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Autore: _Joanna_    28/01/2019    1 recensioni
Mentre si avvicinava, la luce delle candele danzava tra le pieghe del suo mantello, risalendo l'alta, snella figura del Signore Oscuro, finché non illuminò il volto più orrendo che Megan avesse mai visto.
Più simile a un teschio animalesco che a un viso umano, con la pelle bianca e sottile, quasi trasparente, Voldemort era il ritratto della Morte.
-
Qualcosa di scuro e denso, un liquido, scintillava alla luce della luna.
Era sangue.
«È giusto questo?» chiese di nuovo l'uomo, afferrando uno dei cadaveri che giaceva per terra.
Megan lo riconobbe, era Ron Weasley, pallido e inequivocabilmente morto.
«E questo? E questo?» continuò, ripetendo lo stesso gesto ancora e ancora.
Erano tutti morti.
No, non morti, erano stati uccisi.
Tutti quanti.
L'aria ora era ammorbata da un tanfo insopportabile, putrido.
Era l'odore della morte.
«Hai visto che cosa hai fatto?».
Genere: Drammatico, Guerra, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Tom Riddle/Voldermort | Coppie: Draco/Pansy, Harry/Pansy, Ron/Hermione
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7, Da VII libro alternativo
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8.8





Successi e Fallimenti






Megan si era ripromessa di informare al più presto i suoi genitori della decisione che aveva preso.
Aveva deciso di farlo subito, per togliersi il pensiero; ormai era fatta, e loro non avrebbero potuto fare altro che accettarlo.
Ma, proprio come la pallida cicatrice, residua traccia della Fattura di Voldemort, che stava sbiadendo rapidamente, cancellata dalle massicce dosi di Unguento Smemorello, anche la determinazione di Megan stava via via affievolendosi.
Cominciò, infatti, a chiedersi quanto radicato fosse il tradimento nel cuore di suo padre; se avesse saputo quali erano le intenzioni di Megan, forse lui si sarebbe deciso a parlare con Silente, e Megan non voleva che accadesse. Aveva appena dato una svolta alla sua vita, si sentiva benissimo, aveva uno scopo preciso e non vedeva l'ora di dimostrarsi valida e capace agli occhi del mago più potente del mondo, il quale, peraltro, era anche il suo padre biologico.
Così non disse niente il giorno dopo il ritorno a casa, e nemmeno quello dopo ancora.
La ripresa delle lezioni si avvicinava, e Megan passava gran parte delle sue giornate a pensare a un modo per riavvicinarsi a Harry. Non sapeva ancora come convincerlo ad andare al Ministero, ma per farlo doveva per forza riguadagnarsi un po' della sua fiducia, sempre che ne avesse mai avuta.
Alla fine, però, quando arrivò il momento di partire, Megan non aveva ancora deciso come agire; sperò che il ritorno al castello le offrisse un'occasione.

*

Fu più fortunata di quanto avesse osato sperare.
Era una fredda sera di inizio gennaio; le lezioni erano da poco terminate e Megan stava pattugliando i corridoi, quando si imbatté in Harry, che ciondolava in giro con le spalle curve e l'aria avvilita.
Aveva avuto quell'aspetto anche durante la lezione di Pozioni del mattino, ma Megan non ci aveva fatto troppo caso: Piton adorava umiliarlo davanti alla classe.
Lui non l'aveva vista; sembrava assorto nei propri pensieri e, mentre si avvicinava, aveva l'aspetto di un condannato che si avviava, cupo e rassegnato, al patibolo.
«Ciao Harry» lo salutò lei, alla fine, disinvolta.
Harry sollevò di scatto la testa, sorpreso. «Oh… Ciao» disse lui, accigliato.
Non era un grande inizio, ma Megan non poteva aspettarsi di meglio.
«Tutto bene?» continuò lei, preoccupata.
Harry annuì; poi, evidentemente, gli sembrò scortese non chiedere se anche lei stava bene, e così lo fece.
«Non c'è male» rispose Megan, e aggiunse «Senti, io… » esitò, poi proseguì «Io volevo chiederti scusa per quello che è successo prima di Natale».
Harry abbandonò la sua espressione cupa e le rivolse uno sguardo sorpreso.
«Sì, volevo dirti che mi dispiace» continuò Megan «Per quello che ho detto e… Vorrei scusarmi con tutti in realtà, e con Ron naturalmente. Ero arrabbiata, per quello che stava succedendo, non lo pensavo davvero… è solo che ho il brutto vizio di prendermela con chiunque, anche con chi non c'entra niente» concluse, impacciata.
Harry finalmente le sorrise «Non preoccuparti».
Anche Megan abbozzò un timido sorriso.
«Allora, dove te ne vai a quest'ora?» gli chiese poi, in tono allegro, camminandogli a fianco lungo il corridoio.
«Da Piton» rispose Harry, abbattuto, e aggiunse, davanti allo sguardo interrogativo di Megan «Devo prendere ripetizioni».
«Di Pozioni?» rifletté Megan ad alta voce «Ma Piton non dà mai ripetizioni, e tu non sei peggio di altri».
Harry la guardò perplesso, chiedendosi se il suo fosse un tiepido complimento o un'offesa.
«Voglio dire» si affrettò lei a spiegare «Non sei il primo della classe, ma non credo proprio che tu abbia bisogno di prendere ripetizioni per passare gli esami».
«Piton la pensa diversamente a quanto pare» ribatté Harry, con una smorfia.
Arrivarono a un bivio e si salutarono; Harry andò a sinistra verso i sotterranei, mentre Megan prese il corridoio di destra da cui partivano le scale che portavano ai piani superiori.
Questa faccenda delle ripetizioni era sospetta, ma Megan non aveva elementi per capire altro.
Di certo Hermione e Ron sapevano la verità, ma non gliel'avrebbero mai confidata, e forse non l'avrebbero detto neanche a William.
Comunque, come inizio, non era stato niente male.
Completò il giro di perlustrazione, quindi rientrò nel dormitorio.
Già dal primo giorno, gli insegnanti li avevano caricati di compiti, e non si stupì nel trovare i suoi amici chini sul lungo tavolo della Sala Comune, alle prese con il lungo tema per Piton.
Si unì a loro, e decise che avrebbe rimandato la questione delle ripetizioni di Harry a un altro momento.

