Film > Le 5 Leggende
Segui la storia  |       
Autore: Roiben    31/12/2018    0 recensioni
Qui si narra di avventure e tribolazioni occorse all’Uomo Nero, e del suo fatale incontrar la Dea della Notte, dopo del quale nulla mai sarà più come fu.
Genere: Avventura, Fantasy, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri, Pitch
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
   >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Nero come la Notte


~º~

Qui si narra di avventure e tribolazioni occorse all’Uomo Nero, e del suo fatale incontrar la Dea della Notte, dopo del quale nulla mai sarà più come fu.

~º~



- Ricerche e deviazioni -


Il vento gelido che spira burrascoso dal nord sfiora il suo viso immoto senza toccarlo realmente. Le sue labbra pallide e sottili si storcono in una curva scontenta. Schiude gli occhi su di un cielo nero come il suo cuore e sospira piano.


I Dream Pirates sono perduti, ormai. Niente più bambini: niente fearlings. La ragazzina è andata, non potrà essere sua, non lo è mai stata d’altronde. La fata e lo spadaccino russo non lo impensieriscono più di tanto, ma il mago è insidioso e il pooka è una preoccupazione tangibile. E poi… poi c’è quel maledetto Star Captain; come è possibile che si trovi qui anche lui? I nemici da cui guardarsi stanno diventando un po’ troppi per i suoi gusti, e ha perduto gli alleati con l’ultima infruttuosa battaglia.


Le stelle continuano a brillare e riescono a calmare un poco il suo animo agitato, ma gli servirà del tempo per rimettersi in carreggiata.


Forse però…” pensa, in un soffio appena.


Forse, dopo tutto, non è persa ogni speranza. La nave potrebbe ancora esistere, da qualche parte. Sì, potrebbe, e se così fosse deve ritrovarla e tentare di farla tornare in volo.


Bruscamente si rimette seduto e riflette seriamente su quella possibilità. In fondo che ha da perdere giunti a questo punto? Sperare è l’unica opzione che può ancora permettersi, non c’è molto altro che possa fare attualmente. Solleva nuovamente gli occhi al cielo e accenna uno stentato sorriso: niente luna, stanotte; un’altra buona notizia. Rimessosi in piedi si allontana da quella landa brulla e fredda nella quale ha perso sin troppo tempo, diretto ovunque decidano di condurlo le sue percezioni, augurandosi che non lo tradiscano anche loro.

Strada facendo riflette su un’idea che gli è balenata in testa poco dopo la partenza: può darsi che qualcuno degli incantesimi del mago possa tornagli utile per rintracciare il galeone. Dopo tutto è stato proprio quell’Ombric, in compagnia del cosacco, a mettersi in viaggio tempo fa con la medesima speranza. Avesse avuto ancora con sé quei libri, sarebbe senz’altro risultato tutto più semplice, tuttavia può disporre di una memoria discreta e pensa di poter rammentare con sufficiente precisione la funzione di molti degli incantesimi ivi trascritti; dovrà solo trovare un buon momento per concentrarsi e provarne qualcuno dei più promettenti. Annuisce, soddisfatto, e accelera il passo.


*


Il sole è ancora un fastidio, ed è estremamente seccante dover attendere il momento in cui declina oltre l’orizzonte per potersi muovere agevolmente e in tutta libertà. Se ne avesse le adeguate conoscenze viaggerebbe sottoterra, percorrendone gli infiniti cunicoli, ma è già fin troppo complicato rimanere sulle giuste tracce in superficie, non osa immaginare in qual luogo sperduto finirebbe col ritrovarsi se dovesse scegliere la galleria sbagliata. Per questo motivo si accontenta di percorrere più strada possibile nelle ore buie e sostare invece trepidante durante il giorno. Si sta avvicinando, lo può avvertire con sempre maggior sicurezza con lo scorrere del tempo. Si riscopre eccitato alla prospettiva di giungere, finalmente, alla meta tanto desiderata e, inconsapevole, aumenta il passo impaziente di arrivare a destinazione.


Un’improvvisa luminosità dorata al di sopra di un colle in lontananza blocca bruscamente i suoi passi. Indeciso, scruta con maggior attenzione il cielo e, cauto, si muove per cercare un riparo. Il bagliore sembra farsi più vicino, riflesso nei suoi occhi impensieriti, ma infine sfila oltre il suo momentaneo rifugio senza avvedersi della sua presenza e, sollevato, trae un sospiro, riprendendo velocemente la strada nel tentativo di recuperare il tempo perduto.


