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Autore: T612    27/12/2018    1 recensioni
Dal capitolo 8:
Devono aver urtato i cameramen perché viene perso il segnale, quando i televisori si risintonizzano segue un chiacchiericcio confuso che si placa con la notizia che nessuno voleva sentire… e i televisori esplodono, non si parla d’altro.
“...la diretta proseguirà per tutta la notte, man mano che giungeranno altre notizie. A tuttora, le nostre fonti ci confermano che pochi minuti fa, all’arrivo al Mercy Hospital, Capitan America è stato dichiarato morto.”
[Post-TWS - Civil War ComicVerse - "Captain America Collection" di Ed Brubaker - paring: canonico + WinterWidow]
Genere: Angst, Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Missing Moments, Otherverse, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'M.T.U. (Marvel T612 Universe)'
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03 aprile 2014, Washington Hospital Center, Washington DC
 
Sharon non sapeva quantizzare quanto tempo aveva sprecato a fissare inutilmente la porta di quella stanza, ma era ormai convinta di aver messo radici nel corridoio. Gli infermieri le sfilano accanto correndo da un reparto all’altro, solo qualche temerario distratto trovava il coraggio di chiederle che paziente stesse cercando e lei si era ritrovata a puntare lo sguardo contro la porta concedendo una tacita risposta.
Era lì da talmente tanto tempo che attirava solo lo sguardo di qualche curioso di passaggio, ma preferiva sorvolare, combattuta sul da farsi.
Continuava imperterrita a fissare la porta, in piedi e appoggiata contro il muro, la spalla indolenzita dal peso della borsa e la giacca di pelle ancora sottobraccio… aspetta non sa bene cosa, forse un ordine o un intervento divino, la sicurezza con cui aveva raggiunto l’ospedale era evaporata nel momento esatto in cui era giunto il momento di aprire quella porta.
Una volta staccato il turno alla CIA, aveva trovato una chiamata persa e un messaggio da parte di Tony, nell’SMS la avvisava che Rogers era fuori pericolo e che Sam gli stava facendo da balia fino a quando non si fosse risvegliato dall’anestesia, aggiungendo il nome dell’ospedale e il numero della camera. Si era sentito in dovere di specificare in un post-scriptum che aveva giocato d’anticipo, conscio che lei non gli avrebbe mai chiesto certe informazioni.
Aveva sorvolato sulla frecciatina andata a segno, aveva gettato il cellulare nella borsa afferrando le chiavi dell’auto, più che intenzionata a guidare fino all’ospedale assecondando quella decisione presa d’impulso, per poi ritrovarsi impalata davanti alla porta della camera in attesa.
Arrivata a quel punto cosa avrebbe dovuto fare?
Si era finta la sua vicina di casa per più di un anno e mezzo, era in pieno diritto di fargli visita all’ospedale… ma come ci si comporta di preciso se tale vicina di casa si era rivelata un agente sotto copertura? Come ci si comporta se, in meno di due giorni dalla scoperta, si erano ritrovati entrambi senza lavoro ed uno dei due era costretto su un letto d’ospedale, dopo aver sventato l’annegamento, con le ossa rotte e quattro proiettili in corpo? Come avrebbe dovuto comportarsi Sharon Carter, che di Steve Rogers sapeva praticamente tutto, nei confronti di quest’ultimo che di lei sapeva a malapena il nome, qualche generalità e tante notizie false?
Si stava arrovellando il cervello da ore, ma non trovando soluzione aveva mandato al diavolo l’etica, la morale e tutti i buoni propositi, si era fatta coraggio ed aveva aperto la porta.
Il Capitano Rogers, che fino a quel momento stava puntando lo sguardo annoiato verso il televisore, aveva abbandonato la sua intensa attività di zapping rivolgendole lo sguardo.
Sharon era riuscita a scorgere il cambiamento nelle iridi azzurre, il passaggio dalla sorpresa di vederla, al risentimento mal celato quando il suo cervello aveva associato la sua persona alla marea di bugie che rappresentava.
-Ehi. -si ritrova a dire, accennando un mezzo saluto con la mano e un microscopico sorriso. -Vengo in pace.
