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Autore: paige95    15/01/2019    5 recensioni
~ IN REVISIONE ~
È il 1 settembre del 2017, l'orologio del binario 9 3/4 sta per spaccare le 11 in punto. Nella stazione di King's Cross c'è tanto fermento e commozione. Un nuovo anno sta per iniziare, ma i nuovi studenti della Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts subiranno le conseguenze del passato da cui discendono e del presente in cui vivono.
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N.B È importante aver letto Harry Potter e i doni della morte, soprattutto per il primo capitolo.
Genere: Commedia, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Albus Severus Potter, Ginny Weasley, Il trio protagonista, Rose Weasley | Coppie: Draco/Astoria, Hannah/Neville, Harry/Ginny, Ron/Hermione
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace, Nuova generazione
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Il peso dell'eredità


 
A Magia Oscura,
che con (im)pazienza ha atteso che io pubblicassi.
E alle mie care ragazze 
HarryPotter394, 
Shanley e 
Longriffiths. 


 
Stazione di King’s Cross, Binario 9 ¾; 1 settembre 2017 ore 10:59 a.m.
 
Il fumo denso e il fischio del treno accompagnavano gli ultimi saluti riservati ai genitori, i quali commossi scrutavano i volti raggianti dei figli scomparire lungo la strada per la Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts. 
Fare ritorno in quella stazione infondeva sempre uno strano effetto: un misto tra l'incanto fanciullesco e la certezza di assistere ad una nuova partenza in serenità. Nulla poteva essere cancellato, il passato aveva lasciato strascichi indelebili; ogni inizio era sintomo della speranza che le gioie future potessero soppiantare la sofferenza.
Gli eroi della Seconda Guerra Magica avevano un motivo valido per essere riuniti al binario 9 ¾, diciannove anni dopo la fine di tutto. Aveva un gusto dolce quel ritrovo non programmato, come se stessero festeggiando una nuova alba già da qualche anno ormai; era una gioia condivisa, nessuno ne parlava, ma tutti scorgevano nel volto dell’altro sollievo e una nota dolente che il tempo aveva solo cicatrizzato, mai del tutto guarito. Aveva anche un gusto amaro, quindi: l’assenza era un’arma con la quale avevano cominciato a fare i conti troppo presto.
Assistere alla partenza di figli che scambiavano con le proprie famiglie un arrivederci di diversi mesi non lasciava indifferenti. Non importava che si apprestassero ad intraprendere un soggiorno così lungo per la prima volta o se si trattasse di una regolare abitudine annuale, sulla piattaforma tutti erano tristi in egual misura.
Gli eroi non piangevano, ma nei loro occhi si intravedeva un velo di commozione. Conoscevano il sapore delle lacrime, lo ricordavano fin troppo nitido. Al binario 9¾ stavano vivendo gioia e orgoglio per il futuro conquistato con grande sacrificio; nel volto dei ragazzi che salivano la scaletta del treno leggevano la più grande vittoria della loro vita: la serenità che erano riusciti a donare ai loro figli. 
Nelle vene di Rose scorreva l'impazienza, il trepidante gusto della novità, già sperimentato fra le mura domestiche. Si sentiva a suo agio nell'uniforme scura; la stoffa calzava fino alle caviglie ed era lucente, un dettaglio che papà Ron non perdeva occasione di ricordare: I miei figli avranno tutto l'occorrente per i loro anni ad Hogwarts e rigorosamente di prima mano. L'undicenne di sangue Granger-Weasley era già una strega degna di nota, ma soprattutto una giovane a cui era stato insegnato il rispetto e l'accettazione. Purosangue, Mezzosangue, Nati Babbani e Babbani erano solo inutili etichette per lei; dimostrava sulla sua pelle quanto fosse insensato misurare il valore di un mago dalla quantità di geni magici che si trovavano nella sua dinastia. Dimenticava spesso di essere una Mezzosangue, era una caratteristica che la riguardava relativamente nella vita di ogni giorno. 
Suo padre era sempre stato per lei un ottimo esempio. Sposando la figlia di due rispettabili Babbani, erano decaduti i presupposti per continuare ad essere membro delle Sacre Ventotto; non se ne dispiacque e a Rose aveva offerto una motivazione più che valida: senza quella decisione i suoi figli non sarebbero esistiti. Ron era orgoglioso di ogni singola loro goccia di sangue; avevano un cuore nobile, si augurava da quando avevano emesso i loro primi vagiti che diventassero valorosi Grifondoro, al pari dei genitori. 
Albus Severus. Un nome che non sarebbe passato inosservato fra i corridoi del Castello e che si aggirava ancora fra gli scompartimenti dell'Hogwarts Express con aria confusa circa ciò che lo avrebbe atteso una volta giunto a destinazione. Era la sua prima corsa verso la Scuola di Magia più rinomata fra le famiglie di maghi. Era un privilegio conseguire il diploma in quelle aule, godere degli insegnamenti dei suoi professori e sottostare alla ferrea disciplina della Preside Minerva MacGranitt. Suo padre aveva fiducia nelle capacità del figlio dal primo momento in cui era riuscito a  scorgere i suoi vispi occhi di smeraldo. Mai prima di allora Harry aveva avuto modo di riflettersi in occhi non suoi, ma così simili. Gli ricordavano Lily, non aveva immagini nitide di lei: attraverso gli occhi di Albus fu come vivere per la prima volta la madre.