*


L’alba è ormai vicina e rapido scova un buon riparo in cui attendere il prossimo tramonto. Siede sul morbido terreno muschioso, fra alberi e grossi massi rocciosi, e abbassa morbidamente le palpebre, permettendo ai pensieri di vagare fino a individuare il sentiero giusto. Un buon punto di partenza, tutto sommato, sembra l’incanto che ha appena ripescato dalla memoria; serve a dare una rapida occhiata a un momento preciso del passato, e lui sa esattamente quale momento sbirciare. Risolleva le palpebre, raddrizza la schiena e, a gambe incrociate, concentra la propria attenzione sulla corretta esecuzione di quella piccola magia. Dall’esterno nulla si può scorgere, ma poco dietro i suoi occhi scorrono rapidamente brevi immagini concitate, mostrandogli per un istante ciò che più gli preme. Quando tutto torna buio e silenzioso attorno a lui, le sue labbra piegano appena verso l’alto nell’apprendere che sì, esiste qualche effettiva possibilità che il galeone sia ancora su quella Terra. Sospira, soddisfatto di quel primo esperimento, e torna a chiudere gli occhi, questa volta per concedersi il lusso di un po’ di riposo fino al nuovo digradare del sole.


*


Si sta dirigendo a sud-ovest perché il secondo esperimento portato a compimento poco prima del crepuscolo sembra aver confermato la direzione seguita fino a quel momento. Si augura che sia effettivamente quella giusta perché fra pochi giorni la sua marcia lo porterà diritto in territorio umano, il che significa centri abitati, una sgradevole quantità di uomini adulti e parecchie grane al seguito che avrebbe di gran lunga preferito evitare. Ma certo non può imbarcarsi in un giro largo nel tentativo di raggiungere la sua destinazione evitando tutto ciò che si trova nel mezzo; ci impiegherebbe troppo tempo e troppe energie, sarebbe un vero disastro per il suo morale non propriamente alto.


Il vento è meno gelido ma più potente, tanto che l’erba cresce stenta e malaticcia. Un fruscio lo distoglie dai suoi ragionamenti; solleva di scatto la testa, senza ancora riuscire a scorgere null’altro che il brullo paesaggio della steppa, ma qualche misero passo dopo si ritrova la strada sbarrata da un piccolo branco di grossi lupi grigi che lo scrutano con scarsa benevolenza, malignamente si direbbe. Inarca un sopracciglio, tenta un ulteriore passo avanti ma è nuovamente costretto a bloccarsi di fronte a un cupo ringhio d’avvertimento. Sta per aprire bocca e provare a chiedere in qualche modo spiegazioni; prima che ne trovi il tempo, tuttavia, fra i lupi compare una nuova figura, grigia anch’essa, ma d’aspetto più umano anche se ugualmente selvaggio.


«Sei nel mio territorio» avverte il nuovo venuto in un basso ringhio contrariato.


«Sono solo di passaggio» tenta in risposta, per nulla intenzionato a cercare un confronto.


«Passa altrove» ribatte quello, asciutto.


Affila lo sguardo, i denti stridono, butta fuori un lungo respiro fremente. «Bene» sibila, non meno contrariato, «da che parte?».


Il mezzo lupo solleva un braccio e indica oltre le basse colline a nord, poi incrocia le braccia e lo fissa con evidente astio.


Si limita ad annuire, quindi, e a fare qualche prudente passo indietro, prima di azzardarsi a voltar loro le spalle e riprendere il cammino seguendo la direzione indicata e augurandosi mentalmente di non dover essere costretto ad allungare all’infinito il suo itinerario. Altre creature altrettanto territoriali e gli toccherà fare il giro del globo intero per arrivare al galeone.


