ATTO II
Belle e Rumpelstiltskin attraversarono
la porta incantata e si ritrovarono per qualche secondo in una specie
di tunnel bianco e luminoso e, prima ancora che i loro occhi
scorgessero alcunché, vennero investiti da una ventata di aria
zuccherosa.
Belle inspirò a pieni polmoni e nella
sua mente presero subito forma pensieri di biscotti, torte, torrone,
cioccolato e caramelle di tutti i tipi, come se la fragranza di ogni
dolce e dolciume esistente al mondo fosse stata estratta e condensata
in quell'aroma che pervadeva tutta l'aria del luogo dove erano
giunti.
Quando finalmente arrivarono all'uscita
di quella galleria di luce accecante, il Signore Oscuro e la sua
domestica scoprirono di essere finiti nel bel mezzo di una radura
nella foresta, proprio come quella che si erano appena lasciati alle
spalle, con la sostanziale differenza che ora gli alberi non erano
più alberi ma alti bastoncini di zucchero decorati con sfarzose
righe bianche e rosse, l'erba di un vivace color verde pistacchio
odorava di menta candita e i loro piedi poggiavano su un sentiero
interamente lastricato di cioccolato fondente.
Il cielo dai delicati toni pastello del
primo mattino era popolato da grosse nuvole rosa e bianche che a
Belle ricordarono terribilmente degli sbuffi di zucchero filato.
Ogni cosa in quel bizzarro reame
trasudava tanta dolcezza da risultare, nel complesso, fin quasi
nauseante.
Evidentemente, Rumpelstiltskin doveva
essere proprio di questo avviso, perché l'espressione del suo volto
tradiva un chiaro disgusto nonché un palese desiderio di trovarsi in
qualunque altro posto che non fosse quel regno, fosse anche nel bel
mezzo di una battaglia tra orchi.
- E ora che facciamo? - domandò la
giovane, ancora sbigottita e leggermente stordita da quel profumo
dolce e caramelloso.
Rumpelstiltskin indicò il sentiero di
cioccolato con riluttante rassegnazione. - Be', seguiamo la strada,
direi. Dobbiamo raggiungere il palazzo della Fata Confetto, per
quanto la sola idea mi dia il voltastomaco. È la sovrana di questo
reame e solo lei possiede la magia necessaria per rimandarci a casa
nella Foresta Incantata. -
Il folletto s'incamminò di malavoglia
lungo la strada composta da due file di enormi quadrati scuri dai
quali si levava la caratteristica fragranza di cacao e Belle lo
seguì, gli occhi curiosi e increduli ancora spalancati su quelle
meraviglie.
Presto, Belle abbandonò il mantello, i
guanti e gli stivaletti, ormai superflui rispetto al clima tiepido e
piacevole di quel nuovo regno. La sensazione dei piedi nudi sui fili
d'erba morbidi, sottili e dalla consistenza vagamente gommosa, era
molto piacevole e le provocava un delizioso solletico che la fece
scoppiare in una risata.
Rumpelstiltskin tentò più volte di
richiamare la sua domestica all'ordine e alla dignità, ma la ragazza
continuava a fermarsi per ammirare, e assaggiare, i fiori (che in
realtà erano dei piccoli lecca-lecca tondi e dai colori sgargianti)
o i folti cespugli sui quali crescevano nientemeno che squisite
praline ai frutti di bosco.
- Piantala, dearie! - sbottò a un
tratto il folletto. - Non stiamo partecipando a una maledetta gita
turistica! Detesto questo reame e gradirei rimanerci il meno
possibile quindi fammi il santo favore di smetterla di scorrazzare in
giro come una trottola impazzita e fermarti ad ogni cosa che vedi. Mi
stai ascoltando? ...Dearie? Oh, per tutti gli déi! -
Il Signore Oscuro scoprì con grande
disappunto di aver solo sprecato fiato perché all'incirca a metà
della sua ramanzina, Belle aveva adocchiato l'ennesima stranezza ed
era corsa ad inginocchiarsi sull'argine di un ruscello dall'insolito
color arancione brillante che scorreva poco distante da lì.
- Non ci posso credere! - esclamò,
eccitata. - Questo è... è davvero... ? -
- Sì, dearie, è succo di frutta. E
ora alzati e vieni via; se continui a sporgerti così finirai per
cascarci dentro e, puoi credermi, non verrò a ripescarti. -
La ragazza scrollò le spalle e rispose
al tono imbronciato del suo padrone con un sorriso allegro: dal canto
suo, si stava divertendo un mondo ad esplorare quella foresta
commestibile ed era talmente di buon umore che nemmeno i suoi modi
rudi e bruschi sarebbero riusciti ad incupirla.
I due seguirono il sentiero che li
condusse fuori dal bosco e li portò in vista di un piccolo
agglomerato di case in lontananza.