Ai due cugini, legati dall'inizio di un'avventura comune, mancava solo all'altezza del cuore lo stemma della Casa che avrebbe accolto le loro potenzialità. Rose non temeva lo Smistamento, Albus ne era terrorizzato. Era una tappa imprescindibile per la loro permanenza nel Castello. Harry non temeva di raccontare al secondogenito quanto si fosse sentito vulnerabile in attesa del verdetto; lo comprendeva ed era piuttosto sereno, confidando sul fatto che i suoi figli fossero nati in un contesto di pace che non richiedesse grandi addestramenti contro forze oscure.
In quella fresca mattina di inizio settembre, la trepidazione era palpabile. La commozione delle famiglie viaggiava su un doppio binario. Erano trascorsi venticinque anni da quando uno sperduto ragazzino vissuto fra i Babbani si aggirava confuso per King's Cross, alla ricerca di un binario all'apparenza inesistente. Era una giornata soleggiata, ma i ricordi cadevano a pioggia su loro. Quello stesso treno aveva rappresentato una nuova casa per Harry. Se avesse dovuto descrivere a parole cosa provava ogni volta che un suo discendente solcava i cancelli di Hogwarts, non ci sarebbe riuscito. A suo tempo aveva trasmesso a James tutta la serenità possibile, con Albus riuscì ad essere meno convincente, ma non smise di infondergli fra i timori quanta fiducia riponesse in lui. Un amorevole abbraccio del padre sciolse l'ansia in una lacrima che nascondeva le sue fragilità. Con un sorriso Harry lo aveva accompagnato alle porte della locomotiva; anch'egli era commosso. Ad aspettare Albus sul vagone, vi era Rose. La giovane attese lo scoccare del sessantesimo secondo con lo sguardo rivolto al finestrino. Ron e Hermione la incoraggiavano con sorrisi ricolmi di orgoglio. Quando avvertirono una leggera scossa sotto le loro suole, compresero che era giunto il momento degli ultimi saluti. Entrambi i cugini ebbero un sussulto di pura emozione, mentre le sagome dei genitori diventavano sempre più impercettibili avvolte nel fumo del motore e dalla lontananza.
 
Rose sentiva già la mancanza della grande famiglia Weasley, ad Hogwarts ne avrebbe ritrovato solo un'esigua parte. Portava con sé insieme ai bagagli l'affetto di Hermione e i premurosi consigli del padre che continuavano a rimbombarle nella mente. Divideva lo scompartimento con i fratelli Potter. Si trovavano ancora a pochi metri dalla stazione. L'atmosfera era impregnata delle loro emozioni. James, il primogenito, era accompagnato dalla consuetudine; per lui era il terzo anno, la Scuola di Magia era un luogo familiare al pari di Grimmauld Place. L'ansia di Albus, invece, non si era placata; era intento a scartare con vigore le Cioccorane che lo zio George gli aveva regalato per affrontare il viaggio fino in Scozia - così risparmi gli zellini che ti ha dato papà per fare contenta qualche ragazza -. Ignorò la rana di cioccolato che era balzata sul finestrino; recuperò la figurina dei maghi e scorse un sorriso familiare accompagnato da grandi occhi castani e boccoli scomposti. Era affezionato ad Hermione, ma fu irritante per lui ricordare il peso dell'eredità che pendeva sulle loro spalle proprio quando era in procinto di abbracciare il suo destino ad Hogwarts. Il silenzio venne spezzato dalle imprecazioni di Albus. Con un gesto stizzoso lanciò la figurina in direzione della cugina. 
«Dannazione! Ho trovato ancora la zia.»
Rose si spaventò per la sua irruenza; fece appena in tempo a voltarsi e ad afferrare l'oggetto al volo, prima che precipitasse sul pavimento. La ragazza ignorò il tono sprezzante dell'altro; sorrise all'immagine della madre, aveva sempre trovato il suo portamento molto elegante, degno di un onorevole Ministro della Magia. Riscontrare quanto Hermione godesse di fama insieme al padre e allo zio Harry le provocava sempre un brivido. Conviveva con l'idea e non aveva mai reagito come il cugino, quando trovava una figurina doppia. Rose alzò gli occhi su Albus: ammirava imbronciato e a braccia conserte il panorama che sfrecciava fuori dal finestrino, quando invece la sua mente era solo affollata dalla rabbia. La giovane si protese verso di lui, ridusse la sua voce ad un suono pacato e debole.
«Al, si può sapere qual è il tuo problema?»
«Quale problema ho, dici? Tranquilla, nessuno.»
Le rispose con strafottenza, tornando a concentrarsi sul susseguirsi del paesaggio alla sua sinistra. Lo infastidiva il fatto che lei non condividesse il suo stesso disagio. Rose si voltò perplessa verso James in cerca di una spiegazione, sperando che il primogenito dei Potter potesse saperne di più.
«Ha solo paura di essere Smistato nei Serpeverde e se la prende con qualunque cosa gli capiti a tiro.»
«Io non ho paura di essere Smistato nei Serpeverde! Fatti gli affaracci tuoi, ficcanaso.»
«Ho sentito che ne parlavi con papà ed eravate in un luogo pubblico. Nessun segreto, quindi.»
«Senti un po’, Jam…»
Rose intervenne decisa nel battibecco tra i due fratelli. Si sentì esclusa da una discussione di cui non era al corrente. Sfoderò un tono perentorio, degno di sua madre. Non le importava che tra i due fratelli corresse sempre meno buon sangue, esigeva di sapere cosa stesse infastidendo Albus nell'ultimo periodo, cosa non gradisse della sua famiglia. 
