Serie TV > Shadowhunters
Ricorda la storia  |      
Autore: Roscoe24    02/02/2019    5 recensioni
"Per questo Alec pensava che un po' di allenamento avrebbe fatto bene ad entrambi. (...) Di certo, non si aspettava di essere distratto da Magnus."
Genere: Fluff, Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Alec Lightwood, Magnus Bane
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
                                                                                                               I’ve always dreamed of meeting someone like you
                                                                                              
                                                                                         ◊


Quando Alec aveva proposto una sessione di allenamento non pensava che la cosa gli si sarebbe ritorta contro.
Il suo piano iniziale era fare in modo che Magnus fosse in grado di proteggersi anche senza l’uso della magia. Alec era preoccupato. Magnus aveva passato la sua intera esistenza facendo affidamento sulle sue abili doti di Stregone e sulla sua potente magia, tanto che aveva contato solo su quella per difendersi – o eventualmente attaccare – per più di quattro secoli.
E adesso, dopo la battaglia con Lilith e la sua uccisione, dopo la liberazione di Jace dal demone che la regina di Edom aveva usato per possederlo, altro non rimaneva che l’amara consapevolezza che Asmodeus aveva privato Magnus della sua magia. Un prezzo che lo Stregone aveva dovuto pagare per ricevere l’aiuto di un padre manipolatore e subdolo.
Alec non ci dormiva la notte. Questa consapevolezza gli martellava il cervello, mentre i sensi di colpa lo divoravano, e cercava incessantemente un modo per recuperare ciò che Magnus aveva perso.
Ma non era semplice. Primo perché Asmodeus era malvagio, secondo perché era sicuro che Magnus non fosse ancora pronto per sentir parlare Alec di un possibile piano che implicasse un altro incontro con Asmodeus per cercare di convincerlo a restituirgli la sua magia.
Aveva ancora bisogno di tempo, di questo Alec ne era convinto. Sebbene Magnus alzasse la maschera, facendo credere a chiunque di stare bene, Alec sapeva che non era così. Lo conosceva, aveva imparato a cogliere i segnali, a prestare attenzione ai dettagli. Magnus era turbato e soffriva – e Alec soffriva con lui e per lui.
Per questo aveva pensato che un po’ di allenamento avrebbe fatto bene ad entrambi: li avrebbe aiutati a distrarsi un po’, avrebbe fatto in modo che Magnus sapesse difendersi anche senza magia e avrebbe reso Alec un pochino più tranquillo, sapendo che il suo ragazzo non era alla mercé di possibili nemici in cerca di vendetta.
Di certo, non si aspettava di essere distratto da Magnus. E dalle sue braccia. E dal suo petto. Sul serio, doveva necessariamente mettersi una canottiera così scollata? Alec riusciva a vedere quasi tutto e normalmente non sarebbe stato un problema, anzi, l’avrebbe decisamente apprezzato, ma adesso era un problema per la sua concentrazione.
Si schiarì la gola per cercare di riordinare le idee. Disciplina. Rigore. Fatica e sacrificio. Tutte cose da Shadowhunter. Tutte cose che gli avevano insegnato da bambino, nozioni che doveva applicare anche in questo contesto. Doveva concentrarsi solo sull’idea che aveva davanti un allievo e non il suo super attraente fidanzato.
Ce la puoi fare, Lightwood. Fingi che sia un apprendista.
Magari potrebbe esserti d’aiuto pensare che sia un apprendista donna.
Sì, potrebbe aiutarlo in effetti. Fingere che Magnus sia qualcuno altro, qualcuno da cui non è minimamente attratto sotto ogni punto di vista.
Poteva farcela.
Si schiarì di nuovo la gola e guardò Magnus, che era in attesa. Aveva gli occhi truccati con una linea di matita nera ed erano belli anche senza il glamour. Alec amava ogni versione degli occhi di Magnus, quelli veri e quelli che servivano a mascherare il Marchio. Sentì un tuffo al cuore, al pensiero che i primi non avrebbe più potuto guardarli, ma accantonò quel pensiero. Erano lì per un motivo e Alec non voleva piangersi addosso.
“Da dove vuoi cominciare?”
Magnus spostò il peso da un piede all’altro. Aveva dei pantaloni grigio scuro, larghi sul cavallo e stretti sui polpacci. “Non lo so, sei tu l’esperto.”
