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Autore: AdhoMu    21/01/2019    11 recensioni
["Principenny" Clearwater / Charlie Weasley (et Percy Weasley)]
"Weasley.
Patronimico riferito ad antichissima famiglia magica inglese, appartenente al rinomato gruppo delle Sacre Ventotto. I suoi membri sono tradizionalmente affiliati alla Casa di Grifondoro e presentano un biotipo ben preciso, costituito da capelli rossi, pelle chiara e lentigginosa ed occhi di colore variabile fra il celeste e il nocciola."
Ah: e sono anche maledettamente numerosi, aggiungerei io.
E pure fascinosi, accidenti a loro.

Dodici caselle. Dodici draghi.
Riusciranno Penny e Charlie a recuperarli tutti prima della Battaglia Finale?
Genere: Avventura, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Antonin Dolohov, Charlie Weasley, Filius Vitious, Penelope Clearwater, Percy Weasley
Note: Lime, Missing Moments | Avvertimenti: Triangolo | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7, Dopo la II guerra magica/Pace
Capitoli:
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1. Fuoco alle polveri! 
(Prologo breve).


Una cosa che all'epoca, mai e poi mai, mi sarei immaginata, era l'eventualità di ricevere il benservito da parte di quel cretino di Percy Weasley. Che sia un po' un cretino lo penso adesso, sia ben chiaro, perché in passato, nonostante il comportamento decisamente eccentrico, l'ho sempre considerato il non plus ultra dei fidanzati possibili.
Serio, preciso, responsabile. 
Proprio il tipo di ragazzo che fa faville alle cene di famiglia o durante il brunch con le prozie.
Quello che ogni padre desidererebbe vedere al fianco della propria principessa (ebbene sì: babbo mi chiamava così a quei tempi, ci credereste?).
Quando glielo presentai, i miei fecero letteralmente i salti di gioia.
E pensare che lui si era fatto mille problemi a causa delle condizioni economiche disastrose in cui stagnava la sua famiglia. Temeva che i miei genitori (non che siano ricchi, per carità, quantopiù piuttosto benestanti) avrebbero potuto non vederlo di buon occhio. E invece, a fine serata, quando ritornai sui miei passi dopo averlo riaccompagnato alla porta, babbo mi rivolse un gran sorriso dalla sua poltrona posizionata accanto al caminetto e mi disse, annuendo soddisfatto:
- Questo tuo ragazzo farà strada, lo si vede già. Ottima scelta, Penny.
Percy Weasley l'aveva subito conquistato, così affidabile, beneducato e ammirevolmente ambizioso.  
In sintesi: tutto il contrario di Ch... ma oh, forse è meglio non anticipare troppo, per ora.
Forse è meglio cominciare dal principio e procedere con ordine.
 
La scuola era finita ed era stata seguita da un'estate speciale: quella della Coppa del Mondo di Quidditch. Me l'ero proprio goduto quel finesettimana così eletrizzante ed avventuroso, al quale babbo mi aveva permesso di partecipare (il fatto che fossi già maggiorenne da più di un anno sembrava non contare nulla per lui, quando si trattava di bon-ton) solo ed unicamente perché Percy gli aveva giurato solennemente che si sarebbe preso cura di me.
C'era poco da fare: ogni affermazione del mio rosso fidanzato, rigurgitante di buone intenzioni, era musica per le orecchie dei miei. Credo che, in sua compagnia, mamma e papà mi avrebbero permesso addirittura di passare la serata in una bisca di Notturn Alley, tanto per intenderci.
Io un po' comprendevo la loro preoccupazione dato che, lo si capiva lontano un miglio, non avevano ancora superato il trauma infertogli dal mio incontro ravvicinato con il Basilisco, avvenuto al sesto anno. Non che prima non fossero dei genitori severi e assai poco permissivi: tutt'altro. Senza dubbio, però, quello spiacevole episodio aveva contribuito ad esacerbare la loro già leggendaria autorità.
In ogni caso, al cospetto del serio cipiglio del mio fidanzato, ex-studente modello e futuro impiegato del Ministero della Magia con una sfavillante carriera dinnanzi a sé, mamma e papà mi avevano concesso il loro beneplacito. Ed io, quell'inebriante libertà, quell'atmosfera effervescente e trascinante, quell'iniezione di vita, me l'ero goduta tutta, avidamente, fino all'ultima goccia. 
È vero: ci ero rimasta un po' male perché Percy, per l'ennesima volta e nonostante io già conoscessi di vista la maggior parte dei suoi fratelli, aveva nicchiato e non mi aveva presentata ufficialmente ai suoi familiari. Questa cosa mi aveva impensierita e mi aveva anche fatta un po' soffrire; scioccamente, mi ero perfino ritenuta inadeguata (sensazione, questa, che provavo spesso quando mi confrontavo con lui).
Solo in seguito, dopo qualche tempo e dopo una manciata di episodi rivelatori, avevo capito che, semmai, si trattava dell'esatto contrario. Percy Weasley, per una qualche ragione non dichiarata ma perfettamente intuibile, si vergognava della sua famiglia d'origine.
 