*


È discretamente convinto di star percorrendo la strada sbagliata. Tutta colpa di quel maledetto mezzo lupo. Scuote il capo, si ferma nel bel mezzo di un nulla fatto di terra e rocce ed erba ingiallita, sbuffa irritato e si siede a terra, riflettendo, cercando di rammentare uno di quei libri che per poco tempo ha potuto avere fra le mani. Gli farebbe comodo qualche incantesimo per ritrovare la direzione giusta, a quel punto, ma non riesce a rammentarne tutti i particolari, solo qualche povero frammento che, da solo, sarebbe inutile nel migliore dei casi, disastroso nel peggiore. Fa scorrere a mente, con pazienza, i caratteri studiati in un momento migliore di quello attuale, cercando di mettere a fuoco là dove adesso scorge unicamente falle, socchiude le labbra che prendono a muoversi lentamente ma senza emettere suono, assottiglia le palpebre all’aumentare della concentrazione, sente di esserci vicino. Poi un rumore proveniente dal mondo esterno manda in frantumi l’immagine mentale prima che possa trovare la giusta nitidezza. Impreca, e bruscamente si rimette in piedi, guardandosi attorno con nervosismo. Pensare che, fino a pochissimi giorni prima, credeva che viaggiare di notte gli avrebbe assicurato fra le altre cose minor possibilità di imbattersi in fastidiosi contrattempi; un errore di calcolo da parte sua, evidentemente.


Per un breve attimo pensa possa trattarsi di nuovo di quei lupi grigi, ma si accorge ben presto che si tratta invece di cani, impegnati nel trainare… slitte? Reclina appena il capo di lato, perplesso. Slitte sull’erba? Accantona però in fretta le proprie perplessità quando si rende conto che si stanno dirigendo proprio verso di lui e si inquieta anche nello scorgere diverse figure dall’aspetto umano a bordo dei veicoli, e si allarma ancora di più nel momento in cui si rende conto che sono tutti equipaggiati d’armi ed espressioni poco amichevoli.


Guai, a quanto pare. Di nuovo. Ma che sorpresa” medita acidamente dentro di sé.


Poi il tempo per meditare si esaurisce in un istante fin troppo breve e una laconica maledizione abbandona le sue labbra, prima che si risolva ad armarsi a sua volta nell’eventualità di dover fronteggiare l’ennesimo problema imprevisto.


Sono quattro in totale, le slitte; rapide lo circondano ancora a una certa distanza e da ognuna smontano un paio di uomini, o quantomeno tali appaiono, mentre alla guida ne rimane uno. Il suo sguardo da affilato si fa sorpreso quando nota che al posto dei bagagli, sui veicoli, trasportano con sé fagotti che si dimenano e ansimano: prede, dunque, e vive per di più; di che genere ancora è da scoprire, ma non è poi così desideroso di farlo, soprattutto non da vicino.


Gli uomini, che infine non lo sono realmente, considerando che recano segni di magia sulla pelle e occhi del colore del sangue, gli si fanno presto incontro, decisi ad aggiungerlo al loro bottino, evidentemente. Ha come la netta impressione che questa volta non sarà proprio possibile evitare lo scontro.


«Vediamo» mormora, seguendo con gli occhi gli spostamenti dei cacciatori.


Poi quelli lasciano da parte ogni indugio e gli si fanno rapidamente incontro. Ma le lance di due di loro volano all’aria al primo affondo, delle lunghe picche non rimangono che pochi trucioli e l’ascia manca per un soffio il suo proprietario quando viene ricacciata indietro da una parata un po’ troppo energica. I tre ancora armati si aggirano con maggior cautela al limitare del suo campo visivo, forse intenti a studiare un nuovo piano d’azione. Dalle spalle lo sferragliare di una catena lo mette in allerta; una delle sue lame sibila nell’aria e le maglie, arrotolatesi appena al di sotto dell’elsa, cedono tintinnando sul terreno. In fretta ruota su sé stesso, si piega sulle ginocchia e affonda la punta della lama sopra il ginocchio di quello che ancora regge la seconda ascia, poi si scansa veloce mentre quest’ultima si pianta in profondità nella dura terra e colui che la impugnava si accascia ringhiando di rabbia e dolore. L’ultimo, ancora armato di bastone ferrato, lo fissa con astio ma ancora non muove il suo attacco; sembra attendere un qualche evento, e lo comprende per certo quando dalle retrovie delle slitte smontano i quattro conducenti. Due di loro portano sulla spalla una balestra, i restanti reti metalliche.


Soffia stizzito, sorvegliando i passi misurati dei nuovi venuti. È chiaro che le sue lame non saranno altrettanto utili in questo frangente, ma forse lo sarà la sua velocità.


Il cacciatore col bastone decide di uscire allo scoperto, probabilmente con l’intento di distrarlo, ma senza perdere d’occhio gli altri si sposta all’indietro andandogli incontro e confondendolo, blocca lateralmente il suo colpo portato dall’alto lo manda gambe all’aria colpendolo con l’elsa.


