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Autore: Stria93    18/12/2018    2 recensioni
(Missing Moment 1x12)
Alla fine, la donna parlò. - Sì, credo che lei sia un bastardo senza cuore, opportunista, subdolo, manipolatore, crudele ed egoista. -
L'uomo ghignò nuovamente. - Una descrizione piuttosto accurata e lusinghiera, direi. -
- Ma, - proseguì Emma ignorando il suo commento sarcastico, - so che non si diventa così senza aver subito un grande dolore.
Genere: Generale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Emma Swan, Signor Gold/Tremotino
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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sheriff

Le lancette dell'unico orologio che ornava la parete spoglia dell'ufficio dello sceriffo segnavano le 2 di notte.
Erano trascorse tre ore da quando Emma aveva arrestato il signor Gold, dopo che egli aveva aggredito e pestato a sangue il fioraio Moe French.
L'uomo si era lasciato condurre in centrale senza opporre resistenza, mantenendo anzi l'innata eleganza e l'atteggiamento beffardo che lo contraddistinguevano, come se l'essere arrestato non implicasse un grosso problema per l'uomo più potente e temuto della città.
La donna lo aveva rinchiuso in una delle due anguste celle della piccola centrale di Storybrooke, dove l'unico elemento d'arredo era una misera brandina sulla quale giaceva una coperta ripiegata e mezza mangiata dalle tarme.
Lo sceriffo l'aveva schedato e aveva tentato di carpirgli qualche informazione riguardante il vero motivo della sua cruenta, e apparentemente insensata, spedizione punitiva contro French, ma lui si era chiuso in un silenzio ostinato e alla fine Emma si era vista costretta a desistere.
I due non si erano più parlati. Gold si era seduto sul letto e osservava il vuoto davanti a sé, mentre un turbine di lontani ricordi, risvegliati dall'accaduto di quella giornata, imperversava nella sua mente e un unico obiettivo lo tormentava: riprendersi l'oggetto che gli era stato rubato. Riprendersi quell'umile tazza da tè sbeccata che era tutto ciò che gli rimaneva di lei.
Naturalmente sapeva che Moe non si era intrufolato in casa sua per rubare di sua iniziativa; no, era stato sicuramente istigato da qualcuno e lui aveva l'impressione di sapere perfettamente di chi si trattasse e che questa persona presto si sarebbe fatta viva per proporgli uno scambio.
Emma, dal canto suo, si era preparata una tazza di cioccolata fumante, arricchita da una spruzzatina di cannella, e si era messa a sfogliare distrattamente le pagine de Lo specchio di Storybrooke.
Quella sera, tuttavia, le riusciva stranamente difficile concentrarsi sui numerosi articoli scritti a caratteri minuscoli o sulle foto in bianco e nero che troneggiavano fiere su ogni facciata. Era come se ogni suo gesto, ogni suo respiro, perfino ogni battito del suo cuore, fossero costantemente passati al vaglio di... qualcuno. Come se il muro di freddezza e distacco dietro al quale aveva sempre tentato di ripararsi celando al mondo la vera se stessa, fosse diventato improvvisamente di vetro e chiunque potesse, a un tratto, osservare ciò che la maggior parte del tempo rimaneva nascosto.
No, non chiunque... Lui.
Emma scoccò una fugace occhiata al suo prigioniero seduto sulla branda dietro le sbarre, e questi le restituì un sorrisetto furbo. Il dente d'oro luccicò per un istante, come se stesse ammiccando maliziosamente nella sua direzione.