La frattura venutasi a creare fra me e Percy costituì il preludio della (ben più grave) situazione che, all’inizio di quella calda e bizzarra estate del 1997, mi portò a tagliare i ponti con i miei parenti.
Era da un pezzo che non lo riconoscevo più e, devo essere sincera, i suoi comportamenti avevano cominciato a non piacermi affatto. Il lavoro al Ministero (e, nella fattispecie, il contatto assiduo e costante con il Ministro Scrimgeour) aveva messo in risalto alcune delle sue caratteristiche che meno apprezzavo, prima fra tutte l’ambizione sfrenata che tanto aggradava mio padre. Percy si era trasformato in una specie di automa, accecato da una sete di potere che lo portava a passare sopra praticamente a tutto.
Il suoi discorsi si erano fatti monotematici; il suo carattere naturalmente competitivo si era pressoché decuplicato e, in un paio di occasioni in cui gli avevo fatto visita al Ministero, avevo provato una punta di insofferenza nel vederlo affaccendarsi per compiacere quell’uomo che, per tutta risposta, non gli concedeva che una manciata di occhiate distratte e lo chiamava “Weatherby”.
Inevitabile era stato il declino della nostra bella storia, quando lui si intestardiva nel dare del cretino a chiunque la pensasse diversamente da quanto stabilito dalle direttive ministeriali, Harry Potter incluso.
- Harry ha sconfitto il Basilisco – azzardavo timidamente io, tentando di farlo ragionare.
- Quel moccioso non sa quello che fa – rispondeva lui, scuotendo il capo in segno di disapprovazione.
- Ma se non fosse stato per lui, tua sorella...
- Suvvia, Penny. Ma fammi il piacere – mi zittiva, adottando quel suo tono di superiorità che io mandavo giù ogni volta più a fatica.
E così, inesorabilmente, eravamo giunti al punto del non ritorno.
Che era coinciso, udite udite, con il tanto sospirato incontro fra me, Percy e i signori Arthur e Molly Weasley. Si era trattato di un incontro del tutto fortuito, è vero, avvenuto la prima settimana di luglio nell’atrio del Ministero; eppure, aveva avuto conseguenze pressoché irreversibili.
Percy non era mai sceso in dettagli, ma io sapevo che i rapporti fra lui e la sua famiglia erano stato molto tesi nei mesi precedenti, fino a venire troncati del tutto in occasione di una lite avvenuta per i soliti motivi. Eppure, quando avevo addocchiato i suoi genitori che avanzavano nelle nostra direzione, mi ero illusa di poter scambiare due parole con loro e chissà, magari anche di dare una mano per aiutarli a riappacificarsi col figlio. Ancora non sapevo con esattezza che cosa ci fosse sotto; e se lo avessi saputo, forse, me ne sarei stata zitta.
- Guarda chi c’è, Perce – gli avevo detto, rivolgendo un abbozzo di sorriso a sua madre.
Lui mi aveva stretto il gomito e aveva accelerato l’andatura.
- Tira dritto, Penny – mi aveva ingiunto, mentre il sorriso di Molly Weasley scompariva dal suo viso affettuoso per lasciare il posto ad un’espressione ferita. Evidentemente sia lei che suo marito, che nel frattempo era rimasto fermo a guardarci passare, avevano udito le sue parole.
Io avevo le guance in fiamme.
I coniugi Weasley sembravano bravissime persone e poi, dai loro sguardi rammaricati, avevo intuito quanto la ritrosia del loro terzogenito li facesse soffrire.
- Ma perché, Percy? – gli avevo chiesto, una volta fouri dal Ministero. - Perché tratti così i tuoi genitori?
La sua risposta mi aveva fatta andare su tutte le furie.
- Il Ministro Scrimgeour – mi aveva risposto, ostentando una freddezza che non ero stata in grado di tollerare – ha esortato i suoi fidi a non mischiarsi con gente sospetta.
- Ah sì? – mi ero lasciata sfuggire, delusa e infuriata.
- Penny – aveva replicato lui, aggrottando la fronte. – Ultimamente sei un po’troppo polemica per i miei gusti, lo sai?
Quella sua frase infelice era stata la classica goccia che fa traboccare il vaso.
 
