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Autore: infinitylou    01/01/2019    5 recensioni
Prendete la sera del 31 dicembre, aggiungeteci un attico pronto per ospitare una piccola festa intima, una coppia d'innamorati da poco ritrovati, un pizzico di amici fidati e una spruzzatina di Parigi, che ci mette sempre lo zampino.
Adesso mescolate per bene gli ingredienti e otterrete così il composto perfetto per festeggiare l'arrivo dell'Anno Nuovo.
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Questa OS è un piccolo spin-off di ''Je t'aime comme Paris aime la neige'', della quale è fortemente consigliata la lettura per poter capire le dinamiche di questa storia.
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New Year's Eve!Au
Spin-off
13.7K
Genere: Fluff, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Harry Styles, Louis Tomlinson
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Toujours et à jamais




 

 






 

 

Harry si voltò di lato, specchiandosi nel grande vetro e sistemandosi meglio sulle spalle il giacchino corto di velluto nero, arricchito con decorazioni dorate e d’argento, che Louis gli aveva regalato due giorni prima, in vista della festa di Capodanno che il più giovane aveva deciso di organizzare per quella sera nel loro attico.

Quando l’aveva adocchiato nella vetrina di Gucci, era stato amore a prima vista.

«Attento che se ti guardi ancora un po’ poi svanisci».

Louis entrò in stanza con un sorriso divertito sulle labbra, mentre trafficava con il nodo della cravatta.

«Secondo te sto bene?»

«Risponderò solo se mi aiuti con questo nodo. Ci sto litigando da dieci minuti».

Harry sorrise nel vedere il cipiglio scuro del suo volto, avvicinandosi all’armadio e recuperando dal primo cassetto sulla sinistra un dolcevita nero.

«Questo lo preferirai» asserì, sfilandogli la cravatta dal collo e slacciando i primi bottoni della camicia bianca, chiudendo poi gli occhi nel sentire le labbra del maggiore approfittare del momento e premergli sensualmente sotto il mento «Lou…»

«Mmh?»

«Non possiamo perdere tempo».

«Sei una visione» rispose, evadendo ciò che gli aveva appena fatto notare e rispondendo alla domanda che gli aveva posto prima, mentre lasciava scivolare le mani ad arpionargli le natiche.

Il più piccolo inclinò maggiormente il capo a suo favore «Lo pensi davvero?»

Lo schiocco rumoroso che le labbra di Louis rilasciarono, liberando la porzione di pelle rossa del suo collo, riempirono l’intera stanza.

«Mon petit garçon, tu es si narcissiste»¹ mormorò, accarezzandogli le guance soffici con i polpastrelli «La tua bellezza mi fa girare la testa».

Le guance di Harry si tinsero immediatamente di porpora, mentre nascondeva il volto nell’incavo del collo del maggiore e accarezzava i radi capelli dietro la sua nuca.

Louis non si lasciò però distrarre ulteriormente, riprendendo a baciarlo e accarezzarlo da dove si era interrotto.

«Non ti è bastata stanotte? Eri decisamente insaziabile».

«Tu non mi basti mai, lo sai» precisò, mentre le mani risalivano ad accarezzare i muscoli tesi della schiena per poi fare il percorso inverso «E comunque, non mi sembrava che tu fossi da meno, mon petit».

Le labbra di Louis interruppero la serie infinita di baci, distendendosi in un sorriso sfacciato nell’udire il gemito acuto risalire dalla gola di Harry nel momento in cui una sua mano s’intrufolò oltre la cinta dei pantaloni e l’elastico dei boxer, per andare a tastare con le dita il solco tra le sue natiche.

«Louis – ah – f-fermati».

Harry provò a respingere quell’assalto, ma le sue proteste erano troppo lievi per convincere Louis a desistere. Quando riusciva a mettere le mani sul corpo del più giovane, era difficile convincerlo a cedere. Ci voleva ben più di una qualche debole supplica.

«Ne sei proprio sicuro?» insistette, inserendo il medio tra le sue carni mentre la presa di Harry sulle sue spalle si faceva più serrata.

«Vorrei – cazzo – vorrei poter dire di no» sospirò, mentre la schiena s’incurvava sinuosa, facendogli sporgere maggiormente il sedere all’infuori.

Nonostante la sua reticenza, il suo corpo non poteva che rispondere positivamente alle mani curiose di Louis su di sé.

«Tra m-meno di mezz’ora i nostri ospiti saranno q-qui e non ho nessuna intenzione di accoglierli con un’erezione tra le gambe. E nemmeno tu, f-fidati».

Per quanto la cosa lo infastidisse, Louis doveva ammettere che Harry avesse ragione: una ventina di minuti non sarebbero bastati nemmeno per dei preliminari degni di tale nome.

Non per lui, perlomeno. Non era mai stato un fan delle sveltine; men che meno con Harry.

Louis era un amante del sesso in ogni sua forma e, in quanto tale, voleva soddisfare le sue esigenze senza fretta: quei momenti di passione, in cui due corpi si cercano, si sfiorano e si concedono l’un l’altro fino a fondersi insieme, erano per lui fonte di pura estasi per poter godere e far godere il suo partner.

Potersi deliziare della vista di Harry nel suo momento di massimo piacere, lo appagava ancor più di quando raggiungeva il suo orgasmo; perché sapere che era lui a ridurlo in quelle condizioni lo mandava letteralmente fuori di testa.

Quindi no, decisamente non avevano abbastanza tempo.

Ritrasse controvoglia la mano da sotto i vestiti di Harry e posò la fronte sulla sua, concedendo a entrambi pochi secondi per regolare i rispettivi respiri.

«Ricordami perché ho acconsentito affinché organizzassi questa festa a casa».

Harry strofinò la guancia contro la sua in un movimento delicato, per evitare che il sottile strato di barba gli irritasse la pelle. Louis aveva molta premura su quello, ma spesso era lo stesso Harry ad impedirgli di radersi perché, se sul viso lo irritava, in altre parti del suo corpo quella ruvidezza non gli dispiaceva per niente.

«Perché è l’ultimo giorno dell’anno ed è bello trascorrerlo in compagnia. Inoltre so per certo che stare insieme ai tuoi più cari amici ti rende felice».

Il maggiore aprì gli occhi, specchiando le sue iridi color del cielo in quelle smeraldine del compagno, già fisse su di lui.

«Mi basti tu a rendermi felice».

Le fossette del più giovane comparvero a bucargli le guance quando il suo sorriso più raggiante gli spuntò sulle labbra.

«Je t’aime» asserì baciandolo ancora, prima di restare per alcuni istanti immobili a guardarsi negli occhi e a comunicarsi in quel modo tutto l’amore che provavano l’uno per l’altro.

Ora che, finalmente, i loro occhi erano tornati a parlare.

L’intensità dello sguardo di Louis, però, era da sempre il punto debole di Harry. Ancora oggi, dopo tanti anni, quegli occhi - della più bella tonalità di azzurro che avesse mai visto - avevano il potere di fargli tremare le gambe. Per quello gli posò un palmo sul viso, a celargli la vista.

«Permettimi di ammirare ciò che è soltanto mio, mon ange».

Scostò la mano, esaudendo il suo desiderio, ma abbassando gli occhi con imbarazzo, mentre gli zigomi si tingevano di rosa.

«Non vergognarti, amore. Questa tua debolezza è solo una delle tante cose che amo di te» lo riprese, posando le labbra proprio nel punto dove la pelle era diventata più calda «Tu me fais le même effet»².

Dopodiché Louis lasciò scorrere il dorso della mano lungo lo sterno del più piccolo, lasciato scoperto dalla camicia di seta bianca che, come al solito, indossava sbottonata di diversi bottoni.

«Smetterai mai di portarle in questo modo?»

«Ricordo che una volta mi dicesti che avrei potuto indossarle così, se lo avessi fatto solo per te» gli soffiò all’orecchio, facendolo rabbrividire.

«E lo stai facendo per me?»

«Sempre» gli assicurò, tornando ad allacciargli le braccia al collo.

Si crogiolarono in quel tenero abbraccio ancora per pochissimi istanti prima che il timer del forno suonò, così che Harry lo spinse lontano da sé per raggiungere in fretta la cucina. Non prima di avergli intimato di cambiarsi.



 

Louis ridacchiò tra sé, tolse la camicia e indossò il dolcevita, dandosi poi un’occhiata allo specchio. Doveva ammettere che Harry c’aveva visto giusto perché quel capo gli donava decisamente ma, dopotutto, non poteva essere altrimenti: i gusti di Harry in fatto di moda erano sempre stati perfetti.

Fece una veloce capatina in bagno per acconciarsi il ciuffo all’indietro, con l’aiuto di un po’ di gel, prima di tornare nella camera da letto e prendere la giacca di velluto che il più giovane gli aveva preparato sul letto.

Si stava sistemando il bavero quando lo sguardo gli finì sulla cornice presente sulla cassettiera, contenente una fotografia scattata il giorno di Natale e raffigurante le loro famiglie: le prime a sinistra erano Gemma e Anne, con quest’ultima abbracciata a Fizzy; seguivano poi le gemelle Phoebe e Daisy, Lottie, Harry, lui e Pierre. Al centro, davanti a tutti, Ernest e Doris. Sullo sfondo, alle loro spalle, una cornice raffigurante sua madre.

Prese tra le mani la fotografia, sorridendo malinconico, ma percependo il proprio cuore scaldarsi nel ritrovare un comune denominatore negli occhi di tutti i soggetti: l’amore.

Il 25, infatti, dopo aver trascorso la notte nel vecchio appartamento di Harry, aveva convinto lui, Anne e Gemma a raggiungere la sua famiglia a Noyers-sur-Serein; non prima di essere passato a prendere anche suo nonno, ovviamente.

Trascorrere il giorno di Natale in famiglia era una tradizione per tutti e fu felice di averla realizzata anche quella volta, soprattutto quando aveva visto gli occhi grati delle sue sorelle, quando si erano tutti sorprendentemente presentati alla porta di casa.

La presenza di Harry e la sua famiglia - e anche di Pierre - era servita a scacciare quel velo di tristezza che ancora si respirava tra quelle mura e quella fotografia rappresentava al meglio l’atmosfera di gioia e serenità che aveva caratterizzato quel giorno.

Harry non aveva perso tempo a svilupparla e incorniciarla. Era stato davvero tutto perfetto.

Beh, quasi tutto.

Prese un respiro profondo e scosse il capo: non era quello il momento di farsi prendere dalla tristezza.

Uscì dalla camera, socchiudendo la porta e spostandosi nel soggiorno dove la tavolata era stata imbandita di tutto punto e un grande albero di Natale, con decorazioni blu e argento, faceva bello sfoggio di sé occupando un intero angolo della stanza.

Si guardò attorno, ancora incredulo di ritrovarsi in quella casa. Quando erano tornati a Parigi, e dopo aver accompagnato Anne e Gemma all’aeroporto, Harry non aveva avuto alcuna intenzione di trascorrere nemmeno un solo giorno in più nel suo appartamento a Montmartre. Gli sarebbe mancato vivere in quel quartiere, ma la prospettiva di poter nuovamente convivere con Louis era decisamente più attraente.

Come se non bastasse, non solo aveva voluto tornare a condividere una casa con lui, ma aveva espresso anche il desiderio di farlo proprio nel loro attico, quello in cui avevano abitato fino alla drastica decisione di lasciarsi e che Louis non aveva mai messo in affitto, né tantomeno in vendita, proprio nella speranza di poterci un giorno far ritorno insieme al suo giovane amore.