- Quello è il Villaggio del
Cioccolato. La strada ci passa proprio in mezzo ma dovremmo riuscire
ad aggirarlo facendo una piccola deviazione. - commentò
Rumpelstiltskin.
Belle gli rivolse un'occhiata indignata
e colma di delusione. - Aggirarlo? Come
sarebbe a dire? -
Il Signore Oscuro
sbuffò sonoramente, la pazienza ormai agli sgoccioli. - Sarebbe a
dire, dearie, che intendo arrivare dall'altra parte senza
attraversarlo per la via principale. -
- So benissimo cosa
significa “aggirare”. - ribatté lei piccata, - Ma perché invece
non restiamo sul sentiero? Sarà molto più veloce che neanche fare
tutto il giro e, se ho ben capito, voi non volete trattenervi qui più
del necessario. Siete davvero sicuro di voler allungare il percorso?
A me sta bene, ma poi non dite che non vi avevo avvertito... -
Rumpelstiltskin
intercettò la scintilla di maliziosa furbizia che baluginò in
quegli occhi di acquamarina. Maledizione! Il ragionamento della sua
domestica non faceva una piega. L'aveva infinocchiato per bene,
incastrandolo grazie alle sue stesse parole, eppure non era ancora
pronto a cedere.
Belle notò
l'esitazione del folletto e decise di cambiare tattica: mise da parte
la logica e assunse la sua miglior espressione di supplica, prendendo
una mano del Signore Oscuro tra le sue. - Oh, vi prego,
Rumpelstiltskin! Insomma, quando mi ricapiterà l'occasione di
visitare un Villaggio del Cioccolato? Fatelo per me, per piacere! -
Per
l'ennesima volta nel giro di poche settimane, il terribile
Rumpelstiltskin, l'essere più potente e temuto di tutti i reami,
venne messo con le spalle al muro da una principessina.
Sospirò come un
condannato che si avvia al patibolo e annuì. - E va bene. Come vuoi,
dearie. Villaggio del Cioccolato sia! -
Belle lo ricompensò con un sorriso
tanto luminoso che, a confronto, il sole pareva essersi oscurato nel
cielo color confetto, poi lo prese per mano e si mise a correre a più
non posso in direzione del piccolo borgo.
Quando vi giunsero, la ragazza realizzò
immediatamente che il nome di quel paesello non era affatto da
interpretare in senso figurato, poiché questo era costruito
interamente e letteralmente di cioccolato! Bianco, al latte,
fondente... tutto, ma proprio tutto, era di cioccolato!
Una stupitissima ed emozionatissima
Belle arrivò insieme a un molto meno impressionato e molto meno
felice Rumpelstiltskin al centro della piazza, dove troneggiava una
fontana di cioccolato fondente nero e lucido, decorato con motivi
arzigogolati di cioccolato bianco, dalla quale zampillava un getto di
latte al cacao.
Fu allora che la giovane afferrò il
Signore Oscuro per un braccio e gli indicò un angolo dove una
piccola folla si era radunata e dal quale proveniva un allegro suono
di tromba, nacchere e altri strumenti musicali.
- Che cosa stanno guardando? Possiamo
avvicinarci? - chiese, speranzosa.
Di nuovo, Rumpelstiltskin sospirò. -
Ho forse possibilità di scelta, dearie? -
- Assolutamente no! - rispose lei,
ridendo e trascinandolo verso quel capannello.
Grazie a Belle, i due si fecero largo
tra la moltitudine di persone intente ad ammirare lo spettacolo e
finalmente capirono il motivo di tanto interesse: una piccola
orchestra si stava esibendo insieme a una coppia di giovani
ballerini.
La ragazza dalla bella carnagione
olivastra era vestita con un corsetto nero, completo di mezza manica
a rete, e un'ampia gonna a ruota dello stesso colore ma intervallata
da balze e rouches di un rosso fiammante. Tra i capelli raccolti
color dell'ebano aveva fissato una rosa vermiglia e in una mano
teneva un ventaglio. Anche l'abbigliamento del suo compagno di danza
richiamava lo stesso spettro cromatico e i loro movimenti erano
fluidi, eleganti e perfettamente in armonia con il motivo suonato
dall'orchestra.
Belle non riusciva a staccare gli occhi
dai due danzatori e quando, poco dopo, l'esibizione terminò e i due
s'inchinarono con grazia al pubblico, non poté fare a meno di unirsi
agli applausi fragorosi mentre Rumpelstiltskin se ne stava il più
possibile in disparte con le braccia incrociate sul petto e
l'espressione imbronciata.
La folla si disperse e Belle tornò al
fianco del Signore Oscuro, raggiante.
- Soddisfatta, dearie? Ora possiamo
andarcene da qui? - berciò lui.
