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Autore: Tenar80    19/01/2019    3 recensioni
Corea 2018. Olimpiadi invernali.
Una leggenda alla propria ultima gara.
Un campione in cerca di conferme.
Un atleta di valore, di uno stato periferico.
Una giovane promessa alla propria prima olimpiade.
Il tutto complicato dai sentimenti, dallo scandalo doping, da un calendario gare studiato apposta per accanirsi sui pattinatori, dalle rivalità sportive e gli infortuni.
Genere: Sportivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Stagioni'
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Rieccomi qui, per quello che, per certi versi è il cuore narrativo del tutto il mio pellegrinare nell'universo di Yuri on Ice. 
Sin dall'inizio volevo portare tutti loro alle Olimpiadi, quelle vere, di Corea 2018, con tutte le caratteristiche che hanno avuto, in primis lo scandalo doping che ha investito la Russia.
Quando mi ci sono messa non avevo la più pallida idea del guaio in cui mi stavo cacciando, anche considerato la mia scarsa attitudine a leggere bene l'inglese, figuriamoci il coreano. Mi sono persa tra mappe del villaggio olimpico e i calendari gare, spaccandomi la testa nel cercare di capire il funzionamento dei turni di allenamento, la logistica degli spostamenti, della mensa, degli altri luoghi ristoro. Scrivere questo racconto è stato, per molti versi, un incubo. Ho cercato di attenermi il più possibile al reale o al plausibile, ma in parte di mi sono resa conto solo dopo di aver frainteso alcune informazioni, in parte erano incompatibili con la mia storia. Per questo, ad esempio, pur scrivendo con il calendario gare alla mano, non ho suddiviso i capitoli in giornate con tanto di date. In generale, se ho scritto che una cosa avviene in un determinato modo è perché è così, se sono stata un po' sul vago, che il dio della coerenza interna abbia pietà di me.
Le ElinaFD sono state sprone, supporto, spalle su cui piangere in tutto questo percorso e, per altro, hanno nei loro cassetti storie che a livello di documentazione stanno diversi passi avanti a questa.

L'universo narrativo dello mie storie in questo fandom è unico, quindi questa è il seguito diretto de "Negli occhi degli amanti". Tuttavia, dalla fine di quel racconto all'inizio di questo è passato circa un anno, con una serie di eventi che ora, spero, Yuri vi racconterà.

Non mi resta, quindi, che augurare a chinque voglia impegolarsi in questa lunga storia buona fortuna. Con un enorme grazie a chiunque vorrà recensire.



YURI ON ICE – STAGIONI

 

 

    Faceva freddo. Anche per chi, come Yuri, era abituato agli inverni russi. Il paesaggio, se non fosse stato tutto così pulito e nuovo, quasi finto, gli avrebbe ricordato certe periferie di Mosca e questo non era certo un complimento. Peggio ancora, il tutto aveva un’aria spettrale e desolata. 

    La gara di pattinaggio a squadre iniziava ancora prima della cerimonia d’apertura delle Olimpiadi e gli atleti impegnati in quella competizione erano tra i pochi ad aggirarsi in un villaggio olimpico ancora per lo più spopolato. O, meglio, in quel momento l’unico a non avere il buon senso di starsene rintanato in una camera squallida, ma almeno riscaldata, era Yuri. Stava seduto al centro di una piazzetta, sotto la statua dell’orsetto bianco, la mascotte dell’evento, che, nel buio della notte, sembrava una sorta di fantasma, un qualche spirito orientale inquieto e irritato per la sua presenza. Beh, meglio lì a congelare che in camera a sentire il proprio compagno di squadra, quello che in teoria avrebbe dovuto essere l’adulto, parlare col proprio peluche.

    Rumore di passi. 

    Fossimo in un film sarebbe il maniaco o l’assassino.

    E in effetti, col cappuccio calato, il fare deciso e un oggetto non identificabile in mano, chi si stava avvicinando aveva un fare intimidatorio. Yuri si trovò, suo malgrado, a sorridere.

    – Signor vice campione del mondo – lo salutò.

    – Prossimo oro olimpico – rispose Otabek.

