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Autore: BebaTaylor    05/02/2019    2 recensioni
2015. Erikson, Presidente degli Stati Uniti d'America, rivela al mondo l'esistenza di alcune persone dotate di poteri particolari: possono creare il fuoco dal nulla, possono trasformarsi in animali, creano elettricità con le mani, hanno premonizioni... Erikson le vuole catturare e rinchiudere perché sono pericolosi. Mostri assassini, li definisce. Soldier, si definiscono loro.
Crystal fugge dopo la morte della nonna, unica parente. Non si fida più di nessuno, nemmeno dei vicini. Marie-Anne scappa, spaventata da quello che è. Benjamin se ne va dopo la misteriosa scomparsa del padre. Kathy e Samuel fuggono dopo la festa per il loro fidanzamento, Erik segue l'istinto e scappa, Kyle e Jenna scappano perché è l'unica cosa da fare. William, Emily e Sarah scappano dopo che gli uomini di Erikson hanno ucciso la madre davanti a loro. Dawn, della sede Newyorchese della Projeus, momentaneamente trasferita in Canada, cerca di salvarli, perché Erikson è venuto in possesso di una lista con i nomi di tutti i Soldier della parte orientale degli USA. C'è una talpa, alla sede. E ce ne è una anche nei fuggitivi diretti in Canada.
E questa è la loro storia.
*eventuali scene splatter|Azione|Introspezione*
Genere: Drammatico, Mistero, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Projeus:
The Big War

7.
Sesto Giorno

Venerdì Settembre.

Jenna si svegliò e controllò l'ora, afferrando il polso di Kyle e spostando l'orologio, per poi schiacciare il piccolo pulsante che faceva illuminare il quadrante. Le quattro e dieci. Ancora venti minuti e sarebbe stato il suo turno alla guida.

Sbadigliò e scese dal letto a soppalco, scavalcò Erik, che alzò la testa e la fissò con gli occhi socchiusi, «Prendi il mio posto.» sussurrò lei piegandosi su di lui.

Erik annuì, si alzò in piedi, afferrò l'asciugamani ripiegato che usava come cuscino e andò al posto della ragazza, addormentandosi immediatamente.

Jenna si preparò del caffè, facendo meno rumore possibile per non svegliare gli altri e andò a sedersi accanto a Benjamin, porgendogli il bicchiere d'acqua che lui le aveva chiesto poco prima.

«Ci sono stati problemi?» domandò.

«Niente di che.» rispose lui, «A parte la strada stretta.» aggiunse, «Un paio di volte mi sono dovuto fermare per far passare dei camion che provenivano dalla direzione opposta.»

Jenna annuì e sorseggiò il caffè. «Dove siamo?» domandò.

«A metà strada fra Le Roy e Victor.» rispose lui. «Alla radio hanno detto che stanno intensificando i controlli lungo i confini con il Canada.»

Jenna lo fissò e sospirò, temendo che non sarebbero mai riusciti a superare il confine. Pensò che avrebbero potuto abbandonare il motorhome a poche miglia dal confine e proseguire a piedi, tenendo i bambini in braccio, per poi comprare un paio di auto usate o un altro camper una volta oltreconfine.

«Sarà complicato.» mormorò lui.

Lei inspirò a fondo, «Già.» commentò.

Rimasero in silenzio per alcuni istanti, fino a quando Benjamin non sospirò pesantemente. «Devi seguire la linea tracciata a matita.» disse e staccò per un istante la mano destra dal volante, indicò la cartina piegata posta sul cruscotto.

«Va bene.» pronunciò Jenna.

