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Autore: Elisa Stewart    16/01/2019    1 recensioni
Una nuova minaccia per il Giardino della Luce, un pericoloso sortilegio e diciassette Pretty Cure che dovranno vedersela con un nuovo nemico.
[Dal testo:
Fluttuò zigzagando per diversi chilometri, fino ad arrestare la sua marcia -o per meglio dire, il suo volo- davanti a un’abitazione tutta buia. Pareva attratta da qualcosa perché si infilò tra le sbarre del cancelletto in ferro abbattuto e arrancò verso una finestra in particolare. Attraversò il vetro e si blocco, sospesa a mezz’aria. La sua luce era fioca e illuminava a malapena il volto della giovane che sonnecchiava nel letto, un braccio sul volto, come a volere parare gli occhi dalla spiacevole luce mattutina. Con l’eccezione che era ancora notte fonda.
Con un ultimo sforzo, la piccola palla di luce prese ad abbassarsi, disegnando una spirale sulla ragazza, fino a scomparire all’interno del suo petto.
Sì, sarebbe rimasta lì per un po’ di tempo.]
(Fino a Suite, no HeartCatch, sorry!)
Genere: Avventura, Azione | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shoujo-ai
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Prima di iniziare, ci tenevo a puntualizzare un paio di cose: il motivo per cui ho preferito escludere le HeartCatch non è in nessun modo legato a una questione di simpatia; fosse stato quello il caso, vi assicuro che avrei trovato un modo per sbarazzarmene nel corso della storia.
Semplicemente non ho ancora avuto tempo di familiarizzare con le Cure della serie sopracitata e, non conoscendo bene personaggi e trama, non sono riuscita a trovare un giusto ruolo in cui collocarle. Perciò chiedo scusa a chi è fan delle HeartCatch ma non saranno presenti nel corso della fanfiction.
Inoltre le Suite saranno presenti, ma solo in due (Hibiki e Kanade) per lo stesso motivo sopracitato: lo so, sono molto indietro con la visione delle serie, possiate voi perdonarmi!
Buona lettura!

 

 

 

Prologo:
Le stelle non si staccano dal cielo.

 

 

L

a sala del trono non era mai stata così prima d'ora: era uno spettacolo raccapricciante agli occhi della Regina. Aveva regnato per più di mille anni, osservando quel luogo reggere sotto attacco più e più volte. Ma mai, mai avrebbe immaginato di assistere a tale scena. Nei suoi ricordi il Giardino della Luce era una cascata di colori così accesi da rallegrare persino gli animi più cupi; la luce illuminava tutto e riscaldava i cuori degli abitanti ogni giorno, senza eccezione.
Ora però, tutto ciò che vedeva erano caos e distruzione. Il soffitto minacciava di crollare da un momento all'altro, le pareti erano piene di buchi e crepe, così come il pavimento -un tempo di un bianco abbagliante- ora era ricoperto di chiazze di sangue e crateri. Non sembrava nemmeno più una sala del trono.
A pochi passi da lei, sulle fredde mattonelle rovinate, vi erano i corpi esanimi delle Pretty Cure, le protettrici della luce, le sue ragazze. La trasformazione si era dissolta ormai, lasciando posto alle loro vesti da mortali, sporche di sangue e bruciate in alcuni punti. Nagisa e Honoka giacevano immobili mano nella mano -come a voler dimostrare anche da sconfitte che il loro legame era indistruttibile-, la pelle pallida come un cencio.
Alle sue spalle, Shiny Luminous stava su un cumulo di macerie: era svenuta in seguito a una forte collisione contro la parete. Erano rimasti solo il piccolo Pollun e la sua adorata Lulun.
"Non temete regina! La proteggeremo a ogni costo!" esclamò il primo. Alla Regina pianse il cuore nel vedere un esserino così piccolo e tutto tremante, tenere forte la zampa della sua compagna, entrambi determinati a non cedere. Ma non poteva permettere che anche loro incontrassero lo stesso triste destino delle Pretty Cure: non aveva speranze contro di lui, ne era più che cosciente. Almeno non in quello stato.
Alzò lo sguardo sul suo nemico, un uomo particolarmente alto e imponente. I suoi occhi brillavano di una luce sinistra, inquietante. Specie se accoppiata all’espressione glaciale che aveva mantenuto per tutta la durata dello scontro. Da come faceva ondeggiare la lancia che stringeva tra le dita della mano destra, la Sovrana poté intendere che si stava cullando sugli allori: era già convinto di avere la vittoria in pugno.
Stolto.
La Regina poteva ancora sperare in un’ultima mossa: le restava quel po' di energia che le serviva per lanciare l'incantesimo. Fece un sospiro, già pentendosi della decisione presa: avrebbe dovuto lasciare qualcuno indietro.
Chiuse gli occhi, tentando di raccogliere le ultime energie rimaste. L'uomo davanti a lei inarcò un sopracciglio e chinò impercettibilmente la testa in avanti.
"Reciti le ultime preghiere, Regina della Luce?" domandò, un tono di pura curiosità nella sua voce. Pollun e Lulun ai suoi piedi, le lanciarono degli sguardi confusi: possibile che la Regina si fosse arresa? Era davvero la fine del Giardino della Luce?
“Sua maestà?” mormorò incerta Lulun.
La Regina aprì finalmente gli occhi e il suo intero corpo prese a brillare di una luce calda e abbagliante. I due esserini ai suoi piedi furono costretti a coprirsi gli occhi con le zampe. La luce prese a espandersi, investendo tutto ciò che la circondava. E quando il suo avversario, ora stordito e confuso, avrebbe capito cosa stava per accadere, sarebbe stato ormai troppo tardi.
Era fatta.

