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Autore: Shiki Ryougi    25/12/2018    4 recensioni
Questi sono spiragli sparsi,
come coriandoli
su di una pozza scarlatta.

Una raccolta di frammenti puramente introspettivi.
Spiragli di vita, sogni, incubi.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Nonsense | Avvertimenti: Tematiche delicate
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- Questa storia fa parte della serie 'Introspezione egocentrica'
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- I -
 
Questi sono spiragli sparsi,
come coriandoli
su di una pozza scarlatta.
 
 
 
- 1 -
Precipito nella mia voglia di essere sola e collassare nel buio dell'abisso. 
Lì, dove i morti dormono io giaccio in silenzio, nuda e scossa dal freddo mentre il mio sangue tinge di scarlatto la pelle diafana.
Sono come un animale che cerca di sopravvivere senza più averne alcun motivo se non la vuota inerzia.
Cosa pensa di me il mondo?
Io squallida carne putrescente che attende la fine di ciò che non può avere fine e l'inizio di ciò che non esiste, se non forse solo in sogno.
Voglio morire ma voglio vivere.
Voglio esistere ma voglio svanire.
Il caos alberga dove io dormo, sola e senza voce.
 
- 2 -
Sono crollata e qui sono arrivata. Ho vacillato e pianto, divorato la disperazione e vomitato odio.
Ne ho ottenuto solo fallimento.
Ora sono pronta a sorriderle un sorriso tinto di rosso, ma pronto a portarmi lontano.
Dove ancora non lo so, ma certamente via di qua.
La sofferenza mi seguirà come un'ombra rendendomi gonfia di fame immonda.
Ed io sarò lì a ignorarla.
 
- 3 -
Mi sveglio ma non riesco a vedere il tuo viso.
Gli occhi sono aperti ma davanti a me trovo solo immagini opache. Non hanno significato.
Sorridi ma io sono nella mia stanza.
Piango ma non emetto alcun suono.
Il mondo è pallido, composto da frammenti di quotidianità. Io li vedo ma non capisco l'insieme.
Non sono nessuno.
Vivo, respiro; è ciò che basta.
Dove io mi trovo, è questo il mistero. 
 
- 4 –
Non ci sono parole oltre le sensazioni.
Rumore nelle orecchie ma io sono sorda. Vedo nero su bianco mentre ascolto parole uscite da un sogno. Girano le macchie che al di sotto della realtà mi ridono addosso.
Credo di essere sola mentre, circondata da giganti, giaccio nuda sull’erba fredda; i brividi mi attraversano ovunque mentre con mani monche mi copro gli occhi.
I giganti sono le mie ombre e in questo incubo posso sentirne l’odore.
Con una smorfia sul viso mi osservano, famelici del desiderio di possedere il mio corpo.
Dalla carne lacerata con le loro unghie esce un fiume rosso.
Mi sveglio e la belva sporca di sangue altrui sono io.
 
- 5 –
Ho fame di sangue.
La sua luce scarlatta mi abbaglia e l’odore mi stordisce.
Nettare di vita, sigillo di morte.
L’opaca convinzione che tale liquido denso potrà nutrirci per sempre.
Nel suo dolce calore io rimango fredda.
 
- 6 –
Ho sognato un palcoscenico buio. Seduta al centro della sala distorta ho sorriso con gli occhi chiusi perché credevo di essere a casa.
Fluttuando osservavo l’ingenua me stessa e cadendo mi spezzai le ossa.
Aprendo gli occhi ho visto il nulla e respirando rabbia ho urlato.
 
- 7 –
Dal sangue sono nate le nuove carni. Ma erano membra contorte e tumefatte, odoranti di marcio. Il denso e caldo liquido scarlatto colava ai lati, come lembi sfilacciati.
La linfa della vita aveva bellamente ignorato quel groviglio di muscoli fibrosi e pulsanti.
Non voglio stare qui a osservare quella essenza di nulla.
Non vi è rinascita. Soltanto condanna.
Mi volto e proseguo a camminare lungo la tortuosa salita, abbandonando quella triste esistenza.
Non era in mio potere salvarla e avvicinarmi avrebbe aggiunto altre cicatrici al mio cuore.
 
- 8 –
Vorrei che il tuo sorriso si tingesse di rosso.
Come corde di violino farei vibrare la tua anima e respirando lentamente mi addormenterei non più in terribili incubi.
Sognerei di quando ero piccola e giravo in tondo nel giardino dell’asilo. L’albero magro gettava filamenti d’ombra tutt’intorno; continuando a volteggiare, cercavo di evitare quelle vene nerastre. Desideravo i raggi del sole che però mi facevano lacrimare gli occhi e, smettendo di respirare, cadevo a terra mentre il cielo cosparso di nuvole continuava a girare.
In quel momento non importava dove fossi, perché potevo restare nel mondo.
   
 
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