*

Erano tornati a Hogwarts da quasi un mese, ma i professori erano stati impietosi con loro.
I compiti che venivano loro affidati erano sempre più gravosi, e nessuno studente del quinto anno poteva più concedersi un momento di relax; perfino la squadra di Quidditch faticava a trovare il tempo per allenarsi.
Sapeva però che l'ES si era riunito un paio di volte, ma non aveva osato presentarsi; nonostante si fosse scusata anche con Weasley, un paio di giorni dopo l'incontro fortuito con Harry, non sapeva proprio come avrebbero reagito gli altri alla sua presenza, e non voleva mettere Harry nella condizione di dover prendere una decisione ferma e avventata.
Comunque, non aveva più avuto modo di parlagli; ogni tanto si incrociavano per i corridoi, ma si scambiavano solo un rapido saluto e nient'altro.
Megan sapeva che continuava a prendere ripetizioni da Piton, perché l'aveva visto un paio di volte scendere nei sotterranei dopo le lezioni.
Ad ogni modo, però, doveva sbloccare la situazione, altrimenti non sarebbe mai riuscita nel suo intento.

   L'occasione si presentò in una gelida mattina di inizio febbraio.
Megan entrò nella Sala Grande per fare colazione e notò immediatamente che qualcosa non andava.
Lanciò uno sguardo a Harry, che era seduto al tavolo dei Grifondoro e guardava con orrore la prima pagina della Gazzetta del Profeta.
Anche gli studenti delle altre Case confabulavano tra loro preoccupati, passandosi il giornale di mano in mano; al tavolo degli insegnanti, l'atmosfera era tesa, quasi cospiratoria.
Pansy, che era salita con lei dai sotterranei, aveva già preso posto tra i Serpeverde; lì, il clima era più disteso, anche se in molti discutevano tra loro, sfogliando la Gazzetta.
Da quella distanza Megan non riusciva a leggere il titolo, ma poteva vedere alcune foto, circa una decina, che occupavano tutta la prima pagina.
Decise di dirigersi verso il tavolo dei Grifondoro, e prese posto accanto al fratello.
La maggior parte degli studenti era troppo concentrata per notarla, ma altri, tra cui la Granger, si voltarono a guardarla, stupefatti.
«Meg» disse William, lievemente nervoso «Ehm, che ci fai qui?»
Megan si strinse nelle spalle e gli prese la sua copia della Gazzetta, che era appoggiata  contro una caraffa di Succo di Zucca.
Tornò alla prima pagina e lesse il titolo, scritto in grossi caratteri neri: “EVASIONE DI MASSA DA AZKABAN” recitava l'intestazione; sotto c'erano le immagini che aveva intravisto da lontano; erano le foto dei dieci prigionieri evasi, nove uomini e una donna, tutti dall'aspetto selvaggio e un po' folle.
«Non è possibile» mormorò, mentre iniziava a leggere l'articolo.
Secondo Caramell, l'artefice di tutto era Black, cugino dell'unica donna evasa, di nome Bellatrix Lestrange.
Guardò la foto, e si accorse che in effetti aveva una certa somiglianza con il padrino di Harry: entrambi avevano folti capelli neri e recavano le tracce della stessa grande bellezza, ormai perduta.
«Eccoti servito, Harry» stava dicendo Ron, sgomento «Ecco perché Tu-Sai-Chi era felice ieri notte».
Megan sollevò di scatto la testa: che cosa aveva detto Weasley?
La Granger, intanto, se ne stava andando e anche Ron e Harry si apprestarono a imitarla. Poi, però, Harry incontrò il suo sguardo e decise di restare.
Ron lo salutò e lasciò la sala Grande, seguito poi da William.
«Ehm, ciao» le disse Harry «Hai letto?» chiese poi, indicando il giornale.
Megan capì che quella era la sua occasione.
Annuì e cercò di apparire sconvolta come tutti gli altri «È terribile» cominciò «Silente l'aveva previsto, e nessuno gli ha dato ascolto».
Harry annuì con aria grave.
«Direi che questo è la prova che il Ministero o non vuole o non è in grado di proteggerci. Forse non lo siamo neanche noi, ma tu stai provando a fare qualcosa».
Sul volto di Harry comparve un sorriso di imbarazzato compiacimento. «Non è molto quello che facciamo, lo so, ma stanno tutti migliorando e-»
«Invece è tantissimo!» lo interruppe lei, con entusiasmo «Sono stata un'idiota, davvero».
«Perché non vieni alla prossima riunione?» propose Harry e continuò, davanti alla sua espressione incerta «Se chiedi scusa a tutti, non avranno problemi a riaccoglierti, sono solo un po' orgogliosi».
«Lo sono anch'io» scherzò Megan «Ma verrò, grazie Harry».
Si salutarono, quindi Megan raggiunse i suoi compagni Serpeverde.
La prima fase del suo piano era stata completata con successo.