Dal suo canto, inutile dire con quanto entusiasmo avesse appreso la decisione del più giovane: dopo quasi un anno lontani, tornare a condividere ogni spazio con lui era ciò che di meglio potesse desiderare; solamente, non era certo sarebbero riusciti a fare ritorno nel vecchio attico nell’immediato. Gli aveva quindi proposto di restare nella sua nuova casa fino all’anno nuovo, ma Harry non aveva voluto sentire ragioni e, nel giro di un paio di giorni, aveva contattato una ditta di traslochi, trasferito tutte le loro cose nel vecchio attico e organizzato una festa per Capodanno.

Poco importava che la stanza degli ospiti fosse invasa ancora da diversi scatoloni; erano di nuovo a casa e solo quello contava.

Solamente due sere prima avevano trascorso tutto il tempo a decorare il grande albero perché Harry si era categoricamente opposto alla sua proposta di acquistarne uno già addobbato e, anche se a tarda serata si erano letteralmente trascinati a letto decisamente stanchi, era stato bello e divertente decorarlo insieme.

Nonostante l’imbarazzante ritardo.

Tutto sembrava essere tornato come prima, ma invece molte cose erano cambiate; a cominciare da loro stessi: quella battuta d’arresto nel loro rapporto era servita per renderli più consapevoli e maturi, perché in amore non si finisce mai d’imparare e crescere.

Osservò l’orologio alla parete che segnava le 18:50.

Ancora pochi minuti e poi i loro ospiti li avrebbero raggiunti.

Fortunatamente, dopo la nevicata della Vigilia, nei giorni successivi c’era sempre stato bel tempo e le temperature si erano anche alzate di un paio di gradi, facendo così sciogliere il manto di neve e rendendo le strade perfettamente agibili.

 

 

 

 

Si stava avvicinando alla finestra per uscire in terrazzo e affacciarsi a guardare in strada, pronto all’arrivo degli amici, quando un frastuono proveniente dalla cucina lo fece allarmare. Coprì la distanza che lo separava da quella stanza della casa in rapide falcate, preoccupato che fosse successo qualcosa a Harry.

«Piccolo, tutto bene?»

Si morsicò le labbra per trattenere una risata nel vedere la posizione in cui si trovava Harry: era mezzo disteso sul piano dell’isola della cucina, le gambe spalancate e una teglia piena di voulevant, in bilico, che sporgeva da sopra di esso.

«È tutto sotto controllo, Lou, non preoccuparti».

Si affrettò a raggiungerlo, recuperando la teglia e depositandola sul ripiano, mettendo così in salvo gli antipasti e permettendo a Harry di tornare composto.

«Fino a un secondo fa, non mi sembrava che avessi tutto questo controllo»

«È che sono inciampato. Avevo appena sfornato questi, mi sono voltato e ho messo il piede sul cucchiaio che mi ha fatto perdere per un attimo l’equilibrio» gli spiegò concitato, indicando prima il forno e subito dopo il cucchiaio di legno che giaceva accanto ai suoi piedi.

«E cosa ci fa un cucchiaio in terra?»

«L’ho urtato prima, mentre recuperavo il guanto da forno e spostavo una ciotola nel lavello».

Si abbassò, recuperando la posata da terra e raccogliendo con uno strofinaccio alcuni residui di salsa che avevano sporcato le piastrelle.

«Tu, amore, sei un cuoco provetto, ma sei anche una personcina particolarmente impacciata e devi fare attenzione o, una volta o l’altra, finirai per farti davvero male».

Harry borbottò in dissenso e lui fu svelto a scacciare con un bacio il tenero broncio che gli si era formato sulle labbra, pizzicandogli un fianco e provocandogli così una piccola risata.

«Comunque, questa era l’ultima sfornata. Spero di aver cucinato abbastanza»

Sbuffò appena e con il dorso della mano si scostò i capelli ricaduti sulla fronte, mentre Louis dava un’occhiata in giro.

Deglutì a vuoto perché beh, decisamente la mancanza di cibo non sarebbe stata un problema quella sera.

«Amore, ehm… non credi di aver esagerato un pochino?»

Harry posò le mani sui fianchi e aggrottò la fronte: polpo con patate, voulevant con crema di formaggio e prosciutto o con formaggio e funghi, aspic con tonno, uova e sottaceti, tartine con patè, cannelloni di crêpes con funghi e spinaci, della classica pasta al forno, una ratatouille, salmone in salsa bernese o in alternativa del pollo alla Parmentier e per dessert una bavarese alle fragole e ananas che aveva però ordinato presso una rinomata pasticceria della zona.

«È lo stretto necessario, Lou. Spero solo che sia tutto di loro gradimento».

Lo stretto necessario.

Evitò di dirgli che sicuramente ci sarebbe voluta una settimana intera per consumare gli avanzi di quella sera, limitandosi a circondargli la vita con un braccio e a rassicurarlo.

«La tua cucina è squisita, H. Sono sicuro che faticheranno ad alzarsi da tavola a fine serata».

«Beh faranno meglio a riuscirci, invece, perché ho preparato il terrazzo per il brindisi mentre assisteremo al grande spettacolo pirotecnico che seguirà il conto alla rovescia per l’anno nuovo».

Louis roteò gli occhi perché ovviamente Harry aveva pensato anche a quello.

Per fortuna, aveva espressamente vietato agli amici di portare altre cose da mangiare o bere.

Tuttavia, stava pensando che forse Niall sarebbe potuto essere di grande aiuto con tutto quel cibo quando il suo cellulare emise il segnale acustico che lo avvisava della ricezione di un messaggio. Lo recuperò dalla tasca interna della giacca e lo lesse velocemente.

«Sarà almeno da un’ora che ricevi messaggi. Si può sapere chi ti sta cercando?»

La voce di Harry risuonò più piccata e seccata di quanto avrebbe voluto.

«Colleghi di lavoro che mandano gli auguri di Buon Anno» gli rispose tranquillamente, scrollando le spalle e premendo rapidamente i pollici sul display.

«Non mi sembra sia già scoccata la mezzanotte».

Louis alzò lo sguardo, adocchiando divertito da sotto le ciglia la sua espressione seria «Si vede che preferiscono anticipare perché dopo saranno troppo presi dai festeggiamenti».

Harry fece un’espressione scettica e un poco infastidita.

«Beh, mi auguro non vada avanti così per tutta la sera, in ogni caso. Sono fastidiosi».

«Che vuoi farci, mon petit: la gente mi ama» asserì in battuta, mentre Harry di tutta risposta sollevava gli occhi al cielo, non riuscendo però a evitare un piccolo sorriso nel momento in cui gli si avvicinò per schioccargli un rumoroso bacio sulla guancia.

Dopodiché Harry ordinò a Louis di ritornare in soggiorno e controllare che tutto fosse sistemato e in ordine, mentre lui terminava l’impiattamento degli antipasti da poco sfornati.

 

 

 

 

 

Dopo circa una decina di minuti il citofono suonò nell’intero attico, ma mentre Louis aveva un’espressione tranquilla e serafica, pronto ad accogliere i loro amici, la postura rigida di Harry, in piedi al centro del soggiorno e le mani a giocare distrattamente con gli anelli, tradirono il suo stato di agitazione.

Louis abbandonò la seduta del divano, affiancandolo e posandogli una mano sul fianco, percependolo sussultare.

«Hey cherie, qualcosa non va?»

Scosse il capo «No, no. Solo - ecco, è la prima cena che facciamo di nuovo tutti insieme dopo… insomma, lo sai».

Annuì, sorridendogli intenerito. Da una parte poteva capire benissimo le sensazioni che Harry stesse provando in quel momento e che agitavano in modo turbolento il suo animo: dopotutto i loro invitati erano perlopiù persone legate a lui, divenute amiche del più piccolo solo in seguito e, visti i mesi burrascosi intercorsi tra loro, probabilmente anche lui al suo posto sarebbe stato in ansia; ma, in fondo, sapeva per certo che né Liam, né tantomeno Niall gli avevano mai portato rancore.

E lo stesso valeva anche per Lottie, la quale ormai era tornata a relazionarsi con lui proprio come una volta.

Sua sorella adorava Harry e il sentimento era decisamente reciproco.

Gli allacciò quindi le braccia in vita e depositò un morbido bacio all’angolo della sua bocca.

«Non c’è nessun motivo per il quale tu ti debba preoccupare, H. Quel che è stato, è stato. Tutti loro ti vogliono bene e sanno che adesso siamo di nuovo felici e più innamorati di prima. Stai sereno».

Harry sospirò profondamente, annuendo piano col capo e provando a concentrarsi sulle dolci carezze che gli stava dedicando il maggiore, sfuggendo con lo sguardo ai suoi occhi.

«Promettimi che cercherai di divertirti» insistette Louis, sollevandogli il mento «Hai desiderato così tanto organizzare questa festa».

«Volevo fare qualcosa per te».

Lo sapeva. In quei giorni, da quando si erano ritrovati, Harry non aveva fatto altro che restare appiccicato al suo fianco ogni singolo secondo della giornata che trascorrevano insieme; quasi a voler recuperare il tempo perso e trasmettergli tutto l’amore che per mesi gli aveva negato.

Gli racchiuse il volto tra le mani, sfiorandogli le guance e premendo un casto bacio sulle sue labbra rosse «Ciò che mi rende più felice a questo mondo è l’averti al mio fianco e tutti i nostri amici lo sanno. Goditi la serata e sii te stesso, mon ange».

Gli rubò un ultimo, veloce bacio a stampo, prima di correre verso il citofono che suonò ormai per la terza volta, mentre Harry si rifugiava nuovamente in cucina.

Fece un piccolo sorriso nel riconoscere dal video Liam e Sophia: Il suo amico era famoso per la puntualità, perciò non fu per nulla sorpreso di scoprire che fosse proprio lui il primo ad arrivare.

Premette il tasto che fece aprire il portone d’ingresso del palazzo e dopo un paio di minuti l’ascensore si aprì direttamente nell’attico, rivelando le figure della prima coppia.

«Benvenuti».

Louis si avvicinò salutando per prima Sophia con un bacio sulla guancia e abbracciando poi il migliore amico.

«Come mai tardavi ad aprirci? Vi abbiamo per caso interrotto?» domandò Liam, ammiccando con le sopracciglia.

«Liam! Non essere inopportuno».

«Tranquilla Soph, sono abituato alle battute di Liam e in effetti sì… ci avete interrotto, ma non a fare ciò che credi tu» si affrettò a precisare, scortandoli al centro del soggiorno «E a proposito di questo, siate clementi con H. É particolarmente agitato per questa amichevole rimpatriata».

L’amico aggrottò confuso le sopracciglia «E per quale motivo?»

«Teme di non essere ben voluto da voi».

«Oh, ma questo è ridicolo. Non potremmo essere più felici per voi» ridacchiò Sophia, cercandolo poi con lo sguardo «Haz, tesoro, dove sei?»

Lo chiamò a gran voce, sfoggiando un sorriso radioso nel momento in cui lo vide comparire dalla cucina con un vassoio pieno di flûte colme di Prosecco.

«Stavo preparando da bere» si scusò, posando il vassoio al centro del tavolo ovale.

«Coraggio, fatti abbracciare, amico» Liam fu il primo ad avvicinarlo, offrendogli un abbraccio che il più piccolo non esitò a ricambiare.