Alec camminò per la sala d’addestramento, i suoi passi risuonarono sul pavimento ed echeggiarono per le pareti. “Qua ci sono le armi. Armi bianche o bastoni.”
“Bastoni…” Ricalcò Magnus, un sorrisetto a tendergli le labbra.
“Magnus. Sono serio.” Rigore e disciplina. Gli serviva solo quello. E una buona dose di concentrazione per non finire preda di uno dei giochetti di Magnus.
“Lo so, Alexander.” Magnus fece vagare lo sguardo sulle armi appese alle pareti. Ce n’era una quantità tale da far invidia ad un esercito – poi si ricordò che anche gli Shadowhunters erano un esercito a tutti gli effetti e che il suo ragazzo era un soldato. Un soldato che era sceso sul campo e aveva preso una delle sue frecce nel petto, vicino a quel cuore che Alexander gli aveva donato tempo indietro, fidandosi di lui a tal punto da andare contro tutte le antiche e bigotte regole del Clave. Il ricordo di Alec sdraiato a terra, ferito, il sangue che imbrattava la parte superiore della divisa e la sua voce debole e sussurrata, gli fece improvvisamente venire voglia di stare il più lontano possibile da qualsiasi genere di arma. “Perché non evitiamo di usare le armi, per adesso?”
“Va bene, cominceremo con il corpo a corpo. Le armi in un secondo momento. Ma dovrai imparare ad usarne una, intesi?”
Magnus sapeva che in quella frase era celato un non voglio che resti senza difese, ma Alexander aveva abbastanza tatto da non dirlo esplicitamente per non rievocare la consapevolezza – che tuttavia avevano entrambi – che Magnus era rimasto senza magia. Comunque, la preoccupazione di Alec nei suoi confronti scaldò il cuore tormentato dell’uomo.
«Quanti Nascosti pensi vivano a New York?»
«Non lo so, ma non sono una tua responsabilità.»
«Ma tu lo sei.»

E anche se ormai Magnus non poteva più definirsi un Nascosto, sapeva benissimo che Alec avrebbe sempre fatto di tutto per proteggerlo. Alexander era dolce e premuroso e Magnus lo amava anche per questo.
“Intesi, fiorellino.”
Alec fece una smorfia contrariata, il viso che si accartocciò come se avesse assaggiato uno spicchio di limone. “No. Assolutamente no.”
Magnus alzò gli occhi al cielo. “Hai già bocciato cucciolo e panda, stamattina. Questo potresti approvarlo!”
Alec ricordò con un certo disappunto di non aver ricevuto un bacio appropriato, quella mattina, ma solo un fugace contatto di labbra. “Mai, Magnus.” Rispose, poi. Era terribilmente serio, ma Magnus non demorse.
“D’accordo, allora ti chiamerò muffin.
“No.”
“Cupcake?”
“No.”
“Zuccherino!”
“Magnus, piantala di cercare un soprannome!”
Ma Magnus lo ignorò. “Biscottino?”
Alec lo fulminò. “Chiami Clary così. Vuoi dire che ci metti sullo stesso piano?” Domandò, gli occhi ridotti a due fessure.
“Non dire fesserie, Alexander.”
“Allora rimangiati immediatamente quello che hai detto.”
Magnus sorrise e si avvicinò al suo ragazzo. Alzò una mano per accarezzargli una guancia. Alec non si ritrasse, ma non si sciolse nemmeno come era solito fare a casa. Forse perché era all’Istituto e in quanto Capo, doveva mantenere un comportamento professionale. “Me lo rimangio. Nessuno è al tuo piano.” Lo sguardo di Magnus si ammorbidì, le iridi presero a brillare nel modo più umano e genuino possibile. Quando parlò, la sua voce trasudava sincerità e amore, di quello puro e incondizionato. “E nessuno lo sarà mai.”
Alec chiuse gli occhi e sospirò, il pollice di Magnus che tracciava piccole carezze sul suo zigomo. Era stato sciocco e infantile. Sapeva ciò che Magnus provava per lui. Erano stati quei sentimenti a spingerlo a scendere ad Edom e a stringere un accordo con Asmodeus.
“Dobbiamo allenarci.”
Magnus annuì e lasciò il viso di Alec. “Certo, angelo mio.”