«Basta! Cosa vi prende?? Albus, si può sapere cos’hai contro mia madre?»
I due si zittirono, intimoriti dalle silenziose minacce della cugina.
«Sono solo stanco di trovare ogni due per tre le facce di papà e degli zii in quelle maledette Cioccorane.»
«Non capisco che fastidio possano darti, anzi, dovresti esserne orgoglioso. Papà è il mago più famoso del secolo.»
Il maggiore non manifestò alcuna evidente emozione, la sua voce era piatta. Essere figlio di Harry Potter era pura abitudine per lui; portava un cognome come tanti ragazzi discendenti da coloro che avevano combattuto l'Oscuro Signore. 
«Orgoglioso?? Tu non capisci, James, e non so nemmeno per quale ragione io provi a parlarne ancora con te.»
Albus rivolse al fratello un sorriso carico di delusione. Si alzò dandosi una spinta contro il sedile per riscoprire motivazione. Non erano rare le occhiate di sfida che rivolgeva a James. Rose impedì al cugino di oltrepassare le porte scorrevoli dello scompartimento; Albus fu costretto a fermarsi e a lasciare che esse si richiudessero. Era dolce Rose; quando si trattava di confortare era la migliore amica che chiunque potesse desiderare.
«Al, io ti capisco, ma solo se provi a spiegarmi cosa ti turba tanto.»
Fissò gli occhi azzurri della cugina. Rose non provava nemmeno in minima parte i suoi timori, era serena, dalle sue iridi proveniva un luccichio di eccitazione che l'avrebbe accompagnata fino al diploma, Albus ne era convinto. Nel rivolgersi alla cugina si placò, il tono era tornato calmo, la voglia di urlare era svanita.
«Siamo iscritti ad Hogwarts da quando siamo nati, Rose. Hanno aspettative alte su di noi. E se non riuscissimo a soddisfarle? La loro fama ci precede e non so se sia un bene. Ci credono già valorosi Grifondoro. E se non lo fossimo? Se il Cappello Parlante avesse altri progetti per noi?»
«James ha ragione, dovremmo essere orgogliosi di loro, non temere ciò che abbiamo ereditato. Nessuno pretende che dobbiamo essere come loro o addirittura migliori. Ma insomma, sarei ipocrita se non ti dicessi che mi piacerebbe seguire le orme di mamma o di papà. Forse ad Hogwarts sarebbe meglio prendere l'esempio di mamma, in effetti.»
Rose era ingenua, Albus non trovava i presupposti, le voci che negli anni scorsi lo avevano raggiunto attraverso i racconti del fratello maggiore facevano presagire un soggiorno diverso per loro ad Hogwarts. La cugina era un'idealista, la testimonianza di James portava una ventata di scetticismo.
«Siamo già tali e quali a loro, su questo posso rasserenarti. Jamie, come vieni trattato ad Hogwarts dai Serpeverde?»
La ragazza si intromise, ritenendo la domanda fuori tema e anacronistica. Tentò di liquidare la provocazione del cugino con ovvietà, eppure, dai meandri nascosti della mente, si rendeva conto che egli stesse muovendo accuse con prove alla mano.
«Al, Hogwarts è cambiata da quando veniva frequentata dai nostri genitori.»
La ignorò e incitò il fratello a fare altrettanto. James indugiò qualche istante prima di riferire alla cugina ciò che sapeva; non si trattava di notizie gradevoli e per chi le viveva ogni anno a scuola ferivano anche un po', era innegabile.
«Per loro sono il figlio di Potter e…»
«E?»
«…dicono che papà gode di ottima fortuna, secondo loro un Mezzosangue non avrebbe mai dovuto diventare il Capo dell’Ufficio Applicazione della Legge sulla Magia. Dicono anche che…»
Ora anche Rose iniziava ad essere curiosa e si voltò verso il cugino in impaziente attesa che proseguisse il racconto. Ruotò il busto nella direzione del maggiore accanto a lei, infondendogli qualche istante di soggezione per le insistenti attenzioni riposte su di lui.
«…che mio padre e tua madre hanno sporcato il sangue dei Weasley.»
«Vedi, Rose? Siamo già sulla bocca di tutti e questo mi mette a disagio.»
«Al, non è vero niente. Chi è ancora così stupido da credere nel ventunesimo secolo che i Mezzosangue siano esseri inferiori?! Ma soprattutto chi è così coraggioso da ritenere Harry Potter un mago inferiore ad altri dopo aver sconfitto un mago oscuro del calibro di Lord Voldemort?!»
Stavolta James si intromise tra i due; con quelle nuove argomentazioni, era sempre più convinto che il fratello avesse ragione. Albus lo stava aiutando a riflettere su una situazione che viveva personalmente da un paio d'anni e che forse, sfiorandola così da vicino, non gli aveva mai stimolato davvero il pensiero.
«Tecnicamente le cose stanno esattamente così, noi non saremmo dei Mezzosangue se mio padre e la zia Hermione non lo fossero.»
Rose lo fulminò all’istante. Poteva combattere con un cugino testone, ma con due le parve un po’ troppo; non era il risvolto che si sarebbe aspettata dalla loro conversazione e lei era ben lontana dal far cadere la discussione nell'oblio. 