Dopo un po', la donna ripiegò il giornale e si stropicciò stancamente gli occhi chiari, con un lieve sospiro.
Al signor Gold non sfuggì quel gesto, così come i ripetuti sbadigli che lo sceriffo aveva inutilmente cercato di dissimulare nel corso dell'ultima ora e mezza. - Dovrebbe dormire un po', dearie o finirà per crollare sulla scrivania. -
Emma alzò lo sguardo e trovò l'uomo che la fissava da dietro le sbarre della cella; impossibile capire cosa stesse pensando davvero e cosa si nascondesse dietro quell'accenno di sogghigno beffardo.
- Non avrò grande esperienza come sceriffo, - esordì la donna, - ma di certo non sono così ingenua o sprovveduta da andarmene e lasciare lei qui da solo, senza sorveglianza. Conoscendola, credo che potrebbe trovare il modo di evadere ed essere fuori di qui neanche dieci minuti dopo che mi sarò allontanata. -
Il ghigno di Gold rimase al suo posto mentre la sua mano si depose all'altezza del cuore e l'uomo accennò un piccolo inchino. - Lei mi lusinga, sceriffo. Ha ragione a non sottovalutare le mie risorse, ma, in questo caso, posso rassicurarla: non ho nessuna intenzione di fuggire e sottrarmi alla legge. -
Emma alzò un sopracciglio, sinceramente sorpresa. Grazie al suo “superpotere” capiva sempre quando qualcuno mentiva, dunque rimase piuttosto stupita quando non scorse alcuna ombra di menzogna nelle parole del suo prigioniero che, con il solito disarmante acume, intuì subito la sua perplessità come se la sua mente fosse un libro aperto.
- Oh, non mi guardi così, sceriffo Swan. Solo perché non intendo fuggire di cella in piena notte come un comune galeotto, non significa che rimarrò a lungo dietro le sbarre. I miei mezzi sono molto più sottili e raffinati, dovrebbe saperlo. -
La bionda annuì piano. - Sì, mi sono fatta un'idea piuttosto chiara dei suoi “mezzi”. -
- Allora avrà sicuramente capito che non potrà trattenermi qui più di quanto io le permetterò, ma, come le ho detto, per stanotte non deve preoccuparsi di me. Farò il bravo prigioniero e me ne starò seduto qui a rimpiangere di non essere riuscito a fare ancora più male al signor French. -
Suo malgrado, Emma rabbrividì a quell'asserzione che, nonostante il tono casuale e distaccato con cui era stata pronunciata, trasudava crudeltà e ferocia inaudite, quasi inumane.
Di nuovo, Gold colse alla perfezione i suoi pensieri. - Mi considera un mostro, non è vero? Mi considera... una Bestia. -
Emma non rispose subito, si limitò invece a scrutare intensamente l'uomo. Il contrasto tra il suo portamento distinto, l'abbigliamento fino ed elegante e il misero ambiente della scarna cella in cui si trovava risultava quasi grottesco a vedersi.
Alla fine, la donna parlò. - Sì, credo che lei sia un bastardo senza cuore, opportunista, subdolo, manipolatore, crudele ed egoista. -
L'uomo ghignò nuovamente. - Una descrizione piuttosto accurata e lusinghiera, direi. -
- Ma, - proseguì Emma ignorando il suo commento sarcastico, - so che non si diventa così senza aver subito un grande dolore. Sono piuttosto sicura che dietro la sua maschera si celi un'enorme sofferenza, anche se non riesco ad immaginarne la causa. Involontariamente, me l'ha confermato lei stesso proprio questa sera. -
Il sorriso scomparve dalle labbra sottili del signor Gold. - Che cosa vorrebbe dire, sceriffo? -
- L'ho sentita accusare Moe French di aver fatto del male a una persona... una lei che, dal suo punto di vista, se n'è andata per sempre per colpa di French. La furia cieca con cui l'ha colpito può nascere solo da un dolore immenso. -
Per la prima volta, Gold rimase in silenzio e non replicò prontamente con una risposta caustica come era suo solito. Emma si prese un attimo per studiare l'effetto che le sue parole avevano avuto sul prigioniero e capì di aver colto nel segno. - Perché non mi dice cos'è successo esattamente? Chi è questa lei? Forse potrei fare qualcosa se... -
- Questi sono affari che non la riguardano, dearie. - sibilò l'altro a denti stretti. - E, ad ogni modo, qualunque sua buona intenzione sarebbe assolutamente vana perché lei è morta molto tempo fa e, a meno che non sia in grado di trascendere le leggi della Vita e della Morte, dubito fortemente che il suo aiuto possa essere di qualche utilità. -
A Emma non sfuggì il tremore della sua voce, né il fatto che le sue nocche fossero sbiancate dalla forza con cui stringeva l'impugnatura dorata del bastone. Gold poteva nascondersi dietro la sua preziosa maschera quanto voleva, ma l'aura di dolore che lo circondava in quel momento era quasi palpabile... almeno per lei, che con quel tipo di sentimenti aveva avuto a che fare fin da bambina.
- Mi dispiace. - disse piano.
Il signor Gold fece un gesto di noncuranza con la mano. - Ormai non ha più importanza. -
- Davvero? Non si direbbe, a giudicare da come ha ridotto il signor French. -
- Può anche smettere di giocare a fare il Dottor Hopper con me, dearie. Le posso assicurare che non otterrà altre informazioni, inoltre le sconsiglio vivamente di perdere il suo tempo in inutili congetture: la faccenda è molto più complicata di quanto lei possa immaginare. -
Emma osservò l'uomo dietro le sbarre e capì che quella discussione era conclusa; non avrebbe saputo nulla di più da lui. Non quella notte.
Sapeva riconoscere una causa persa, e quella lo era senza alcun dubbio.


