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Autore: Shade Owl    03/02/2019    2 recensioni
Orlaith Alexander ha scoperto di non essere solamente una violinista estremamente dotata, tanto da guadagnarsi un esclusivo contratto con la Lightning Tune Records, ma anche di avere dei poteri incredibili, legati alle sue emozioni e alla sua musica. Tutto ciò però ha attirato le mire di potenti stregoni che hanno tentato di usare il suo potere per scopi malvagi, cosa che l'ha obbligata a lottare per salvare se stessa e le persone a cui vuole bene.
Quasi un anno dopo questi avvenimenti, la vita scorre tranquilla per lei, ormai lontana dalle luci della ribalta e dalla magia, e il suo unico obbiettivo è laurearsi e diventare una persona come tutte le altre, dimenticando il proprio dono, troppo pericoloso per essere usato con leggerezza.
Tuttavia, Orlaith ignora gli eventi che, in un luogo lontano, sono già in moto e che presto la raggiungeranno, portandola a scoprire un mondo per lei tutto nuovo e pericoloso, ma anche le risposte che per molto tempo ha ignorato: da dove viene la sua magia? Cos'è lei, realmente? E perché non ha mai incontrato nessun altro con le sue capacità?
Ma soprattutto... saprà affrontare quello che le riserva il destino?
Genere: Avventura, Drammatico, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Epic Violin'
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Vi avviso che la storia sarà leggermente diversa dalla precedente. Non vi dirò come né perché, lascerò che lo intuiate da soli (se poi proprio non ci arrivate siete comunque liberi di chiedere, ovvio), così non vi sciupo la sorpresa. In ogni caso vi segnalo questa storia, una one-shot che si collega a quest'altra, anche se non è necessaria per capire il senso della trama, solo una minima aggiunta. Sì, mi sto solo spammando le storie da solo.
Buona lettura!

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Tra le fronde degli alberi soffiava un vento leggero, che spazzava gentilmente via gli ultimi strascichi di una recente pioggia primaverile per lasciare il posto all’incipiente calura della stagione estiva. A stento visibile tra le foglie dei rami più alti c’era il sole, i cui raggi filtravano appena verso il suolo erboso e coperto di frasche.
Esattamente al centro del bosco c’era una roccia granitica, nuda e grigia, circondata da molte altre pietre più piccole e coperte di muschio, come pulcini che si stringevano attorno a una mamma chioccia. Una mano dimenticata da tempo aveva inciso sul macigno l’immagine stilizzata e sbiadita di un cerchio attraversato da una saetta, circondato da quattro piccole stelle, seminascosta da una crosta di muschio.
Una creatura era inginocchiata ai piedi della roccia, intenta a scavare freneticamente usando solo le nude mani artigliate, emettendo piccoli sbuffi e grugniti di impazienza.
Aveva la pelle di un candido color bianco latte, appena sporcato verso le estremità da alcune venature rosate che andavano a congiungersi in sfumature violacee dall’aria malsana. Sul torso diventava sempre più chiara, fino ad essere quasi trasparente, così da lasciare intravedere un’accozzaglia di organi pulsanti e vagamente simili a quelli umani: c’erano due sacche che sembravano polmoni che si allargavano e restringevano ritmicamente, e qualcosa che sussultava e pompava, probabilmente un cuore, ma lo stomaco e gli intestini erano deformi e sbagliati, come se fossero stati attorcigliati gli uni con gli altri in una massa informe e caotica, tanto che sembravano andare a creare una specie di polpo sproporzionato. Il fegato e la milza non si vedevano, e lo stesso si poteva dire per quasi ogni altra cosa a parte alcuni dei vasi sanguigni più grandi. Non aveva occhi, bocca o orecchie, e la testa era poco più di un cuneo che spuntava dalle spalle, il collo totalmente invisibile.
La creatura era asessuata, e le lunghe gambe terminavano in due piedi privi di dita. Quasi completamente anonimo, senza connotati riconoscibili, l’essere poteva passare per umano solo da lontana, e solo se coperta da un mantello. Fuggiva da giorni, inseguita da nemici potenti e al tempo stesso alla ricerca di un oggetto perduto da millenni. Un oggetto che, ormai, aveva trovato, e del quale aveva neutralizzato difese e protezioni, indebolite da tanti secoli di incuria, inermi contro le sue intrusioni.
All’improvviso le sue dita affusolate toccarono qualcosa di duro e freddo, diverso dal terriccio e dalle piccole radici che aveva incontrato fino a quel momento. Era qualcosa di liscio, dalla forma piatta e rotonda.
Un fremito di eccitazione pervase il suo corpo mentre serrava la presa ed estraeva il tesoro da tempo bramato dal suo letto di terra. Lo ripulì con le dita, portandolo davanti alla faccia senza occhi come se volesse rimirarlo: era una pietra color del cielo, su cui era stato inciso l’identico simbolo che aveva visto sul macigno. Era poco più piccola del suo palmo, dai bordi sottili e affilati, ma più massiccia verso il centro, come se fosse stata fatta per essere incastonata in un medaglione. Forse, anticamente era davvero così, ma il tempo doveva aver disintegrato il metallo, lasciando intatto solo l’oggetto che tratteneva, immune allo scorrere dei secoli.
- Molto bene… finalmente ti sei fermato.- disse una voce alle sue spalle - Ora però, da bravo, posa quell’affare e girati lentamente.-