«Jamie, non mi stai aiutando a tranquillizzare tuo fratello.»
«Rosie, non ho bisogno di essere tranquillizzato, non sono un bambino. Persino tuo padre ha detto di guardarti le spalle dai Malfoy.»
Rose sorrise per sdrammatizzare, lei non lo aveva affatto ascoltato e alla fine ci aveva pensato sua madre a zittirlo, sottolineando quanto fosse controproducente dare un simile consiglio alla figlia. 
«Papà scherza sempre.»
«Stavolta sembrava essere molto serio.»
Non sapeva più come rassicurarlo, quando lei desiderava solo riscoprire un po’ di ottimismo. In verità la goliardia di suo padre era sempre motivo di serenità, suo cugino però era riuscito a porla in discussione.
«Per favore, Albus, cerchiamo di iniziare bene l’anno e di ignorare gli altri. Ci sarà Neville ad insegnarci Erbologia e ho intenzione di non perdermi nemmeno una lezione.»
«Rosie, non ti saresti persa ugualmente alcuna lezione, con o senza il professor Paciock.»
James non tardò a provocarla con un sorriso sincero e spensierato, risvegliò così l’entusiasmo della cugina che sembrava essere messo a serio rischio. Rose colse l'attimo, la magia era sempre motivo di distrazione per lei.
«Esatto…A proposito, ragazzi, proviamo qualche incantesimo?»
«Oh no, miseriaccia, ci risiamo.»
Albus alzò infastidito gli occhi verso il soffitto, era convinto che in lei fosse scattata una molla difficile da disinnescare. Il ragazzo non poté fare più nulla per contrastarla, la magia la affascinava a tal punto da dimenticare la conversazione che i tre cugini stavano portando avanti.
«Al, siediti.»
Rose raddrizzò la schiena sul sedile, scandendo bene con la voce l'ordine rivolto al giovane. Non ammise repliche, si impossessò della bacchetta recuperandola dalla toga già indossata e si schiarì la voce, puntandola contro il cugino coetaneo. Quando padroneggiava con una tale risolutezza la magia, faceva seria concorrenza alla madre, nelle vesti del Ministro o in abiti civili.
«Ferma, Rose, pensavo stessi scherzando. N-non sei ancora autorizzata a fare magie fuori dal Castello.»
Albus alzò le mani in segno di resa, non temeva gli errori della cugina, si fidava delle sue doti, a spaventarlo fu l'uso che avrebbe fatto della bacchetta su di lui. Dalle iridi celesti di Rose non trapelò perfidia, esse si illuminarono di un sorriso.
«Preferisci i capelli verdi o le orecchie da asino?»
«Io sceglierei i capelli verdi, sono in tinta con gli occhi.»
James, che si stava palesemente divertendo, si prese gioco del fratello e Albus lo pregò con lo sguardo di non assecondare la follia di Rose.
«Coraggio, Al, arrivati al Castello spediamo un gufo a zia Ginny.»
«Rose, dacci un taglio, anzi piantatela tutti e due. Non sono dell’umore per scherzare.»
La ragazza ripose la bacchetta rassegnata all’ansia del cugino e pensò a come occupare il tempo durante il tragitto che li separava da Hogwarts. Cercò un argomento di conversazione, ma ne scelse, purtroppo per lei, uno sbagliato. Probabilmente in quel momento qualunque tematica non sarebbe riuscita a distendere la tensione.
«Mamma dice sempre che ad Hogwarts non succede mai qualcosa che il Ministero non sappia l’istante successivo.»
«Davvero? E allora per quale ragione insultano Potter e Weasley senza che qualcuno se ne accorga? Sai rispondere anche a questo quesito?»
La provocò con delusione. Si stava accanendo sui ruoli che i loro genitori ricoprivano. Avrebbe dovuto rassegnarsi al fatto che non fossero comuni impiegati del Ministero della Magia londinese e ciò metteva in discussione molto più delle loro funzioni e delle loro capacità dirigenziali.
«Albus, ora stai esagerando. Tuo fratello non intendeva nulla di simile.»
«Ah, no?»
Chiese d’impulso conferma a James, il quale però cercò di astenersi dal rispondere per non alimentare ulteriormente quella discussione.
«I nostri genitori non sanno nulla. James sta per iniziare il terzo anno e il Ministero è all’oscuro di tutto. Pare che la zia Hermione non stia facendo un grande lavoro e mio padre la segue…o forse sono semplicemente troppo impegnati per pensare ai loro figli.»
«Albus! Ma che ti prende?!»
«Dico la verità…dico solo la verità.»
Stavolta si alzò, deciso davvero ad andarsene; forse per fuggire, ma il treno rappresentava per lui una strada obbligata, una meta a cui era destinato dalla nascita. Sapeva di aver mosso accuse molto pesanti, ma erano partite dal cuore, dove da troppo tempo albergavano. Non si fermò nemmeno a notare la delusione che si era dipinta nelle iridi azzurre della cugina, aveva preferito non lasciarsi catturare dai rimorsi per quelle parole così pungenti.
«Non ha tutti i torti. Che io sia ad Hogwarts o a casa cambia poco, vedo ugualmente papà una volta alla settimana e gli zii una volta al mese, quando va bene.»