Lei capì subito che quella domanda non
avrebbe ammesso risposte negative e non era il caso di mettere
ulteriormente alla prova la pazienza del suo padrone, così annuì e
i due ripresero il cammino.
Rumpelstiltskin spiegò a Belle che un
altro motivo per il quale quel reame gli era tanto odioso, era la
smodata passione dei suoi abitanti per la danza, passione di cui non
perdevano mai l'occasione di fare sfoggio, come avevano appena avuto
modo di vedere.
In effetti, quando i due giunsero a
quello che Rumpelstiltskin aveva indicato come il Villaggio del
Caffè, Belle ebbe modo di assistere ad un'altra esibizione
mozzafiato: sulle note di una melodia lenta e vagamente ipnotica, si
muovevano quattro ballerini (due donne e due uomini dalla pelle
ambrata) belli e flessuosi come serpenti e abbigliati secondo uno
stile che ricordava molto quello del popolo di Agrabah.
Lasciato il Villaggio del Caffè,
percorsero un altro tratto di strada di cioccolato e arrivarono al
Villaggio del Tè, popolato da persone di bassa statura e con stretti
occhi a mandorla, vestite di seta colorata e che portavano sulla
testa un buffo copricapo dalla forma a cono.
Anche qui si stava svolgendo una
frenetica danza a cui avevano preso parte anche dei bambini. La
melodia era allegra e incalzante e si faceva sempre più veloce, ma i
danzatori riuscivano, chissà come, a non perdere mai il ritmo.
A quel punto, Belle si aspettava di
assistere ad altri spettacoli del genere prima che quell'avventura
del tutto imprevista ma che si stava rivelando inaspettatamente
piacevole, terminasse e lei e Rumpelstiltskin facessero ritorno al
Castello Oscuro.
E le sue aspettative non vennero
disattese, perché presto la via che stavano seguendo li portò in un
altro villaggio dove quasi tutti indossavano sgargianti stivali
rossi, gli uomini larghi pantaloni a righe verticali e casacche
bianche strette in vita da una fusciacca, le donne ampie gonne
decorate che ruotavano a più non posso e i capelli stretti in trecce
lucenti.
Il loro modo di danzare era, ancora una
volta, unico e diverso rispetto alle esibizioni alle quali Belle e
Rumpelstiltskin avevano assistito negli altri villaggi: saltavano
come se avessero delle molle sotto i piedi, si piegavano e
rimbalzavano sulle ginocchia e piroettavano follemente, tanto che
alla ragazza iniziò a girare un po' la testa.
Alla fine, il Signore Oscuro, che ormai
ne aveva abbastanza di danzatori esotici e costumi ridicoli, afferrò
Belle per un polso e se la trascinò dietro fino al limitare del
paesino.
Quando si furono lasciati alle spalle
anche le ultime casette, Rumpelstiltskin ripeté per la centesima
volta quanto detestasse quel regno.
Belle si sentì un pochino in colpa nel
vederlo così afflitto e insofferente: lei si stava godendo ogni
minuto di quel viaggio fuoriprogramma mentre lui non desiderava altro
che tornare nella Foresta Incantata e al suo arcolaio.
Gli si avvicinò e gli sfiorò una
spalla con fare comprensivo. - Mi dispiace che voi non vi stiate
divertendo quanto me. Vi prometto che non vi chiederò più di
fermarci fino a quando non avremo raggiunto il palazzo della Fata
Confetto. -
- Oh, di questo sono piuttosto sicuro,
dearie; perché se ci rallenterai ancora una volta, allora ti
trasformerò in una ghianda e ti metterò in tasca, così avrò
risolto il problema. -
Il tono falsamente minaccioso di
Rumpelstiltskin fece sorridere internamente la ragazza, che però
fece di tutto per mostrarsi intimidita e dargli un po' di
soddisfazione.
- E ora in marcia. -
Come promesso, Belle e il folletto non
fecero più soste, ma lungo la strada incontrarono una bizzarra città
abitata da giocattoli dove un soldatino danzava al braccio di due
graziose bambole seguendo il suono di alcuni zufoli.
Attraversarono perfino un prato dove
delle coloratissime e variopinte fatine dei fiori volteggiavano
leggiadre a un raffinato ritmo di valzer.
A un tratto, Rumpelstiltskin si arrestò
e fece fermare anche la sua domestica tendendo un braccio vero
l'esterno.
- Ci siamo quasi. Il palazzo è proprio
laggiù, tra quelle due colline. -
Belle guardò nella direzione che il
Signore Oscuro le indicava ed effettivamente vide una coppia di
collinette dalla cima ricoperta di panna montata in mezzo alle quali
riusciva appena a scorgere quello che, da tale distanza, poteva
sembrare un castello in miniatura.