Alec stava per protestare, ma Magnus alzò una mano e lo zittì, appoggiando l’indice sulle sue morbide labbra rosee. “Non puoi ribattere a questo. Non è un soprannome, quanto piuttosto un dato di fatto. Sei per metà angelo e sei mio. È pura logica. Non puoi contraddire la pura logica!”
Alec guardò Magnus e il suo sorriso e sorrise di rimando, scuotendo affettuosamente la testa. Era bello ed era divertente. E lo amava da morire, tanto da sentire il cuore esplodergli ogni volta che solamente lo guardava o gli sfiorava le labbra, come in quel momento, anche semplicemente con un dito.
“Ti credi tanto furbo, non è vero?”
Sono furbo, e lo sai.”
Alec non ribatté, ma non negò nemmeno. Cambiò argomento, piuttosto, invitando Magnus a concentrarsi per iniziare l’allenamento.



Alec aveva passato l’ultima mezz’ora a spiegare a Magnus le mosse e i movimenti base per una difesa e un attacco perfetti. Gli aveva mostrato come posizionare le gambe, come alzare le braccia e i pugni. Successivamente, si era mosso piano per fargli vedere bene come muoversi e fargli capire esattamente dove colpire, o come parare. Magnus aveva annuito in silenzio, guardando la maglietta di Alec, che a volte si alzava, mostrando le ossa del bacino, la V pronunciata, e la parte bassa degli addominali. Era stato bravo, perché nemmeno quella piccola visione tentatrice l’aveva distratto. Almeno, non totalmente.
Era stato bravissimo anche a non prestare (troppa) attenzione ai bicipiti di Alec, che uscivano dalle maniche corte della maglietta grigia che indossava e si gonfiavano ad ogni movimento.
Magnus doveva ammettere, almeno a se stesso, che più di una volta aveva desiderato che quella maglietta sparisse. Se avesse avuto ancora la magia quel misero pezzo di stoffa, che lo separava dalla gloriosa visione del fisico definito del suo bellissimo ragazzo, sarebbe già immerso nell’Oceano Indiano.
“Tutto chiaro, Magnus?”
Magnus annuì. “Sì, chiarissimo.”
“Va bene, allora cominciamo.”
Alec si mise in posizione, ma Magnus, prima posizionarsi a sua volta, sorrise malandrino. Alec, che conosceva quel sorriso e quell’espressione, assottigliò lo sguardo con fare indagatore.
“A cosa stai pensando?”
“A rendere più interessante la cosa. E visto che non ti sei ancora denudato, pensavo di scommettere.”
“Scommettere?” Echeggiò Alec, le guance che si colorarono per il commento di Magnus in netto contrasto con l’intonazione interrogativa della voce.
“Sì. A meno che tu non voglia denudarti. In quel caso, non sarò certo io a fermarti.”
Alec arrossì, passandosi una mano sul viso per coprire il sorriso che gli tendeva le labbra, nonostante tutto. “Non mi spoglierò, Magnus.”
“Quando volevi fare colpo su di me l’hai fatto, però.” Mise il broncio, Magnus, ricordando quel giorno come uno dei suoi preferiti all’Istituto. Aveva trovato Alec a boxare senza maglietta; goccioline di sudore che percorrevano il suo corpo, ignare di quanto fossero fortunate. “Mi stai dicendo che non ti interessa più impressionarmi?”
Alec abbandonò la sua postazione e si avvicinò a Magnus, tra loro adesso c’era una distanza ridicola. Gli prese il viso tra le mani e gli accarezzò le guance, chinandosi poi quel poco necessario a sfiorargli le labbra con le sue. “Non dire cose insensate, Magnus. Non ti si addice.” Alec abbassò le mani dal viso di Magnus e si allontanò, tornando alla sua postazione iniziale. “Che genere di scommessa hai in mente?”
“Chi perde paga la cena. E il ristorante lo sceglie il vincitore.”
Alec sorrise con furbizia, quel sorrisetto che si formava sul suo viso ogni volta che qualcuno – e Magnus in particolare – andava a stuzzicare il suo spirito competitivo. “A tuo rischio e pericolo.”
“Sei così sicuro di vincere?”
Alec non riuscì a trattenere un sorriso sicuro. Magnus amava quei sorrisi. All’inizio erano così rari, ma mano a mano che Alexander prendeva confidenza in sé, sentendosi sempre più a suo agio con se stesso e con quello che era, anche la consapevolezza di avere delle capacità fuori dal comune si faceva sempre più strada in lui.
