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Autore: Schmetterlinge    27/01/2019    3 recensioni
Il Master le si affianca, fissandola [dritta] in quei profondi occhi color cobalto.
“Non voglio che tu ti faccia male, Juvia.”
La ragazza lo guarda, in attesa che finisca.
“Ma ti autorizzo a scatenarti come poche volte nella tua vita, siamo intesi?”
Lo scruta, incerta di aver afferrato pienamente il significato di quelle parole.
“Ti do dieci secondi per terminare l’incontro, d’accordo?”
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Lluvia
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Fin da piccola Juvia aveva avuto soltanto un amico.

 

 

 

 

[Gajeel]

 

 

 

Per lei era sempre stato un punto fermo, un riferimento in una vita che le si era dimostrata subito ostile.

Questo prima di Fairy Tail.

Quando era entrata a far parte di quella Gilda aveva finalmente compreso cosa significasse avere una famiglia [una vera famiglia] cosa volesse dire avere degli amici [dei veri amici].

Non era stato facile, aveva dovuto in qualche modo violentare [se così si può dire] la propria personalità.

Era riuscita, poco a poco, ad aprirsi, a lasciare andare tutta quella timidezza e quell’apatia che l’avevano sempre contraddistinta.

Aveva imparato a sorridere, giorno dopo giorno.

Aveva imparato a fidarsi e ad affidarsi agli altri, certa che non l’avrebbero mai abbandonata.

Aveva imparato cosa volesse dire combattere non solo per sé stessa ma anche [e soprattutto] per la vita di qualcun altro.

Aveva imparato cosa significasse donare ogni singola parte di se stessi, sacrificarsi per qualcuno che non avrebbe esitato a fare stesso.

Era cresciuta, passo dopo passo, cadendo e rialzandosi.

Certe volte era stato doloroso; altre ancora di più.

E lo stesso era accaduto a Gajeel.

Entrambi, seppur probabilmente in maniera e con tempi diversi, grazie a quella Gilda, grazie a quei ragazzi, erano tornati [lentamente] alla vita.

Eppure si sentiva ingrata, Juvia.

Sentiva di aver tradito, in più di un’occasione, l’amicizia nonché la fiducia riposta nei suoi confronti.

E sempre per la stessa ragione.

Perché troppo impegnata a pensare a Lui.

 

 

 

[Gray]

 

 

 

 

L’ultima persona a cui rivolgeva le proprie preghiere prima di addormentarsi e la prima a cui sorrideva la mattina, appena sveglia.

Sapeva che avrebbe potuto fare di più, molto di più.

Tuttavia, con l’andar del tempo, sentiva di essersi adagiata.

Se si fosse scatenata, avrebbe potuto tranquillamente superare Erza.

Avrebbe potuto mettere in difficoltà Natzu.

Avrebbe potuto battere persino Mira.

Più di una volta, nei suoi confronti, lo stesso Master aveva utilizzato la parola “potenziale”.

Un potenziale che non aveva voluto sviluppare, non pienamente almeno.

Era un lato di se stessa che l’aveva sempre attratta ma, soprattutto, spaventata.

Soltanto Erza era riuscita a vederla totalmente fuori controllo.

E aveva tremato.

 

 

 

Che fosse questa la vera ragione 

per cui avesse deciso di non oltrepassare i limiti?

 

 

 

 

Però …

Se si fosse maggiormente concentrata su se stessa [forse] avrebbe potuto evitare di mettere in pericolo la vita degli altri.

Non che fosse successo spesso ma quelle poche occasioni erano state più che sufficienti.

Una in particolare.

 

 

 

Quella in cui Lucy aveva quasi rischiato di perdere la vita.

 

 

 

Ricordava quell’episodio come fosse ieri.

Tutti avevano scommesso su di lei.

Tutti sapevano quanto fosse forte e quanto potesse esserlo, soprattutto se in acqua, il suo elemento naturale.

Come avrebbe potuto uscirne sconfitta?

Peccato che si fosse distratta [troppo preoccupata a mettersi in mostra perché Lui la notasse], lasciando Lucy totalmente indifesa di fronte alla cattiveria [e alla furia] di Minerva.