- Sarà meglio che ti avverta, dearie:
la Fata Confetto è un tipo... piuttosto eccentrico. -
La giovane si lasciò sfuggire una
risata. - Voi avete il coraggio di definire qualcuno “eccentrico”?!
-
Rumpelstiltskin rispose con
un'occhiataccia offesa. - Be', io non mi sognerei mai di vivere in
una dimora di pasta di zucchero e marzapane, e poi quella è
completamente svitata. Te ne accorgerai da sola. Qualunque cosa possa
fare o dire, tu non assecondarla e non darle confidenza... per nessun
motivo. Sono stato chiaro? -
Belle annuì, sempre più curiosa di
incontrare la misteriosa regina di quel luogo.
Raggiunsero il palazzo in meno di
un'ora e attraversarono un ponte levatoio (che in realtà era una
tavoletta di cioccolato bianco) sotto il quale scorreva un fossato di
caramello traslucido.
Rumpelstiltskin non aveva esagerato nel
descrivere quel posto: le mura, le finestre, le torri e i tetti del
sontuoso castello erano davvero fatti di pasta di zucchero,
marzapane, gelatine di frutta, marshmallow, torrone e pan di zenzero
glassato.
Contrariamente a quanto entrambi si
aspettavano, le due guardie poste all'ingresso del palazzo, strizzate
in in una vezzosa uniforme rigorosamente rosa chewin-gum, non solo
non diedero segno di volerli fermare anzi, rivolsero loro un caloroso
sorriso e gli fecero cenno di entrare, aprendo per i due visitatori
il portone fatto di biscotto.
Belle e Rumpelstiltskin si guardarono
l'un l'altra, sconcertati da quel trattamento così illogico per
delle guardie.
- Be', sembra proprio che siamo i
benvenuti. - commentò la ragazza.
- Parrebbe di sì, dearie. Te l'ho
detto che è una svitata. -
Varcarono la soglia del palazzo e si
ritrovarono in un ampio salone in cui le tinte pastello dominavano
incontrastate.
Un piccolo servitore in livrea,
anch'essa di un delicato tono di rosa, si fece loro incontro
caracollando e sistemandosi quella che sembrava proprio una parrucca
di candido zucchero filato, poi s'impettì tutto e li salutò con un
inchino pomposo che rasentava il ridicolo.
Rumpelstiltskin gli dedicò un'occhiata
a metà tra il divertito e l'imperioso. - Dobbiamo vedere la tua
padrona, piccoletto. Portaci immediatamente da lei e, nel caso ti
servisse un incentivo, sappi che è il Signore Oscuro in persona a
ordinartelo. -
L'omino impallidì e s'inchinò di
nuovo, mettendoci tanta enfasi da rischiare di perdere la parrucca. -
Signore, Sua Maestà vi sta già attendendo nella sala del trono. Voi
e la vostra compagna siete suoi graditi ospiti. -
Belle arrossì nel sentirsi appellare
in quel modo, ma non fece commenti e si unì a Rumpelstiltskin nel
seguire il servitore attraverso i corridoi e le sale del castello.
Quando l'omino li annunciò con fare
fin troppo solenne per quella vocetta acuta che si ritrovava, e la
giovane e il folletto entrarono nella sala del trono, si trovarono al
cospetto di una donna, o meglio a una fata, dalla carnagione diafana,
capelli biondi chiarissimi raccolti in un'elaborata acconciatura
cotonata, occhi ridenti color giada e vestita da capo a piedi di
vaporoso tulle rosa. Sembrava davvero un confetto!
Quando li vide, li accolse con un gran
sorriso e si alzò dal trono di dolciumi d'oro sul quale era seduta
con posa elegante e autorevole.
Mosse qualche passo leggiadro fino a
raggiungere il Signore Oscuro, davanti al quale fece una bella
riverenza.
Rumpelstiltskin, il cui viso ormai era
una maschera di ribrezzo, fece un gesto secco e sbrigativo con la
mano. - Risparmiati queste smancerie, dearie. È tutto già
abbastanza stucchevole e melenso. E comunque, a cosa dobbiamo questa
accoglienza? Sai bene chi sono, dunque perché mi hai aperto le porte
del tuo palazzo? -
La Fata Confetto si rialzò con la
stessa raffinatezza e senza perdere il sorriso che, semmai, si era
fatto invece ancora più svenevole. - Voi avete sconfitto il Re dei
Topi e il suo esercito, Rumpelstiltskin. Era da molto tempo che la
mia gente e il mio reame soffrivano a causa loro, ma ora, grazie a
voi, il pericolo è passato e tutti noi possiamo solo esservi grati.
-
La sua voce soave e un po' sognante
ricordò a Belle il canto di un usignolo o il suono di un flauto;
tutto in quella creatura emanava serenità e benevolenza, unite però
anche ad una certa frivolezza.