Poi, mentre li ringraziava per aver accettato l’invito, il citofono suonò di nuovo, informandoli dell’arrivo delle ultime due coppie: Niall e Perrie, la cui storia sembrava procedere a gonfie vele, e Lottie accompagnata da Sam, il nuovo fidanzato.

Quest’ultimo, in particolare, era famoso per non riscuotere molta simpatia con Louis.

Harry ricordava benissimo l’espressione contrariata sul volto del compagno quando pochi giorni prima, a Natale, la sorella glielo aveva presentato, facendolo infiltrare tra i loro familiari.

Tra l’altro, era stato proprio Sam ad aver scattato la tradizionale foto di famiglia che Harry aveva poi desiderato incorniciare: Louis aveva spacciato quella richiesta come una specie di onore che concedeva al ragazzo, in segno di affetto e con la scusa che con l’autoscatto si rischiava sempre di dover rifare la foto innumerevoli volte ma, in realtà, l’aveva fatto perché non voleva che venisse immortalato anche lui in quel quadretto perfetto. Era troppo presto per considerarlo parte della sua famiglia; lo sarebbe diventato tra una ventina d’anni, dopo aver sposato Lottie e avergli dato dei nipotini da spupazzare.

Forse.

«Sorridi, amore. Altrimenti si capisce che non sei felice di vederlo» gli mormorò all’orecchio Harry, sfoggiando a sua volta uno dei suoi sorrisi migliori, mentre i ragazzi uscivano dall’ascensore.

«Questa cosa che adesso se lo deve portare dietro ovunque, come fosse un cagnolino, mi innervosisce».

«É innamorata. Tu faresti lo stesso» gli baciò le labbra, voltandosi ad accoglierli come il più cordiale dei padroni di casa «Ben arrivati, ragazzi, vi stavamo aspettando. Servitevi pure».

Osservò Louis abbracciare la sorella e lasciarle un buffetto sulla guancia, prima di allungare gentilmente la mano a Sam e incurvare leggermente l’angolo della bocca.

«Come ti trovi nel nuovo appartamento, Lots?» Le domandò Sophia, bagnandosi le labbra con il prosecco.

La ragazza spostò oltre le spalle i lunghi capelli ormai tinti di un vivido color pesca, sbattendo le folte ciglia che adornavano i suoi occhi azzurri «Benissimo. È piccolo, ma confortevole. Dopotutto un attico enorme come questo di mio fratello non farebbe mai al caso mio».

«E voi due convivete già?» s’informò Liam, spostando gli occhi nocciola dalla ragazza a Sam.

«Oh, no» sorrise lei «Non ufficialmente, almeno».

«Mi fermo spesso a dormire da lei» spiegò il ragazzo, circondando con un braccio la vita di Lottie.

Louis si portò la flûte alla bocca, nascondendo una piccola smorfia «Approfittatore».

Lo mormorò a bassa voce, ma non abbastanza da non farsi sentire dal diretto interessato che incrociò il suo sguardo, aggrottando le sopracciglia in modo risentito.

«Come, scusa?»

«Lou intendeva che fai bene ad approfittare del fatto che Lottie viva da sola, così potete ritagliarvi i vostri spazi» intervenne Harry, lasciando una leggera gomitata contro il fianco del maggiore col solo intento di riprenderlo e frenarlo dall’esternare ulteriori commenti piccati, per poi spostare l’attenzione sulle prelibatezze da lui cucinate «Comunque non so voi, ma io ho un certo languorino. Vi prego, non fate complimenti e prendete tutto quello che volete».

Li incitò a servirsi, osservandoli studiare con l’acquolina in bocca ogni piatto sistemato attorno al tavolo e iniziare ad assaggiare qualche pietanza, mentre raggiungeva Perrie dall’altro lato.

«Hai fatto un ottimo lavoro, Haz» lo abbracciò, sfregandogli amorevolmente una mano lungo la schiena «Mi sembra tutto così squisito. Penso che a fine serata mi vedrai uscire da quella porta rotolando».

Riuscì a suscitare una risata generale con quella battuta, interrotta solo dal suono del cellulare di Louis che segnava la ricezione di ulteriori nuovi messaggi.

Harry gli lanciò un’occhiata fugace, osservandolo digitare velocemente una risposta prima di ritornare a prestare attenzione a Liam; non prima di aver incrociato il suo sguardo e aver ammiccato nella sua direzione, consapevole che il più giovane avrebbe voluto solamente correre da lui, strappargli dalle mani l’apparecchio elettronico e chiuderlo in una stanza dove non avrebbe potuto più sentirlo.

Si riscosse solo quando udì il rumore di un bicchiere scontrarsi contro un piatto, strabuzzando gli occhi e girando alla velocità della luce il capo in direzione di Niall, che stava constatando di non aver rotto nulla.

«Scusate… mi è scivolato» storse la bocca, mortificato.

«Non fa niente, Niall, solo… stai attento, per favore. Questo servizio - »

«È davvero molto elegante e raffinato, Haz» lo interruppe Perrie, sfiorando con l’indice il bordo di un piatto di porcellana «Chissà quanto vi sarà costato».

«Beh - »

«In realtà era di mia madre» si schiarì la voce Louis, conquistando l’attenzione di tutti i presenti, che si voltarono a osservarlo improvvisamente in silenzio «Era il suo servizio preferito».

Curvò all’insù l’angolo destro della bocca, prima di portarsi nuovamente il bicchiere alla bocca e trovare lo sguardo dolce di Harry, di fronte a lui dal lato opposto del tavolo, consapevole che avessero appena pensato entrambi alla stessa cosa.

 

 

 

 

«Lou, finalmente sei tornato!»

Non appena udì l’ascensore aprirsi, Harry uscì dalla propria stanza, correndo lungo il corridoio e raggiungendo all’ingresso il maggiore.

«Ciao» mormorò sulle sue labbra, agganciandogli le braccia attorno al collo «Mi sembri esausto».

Louis gli regalò un debole bacio a stampo, sciogliendo rapidamente l’abbraccio e avanzando all’interno del soggiorno, lasciandoselo alle spalle.

«Lo sono, infatti» bofonchiò, gettando disordinatamente la giacca sulla spalliera del divano «Hanno fatto un casino in sala stampa, mischiando tra loro alcuni articoli. Un ritardo di due ore nella stampa a causa della disattenzione di gente incompetente».

Si spostò in cucina, seguito dal più piccolo, arricciando le maniche del pullover bordeaux che stava indossando e recuperando del vino rosso dal frigorifero, che versò immediatamente in un calice pulito.

Quella mattina era uscito di casa sul tardi, lasciando Harry da solo ancora avvolto nel calore delle lenzuola dopo una buona dose di sesso mattutino, con la promessa che non avrebbe permesso al lavoro di tenerlo impegnato per troppe ore visto il periodo festivo. E invece, aveva dovuto sprecare del tempo a rivedere un lavoro precedentemente finito e che, in teoria, avrebbe dovuto già essere perfetto.

Liam si era dovuto sorbire le sue lamentale per tutto il pomeriggio.

«Adesso cerca solo di rilassarti» il fiato caldo di Harry gli accarezzò il collo e le sue mani gli circondarono il busto, accarezzandogli lascivamente l’addome «Alla fine hai risolto tutto. Come sempre».

Louis trangugiò il vino, rabbrividendo sotto il tocco gentile delle labbra carnose di Harry e  appoggiando la schiena contro l’isola della cucina, stringendolo a sé nel voltarsi «Non voglio più saperne di lavorare fino a gennaio».

«Dovresti seriamente prenderti una pausa».

«Quando? Prima della fuga romantica di Liam e Sophia alle Bahamas o dopo la settimana di ferie richiesta da Eleanor a New York?»

«Sei stato tu a concedere loro questi permessi, senza pensare che forse anche tu avresti bisogno di staccare un po’ la spina» aggrottò le sopracciglia, confuso.

Louis lo scostò bruscamente, abbandonando il calice di vetro sul ripiano della cucina e allontanandosi verso il soggiorno.

«Sono il capo, devo essere un esempio per loro. Non posso fare sempre ciò che voglio».

«È proprio questo il punto, Lou: tu non fai mai ciò che vuoi» lo inseguì «Lo permetti agli altri, ma non lo concedi mai a te stesso».

«Beh, forse non sono così bravo come invece credevo a fare il mio lavoro» sputò, voltandosi a guardarlo «Non sono capace a mantenere viva una relazione, non sono capace a gestire i miei dipendenti e a quanto pare non sono capace nemmeno a impormi con la mia famiglia e portare a casa qualcosa di realmente importante che apparteneva a mia madre».

«Louis -»

«In una casa piena di ricordi, tutto ciò che ho saputo prendere è stato un dannatissimo servizio di piatti» continuò imperterrito, rosso in volto e con gli occhi lucidi «Come se non ne avessimo già a sufficienza, poi. Chi diavolo porta a casa un servizio di porcellana come primo ricordo di una persona?»

Harry rimase in silenzio, con le braccia lungo i fianchi e le spalle leggermente ricurve. Riusciva a scorgere chiaramente la stanchezza nelle iridi cristalline del maggiore. A dire il vero, quel momento di break-down lo aspettava anche, dato che non aveva più visto piangere Louis dal giorno del funerale, il quale aveva represso i propri reali sentimenti dietro a una corazza dura solo per trascinare avanti l’intera famiglia e non permettere a nessuno di loro di sentirsi perso.

Scosse il capo, stropicciandosi il volto con le mani e rilasciando un sospiro profondo «Scusa io - io sono solamente stanco. Credo mi farò una doccia e poi possiamo cenare».

Il più piccolo azzerò le distanze tra loro, circondandogli il collo con le braccia e nascondendovi contro il volto.

Louis. Il suo Louis.

Così spaventosamente forte come un uragano, ma al tempo stesso raffinatamente fragile come il cristallo.

«Louis» gli sussurrò all’orecchio, sollevando poi il capo per poterlo guardare in faccia «Louis, concedi una tregua a te stesso. Non portarti fino al limite per poi sentirti sgretolare in mille pezzi e non riuscire più a tenerli assieme. Non metterti sempre alla prova, non cercare di indossare sempre il mantello del supereroe».

«È quello che ho sempre fatto nella vita».

«Perché invece di prendertela con te stesso ancora una volta, non provi a pensare al fatto che magari non eri ancora pronto a portare via qualcosa di più importante che appartenesse a lei?» gli sorrise dolcemente, sfiorandogli la rada barba lungo il mento «Inoltre, è un bellissimo servizio di piatti, se devo essere sincero».

Sorrisero insieme per quell’ultima constatazione e Harry non potè fare a meno di baciarlo quel sorriso, mormorando contro le sue labbra quanto fosse fiero di lui e quanto fosse meraviglioso, mentre si lasciavano cadere sul morbido tappeto davanti al camino e lasciavano rotolare i loro corpi in una danza passionale, dimenticandosi completamente della cena.

 

 

 


 

Si riscosse quando Niall gli lasciò una rumorosa pacca sulla spalla, facendolo tossire di sorpresa.

«Ma sei impazzito?»

«Sto parlando da mezz’ora e tu non mi stai minimamente ascoltando» bofonchiò il biondo.

«Perdonami, ero soprappensiero» si scusò, stringendosi nelle spalle «Cosa stavi dicendo?»

«Che è prevista una bufera di neve, questa notte» ripeté l’amico, accomodandosi su una delle sedie disposte attorno al tavolo, imitato da tutti gli altri «Dicono sia un’allerta da bollino rosso in tutta la città».