L’aria si smuove, un balzo indietro, due, per evitare di finire incastrato nella rete di un pilota. È costretto a rotolarsi a terra, a meno che non desideri un foro o due di troppo; una freccia si pianta poco discosta dalla sua gamba sinistra, un’altra accanto al suo collo sottile. Con un colpo di reni si rimette in piedi e prepara il fendente prima che i piloti abbiano il tempo materiale per ricaricare le balestre, ma le estremità uncinate di una rete strappano la sua giacca lungo la spalle fino al colletto, costringendolo a scartare lateralmente per evitare danni peggiori.


I suoi occhi dardeggiano all’intorno, controllando la posizione dei cacciatori e dei piloti, mentre indietreggia prudentemente tenendo la guardia alta. I piloti con le reti ne hanno lanciate di riserva ad altri tre cacciatori e uno dei rimanenti maneggia un grosso pugnale. I balestrieri hanno ricaricato e sembrano intenzionati a mettere fine alla partita. Snuda i denti, un lampo d’ira lampeggia nelle pupille, scatta avanti e colpisce la mano del cacciatore con il pugnale, poi si accuccia facendosi scudo del suo corpo quando una freccia termina la sua corsa nel polpaccio di quello stesso cacciatore che lancia un grido di bestemmia e crolla a terra dolorante.


Tuttavia ora ci sono cinque uomini con le reti attorno a lui e un balestriere che non ha ancora lanciato. Guardarsi le spalle sta diventando un problema; farebbe dannatamente comodo un buon diversivo, ma lì nel mezzo della steppa solo il vento è estraneo allo scontro, e lui non ha il tempo per trovare parole adatte a comandarlo; dunque si affida nuovamente ai suoi sensi e alla sua esperienza, e si prepara ancora una volta a dare battaglia.


Balza indietro quando la prima rete plana veloce su di lui, poi di lato evitando agilmente le maglie uncinate della seconda, ma è costretto ad appiattirsi a terra per evitare una freccia e gli uncini della terza rete lo agganciano allo stivale destro. Solleva un braccio e cala la lama che impugna; le maglie vanno in pezzi e gli consentono di rotolare via per sottrarsi a un nuovo lancio. Balza nuovamente in piedi e si slancia in avanti, direttamente contro uno dei cacciatori, tramortendolo e sottraendogli la sua rete, poi la fa roteare in aria dirigendola sulla testa del balestriere che, impreparato, solleva in ritardo la sua arma, facendolo impigliare nella rete assieme alle sue braccia.


Poiché tutto sommato sembra lo vogliano prendere vivo (anche se non necessariamente in ottima salute), non si cura affatto di far da bersaglio quando salta verso il balestriere imprigionato e lo getta a terra con un calcio, usando poi il suo petto come trampolino per volteggiare all’indietro eludendo altri due tiri dei cacciatori. E tuttavia, inaspettatamente, uno di quelli che sperava vivamente di aver disarmato una volta per tutte, a quanto pare non lo è completamente. Così si ritrova a rovinare a terra con entrambe le caviglie imprigionate in una sottile fune trattenuta da tre pesi tondeggianti. Non ha però perduto la presa sulle sue lame e la prima rete in arrivo viene squarciata a mezz’aria da un deciso fendente. Identica sorte capita a un braccio di uno dei cacciatori che imprudentemente si è avvicinato mentre ancora la lama mulinava in aria.


Scalcia furiosamente con un sordo ringhio frustrato, poi infila la punta di una lama fra gli stivali e taglia velocemente la corda. L’operazione gli ha però richiesto preziosi secondi che lo espongono alle azioni altrui; infatti i cacciatori approfittano della momentanea distrazione per farsi avanti assieme e bloccarlo a terra sotto il peso e il fastidio delle restanti reti rimaste integre.


Sibila adirato, ritrae al petto le ginocchia e rifila un calcio deciso, seppur ostacolato dall’impedimento delle maglie metalliche, al primo cacciatore che si è avvicinato, spedendolo lungo disteso. Gli altri si accostano con maggior esitazione e prudenza, badando a tenere ben serrati i bordi delle reti, e piano gli si fanno vicini, decisi a immobilizzarlo e renderlo il più inoffensivo possibile. Sembra tuttavia un’operazione più complessa di quanto si aspettassero; nel tentativo almeno quattro di loro si guadagnano lividi e tagli in quantità, mentre la loro preda si divincola con forza, spintonando, graffiando e mordendo senza risparmiare nulla, neppure colpi bassi.