***

Chiunque avesse avuto il piacere di conoscere Touko Shimizu, aveva affermato che era una ragazza con la testa tra le nuvole, che se non si fosse data una smossa al più presto si sarebbe ritrovata per strada a domandare elemosina nel giro di pochi anni. Del resto, cosa avrebbe potuto mai fare nella vita una che durante le lezioni se ne stava con i gomiti poggiati sul banco, la matita già tutta mordicchiata in bocca, a fissare il cielo ogni singolo giorno? Una che quando interpellata dai professori balzava in piedi come una molla, il viso rosso di imbarazzo, solo per dichiarare che -per l’ennesima volta nell’arco della giornata- era stata distratta dalle nuvole.
Si diceva che i docenti l’avessero spostata di banco diverse volte durante le lezioni ma che la giovane non pareva dare segni di miglioramento: anzi trovava ben altri modi con cui distrarsi. Avrebbero persino provato a metterla vicino all’alunna più brava della classe, Honoka Yukishiro, nella speranza che la bravura della giovane stella del club di scienze avesse potuto ispirarla a fare qualcosa in classe, che non fosse masticare quella dannata matita e perdersi nel colore azzurro del cielo. Nel giro di poche lezioni, la giovane sarebbe però tornata ad occupare il suo banchetto vicino alla finestra.
Insomma, secondo le voci di corridoio, Touko Shimizu era una fannullona irrecuperabile. La verità, era che per quanto la sua fama poco piacevole potesse precederla ovunque andasse, a lei non importava un fico secco di ciò che pensava la gente. Anzi trovava particolarmente divertente il modo in cui il gossip viaggiava di bocca in bocca: cosa ancora più interessante era che le assurde voci che giravano sul suo conto la proteggevano in qualche modo dalle false amicizie. Quindi a lei stava bene così.
E poi, ai professori non importava nulla se stava distratta in classe, perché in fin dei conti i risultati dei test parlavano chiaro! Shimizu era seconda solo alla brillante Honoka Yukishiro. Se non fosse stato per il comportamento, magari anche lei sarebbe stata una studentessa modello.
Quanto meno, però, lei evitava di assentarsi spesso.
Erano già un paio di giorni che la capitana del club di scienze non si faceva vedere. Per non parlare di Misumi. Le due erano sparite nel nulla e nessuno sapeva come mai non stessero venendo a scuola. Alcuni pensavano fosse la nuova influenza che stava girando: “ti tiene a letto con la febbre a 40 per un paio di giorni e poi te ne esci con un raffreddore da record dei primati!” aveva esclamato Shiho Kubota durante l’intervallo.
Fatto sta che ora, mentre Touko spremeva un limone dentro un piccolo contenitore di vetro, attenta a non macchiarsi il camice, il resto del club di scienze aveva gli occhi puntati sulla giovane Yuriko. In qualità di vice, avrebbe dovuto fare le veci di Honoka. Il problema era che l’inaspettata assenza della presidentessa l’aveva lasciata di stucco e non aveva preparato nulla a casa per occupare le ore che avrebbe dovuto passare insieme alle sue colleghe.
Ebbene, a quello ci stava già pensando la giovane Shimizu, che aveva pensato a un paio di piccoli e semplici esperimenti che suo fratello le mostrò quando era più piccola. In quel caso li avrebbe impiegati per dare man forte alla povera Yuriko.