*

Tuttavia, fu costretta ad aspettare altre due settimane prima di poter finalmente rimettere piede nella Stanza delle Necessità.
Dopo l'evasione da Azkaban, la Umbridge aveva imposto altri decreti, sempre più restrittivi, sia per gli studenti che per gli insegnanti.
Quanto a questi ultimi, due di loro, la Cooman e Hagrid, si trovavano in una situazione alquanto precaria. Hagrid era in verifica, mentre la stralunata insegnante di Divinazione era stata licenziata, e solo l'intervento del Preside aveva impedito alla Umbridge di bandirla da Hogwarts.
Megan non aveva mai frequentato il corso della Cooman, un personaggio quantomeno eccentrico, per non dire folle, e perciò non era rimasta stupita quando la Umbridge l'aveva dichiarata non idonea agli standard della scuola.
Quella donna le faceva un po' pena, ma dopotutto, pensava, se fosse stata una vera Veggente, come sosteneva di essere, avrebbe dovuto prevedere il suo imminente esonero.
Finalmente, un giorno, verso la fine di marzo, sul galeone truccato comparvero ora e data dell'incontro dell'ES.
Megan si recò puntuale all'ultimo piano, e varcò senza problemi l'ingresso della Stanza della Necessità.
Molti dei ragazzi erano già arrivati e, quando la videro entrare, le rivolsero occhiate incredule e, a tratti, ostili.
Megan fece come Harry le aveva consigliato, e si scusò personalmente con ognuno.
Incontrò lo sguardo del fratello, che le sorrideva raggiante. Megan rispose al sorriso, ma si sentì un po' in colpa nel vedere la felicità del suo gemello: lui credeva che si fosse ravveduta, e che le sue azioni fossero mosse da un sincero desiderio di riappacificazione, ma non era così. Megan li avrebbe traditi tutti quanti.
Comunque, non ebbe più modo di sentirsi in colpa; poco dopo iniziò la lezione e, come capì presto, Harry aveva iniziato a farli esercitare con i Patronus.
Megan non era mai riuscita ad evocarne uno corporeo, ed era eccitata all'idea di provarci.
Si rivelò più difficile del previsto.
Nonostante fosse più brava della maggior parte dei suoi compagni, quell'incantesimo le stava dando non pochi problemi.
Scandiva con chiarezza la formula e agitava la bacchetta eseguendo il movimento corretto, ma non riusciva ad ottenere alcun effetto. Alcune volte, una leggera nebbiolina argentata si sprigionava dalla punta della sua bacchetta, ma si disperdeva in fretta nell'aria, senza accennare a prendere una forma definita.
«Devi pensare a qualcosa che ti renda davvero felice» le disse Harry, avvicinandosi. Megan annuì, e si sforzò di richiamare alla mente il ricordo giusto.
Ma non ce n'erano, capì, abbattuta; tutte le sue emozioni più belle erano legate a Cedric, ma pensare a lui la faceva sentire malissimo. Persino i ricordi legati ai suoi genitori erano oscurati da un velo di malinconia, perché quelli erano i ricordi di un'altra persona; la sua vita precedente non esisteva più, ora lei era diversa, in tutto. Certo, le emozioni che aveva provato nelle ultime settimane erano state molte e intense, ma nessuna poteva essere definita propriamente felice: era stata arrabbiata, spaventata, esaltata; si era sentita frustrata, aveva conosciuto il disprezzo più profondo, e la soddisfazione più selvaggia, ma mai era stata semplicemente serena o felice.
L'esercitazione andò avanti per un'ora, poi furono costretti a interrompere l'allenamento e fare ritorno ai rispettivi dormitori.
Megan si avviò, sola e abbattuta, verso i sotterranei.