Rimasero in silenzio, poi Benjamin accostò e cedette il posto a Jenna, che ripartì immediatamente. Il ragazzo fissò il sacco a pelo gettato a terra, spostò lo sguardo su Crystal che dormiva sdraiata sul fianco sinistro, ed Emily che le si era rannicchiata contro. Sfiorò la fronte della bambina, sentendola calda. William dormiva dando la schiena alle altre due, il pupazzo stretto fra le braccia. Sarah se ne stava nella vaschetta imbottita ai piedi del letto e dormiva tranquillamente, il ciuccio in bocca, rilasciando di tanto in tanto respiri profondi.

Benjamin alzò il sacco a pelo e lo stese sui bambini, poi alzò le coperte e si sdraiò accanto a Crystal, abbracciandola da dietro. Pochi minuti dopo si addormentò.

❖.❖.❖

Dawn entrò nel suo ufficio e fissò il cielo che si schiariva ogni secondo che passava. Si avvicinò alla finestra, posando distrattamente lo sguardo sui diplomi appesi alle pareti. Appena avevano capito che la situazione si stava facendo brutta, avevano smontato i loro uffici di New York, portando via ogni cosa, compresi gli estintori. Immaginò il grande edificio di dodici piani, compresi i due sotterranei, vuoto e le si serrò la gola. Le gradi vetrate sulla città, l'arredamento semplice e sobrio, i vari dipartimenti, i dormitori, le aule, le palestre e la cucina... le mancava ogni singola cosa della sua vita di prima, comprese quelle che un tempo avrebbe considerato sciocchezze.

La ragazza si scostò dalla finestra e andò alla scrivania, la tazza di caffè stretta fra le mani. Guardò le cornici d'argento poste in modo ordinato sulla scrivania. Ne afferrò una, che la ritraeva sedicenne, in piedi accanto a un ventunenne Nick.

La posò e ne prese un'altra, forse la prima foto di lei, a sei anni, con un vestitino blu, davanti all'ingresso della scuola elementare. Era stata scattata da una delle suore della casa famiglia dove era cresciuta e dove era ritornata ogni volta che una delle famiglie affidatarie si stancava di lei e del suo carattere ribelle e la riportava indietro.

Non sapeva nulla dei suoi genitori, solo che era nata al Queen Hospital Center e che era stata abbandonata subito dopo la nascita; aveva fatto molte ricerche per scoprire chi fossero i suoi genitori, ma erano state tutte vane, anche con il DNA. Alla fine aveva rinunciato a quella parte della sua storia dicendosi che lei una famiglia ce l'aveva e che non era stata abbandonata vicino a un cassonetto come se fosse stata un sacco dell'immondizia.

Decise di non pensarci più e di dedicarsi a cose più serie. Accese il computer e mentre il sistema operativo si caricava finì di bere il caffè. Controllò i messaggi ma non c'era nulla di importante. Sì lasciò prendere dai ricordi ancora una volta, andando con la memoria al giorno in cui aveva conosciuto Daniel e Steven, scambiando il primo per un facchino — lui l'aveva aiutata a portare le valige in camera — per poi scoprire che anche lui era sotto copertura e che il suo ruolo in quella missione era di vicepreside. Quella volta c'erano anche George, James e Isobel — e Dawn fece una smorfia al pensiero di lei —, solo che né James, né Isobel sapevano della presenza degli altri.

Dawn avrebbe tanto voluto avere una macchina fotografica per immortalare l'esatto momento in cui James si era accorto dalla sua presa.

La donna sospirò e scrollò la testa, per poi decidere di rimettersi al lavoro: doveva coordinare alcune squadre da mandare nel New Hampshire.

❖.❖.❖

L'urlo riecheggiò nel camper.

«Mi hai toccato il culo!» strillò Erik scendendo velocemente dal letto a soppalco.

«Che succede?» domandò Jenna mentre gli altri si svegliavano.

«Succede che tuo marito mi ha molestato!» squittì Erik passandosi una mano fra i capelli, scostandoli dalla fronte leggermente sudata.

«Kyle ha fatto cosa?» biascicò Benjamin sollevando il busto, si accorse che Marie-Anne lo stava fissando e spostò lo sguardo su Erik, ancora mezzo nudo — indossava solo dei boxer neri — e si sdraiò di nuovo.