Rose mostrò il suo disappunto verso James in modo silenzioso e tentò di raggiungere Albus. Non appena uscita dallo scompartimento, trovò il cugino in compagnia di colui a cui il padre non aveva raccomandato altro di stare alla larga. Il modo trafelato con cui la ragazza involontariamente annunciò la sua presenza attirò l’attenzione di Scorpius su di sé.
«Ma bene…la vostra fama vi precede, sapete? Capelli rossi e una vecchia toga che ormai è un tantino fuori moda. Di chi era, del tuo trisavolo?»
Il giovane dovette resistere dal non scoppiare a ridere davanti all’espressione perplessa di Rose, la quale cercava di capire cosa avesse la sua uniforme di così strano; la sua perspicacia la aiutò a rendersi presto conto che non era lei ad essere sbagliata, era lui ad avere la lingua biforcuta e dispensava insulti in modo del tutto gratuito.
«Malfoy. Mi dispiace contraddirti, ma la mia uniforme è uscita da pochi giorni dal negozio di Madama McClan. Pare che tu non sia aggiornato sulla moda del momento, è molto strano. Puzzi di arroganza, lo sai?»
«Vuoi che ti dica di cosa puzzi tu, Weasley?”
«Granger-Weasley, prego. Sono la figlia del Ministro della Magia.»
Incrociò orgogliosa le braccia al petto, lei non gli avrebbe concesso di vincere quel battibecco per alcuna ragione. Iniziava a comprendere le raccomandazioni di suo padre nei confronti di quella gente, ma non si era lasciata trovare impreparata. 
Scorpius si rivolse ad Albus; non era impressionato dalla reazione di Rose, ne rimase alquanto indifferente. Piuttosto, era curioso di scoprire il nome del ragazzo accanto alla giovane Weasley e sperava che l’apparenza fosse differente dalla realtà.
«Notevole. A logica, deduco tu sia un Potter.»
«Sì, e quindi?»
«Un altro mezzosangue.»
«Mi dispiace che tu sia deluso, Malfoy. Ora, se vuoi scusarmi, avrei bisogno di un po’ di pace.»
Albus, fra i tre giovani, fu il meno coinvolto in quell’incontro, il suo unico desiderio era la solitudine; passò accanto a Scorpius senza degnarlo di alcun tipo di considerazione. L’unica ad interessarsi dell’umore del fratello fu Rose, la quale accantonò qualsiasi screzio creato con l’erede dei Malfoy per seguire il cugino, qualunque fosse la sua meta e qualsiasi intenzione avesse. Il loro legame non si sarebbe potuto spezzare per un assurdo motivo, in un giorno in cui la gioia avrebbe dovuto trionfare per entrambi; così si erano ripromessi fantasticando da bambini su quei momenti e invece qualcosa - a cui la giovane Weasley non riusciva ancora a dare un nome - stava incrinando i loro sogni.
«Al! Ti fermi un attimo, per favore?»
Lo raggiunse trafelata, lo afferrò per un braccio per invitarlo ad aspettare. Desiderava troncare una volta per tutte quell’assurda fuga e quell’altrettanto insensato litigio.
«Albus, ti prego, non iniziamo l’anno in questo modo. Affrontiamo qualsiasi difficoltà insieme.»
«Perché, Rose? Perché non possiamo passare inosservati come tutti gli altri studenti che si trovano su questo treno? Non potrebbe non importare a nessuno in quale Casa saremo Smistati o chi siano i nostri genitori? Ecco, vorrei davvero che non fossero loro la nostra famiglia o che almeno fossero diversi.»
La ragazza non seppe rispondere a quelle domande, anche se era consapevole fossero solo atte a sfogare un disagio e non necessitassero di una reale soluzione. Era certa fossero pensieri di un certo peso, sicuramente la sua famiglia non avrebbe apprezzato, non tanto per il poco valore che stava attribuendo all’affetto che i genitori provavano nei loro confronti, quanto piuttosto per le imprese affrontate e i successi ottenuti in passato, di cui andavano fieri.
La tensione tra i due cugini era salita troppo velocemente in poco tempo, Rose si prodigò a scioglierla. Nei giorni precedenti alla partenza avevano avuto diverse occasioni di parlare del loro viaggio, ma mai Albus aveva affrontato l’argomento; la ragazza provò qualche rimorso per non aver compreso prima i reali timori del giovane Potter, qualche segnale doveva esserci stato.
«Perché i nostri genitori non sono chiunque. Non possiamo fare finta di nulla, sono la nostra famiglia e ci vogliono molto bene.»
In cuor suo Albus sperava in una risposta diversa, anche se la ragione continuava a ripetergli quanto la cugina avesse ragione. Frugò nelle tasche dei pantaloni, rivelò le figurine dei maghi e delle streghe più famose di sempre. Qualsiasi giovane studente sarebbe stato orgoglioso della propria ragguardevole collezione, avrebbe approfittato del lungo viaggio in treno per confrontarla con i compagni e scambiare i doppioni, ma ad Albus non importava più, aveva perso interesse da tempo. Porse il piccolo tesoro a Rose, che indugiò qualche istante, ma alla fine non poté fare altro che assecondarlo.
«Tieni, non le voglio. Mi ricordano solo quanto siamo diversi dai nostri coetanei e quanto noi non potremo mai avere pace in quella Scuola.»
Albus lanciò uno sguardo allusivo in direzione dello scompartimento dentro cui era scomparso Malfoy, per lasciarle intendere che ciò che serbava nel cuore non era del tutto infondato.
 
 
Casa Granger/Weasley- 1 settembre 2017 ore 9:30 p.m.