    – Che fai, sfotti?

    – Faccio prognostici – replicò l’altro, serio. – Tieni.

    Gli lanciò l’oggetto che aveva in mano, che Yuri prese al volo. Era una bottiglietta.

    – Birra? – chiese il russo.

    – The kazako. Dovrebbe essere ancora tiepido.

    Yuri ne bevve un sorso. Non era certo un esperto di the, ma aveva un buon sapore, in qualche modo ricordava l’estate. Sapeva di ozio, una delle cose di cui il ragazzo aveva meno esperienza in assoluto.

    – Io non ci sto qua a congelare – borbottò Otabek. – Dove possiamo rifugiarci?

    Yuri si strinse nelle spalle.

    – Il nostro palazzo è mezzo vuoto. Ci sarà di certo uno stanzino per noi.

    Dire che la spedizione russa era stata decimata non era esatto. Non c’era alcuna squadra russa. Solo una deprimente delegazione di «Atleti olimpici russi». Lo scandalo del doping aveva spazzato via molte certezze e moltissimi atleti. Il pattinaggio, se non altro, era stata una delle discipline meno colpite, nessuno degli atleti seguiti da Yakov, il che voleva dire la quasi totalità dei russi competitivi a livello internazionale, era stato escluso. Putin in persona aveva voluto incontrare gli atleti sopravvissuti, giusto per non far sentir loro la pressione. Yuri ricordava la carezza troppo confidenziale che il premier aveva dato a Mila e la rigida stretta di mano a Victor, che aveva tutto il sapore di una tregua armata. A lui aveva messo una mano sulla spalla. «So che tu non mi deluderai» aveva detto. Rimarcando chiaramente quel «tu». Arrivati al villaggio olimpico, gli atleti russi ammessi alle competizioni si aggiravano in un palazzo semi deserto e ogni stanza vuota ricordava loro che avevano il dovere di salvare la faccia al proprio paese portandosi a casa più medaglie possibili.

    Otabek si limitò ad annuire e i due si avviarono in silenzio.

    – Va meglio col pattinaggio? – chiese il kazako, quando furono all’interno.

    Il salottino era appena meno spettrale della piazza con la mascotte.

    Yuri sbuffò.

    – Meglio rispetto alle gare che non ho fatto l’anno scorso o meglio dello schifo che ho fatto quest’anno?

    – Meglio in generale.

    – Meglio, in generale – bofonchiò, laconico.

    L’ultimo anno era stato tra i peggiori e dire che in fatto di brutte annate Yuri aveva già una certa esperienza. Uscire dall’infortunio dell’anno precedente, il primo di una certa importanza, era stato un incubo. Da che Victor aveva girato a Yakov i risultati delle sue analisi aveva dovuto sospendere quasi tutti i farmaci che quel tizio gli aveva dato e fermarsi. E, sì, una parte di lui era consapevole che quella che gli stavano dando era porcheria, il fatto che gli fossero recapitati a casa del medico in persona, mai fatturati e avesse dovuto promettere di non parlarne con nessuno era in effetti un indizio, ma, cavolo, lo facevano stare meglio. Senza era stato un susseguirsi di fatica, dolore, noia e paura, il tutto variamente mischiato. Aveva saltato tutte le gare della stagione precedente che avevano seguito la finale del Grand Prix, compresi i mondiali. Quando era tornato a pattinare aveva scoperto di non riusciva più a fare neppure i salti  più semplici, quelli che aveva imparato a dieci anni. Aveva sbattuto la faccia sul ghiaccio più al termine della  scorsa stagione che nei precedenti quindici anni. E non è che in quella in corso stesse andando poi tanto meglio. Il tutto con l’aggiunta della solitudine. Al termine del Grand Prix dell’anno precedente, Victor aveva avuto la brillante idea di dichiarare in conferenza stampa che mister Cotoletto era il suo compagno. Cosa che aveva causato un smottamento all’interno della federazione russa da cui lui aveva rischiato di essere travolto come danno collaterale. Era andato a un passo da perdere Yakov come allenatore, cosa che lo aveva gettato in uno stato di panico che lui stesso non si aspettava. Aver paura della propria paura. Che cosa stupida. Eppure… 

    – E adesso Victor dice pure che il mio libero fa schifo – ringhiò, a conclusione di un discorso mai pronunciato.