«Mi ha toccato il culo!» esclamò Erik girandosi verso il lupo, «Mi ha strizzato una chiappa!» ansimò, offeso.

Kathy ridacchiò, «E la devi fare così tragica?» domandò alzandosi dal sedile del passeggero.

Erik annuì, «Sì!»

«Pensavo fossi Jenna.» sbadigliò Kyle raggiungendo Erik, «Hai il culo sodo, lo sai?»

«Grazie.» borbottò Erik, «Ma no!» esclamò scuotendo la testa, «Come hai fatto a scambiarmi per Jenna?» sbottò, «Ti sembra che le assomigli?» sbottò agitando le mani.

«Ma la piantate!?» borbottò Crystal, si accorse che Benjamin aveva una mano sul suo fianco e sospirò, stanca, «Sveglierete i bambini.»

Marie-Anne era l'unica che non rideva, aveva lo sguardo fissò su Benjamin e Crystal. Quella notte si era svegliata per andare in bagno e li aveva visti, sdraiati così vicini che fra i loro corpi sarebbe potuto passare a malapena uno spillo. Li aveva osservati, gelosa e invidiosa, mentre l'odio per Crystal cresceva sempre di più.

«Io non ci dormo più con te!» sbottò Erik afferrando un paio di jeans, «Chissà cosa farai la prossima volta.»

«Ti toccherà le tette.» rise Samuel alzandosi dal letto e recuperò gli occhiali.

«Nah, impossibile.» disse Kyle agitando le mani, «Jenna le tette le ha.» esclamò, «Lui» indicò Erik «no.» rise, «Ha solo il culo sodo.»

«Il culo sodo è cosa buona e giusta.» sbadigliò Crystal facendo ridere Kathy.

Si alzarono tutti quanti, tranne Emily che dormiva ancora. Smontarono il letto centrale, facendolo diventare di nuovo un tavolo. Fecero colazione chiacchierando allegramente, anche Erik alla fine trovò la cosa divertente. L'unica che non partecipava era Marie-Anne, che fissava con odio Crystal, detestandola ogni secondo di più.

Benjamin tornò subito a dormire sdraiandosi al centro del letto, Emily che dormiva rannicchiata vicino a lui.

«Credo che abbia un po' di febbre.» sospirò Crystal fissando la bambina.

«Dici?» commentò Kathy.

Crystal annuì, «Sì, è calda.» rispose e sorseggiò il caffè.

Kathy sospirò, «Questa non ci voleva.» commentò. «Mi sembra di aver visto della tachipirina nella scatola del pronto soccorso.» disse e si alzò in piedi, andò a prendere la scatola dal bagno e l'aprì. «C'è.» commentò, «Quella da mille.» aggiunse.

«Quando si sveglia falla mangiare e dagliene metà.» disse Jenna, ancora alla guida.

«Sì.» esclamò l'altra, «Uh, c'è anche il termometro!» disse, «Quello a mercurio!» cinguettò afferrando il cilindro di plastica trasparente con il coperchio verde scuro.

La bambina si svegliò in quel momento e Crystal corse a prenderla, stando attenta a non dare fastidio a Benjamin; afferrò anche uno dei plaid e l'avvolse attorno alla bambina dopo averla accompagnata al bagno.

Emily piagnucolò quando Crystal cercò di metterla nel seggiolino, così la tenne in braccio e, mentre Kathy scaldava il latte alla bambina, Crystal le misurò la febbre.  «Trentotto e tre.» sospirò dopo qualche minuto e baciò la fronte della bambina per poi sistemarla meglio sulle proprie gambe e la guardò bere il latte e piluccare un paio di biscotti.