Il Signore Oscuro, al quale
naturalmente quell'atteggiamento serafico faceva solo saltare i
nervi, scrollò le spalle con fare irriverente. - Quel ratto ha
commesso il fatale errore di introdursi nel mio castello senza invito
e di sfidarmi. Aver salvato il tuo popolo e il tuo regno è stato
solo un caso fortuito, nient'altro che un effetto collaterale. -
Il buon umore della fata non parve
vacillare sotto il peso di quella rivelazione che, di certo, non
faceva apparire Rumpelstiltskin sotto una luce propriamente eroica.
- Ciononostante, - continuò con voce
di miele, - dalla notte scorsa siete considerato il Salvatore di
questa terra e, in quanto sovrana, sarà mio orgoglio e piacere
ricompensare voi e la vostra deliziosa... ehm... assistente, nel modo
che riterrete più opportuno. -
A quel punto, il folletto sfoderò il
suo solito ghigno caustico. - In effetti, ci sarebbe una cosa che
Vostra Zuccherosità potrebbe fare per noi. -
Sua Zuccherosità non sembrò
risentirsi di quel nomignolo né della marcata nota d'ironia nella
voce del suo ospite, che si stava rivelando assai scortese. - Ma
certo! Parlate dunque: cosa desiderate? -
Rumpelstiltskin le raccontò
sbrigativamente della bacchetta impazzita che, dopo lo scontro con il
Re dei Topi, aveva accidentalmente aperto un portale che li aveva
inghiottiti e mandati nel Reame d'Inverno.
La Fata Confetto ascoltò attentamente
e assunse un'aria pensierosa. - Sì, mi era giunta voce che
quell'essere fosse riuscito a sottrarre una bacchetta molto potente a
una strega delle foreste a nord. Vorreste dunque che io vi rimandassi
nella Foresta Incantata? -
- Perspicace come tutte le tue colleghe
alate, dearie. - replicò sarcastico il Signore Oscuro, il ghigno
diabolico e canzonatorio sempre al suo posto.
A quel punto, Belle gli diede una
piccola gomitata di rimprovero alla quale lui rispose con un'occhiata
di fuoco, prima di tornare a rivolgersi alla fata: - Allora,
Confettina, puoi farci tornare a casa o siamo condannati a rimanere
qui fino a quando nelle vene ci scorrerà sciroppo di glucosio al
posto del sangue? -
La Fata Confetto, la quale pareva del
tutto immune alle sue frecciatine al vetriolo, fece un cenno
d'assenso. - Ma certo, posso usare la mia bacchetta e rimandarvi nel
vostro reame, ma prima permettetemi di dimostrarvi la gratitudine mia
e della mia gente con un piccolo banchetto. Sarete di certo esausti
dopo la battaglia col Re dei Topi e tutta la strada che avete
percorso per arrivare qui. -
Rumpelstiltskin fece un gesto di
stizza. - Tsk, io non mi stanco mai, dearie. Sono il Signore Oscuro e
i Signori Oscuri non hanno certe debolezze umane. -
Per la prima volta, qualcosa di simile
al biasimo scintillò negli occhi di giada della fata e il suo tono
si fece un po' più freddo e meno angelico. - Può darsi, - disse
piano, - ma credo che la vostra amica abbia invece un gran bisogno di
cibo e riposo. -
Il folletto si volse a guardare Belle
che, effettivamente, appariva piuttosto stanca e lo fissava con
un'espressione che gli chiedeva palesemente di accettare l'offerta
della Fata Confetto.
- Be', allora d'accordo. - bofonchiò
lui, - Ma non appena la mia domestica si sarà ripresa, faremo
immediatamente ritorno a casa. -
La fata sorrise affabile e li invitò a
seguirli in una grande sala attigua a quella del trono dove erano
state preparate, appositamente per loro, due poltrone non meno regali
e dall'aria comoda davanti a una tavola imbandita e colma, neanche a
dirlo, di dolci di ogni tipo!
Rumpelstiltskin e Belle presero posto,
l'uno decisamente più restio dell'altra, mentre un'orchestra di
eleganti musicisti in redingote (rosa, ovviamente) prendeva a suonare
una splendida sinfonia.
Belle si servì di deliziosi macarons
colorati e dal gusto sopraffino, di pasticcini alla vaniglia cremosi
e fragranti e, per finire, di una generosa fetta di torta al
cioccolato, il tutto accompagnato da una fumante tazza di tè caldo.
Rumpelstiltskin sogghignò. - Attenta,
dearie. Con tutta quella roba, finirai per rimanere incastrata nel
portale. -
La giovane, troppo impegnata ad
assaporare quelle squisitezze per rispondergli per le rime, si limitò
a scoccargli un'occhiataccia.
Il Signore Oscuro, dal canto suo, non
aveva toccato neanche un cioccolatino. Che figura avrebbe fatto se si
fosse lasciato tentare da un paio di dolcetti come un pivellino?