«Beh, per me e Harry non sarà un problema. Non abbiamo alcuna intenzione di lasciare questa casa, nei prossimi giorni» ammiccò, distendendo il braccio destro sulla spalliera della sedia del più piccolo, sedutogli accanto.

Harry ne approfittò subito per premersi contro il suo fianco e posargli la mano sulla coscia, alla ricerca di quel contatto che era sempre stato fondamentale tra di loro.

«Non come Liam che vuole portarmi a Nizza per trascorrere del tempo con i suoceri» roteò gli occhi al cielo Sophia, suscitando divertimento in tutti fuorché il compagno, che la guardò realmente risentito.

«Hey, guarda che i miei ti adorano».

«Non appoggiano mai nessuna nostra decisione».

«Non è vero».

«Tua madre crede che io non abbia dei valori e non sia realmente innamorata di te» lo guardò di traverso la ragazza, interrompendolo subito.

«E perché penserebbe questo?» s’intromise Harry, corrugando la fronte.

Sophia agitò una mano nell’aria, sbuffando, prima di lasciarsi andare contro lo schienale della sedia e incrociare le braccia al petto, mentre Liam si affrettava a spiegare ciò che era successo proprio pochi giorni prima.

«L’altra sera ero in videochiamata con mio padre e, quando mi ha detto che lui e la mamma stavano pensando di venire a trovarmi in primavera, ho pensato che non sarebbe stato l’ideale ospitarli e vivere tutti e quattro sotto lo stesso tetto. Seppure per pochi giorni» spiegò, spostando lo sguardo sui vari amici «Quindi ho buttato lì l’idea che io e Soph avremmo potuto lasciare casa mia libera per loro, nel periodo che sarebbe servito, e spostarci nel suo appartamento».

«Ma non l’avevi mica messo in vendita, il tuo appartamento?» domandò confusa Perrie, rivolta all’amica.

«Ho cambiato idea quando io e Liam abbiamo litigato, due mesi fa» storse la bocca «La settimana che ho trascorso lontano da lui, tornando nel mio piccolo appartamento, mi ha fatto capire che, avere un posto sicuro dove rifugiarmi quando tutto non va come vorrei, non è poi così male».

Harry si sporse in avanti, puntando i gomiti sul tavolo e adagiando il mento sopra le proprie mani congiunte «Non dovrebbe essere insieme a Liam il tuo posto sicuro?»

La ragazza drizzò la schiena, indurendo l’espressione «Stai per caso insinuando anche tu ciò che pensa sua madre?»

«No, sto solo cercando di capire il tuo punto di vista».

«Abbiamo entrambi due caratteri forti e quando ci scontriamo abbiamo bisogno di calmarci, prima di confrontarci di nuovo. Altrimenti altro non faremmo che peggiorare la situazione» la soccorse Liam.

A quel punto Harry annuì, scrollando le spalle e prendendo un sorso di vino rosso.

«Quindi, ogni volta che discutete, vi prendete una pausa l’uno dall’altra?» insistette invece Niall.

«Abbiamo solo bisogno dei nostri spazi» lo guardò Sophia.

«Io penso che se Niall un giorno dovesse avere bisogno di stare una settimana intera senza di me, per avere i suoi spazi, ne rimarrei ferita» confidò Perrie «Nel momento in cui si prende la decisione di iniziare una convivenza, bisogna anche avere la maturità di affrontare i problemi di coppia come tale».

Sophia abbassò il capo in imbarazzo non sentendosi per l’ennesima volta capita ma solamente giudicata; nemmeno la mano di Liam, che non aveva perso tempo a posarsi sulle sue cosce per farle sentire la sua vicinanza, sembrò bastare a donarle conforto. E attorno al tavolo era sorto un silenzio innaturale.

Harry lo notò subito. Fece per intervenire in sua difesa, ma Lottie lo batté sul tempo.

«Probabilmente parli così perché la vostra convivenza è una cosa fresca. Tu e Niall siete andati a vivere insieme da poco e quindi sentir parlare di una cosa come questa può farti paura, forse, ma non penso che la decisione di allontanarsi da casa per alcuni giorni stia a significare che non affrontano i loro problemi come una coppia. Tante persone lo fanno, con la differenza che magari si rifugiano da qualche amico o familiare perché non hanno uno spazio proprio dove altrimenti stare».

«In effetti non hai tutti i torti. Io stessa mi sono trovata a ospitare un’amica a casa perché aveva litigato pesantemente con il marito» asserì la stessa Perrie massaggiandosi il mento e dando così ragione a Lottie.

«Hai visto? Quindi ciò che ha fatto Sophia non è poi così straordinario».

Lottie e Sophia si guardarono rivolgendosi un dolce sorriso d’intesa, mentre Perrie si scusava con la compagna di Liam per il suo giudizio forse troppo duro e affrettato.

«La verità è che è giusto che ogni coppia gestisca il proprio rapporto con delle regole che non sono per forza universali, ma espressamente basate sui caratteri e le esigenze di entrambi. Ogni rapporto è a sé» espresse il proprio pensiero anche Louis, stringendo la mano di Harry e scambiando con lui uno sguardo d’intesa.

L’aria che si era fatta improvvisamente tesa, tornò respirabile riportando quell’atmosfera gioiosa che c’era fin da inizio serata.

«A proposito di appartamenti» prese poi parola Harry «Ho deciso di mettere in vendita il mio, perciò spargete la voce e fatemi sapere se conoscete qualcuno che possa essere interessato».

«Quel posto era davvero carino, piccolo e molto intimo. Per non parlare del fatto che si trovasse nella tua zona preferita della città».

Louis le lanciò un’occhiataccia ma la bionda non si fece intimorire, continuando a sostenere lo sguardo di Harry.

«Lo so, Pez, ma non ha senso che io lo tenga ora. In fondo non l’ho mai nemmeno sentito veramente mio e poi, a Montmartre posso andarci comunque anche se non abito più lì» scrollò le spalle, per poi inoltrarsi in una fitta conversazione con Sophia sulla ricetta dei suoi cannelloni di crêpes che la ragazza aveva particolarmente apprezzato. Si distrasse soltanto per alcuni secondi, quando il cellulare di Louis avvisò dell’arrivo dell’ennesimo messaggio.

Dannati scocciatori.

 

 

 

 

 

 

Al termine dei primi piatti, Louis propose una pausa sigaretta a Niall e Liam che fu ben accolta dai suoi migliori amici, mentre Harry trattenne Sam con sé implorandolo di non lasciarlo solo con le ragazze come capitava ogni volta, per sopperire al mancato invito del maggiore nei suoi confronti.

«Dio, ci voleva proprio» sentenziò Louis, mentre il fumo si disperdeva nella fredda serata parigina «Se non mi fossi fermato un attimo, non credo che sarei riuscito ad arrivare a fine cena. Stavo scoppiando».

«È tutto buonissimo, però. Harry è davvero un mago in cucina, non si smentisce mai».

Liam concordò con Niall e Louis fu felice di sentire che il gran lavoro del più piccolo venisse apprezzato.

Non che avesse dei dubbi, comunque.

«Allora ragazzi, chi l’avrebbe mai detto, fino a pochi anni fa, che ben presto ci saremmo ritrovati qui tutti e tre felicemente accasati?»

«Nessuno di noi è ancora sposato, Nì» ci tenne a precisare Liam.

«Lo so» sollevò gli occhi al cielo «Ma è un po’ come se lo fossimo, no?»

«Ma se tu stai con Perrie da pochi mesi e hai iniziato a convivere solo dal mese scorso» ammiccò Louis, in direzione di Liam, dandogli man forte.

Quando c’era da prendere un po’ in giro il giovane stilista, lui e Liam sapevano essere un duo implacabile.

«Oh smettetela di fare gli idioti. Avete capito cosa intendo dire» brontolò «Non è passato poi molto tempo da quando parlavamo del fatto che le relazioni stabili non facessero affatto per noi. E invece guardateci adesso».

«Beh si vede che non avevamo ancora incontrato le persone giuste».

Tutti e tre si voltarono istintivamente verso la vetrata, osservando attraverso di essa i soggetti del loro discorso.

«Le mie vecchie convinzioni mi sembrano così assurde ora» constatò il maggiore.

Fino a poco tempo prima, il pensiero di vivere una relazione seria con qualcuno era quanto di più lontano potesse immaginare. Eppure adesso era ben consapevole di non poter stare senza Harry e il suo stato d’animo, durante la crisi che avevano attraversato quell’anno, ne era stata una prova lampante.

«Quindi? Com’è la convivenza con Perrie?» esordì Liam, interrompendo il minuto di silenzio.

«Per ora alla grande» scrollò le spalle «È un po’ una maniaca dell’ordine, però. Penso che dovrò sforzarmi ad essere meno disordinato o rischio veramente che, prima o poi, mi butti via qualcosa in preda all’esasperazione».

«Ti capisco, anche Sophia lo è».

«Sì, anche Harry».

Si voltarono l’uno verso l’altro, incrociando i loro sguardi prima di scoppiare a ridere divertiti da quell’aneddoto.

«Dio, sembriamo davvero uomini accasati» soffiò Louis, passandosi una mano fra i capelli.

«Ve l’avevo detto».

«E quindi con Harry tutto bene? Non abbiamo ancora avuto il tempo di parlare seriamente da quando vi siete definitivamente riconciliati».

Louis annuì a Liam, spegnendo il mozzicone nel posacenere presente sul tavolino da esterni e tornando poi a voltare gli occhi verso l’interno della casa.

«Benissimo, direi. Sembra come se non ci fossimo mai lasciati» un piccolo sorriso si dipinse sulle sue labbra mentre osservava Harry che, con i suoi grandi occhi da cerbiatto, prestava assoluta attenzione a ciò che stava raccontando Perrie «E, nonostante ne avrei fatto volentieri a meno, non ho alcuna intenzione di dimenticare ciò che è successo, ma di tenerlo bene a mente per evitare che possa ripetersi».

«È giusto» valutò l’amico «Ma sei consapevole del fatto che sia Harry quello che tra i due ha sbagliato maggiormente, vero?»

«La colpa è di entrambi Lì. Come si dice: una croce si fa con due legni».

«Se vuoi metterla su questo piano, allora permettimi di dirti che esiste un legno lungo e uno più corto».

«Liam, sicuramente Harry ha sbagliato nel modo di gestire la nostra separazione, ma credimi quando ti dico che con quel suo atteggiamento non ha fatto altro che ferire anche se stesso» si voltò a fronteggiarlo, riparando dal freddo le mani nelle tasche dei pantaloni «E ad ogni modo, stiamo pur sempre parlando di un ragazzo di 24 anni che si è accollato l’onere di stare accanto a una persona non solo molto più grande di lui, ma che non sapeva nulla sull’amore e tutto ciò che ne consegue. Se c’è una cosa che tutta questa situazione mi ha fatto capire, è che è giunto il momento che io inizi ad essere un uomo a tutti gli effetti: non soltanto sul lavoro o a letto, ma specialmente nel nostro rapporto. Perché in questi anni assieme ho sempre visto Harry come il ragazzo perfetto, mi sono totalmente affidato a lui, ho lasciato che fosse lui a prendere in mano le redini della nostra storia, ma mi sono reso conto che, così facendo, l’ho caricato di troppe responsabilità che alla fine l’hanno portato a vacillare. Ho scoperto che in realtà anche lui ha delle fragilità, delle paure tipiche di un ragazzo della sua età che aveva invece bisogno di avere accanto una persona in grado di dargli tutte le sicurezze che gli mancavano e che io non sempre gli ho dato. Non l’ho fatto in malafede, ovviamente, solo non me ne rendevo conto. Ma ora lo so e adesso, che sono certo dei miei sentimenti e di volere solo lui al mio fianco per tutta la vita, sono pronto a ricoprire questo ruolo».