A casa, la notizia della nostra rottura era stata accolta in modo tutt’altro che buono.
I miei genitori avevano fatto il diavolo a quattro, accusandomi di essere una sciocca e una sconsiderata: fra un “dove pensi di trovarne un altro così?” e un “ragiona: eh sì che sei una Corvonero; dove hai ficcato il cervello?” erano andati avanti a recriminare e ad esasperarmi oltremodo finché ad un certo punto, incapace di sopportare oltre, mi ero lasciata andare all’amarezza ed ero sbottata in un acutissimo:
Ora basta!
In fin dei conti, contava di più la loro figlia o il suo promettente matrimonio?! Ero già piuttosto abbacchiata di mio; non avevo certo bisogno di altre emozioni quel giorni, per tutti i Diademi di Priscilla.
La mia reazione (ero sempre stata d'indole obbediente e remissiva) li aveva lasciati dapprima sbigottiti; poi, quando si erano accorti che la mia esclamazione era stata una sorta di scoperchiamento del Vaso di Pandora delle mie contrarietà e che, pertanto, avevo cominciato a mia volta a vomitare rimproveri ed improperi a non finire, si erano adirati sul serio e, sommamente indignati,  me ne avevano dette di ogni.
Ed io, tirando fuori per la seconda volta nel corso dello stesso giorno quel sorprendente paio di palle che avevo sempre creduto di non possedere (ogni tanto me ne sorprendo ancora, a ripensarci), avevo abbassato la voce e avevo sibilato:
- Ne ho abbastanza. Me ne vado.
E così, lieta come non mai per aver puntato i piedi ed essermi iscritta alla Facoltà di Magilinguistica (nonostante le perplessità espresse ai tempi dell'iscrizione dai miei familiari, che non ne volevano sapere di farmi studiare alla  Cambridge Magical University anziché con istitutori privati), me n'ero andata sbattendo la porta e trascinandomi dietro il mio pesante baule riempito a casaccio.
Senza sapere bene dove sbattere la testa, avevo rapidamente fatto mente locale e deciso di ricominciare da zero, affidandomi all'unica persona su cui sapevo di poter contare al di fuori della cerchia familiare.
Dopo un po' di ricerche, l'avevo infine ritracciato mentre si godeva le vacanze a Falmouth, tranquillamente stravaccato su una sedia a sdraio blu cobalto protetta da un ombrellone che, attraverso movimenti impercettibili, si muoveva in modo autonomo per proteggerlo costantemente dal sole, senza bisogno di essere orientato a mani nude.
Filius Vitious era cambiato assai poco: un grand'uomo rinchiuso in un corpo piccolo piccolo. Lo avevo osservato per qualche istante (ricordo che stava leggendo un grosso tomo verde bottiglia sulla copertina del quale lettere argentate componevano il titolo La Valle Incantata). Alla fine, dopo aver tratto un paio di respiri profondi, avevo preso coraggio e mi ero avvicinata. 
Il sole, già piuttosto basso all'orizzonte, aveva proiettato la mia ombra ai piedi della sedia a sdraio, dritta dritta all'interno del suo campo visivo.
- Riconoscerei ovunque il profilo di una mia Caposcuola - aveva detto il professor Vitious, facendo comparire una seggiolina di plastica azzurra con un colpo di bacchetta così rapido da passare inosservato alle decine di babbani che ci circondavano. - Qual buon vento ti porta quaggiù in Cornovaglia, Penelope cara?
 
