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Autore: Signorina Granger    13/01/2019    9 recensioni
Jezabel Helena Farrell era sempre stata l’emblema della docilità e della gentilezza. A volte sembrava che nulla la toccasse, dando l’idea di essere praticamente apatica a chi non la conosceva.
Il fatto di non essere mai riuscita a provare sensazioni e sentimenti veramente forti per nessuno, per dei genitori adottivi che non l’avevano mai accettata del tutto, per un fidanzato che aveva amato ma che non era mai riuscita a piangere, avevano scosso anche lei, portandola a chiedersi che cosa avesse che non andava.
Forse era stata quella rigida educazione che aveva avuto dal padre militare?
Forse era stato l’abbandono dei suoi veri genitori?
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Maghi fanfiction interattive
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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The Temperance




Marie Farrell stava entrando in chiesa, come ogni domenica mattina, insieme al marito quando vide qualcosa che avrebbe cambiato per sempre la sua vita. 
Ai piedi dei pochi gradini che portavano all’ingresso dell’edificio qualcuno aveva lasciato un cestino. Un cestino che mai avrebbe attirato l’attenzione della donna, se non fosse che conteneva un fagotto che si muoveva leggermente. 

Incredula, Marie si fermò all’istante, gli occhi sgranati e puntati su quello che aveva tutta l’aria d’essere un neonato abbandonato davanti alla chiesa. 

“Marie, cosa c’è?”
“C’è un neonato. Kenneth, c’è un neonato nel cestino!”

La donna, senza riflettere, si avvicinò al cestino e sollevò la minuscola bambina dalla pelle ambrata e qualche ciuffo di capelli neri che conteneva. Non doveva avere più di pochi giorni e Marie, ancora incredula, abbozzò un sorriso di fronte alla bimba. 

“È adorabile. Chi può averla lasciata qui?! Poverina…”

La donna sfoggiò un’espressione dispiaciuta e contrariata al tempo stesso mentre si guardava intorno, ignorando le persone che, sul punto di entrare in chiesa, rivolgevano sguardi curiosi a lei, al marito e alla bambina.  

“Evidentemente, qualcuno che non poteva tenerla.”
“Ma non possiamo lasciarla qui! Chissà da quanto è qui fuori…”

“Marie…” Kenneth, intuendo a cosa stesse pensando la moglie, sospirò mentre la donna, invece, gli mise una mano sul braccio guardandolo implorante:

“Kenneth, lo sappiamo che non possiamo avere figli nostri. È stato difficile e l’ho accettato, ma questo è un… Dono del cielo. E davvero vuoi lasciarla qui?”
“No, ma…”

L’uomo esitò, guardando la minuscola bambina prima di sospirare e annuire:

“D’accordo, intanto… portiamola a casa.”
Marie sorrise, felice, e invece di entrare in chiesa si diresse a ritroso verso l’auto continuando a stringere la bimba tra le braccia e con Kenneth al seguito.

Quella fu una delle pochissime domeniche in cui i coniugi Farrell saltarono la messa, ma Marie sostenne che di certo li avrebbero perdonati visto che fu per un più che valido motivo.


*


“Marie, non è normale, non fingere di non averlo visto!”
“Ma Ken… è solo una bimba.”
“Vuoi dirmi che non ti sei spaventata?!”  Kenneth aggrottò la fronte e indicò la bambina, che stava iniziando ad agitarsi forse percependo della tensione intorno a lei. Marie si morse il labbro, guardando quell’esserino angelico prima di parlare con un filo di voce:

“Lo so che cosa ho visto, ma non possiamo abbandonarla anche noi.”
“Certo, perché un bambino che fa librare le cose a mezz’aria è normale… deve aver qualcosa che non va.”

Kenneth scosse il capo mentre accennava a tutte le due medaglie al valore, collezionate durante la carriera nella Marina militare britannica, che ora giacevano sul tavolo ma che, poco prima, avevano iniziato a galleggiare a mezz’aria e a tintinnare attorno alla bambina.