*

Le settimane passavano lentamente, ma comunque troppo in fretta.
Gli esami si stavano avvicinando e, con l'aumentare dei compiti, cresceva anche l'agitazione degli studenti.
Alcune ragazze si erano già lasciate travolgere da parecchie ondate di panico, e Madama Chips aveva avuto un gran da fare in infermeria, dove gli studenti venivano portati per ricevere una bella dose di Pozione Rilassante.
Per rimarcare poi il fatto che da quegli esami dipendeva il futuro di ciascuno, i Capi Casa avevano iniziato a convocare gli studenti per gli incontri di Orientamento Professionale; Megan fu una delle prime ad essere chiamata nell'ufficio di Piton.
«Accomodati» l'accolse il professore di Pozioni.
Era un tiepido pomeriggio di fine marzo, ma, quando Megan entrò nel gelido studio sotterraneo, le sembrò di varcare l'ingresso di una caverna scavata nel ventre di un ghiacciaio.
Piton era chino sulla sua scrivania, e stava finendo di scrivere qualcosa a margine di una pergamena; quindi spostò la piuma vicino al bordo in alto e tracciò una grossa D; Megan si augurò vivamente che quello appena valutato non fosse il suo compito.
«Allora» cominciò l'insegnante, quando Megan prese posto davanti a lui. «Come sai al termine di quest'anno dovrai scegliere le materie che desideri continuare per i successivi due anni qui a Hogwarts. Questa scelta potrebbe influire molto sul tuo futuro fuori da queste mura, quindi il mio consiglio è di cominciare fin da subito a pensare molto attentamente a che cosa desideri fare una volta diplomata».
Megan annuì, e Piton proseguì «Qui ci sono degli opuscoli informativi» disse, accennando alle sottili pile di fogli disposte sul lato destro della scrivania «Hai già qualche idea in merito?» chiese.
«Veramente no» ammise Megan.
Era sempre stato suo desiderio diventare un una Spezza-Incantesimi, tuttavia da molti mesi non nutriva più molto interesse per qualsivoglia carriera. Quello, dopotutto, era stato il sogno di Cedric, e Megan si era sempre immaginata al suo fianco, a distruggere qualche maleficio tra le sabbie del deserto africano, o tra le rovine di un tempio indiano.
Ma ora Cedric non c'era più e lei, a dirla tutta, non riteneva più necessario compiere una scelta: un'altra “carriera”, infatti, le si era prospettata davanti.
«Pensavo,» riprese nel frattempo Piton «magari vorresti orientarti verso una carriera al Ministero?» suggerì «I tuoi voti sono ottimi, benché abbia notato un leggero calo in quest'ultimo semestre».
Megan ascoltò in silenzio il Direttore della sua Casa illustrarle le varie possibili alternative di impiego, e i requisiti minimi per accedervi.
«Parker, dovrai pure avere qualche ambizione!» sbottò a un certo punto Piton. Megan, che non aveva prestato troppa attenzione fino a quel momento, sobbalzò leggermente.
«Sì, immagino di sì» disse lei, dopo un momento «Credo che mi orienterò verso questo» disse, afferrando il primo opuscolo.
«Relazioni Babbane?» chiese Piton, tra il perplesso e lo sconcertato.
«Ehm» iniziò Megan, ma il professore la interruppe subito «Sul serio Parker, che ti prende ultimamente?» chiese, con una leggera nota irritata nella voce.
«Niente» si affrettò a rispondere lei, quindi aggiunse «Immagino che non ci sia nulla qui che faccia per me» e, sentendosi per la prima volta a disagio, concluse «Posso andare ora?»
Piton la squadrò per un momento, incerto se insistere; quindi annuì impercettibilmente.
Megan lasciò l'ufficio in fretta e fu solo quand'ebbe chiuso la porta del dormitorio alle sue spalle che riuscì a trarre un lungo, profondo sospiro.
Che diamine le era preso prima?
Non ebbe tempo di darsi una risposta perché, appena un istante più tardi, Pansy fece letteralmente irruzione nella camera.
«È stato grandioso» esclamò esaltata e, davanti al suo sguardo interrogativo aggiunse «Io e Draco ci siamo baciati!» esultò.
Megan scosse la testa divertita.
«Ah» sospirò Pansy lasciandosi cadere sul letto.
«Ora la pianterai di fare l'oca, mi auguro» le disse Megan.
«Penso che chiederò a Micheal di uscire» dichiarò Pansy.
«Micheal?» chiese Megan, confusa.
«Bé sì, non voglio rendere tutto troppo facile».
«Troppo facile?» esclamò Megan, allibita e, davanti all'espressione elusiva dell'amica aggiunse, semiseria «Io ti ammazzo».
Pansy si strinse nelle spalle e cominciò a ridere.