Messo da parte ogni tentativo di far parlare Gold, Emma prese a scartabellare in silenzio alcuni vecchi e polverosi fascicoli che aveva trovato nell'archivio della centrale, giusto per tenersi impegnata e non cedere al sonno; ma sembrava proprio che gli unici avvenimenti rilevanti nella ridotta storia del crimine di quella città fossero le sbronze di Leroy, che si concludevano a volte con il soggiorno di una notte in cella, e un paio di furtarelli di nessuna importanza. Non certo vicende che riuscissero a tenere desta la sua attenzione, e così non passò molto tempo prima che Emma Swan si appisolasse sulla poltrona da ufficio, il capo reclinato su una spalla e le braccia abbandonate in grembo.
Il signor Gold, dal canto suo, si sentiva invece perfettamente sveglio; l'adrenalina messa in circolo dal pestaggio di French non si era ancora esaurita e sebbene esternamente egli si mostrasse calmo e imperturbabile come sempre, si sentiva percorso da un insolito formicolio sottopelle: era il brivido dell'azione, l'esaltazione della violenza che non avvertiva da prima del Sortilegio, il piacere e l'eccitamento della sofferenza inflitta a quel maledetto che aveva imprigionato e torturato la sua stessa figlia e che l'aveva spinta ad una morte orribile, togliendo a lui ogni possibilità di rivederla, di chiederle scusa per il modo in cui l'aveva cacciata rinnegando il suo amore, di rimediare all'ennesimo errore della sua vita.
Per distrarsi da quelle cupe e dolorose elucubrazioni, Gold tentò di concentrare tutta la propria attenzione sulla donna assopita di fronte a lui, dall'altro lato delle sbarre: Emma Swan. La Salvatrice. Il frutto del Vero Amore. Il pezzo più importante della scacchiera. La pedina imprescindibile senza la quale il suo piano non avrebbe mai potuto realizzarsi.
Quante cose c'erano in gioco, quante vite dipendevano da quella giovane del tutto ignara del suo inestimabile valore.
L'uomo approfittò di quel momento di vulnerabilità per studiare con tutta calma i lineamenti e le fattezze dello sceriffo: da sua madre aveva ereditato gli occhi verdi e fieri, in quel momento nascosti sotto le palpebre, e il disegno delle labbra; da suo padre il biondo oro dei capelli e la forma del viso, da entrambi, aveva preso invece il coraggio, nonché l'innata propensione a perseguire sempre e in ogni circostanza la strada dell'altruismo e della giustizia. La strada degli eroi, quella che lui non aveva mai intrapreso, scegliendo sempre la via dell'Oscurità. La via più semplice.
Ma di due cose il signor Gold era del tutto certo: il fatto che presto Emma Swan avrebbe spezzato il Sortilegio portando a compimento l'impresa per la quale era nata, e che... si sarebbe svegliata con un terribile torcicollo.




Da Stria93: Hello dearies!
Credo che questo sia stato uno dei miei primissimi esperimenti di scrittura. Era sepolto in un cassetto da anni e negli ultimi tempi mi è venuta la voglia e l'ispirazione per riprenderlo e completarlo.
Adoro scrivere dei missing moments che la serie non ci ha mostrato e poi mi è sempre piaciuto il rapporto ambiguo tra Rumpel e Emma, che per certi versi sono molto simili.
E niente, spero che questa OS vi sia gradita e ringrazio come sempre chi leggerà e magari vorrà lasciarmi un parere.

  
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