“Marie, non possiamo tenerla, è un…”    Kenneth però non finì la frase è non pronunciò le parole “piccolo demonio”, perché la moglie lo interruppe:
“Non chiamarla così un’altra volta, Kenneth.” 

Il tono della donna s’indurì di colpo, rivolgendo al marito un’occhiata quasi glaciale prima di dargli le spalle e allontanandosi tenendo la bambina stretta in braccio. Kenneth, dal canto suo, la guardò con gli occhi sgranati, per nulla abituato ad una simile reazione da parte della moglie.

Marie andò a sedersi sul divano, osservando la bambina e parlando a bassa voce:

“Ti dovrei trovare un nome, vero?” 

Ma quale? 
Marie pensò al marito, a come di sicuro, conoscendolo, avrebbe voluto dare ai loro figli nomi biblici. Ce n’erano tantissimi, tra cui molti che a Marie piacevano non poco. 
La donna abbozzò un sorriso, pensando al forse unico nome biblico femminile che Kenneth non avrebbe mai dato a sua figlia.

“Ti potrei chiamare Jezabel. Mi è sempre piaciuto come suona.”
Marie sorrise, sfiorandole la fronte con le dita mentre lo sbuffo di Kenneth arrivava dalla cucina:

“Marie, sai cosa significa quel nome?!”
“Naturalmente, tanto quanto te.”

Marie annuì senza scomporsi e quasi rise di fronte all’espressione torva del marito, che lanciò un’occhiata di sbieco a lei e alla bambina prima di scuotere il capo e allontanarsi, borbottando che sarebbe andato di sopra.

Jezabel, di fatto, era un bel nome. A Marie era sempre piaciuto. Certo nella Bibbia era stato attribuito ad una figura femminile che sarebbe poi diventata notoriamente un simbolo negativo, di Lussuria… ma alla donna non importo, fu solo soddisfatta di aver potuto fare dispetto al marito.


*


Jezabel, seduta sull’asfalto, singhiozzava tenendosi le mani sul viso. 
Sentì suo padre sbuffare, dopodiché Kenneth la prese sotto le braccia e la rimise in piedi, asserendo che non dovesse piangere per una simile sciocchezza e che doveva salire di nuovo sulla bici.

“Non voglio, ogni volta che cado mi faccio male! Voglio andare a casa.”

La bambina si asciugò le lacrime tirando su col naso e Kenneth rimise in piedi la piccola bici prima di parlare con tono piatto:

“Devi imparare, Jezabel. Basta piangere, a nessuno piace chi piange spesso… andremo a casa quando ci sarai riuscita. E sai cosa penso di “voglio”.”
“Ma…”
“Sali, Jezabel.”

La bambina esitò, poi sedette nuovamente sul sellino con un po’ di titubanza, stringendo il manubrio con le piccole mani.
Non le restava che cercare di imparare in fretta, se voleva che quel supplizio finisse.


*


“Kenneth, sei troppo duro con lei.”
“Lascialo decidere a me, Marie. Sta’ seduta composta, Jezabel.”

Jezabel, che stava cenando con i genitori, si sentì prendere per le spalle e raddrizzare sulla sedia. La bambina annuì, mormorando un assenso senza alzare lo sguardo dal suo piatto:

“Sì papà.”
“Brava.”


*


Jezabel sistemò il cuscino e rassettò le lenzuola con pochi, semplici e rapidi gesti come ogni mattina: suo padre da un paio d’anni insisteva che fosse lei a sistemare la sua camera e che non spettasse a sua madre, in quanto doveva imparare a diventare responsabile delle sue cose.

La bambina osservò il lavoro finale e annuì, soddisfatta, prima di abbassare lo sguardo sul foglio che teneva sul comodino: il giorno prima le avevano consegnato la verifica di matematica e aveva preso B. 
Jezabel sospirò mentre lo prendeva, mordendosi il labbro: non era un brutto voto, ma in genere prendeva tutte A… sua madre le avrebbe detto che non importava, ma sapeva che suo padre pretendeva sempre il massimo da lei.

La bambinaògiro sui tacchi e trascinò i piedi fino all’uscio per raggiungere i genitori al piano di sotto, preparandosi alla strigliata e al dover passare tutta la domenica, dopo la messa, a rifare perfettamente la verifica. 