No, non avrebbe dato la minima
soddisfazione a quella sottospecie di libellula glassata di rosa...
anche se la torta al limone (per la quale aveva sempre avuto un
debole) sembrava chiamarlo a gran voce e invitarlo con insistenza ad
un assaggio... un solo piccolo assaggio. No! Avrebbe resistito! Non
avrebbe ceduto al richiamo della dolcezza. Lui odiava la
dolcezza! Era il Signore Oscuro, per la miseria! Era l'anti-dolcezza
per eccellenza!
Durante quel banchetto ad alta
concentrazione di zucchero non mancò l'intrattenimento che, per la
disperazione del folletto, non fu da meno quanto a melensaggine: la
padrona di casa in persona e un giovane etereo di bell'aspetto che
evidentemente doveva essere il suo compagno, si esibirono in una
serie di danze per allietare gli ospiti, sebbene Rumpelstiltskin
facesse di tutto per mostrarsi quanto più annoiato e sprezzante gli
riuscisse.
Belle, al contrario, si lasciò
completamente incantare dalla bellezza e dalla grazia celestiale
della Fata Confetto e del suo partner, applaudendo con fervore al
termine di ogni danza.
A un certo punto, la sovrana si volse a
loro con una strana espressione che sembrava celare un pizzico di
malizia. - Il prossimo ballo è un romantico
pas de deux. Potremmo farci da
parte e cedervi il posto, se lo desiderate. Qualcosa mi dice che
sareste perfetti. -
Per poco, Belle non
si soffocò con un boccone di torta che le andò di traverso e
Rumpelstiltskin quasi cadde dalla poltrona sulla quale si era
lasciato andare mollemente in una posa che chiunque avrebbe
considerato irrispettosa e maleducata.
- Cosa... che cosa
avete detto? - chiese Belle con voce strozzata quando riuscì ad
ingoiare il pezzo di torta assassino.
La Fata Confetto le
strizzò l'occhio con fare complice. - Pensavo solo che tu e il
Signore Oscuro avreste formato una magnifica coppia per rendere
giustizia al nostro pas de deux.
-
Belle si sentì
avvampare fino alla punta delle orecchie ma Rumpelstiltskin le
risparmiò la fatica di trovare una risposta adeguata. - Hai pensato
male, Confettina! Noi non formiamo nessuna coppia. Lei è la mia
domestica, nonché una mia proprietà, e se credi che il Signore
Oscuro si metta a fare giravolte e pliet in calzamaglia e scarpette
ti sbagli di grosso! -
Anche davanti a
quello scatto d'ira e indignazione, la fata mantenne il suo contegno
sereno e imperturbabile, limitandosi a una scrollatina di spalle e
preparandosi al pas de deux con il suo compagno.
Quando finalmente
il cabaret di dolci e danze si concluse, e la Fata Confetto si
dichiarò pronta a rimandare i suoi ospiti nella Foresta Incantata,
Rumpelstiltskin rivolse un ringraziamento silenzioso al nume
protettore dei Signori Oscuri, se mai ne fosse esistito uno.
Lui e Belle, ormai
rifocillata e sazia fino all'inverosimile, vennero ricondotti nella
sala del trono, dove rimasero soli con la Fata Confetto, tra le mani
della quale si materializzò, in un guizzo dorato, una bacchetta
magica fatta di legno lavorato finemente e decorata con frammenti di
quarzo rosa.
Mentre la fata si
preparava a praticare l'incantesimo per aprire il varco tra i regni,
Rumpelstiltskin tese una mano a Belle, la quale la strinse nella sua
con aria confusa e un lieve rossore dipinto sul viso.
- Non farti venire
una delle tue strane idee romantiche, dearie. - si affrettò a
precisare il Signore Oscuro, - Dobbiamo mantenere il contatto mentre
attraversiamo il portale, altrimenti rischiamo di finire in due reami
diversi, quindi non lasciare la mia mano fino a quando non saremo a
casa. -
Belle annuì e si
ritrovò curiosamente a pensare che, in ogni caso, anche senza
quell'avvertimento, non l'avrebbe fatto. Il tocco della pelle
squamosa ma calda del folletto a contatto con la sua le suscitava
impressioni contrastanti ma potenti che, come quando si pizzica una
corda di chitarra, facevano vibrare e risuonare di note sconosciute
sia il suo corpo che la sua anima.
No, non avrebbe
lasciato la sua mano. Si ritrovò perfino a desiderare di non doverlo
mai fare e a quel pensiero tanto irrazionale, il calore che avvertiva
a livello delle guance, sembrò intensificarsi.
La Fata Confetto
sollevò la bacchetta e la fece roteare a mezz'aria un paio di volte,
fino a quando il famigliare vortice verde non comparve al centro
della sala, tra lei e i suoi visitatori.