“Allora…” mormorò quest’ultima in preda all’imbarazzo. “Dato che Honoka è assente anche oggi... Dunque...” balbettò. Le altre giovani scienziate presero a guardarla con fare scettico, forse domandandosi come mai avessero deciso di eleggere la ragazza come vice.
Fu allora che intervenne Touko, che nel frattempo aveva preparato tutto il necessario.
“Yuriko-san, ho fatto tutto ciò che mi avevi chiesto per l’esperimento di oggi.”
Quando la vice si voltò a fissarla interrogativa, probabilmente domandandosi da dove spuntasse, la ragazza le fece cenno di raggiungerla e le mostrò ciò che aveva posizionato sulla scrivania: un contenitore di vetro con del succo di limone, uno stuzzicadenti, un foglio di carta e una lampadina collegata alla presa della corrente. Che razza di esperimento fosse, Yuriko non se lo chiese nemmeno. Aveva bisogno di idee e a quanto aveva capito, Touko voleva aiutarla. Quindi la affiancò, sorridendo alle sue colleghe.
“Benissimo... Uhm...”
“Touko.”
“Touko-san!” esclamò, forse con troppa enfasi. Le altre giovani scienziate le fissarono confuse, mentre le due ridevano con palese imbarazzo. Se quello fosse stato un club di recitazione, Yuriko probabilmente sarebbe stata scartata alla prima prova.
“Perché non ci mostri in cosa consiste questo esperimento?” concluse Yuriko, pregando mentalmente tutti gli dei che le passavano per la testa. Stava affidando la sua reputazione di vice presidentessa del Club di Scienze a una perfetta sconosciuta, di cui ignorava tutto tranne che il cognome e della quale aveva sentito parlare in maniera alquanto negativa dagli altri studenti. Era fregata insomma. Sperò vivamente che Honoka si fosse assentata per un motivo più che valido, stavolta, altrimenti gliene avrebbe cantate quattro.
“Con piacere! Dunque tutto quello che dovete fare,” cominciò la giovane afferrando lo stuzzicadenti. “è immergere la punta nel succo di limone. A questo punto vi basterà utilizzare questo stuzzicadenti come se fosse una penna. Ecco.” mormorò, scribacchiando sul foglio di carta il suo nome, dovendo immergere però più volte la punta del bastoncino nel limone. Di per sé, la scritta era quasi invisibile ma lo diventò completamente quando la giovane ci soffiò sopra, per farlo asciugare.
“Yuriko-san, potresti tenere quella lampadina, per favore?” domandò quindi la giovane, indicando con lo sguardo l’oggetto, ancora poggiato sul tavolo. La vice non se lo fece ripetere due volte e afferrò prontamente la lampadina. Touko la accese, tramite l’interruttore sul lato e si sporse verso la collega.
“E’ a incandescenza, occhio a non bruciarti.” le sussurrò a denti stretti, nel tentativo di non farsi sgamare. Dunque tenne la mano sopra la lampadina, come a volerne sentire la temperatura. Quando le parve di avvertire abbastanza calore, posizionò il foglio di carta al di sopra di essa, in modo tale che il calore potesse riscaldare il punto in cui la giovane aveva utilizzato lo stuzzicadenti. E in pochi istanti il suo nome apparve scritto in corsivo sul foglio.
“Voilà!” esclamò soddisfatta. Le colleghe scienziate, Yuriko compresa, parvero rimanere piacevolmente sorprese e Touko poté ritenere il compito di para fondoschiena, da lei stessa attribuito, terminato. Per il resto delle attività, la giovane Shimizu continuò a tirar fuori una serie di piccoli semplici esperimenti, che in realtà non erano altro che giochini, per divertirsi un po’.