“Lo faccio da tutta la vita, Magnus. Combattere è letteralmente il mio mestiere.”
Magnus arricciò le labbra in un modo adorabile. “Allora accetta. È una vittoria scontata, no?”


Non fu per niente una vittoria scontata. Magnus sapeva combattere e non aveva detto niente ad Alec, che adesso si trovava senza una strategia che funzionasse perché Magnus parava ogni colpo che provava a mandare a segno.
Alec parò con un avambraccio uno dei colpi di Magnus. “Hai imbrogliato.” Lo accusò, allontanandolo da sé.
Magnus sorrise beffardo, il petto che si alzava e abbassava, ansante; la pelle ambrata lucida di sudore. “Puoi usare una delle tue rune, se pensi sia troppo difficile.” Ammiccò, sfidandolo.
Alec lo guardò con serietà, come se avesse appena subito un affronto. “Ti piacerebbe, non è vero? Almeno potresti rinfacciarmelo.”
“Mi conosci così bene, angelo mio.” Magnus calcò il nomignolo e si avvicinò di nuovo ad Alec, colpendo il fianco che aveva scoperto. Il Cacciatore non fece in tempo a pararlo, o a reagire, che Magnus l’aveva sbattuto a terra con uno sgambetto. Era agile come un gatto, dannazione, e Alec si era fatto fregare come un principiante. Con la schiena sul pavimento, Alec avvertì il peso di Magnus su di sé, le gambe dell’uomo che circondavano il suo bacino, le ginocchia ai lati dei suoi fianchi. Se il respiro di Alec accelerò, ben poco c’entrava la fatica dovuta al combattimento.
“Eri così emozionato all’idea di insegnarmi a combattere, che non me la sono sentita di dirti che so già farlo.” Soffiò Magnus, avvicinando il viso a quello di Alec; la sua bocca ad un millimetro da quella del Cacciatore. “Sul serio, Alexander, ho più di quattrocento anni. Pensavi che non avessi imparato a farlo, in questo lasso di tempo?”
Per la prima volta, da quando Magnus era stato privato della sua immortalità, parlare dei suoi anni non l’aveva rattristato. Alle orecchie di Alec, l’intonazione nella sua voce non era spensierata come voleva farla apparire, ma non c’era nemmeno la solita gravità. La reputò una piccola vittoria.
Alec ridusse la misera distanza tra di loro e lo baciò, le sue mani andarono ad appoggiarsi sulle cosce di Magnus, dove strinsero i muscoli, come se il Cacciatore avesse voluto imprimere le sue impronte digitali sul corpo dell’uomo. Sei mio, voleva dire quel gesto.
Magnus sorrise sulle sue labbra, prima di ricambiare il bacio, aprendo la bocca per accogliere la lingua di Alec, che impaziente aveva cominciato a spingere contro i suoi denti per approfondire quel bacio.
“È la mia ricompensa per aver vinto?” domandò Magnus, ansante, quando si separarono. La fronte appoggiata a quella di Alec.
“Più che altro, è il bacio che avrei voluto ricevere stamattina e che non ho ricevuto.”
Magnus rise e gli baciò il naso. “Eravamo in ritardo.”
“È la scusa più fiacca dell’universo.”
“Ma guardati, tutto imbronciato per non aver ricevuto le coccole.” Magnus strofinò il naso sul collo di Alec, come un gatto in cerca di attenzioni. Alec gli diede un colpetto su una coscia a cui Magnus rispose con un bacio a stampo. “Mi farò perdonare, con tantissimi baci e tantissime coccole.”
“Mi sta bene, ma devi anche darmi la rivincita.”
Magnus alzò gli occhi al cielo. “Tu si che sai uccidere il romanticismo.” Commentò, alzandosi da Alec, che improvvisamente si pentì di quella richiesta. Gli mancava già la vicinanza di Magnus e non gliene fregava assolutamente nulla se erano all’Istituto e tutti avrebbero potuto vederli – che li guardassero pure, dannazione, che guardassero quanto Alec fosse fortunato ad avere Magnus Bane nella sua vita.
Magnus gli porse una mano per aiutarlo a lasciare il pavimento. Quando Alec fu in piedi, Magnus gli sorrise. “Ma se è quello che vuoi, avrai anche la rivincita, amore mio.”