Liam dischiuse la bocca, reggendo il suo sguardo serio e fiero, mentre Niall lo guardava con quella punta d’orgoglio negli occhi che gli aveva sempre riservato.

«Questo ti fa grande onore, Tommo. E non m’importa se sono ripetitivo, ma non mi stancherò mai di dirti che sono fiero di te» il biondo allargò le braccia, muovendo le mani per incitare Liam e Louis a stringersi a lui.

Alla fine, sebbene con un po’ di riluttanza, anche gli altri due si fecero avanti, scambiandosi un amichevole abbraccio di gruppo che non erano più così soliti scambiarsi e, proprio in quell’esatto momento, la vetrata si aprì, rivelando la figura di Harry, che si sporse oltre di essa per richiamare la loro attenzione.

«Se avete finito con la vostra pausa fumo, direi che siamo pronti per iniziare con i secondi».

I tre annuirono in coro e, uno dopo l’altro, rientrarono in casa.

 

 

 

 

 

«Lou, vai tu a prendere la torta, per favore? Mi raccomando, maneggiala con attenzione».

Era ormai arrivato il momento del dolce.

Anche i secondi di Harry furono molto apprezzati ed ora non restava altro che concludere in bellezza.

Senza fare storie, Louis si alzò dalla sedia recandosi in cucina per prendere la bavarese quando il suo cellulare, che aveva lasciato sul tavolo, s’illuminò di nuovo.

Non appena notò lo schermo del dispositivo illuminarsi vicino a sé, Harry spostò lo sguardo su di esso, prima di allungare il collo e, incapace di resistere alla tentazione, sbirciare l’ennesima notifica della serata.

La prima cosa che gli balzò all’occhio fu il nome del mittente, che gli fece ghiacciare completamente il sangue nelle vene.

River.

Ancora lui. Sempre lui.

Lasciò ricadere la schiena contro la propria sedia, regalando un sorriso forzato a Lottie, la quale aveva notato il suo improvviso cambio d’espressione a causa della sensazione di profondo fastidio gli si era insinuata sotto pelle, lasciandolo fortemente scombussolato.

Aveva creduto che non avrebbe più dovuto sentire quel nome per un bel po’ di tempo e invece eccolo che, non appena tutto sembrava andare per il meglio, si materializzava ancora una volta tra loro.

Si versò un po’ d’acqua nel bicchiere, mentre Louis rientrava in soggiorno mostrando a tutti la bellissima torta, imponendosi di calmarsi e non permettere alla propria mente di pensare subito al peggio: probabilmente si trattava di un semplice e innocuo messaggio di auguri, esattamente come i precedenti.

Sicuramente era così.

Eppure.

Eppure, la possibilità che ci fosse invece scritto anche dell’altro martellava la sua testa.

«Ecco qua la torta» annunciò il maggiore, posando il dolce al centro del tavolo, esattamente di fronte a Harry.

Mentre gli ospiti rimiravano la bavarese, Harry non si lasciò distrarre dai loro commenti entusiasti, mantenendo l’attenzione verso Louis. Non voleva perdersi la sua reazione nel momento in cui si fosse accorto del messaggio.

Tuttavia, Louis non mostrò particolare stupore quando, una volta ritornato a sedere al proprio posto, prese tra le mani il cellulare: si limitò ad osservare lo schermo un po’ più a lungo del solito, per poi riporlo nella tasca della giacca.

«Che aspetto magnifico. Hai fatto tu anche questa, Haz?»

Fu costretto a distogliere lo sguardo dal volto del maggiore quando si sentì chiamare in causa da Sophia.

«No, per questa ho preferito affidarmi alla pasticceria poco distante da qui. I dolci non sono esattamente il mio forte e ho voluto non rischiare figuracce» rispose, alzandosi in piedi e porzionando attentamente la torta, prima di servirne una fetta ad ognuno, da perfetto padrone di casa.

Quando passò a Louis il proprio piattino, però, non riuscì a mordersi ulteriormente la lingua.

«Chi ti ha scritto, poco fa?»

«Altri auguri da parte di un conoscente. Nessuno d’importante, comunque» rispose, non lasciando trapelare alcuna difficoltà.

Bugia.

Louis gli aveva appena mentito e ciò non fece altro che aumentare la sua agitazione.

Si risedette al suo fianco, avvicinando il volto al suo «Qualcuno che conosco? Se ci ha tenuto ad augurarti il buon anno, significa che è un conoscente piuttosto stretto» provò ad insistere.

«Piccolo, immagino che tu ti sia ormai fatto un’idea del gran numero di persone che ogni anno conosco attraverso questo lavoro. E ciò non implica che approfondisca la conoscenza con tutti. Si tratta di semplici auguri di cortesia, niente di più» accompagnò la sua risposta con un dolce sorriso, ma il bacio che si era sporto a riservargli non riuscì a raggiungere le sue labbra perché Harry aveva girato il capo giusto in tempo affinché le labbra del maggiore andassero a depositarsi sulla sua guancia.

Si sforzò di terminare la sua fetta di torta nonostante il suo stomaco si fosse completamente chiuso, provocandogli un fastidioso senso di nausea che non gli permise più di rasserenarsi e mantenere l’attenzione sulla conversazione che si stava tenendo al tavolo.

Non faceva altro che domandarsi il perché Louis non gli avesse detto la verità sul reale mittente di quel messaggio e sul perché non gli avesse risposto subito, come aveva invece fatto con quelli ricevuti in precedenza.

Da una parte si disse che Louis si fosse comportato in quel modo perché in realtà non avesse alcuna voglia di rispondere al modello, mantenendo quel distacco che gli aveva richiesto prima della sua partenza per New York; ma dall’altro, il sospetto che si fosse comportato in quel modo perché voleva invece rispondergli in privato, da solo e con tutta tranquillità, gli stava quasi provocando una crisi di pianto isterica.

Magari gli avrebbe addirittura telefonato in modo da salutarsi bene.

Dio.

Perché aveva guardato quel maledetto cellulare? Ma soprattutto, perché River non li lasciava definitivamente in pace? Perché continuava a cercare Louis? Il suo Louis.

Notò le occhiate che il maggiore gli rivolse in un paio di occasioni - sicuramente perché aveva percepito che fosse successo qualcosa - ma evitò di incrociare il suo sguardo, giocando con il cucchiaino sul tavolo e lasciando che le voci degli amici si trasformassero in un rumore di sottofondo, mentre quelle nella sua testa diventano invece sempre più assordanti.

«Cosa è successo?»

Rabbrividì nel percepire il fiato caldo di Louis contro il suo collo.

«Ti sei improvvisamente rattristato» continuò, accarezzandogli la coscia con la mano «Cosa c’è, mon petit faon?»³

«Nulla».

La sua risposta secca fece desistere il maggiore dall’insistere ulteriormente, che si limitò a premergli un bacio sulla guancia e stringergli leggermente il ginocchio prima di tornare composto.

Fu quando Niall iniziò a raccontare di come avesse quasi rischiato di perdere Hatchi, il cagnolino di Perrie, durante una passeggiata al parco, che Harry notò Louis sfilare dalla tasca il proprio cellulare e sbloccarlo, accedendo alle conversazioni.

Lo vide corrugare inizialmente le sopracciglia, per poi incurvare leggermente verso l’alto l’angolo della bocca, in un accenno di sorriso.

E fu proprio quell’impercettibile movimento della bocca, che lui colse chiaramente, a farlo scattare istintivamente in piedi, strisciando la sedia sul pavimento e attirando su di sé l’attenzione.

«Qualcosa non va?» si accertò Sophia, premurosa.

«No, tutto - tutto perfetto» si schiarì la voce, iniziando poi a raccogliere i piatti sporchi «Mi dai una mano, Louis?».

Perrie si alzò subito ad imitarlo «Ti aiuto io, Haz».

«No, Pez, grazie. Mi aiuterà Louis» e detto ciò si spostò in cucina, lasciandolo completamente interdetti.

Il maggiore si congedò con un sorriso, invitandoli a proseguire i loro discorsi, prima di seguire Harry e trovarlo già intento a riporre le stoviglie negli appositi spazi.

«Hai intenzione di dirmi perché mi ha portato qui, oppure vuoi continuare a fare finta di nulla?» domandò, nonostante il più piccolo rimase in silenzio, ignorandolo «Harry… ho capito che qualcosa ti ha turbato. Ti conosco, ma non ho ancora imparato a leggere nella mente, perciò ti sarei grato se mi dessi una spiegazione».

Harry chiuse le palpebre per alcuni istanti, cercando dentro di sé il coraggio per affrontare quel fastidioso discorso, poi le riaprì, fissando lo sguardo in quello del maggiore «Per quale motivo non mi hai detto che era stato River a scriverti poco fa?»

Louis sgranò gli occhi sorpreso da quella rivelazione che non si aspettava per nulla.

«Come - »

«Avevi lasciato il cellulare sul tavolo. I continui messaggi che ti arrivavano mi stavano innervosendo, così mi sono sporto per dare un’occhiata e il caso ha voluto che fosse lui a scriverti in quell’occasione. Tempismo perfetto, non trovi?» rispose, non trattenendo una risatina nervosa.

Restò in attesa della sua risposta ma quella volta sembrava essere proprio il maggiore a non trovare le parole.

«Louis, sei pregato di rispondere nel più breve tempo possibile, se vuoi evitare che dia di matto» lo esortò, incrociando le braccia al petto.

«Ok, ok. Ma stai calmo» lo pregò, mettendo le mani avanti «Non mi aspettavo di ricevere un suo messaggio, sinceramente. Ne sono rimasto piuttosto sorpreso perché non lo sento da quando l’ho salutato quel giorno in hotel» ci tenne a precisare, conscio del fatto che Harry presumibilmente fosse già andato in là con i pensieri, immaginandosi chissà quale fitta rete di conversazione tra loro.

«Questo non spiega il perché tu non me l’abbia detto».

«Non ho voluto dirti che fosse lui, perché non volevo turbarti. So bene come il tuo umore cambi anche solo nel sentirlo nominare e questa è una serata di festa… non volevo rovinarla».

«Beh, come vedi la tua premura non è servita a molto« sorrise stizzito «La verità viene sempre a galla, Louis, e io vorrei venirla sempre a scoprire da te, non dovertela tirare fuori con le pinze. Anche se brutta».

«Infatti te lo avrei detto».

Harry non riuscì a fare a meno di sollevare gli occhi al cielo, perché era ovvio che il maggiore gli avrebbe risposto in quel modo.

«È la verità, lo sai» si affrettò a specificare «Volevo solo aspettare domani, quando saremmo stati soli e liberi di poterne parlare tranquillamente».

Louis gli si fece più vicino, sollevando le mani e accarezzandolo su e giù dalle spalle ai gomiti.

Il più giovane si lasciò toccare, mantenendo però lo sguardo basso, non ancora pronto a porre fine a quel momento con un proclamo di pace.

«E posso sapere cosa ti ha scritto?»

«Mi ha davvero fatto gli auguri, ma ha aggiunto anche qualche frase su quanto gli piaccia vivere a New York, sulle soddisfazioni che sta ottenendo con questo lavoro e poi…»

«E poi?»