*

Per quanto trovasse irritante l'atteggiamento di Pansy, Megan aveva altri problemi a cui pensare.
Aveva finalmente deciso come intendeva agire, anche se la soluzione che aveva trovato le avrebbe creato non pochi problemi in futuro.
E poi, a peggiorare la situazione, c'erano gli esami.
Il professor Piton aveva ragione: i suoi voti erano in lento, ma costante calo e, oltre all'agitazione per i G.U.F.O. in avvicinamento, aveva anche una battaglia di orgoglio da combattere; era andata ad altre due riunioni dell'ES, ma non era riuscita a fare miglioramenti con il suo Patronus. Anzi, a dire il vero stava peggiorando: ora, faticava molto anche a produrre quei patetici sbuffi grigiastri.
Il prossimo incontro si sarebbe tenuto quella sera, così Megan decise di consumare la cena in fretta, così da ritagliarsi un po' di tempo per esercitarsi da sola e indisturbata nel suo dormitorio.
Alle sette e trenta uscì dalla Sala Comune, per fare il solito giro di ispezione, per poi salire all'ultimo piano e raggiungere gli altri dell'ES.
Stava percorrendo uno dei corridoio del secondo piano, quando vide Draco che le veniva incontro.
Quando furono a meno di un metro di distanza l'uno dall'altra, Megan si accorse che l'amico aveva un'espressione stranamente compiaciuta.
«Dove stai andando?» le chiese Draco.
Megan gli rivolse un'occhiata interrogativa e rispose «Faccio il giro di ispezione, tu invece perché sei qui?»
«Li abbiamo presi» disse, euforico.
Megan non capiva, chi era stato preso?
«Potter, sappiamo dove si nasconde» proseguì Draco «La Umbridge ha detto di aspettare che ci siano tutti, ma io non vedo l'ora di mettere le mani su quell'idiota. Questa volta sarà espulso!» esclamò trionfante.
Megan, con orrore, incominciò a comprendere.
«Ehm, grandioso» disse, cercando di mostrarsi il più convincente possibile.
«Peccato che tu non abbia accettato di fare parte della Squadra di Inquisizione, la professoressa Umbridge ci ricompenserà bene dopo stasera».
Megan annuì distrattamente; non andava bene, non andava assolutamente bene.
Harry non poteva essere espulso, ad ogni costo doveva rimanere a scuola.
In quel momento, arrivarono anche Tiger e Goyle; anche loro esibivano un sorriso raggiante sui loro volti massicci e ottusi.
«Ci siamo?» chiese Draco, tremando di eccitazione. Gli altri due si scambiarono uno sguardo confuso, poi annuirono con decisione.
«A dopo» la salutò Draco, con una voce sorprendentemente acuta; Megan rimase per un attimo immobile, quindi cominciò a correre nella direzione opposta, su per le scale e attraverso i passaggi segreti.
Non aveva ancora raggiunto il settimo piano, quando vide alcuni ragazzi dell'ES venirle incontro trafelati; qualcuno cercò di dirle qualcosa, ma Megan li ignorò e proseguì.
Stava per svoltare l'ultimo angolo, quando udì un gran tonfo, accompagnato da alcune risate di scherno; si bloccò di colpo, quindi, nascosta dietro al muro, si sporse  cautamente per spiare il corridoio.
Vide Draco, raggiante, torreggiare su Harry, che giaceva lungo disteso sul pavimento: probabilmente era appena stato colpito da un incantesimo rallentante.
E, dal fondo del corridoio, resa ancora più stridula dall'eccitazione, risuonò la voce della Umbridge «Eccellente, oh sì eccellente Draco» esultò «Cinquanta punti a Serpeverde» dichiarò, quindi, con uno sguardo di sadica soddisfazione si rivolse a Harry «Alzati Potter, ora andiamo dal Preside».

*

Con la presente, Dolores Umbridge, Preside di Hogwarts e Inquisitore Supremo la informa che è stata convocata nell'Ufficio del Preside.

Quando Megan lesse quelle poche parole, comprese che i suoi peggiori timori si erano avverati.
Qualcuno doveva aver trovato la lista dei partecipanti dell'esercito di Silente e l'aveva consegnata alla Umbridge.
Megan venne colta dal panico; non poteva venire espulsa, non avrebbe mai sopportato un'umiliazione del genere: guardare i suoi amici terminare gli studi a Hogwarts, mentre lei veniva costretta a ripiegare in qualche scuola di secondo o terzo ordine, magari addirittura fuori dalla Gran Bretagna, sarebbe stato semplicemente inaccettabile e tremendamente imbarazzante.
Ma il suo nome e la sua firma erano tracciati chiaramente e indiscutibilmente su quella pergamena, e Megan non sapeva proprio che cosa inventarsi per cavarsela questa volta.
Naturalmente, però, non poteva immaginare che quella che all'inizio le era sembrata una tragedia, si sarebbe rivelata una grande occasione.
E così, depressa e rassegnata, Megan si avviò lentamente verso la Presidenza
Stava percorrendo l'ultimo corridoio che conduceva alla Torre delle Scale di Marmo, diretta allo studio del Preside, quando incrociò alcuni altri membri dell'ES, che venivano dalla parte opposta. Quelli le rivolsero degli sguardi ostili, mormorando tra loro.
Alla fine, Macmillan disse qualcosa a voce alta, che suonava molto simile a “Lo avevo detto che non ci si poteva fidare di una Serpeverde”.
Megan, che si trovava davanti a lui, a qualche passo di distanza, si bloccò di colpo.
«Che cosa hai detto, Macmillan?» chiese, irritata, voltandosi per fronteggiare il Tassorosso.
«Che non ci si può fidare di una Serpeverde» ripeté lui, calmo. Alcuni altri ragazzi cercarono di farlo tacere, ma i più rimasero zitti, come a voler fornire una sorta di muto consenso.
«Credi che sia stata io a dire alla Umbridge dell'ES?» domandò Megan, aspra.
«È quello che pensano tutti, Parker» rispose Macmillan, scatenando mormorii di assenso. «Vuoi negarlo?» la incalzò.
Megan non ebbe il tempo di rispondere; in quel momento, un altro gruppo di studenti li raggiunse. Tutti la guadavano torvo.
Si accodarono al gruppo di Macmillan e Megan, dopo momento di esitazione, si unì a loro.
Quando poi si riunirono tutti nell'Ufficio del Preside, che peraltro sembrava essere stato teatro di una violenta zuffa, fu subito chiaro che nessuno di loro sarebbe stato espulso.
Neanche la recente promozione sembrava dunque aver dato alla Umbridge il potere di espellere qualche studente.

