere alle fila di quelli che abbiamo già”
osservò
Jaime scettico, “e Daenerys ha anche tre draghi, non dimenticartelo.”
“Su
questo credo possiamo rallegrarci” intervenne Qyburn, “sembra che uno
dei
draghi sia scomparso, mentre un altro è stato rubato…”
Jaime era incredulo.
“Rubato?!” ripeté “E da chi?”
“Non lo so, mio
signore” rispose Qyburn “Ma nessuno
può sperare di controllare quelle bestiacce, quindi chiunque sia stato
non ci
darà problemi.”
“In ogni caso
dovremmo preparare la città per un assedio”
insistette Jaime, “rinforzare le mura e…”
“Non credo ci sarà il
tempo, mio
signore” obbiettò Qyburn e Cersei si voltò a guardarlo. “Garth
Hightower marcia
su Approdo del Re insieme all’esercito che era
di Olenna Tyrell. Si è ribellato a Daenerys Targaryen e sta cercando
vendetta
per la sua famiglia.” Cersei sbuffò irritata.
“Di quanti uomini è
composto il
suo esercito?” si informò Jaime.
Qyburn aggrottò le
sopracciglia. “Non più di
ventimila suppongo.”
“I Dothraki sono con
lui?”
Qyburn scosse la
testa. “I selvaggi sono rimasti a radere al suolo qualche
villaggio nell’Ovest” replicò. “Anche loro sembrano sfuggiti alle
redini di
Daenerys.”
Cersei annuì.
“Perfetto” disse alzandosi, “vorrà dire che
porteremo il nostro esercito fuori ad affrontare quello di Garth
Hightower e lo
distruggeremo.”
Jaime sgranò gli
occhi. “Cersei, è una follia! Perderemmo troppi uomini e non potremmo
difenderci all’arrivo di Daenerys.”
Cersei lo guardò con
sufficienza. Non gli avevo detto di
risparmiarmi i suoi
stupidi commenti? “Credi sia meglio lasciare che Garth
assedi Approdo del Re?” chiese aggressiva “Così da ridurci alla fame
prima
ancora dell’attacco di quella ragazzina? Così che stremati non potremmo
mai
difenderci? A volte mi chiedo da che parte stai, Jaime.”
Suo fratello sembrava
ferito da quell’accusa, ma Cersei era stufa della sua stupidità. La sua
incapacità mi ha già fatto perdere l’Altopiano, pensò irata. Stavolta deciderò
io.
Si alzò in piedi. “Ho
preso la mia decisione” disse in tono che non
ammetteva repliche. “Jaime, tu porterai il mio esercito fuori dalle
mura e incontrerai
quello di ser Garth in battaglia. E vedi bene di vincere questa volta e
di
punire quei traditori: non voglio sia mostrata nei loro confronti
alcuna
pietà.”
Jaime sembrava
provato. “Cersei, io…” iniziò con voce debole.
“Miei signori” lo interruppe gelida la regina ed uscì dalla stanza senza voltarsi indietro.
"Il peggior dolore che un uomo può soffrire: avere comprensione su
molte cose e potere su nessuna."
N.D.A.
Eccomi!!! Perdonate questo mostruoso ritardo!!! Ho dovuto studiare tantissimo in questo periodo pre-natalizio e non ho avuto un attimo per respirare e sistemare questo capitolo. Vi prego tutti di perdonarmi, proverò a essere più puntuale ^_^
Dire che questo capitolo sia di passaggio è dire veramente poco XD XD XD Il prossimo sarà molto più intenso. Per ora si sta solamente preparando la scacchiera e vari esercito sono inviati: spero non abbiate perso il conto ^_^''''''
Dany perde alleati a vista d'occhio: sarà in grado di vedere i suoi errori e sistemare le cose?
E le spade di acciaio di Valyria sembrano spuntare come funghi XD XD XD in realtà sono tutte spade che già esistono nell'universo di Martin, non ho inventato nulla ^_^ che il Corvo con tre occhi fosse Brynden Rivers è una teoria piuttosto accreditata (praticamente confermata nei libri), così come il fatto che abbia conservato Sorella Oscura.
E' strano postare un capitolo in cui né Jon né Daenerys compaiono XD XD XD ma torneranno presto!
Come al solito ringrazio i miei fedelissimi: __Starlight__, GiorgiaXX e Red_Heart96. E un grazie anche a tutti coloro che hanno inserito la storia tra le preferite, seguite e ricordate: spero davvero vorrete prima o poi lasciare un commento ^_^
Mi scuso con tutti coloro a cui sto recensendo le storie. So di essere scomparsa per troppo tempo e spero vivamente di tornare in carreggiata il più presto possibile :-)
Gli aggiornamenti torneranno regolari ogni due settimane il sabato. Quindi ne approfitto ora che posso per farvi tantissimi auguri di buon Natale! Vi auguro di trascorrere delle splendide vacanze!
NB: tornano le citazioni colte, stavolta con Erodoto. La trovo perfetta per descrivere ciò che deve sentire Bran che conosce più di tutti e resta comunque il più impotente quando il male accade.