A quella breve esitazione, Harry risollevò il capo per scrutare attentamente il volto di Louis, il quale sospirò stancamente, scuotendo il capo.

«Ha aggiunto che gli manco» ammise d’un fiato, notando immediatamente i muscoli del corpo del più piccolo irrigidirsi «Gli manca non potermi contattare e condividere con me i suoi successi… o qualcosa del genere, comunque» aggiunse con una piccola smorfia, nel tentativo di minimizzare ciò che gli aveva appena riferito. Poi recuperò il telefono dalla giacca, porgendolo a Harry «Puoi leggerlo, se non ti fidi».

Se non ti fidi.

Harry odiava quella frase associata a loro due. E poi non voleva ridursi a diventare come quelle coppie, a suo dire patetiche, che sbirciavano i cellulari del compagno. Quel gesto per lui consisteva in una totale mancanza di fiducia nel proprio partner e lui di Louis si fidava.

L’aveva sempre fatto, in fondo, ma dopo la loro rappacificazione ancora di più.

Scosse quindi il capo, intimandogli di mettere via il cellulare.

«E tu cosa gli risponderai, Lou? River sente la tua mancanza, ma tu? Tu senti la sua?»

 

‘’Hai sempre avuto questa capacità di riuscire a mancarmi’’.

 

Louis ricordava perfettamente di aver rivolto a River quella frase non molto tempo prima, il giorno in cui lo era andato a prendere in aeroporto pochi mesi dopo la rottura con Harry. Sapeva fosse vera e quale esatto significato avessero per lui quelle parole che però, dette unicamente così, potevano lasciar adito a chissà quale accezione molto più romantica.

Proprio come era certo che Harry avrebbe potuto fraintendere, oltre che rimanerne ferito più di quanto non lo era già stato in passato e quella sera stessa, a causa della sua piccola omissione.

Perciò scosse con decisione il capo e «No, non sento la sua mancanza» rispose, cercando di essere il più convincente possibile.

Harry gli voltò le spalle, allontanandosi da lui di alcuni passi per poi fermarsi e passarsi nervosamente una mano tra i capelli.

Lo conosceva troppo bene per credergli. Troppo.

«Louis, io ho bisogno che tu sia sincero con me, ok?» tornò a guardarlo «So che è me che ami e quanto profondo sia il tuo sentimento nei miei confronti, ma non voglio che tu ti senta costretto a mentirmi per il timore di farmi soffrire. Abbiamo promesso che saremmo sempre stati sinceri tra di noi e che avremmo sempre parlato di qualunque cosa, confrontandoci. È questo che abbiamo imparato negli ultimi mesi, giusto?»

Attese che il maggiore annuisse alle sue parole, poi sorrise.

«Bene, quindi puoi dirmi ciò che senti realmente perché posso sopportarlo. Lui ti manca?» chiese nuovamente.

Restarono a fissarsi in silenzio per istanti che a Harry parvero ore intere, poi finalmente Louis sbatté gli occhi e annuì.

«Sì. Sì, mi manca» ammise debolmente.

Harry potè giurare che una piccola fitta dolorosa gli attraversò il cuore nell’attimo esatto in cui udì quella risposta.

«Ok. Mmh… credevo avrebbe fatto meno male, onestamente» soffiò, incurvando le labbra in una smorfia.

«Harry, ascolta.. mi manca, ma non nel senso in cui credi tu».

«Louis - »

«No, dico sul serio, non sto cercando di indorarti la pillola» si ritrovò nuovamente ad avanzare nella sua direzione.

Quella sembrava essere ormai diventata una costante nella sua vita: Harry che si allontanava e lui che lo rincorreva, incapace di stargli lontano.

Anche se quelle circostanze erano totalmente diverse dal passato.

«So che sentirmi dire che mi manca River per te fa schifo, ma voglio che tu capisca che la mancanza che sento è riferita a una persona che ero abituato a considerare parte della mia vita ormai da alcuni anni e che ora non posso più pensare come tale» iniziò, accarezzandogli la guancia con il dorso delle dita «River non mi manca in quanto scopamico, ex compagno, né tantomeno come amante. Semplicemente, quando mi ritrovavo a pensare alle persone che facevano parte della mia vita, lui rientrava tra quelle su cui sapevo di poter contare. Ed è questa certezza a mancarmi, ma va bene così perché sono pienamente consapevole che quel legame tra noi non possa continuare finché lui vorrà ben altro da me. Tutto qui».

Harry si morsicò semplicemente il labbro inferiore, ragionando sulle parole che il maggiore gli aveva appena confidato.

«H… »

«Come - come puoi dire che non è lui che ti manca se, da quello che mi hai appena detto, è proprio ciò che risulta?» chiese, con voce tremante «Ma cosa credevo? In fondo me l’hai detto fin dall’inizio che lui ti sarebbe sempre mancato»

«Harry, no. Per favore» lo implorò con lo sguardo, cercando i suoi occhi «Sto provando a farti capire che la mancanza che posso provare per lui, non sarà mai come il sentimento che voi tutti siete soliti provare».

«Certo, perché tu sei diverso da tutti» sollevò gli occhi al cielo.

«Lo ero, Harry. Io ero una persona completamente diversa quando mi hai conosciuto. E quella persona era abituata ad avere, come uno dei pochi punti fermi nella propria vita, River» spiegò ancora, sfiorandogli il mento con i polpastrelli «Devi credermi».

Il più piccolo si strinse il ponte del naso fra le dita, socchiudendo le palpebre e sospirando rumorosamente.

«Ok» disse poi «Quindi si tratta solo di abitudine?»

«Dopo quel servizio fotografico di River a casa, eri scoppiato a piangere e mi avevi chiesto se lo amassi».

«Non hai risposto, Lou».

«Mi avevi chiesto se lo amassi» insistette.

«E tu mi avevi risposto. Quindi?»

«Non ho mai amato River, mon petit» ammise, con sincerità «Ma mentirei se ti dicessi di non voler bene a una persona con la quale ho convissuto per più di due anni».

L’angolo destro della bocca di Harry si incurvò in un mezzo sorriso amaro, mentre continuava a non voler cedere al contatto che Louis, invece, cercava con insistenza.

Non era ancora pronto, per quello teneva ben strette le braccia al petto: come fossero una sorta di scudo.

«Quindi cosa - che gli risponderai?» trovò il coraggio di chiedere.

«Non lo so ancora e al momento non ci voglio nemmeno pensare. Lo farò domani. Magari possiamo farlo insieme, se ti va».

Si limitò a sollevare le spalle e Louis avrebbe solo voluto stringerlo forte a sé, perché era adorabile il modo in cui Harry cercasse di fare l’indifferente quando era ovvio fosse il contrario . Inoltre sapeva quanto, dal canto opposto, gli avesse fatto piacere la sua ultima proposta.

«È tutto chiaro, quindi? O sei ancora infastidito?»

Gli scostò un ricciolo dietro l’orecchio - finalmente i capelli gli stavano ricrescendo e lui non mancava occasione per infilare le dita tra di essi - e soffermò la mano ad accarezzargli la guancia.

Inclinò automaticamente il capo, strofinandosi appena contro il palmo confortevole del maggiore e socchiudendo gli occhi «Sì, ho capito. Solo… non lo so, forse ho sofferto talmente tanto la sua presenza che mi è difficile non far scattare i campanelli d’allarme ancora oggi, nonostante sia a migliaia di chilometri di distanza».

«Mon petit» il fiato caldo di Louis lo solleticò vicino all’orecchio, facendolo immediatamente rabbrividire «Regarde moi, mon petit».

A quel dolce invito Harry non seppe proprio resistere e, dopo brevissimi istanti, risollevò le palpebre, tornando a specchiarsi nelle gemme azzurre di Louis.

«Tu sei la parte più preziosa della mia vita, H, e nessun River sulla faccia della terra potrà mai prendere il tuo posto nel mio cuore. E sai perché?»

Il più giovane scosse il capo, ma sorrise intenerito di fronte ai modi dolci di Louis, mentre la rabbia e il nervosismo di poco prima si stavano già dissolvendo.

Lasciò che Louis gli prendesse una mano, guidandola fino a farla posare all’altezza del suo cuore «Parce-que mon coeur est à toi»⁴.

Quello fu il momento in cui tutte le barriere di Harry crollarono definitivamente: sollevò la mano libera, posizionandola sulla guancia del maggiore e unì le loro labbra.

E come accadeva ogni volta, la magia che nasceva durante i loro baci li travolse, racchiudendoli nella loro bolla personale per alcuni minuti. Cullati semplicemente dai loro respiri.

«Ti amo così tanto, Lou. Così tanto» soffiò a pochi millimetri dal suo viso poco dopo, mentre riprendevano fiato, permettendo ai loro cuori di tornare a battere a un ritmo normale «E lo so che le mie sono solo preoccupazioni inutili, ma… non mi ci sono ancora abituato a lui. È tutto ancora troppo presto e io - io non riesco a stare tranquillo, quando si tratta di lui».

Louis gli scostò i ricci dalle tempie, specchiandosi nelle sue iridi smeraldine.

Il suo Harry era così piccolo.

Portò le loro labbra a sfiorarsi di nuovo.

«Je t’aime plus que ma vie»⁵

Harry sorrise, strofinando poi le punte dei loro nasi assieme.

Era pazzo d’amore per Louis.

«Cosa dici, pensi che possiamo tornare dagli altri ora? Non vorrei che ci abbiano abbandonato, vedendoci tardare così tanto» azzardò il maggiore..

«Beh» sorrise malizioso, avvolgendogli le braccia attorno al busto «Non sarebbe poi così male».

«Sfacciato» lo ripres, schioccandogli ancora un bacio sulla punta del naso «Abbiamo tutta la notte per quello». Premette poi la bocca contro il suo collo, leccando una piccola porzione di pelle «E non vedo l’ora, mon petit».

Il più piccolo gli circondò il volto con entrambe le mani, obbligandolo a fronteggiarlo e agognando nuovamente le sue labbra, mentre premeva il proprio corpo contro quello del maggiore, strusciando languidamente i loro bacini assieme.

Louis si staccò con forza da lui, per impedirsi di prenderlo seduta stante sul piano della cucina, schioccandogli un rumoroso bacio a stampo sulle labbra gonfie e lasciandogli poi uno schiaffo sulla natica destra «Adesso fai il bravo e prendi lo champagne, bimbo».

Harry rabbrividì nel sentirsi chiamare in quel modo che a Louis piaceva tanto e arrossì come suo solito sotto lo sguardo di fuoco che il maggiore gli stava riservando, facendolo sempre sentire desiderato.

Si schiarì la voce, avvicinandosi al grande frigorifero e recuperando dal suo interno la bottiglia di Champagne che avevano deciso di riservare per i festeggiamenti di quella sera.

Quando si voltò pronto per ritornare in soggiorno, si sorprese di ritrovare Louis ancora fermo sulla soglia.

Gli rivolse uno sguardo confuso, vedendolo scuotere il capo in risposta e passarsi una mano sul mento.

«Stavo solo pensando a quello che hanno raccontato prima Liam e Sophia» gli spiegò, improvvisamente serio «Mi chiedevo cosa ne pensassi tu. Insomma… noi abbiamo pensato di mettere in vendita il tuo appartamento a Montmartre, ma possiamo tenerlo ancora un po’».

«Vuoi che tenga il mio appartamento?»

«No, io no. Ma - non lo so, tu pensi che sia una cosa utile?»