-Fury teme che mi alzi dal letto e mi butti dalla finestra? - la nota d’astio nella voce rende fallimentare il tentativo di porle la domanda con tono ironico.
Sharon non lo biasima, è conscia di meritarsi quel trattamento, ben consapevole che l’unico motivo per cui Steve non le ha già chiesto di andarsene è per via della sua indole di ascoltare tutte le versioni dei fatti prima di giudicare… un mezzo saluto tra i corridoi del Triskelion non poteva considerarsi un chiarimento.
-Non sono qui per ordine di Fury. - Lo sguardo di Steve la esorta a continuare. -Sono qui per scusarmi… credo.
-Per avermi spiato?
-Tra le altre cose.
Sharon non sa spiegarsi il motivo, ma quella microscopica ammissione di colpa dà ufficialmente il via al fiume di parole che non aveva potuto dirgli e serbava da un anno e mezzo. La discussione si era protratta oltre ai convenevoli e alle domande formali, circa i tempi di guarigione accelerati e il prurito alle garze che coprivano i fori di proiettile, ritrovandosi a sgranocchiare insieme le merendine prese alle macchinette automatiche nel corridoio, seduta sulla poltroncina di fianco al letto con i piedi puntati all’angolo del materasso.
Aveva aggiornato Steve sull’udienza a Washington, sulle informazioni segrete dello SHIELD diventate virali su internet, sull’approccio poco ortodosso di Natasha nell’affrontare il processo e sul come, proprio a causa di quel polverone innalzato sotto giuramento, erano riusciti a trascinare Tony in tribunale per placare il dibattito, ridendo all’idea di Tony Stark intento ad affrontare una discussione diplomatica senza dare spettacolo e ricadere nell’egocentrismo.
-Parli di Tony come se lo conoscessi di persona.
Era stata una considerazione casuale ed innocente, ma Sharon era stata punta sul vivo, ritrovandosi a pensare alla cortina di fumo su cui si aggiravano ancora le informazioni che Steve aveva sul suo conto.
-Si può considerare come una sorta di cugino adottivo, siamo cresciuti insieme… - lo sguardo confuso di Steve le fa sorgere il dubbio che raccontare proprio tutta la verità non sia una grandiosa idea, ma ormai non può più tirarsi indietro, decisa ad arrivare fino alla fine del racconto. -... allo SHIELD non lo sa quasi nessuno, è già abbastanza complicato gestire la situazione senza che si sappia in giro che zia Peggy è la sua madrina di battesimo1
Conclude la frase con nonchalance, cercando inutilmente di mascherare la tensione che ha nascosto dietro quelle parole, lo sguardo basito di Steve che la inchioda sul posto impedendole di fuggire.
-Zia Peggy?
-Da parte di papà. -Ignora il perché abbia ritenuto necessario specificare il grado di parentela, l’assenza di una qualsiasi reazione la impensierisce, rimanendo spiazzata nel vedere Steve soffocare una mezza risata.
-Scusami… non posso fare a meno di immaginare te e Tony da piccoli sotto lo stesso tetto, deve averti reso l’infanzia un inferno.
Sharon si scopre a ridere, confessando che le tirate di trecce e i dispetti fossero all’ordine del giorno, insieme alle strigliate della zia e occasionalmente quelle di Howard.
-Peggy lo sa che mi hai tenuto d’occhio tutti questi mesi?
Si aspettava quella domanda.
Mentre cerca di elaborare una risposta coerente, tenta inutilmente di eclissare il ricordo dell’ultima visita a zia Peg, della sua difficoltà nel riconoscere entrambi i nipoti. Tenta di non riportare alla mente le conversazioni al telefono con Tony, nelle quali quest’ultimo le riferiva con tono spento che negli ultimi tempi la zia lo scambiava troppo spesso per Howard… sul come a volte non li riconosceva proprio e sorrideva scusandosi, dicendo loro che certe informazioni erano confidenziali.
-Ha già abbastanza segreti Steve, non volevo che tu ne diventassi un altro.
Non è esattamente la verità, ma la accetta come tale… le fa uno strano effetto quando, al momento di salutarsi, Steve la chiama per nome.
Sharon non ricorda quand'è stata l’ultima volta che qualcuno l’ha chiamata semplicemente per nome, senza quell’ “agente” e quel cognome ingombrante a seguito.
È una sensazione piacevole… crede di poterci fare l’abitudine.
 