***

Alla fine delle attività, se la svignò prima che Yuriko avesse potuto fermarla per ringraziarla. Sapeva bene che quella gratitudine sarebbe durata solo fino al giorno dopo e che poi sarebbe tornata a essere Touko la scansafatiche, quella che sta sempre distratta in classe, che è stata spostata più volte dai professori e bla bla bla...
Ma di nuovo, non che le importasse qualcosa dell’opinione altrui. Non aveva bisogno di amicizie false e opportuniste, quindi meglio così.
Erano appena le quattro del pomeriggio quando raggiunse l’ingresso di casa sua. Le caddero le chiavi di mano a causa delle dita congelate: aveva scordato i guanti a casa quella mattina e la temperatura non sembrava volesse aumentare in quel periodo.
Una volta al riparo dal freddo tipico invernale, la giovane si sfilò le scarpe, le mollò accanto a quelle del più grande dei fratelli Shimizu e si avviò verso la cucina.
Suo fratello era un tipo parecchio carismatico. La minore ricordava come le ragazzine della sua classe gli sbavavano dietro, quando lui andava ancora ai superiori e lei alle medie. Era la stella della squadra di baseball e una preda ambita da praticamente metà della popolazione femminile della Verone Academy. La cosa divertente era che nessuno aveva mai pensato che i due potessero essere parenti, sebbene avessero lo stesso cognome: ne aveva sentite di moine sul suo bell’aspetto!
Touko non li biasimava mica: lei e Masashi erano completamente diversi. Lui capelli biondi e ricci, lei castani e mossi, lui occhi scuri e gentili, lei chiari e vispi. Insomma, l’uno l’opposto dell’altra, anche sul piano comportamentale.
“Ciao, onii-chan.” esclamò la giovane facendo il suo ingresso in cucina. Non si era neanche tolta il cappotto che già si era fiondata sul divano, abbandonando la cartella a terra, accanto ai suoi piedi.
“Touko, non lasciare la tua roba in giro, o la zia si arrabbierà.” mormorò il ragazzo, con gli occhi fissi sul televisore. Quando Masashi guardava il telegiornale, era risaputo, non voleva essere disturbato. Ma ahimè, l’orario coincideva sempre con il rientro a casa della sua sorellina pestifera. A un certo punto, il giovane aveva smesso di pretendere silenzio: non avrebbe comunque avuto speranze contro di lei.
Quest’ultima, infatti, lo guardò con un ghignò beffardo stampato in viso e si alzò dal divano, sfilandosi la pesante sciarpa di lana. Fece il giro del tavolo e lanciò l’indumento sulla testa del fratello, beccandosi in risposta un’occhiataccia. Touko ridacchiò e si diresse al frigorifero per rubare un budino. Si accomodò accanto al fratello e si tolse anche il cappotto, appendendolo allo schienale della sedia.
“Touko!” la rimproverò ancora il giovane. Non aveva voglia di scherzare, questo era chiaro. La piccola Shimizu sbuffò e si abbandonò sul tavolo, con la guancia premuta contro il legno.
“E dai, Masaa! È stata una giornata pesantemente noiosa, un po’ di compassione fraterna!” si lamentò.
“Se stessi attenta in classe non sarebbe così noioso andare a scuola.” rispose il più grande, scompigliandole i capelli.
Brutta mossa.
“Baka!” gridò in risposta Touko, afferrando i polsi del fratello. Quello ridacchiò, liberandosi della presa della sorella e tornando a concentrarsi sul telegiornale. Passavano proprio in quell’istante un servizio sul maltempo: a quanto dicevano, presto sarebbe arrivata la neve a rallentare o ostacolare le attività giornaliere dei cittadini. Touko congiunse i palmi delle mani, col cucchiaio pieno di budino in bocca.
“Ti prego, fa che chiudano la scuola.” cantilenò, ripetendo la frase più volte a bassa voce.
“Proprio non ti piace, eh?” domandò Masashi: non aveva mai capito l’avversione della sorella verso l’ambito scolastico. Ricordava che alcuni dei giorni più belli della sua vita li aveva passati proprio tra i banchi, con i suoi più cari amici e compagni di classe. “Eppure vai anche abbastanza bene...” commentò pensieroso, accarezzandosi la barba che aveva sul mento.
L’aveva lasciata crescere su consiglio della minore: “ti dà un aspetto più maturo, Masa!” aveva detto un giorno. E siccome per lui l’opinione della castana contava veramente tanto- ma non l’avrebbe mai ammesso! -, aveva deciso di fare una prova... E finora si trovava molto bene!
“Per favore, risparmiami la solfa su quanto eri felice di alzarti la mattina e andare a scuola!” mormorò Touko, ingurgitando l’ultima cucchiaiata di budino. Si alzò per andare a gettare il contenitore di plastica mentre suo fratello ridacchiava furbescamente.
“E perché mai?” fece alzandosi e seguendo la sorella. “In fondo ero solo il giocatore di baseball più bravo dell’istituto.”
Touko roteò gli occhi: sapeva già come sarebbe andata a finire. Spostò il biondo con una spallata e prese a radunare le sue cose.
“Ero molto popolare.” Ora, ne era certa, non si sarebbe fermato fino a quando non le avrebbe fatto saltare tutti i nervi: forse era un po’ gelosa. Ma solo un po’.
Gli lanciò un’occhiataccia, nella speranza di intimidirlo. Ma, ahimè, ottenne solo di far allargare il suo sorriso sornione.
“Tutte le ragazze mi facevano il filo!” Touko attraversò a grandi falcate il corridoio, con l’intento di raggiungere al più presto la sua camera e mettere un punto a quelle moine. Masashi la seguì, fermandosi sulla soglia della stanza.
“Specialmente le tue compagne di classe!” si affrettò ad aggiungere prima che la minore gli chiudesse la porta in faccia.
“Sparisci!”