Stupide divisioni a due cifre…


*


Il giorno in cui Jezabel e i suoi genitori scoprirono la verità su di lei, Jess non l’avrebbe mai dimenticato.
Un paio di giorni prima di quello che avevano sempre ritenuto il suo compleanno – il giorno in cui l’avevano trovata – alla loro porta giunse una donna con una lettera per lei, una lettera d’ammissione ad una scuola.

Jezabel, convinta di dover iniziare le medie dopo le vacanze, la prese con occhi increduli.
La signora invece si prese tutto il tempo per spiegare a lei, e a due increduli Marie e a Kenneth, che la ragazzina era speciale. 

Non fu facile e nessuno dei due volle crederci all’inizio, ma quando la donna chiede loro, con calma, se Jezabel non fosse mai stata coinvolta in episodi strani entrambi tacquero. 
Anche Jezabel non disse nulla, ripensando a quando a scuola, in bagno, una sua compagna l’avesse presa in giro perché era stata adottata e il rubinetto davanti a lei era esploso, inondandola con un potente getto d’acqua.




“Ho sempre saputo che avevi qualcosa che non andava, dal primo giorno.”
“Kenneth, smettila. Jess, sono felice di sapere che sei speciale… per me e tuo padre non sarà facile, ma ti prometto che cercherò comunque di capirti e starti vicino.”

Jezabel annuì e abbracciò la madre, guardando il padre sbuffare e sparire sulle scale. 
Da lì in poi Kenneth quasi non le rivolse la parola, limitandosi a correggerla di tanto in tanto e a sibiliate che quella storia non avrebbe mai dovuto uscire dalle mura domestiche. 

Jezabel, che aveva sempre avuto la sensazione di non piacere a suo padre, dopo quel giorno si mortificò ancora di più. 
Non le restava che sperare che in quella scuola avrebbe trovato qualcuno come lei, in grado di capirla.


*


“Sono venuta a salutarti… la mamma ha detto che domani non puoi accompagnarmi.”

Jezabel si fermò sulla soglia dello studio del padre, guardandolo voltarsi verso di lei ed esitare prima di annuire e alzarsi, la verità era che non voleva accompagnarla a prendere il treno, lo sapevano entrambi… suo padre non aveva mai accettato il suo essere diversa, veniva da un mondo rigido dove tutto doveva essere per forza bianco, e non nero. 
A volte, la ragazza si chiedeva persino se non si fossero pentiti di avere presa con loro dopo averla trovata, in fasce, in chiesa. 

Suo padre annuì e le si avvicinò, prendendole il viso tra le mani per darle un bacio sulla fronte:

“Che cosa devi fare?”
“Seguire le regole, dare il massimo, non permettere a nessuno di influenzare le mie scelte.”
“Brava ragazza.”


*


Dopo quelli che le parvero minuti interi, finalmente il Cappello prese la sua decisione, mandandola tra i Tassorosso. 
Jezabel, che non sapeva nulla di Hogwarts, fu molto sollevata: aveva avuto paura per tutto il viaggio in treno che il Cappello decidesse di non volerla e di rimandarla a casa, era bello sentirsi parte di qualcosa. 

La ragazzina, mentre prendeva posto di fronte ad una sua coetanea dai capelli neri, lo sguardo deciso e intelligente e la pelle scura, rivolse un’occhiata incerta al tavolo dei Serpeverde, Casa dov’è il Cappello aveva pensato di mandarla.
Chissà cosa avevano loro, di diverso…


“Ciao Jezabel, io sono Rita!”
“Ciao… puoi chiamarmi Jess.”
“In effetti hai un nome un po’ strano…”
“Già. A mio padre non piace per niente, non so perché.”


*


Jezabel adorava Hogwarts, e a volte era quasi felice di non dover stare perennemente sotto l’occhio critico del padre. Voleva bene a sua madre e sapeva che Marie ne voleva a lei, ma era anche consapevole che, da quando aveva ricevuto la lettera, la guardava con un po’ di timore. 