- È il momento,
dearie. Andiamo. Si torna a casa finalmente. -
Il Signore Oscuro e
Belle si guardarono per un attimo l'uno negli occhi dell'altra, come
ad attendere un silenzioso segnale, poi, proprio nello stesso
istante, fecero un balzo in avanti scomparendo nel gorgo magico, le
loro mani incatenate saldamente.
Belle e
Rumpeltiltskin furono catapultati lunghi distesi sul freddo pavimento
della camera da letto della ragazza al Castello Oscuro e i polmoni e
le narici del folletto esultarono di gioia quando inalarono l'aria
del luogo che, grazie al cielo, non recava alcuna traccia di aromi
caramellosi, semmai un sottile fondo di muffa, umidità e mura
antiche che egli accolse con estremo piacere.
Era ancora notte
fonda, poiché il tempo scorre diversamente nel Reame d'Inverno e in
quello della Fata Confetto.
Il Signore Oscuro
si affrettò a volgere lo sguardo di lato e, con grande sollievo,
vide che la sua domestica giaceva priva di sensi ma sana e salva
accanto a lui, le dita ancora ben strette alla sua mano.
Dopo essersi
assicurato che la giovane stesse bene e fosse solo esausta (viaggiare
tra i portali consumava molte energie a coloro che non erano
abituati), la prese delicatamente tra le braccia e l'adagiò sul
letto, le cui coperte e lenzuola erano ancora tutte sbrindellate a
causa della recente incursione di quei dannati roditori.
In effetti, la
stanza intera era un vero disastro, ma Rumpelstiltskin si limitò a
schioccare le dita e tutto tornò come nuovo, o meglio, come prima
che un esercito di pelosi rosicchiatori seriali decidesse di
organizzare una festa clandestina.
E proprio in quel
momento, colse con la coda dell'occhio un oggetto che giaceva inerme
a terra sul tappeto. Il Signore Oscuro si avvicinò e s'inginocchiò
accanto ad esso, riconoscendo la bacchetta nera alla quale lui e
Belle dovevano quell'inaspettata avventura.
Usando grande
attenzione e cautela, Rumpelstiltskin la prese tra indice e pollice e
la esaminò con occhio esperto. Alla fine di quell'ispezione, se la
infilò in una tasca interna della casacca. - Hai già creato fin
troppi problemi, dearie. Sarà meglio metterti in un posto sicuro. -
Il folletto si
permise un ultimo sguardo in direzione della ragazza addormentata,
dopodiché uscì con passo felpato dalla camera, richiudendosi piano
la porta alle spalle per non rischiare di svegliarla.
Belle si destò
sbadigliando e stiracchiandosi tra le coperte, che la tenevano
meravigliosamente al calduccio mentre fuori dalle finestre la
nevicata della notte prima sembrava essersi esaurita e uno splendido
sole invernale faceva brillare la foresta di un candore abbagliante.
Al momento sembrò
una mattina d'inverno come tante altre, ma la veglia porta con sé le
memorie e in un baleno la mente di Belle si riempì di immagini di
orrendi topi che avevano invaso la sua stanza, di un duello serrato
tra il Signore Oscuro e un essere rivoltante con sette teste
coronate, di un meraviglioso bosco di neve e ghiaccio, di fiocchi di
neve danzanti, di un intero reame fatto di dolci.
Che avventura
straordinaria aveva vissuto quella notte! Perché l'aveva
vissuta, non è vero? Non poteva essersi trattato di un sogno, no?
Eppure, la sua
camera era perfettamente in ordine e non c'era traccia del passaggio
dei topi o della battaglia che Rumpelstiltskin aveva ingaggiato con
il loro sovrano. Il dubbio cominciò prepotentemente ad insinuarsi in
lei: che avesse sognato tutto? Aveva bisogno di saperlo, e solo una
persona poteva darle risposta a questo dilemma.
La ragazza scivolò
fuori dal letto e si vestì rapidamente, per poi precipitarsi al
piano di sotto dove sapeva che avrebbe trovato il suo padrone seduto
all'arcolaio, come sempre.
E infatti, quando
entrò nella stanza lo vide appollaiato sul suo sgabello di legno,
intento a far girare la ruota con la solita aria concentrata ma, in
qualche modo, anche distante.
Come un fulmine,
gli si precipitò accanto. - È successo davvero? Gli eventi della
notte scorsa sono accaduti veramente? -
Rumpelstiltskin si
girò lentamente verso di lei, impassibile. - Be', buongiorno anche a
te, dearie. -
- Rispondetemi, per
favore. - implorò lei con impazienza.