La creatura si voltò di scatto, emettendo un verso gorgogliante e ostile all’indirizzo dell’uomo che aveva parlato, una figura nera appena visibile nella penombra del sottobosco, che la fissava coi suoi gelidi occhi azzurri attraverso due minuscole fessure del suo strano elmo.
Mentre si rialzava in piedi, l’essere scorse altri movimenti intorno a sé: altre tre persone stavano muovendosi lentamente nella sua direzione, chiudendogli le vie di fuga, incastrandolo accanto al macigno granitico. O, quantomeno, provando a farlo: sapevano che aveva tante vie di fuga, e non tutte via terra o a piedi.
L’uomo che aveva di fronte allungò una mano verso l’impugnatura di una delle lunghe armi da taglio che portava alla schiena e la estrasse con calma, senza staccargli gli occhi di dosso.
- Non fare scherzi e arrenditi, mostro.- disse con la sua voce profonda e lugubre - Siamo più di te, e non hai più dove nasconderti.-
Bugie, e lo sapeva. Ce n’erano, di posti per nascondersi. Non aveva che da scegliere.
Così, emettendo un verso furioso pur non avendo una bocca, protese rapidamente la mano libera verso l’uomo: subito le dita si allungarono come tentacoli, afferrandolo prima che potesse spostarsi.
Una voce femminile alla sua destra lanciò un grido di avvertimento e, come un guizzo di ombre, qualcosa gli fu addosso con una lunga spada nera stretta tra le mani. La creatura si spostò, ma l’arma recise ugualmente i tentacoli, strappandogli un verso di dolore; uno scoppio gli disse che l’altro uomo, quello seminascosto alla sua sinistra, aveva sparato, mancandolo di poco e scheggiando una delle pietre più piccole. Subito dopo, un piede gli assestò un potente calcio in rotazione alla testa, e prima ancora di poter cadere a terra o realizzare di essere sotto attacco, l’uomo a capo del gruppo fu accanto a lui e gli assestò un potente destro dove avrebbe dovuto avere una bocca.
La combinazione lo disorientò, spedendolo a ridosso del macigno, ma riuscì a non perdere la presa sulla pietra che aveva recuperato. Vide l’arma dell’uomo in nero sollevarsi e, senza perdere altro tempo, strinse forte le dita sul talismano, sollevandolo.
Un lampo di luce azzurra lo avvolse e lo inghiottì, provocando un vortice di scintille che si esaurì con la stessa rapidità con cui era apparso.
Prima che i suoi aggressori potessero rendersene conto era scomparso.

I miei lettori veterani, che sicuramente stanno leggendo, hanno già capito chi sono i personaggi apparsi qui. In ogni caso non dirò granché, per adesso. Mi risparmio per il primo capitolo.

   
 
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