***

C’è chi dice che le stelle siano la luce emessa da altri mondi, che coesistono sotto lo stesso cielo. Per altri, esse non sono altro che i nostri antenati, che ci guardano dall’alto e ci consigliano quando più ne abbiamo bisogno. Gli scienziati sostengono che quei piccoli puntini bianchi visibili nel cielo notturno, siano corpi celesti che brillano di luce propria.
Mai nessuno, però, è mai stato in grado di provare al cento per cento la correttezza della propria tesi; né tanto meno di confutare quella altrui. Col passare degli anni gli uomini hanno costruito miti e credenze sulle stelle, una più romanzata dell’altra. C’è solo una certezza, che le accomuna tutte: le stelle non si staccano dal cielo, restano perennemente sopra le nostre teste, al di là di ogni nostra possibilità. Osservano silenti, giudicano e ogni tanto qualcuna arriva alla fine dei suoi giorni e si spegne.
Dunque come poteva un piccolo globo di luce dorata, che fluttuava nell’aria come mosso da una mano invisibile, essere una stella?
Eppure era apparso tale agli occhi di un bambino ancora sveglio, che l’aveva visto di sfuggita mentre passava davanti alla finestra della sua camera, ai piani alti di un grosso palazzo condominiale. Era saltato giù dal letto, ed era corso a spalancare le tapparelle. Ma, ahimè, l’aveva persa di vista! Perché questa era improvvisamente scesa in picchiata verso terra, fermandosi a pochi metri dall’asfalto, e aveva continuato il suo cammino seguendo le strade illuminate solo dai lampioni. Non aveva una destinazione precisa, si muoveva come se fosse in procinto di schiantarsi al suolo da un momento all’altro. Superò diversi palazzi, giardini e parchi, fino ad arrivare alla zona residenziale della città, lontano dal centro. Fluttuò zigzagando per diversi chilometri, fino ad arrestare la sua marcia -o per meglio dire, il suo volo- davanti a un’abitazione tutta buia. Pareva attratta da qualcosa perché si infilò tra le sbarre del cancelletto in ferro abbattuto e arrancò verso una finestra in particolare. Attraversò il vetro e si blocco, sospesa a mezz’aria. La sua luce era fioca e illuminava a malapena il volto della giovane che sonnecchiava nel letto, un braccio sul volto, come a volere parare gli occhi dalla spiacevole luce mattutina. Con l’eccezione che era ancora notte fonda.
Con un ultimo sforzo, la piccola palla di luce prese ad abbassarsi, disegnando una spirale sulla ragazza, fino a scomparire all’interno del suo petto.
Sì, sarebbe rimasta lì per un po’ di tempo.