   «Inaccettabile» ripeté la Umbridge per l'ennesima volta «Assolutamente inaccettabile» Troneggiava su di loro, circostanza decisamente unica, dall'alto della pedana rialzata, circondata dai resti dei tavolini dalle gambe sottili; era successo decisamente qualcosa lì dentro e, a giudicare dall'atteggiamento della Umbridge, quel qualcosa non l'aveva affatto compiaciuta.
«Non posso provare le vostre continue riunioni» continuò la neo Preside «Ma la lista parla chiaro, avete infranto il Decreto ministeriale prendendo parte a un'organizzazione illegale a scopo sovversivo» li accusò; non c'era più alcuna traccia del suo solito tono affettato, la sua voce ora era acida e fredda, ma ugualmente insopportabile.
Sul fondo dello studio, accanto alla porta, i membri della Squadra di Inquisizione gongolavano come non mai, e non si perdevano una parola; solo Pansy e Draco sembravano turbati, come se la gioia del momento non potesse dirsi completa per loro; la ragione, era evidente.
«Sarete messi in punizione, fino alla fine dell'anno scolastico» stava continuando la Umbridge «Qualcuno ha da dire qualcosa a sua discolpa?» li sfidò poi.
In quel momento, Draco prese la parola «Professoressa» iniziò.
«Sì, Draco» disse la Umbridge, ritrovando improvvisamente il suo tono dolce e indulgente.
«Credo che qui ci sia stato un malinteso» continuò Draco, rivolgendo un chiaro sguardo nella direzione di Megan.
Lei si voltò a guardare prima la Umbridge, poi l'amico, poi di nuovo la Umbridge, che invece osservava entrambi in silenziosa attesa.
«Ebbene?» risolse infine la Preside.
Megan pensò in fretta.
Poteva mentire e salvarsi, o stare zitta e condividere la punizione con gli altri; già, gli altri che, senza nemmeno aver voluto ascoltare la sua versione, avevano deciso che era stata lei a tradire l'ES.
«Megan non ha mai avuto intenzione di tradirla, professoressa» continuò Draco.
Megan si sentiva la gola asciutta; non aveva idea di dove il suo amico volesse andare a parare, né come pensasse di negare l'evidenza.
La Umbridge intanto ascoltava in silenzio, indecisa se voler credere o meno a quelle parole.
Tra i ragazzi serpeggiarono mormorii confusi; Megan lanciò un'occhiata a suo fratello che se ne stava in piedi accanto a Weasley, con un espressione incredula e inorridita sul volto.
«Megan ha accettato di far parte dell'Esercito di Silente per poter avere informazioni» proseguì ancora Draco «Informazioni da consegnare a lei, naturalmente» aggiunse.
«E perché non hai detto nulla fino ad ora» chiese la Umbridge, sospettosa «E nemmeno tu, signorina Parker?»
«Come ha detto lei, professoressa» si inserì di nuovo Draco «Non c'erano mai state riunioni, quindi non aveva nulla di rilevante da riferirle. Questa sera doveva esserci la prima, e quindi Megan mi ha subito informato dei dettagli e io sono venuto a riferirli a lei».
Megan continuava a restare in silenzio, incapace di contraddire l'amico.
La Umbridge le lanciò di nuovo uno sguardo indagatore, quindi tornò a concentrarsi su Draco, che riprese, sempre più convinto «Megan si è quindi recata sul luogo, per evitare di destare sospetti, e per dire a Pansy dove poteva trovare la lista con i nomi di tutti i membri» aggiunse, al che anche Pansy annuì prontamente.
Ancora una volta, la Umbridge rimase in silenzio, soppesando le parole che aveva appena udito.
«Ebbene, signorina Parker» disse infine «È così che è andata?»
Megan, che era rimasta ad ascoltare incredula, fu costretta a dire qualcosa.
Draco le aveva appena offerto un modo per salvarsi dalla punizione, e le sarebbe bastato annuire in silenzio per scamparla; tuttavia, sapeva che, se l'avesse fatto, questa volta Harry e gli altri non l'avrebbero mai perdonata e lei non avrebbe più avuto nessuna possibilità di portare a termine il compito che Voldemort le aveva affidato.
Pur sapendo che la Umbridge si sarebbe arrabbiata con Draco per averle mentito così spudoratamente, si fece coraggio e rispose «No, professoressa».
«Che cosa è successo, allora?» strillò la Umbridge, impaziente.
Evitando accuratamente di guardare i suoi amici, Megan spiegò «Sono entrata nell'Esercito di Silente per gli stessi motivi degli altri, volevo imparare a combattere, dal momento che lei si è rifiutata di farlo… se per mancanza di volontà o per totale incapacità non saprei dirlo» dichiarò, scatenando mormorii di approvazione tra i membri dell'ES.
«Come osi?» scattò la professoressa, ma Megan si affrettò a concludere «Quindi non c'era nessun altro scopo, ho aderito al gruppo per contrastare la sua totale ignoranza in materia e se crede che questo meriti una punizione, allora verrò punita anche io come tutti gli altri».
«Puoi starne certa, signorina Parker» promise la Umbridge.