Il folletto assunse
la sua miglior espressione interrogativa. - Non so proprio di cosa tu
stia parlando. -
Belle gemette di
frustrazione. - Oh, andiamo! Il Re dei Topi, il portale magico, il
Reame d'Inverno, il regno fatto di dolci, la Fata Confetto e tutte
quelle cose incredibili che abbiamo visto... C'eravate anche voi. Non
fate finta di non ricordarvene! -
Di nuovo,
Rumpelstiltskin parve non capire. - Temo proprio di doverti deludere.
Piuttosto, sei sicura di sentirti bene, dearie? Non vorrei che ti
fossi presa la febbre con queste temperature gelide. -
- Sto benissimo! -
sbottò lei. - Ma allora... allora è stato tutto un sogno? Niente di
quello che ho vissuto stanotte era reale? -
Rumpelstiltskin
scrollò le spalle. - Be', ma certo che era un sogno, dearie. Reami
fatti di dolci? Ma andiamo! -
- Eppure... eppure
sembrava tutto così... vero. - mormorò Belle, sempre più
perplessa.
- Come tutti i
sogni, dearie. - replicò lui, secco. - Non riesci mai a distinguerli
dalla realtà, finché non ti svegli. -
L'espressione di
delusione mista a tristezza dipinta sul bel viso della ragazza mutò
radicalmente a quelle parole e le sue labbra si aprirono in un
sorriso al ricordo di una frase nella quale era incappata leggendo
uno dei suoi libri preferiti: “Certo che sta succedendo dentro
la tua testa, Harry. Ma perché diavolo dovrebbe voler dire che non è
vero?”*
E allora perché il
suo sogno non avrebbe potuto essere reale quanto la realtà? In
fondo, era davvero così importante stabilire se si fosse trattato
dell'uno o dell'altra. Forse no, dopotutto.
- Vi porto la
colazione. - annunciò allegramente, - Che ne dite di cioccolata
calda, pasticcini e torta? -
Rumpelstiltskin si
sentì assalire da un moto di nausea. - Per carità divina, dearie!
Oggi solo uova e pancetta! Non voglio neanche sentir parlare di
dolci! -
Belle fece un cenno
d'assenso. - D'accordo. Uova e pancetta allora! Arrivano subito! -
E la giovane uscì
dalla sala dell'arcolaio, diretta alle cucine, lasciandosi dietro una
scia profumata di vaniglia e caramelle che fece sorridere lievemente
Rumpelstiltskin al ricordo del suo scorrazzare per il reame della
Fata Confetto, felice come una bambina nel paese dei balocchi.
Perché sì, certo
che si ricordava ciò che era avvenuto la notte precedente. Si
ricordava ogni cosa e anche piuttosto chiaramente.
In verità, non
avrebbe saputo spiegarsi il motivo per il quale aveva lasciato che
Belle si convincesse di aver solo sognato. Forse perché il Signore
Oscuro, nel profondo del suo animo divorato dalle tenebre, intendeva
custodire gelosamente per sé quei momenti vissuti insieme all'unica
persona che, dopo suo figlio, era riuscita a fargli provare tutto il
calore e la magia di Yule; inoltre era molto più facile lasciarle
credere che le cose stessero così che neanche ammettere con se
stesso che una piccola scossa di terremoto aveva fatto vibrare il suo
cuore ogni volta che, quella notte rocambolesca, aveva intercettato
lo sguardo scintillante di gioia e meraviglia della sua domestica, o
aveva posato gli occhi sul suo sorriso, che l'entusiasmo
dell'avventura aveva reso ancora più incantevole.
Qualcosa di molto
simile a un vago sentimento di tenerezza si era risvegliato in lui
quella notte di Solstizio, e allora era molto meglio convincere
Belle, e soprattutto se stesso, che si fosse trattato solo di un
sogno.
* J. K. Rowling,
Harry Potter e i Doni della Morte, pag. 664
Da Stria93:
Bentrovate/i, dearies! Buon Solstizio d'Inverno!
Ok, questo capitolo
mi è venuto fuori molto più descrittivo che narrativo e so che
manca un po' d'azione ma volevo davvero attenermi al balletto e
quindi al secondo atto che, effettivamente, è tutto un susseguirsi
di danze in onore di Clara e dello Schiaccianoci e non succede nulla
di particolare.
Vi dico la verità:
non sono molto convinta di questo capitolo e neanche della
conclusione, ma questo è il meglio che sono riuscita a fare
purtroppo, anche se ammetto di essermi divertita un sacco
nell'immaginare il reame dei dolci. Ovviamente l'abbinamento
cibo-danze è quello del balletto, cioè:
Cioccolato – Danza Spagnola
Caffè – Danza Araba
Tè – Danza Cinese
Spero di non avervi
deluse/i troppo. In ogni caso, ho già pronte nuove storie che
pubblicherò a breve.
Felice Yule e
splendidi giorni a tutte/i, dearies!