 
Ron si accomodò sul proprio divano, intenzionato ad ignorare qualunque altro avvenimento che non riguardasse le ultime novità dal Mondo Magico. Afferrò soddisfatto la sua copia della Gazzetta del Profeta; aveva dedicato l’intera giornata alla famiglia per onorare la partenza della primogenita per Hogwarts, nessuno gli avrebbe riconosciuto il diritto alla pace che si stava arrogando e così decise di pretenderlo.
 «Che stanchezza!»
Sbuffò la pesantezza delle ore trascorse tra viaggi in auto per gli ultimi preparativi e la corsa a King’s Cross per evitare che il treno partisse senza una studentessa. Sbrigare quelle faccende accanto alla consorte non era stata affatto impresa facile: erano quelle le occasioni in cui le differenze tra i due emergevano di più e l’organizzazione non era mai stata fra le migliori virtù di Ron.
Si arrotolò le maniche della camicia per essere più comodo e si apprestò a sfogliare le pagine del quotidiano. Si era premurato di evitare qualsiasi notizia frivola, ossigeno per una giornalista come Rita Skeeter, e si risparmiò le novità dalla cronaca, a quell’ora della sera non aveva alcuna voglia di venire a conoscenza di avvenimenti poco gradevoli, alle tragedie avrebbe trovato modo e tempo di interessarsi. Giunse soddisfatto alla sezione dedicata al Quidditch per scoprire quali novità giungessero dagli spalti dei Cannoni di Chudley. Non gli fu offerta l’opportunità nemmeno di leggere la prima riga. La chiave fece scattare la serratura della porta principale; Ron immaginò di chi potesse trattarsi, avrebbe preferito qualche attimo in più di solitudine, ma non gli venne concesso.
«Stanchezza? Per quale ragione dovresti essere stanco? Oggi hai saltato il lavoro ai Tiri Vispi per accompagnare tua figlia in stazione.»
«L’automobile. Mi devasta.»
Hermione era tornata con il suo solito piglio polemico che non ispirò al marito alcuna amorevole accoglienza, anzi provò ad ignorare la sua comparsa improvvisa all’ingresso di casa sperando così di guadagnare qualche minuto per far scorrere gli occhi sulle pagine del giornale, almeno per aggiornarsi sulle notizie in evidenza.
La strega non era affatto soddisfatta delle poche attenzioni che lui le stava riservando, così non cessò di provocarlo, convinta avrebbe staccato lo sguardo dalla Gazzetta.
«Ma se in stazione stamattina non facevi altro che vantare le tue doti davanti ad Harry per l’ottimo parcheggio.»
«Non mi vantavo! E poi se ci sono riuscito è perché ho sudato sette camicie, considerando anche il fatto che tu non smettevi di distrarmi con appunti inutili: Attento al marciapiede, Ron oppure Guarda nello specchietto prima di fare retromarcia. Non vorrei sottolinearlo, ma mi costringi a farlo: tra me e te chi è che ha la patente di guida?»
«Purtroppo tu, ma tu per primo hai ammesso di aver Confuso l’esaminatore durante l’esame.»
«Vero, cara, ma … non eri tu quella che aveva assoluta fiducia in me?»
Hermione si era accomodata accanto a lui. Ron attese la risposta rivolgendole un sorriso scherzoso che riusciva a stento a reprimere. Lei fu molto più seria e sbrigativa nella risposta.
«Infatti ce l’ho.»
Era stanca, le giornate al Ministero della Magia non erano mai rilassanti, ma quella appena trascorsa le aveva quasi tolto il respiro. Aveva perso il conto delle volte in cui era salita sull’ascensore, non ricordava quanti piani avesse percorso e nemmeno quale fosse l’ultima persona con cui aveva parlato prima di rincasare, aveva incontrato così tante persone da confondere i loro volti. Tornare a casa e trovare un volto amico che era certa non le avrebbe chiesto alcunché di lavoro la rasserenava. Sciolse i capelli sudati sulle spalle e fece scivolare la giacca di tailleur lungo le braccia; compì pacata i movimenti, scrutò la stessa pagina che sembrava catturare l’attenzione del marito, ma siccome il Quidditch non si trovava fra le sue principali passioni la mente iniziò a viaggiare altrove, in particolare oltre le alte vette scozzesi.
«Se la caverà, vero, Ron?»
«Chi?»
Non era pronto ad accogliere le parole della moglie, una notizia aveva catturato la sua attenzione; era distratto, ma ad un riferimento più preciso si dedicò alla loro conversazione.
«Rose.»
«Per quale ragione non dovrebbe cavarsela?»
«Perché è un’esperienza nuova per lei. Voglio dire, potrebbe sentirsi disorientata.»
Ron notò i lineamenti tesi sul volto della consorte, era davvero in pensiero per la figlia. Non avevano ancora ricevuto sue notizie. Attribuì lo stato d’animo di Hermione in parte alla stanchezza dovuta al lavoro in ufficio. Quando il peso della giornata premeva sulla mente e sugli occhi era molto difficile strapparle un pensiero felice.
«Tu eri disorientata il primo giorno ad Hogwarts?»
«No, non credo di esserlo stata, ero molto emozionata, ero impaziente di iniziare le lezioni.»
«Allora non hai nulla da temere, nostra figlia è tale e quale a te.»