Harry lo osservò attentamente, notando l’improvviso nervosismo sul suo volto e gli occhi cupi, a celare l’azzurro cristallino dei suoi occhi.

Louis aveva paura.

Quei pochi giorni di nuovo insieme non erano ancora stati in grado di cancellare i rispettivi timori e debolezze, ma era certo che il tempo lo avrebbe fatto.

Abbandonò la bottiglia sul piano al centro della cucina, annullando nuovamente le distanze tra loro e intrecciando insieme le loro mani, sospirando sommessamente.

«Lou, non voglio tenere quell’appartamento» disse con fermezza «Non ho bisogno di un posto che non sia nostro».

«Litigheremo, H. Per cose futili o dannatamente serie, capiterà sicuramente di litigare e io non - non voglio perderti di nuovo».

«Lou, non voglio scappare da te in quei momenti. Non voglio più farlo» ribadì, stringendo la stretta delle loro dita «Ogni volta che succederà, litigheremo. Magari ci urleremo perfino addosso le peggio cose, per poi desiderare di non averle mai dette, e ci feriremo a vicenda da sentirci male. Ma lo faremo insieme, qui, a casa nostra».

Il maggiore socchiuse gli occhi nel sentire le labbra di Harry posarsi contro la sua guancia e strofinarvici contro, subito dopo, la punta fredda del naso.

«Va bene».

Harry gli premette un bacio contro la fronte, sfiorandogli poi la guancia con le nocche delle dita «Pensi di potermi amare anche in quei momenti, Lou? Di volermi tenere con te anche dopo che ci saremo urlati contro?»

«Voglio tutto di te, H. Le carezze e le parole taglienti, i baci e i piatti rotti»

«Non romperò nessuno piatto» lo corresse, mordendosi poi le labbra per trattenere un sorriso nel vedere l’occhiata seccata che il maggiore gli riservò per averlo interrotto.

«Comunque, voglio tutto. E non ti vorrò sapere da nessun’altra parte, se non con me, quando tutto sarà difficile».

Harry annuì, posandogli un morbido bacio sulle labbra «Ti amo. E non vedo l’ora di liberarmi di quell’appartamento».

Il maggiore sorrise - uno di quelli ampi e veri, con gli occhi ridotti a due piccolissime fessure - sfiorando con il pollice il bracciale che aveva legato al polso di Harry allo scoccare della Vigilia di Natale, portandoselo poi alla bocca e depositandovi sopra un tenero bacio, sotto gli occhi dolci del più piccolo.

«Ti amo anche io» mormorò contro la piastrina incisa.

 

 

Quando tornarono dagli altri, nessuno li interrogò sulla loro scomparsa, ma le loro mani unite fecero immediatamente distendere i volti di tutti i presenti in un dolce sorriso.

 

 

 

 

 

 

Uscirono in terrazza una decina di minuti prima della mezzanotte, pronti ad ammirare i fuochi d’artificio che si sarebbero stagliati in cielo attorno alla Tour Eiffel una manciata di minuti dopo che le campane di Notre Dame avrebbero dato il benvenuto al nuovo anno.

«Avete davvero fatto un ottimo lavoro con questa terrazza, ragazzi. Prima non ho avuto il tempo di dirtelo» valutò Liam, accarezzando i divanetti che Louis aveva recuperato dal suo vecchio precedente attico.

«Ha praticamente pensato a tutto, Harry» spiegò il maggiore, avvolgendo con un braccio la vita del più giovane «Gli ho lasciato carta bianca».

Si guardarono tutti attorno, adocchiando la stufa per esterni posizionata nell’angolo sinistro, per riscaldare chiunque avesse preso comodamente posto sui divanetti, e le poche piante sparse lungo il perimetro del terrazzo, per donare un po’ di verde; nell’angolo destro, invece, vi era  un’altra stufa e ancora quel piccolo letto in rattan per esterni che il maggiore aveva acquistato per convincere Harry a rimanere a dormire da lui, quando le cose tra loro erano solo agli inizi; il tutto sotto la protezione di un tetto in plexiglass, che avrebbe permesso loro di trascorrere del tempo tranquillamente seduti in terrazzo nonostante la pioggia.

 

 

«Se io potessi permettermi un attico come questo, starei perennemente qui fuori ad ammirare il paesaggio» mormorò, la voce appena attutita dalla vicinanza della bocca con la pelle del maggiore.

«E d’inverno come faresti? O quando piove» chiese Louis, le mani che si muovevano sinuose lungo la sua schiena.

«Una stufa di quelle apposite per l’esterno, giacca invernale, coperte calde. E magari una bella tazza di cioccolata o un liquore per scaldarsi, a seconda dell’orario. Per la pioggia farei mettere una tenda o costruire una piccola tettoia, quel tanto che basta per impedire che mi bagni».

 

 

Louis gliel’aveva permesso.

E così Harry aveva passato quei giorni - dal 27 al 30 dicembre - a progettare l’arredamento di quella terrazza, obbligandolo poi a contattare una vecchia conoscenza che non sentiva da mesi solo per installare subito quella tettoia perché Harry non aveva proprio voluto aspettare la fine delle feste.

«Ti invidierò per sempre questa vista, Tommo» commentò Niall, strappandoli ai ricordi e appoggiandosi al muretto del terrazzo, lasciando vagare gli occhi sul panorama.

Perrie lo affiancò, posando la testa sulla sua spalla «È così romantico».

Osservarono Liam e Sophia avvicinarsi alla coppia, poi Louis sentì Harry tirare su con il naso e ripulirsi velocemente la guancia bagnata da una lacrima.

«Hey, che succede?»

Scosse il capo, stringendosi nelle spalle «Nulla, solo… a volte mi sembra ieri quando ho messo piede in questa città per la prima volta, invece è già passato così tanto tempo»

«Sei consapevole di aver completamente stravolto la mia vita?»

«Sì, lo sono» ridacchiò, abbracciandolo e posando la guancia contro la sua spalla, lasciandosi avvolgere dalle braccia del maggiore, che iniziò a dondolare piano sul posto «Ricordi quel pomeriggio che andammo a fare jogging, quando io poi sono scoppiato a ridere a crepapelle perché tu non riuscivi più a tenere il ritmo?»

«Mmh».

«A un certo punto ti facesti serio e mi dicesti che insieme saremmo sempre potuti essere come in quel momento: felici» sospirò, rafforzando la presa attorno alla giacca di velluto del maggiore «Nonostante tutto quello che abbiamo passato, non mi sono mai sentito più felice in vita mia come in questi ultimi anni, da quando ti ho conosciuto».

Louis sentì le pareti del proprio cuore tremare ancora una volta; l’ennesima a causa di quel giovane ragazzo.

Lo scostò piano dal suo petto, racchiudendogli il volto tra le mani e sfregando le sue guance morbide con i pollici «Mon ange, tu me rends meilleur»⁶ soffiò contro le sua labbra «Non mi sono mai sentito così importante per qualcuno».

Adagiò un debole bacio contro le sue labbra, prima di accarezzarle con la lingua e farla poi sgusciare all’interno della sua bocca, lappando dolcemente il suo palato e mantenendogli il volto stretto tra le mani, per non farlo scivolare lontano.

Sorrise quando Harry gemette debolmente nella sua bocca, stringendo la sua giacca nei pugni e inclinando maggiormente il capo in favore della sua bocca vorace.

«Sceglierò sempre te, Lou» mormorò affannosamente, tra un bacio e l’altro.

«Lo so, piccolo» lo baciò nuovamente «Lo so».

Si separarono solo quando sentirono le lamentale dei quattro amici, stanchi di doversi sorbire ogni volta quelle continue effusioni tra loro, e li affiancarono, volgendo tutti gli occhi verso la Tour Eiffel mentre Niall osservava l’orologio al proprio polso e annunciava a gran voce il conto alla rovescia.

Louis si sistemò alle spalle di Harry, racchiudendolo in un abbraccio, mentre con l’altra mano reggeva la propria flûte di champagne, pronto a brindare con gli amici.

10.. 9..  8..

Liam circondò le spalle di Sophia con un braccio, attirandola a sé, mentre Niall si affrettava a riempire nuovamente il suo bicchiere già vuoto.

7.. 6.. 5..

Lottie strinse forte la vita di Sam che le baciava la tempia e Harry lasciò ricadere il capo all’indietro, adagiandolo sulla spalla del maggiore e sollevando una mano a sfiorargli il mento.

4.. 3.. 2..

«Je t’aime, mon coeur» gli sussurrò all’orecchio Louis, proprio mentre gli amici annunciavano ad alta voce l’ultimo secondo e subito dopo i fuochi d’artificio spezzarono il buio del cielo notturno sopra di loro.

«Buon anno, ragazzi!» urlò Niall, regalando un bacio alla fidanzata e aspettando che Liam  facesse lo stesso, prima di costringere lui e Louis in un nuovo abbraccio fraterno.

«Vi voglio bene, amici».

«Anche noi, Lì» gli confermò Louis.

A poca distanza da loro, Perrie si scambiava un’affettuoso abbraccio con Harry, ringraziandolo per l’appoggio lavorativo che le aveva dato fin dal primo giorno della loro conoscenza e per l’amicizia che le aveva offerto.

«Grazie a te, Pez» ricambiò la stretta «Per essere stata una buona amica e la migliore confidente negli ultimi mesi, mentre stavo mandando a rotoli la mia vita».

«Facciamo tutti degli sbagli» ammiccò lei, per poi sciogliere la stretta delle loro mani e regalare un gioioso sorriso a Sophia.

Nel frattempo Liam si avvicinò a Harry, riservandogli un buffetto sulla guancia «Mesi fa avrei voluto vederti partire per Londra e non tornare più» ammise, facendolo stringere nelle spalle «Ma la felicità del mio migliore amico è tutto ciò che conta, alla fine. Louis è come un fratello per me».

«Lo so».

Liam posò una mano sulla sua spalla, stringendola appena «Mi raccomando, Harry».

Annuì, stringendo le labbra in una linea dritta, prima di venire scosso da una vigorosa pacca di Niall sulla schiena, che lo fece tossire rumorosamente.

«Ops, scusa Harry» sghignazzò, già abbastanza brillo «Volevo solo dire a tutti voi che sono felice di avervi nella mia vita. Louis, Liam.. voi siete gli amici che ho sempre desiderato avere. E Harry.. se tu non avessi conosciuto Perrie, probabilmente io starei ancora vagando per Parigi ignaro della sua presenza in città. Quindi grazie, davvero».

«Oddio» mormorò Sophia, coprendosi la bocca con una mano per non scoppiare a ridergli in faccia.

«E Soph… cara, dolce Sophia, non credere mi sia dimenticato di te» le disse, agitandole l’indice di fronte agli occhi «Aspetto con ansia le nozze tra te e Liam. E sappi che voglio avere l’onore di disegnarti l’abito da sposa».

Liam si strozzò con lo champagne, picchiandosi poi dei leggeri colpi sullo sterno per tornare a respirare «Non - È ancora presto per quello».

«Certo, certo. Ma io preferisco portarmi avanti» agitò una mano per liquidarlo «Sam, non credere mi sia dimenticato di te, amico. Sai, Louis non è quell’orso ingrugnito che appare. Sta solo svolgendo il ruolo di fratello maggiore che gli compete, ma sappi che Lottie è un po’ come fosse anche sorella mia, quindi stai attento a come ti comporti o dovrai vedertela anche con il sottoscritto».

Il ragazzo sbiancò di colpo e deglutì a vuoto prima che Charlotte gli depositasse un bacio sulla guancia, assicurandogli che non avesse nulla da temere.