Grida, ansimante e furioso, ritrovandosi infine strettamente avvolto dalle stesse reti che lo hanno obbligato a terra. Avrebbe dovuto ucciderli tutti; a quest’ora sarebbe già molto lontano, magari nuovamente diretto verso il suo galeone. Ma si sarebbe lasciato alle spalle l’ennesima scia di cadaveri, e a dirla tutta la sola idea gli dà la nausea.


Ruggisce una pesante imprecazione quando due cacciatori provano a issarlo su una delle slitte fatte accostare appositamente; assottiglia gli occhi e si contorce, affibbiando una testata a quello che gli si trova di fronte, ghignando nel sentirlo borbottare maledizioni assortire, ora sfoggiando un bel naso rotto.


Ben gli sta” pensa acidamente, rifilando una ginocchiata nelle costole di un terzo cacciatore avvicinatosi per dare una mano (e rimetterci le ossa, evidentemente).


Mentre riprende fiato, di nuovo adagiato sull’erba, li ascolta lanciare ingiurie e discutere animatamente fra loro. “Forse nel tentativo di mettersi d’accordo su chi sarà la prossima vittima” riflette maligno. Sospira. Nelle attuali condizioni difficilmente riuscirà a liberarsi; dovrà necessariamente essere paziente e attendere il momento più opportuno per levarsi d’impaccio e lasciare la loro sgradita compagnia.


Il viaggio, buttato alla rinfusa come un sacco sulla slitta, è incredibilmente scomodo e lungo in maniera angosciante. Si augura ardentemente che non abbiano intenzione di fare fermate intermedie per caricare a bordo altre prede, o finirà sul serio col dare di matto. Ma si consola immaginando che dopo aver perduto gran parte delle loro armi e reti, la loro destinazione più prossima sia anche quella finale, ovvero il luogo (qualunque esso sia) nel quale verranno scaricate le prede e verrà fatto un adeguato rifornimento d’armi e provviste. Sbircia con desolazione gli scorci di cielo che gli è dato di scorgere dal punto in cui è stato gettato: è ancora buio, ma non lo sarà ancora a lungo; presto l’orizzonte schiarirà e la situazione, per lui, si complicherà ulteriormente. Un po’ irragionevole, spera che il viaggio abbia termine prima che il sole sorga, anche se francamente ne dubita: nessun indizio annuncia che di fronte a loro vi sarà altro che erba ingiallita e cielo a perdita d’occhio, almeno per un lungo tratto ancora. Sospira, contrariato, e chiude gli occhi, cercando invano una posizione più comoda che, ovviamente, non riesce a trovare, e mentre riposa gli occhi pensa; riflessioni affatto liete, ma capaci di portarlo a chiedersi quale sia la loro destinazione e per quale motivo quei cacciatori si sono dati tanto da fare per assicurarsi di portarlo con loro, dovunque siano diretti. È certo, ormai, che qualcuno li stia attendendo, e ha il timore di scoprire chi sia poiché sospetta che saperlo non gli garberà affatto.


Uno scossone più forte degli altri, quasi da dargli l’impressione che la sua schiena possa spezzarsi da un momento all’altro, lo mette in guardia. Rapidamente riapre gli occhi e li fa spaziare il più possibile a studiare ciò che li circonda; le slitte stanno rallentando? Sembrerebbe di sì. Dopo tutto pare giungeranno a destinazione prima dell’alta. Non è ancora certo se sentirsi grato per quella piccola fortuna, oppure maggiormente impensierito alla prospettiva di venire presto scaricato ai piedi di qualche personaggio ben poco apprezzabile. Respira lentamente per cercare di rilassarsi, ma il suo corpo ancora strettamente imprigionato nelle fastidiose maglie metalliche non facilita l’operazione, tutt’altro.


Ecco, il fruscio del vento contro l’erba ora supera il rumore dei veicoli trainati dai cani. Sono di nuovo fermi, finalmente, anche se ancora non è in grado di scorgere nulla che non sia steppa e stelle pulsanti. Ma è il suo naso, inaspettatamente, a intercettare una novità: odore di fiori, pensa, senza riuscire però a comprendere, inizialmente, di quali si tratti né da dove provenga. Sgrana gli occhi nel momento in cui ricorda quello specifico odore: fiori di stramonio, dal sentore abbastanza aspro e pungente perché possa celare l’olezzo della morte.