*
 
Ovviamente, gli altri Serpeverde l'avevano presa molto bene.
La Umbridge si era limitata a togliere dieci punti a Draco per averle mentito, ma comunque il danno morale era elevatissimo.
Megan non aveva risposto alle domande insistenti dei suoi amici, così loro avevano iniziato a trattarla con freddezza e distacco, come se lei fosse una portatrice sana di una qualche oscura e infida malattia.
Un giorno, forse molto presto, Megan avrebbe rivelato la vera ragione del suo gesto, e allora i suoi amici avrebbero capito e tutto sarebbe ritornato come prima.
Quanto ai membri dell'ES, erano rimasti tutti piacevolmente colpiti dal suo comportamento, William più degli altri, e Megan non si era mai trovata tanto in sintonia con loro in tutta la sua vita; condividere la punizione della Umbridge aveva creato una sorta di legame tra loro, suggellato dalle orrende cicatrici inferte dalle penne incantate della sadica Preside.
Inoltre, era anche stato scoperto il nome della spia; a quanto pare la Granger aveva stregato l'elenco dei nomi, con una incantesimo alquanto crudele per una studentessa irreprensibile come lei, azione, questa, che le era valsa i sinceri complimenti di Megan.
Poco dopo quella spiacevole avventura, comunque, giunsero le vacanze di Pasqua; Megan pensò che quella potesse essere una buona occasione per mettere in atto il suo piano, ma, ancora una volta, avvenne qualcosa che la costrinse a cambiare i suoi progetti.
Due giorni prima della sospensione delle lezioni, infatti, Megan aveva ricevuto una lettera dei suoi genitori, che le ordinavano, neanche troppo velatamente, di tornare a casa.
Da sola, avevano precisato.
Dal momento che, come William, aveva programmato di restare a Hogwarts per studiare, dovette inventarsi una scusa: disse che aveva scelto di tornare a casa perché lì avrebbe potuto concentrare meglio, visto che nel proprio dormitorio non era più la ben accetta; suo fratello inizialmente si offrì di farle compagnia, ma si lasciò convincere facilmente a rimanere a scuola insieme ai suoi amici e, per fortuna, non sospettò nulla.