***
 
14 aprile 2014, Cimitero Nazionale di Arlington, Washington DC
 

Natasha osserva Steve discutere con Fury ai piedi della tomba ricoperta di fiori, in un angolo e in attesa, mentre continua a lanciare occhiate nervose verso il quadrante dell’orologio… l’aereo per Mosca parte tra meno di tre ore e non può permettersi di aspettare il volo successivo.
Questa volta non ci sono missioni, non ci sono piste da seguire… vuole semplicemente sparire per un po’ di tempo, l’unico desiderio di tornare a casa per assaporare l’illusione che tutto si risolverà per il meglio.
Cerca di ignorare la morsa che le attanaglia le viscere, la sensazione opprimente data dalla calma prima della tempesta, prima che il cataclisma si abbatta su di lei cogliendola impreparata.
Scocca l’ennesimo sguardo verso l’orologio, mentre inizia ad avvertire il fascicolo che nasconde dentro la borsa diventare ogni secondo più pesante… realizzando che l’agitazione che avverte non è data dal cataclisma in arrivo, ma dalla fame di risposte a quelle domande che negli ultimi giorni le stanno rubando il sonno.
Nota lo sguardo che le rivolge Fury, l’occhio severo che le intima di non causare altri problemi, mentre la saluta con un cenno del capo e le dà il via libera.
-Dovresti essere onorato, questo è il suo massimo per dire grazie.
Raggiunge Steve entrando nel suo campo visivo, registrando la sua espressione pensierosa mentre osserva la tomba vuota, sostituita immediatamente con l’accenno di un sorriso quando punta le iridi azzurre su di lei.
-Non vai con lui?
-No. -scuote la testa mentre pensa al biglietto aereo sul vano porta oggetti e la valigia pronta dentro il bagagliaio della macchina.
-Resti qui?
La nota speranzosa nel tono di Steve le provoca una stretta allo stomaco non gradita… vorrebbe rimanere, ma ha bisogno di risposte tanto quanto ha bisogno di respirare.
-No, ho bruciato le mie coperture, me ne serve una nuova.
Si nasconde dietro l’ennesima bugia ripetendosi che questa volta è a fin di bene, che la verità nuda e cruda è troppo spaventosa da riferire ad alta voce… forse con il tempo la situazione potrebbe cambiare, ma al momento è ancora troppo presto per essere completamente sinceri.
Preferisce non pensare al numero di condivisioni che hanno avuto i documenti secretati che ha rilasciato in rete, come le informazioni che la riguardano siano state ritorte contro di lei durante l’udienza, tremando al pensiero che i suoi agganci nel mercato nero ora siano a conoscenza della verità sul suo conto. Tutte le sue coperture, i suoi referenti e i suoi segreti sono crollati come un castello di carte… non importa se sia stata lei a dare l’avvio alla valanga, gettando i presupposti per la prossima catastrofe.
Con il senno di poi Natasha aveva compreso che quella non fosse stata un’idea grandiosa… non che ci fossero altre alternative per stanare l’HYDRA, ma ora tutto veniva messo in discussione, soprattutto il suo operato.
Ora la nota rossa era di dominio pubblico… questo la spaventava più del futuro incerto e delle coperture tramutate in cenere, a distanza di anni non è ancora pronta ad essere giudicata.
-Potrebbe volerci tempo.
-Lo spero. -tenta di non far trasparire la nota di sollievo nella voce, ma si tradisce con lo sguardo, lo vede dall’ombra negli occhi di Steve.
Natasha si trova a ripensare ad una conversazione avvenuta mesi prima nel cuore del Gran Canyon2, dei discorsi fatti in merito al non perdersi nel passato tentando di inseguirlo, sul fatto che non se ne ricava mai nulla di buono… ed eccoli entrambi intenti a venir meno a quel monito, mentre lei fruga nella borsa recuperando il fascicolo sul Soldato d’Inverno, tutti e due pronti a darsi alla caccia di notizie anche se in due modi leggermente diversi.
Fatica ancora a credere che i suoi sospetti, iniziati con quella conversazione ancora mesi fa, erano stati confermati negli ultimi giorni… trovava paradossale e surreale scoprire che il suo James3 era il Bucky di Steve, non che a quest’ultimo avesse accennato mezza parola in merito.
-Il favore che mi avevi chiesto, mi hanno contraccambiato un favore a Kiev. Ora me lo fai tu un favore? Chiami l’infermiera?
Lo chiede in tono leggero, fingendo di non essere a conoscenza di certe visite in ospedale, sinceramente interessata a trovare qualcuno che la sostituisca durante quella pausa momentanea… la solitudine di Steve la preoccupa, lui ha un urgente bisogno di amici, lei può cavarsela da sola ancora per un po’.
-Non è un’infermiera.
-E tu non sei un agente dello SHIELD.
Le viene automatico ribattere, l'obiezione del Capitano era abbastanza fiacca senza che lei ribadisse il concetto.
-Un caffè non ha mai ucciso nessuno, Steve.
Lo vede annuire impercettibilmente, per poi sporgersi e posargli un bacio sulla guancia… un augurio di buona fortuna, ne avranno entrambi bisogno data l’impresa su cui vogliono imbarcarsi.
-Sii prudente Steve, forse faresti meglio a fermarti qua.
Ci crede sul serio in quelle parole, per una frazione di secondo prende in considerazione l’idea di seguire il suo stesso consiglio, per poi far cadere l’occhio sul quadrante dell’orologio notando di essere in ritardo sulla tabella di marcia.
Natasha gira i tacchi avviandosi spedita verso l’auto, deve assolutamente prendere quell’aereo per Mosca, se aspetta il volo successivo potrebbe cambiare idea.
 