Prova qualche cauto movimento, cercando di capire se ci sia speranza di liberarsi, ma pare che, senza le sue lame, siano catene troppo robuste per essere spezzate o eluse. “Di nuovo guai, ma tu guarda. Questo assurdo mondo non porta altro, dopo tutto” riflette con cinismo. Abbassa le palpebre, affatto sicuro di voler scoprire troppo in fretta ciò che lo attende. Le altre prede hanno sacchi sulla testa; lui, com’è ovvio aspettarsi, non ha questa fortuna e presto conoscerà il mandante di quella battuta di caccia.


Qualcuno fa saltare la serratura che blocca il portello sulla fiancata e, come un pesante sacco di patate, rovina a terra, rotolando su sé stesso e ritrovandosi malauguratamente a fissare negli occhi una donna dai fiammeggianti capelli rossi e dallo sguardo purpureo. “E non ho neppure portato con me un pensierino” strascica velenoso fra sé, maledicendo quella nottata con devoto fervore.


La signora dai capelli rossi e dall’apparenza di una giovane fanciulla si guarda attorno con manifesta curiosità, studiando una a una le slitte e osservandone il contenuto con molta attenzione, apparendo poi leggermente contrariata.


«Avete fatto ritorno prima del solito, portando un minor numero di esemplari» fa notare con una nota stizzita nella voce.


«Sì» ammette uno dei cacciatori, facendosi prudentemente avanti, evidentemente dopo essersi auto imposto l’onere di portavoce.


«Posso almeno conoscerne il motivo?» chiede dunque la signora con tono lieve ma sguardo affilato.


«Ci sono stai… guai» tenta il cacciatore, incerto.


Guai… Come no” è il sarcastico pensiero del Nightmare King.


La signora fa brevemente vagare lo sguardo all’intorno, notando senza darvi troppo peso il palese nervosismo degli uomini. «Non vedo guai, qui. Li avete lasciati indietro, dunque?» chiosa ironica.


Il cacciatore portavoce scuote piano la testa. «Non proprio. Lo abbiamo portato con noi» confessa di malavoglia.


«Lo?» indaga, ora suo malgrado incuriosita.


Per quanto tenti di controllarsi, il suo corpo si irrigidisce mentre l’ansia per l’incontro ormai imminente sale. “Di male in peggio” riflette con amarezza.


«Sì, uno degli esemplari» conferma il cacciatore, indicando con la mano il punto in cui ancora giace l’oggetto del loro interesse.


Mentre la signora gli si accosta, lui mantiene i suoi occhi chiari su di lei senza perderla di vista un solo istante.


«Orbene, tu saresti quel famoso guaio» commenta lei, reclinando graziosamente il capo di lato.


Rimane in silenzio, nonostante tutto ciò che avrebbe da dire al riguardo, per esempio che l’unico guaio, attualmente, è quello nel quale si trova lui. Certo, parlare con quella donna non fa parte delle sue intenzioni, soprattutto tenendo a mente che lei è il principale motivo per cui lui ora si trova abbandonato a terra e aggrovigliato nelle inestricabili maglie delle reti. E lei è anche circondata e seguita da quel terribile olezzo che gli sta portando una poderosa emicrania.


«Nulla da dire, quindi?» insiste la signora, chinandosi appena e stuzzicandolo con la punta di un piccolo piede. «Sei forse privo del dono della parola… o dell’intelletto?» scherza, senza notare il bagliore dorato negli occhi del suo interlocutore.


Sta per ringhiarle contro una minima quantità del suo totale disprezzo, ma si blocca per tempo, impedendo a sé stesso di cedere alle seccanti provocazioni di quella creatura. Vi sarà certamente un momento migliore per farle scontare l’affronto.


Poi lei sorride, incurvando gentilmente le labbra rosee, e un lungo brivido ghiacciato scorre lungo la sua schiena maltrattata, facendogli trattenere un brusco respiro.


«Non importa. Sono certa avremo altre ottime occasioni per fare conoscenza» sentenzia, facendola apparire come una minaccia a tutti gli effetti.


In seguito, grazie al cielo, si volta dando le spalle alle slitte e, con un rapido gesto del braccio, congeda i presenti, abbandonandoli ai loro doveri e tornando evidentemente ai propri.

  
Leggi le 0 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
   >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Film > Le 5 Leggende / Vai alla pagina dell'autore: Roiben