    Una parte di lui, quella di cui si vergognava, pregava che l’amico lo smentisse.

    – Beh, potresti farti aiutare da lui per migliorarlo – disse invece il kazako.

    – Non ci penso neanche! Quello che è successo è tutta colpa sua!

    Otabek inarcò un sopracciglio.

    – Non saresti qui, senza di lui – fece notare.

    A Yuri uscì un soffio da gatto arrabbiato. Il medico che gli aveva fatto prendere tutte quelle schifezze al momento era sotto processo, proprio al centro dello scandalo doping. Yakov era tornato al comando della squadra di pattinaggio perché aveva dimostrato di averlo allontanato al minimo sentore di proibito. E se Yakov, messo sull’avviso da Victor, non avesse fatto sparire tutta la documentazione relativa al suo infortunio e alla sua partecipazione alla finale del Grand Prix, forse Yuri stesso sarebbe finito nell’elenco del banditi. Saperlo non migliorava la situazione.

    – Sarà, ma con quella sua bella uscita dell’anno scorso non ha fatto che creare tensioni in squadre e fuori. Pensa che mio nonno non voleva farmi venire. Non voleva assolutamente che frequentassi una checca, figurati se gli dicevo che ci divido la camera! Non ridere… Al momento sono ancora minorenne, ho davvero rischiato di stare a casa!

    Era la prima volta in assoluto che litigava con suo nonno.

    – E non si era mai accorto prima di quel che succede nel nostro sport? – domandò Otabek.

    Era divertito.

    – Lo hai visto anche tu, vive nel suo mondo. E finché non sono entrato nei senior eravamo tutti ragazzini – si difese Yuri, imbronciato. – Gli unici pattinatori professionisti che mio nonno aveva in mente erano Georgi e Victor. E fino a che non è arrivato mister cotoletta entrambi uscivano per lo più con delle ragazze.

    – Per lo più – rimarcò Otabek.

    Yuri sbuffò. Il fatto era che neppure a lui era stato del tutto chiaro, almeno fino a che non aveva visto il modo in cui Victor guardava Yuuri, durante l’esibizione alle Terme di Ghiaccio, in Giappone. Per qualche motivo il contraccolpo era stato tale che era scappato via, con un vago rimpianto per il fatto che nessuno, tranne Yuko, gli fosse corso dietro per fermarlo. E tuttavia le piene implicazioni della cosa, comprese quelle sociali, al momento gli erano sfuggite. Di certo aveva già visto in precedenza Victor soffermarsi a guardare qualche bel ragazzo e Yakov si era limitato dirgli di non fare sciocchezze per cui non valeva la pena. Suo nonno, invece, ne aveva fatto un caso nazionale. Cosa che, per qualche motivo, lo aveva fatto sentire colpevole, come se fosse stato lui stesso a tradirne le aspettative.

    – Beh, è stato un casino quello che ha combinato – sbuffò. – Yakov ci ha quasi rimesso il posto,  Victor non è più tornato a San Pietroburgo e se non succedeva tutto questo caos col doping poteva scordarsi di venire alle Olimpiadi. Invece, dopo tutto questo questo, lo hanno praticamente implorato. 

    – Con te, lui e Mila l’oro a squadre possiamo già fare che darvelo – commentò Otabek. Non sembrava più divertito. – Ed è uno dei pochi ori certi che porterete a casa, ci credo che l’hanno rivoluto. Ma non sarà il portabandiera e se lo sarebbe meritato.

    – Poteva tenersi per sé certe cose, allora.

    – A me piacciono le persone che chiamano le cose col loro nome – ribatté Otabek. – È coraggio anche quello.

    Terminò il proprio the e gettò la bottiglia nel cestino. Lo sguardo era di nuovo cupo.

    – Sarà meglio che torni alla mia palazzina, prima che mi diano per disperso. Domani ho il primo turno di allenamenti.

     E adesso, pensò Yuri, che cosa diavolo gli era preso?

 

   
 
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