***
 
14 aprile 2014, residenza sicura di Steve Rogers, Washington DC
 

Steve sta fissando il fascicolo su Bucky, le mani intrecciate sotto il mento, mentre tenta di non sprofondare sul divano e lasciarsi andare.
Non chiude occhio dal giorno in cui ha riconosciuto il volto di Bucky sotto la maschera del Soldato d’Inverno, la stanchezza si fa sentire anche se cerca di resisterle, complici gli incubi ricolmi di sensi di colpa, mentre il principio dell’attacco di panico è tornato a nascondersi dietro l’angolo.
Sperava che quel capitolo della sua vita restasse sepolto nell’Artico insieme alla guerra e i suoi traumi, era venuto a patti da tempo con quel mostro formato dai suoi fantasmi e dai suoi rimpianti, ma ora gli sembrava di essere tornato a un paio di anni prima quando, dopo la battaglia di New York, aveva disturbato la bestia per la prima volta dinanzi alla vastità del Gran Canyon2.
Stavolta ha Sam, Tony, Natasha e gli Avengers… ma osservando il fascicolo tra quelle mura crivellate di proiettili, con la pozza del sangue di Fury che macchia ancora il pavimento, realizza che ora è ufficialmente disoccupato: niente missioni, niente inseguimenti, niente ricerche.
Restano solo i fantasmi e troppo tempo libero, ora la mente è ufficialmente libera di vagare indisturbata senza la tensione e gli obblighi derivanti dal ruolo di Capitan America, poteva respirare per la prima volta dopo un’infinità di tempo... in quel momento si rese conto che, se fosse rimasto un secondo di più su quel divano, il panico avrebbe sicuramente preso il sopravvento.
Si alza di scatto con il respiro pesante, raggiungendo la finestra con l’intento di aprirla per far entrare aria fresca, scoprendo che l’intelaiatura era stata divelta dai colpi dello scudo quando aveva rincorso Bucky un paio di settimane prima… e nel giro di pochi secondi si ritrova a guardarsi intorno freneticamente alla ricerca di una via di fuga immediata.
Non ha idea di come sia riuscito a raggiungere il pianerottolo, ma è ben consapevole che riesce a stare in piedi solo grazie al muro su cui è addossato, il respiro ancora pesante mentre il suo cervello avanza e rifiuta l’ipotesi che si tratti dei primi sintomi dello stress post-traumatico, pentendosi di non aver dato retta ai medici dello SHIELD quando avevano tentato di diagnosticarglielo.
Rifiuta nuovamente l’idea, dopotutto non gli capita di avere un attacco di panico da un paio di anni, l’ha superato, ora sta bene… continua a ripeterselo mentre la solitudine opprimente si fa sentire, nonostante non sia più circondato dai muri segnati del proprio appartamento.
Si ritrova a pensare alla richiesta di Natasha, al suggerimento velato di offrire un caffè a Sharon, ora che la russa è fuggita da qualche parte lasciandolo solo… Natasha sapeva meglio di tutti che effetto avesse la solitudine su di lui2, soprattutto ora che tutto il suo mondo è crollato in mille pezzi.
Appena il respiro si regolarizza e il suo sistema nervoso non minaccia il collasso da un momento all’altro, attraversa veloce il pianerottolo puntando al campanello dell’appartamento dell’Agente 13… il campanello dell’appartamento di Sharon Carter.
Steve si blocca interdetto, arresta la sua fuga precipitosa fermandosi a un passo dalla porta sfiorando il campanello con le dita… sopisce l’impulso ponderando la decisione, tornando sui propri passi, chiudendosi la porta di casa alle spalle.
Serra gli occhi sforzandosi di fare respiri profondi per evitare un’altra crisi, la tentazione di afferrare il cellulare e chiamare qualcuno, per poi imporsi di doversela cavare da solo… può farcela, deve solo convincersene.
Riapre lentamente gli occhi sui muri spogli con l’intonaco crepato, sulla finestra rotta e sul pavimento ancora sporco di sangue… di fronte a quella vista, il desiderio impellente di traslocare e gettarsi alle spalle le ultime settimane infernali trascorse lì a Washington diventa lampante, ma ciò non cambia la realtà dei fatti.
Non cambia che ora è disoccupato, che ha troppo tempo libero… tempo che potrebbe impiegare nelle sue ricerche, perché Bucky è vivo e si nasconde da qualche parte.
Il suo sguardo viene calamitato in automatico sul fascicolo ancora chiuso sopra il tavolino, mentre un vago sentore di nausea lo colpisce allo stomaco e la bestia minaccia di inglobarlo di nuovo.
L’ultima volta che aveva rischiato di essere sopraffatto dal panico, Natasha era intervenuta prontamente salvandolo da sé stesso… gli aveva offerto una spalla su cui piangere se lo desiderava, una mano per rialzarsi e gli aveva dato una spinta nella giusta direzione2. Anche prima di partire, verso una meta ignota al Capitano, gli aveva gettato un'ancora di salvezza con una frecciatina ben celata.
Steve aveva mandato al diavolo tutte le decisioni ponderate prese fino a quel momento, aveva riaperto la porta di casa attraversando il pianerottolo quasi di corsa, suonando il campanello prima di poter cambiare di nuovo idea.
Quando il volto di Sharon fa capolino dalla porta, Steve Rogers si scopre impreparato all’effettiva eventualità di ritrovarsela davanti, ripiegando in un timido sorriso volto a mascherare l’imbarazzo.
Steve aveva sprecato tutto il tempo a convincersi ad arrivare fino a lì, senza nemmeno ragionare trenta secondi sul cosa dirle, ritrovandosi a fare la figura dell’idiota rassegnandosi a porle quella domanda nel modo più semplice e veloce possibile, senza troppi giri di parole inutili.
-Ti va un caffè? Offro io.
Sharon aveva sorriso, lasciandolo sulle spine giusto il tempo necessario per vedere quel mezzo sorriso tentennante iniziare a smorzarsi, per poi afferrare la giacca e chiudersi la porta alle spalle.
-Starbucks? -il sorriso raggiante di Sharon spazza via definitivamente le nubi temporalesche che si nascondono alle sue spalle.
-Vada per Starbucks.