Il suo carattere dolce e gentile non le avevano mai impedito di piacere alle persone, e anche in quella nuova scuola legò in fretta con due sue compagne di stanza, Rita e Maysen.

Le piacevano moltissimo quelle due simpatiche, dinamiche e intelligenti ragazzine, anche se spesso entrambe la rimproveravano – specialmente May – perché non si preoccupava granché di curare il suo aspetto.

“Jess, posso truccarti? Ti prego!”
“May, no!”
“Ma è l’ultimo giorno di scuola, per favore! Sarà divertente!”

Jess, seduta sul suo letto, sospirò e si morse il labbro: una volta aveva chiesto a sua madre se poteva prenderle un vestitino che le piaceva e suo padre aveva sbuffato, chiedendole se per caso volesse che la gente la giudicasse solo per il suo aspetto e non per la sua intelligenza o le sue capacità.

La verità era che sua figlia diventa sempre più bella, ma l’unica a non rendersene conto era la ragazzina stessa.

“Va bene, ma lo devi togliere sul treno.”
“Jess, siamo al terzo anno, non è una tragedia!”
“Toglimelo e basta, per favore.”


*

“Quindi ti hanno scelta come… Prefetto? Cosa vuol dire?”
“Beh, scelgono un ragazzo e una ragazza per ogni Casa all’inizio del loro quinto anno… in base alle medie e al comportamento, credo.”
“Quindi è un merito?” 
“Direi di sì.”

Jezabel, seduta sul divano vicino al padre, annuì e si stupì un poco quando vide l’uomo sorriderle:

“Brava Jess, sono fiero di te.”
“Davvero?”
“Certo. Qualunque cosa facciate in quella scuola ti impegni molto, ed è importante.”

Kenneth le sfiorò la spalla con la mano prima di alzarsi e andare in cucina chiedendo alla moglie quando sarebbe stata pronta la cena. Jezabel invece rimase immobile, sorpresa e spiazzata: suo padre, che non si lasciava mai andare a dimostrazioni d’affetto,  le aveva appena fatto un complimento.

“Jess? Vai ad aiutare tua madre ad apparecchiare.”
“Subito.”

La ragazza si alzò con un sorriso, improvvisamente un poco più allegra.


*


“Jess, mi spieghi perché continui a rifiutare quel povero ragazzo?!”
“Perché ho… molto da fare, devo studiare, non ho…”
“Stronzate, ti chiedi di uscire con lui da settimane, la prossima volta dirai di sì!”

Rita, in piedi in un corridoio del San Mungo, puntò un dito contro l’amica quasi con aria minacciosa, costringendola ad annuire e a sospirare:

“Ok, ci penserò.”

In effetti Michael le chiedeva di uscire con lui da due mesi, anche se la strega in cuor suo non capiva perché fosse così preso da lei. Si erano incontrati al corso di specializzazione per diventare Medimaghi ed erano diventati amici, tanto che era stata proprio lei a convincerlo a cambiare strada quando Michael le aveva confidato di non essere tanto sicuro che quella fosse la strada giusta per lui.

Un paio di giorni dopo, Jezabel ricevette un pacco che la convinse ad accettare di scire con quel ragazzo: Michael le mandò la lettera di ammissione al corso di specializzazione sulle Creature Magiche con allegati un gruppetto di minuscoli draghetti e un biglietto di ringraziamento per averlo aiutato a prendere una decisione e a studiare per l’esame di ammissione. 
In quel biglietto le chiedeva anche di vederlo, e questa volta Jezabel non se la sentì proprio di rifiutare.


*


Michael fu, senza ombra di dubbio, il primo ragazzo che piacque davvero a Jezabel, nonché la sua prima vera relazione. 
Ad Hogwarts l’avevano avvicinata in diversi nel corso degli anni, ma la strega non se n’era mai curata particolarmente. 

Scoprì invece che Michael le piaceva davvero molto, e anche se le dispiacque lo aiutò comunque a prepararsi per poter andare per qualche mese in una riserva in Norvegia. Inizialmente il ragazzo era titubante proprio per la loro relazione, ma Jezabel gli assicurò che la sua carriera e i suoi sogni fossero più importanti, così lo convinse a fare domanda e lo aiutò a studiare. 

