Levi cerca di guardarlo negli occhi, o di guardare da qualsiasi altra parte che non sia ciò che rimane del suo braccio macellato.
Ervin intercetta il suo sguardo, e sorride.
"Lo so, non è un bello spettacolo. Che ci vuoi fare. Tuttavia, lo considero la mia medaglia al valore nella lotta contro i giganti".
Levi sorride di rimando. È una delle caratteristiche che ha sempre apprezzato maggiormente di Ervin, e che secondo lui lo rendono un ottimo comandante: il suo essere sempre positivo.
In fondo è davvero così: ad Ervin non importa di aver perso il braccio. Non più di tanto, almeno. In fondo gli è andata ancora bene, e si considererebbe un ingrato se incominciasse a lamentarsi di ciò che non ha più.
È Levi quello che soffre di più per la sua ferita. Il pensiero del dolore che l'amico deve aver provato lo scuote fin nel profondo, ferendolo come se sperimentasse quella sensazione sulla sua stessa pelle.
È strano: non ha mai provato compassione per nessuno, si è sempre considerato un tipo freddo, distaccato, algido. Quasi egoista, talvolta, almeno per quanto riguarda i sentimenti e le emozioni.
Eppure. Eppure con Ervin è diverso, in fondo lo è sempre stato. Del resto è il suo più caro e vecchio amico, colui che gli ha salvato la vita,  strappandolo ad un'esistenza dedita unicamente ai furti e destinandolo a qualcosa di migliore, di più grande.
In questo slancio emotivo così diverso da ciò che è lui, Levi fa qualcosa di ancora più sconvolgente: abbraccia Ervin.
Lo stringe forte a sé, senza parlare, solo per fargli sentire che lui è lì, che lui lo capisce, e gli vuole bene, anche se non è mai stato in grado di dirglielo a parole; forse, in realtà, non ne ha mai avuto il coraggio.
Ervin rimane immobile all'inizio, ugualmente sconvolto da quel gesto così strano da parte del suo sottoposto.
Poi ricambia, ma a causa della sua condizione non riesce a stringerlo con l'intensità che vorrebbe.
Ed in quel momento, solo in quel momento, per la prima volta, Ervin di rattrista di non avere più l'altro braccio.