 
 
 
Note:
 
1 Secondo il mio headcanon Peggy è la madrina di battesimo di Tony, non ho idea se la cosa sia confermata da qualche parte o meno.
2 La serata al Grand Canyon è documentata in Where the fossils come from, presente nella serie, racconto in una one-shot le vicissitudini antecedenti a questa storia di come nasca l’improbabile amicizia tra Steve e Natasha, non è fondamentale averla letta.
3 Tutti i riferimenti a Bucky, Natasha, la Siberia e la Stanza Rossa sono largamente documentate in 1956, nei prossimi capitoli specificherò i dettagli rilevanti nelle note, la storia fa parte sempre della serie, ma è appunto ambientata nel 1956.
 
Commento dalla regia:
Signori e signore, sono lieta di presentarvi l’ennesimo progetto mastodontico.
L’intenzione è quella di riprendere il MovieVerse a partire da TWS e modificarlo man mano con il ComicVerse riprendendo la serie a fumetti “Captain America Collection” di Ed Brubaker. Il lavoro di taglia-e-cuci non vuole riportare fedelmente l’una e l’altra versione ma integrare a vicenda i due filoni narrativi, mi impegnerò a specificare tutte le modifiche nelle note, ma se volete saperne di più rispondo volentieri a qualunque vostro dubbio/speculazione ;)
Detto questo, un grazie speciale va a _Lightning_ che si è sorbita tutti gli sviluppi del progetto in anteprima e mi ha aiutata nella raccolta informazioni tramite i fumetti mancanti. (<3)
Ovviamente, ogni commento/recensione è ben gradito, spero che la storia vi piaccia.
_T
   
 
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