Il respiro di Alec gli si mozzò in gola, il cuore prese ad accelerare furioso, frenetico, avido di sentire di nuovo quelle parole. Nessuno l’aveva mai chiamato in quel modo e Alec non ci aveva mai nemmeno sperato. Evitava i soprannomi come la peste, ma dipendeva solamente dall’educazione che aveva ricevuto – un’educazione rigida, pratica, che si basava sul fatto che avere un nome di battesimo era più che sufficiente per essere identificati.
Ma quello, quello, era diverso. Non c’era uno scopo, se non far capire quanto si fosse amati. E Alec sapeva quanto Magnus lo amasse, ma… quella frase aveva acceso qualcosa, in lui. Qualcosa che gli fece dimenticare persino le preoccupazioni che poteva avere avuto in passato riguardo la paura di finire tra i ricordi contenuti in una scatola, una volta che non ci fosse stato più. Non contava ciò che ci sarebbe stato poi, o dopo. Contava l’adesso, il fatto che Magnus fosse lì con lui e lo amasse nello stesso modo viscerale in cui lo amava Alec.
Amore mio, perché Magnus pensava che Alec fosse amore e fosse solo suo. E niente era più vero di questo. Niente sarebbe stato all’altezza di questo. Nessun altro avrebbe eguagliato Magnus, nemmeno in un milione di anni.
Qualcosa nello sguardo di Alec cambiò e Magnus se ne accorse. I suoi occhi, di quel bel verde macchiato di nocciola, si concentrarono solamente su di lui e non con l’aspetto pratico dell’allenamento. Si posarono su di lui con desiderio, con amore. Alec si avvicinò, appoggiò una mano su uno dei pettorali di Magnus e lo spinse all’indietro fino a quando la sua schiena non incontrò la pietra di una colonna portante. Era fredda, ma Magnus ne ebbe solo una vaga sensazione. L’unica cosa che percepiva a pieno era Alexander, il suo sguardo intenso su di sé e il modo sicuro in cui torreggiava su di lui.
“Dillo ancora.” Sussurrò il Cacciatore, gli occhi che non lasciavano quelli di Magnus.
L’uomo, piacevolmente sorpreso, ricambiò quello sguardo –  il respiro che accelerava ad ogni secondo passato intrappolato negli occhi cervoni di Alec. “Amore mio.”
Il cuore di Alec esplose. Rimbombò così forte nella sua cassa toracica da renderlo sordo a qualsiasi altro suono non fosse il tamburo che gli batteva nel petto. Azzerò la distanza che c’era tra lui e Magnus, baciandolo con bisogno, ma anche con cura. Voleva essere intenso, ma non frettoloso. Cercare di controllarsi, in ogni caso, gli risultò difficile. Eppure era stato educato al controllo delle emozioni da quando ne aveva memoria. Ma Magnus… lui era su un altro piano, su un livello così alto che sarebbe stato irraggiungibile per chiunque. Possedeva il suo cuore e quella parte di anima che non era legata a Jace; possedeva le sue gioie e i suoi dolori, le sue parole e i suoi silenzi; il suo intero essere, nella sua piena totalità. La parte angelica e la parte umana. Era stato così dalla prima volta che l’aveva visto e sarebbe stato così per tutto il tempo che gli rimaneva da vivere.
Si staccò, in cerca d’aria, ma Magnus gli lasciò giusto un secondo prima di riappropriarsi velocemente delle sue labbra. Alec ricambiò il bacio, labbra contro labbra che si muovevano in una sintonia perfetta. Le braccia di Magnus andarono ad allacciarsi dietro al collo di Alec, mentre questi spostava le mani lungo la schiena di Magnus, accarezzandola in tutta la sua lunghezza, scendendo fino al retro delle cosce per sollevarlo, in un movimento veloce e deciso, e posizionarsi tra le sue gambe, in modo da avere un maggior contatto – per far aderire ogni centimetro del proprio corpo a quello dell’amore della sua vita.
Magnus sussultò per la sorpresa, ma reagì prontamente, allacciando le gambe alla vita di Alec. “Non è esattamente un comportamento appropriato per il Capo dell’Istituto, o sbaglio?”
“Non fingere che la cosa non ti piaccia.” Lo redarguì Alec. “In più è il mio giorno libero, posso essere inappropriato quanto mi pare.”
Magnus giocò con i capelli sulla nuca di Alec. “Sfacciato.”