Le regalò un sorriso rassicurante ed una carezza, proprio dove le pieghe del viso erano più accentuate, il punto in cui il disagio era più manifesto. Ron tornò a concentrarsi sulla sua pagina lasciata a metà e sulla notizia che stava catturando sempre maggiore interesse. Era convinto di essere stato convincente, ma la fretta di concludere il discorso lo aveva reso ingenuo.
«E se invece incontrasse due amici squilibrati, com'è successo a me? Amici totalmente irrispettosi delle regole che possano farle correre qualche grave pericolo»
«Come, scusa??»
Ron non comprese subito qualche emozione fosse preponderante nel suo cuore: si sentì offeso per l’opinione poco lusinghiera della moglie, ma era anche parecchio confuso, lei non si era mai mostrata tanto apprensiva nei confronti dei figli, sapeva bene quanto Rose fosse una ragazza coscienziosa. La fissò stranito, richiuse il quotidiano con uno scatto, dimenticando persino la sua esistenza.
«Dicevo, se Rose incontrasse due amici squil…»
«Io ed Harry non siamo squilibrati e non lo siamo mai stati, eri tu ad essere troppo rispettosa delle regole. Se Harry lo fosse stato, puoi star certa che non si sarebbe nemmeno avvicinato a mia sorella e non credo che tu mi avresti sposato. O sbaglio?»
La voce squillante del secondogenito giunse dal piano superiore e impedì ad Hermione di rispondere al marito. Ron non fu affatto lieto dell’interruzione, Hugo pretendeva le attenzioni della madre e lo infastidì non poter più godere della compagnia della consorte; era tornata da pochi minuti, non lo ammise, ma gli era mancata e non solo a lui. Lanciò un'occhiata rassegnata alle scale, non avrebbe potuto competere con il figlioletto.
«Salvata da nostro figlio, ma prima o poi anche lui inizierà a frequentare Hogwarts e nessuno più ti salverà.»
Sorrise alla minaccia di Ron e gli porse un leggero bacio sulle labbra. Hermione non percorse molti passi, fu costretta a scendere dai primi gradini, perché un gufo aveva iniziato a sbattere con forza le sue ali contro i vetri della finestra. Il ministro anticipò il marito di qualche secondo, si fiondò a prendere la lettera che il rapace aveva portato con sé; era impaziente di conoscere l’identità del mittente, anche il suo cuore fremeva di leggere un solo nome. Da ore ormai i coniugi Weasley attendevano impazienti notizie della figlia, quest’ultima fu il primo pensiero che sfiorò la mente di entrambi.
L’impazienza di Ron era palpabile, tanto che Hermione poteva percepire il respiro affannato dell’uomo che sfiorava il suo collo, mentre cercava in tutti i modi di sbirciare le parole contenute nella missiva.
«Allora? È di Rose? Ti prego, Hermione, non farmi stare sulle spine!»
Era curioso e non riusciva ad attendere che la leggesse prima lei per poi informare anche lui; avrebbe volentieri strappato il foglio di pergamena dalle mani della moglie, anche a rischio di subìre una sua sfuriata.
«Cosa scrive? La mia bambina è una Grifondoro, vero? Non potrebbe essere altrimenti.»
Ron cercava di avanzare ipotesi in quell'attesa snervante e provava ad autoconvincersi che lo Smistamento di sua figlia potesse aver avuto solo quell'epilogo. Hermione terminò di leggere il primo paragrafo e gli sorrise orgogliosa, senza alzare gli occhi dalle righe d’inchiostro.
«Sì.»
«Non avevo alcun dubbio, la mia Rosie non ci delude mai. Cos’altro dice?»
Stava per ribattere a suo marito quanto non li avrebbe ugualmente delusi se fosse stata Smistata in un'altra casa, ma il prosieguo poco rincuorante della lettera la fece desistere dai rimproveri.
Ron intravide sullo sguardo basso della moglie il sorriso sereno spegnersi lentamente, ebbe subito una pessima impressione. 
«Tesoro, cosa c'è scritto? Brutte notizie?»
«Albus…è un Serpeverde.»
«Cosa?? Albus Severus Potter, mio nipote??»
Era incredulo, ebbe l'istinto di strapparle con la forza la pergamena dalle mani, nutriva ancora la speranza che fosse uno scherzo di cattivo gusto. Hermione bloccò la sua frenesia sul nascere, si allontanò da lui di qualche passo.
«Ma il problema non è questo, Ronald.»
«Ah no?? E cosa può accadere di altrettanto grave?»
Il ministro provò ad ignorare i commenti del tutto inopportuni del marito e proseguì con il riassunto del racconto della figlia.
«Dice anche che Albus non sta affrontando bene Hogwarts.»
«Non fatico a crederlo, è un Serpeverde! Non lo affronterei bene neppure io, sapendo di aver deluso la mia famiglia.»
Hermione non si limitò stavolta a fulminarlo, colpì la testa del consorte con il foglio impiegando tutta la forza che poteva, stando però ben attenta a non stropicciarlo.
«Considerati pure fuori dalla famiglia, se la pensi così.»
Riprese la lettura silenziosa, dopo le battute infelici del marito valutò la possibilità di tenere per sé quelle informazioni. Alla fine, decise di citare testualmente le parole della figlia, desiderava confrontarsi con qualcuno, sperava in qualche modo di aver frainteso il contenuto della missiva.