Non che la Maga degli Spiriti Stellari fosse debole ma [ne era certa] se fosse rimasta al suo fianco l’avrebbe protetta [non avrebbe esitato neanche per un solo istante] e forse [insieme] avrebbero potuto anche aggiudicarsi la vittoria.

Invece era accaduto esattamente il contrario.

Lei, colta di sorpresa, prima ancora che potesse fiatare, si era ritrovata fuori dai giochi e Lucy, umiliata di fronte al pubblico, era stata sbattuta a terra, in fin di vita.

Questo era il pensiero che più la tormentava e che ogni tanto, prepotente, tornava ad intristire le sue giornate.

Non aveva mai parlato dell’accaduto con la diretta interessata, non ne aveva avuto il coraggio.

 

 

 

 

Si vergognava troppo.

 

 

 

 

Ricordava ancora le parole di Gajeel.

“Non è stata colpa tua, Juvia”.

Si era rinchiusa in una stanza, ai piedi del letto, a piangere come una bambina.

“Minerva ha oltrepassato i limiti, non è stata colpa tua.”

La ragazza si era limitata a stringersi contro il suo migliore amico, cercando di ricacciare le lacrime, anche se con scarsi risultati.

Ed erano rimasti lì, abbracciati uno all’altra, per un tempo che le era parso infinito.

Nessuno era mai venuto a sapere di quel “momento.”

Lucy era diventata la sua migliore amica.

Era dolce, solare, l’aveva accolta e fatta sentire amata fin dal primo loro incontro.

Per questo soffriva ancor di più.

Perché sentiva di averla tradita.

 

 

 

 

 

[Se solo avesse potuto tornare indietro nel tempo]

 

[Se solo avesse potuto tornare a quel momento]

 

 

 

 

 

La maga dell’acqua sospira, passandosi una mano sul volto.

Si guarda attorno, fino a quando non scorge l’oggetto dei suoi pensieri venirle incontro.

“Tutto bene, Juvia?

Sembri preoccupata, di solito non sei così taciturna.”

La ragazza cerca di smorzare, un flebile cenno della mano, un sorriso tirato [falso].

“Non è niente, sono solo un po’ stanca.”

La biondina la osserva, fissa.

“Hai usato la prima persona singolare.”

 

 

 

 

[Aveva dimenticato quanto Lucy fosse acuta]

 

 

 

 

Juvia trattiene il fiato, distogliendo lo sguardo.

“E tu usi sempre la terza singolare.”

La maga dell’acqua si appoggia al bancone, in difficoltà.

Inspira ed espira.

Il cuore le batte a mille.

Inspira ed espira.

Sente che potrebbe scoppiare da un momento all’altro.

Poi, si arrende.

“Mi dispiace Lucy.”

La bionda la guarda sorpresa, con aria interrogativa.

“Ricordi lo scontro con Minerva?”

Continua, Juvia, dando libero sfogo a quanto trattenuto fino a quel momento.

“Non ne abbiamo mai parlato, non ne ho mai avuto il coraggio, non sono mai riuscita a trovare le parole giuste, ammesso che vi siano.

La verità è che mi vergognavo, mi vergognavo troppo.

Se non fossi stata troppo presa a guardare Gray [come sempre] forse le cose sarebbe andate diversamente.

Avrei potuto combattere al tuo fianco, avrei potuto proteggerti e invece quella strega ti ha quasi ucciso.

Non hai idea di quanto mi sia detestata, di quanto mi sia sentita responsabile.”

Ricaccia le lacrime, la turchese.

“Sei la mia Rivale in Amore …”

Sorride nel dirlo, la voce roca, le guance rosse, gli occhi lucidi.

“Sei la mia migliore amica, non avrei mai dovuto permetterle di farti del male.”

Si nasconde, lasciando ricadere il volto lungo il bancone del Bar.

La voce è sommessa, non ha il coraggio di guardarla negli occhi.

“Mi dispiace tanto.”

Non sa cosa aspettarsi; l’unica cosa che sente sono le braccia di Lucy avvolgerla con tutto il loro calore umano.

“Non hai niente di cui scusarti e di cui farti perdonare, Juvia.”