Alec nascose il viso nell’incavo del collo di Magnus. “Andiamo via.” Sussurrò, le labbra che baciarono la pelle scoperta da quella canottiera indecente e peccaminosa che aveva attirato tutta la sua attenzione fin da subito – la spalla, la clavicola, salendo fino alla gola. Scie di baci umidi e roventi. Magnus emise un verso strozzato, quando Alec succhiò il suo pomo d’Adamo, e strinse la presa sui capelli del Cacciatore, come se avesse fisicamente bisogno di un appiglio per darsi un contegno.
“La tua stanza?”
Alec ridacchiò sulla pelle di Magnus, tra un bacio e l’altro. “Non è tanto lontana.”
Magnus sciolse la presa delle sue gambe dai fianchi di Alec, risistemando i piedi per terra. Gli sembrava di aver camminato sulle nuvole per almeno due ore. “Allora fai strada.”
Alec lo guardò con un sorriso ampio e raro, di quelli speciali che riservava solo a Magnus, e lo prese per mano, prima di guidarlo fuori dalla sala degli allenamenti, imboccando un corridoio di pietra e illuminato da una serie di lampadine attaccate al soffitto. Qualcuno prestò loro attenzione, qualcuno no. Loro sarebbero sempre stati i due che avevano avuto abbastanza coraggio da andare oltre le antiche credenze, a sfondare quei muri di pregiudizio secondo cui un Nascosto e un Nephilim non possono stare insieme, non possono amarsi. Eppure, eccoli lì. Alexander Lightwood e Magnus Bane che si tengono per mano nel bel mezzo dell’Istituto di New York. I tempi cambiano, le tradizioni pure – specialmente quelle basate sull’ignoranza, credeva Alec.
Arrivati davanti alla porta, Alec mise una mano sulla maniglia con l’intento di aprirla. Non dormiva in quella camera da tempo, ormai, ma la teneva comunque in ordine.
“Ah, amore?” Lo chiamò Magnus, prima che Alec aprisse la porta. Il Cacciatore si voltò e Magnus sorrise, felino e astuto. “Mi devi comunque una cena.”
Alec alzò gli occhi al cielo, ma un sorriso tese le sue labbra facendo comparire due fossette sulle guance. Aprì la porta della sua stanza e ci trascinò Magnus all’interno. Alec era uno di parola, manteneva le promesse e pagava le scommesse perse. Avrebbe offerto la cena a Magnus, in qualsiasi ristorante lui avesse scelto, anche se avesse dovuto essere sulla Luna. Ma prima, gli avrebbe offerto tutto l’amore che era in grado di dargli, l’avrebbe amato nell’unico modo che conosceva: il modo dei Nephilim, che amano una volta sola e lo fanno in modo viscerale, feroce, intenso. Alec, in quella stanzetta troppo ordinata e decisamente asettica, tipica di ogni soldato, gli avrebbe mostrato quanto gli appartenesse e quanto amasse la consapevolezza che sarebbe sempre stato così.
Alec era di Magnus e Magnus era di Alec. Era una verità semplice, assoluta e meravigliosa.







----------------------
Ciao a tutti!
Per cominciare: il trailer della 3B mi ha fatto sclerare e non poco – Sizzy is happening! – e quando ho visto quei 2 secondi in cui Alec spinge Magnus contro la colonna anche il mio ultimo neurone funzionante è impazzito e ho pensato di scriversi qualcosa su. Ora, in alcuni punti penso di essere caduta nell’OOC, ma spero comunque che la cosa sia un tantino credibile. Nel mio headcanon il piccolo sneak peek di Natale e la scena dell’allenamento sono collegati – perché Magnus, mentre porta la colazione ad Alec gli dice qualcosa tipo “dobbiamo allenarci” e quindi c’è qualche ripresa a quella scena. Poi ovviamente non è detto che sia necessariamente così, come sempre dovremmo aspettare il 25 Febbraio per sapere come andranno veramente le cose (angst is coming, Alec che piange è un colpo al cuore).
Detto ciò, vi saluto e, se vi va, fatemi sapere cosa ne pensate! Se avete deciso di leggere e arrivare fino in fondo vi ringrazio tantissimo!
Un abbraccio, alla prossima! <3


  



 
   
 
Leggi le 5 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > Shadowhunters / Vai alla pagina dell'autore: Roscoe24