Non l’avrei mai sospettato ma di lavoro da fare, per una Maginterprete fresca fresca di studi (avevo appena concluso gli esami del terzo anno di Università), ce n'era a bizzeffe.
L'Ordine della Fenice stava reclutando nuovi collaboratori da annoverare fra le sue fila: dopo la tragica morte di Cedric Diggory tempi bui iniziavano a profilarsi all'orizzonte e così, memori delle avvisaglie che avevano preannunciato l'avvento della Prima Guerra Magica, i reduci avevano già da tempo cominciato ad organizzarsi.
Il Direttore della Casa di Corvonero, evidentemente, mi reputava una persona fidata cosicché, raccolti in tutta fretta i suoi effetti personali che, grazie ad un Incantesimo d’Estensione fenomenale, erano stati riposti in un minuscolo borsellino di cuoio, il professor Vitious mi accompagnò (immediatamente e in gran segreto) fino a quello che lui chiamava “Il Quartier Generale”: una vecchia casa alta e stretta, annerita dagli attacchi del tempo, che ad un suo cenno aveva fatto capolino fra sue due meglio imbiancate consimili, come lei prospicienti su di un’anonima piazzetta londinese.
- In che cosa ritiene di poter dare una mano, signorina Clearwater? - mi domandò un tizio dall'aspetto che io, lì per lì, giudicai assolutamente male assortito, e che si era presentato come Alastor Moody.
- Studio Magilinguistica - balbettai io, tentando di seguire con lo sguardo il suo inquietante occhio meccanico, che roteava qua e là come impazzito.
Dopo qualche istante di intenso vorticare e di silenzio snervante, quello mi rivolse infine un'occhiata scettica.
- Con quell'aria da principessina dalla scarpetta di vetro - mi disse, sprezzante - non credo lei abbia granché da fare, per dar man forte alla Causa.
Io deglutii, nervosa.
Moody aveva ragione: a guardarmi, non avevo certo l’aspetto di una combattente; tutt’altro semmai ed io, a voler essere onesti, ne ero assolutamente consapevole. Ad intercedere per me, fortunatamente, ci pensò il professor Vitious, che aveva pensato bene di essere presente al colloquio.
- Fossi in te, Alastor caro – disse il mio vecchio Direttore a colui che, a partire da quel giorno, avrebbe deciso delle mie sorti – ci penserei bene, prima di esonerare a priori una delle poche specializzande in Rettilofonia di cui il nostro Lato potrebbe disporre.
Moody, che già si era sollevato dalla sedia deciso ad andarsene, si arrestò di scatto.
- Come dici? – chiese, a voce bassissima.
- Io... io studio il linguaggio dei rettili – farfugliai, sentendomi avvampare. – Rettili magici, per l’esattezza. Fra cui i serpenti, i Basilischi e... e...
- ...e i draghi – concluse Vitious al posto mio, le labbra increspate in un sorrisetto serafico all’indirizzo di Moody, che mi scrutava come se avesse avuto un'epifania.
Un silenzio denso e imbarazzante era calato all'interno di quell'ambiente dalle pareti scure.
- Aggiudicata! - esclamò dopo qualche secondo l'Auror, sbattendo il pugno sul tavolo e facendomi sobbalzare come una pivellina.
 
Post scriptum:
Allora, allora.
In questo periodo gravido di impegni e con la long Sotto Spirito in pieno svolgimento, mettere in pentola una nuova storia sarebbe tutt’altro che raccomandabile, lo so. Eppure, è proprio a causa delle tristi vicende di Cedric che mi vedo costretta ad intavolare anche altro perché, sinceramente, scrivere solo di fatti “impegnativi” mi mette a dura prova. In parole povere, fra un capitolo e l’altro di Sotto Spirito ho bisogno di svagarmi un pochino, altrimenti sono fritta.
E qui casca a fagiuolo lui, proprio lui, l’inarrivabile Charlie Weasley.
Chi mi conosce e già ha avuto modo di udire i miei sproloqui (Bri? Ems??) lo sa. Io vado letteralmente pazza per Charlie Weasley coi suoi draghi, le sue cicatrici e i suoi calli sulle mani: fra tutti i rossi della mandria è quello che mi piace di più e che, proprio per questo motivo, non ho mai osato adottare come protagonista di una mia storia.
Morale della favola: ci giro intorno da un anno, rimuginando, congetturando, mugugnando ed inevitabilmente scartando. Fino ad oggi. Perché proprio oggi, udite udite, ho finalmente trovato l’illuminazione ed ora SO che cosa fargli fare.
La scelta di Penny come co-protagonista femminile è frutto di grandi riflessioni. Ho tentato di immaginarmi decine di partners per Charlie e nessuna mi convinceva, finché non mi sono imbattuta nel cognome inglese di Penelope, che è Clearwater, ossia acqua chiara, o acqua pulita. E cioè, un elemento capace di produrre un bel contrasto con le fiamme di cui Charlie è sempre circondato. L’idea di farle studiare Rettilofonia (una competenza rara, dato che di solito chi parla il Serpentese lo fa per dote innata) proviene dalla convinzione che l’incontro col Basilisco le abbia in qualche modo instillato la necessità di supplire a questa sua lacuna per sconfiggere i suoi demoni, ma questa cosa sarà spiegata meglio più avanti.
Spero di essere così fortunata da poter contare sui vostri consigli e sulle vostre considerazioni, che mi aiutano sempre tanto ad aggiustare il tiro. E ah, ci tengo a precisare che Percy Weasley mi è simpatico, eh, anche perché tutti, a questo mondo, fanno degli errori; l’importante è saperlo riconoscere e darsi da fare per rimediare. Così come ha fatto la Rowling, anch’io provvederò a riabilitarlo all’interno di questa storia, non dubitatene.

 
   
 
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