Trema, la maga degli Spiriti Stellari.

“Non è stata colpa tua, mi hai sentita?”

La stringe a sè, mentre l’amica si arrende al pianto.

“La verità è che non ero abbastanza forte per Minerva; la verità è che non ero abbastanza forte in generale.

La colpa è solo mia, della mia debolezza, del mio non essere all’altezza.

Non tua.”

La prende per le spalle, assicurandosi di essere guardata.

Non è stata colpa tua e, francamente, non voglio che tu possa anche solo lontanamente pensare una cosa simile.

E questa conversazione finisce qui, intese?”

Sorride la biondina, guardando con fare tenero l’amica.

Si asciuga gli occhi, Juvia, scuotendo la testa.

“D’accordo.”

Si passa maldestramente una mano sulle guance, tutte rosse e paonazze.

“Grazie, Lucy.”

Si guardano e sorridono, si sistemano nel tentativo [poco elegante] di riassumere un aspetto normale.

“Per colpa tua mi si è rovinato il trucco.

Stupida che sei.”

Gajeel, in compagnia di Erza e Natsu, le guarda poco distante e sorride, felice che l’amica sia riuscita [finalmente] a liberarsi di quel peso.

Anche Gray, dall’altra parte della sala, è riuscito a cogliere buona parte di quella conversazione; rimane assorto.

Non aveva capito quanto Juvia stesse male.

Non aveva immaginato quanto potesse star soffrendo, quanto si sentisse in colpa.

Non aveva capito nulla.

Troppo impegnato a snobbarla, a concentrarsi su se stesso.

Continua a guardarle, fino a quando vede Makarov dirigersi verso le due ragazze.

Il Master si affianca proprio a Juvia.

“Avrei bisogno di parlarti.”

La turchese cambia espressione, sotto lo sguardo preoccupato di Lucy.

Si sforza di sorridere, fingendo un fare rassicurante, per poi incamminarsi dietro all’uomo che, tempo addietro, l’aveva accolta come una figlia.

Tutti i presenti osservano la scena.

La guardano [pensierosi] fino a perdere di vista quella schiena sinuosa e quella folta chioma.

 

 

 

 

 

 

 

 

Makarov si appoggia alla scrivania, lo sguardo cupo.

Juvia cerca di immaginare quale possa essere la ragione di una simile preoccupazione e [soprattutto] cosa possa avere a che fare con lei.

Peccato che la risposta non tardi poi molto ad arrivare.

“Minerva ha espressamente chiesto di combattere contro di te.”

Una sfida amichevole, in memoria dei vecchi tempi, nulla di particolarmente impegnativo, così ha detto.”

Le si avvicina, fissandola [dritta] in quei profondi occhi color cobalto.

“Anche se entrambi sappiamo fin troppo bene che non è affatto così, vero Juvia?”

La ragazza non ribatte, si limita a sostenere lo sguardo con aria di sfida.

Sente la rabbia scorrerle nelle vene, il sangue bollirle.

“Sai che non posso tirarmi indietro e, francamente, credo non possa farlo nemmeno tu.”

La Water Maker continua a non ribattere; i muscoli del volto contratti in una smorfia.

“E’ una provocazione, lo sappiamo tutti e due.”

Il Master le si affianca, prendendola per mano.

“Non voglio che tu ti faccia male, Juvia.”

La ragazza lo guarda, in attesa che finisca.

“Ma ti autorizzo a scatenarti come poche volte nella tua vita, siamo intesi?”

Lo osserva, incerta di aver afferrato pienamente il significato di quelle parole.

“Ti do dieci secondi per terminare l’incontro, d’accordo?”

Juvia non era mai stata un tipo vendicativo ma quella poteva essere [davvero] l’occasione per restituire a Minerva il favore di qualche mese prima.

Non si sarebbe di certo comportata nello stesso modo [lei era una persona completamente differente] ma avrebbe comunque fatto in modo che la Regina di Sabertooth si ricordasse di quell’incontro per tanto [tanto] tempo.

“D’accordo Master.”

Si abbandona contro la parete, sguardo fermo.

“Dieci secondi.

Non di più.”

 
   
 
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