***

Con un balzo fuori sovrannaturale, raggiunse senza un minimo sforzo il tetto del palazzo successivo, più alto del precedente di almeno cinque piani. Atterrò con una capriola e prese a correre verso il bordo, mettendo forza nelle gambe per raggiungere l’edificio successivo.
Mentre era a mezz’aria, girò la testa quel tanto che bastava per scorgere con la coda dell’occhio la silhouette della sua partner, pochi centimetri più dietro di lei. Sì, era decisamente più elegante nei movimenti.
Le lasciò qualche metro di vantaggio, al tetto successivo, per poterla osservare mentre atterrava sulle mani ed eseguiva una ruota per rimettersi dritta.
“Te lo ricordi che non siamo qui per divertirci?” le domandò una volta raggiunta.
“Sì ma è comunque bello saltellare qua e là a quest’ora della notte. Dovremmo farlo più spesso.” rispose ridacchiando. Si avvicinarono al ciglio del palazzo: da lì avevano una buona visione della città. Restarono a contemplare il panorama per qualche istante.
Poi se ne accorse: qualcosa era cambiato.
“Tu la senti?” domandò, improvvisamente inquieta.
“No.”
“Diamine, abbiamo perso troppo tempo.” Mormorò. L’altra fece spallucce e le poggiò una mano sulla spalla.
“Sta tranquilla. La troveremo.”

   

***

 

 

N.D.A
Vorrei cominciare presentandomi!
Mi chiamo Gloria ed è la prima volta che scrivo qualcosina sulle Pretty Cure (Bugia… Anche se preferirei fosse così: ancora tengo quell’aborto di “Magico Amore” solo perché è stata la prima ff che ho mai scritto nella mia vita.)
Ero moooolto, ma moooooooolto più piccola quando bazzicavo in questa sezione! (Rispondevo ancora al nickname di Glory97, pensate un po’!)
Che dire, di recente mi sono ritrovata a leggere delle vecchie ff che ho amato in passato, che amo tutt’ora e che non hanno mai veramente abbandonato la mia memoria. Sono state queste storie a ispirarmi a scrivere nuovamente su questo fandom e a intraprendere un progetto che, sinceramente, non so se porterò a termine, visti i miei precedenti disastrosi con le fanfiction a più capitoli.
Spero vi sia piaciuto questo prologo forse un po’ troppo lungo (giuro, ho tagliato così tante parti, che probabilmente se ne esce un nuovo capitolo pulito pulito!) e spero che continuiate a seguirmi, qualora riuscissi ad andare avanti!
Lasciatemi una piccola recensione per farmi sapere che ne pensate: se funziona, se lo dovrei cancellare dal sito e dal mio computer… Non esitate a farmi notare errori, specie nelle espressioni giapponesi che mi sono ostinata a utilizzare, sebbene io non sia un’esperta in materia!
A presto,
Elisa!
Ps. Piccolo Gloria-fact: per il titolo ho voluto riciclarne uno che ho utilizzato per una long cominciata ma mai finita, sempre in questa sezione.

  
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