«Ha paura di non essere all'altezza del cognome che porta e…per quanto lo zio Harry abbia cercato di tranquillizzarlo, dicendogli che non sarebbe importato in quale Casa fosse stato Smistato, lui vorrebbe tanto non essere se stesso, vorrebbe indossare quei colori senza essere giudicato e lui è il primo giudice di se stesso. Odia persino quelle figurine dove siete raffigurati voi e lo zio. Odia qualsiasi cosa gli ricordi che proviene da una famiglia di eroi. Non riesco a fargli cambiare idea, non riesco a confortarlo. Oggi sul treno abbiamo avuto un piccolo diverbio con Scorpius Malfoy…»
Ron non la fece proseguire oltre, quel nome lo mise istintivamente in allarme.
«Guai a Draco, se non tiene a bada suo figlio.»
«Ron, calmati, non è successo qualcosa di irreparabile o qualcosa che non avremmo potuto prevedere. Piuttosto, mi preoccupa Albus e non credo, da come scrive Rose, che Harry ne sia già a conoscenza. Domani al Ministero provo a parlargli in privato, spero di trovare qualche minuto di quiete. Innanzitutto ritiriamo quelle assurde figurine, sinceramente non mi sono mai piaciute e se possiamo offrire un po' di sollievo a nostro nipote, ben venga.»
«Cosa?? Ma no, dai, non può questa soluzione risolvere il problema, sono delle innocue figurine dentro le Cioccorane. Il problema è chiaramente legato a qualcosa che va oltre delle semplici figurine dei maghi.»
Hermione alzò gli occhi pesanti verso il soffitto. Era sfinita, sconvolta dopo un'intensa giornata di lavoro, preoccupata per il malessere di Albus e non le rimaneva più nemmeno un alito di respiro per sopportare i capricci di un uomo di quasi quarant'anni che pestava i piedi per un'inezia simile. Cercò di mantenere la calma, giunto il tramonto non possedeva più le energie psicofisiche per ribattere; la pazienza era meno dispendiosa di forza vitale, dunque si limitò a rispondere comprensiva. 
«Ron, so perfettamente quanto ti piaccia essere lodato e venerato da ogni giovane mago come un eroe, ma ora cerca di non comportarti da ragazzino e di porre davanti ai tuoi desideri i bisogni di tuo nipote. Domani al Ministero penso anche a questa questione. Non voglio discuterne nuovamente con te, la decisione è già stata presa. Ora raggiungo tuo figlio, che a nove anni può vantare più maturità di te. Per esempio non ha iniziato a sbraitare, appena non mi ha vista salire nell'arco di cinque minuti.»
Ron incassò in silenzio la predica della moglie, si concentrò sulla pergamena che Hermione gli aveva posato sul petto passandogli accanto e la afferrò prima che cadesse sul pavimento. Rimasto solo, rilesse in silenzio ogni singola parola della figlia. Passato lo stupore iniziare, iniziò ad essere più consapevole dei sentimenti di Albus, si sentì vicino a lui, provò il desiderio di aiutarlo donargli serenità fra le mura del Castello. Sorrise quando giunse alle ultime righe; un post scriptum conclusivo rese chiaro il motivo per il quale Hermione gli avesse lasciato la lettera fra le mani, prima di raggiungere Hugo al piano superiore.
 
Mamma, so già che stai leggendo tu la lettera, quindi salutami papà. Riferiscigli che ho provato a chiedere al Cappello Parlante di essere Smistata in un'altra Casa, ma non mi ha voluta ascoltare. Sai, per caso, se papà gli ha promesso in cambio qualcosa? Perché in tal caso inizierei ad essere d'accordo con Albus, la vostra influenza su cose e persone mi spaventa.
Vi voglio bene,
Rose
 
Sorrise per l'evidente provocazione della figlia. Non si offese, anzi si accorse quanto quella missiva fosse troppo breve, sperava di ricevere più notizie da parte di Rose. Gli mancava già tanto, nei mesi futuri avrebbe sentito la profonda mancanza della totalità della sua persona, compresi gli aspetti del suo carattere meno gradevoli.
«Piccola insolente, sei tutta tua madre.»
 
 
Buongiorno, cari lettori e care lettrici!
 
Prima di concludere questa long, mi sto dedicando alla revisione, soprattutto dal punto di vista stilistico e lessicale. Questo è il principale motivo che mi sta costringendo ad impiegare anni per concluderla.
Concedetemi una piccola spiegazione per rendere più chiara la trama che svilupperò. Come già accennato nell’introduzione, la storia inizia esattamente come è finito il settimo libro della saga ed ogni riferimento, specie in questo capitolo, è stato recuperato dai 19 anni dopo. Per quanto riguarda invece il Trio, come avrete capito, Harry ed Hermione lavorano entrambi al Ministero della Magia in ruoli differenti, mentre Ron invece aiuta suo fratello al negozio Tiri Vispi Weasley. Compariranno altri personaggi come Neville e ovviamente Ginny, ma anche per loro resterò nell'ambito del canon: lui è professore di Erbologia ad Hogwarts, mentre Ginny è la Cercatrice delle Holyhead Harpies. Resto sul classico, aprendo però le porte ai cambiamenti, a partire dal fatto che almeno un paio di personaggi nel corso del tempo prenderanno strade differenti. 
Conflitti generazionali e tra famiglie saranno alla base della trama, ma non saranno gli unici temi trattati.

Ringrazio di cuore chiunque sia giunto fin qui. ♡
Un abbraccio 
Vale
 
   
 
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