Era davvero felice per lui, e durante le prime settimane lesse con piacere tutte le lettere che il fidanzato le inviava. O almeno finché non smisero di arrivare. 


*


Dopo Michael, Patrick arrivò nella sua vita come un turbine. 
Era gentile, affabile, sapeva di piacergli. All’inizio non diede molta corda al suo collega, certa che ci provasse con lei come con qualunque altra bella ragazza del reparto nascite del San Mungo.

Col passare del tempo però Patrick riuscì a convincerla di essere speciale per lui ricoprendola di attenzioni, e Jezabel accettò di vederlo fuori da lavoro. Non era sicura di essere pronta, dopo Michael, ma voleva anche andare avanti.


*


“Non posso credere che tu sta facendo una cosa simile. Da quanto va avanti?!”
“Qualche mese. Rilassati Jess, mi stai guardando come se rapissi quei bambini e li abbandonassi o peggio. Non faccio del male a nessuno.”

Patrick non si scompose minimante, parlando con tono quasi annoiato mentre Jess, spalancando gli occhi scuri, si alzava lentamente, le braccia abbandonate lungo i fianchi e i pugni serrati:

“Tu prendi… prendi dei bambini… li togli ai loro genitori e li dai ad altre persone in cambio di soldi.”
“Persone che non possono avere figli, Jess, infondo faccio loro un favore.”
“POSSONO ADOTTARE. NON È QUESTO IL MODO DI AVERE UN FIGLIO!”

Patrick sussultò quando Jezabel parlò con un tono di voce decisamente più alto della norma, colpendo il tavolo con veemenza mentre tremava da capo a piedi.

“Non ci posso credere… come puoi fare una cosa simile? La tua famiglia è ricca, non ti servono soldi! Ma non sono mai abbastanza, vero? Dio…”
Jezabel scosse il capo e si alzò, disgustata e senza parole. Si avvicinò alla finestra della cucina, dandogli le spalle mentre sentiva nuovamente la sua voce dopo qualche istante di silenzio. Voce che, in quel momento, le diede quasi il voltastomaco.

“Ascolta, Jess, non volevo che tu lo scoprissi, ma… possiamo sempre fare a metà.”

“Mi stai chiedendo di partecipare a questo… furto di neonati?”

Jezabel si voltò, le braccia strette al petto, e lo guardò a metà tra l’incredulo e il disgustato. Una parte di lei sapeva da tempo come in realtà fosse Patrick, ma non osava pensare che potesse spingersi a tanto… in più, non riusciva a credere di aver potuto avere una relazione con lui. Dopo Michael, per di più.

“Beh, i Medimaghi non prendono granché, no?”
Patrick abbozzò un sorrisetto, appoggiando le mani giunte sul tavolo appena prima che la ragazza, spalancando gli occhi scuri, si riavvicinasse a lui. 

Jezabel Helena Farrell era sempre stata l’emblema della docilità e della gentilezza. A volte sembrava che nulla la toccasse, dando l’idea di essere praticamente apatica a chi non la conosceva.
Il fatto di non essere mai riuscita a provare sensazioni e sentimenti veramente forti per nessuno, per dei genitori adottivi che non l’avevano mai accettata del tutto, per un fidanzato che aveva amato ma che non era mai riuscita a piangere, avevano scosso anche lei, portandola a chiedersi che cosa avesse che non andava. 
Forse era stata quella rigida educazione che aveva avuto dal padre militare?
Forse era stato l’abbandono dei suoi veri genitori?