*
Era tornata a casa da un paio di giorni.
I suoi genitori non le avevano ancora lasciato intendere nulla riguardo la loro richiesta tanto insolita quanto preoccupante.
Nella tarda mattinata del terzo giorno, tuttavia, Megan ebbe le sue risposte.
Stava scendendo le scale, diretta in giardino dopo una lunga, noiosa, sessione di studio; era una bella giornata primaverile e non vedeva proprio l'ora di rilassarsi per una mezzoretta all'ombra di uno dei maestosi alberi che punteggiavano il parco della villa.
Arrivata nel grande atrio d'ingresso si fermò un momento; aveva davvero voglia di qualcosa di fresco da bere, e magari anche di un bel libro da leggere, qualcosa di leggero per svagarsi un po'.
Decise che avrebbe chiesto di occuparsene a Ellie, L'Elfa Domestica della sua famiglia.
La chiamò, ma non ottenne alcuna risposta; era dalla sera precedente che Megan non riusciva a trovarla, e si chiese se per caso non si fosse ammalata, anche se quella sarebbe stata la prima volta.
Decise di arrangiarsi.
Non aveva voglia di risalire le scale per raggiungere la biblioteca, così si diresse verso il salotto, dove si trovavano alcuni scaffali che offrivano comunque una scelta abbastanza vasta.
Aveva mosso appena qualche passo, quando vide suo padre uscire proprio dalla porta del salotto.
Aveva il volto tirato e sfoggiava un'espressione preoccupata; per un istante non parve nemmeno vederla.
«Megan» esordì alla fine «Vieni» disse semplicemente e, senza darle altre spiegazioni, rientrò nella stanza.
Megan aveva visto suo padre così teso solamente una volta e la ragione, come constatò poco dopo, era la medesima.
Varcò la soglia del salotto e ad accoglierla trovò Lord Voldemort, che se ne stava tranquillamente seduto sulla poltrona, con le lunghe dita bianche intrecciate davanti a sé, mentre la povera Ellie se ne stava accucciata accanto a lui, pronta ad esaudire qualunque richiesta.
C'era anche sua madre, seduta sul divano, e sul suo bel volto c'era la stessa espressione tesa del marito.
Megan esitò un istante, colta di sorpresa, quindi riprese ad avanzare, e fu solo allora che si rese conto che l'esile creatura ai piedi del Signore Oscuro non era Ellie; l'esserino infatti, era sì un Elfo Domestico, ma non il suo.
«Megan» la salutò Voldemort, con un scintillio sinistro nei freddi occhi sanguigni. «Ho saputo che ti sei ristabilita completamente dopo il nostro ultimo incontro» aggiunse poi.
Suo padre, quello adottivo, aveva intanto preso posto accanto alla moglie e scosse la testa impercettibilmente a quelle parole; non sembrava arrabbiato, ma, piuttosto, deluso.
Per un po' nessuno disse nulla, poi, all'improvviso, l'Elfo sconosciuto emise una sorta di rantolo gutturale, come se volesse segnalare la sua presenza.
«Oh, lui è Kreacher» presentò Voldemort, con noncuranza «Ma tu lo conosci già, non è vero?»
L'Elfo, sentendosi nominare, sollevò la brutta testa rugosa, e finalmente Megan lo riconobbe: era l'Elfo Domestico di Sirius Black.
«Mi ha riferito alcune informazioni importanti, sai» continuò Voldemort «Non sapevo che Silente ti avesse accolta nel suo esclusivo circolo segreto»
Megan, ormai incapace di dire alcunché, si limitò ad abbassare lo sguardo.
Di nuovo,  nella stanza cadde il silenzio, rotto alla fine dalla parole del Signore Oscuro.
«Vincent, vai pure, voglio scambiare due parole con mia figlia» ordinò al suo seguace, che, prontamente obbedì; sua madre, non essendo stata nominata, esitò un istante, quindi si rassegnò a seguire il marito ed uscì dalla stanza.
«Vieni Kreaher» ordinò poi suo padre e il brutto Elfo si affrettò a eseguire, infilandosi malamente nello spiraglio della porta che, velocemente, venne chiusa.
Megan non osava emettere un suono.
«Siediti» ordinò il Signore Oscuro, passando rapidamente alla lingua sibilante dei serpenti; Megan, riluttante, obbedì e prese il posto di sua madre sul divano, lo sguardo fisso sul pavimento.
«Mi congratulo con te» esordì Voldemort «Non credevo riservassi così tante sorprese» continuò; Megan sollevò di scatto la testa, ormai completamente smarrita.
«Questo ci da un vantaggio inaspettato» proseguì Voldemort «E l'Elfo mi ha rivelato alcune importanti informazioni» .
Fece una pausa, quindi si alzò e si diresse verso il camino, dandole le spalle.
«Dimmi» disse alla fine «Come definiresti il rapporto tra Potter e Black?»
Megan, sempre più confusa, rispose «Black è il suo padrino».
«E sono legati?» chiese Voldemort.
«Credo di sì».
«Quanto?» insistette lui.
«Molto, immagino».
«Ho bisogno di saperlo!» ringhiò Voldemort, battendo il pugno bianco contro la mensola del camino; Megan arretrò sullo schienale del divano.
«Sono molto legati, credo che Black lo consideri come un figlio, o un fratello, non saprei davvero come interpretarlo» rispose lei, tutto d'un fiato.
«E Potter?» la incalzò il Signore Oscuro.
«La stessa cosa».
«Credi che metterebbe a rischio la sua vita per salvarlo?»
«Senza dubbio» rispose Megan, senza esitazione.
«Eccellente» esalò Voldemort, ritornando a sedere sulla poltrona.
«Ma non avrai modo di catturarlo, resta sempre chiuso a… » obiettò Megan, interrompendosi poi quando si rese conto che non era in grado di pronunciare il nome del rifugio segreto dell'Ordine.
«Incanto Fidelius» riconobbe il Signore Oscuro «Non sarà un problema» tagliò corto. «Quello che voglio da te» continuò poi «È che ti assicuri che Potter non abbia la possibilità di contattare nessuno e che corra al Ministero per salvarlo».
«Credevo che avessi affidato a me il compito di portare Harry al Ministero» protestò Megan, senza pensare.
«Infatti, ma hai fallito» decretò Voldemort.
«Non-» tentò di protestare ancora, ma il Signore Oscuro la interruppe «Non importa, ora farai come ti ho detto, mi hai capito?»
Megan annuì in silenzio.
«Rispondimi!» ringhiò Voldemort, le narici a fessura dilatate.
«Sì, ho capito» rispose Megan, tra l'arrabbiato e lo spaventato.
«Bene» approvò il Signore Oscuro, ritrovando il suo tono freddo e calmo «Ora puoi andare» disse alla fine.
Megan esitò un istante, quindi decise che fosse meglio non contrariarlo e lasciò la stanza. I suoi genitori attendevano poco oltre l'ingresso; quando la vide, sua madre non riuscì a reprimere un gemito di sollievo.
Tuttavia, Megan non aveva voglia di parlare con nessuno; le passò accanto in silenzio, quindi risalì le scale in fretta, mentre con la coda dell'occhio vedeva suo padre rientrare nel salotto, evidentemente per ricevere altre istruzioni dal suo Signore.


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