«Io invece proporrei di rientrare in casa, no?» suggerì Perrie, sbattendo i denti a causa del freddo.

«In effetti sto cominciando a ghiacciare anche io» la assecondò Sophia, intimandole con un cenno del capo di avviarsi all’interno.

Ma mentre tutti tornavano nel soggiorno, al riparo dal freddo dicembrino nel caldo attico, Harry non aveva mosso un passo, rimanendo affacciato al balcone.

«Non entri?» lo richiamò.

Picchiettò nervosamente le dita sul muretto, lasciando scorrere gli occhi lungo la Senna ai loro piedi «Io - volevo vedere una cosa».

«Proprio adesso?»

«Sì» lo interruppe, prima di allargare le labbra in un sorriso e voltarsi a richiamare tutti indietro «Ragazzi, correte! Lou, ti prego».

Allungò la mano in direzione del maggiore che, confuso, si incamminò nuovamente verso di lui, seguito dai passi concitati dei sei amici che accorsero al fianco di Harry.

Quando Louis posò il palmo della mano sopra quello del più piccolo, quest’ultimo lo attirò contro il parapetto in muratura, voltandosi poi a guardare i volti stupiti di tutti.

Proprio in quel momento, sotto di loro, stava difatti navigando lungo la Senna un battello che aveva affittato e sul quale aveva fatto installare delle grandi lettere illuminate che, insieme, riportavano la promessa che lui e Louis avevano preso l’abitudine di scambiarsi: Toujours et à jamais.

«Buon anno, Lou» mormorò, rafforzando la presa attorno alla sua mano, mentre gli occhi del maggiore continuavano a rimanere puntati sul battello.

Sorrise agli amici che indietreggiarono, lasciando loro la privacy di quel momento, consapevoli che avrebbero avuto il resto della serata per commentare quell’evento; poi spostò anche lui gli occhi sulla scritta luminosa.

Il cuore a battere rovinosamente contro la cassa toracica.

Si accoccolò contro il fianco del maggiore, restando entrambi ad ammirare il battello sul quale dei violinisti iniziarono a suonare la canzone che Harry non mancava mai di riprodurre quando erano a casa da soli, impegnati in una cena romantica o in un rilassante bagno di coppia.

Louis la riconobbe alla prima nota: “La vie en rose” di Edith Piaf.

«Hai organizzato tutto questo per me?» la voce del maggiore si spezzò immediatamente, costringendolo a schiarirsi la gola.

Harry si limitò a voltare il viso e premergli un bacio sul collo.

«Des yeux qui font baisser les miens, un rire qui se perd sur sa bouche. Voilà le portrait sans retouches de l’homme auquel j’appartiens»⁸ sussurrò al suo orecchio, citando a ritmo di musica la prima strofa della canzone.

Percepì il corpo di Louis tremare tra le sue braccia a causa dell’emozione e il buio di quella notte non riusciva comunque a nascondere le sue iridi lucide e commosse.

Proprio lui che veniva sempre descritto dalla stampa come lo stacanovista severo e prepotente, insensibile con i propri dipendenti.

Ogni volta che leggeva un articolo del genere su di lui, non riusciva mai a trattenersi dal sorridere.

Loro, il suo Louis, non l’avrebbero mai realmente conosciuto.

«Non ho bisogno di tenere nessun appartamento, Lou» parlò poco dopo, quando la musica ormai giungeva al termine «Voglio solo questo. Voglio noi, insieme, a condividere tutto ciò che questa vita ci riserverà. Noi e Parigi».

Il maggiore gli sfiorò il labbro inferiore con il pollice, incastrandolo contro il parapetto.

«Harry» soffiò, a pochi millimetri di distanza, specchiandosi nelle sue iridi smeraldine e posando la fronte contro la sua «Non hai idea di quanto vorrei gridare ad alta voce ciò che sto provando in questo momento, ma sono così geloso di ciò che abbiamo… »

«Ho commesso così tanti sbagli, Lou».

«Basta. Basta scuse, basta sensi di colpa a causa di ciò che è stato» lo fermò, scuotendo il capo «Se tu non mi avessi amato così tanto, se tu all’inizio non avessi lottato così tanto per me, per noi, non saremmo qui adesso. Se tu non mi avessi insegnato a prendermi cura di ciò che si ama, io non sarei mai stato in grado di mantenere vivo il nostro amore quando tutto stava precipitando».

Harry abbassò il capo, intrappolando il labbro inferiore tra i denti «Non farmi diventare l’eroe di questa storia».

«Non ti faccio diventare l’eroe, mon petit. Ti faccio solo capire come nulla avrebbe funzionato, se la persona al mio fianco non fossi stato tu» gli risollevò il mento con le dita, sorridendogli dolcemente «Quattro anni fa, su una panchina sotto casa, dopo avermi convinto a mangiare McDonald’s, ti dissi che l’amore non esisteva. Ricordi?»

Annuì.

Certo che lo ricordava. Ricordava tutto di loro.

«Chiedimi cosa penso dell’amore, Harry».

Il più piccolo deglutì a vuoto, intrecciando le dita della mano destra con quella del maggiore «Cosa pensi dell’amore?»

Le labbra del maggiore si incurvarono immediatamente «Penso che l’amore abbia il suono della tua voce e il profumo della tua pelle» elencò «Penso che l’amore abbia la stessa consistenza delle tue labbra morbide e lo stesso calore delle tue braccia quando mi stringono con premura. Penso che abbia la forma del tuo sorriso e il colore dei tuoi occhi. Verdi. Come il verde che mi ricorda i prati della mia infanzia».

 

«È già la seconda volta che mi dici quanto ti piacciono i miei occhi».

Tes yeux ressemblent à deux émeraudes.

Due smeraldi.

«Tutto questo verde mi ricorda la campagna francese dove abitavano i miei nonni. Ti senti libero là fuori».

 

Harry chiuse gli occhi, portandosi le mani del maggiore alle labbra e baciandone il dorso di ognuna.

Stavano certamente ripensando allo stesso momento.

 

«Stiamo già facendo più di quello che sarebbe il nostro patto. Abbiamo mangiato McDonald’s su una panchina e ti ho detto che i tuoi occhi mi ricordano casa. È tanto, Harry. Davvero tanto».

 

«Quando sono arrivato a Parigi per quello stage, mi ero ripromesso che avrei evitato di cacciarmi in qualche guaio» riprese a parlare il più piccolo «Volevo solo imparare il mestiere dei miei sogni e dimostrare le mie capacità. E tu… tu eri tutto ciò da cui avrei dovuto stare lontano».

Louis sogghignò divertito, pizzicandogli i fianchi.

«Non solo eri il mio capo, ma avevi uno stile di vita e delle convinzioni così diverse da quello che era tipico della mia persona. Era come se sopra la tua testa ci fosse una grande bandiera rossa che mi intimasse di lasciar perdere, di non perdere di vista l’obiettivo per il quale ero in questa nuova città».

«Fortunatamente per me, non hai ascoltato la tua coscienza».

«Diciamo anche che qualcuno ha fatto di tutto per portarmi a cedere» gli lasciò un pugnetto contro il bicipite, arricciando il naso «Ma sono felice di aver seguito ancora una volta il mio istinto, perché mi ha permesso di legarmi non solo a un uomo responsabile, dedito al lavoro, pieno di valori e legato alla famiglia; ma a quello che si è poi rivelato essere il più grande amore della mia vita».

Louis nascose il volto contro il suo collo «H… »

«Il primo e il solo, Lou» mormorò, contro la sua guancia «Il mio primo e solo grande amore».

Sentì i propri occhi pizzicare, poco prima che delle lacrime salate gli solcassero le guance.

E proprio mentre Louis lo coinvolgeva in un nuovo bacio appassionato e colmo di desiderio, dei morbidi fiocchi di neve iniziarono a cadere ancora sopra la città. Quasi come se avesse un appuntamento fisso con loro.

«Sta nevicando».

«Mmh» mugugnò Louis, continuando a baciarlo.

Harry intrufolò una mano tra i loro visi, fermando il suo assalto «Lou, sta nevicando. Ancora» sottolineò, alzando il volto al cielo e sgranando con sorpresa gli occhi.

«Non ha mai nevicato così tanto in questa città come questo inverno» constatò.

Harry abbassò gli occhi su di lui, sorridendo come un bambino e gettandogli le braccia al collo «È così bella! Sai cosa mi piacerebbe fare?»

«Un pupazzo di neve?»

«No» scosse prontamente il capo «Non appena i nostri amici se ne saranno andati, voglio fare l’amore con te sul nostro letto in rattan. Qui fuori, mentre la neve continua a scendere dal cielo».

«Oh, non se ne parla» sentenziò il maggiore, cercando di scostarlo inutilmente da sé, mentre Harry rafforzava la presa attorno alle sue spalle.

«Ma Lou - »

«Sei per caso impazzito? È pieno inverno!»

«Ma abbiamo ben due stufe da esterno. Ci terranno al caldo» insistette, premendo il naso contro la sua guancia «Ti prego, mon amour. Ti prego, ti prego, ti prego».

Louis roteò gli occhi al cielo, insinuando le mani sotto il suo giacchino e accarezzando a palmi aperti la sua schiena «Sei così viziato».

«Io e te, Parigi e la neve» gli leccò le labbra, stuzzicandolo «A me sembra perfetto».

«Allora, mio caro Mr. Perfezione, ci conviene rientrare e concludere il prima possibile questa festa perché non credo di poter resistere ancora per molto» allungò il collo a premergli un bacio a fior di labbra, cingendogli poi un braccio attorno alle spalle «E grazie ancora per la bellissima sorpresa. Riesci sempre a rendermi felice».

«Ci tenevo».

Gli lasciò un bacio fra i capelli, mentre si accingevano a rientrare all’interno dell’attico, accolti dal vociare confusionario dei loro amici più cari.

Era davvero felice.

 

 

 

Quella sera, come promesso, fecero l’amore sul letto in rattan, mentre la neve continuava a scendere incessantemente dal cielo. E la mattina successiva, Louis si svegliò nel proprio letto matrimoniale, con le tende aperte della finestra a mostrargli la vista mozzafiato di una Parigi completamente innevata. Bianca come la schiena nuda di Harry - sdraiato al suo fianco, con i capelli spettinati sul cuscino e gli occhi verdi e brillanti che lo guardavano colmi d’amore - e soffice come le sue labbra rosse, che non erano mai sazie di baci.

Questo era tutto ciò che desiderava possedere per tutto il resto della sua vita.

Sempre e per sempre.

Toujours et à jamais.

 

 

 


 

 

 

 

 

 

 

 

¹= sei così narcisista

 

²= tu mi fai lo stesso effetto

 

³= mio piccolo cerbiatto

 

⁴= perché il mio cuore è tuo

 

⁵= ti amo più della mia vita

 

⁶= angelo mio, tu mi rendi migliore

 

⁷= sempre e per sempre

 

⁸= occhi che fanno abbassare i miei, una risata che si perde nella sua bocca. Ecco qui il ritratto senza ritocchi dell’uomo al quale appartengo.










 

Angolo autrice:
sorpresa!!! Ho voluto regalarvi questo piccolo spin-off per ringraziarvi di tutto il supporto che avete mostrato per le prime due parti di questa storia e per aggiungere un po' di sdolcinato fluff che ultimamente aveva un po' scarseggiato.
Spero di aver fatto cosa gradita!
Buon Anno!!

Giu

 

  
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