Jezabel non lo sapeva e forse non sarebbe mai riuscita a darsi una risposta, ma quella sera per una volta agì d’impulso e uscì dalla sua compostezza.
Non aveva mai alzato un dito su nessuno, ma il suo schiaffo colpì Patrick in pieno viso, guardandolo deglutendo a fatica per poi parlare con voce tremante:

“Oltre che schifoso, sei anche un idiota, Patrick Bloom. Io non ho mai conosciuto i miei genitori, non saprò mai chi fossero e perché non mi hanno tenuta. E vieni a chiedermi se voglio essere complice di un… furto di bambini?! So che non mi ami, ma per chiedermi una cosa simile non deve esserti mai importante minimamente di me!”
“Sono solo dei piccoli Nati Babbani, Jezabel. Tolgo la memoria ai loro genitori, non si ricorderanno di loro, non ne sentiranno la mancanza… e se anche fosse, ricordi la TUA infanzia con genitori Babbani? Quei genitori che non ti hanno mai capita, che quasi avevano paura di te? Forse faccio loro un favore, non pensi?”

“Sta’ zitto. Non voglio sentire. Non tutti i Babbani potrebbero reagire come i miei genitori. Non mi importa dei soldi, io ho ancora una coscienza, a differenza tua. Ho sopportato abbastanza da te, non voglio vedere mai più la tua faccia dopo stasera.”

Il sibilo di Jezabel precedette la comparsa di delle spese funi che legarono Patrick, che provò a convincerla, a pregarla, provò persino a dirle che l’amava mentre la strega lo trascinava verso il camino per raggiungere il Ministero con la Polvere Volante… Ma tutto ciò che ottenne fu l’aspra risata della strega:

“Mi hai tradita non so quante volte, Patrick… risparmia il fiato per il processo, avrai bisogno di tutta la tua ars oratoria.”


*


“Patrick ti tradiva?”
“Già.”
“E lo sapevi?”
“Sì. Non era poi così bravo a nasconderlo.”
“E perché non ce lo hai detto? Perché… perché hai lasciato correre?”

“Non lo so. Perché sono stupida, penso… perché ero cristallizzata e non riuscivo a muovermi da quella situazione, forse scoprire dei suoi traffici illegali è stato un bene. Poveri genitori…”
“E il Preside?”
“Licenziato e condannato anche lui per avergli dato accesso alla lista di tutti i piccoli maghi, Nati babbani compresi.” 

“Meglio così.”

Rita annuì e per qualche istante nessuna delle due disse nulla, sedute sul divano di Jezabel mentre la ragazza coccolava Tristano, il suo Terranova.

“Scusa, devo chiedertelo. Per tradire te doveva propri essere un coglione… perché?! Avrebbe dovuto fare i salti di gioia!”
“Non gli andava di aspettarmi. Non ho voluto andare a letto con lui per parecchio.”

“Beh, non penso sia stata una gran perdita, che schifo. Non pensarci più, ok? La mia Jess merita molto, molto di meglio… e lo troverai. Sei solo… sfortunata. Sei triste?”
“No. Non credo di averlo mai amato.”

“Avrei voluto che lo lasciassi prima… stai alla larga dai Patrick d’ora in poi, mi raccomando. O da quelli che si avvicinano facendo troppo i galanti.”

Rita si alzò, asserendo che sarebbe andata a fare del thè per entrambe, e Jezabel, la testa appoggiata allo schienale del divano, chiuse brevemente gli occhi. 
Un susseguirsi rapido, confuso ma intenso di immagini la sorprese, tanto che la strega potè quasi riuscire a sentire una mano accarezzarle il braccio e un fugace bacio sulle labbra. 
Le sembrò di risvegliarsi, agitata, con un paio di braccia che la stringevano da dietro.

“Brutti sogni?” A parlare fu una voce profonda che non conosceva, il cui proprietario sembrò “calmarla” dandole un bacio sulla spalla e mormorando di continuare a dormire.

Jezabel riaprì improvvisamente gli occhi, confusa e destabilizzata, ma scosse il capo e si disse di non pensarci e di concentrasi, invece, sull’incontro che il Ministro in persona le aveva richiesto per il giorno seguente, 
Chissà di cosa voleva parlarle…






…………………………………………………………………………..
Angolo Autrice:

Buonasera! 
Incredibilmente (si fa per dire) la più votata è stata Jess, perciò ecco qui qualche scorcio sulla nostra Temperanza. Ora, so che volete sapere cosa è capitato a Michael, ma ho pensato che se vi dico tutto ora poi non c’è più gusto.
A presto e grazie per le recensioni della OS di Mac!
   
 
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