Kathy tagliò la pasticca in quattro parti uguali, poi ne porse due alla bambina, «Prendi, tesoro.» le disse allungandole un bicchiere d'acqua, «Dopo ti sentirai meglio.» le sorrise.

La bambina piagnucolò per qualche secondo, dicendo che non voleva prendere la medicina e Marie-Anne era pronta a sgridarla ma bastò che Crystal la fissasse per farla rimanere in silenzio. La bambina inghiottì i pezzi di pillole e si accoccolò contro Crystal, il pollice sinistro in bocca.

La lupa le accarezzò la schiena fino a quando la bambina non si addormentò di nuovo, il respiro pesante e il pollice destro in bocca. Crystal si alzò stringendo Emily e la portò a letto, sistemandola accanto a Benjamin, che aprì per un momento gli occhi. «Ha la febbre.» sussurrò la ragazza coprendo la bambina, lui annuì e si riaddormentò.

Il viaggio trascorse tranquillamente, alle dieci e mezza Jenna diede il cambio a Samuel alla guida del motorhome, fece colazione andò a riposarsi un po'.

❖.❖.❖

Erikson mosse il mouse, fissando la lista di nomi che scorrevano davanti ai suoi occhi. Ne aveva catturati tanti, uccisi ancora di più ma quelli ancora in libertà erano ancora troppi. Senza contare quelli che magari non erano su quella lista.

Bevve un sorso di vino rosso e mangiò un pezzo di grissino, il suo aperitivo prima del sontuoso pranzo.

La talpa che gli aveva procurato la lista gli aveva dato solo un fascio di fogli rilegati da una spirale arancione fluo, ed erano stati i suoi tecnici a creare quel programma: in una parte comprendeva la lista di tutti i Soldier — ma lui si rifiutava di chiamarli o pensare a loro in quel modo — e bastava cliccare su uno dei nomi per avere tutti i dettagli delle persone in questione, come nome completo, data e luogo di nascita, che potere avevano, scuole frequentate, lavori svolti, la fedina penale, gruppo sanguigno, malattie, quante volte erano stati in ospedale e perché, la seconda scheda era suddivisa in due, da una parte i mostri uccisi — di solito quelli vecchi o con disabilità così gravi da essere inutili ai suoi scopi, mentre l'altra riguardava quelli catturati, con l'aggiunta nelle informazioni dei trattamenti subiti. La terza parte era quella che odiava di più: erano quelli ancora in fuga.

Erano ancora tanti, troppi. Troppa gente che era sfuggita ai suoi uomini, troppe persone che ormai erano oltre confine o nascosti chissà dove. Ma aveva fiducia nella talpa e nella persona che gliela aveva proposta. Certo, il fatto che la talpa fosse ignara di essere una talpa non gli importava affatto, anzi, così non avrebbe avuto problemi ad unirsi ad altre persone come lei; e poi lui li avrebbe catturati.

Sorridendo a quello che reputava un pensiero piacevole, bevve un sorso di vino.

❖.❖.❖

Dawn mandò giù gli ultimi sorsi di caffè. Un 'altra riunione sarebbe iniziata da lì a poco e ce ne sarebbe stata una quella sera dopo cena. Da una riunione ogni  giorno erano passati a due riunioni quotidiane che lei reputava inutili perché non aggiungevano nulla a quello che sapevano già. Gettò il bicchiere di carta nel cestino e avanzò nel corridoio, incontrando Nick che usciva dall'ufficio di suo padre.

«Tutto bene?» domandò lui.

Lei si limitò ad alzare le spalle, «Andrebbe meglio se non ci fossero riunioni.» borbottò, «Tanto non servono a nulla.» sospirò.

Nick non disse nulla, limitandosi semplicemente ad annuire: anche per lui tutte quelle riunioni erano inutili, piuttosto avrebbe preferito scendere in campo e dare fuoco a qualche sedere.

Una volta entrati si sedettero al grande tavolo ovale, insieme a George, Steven, James e tutti gli altri. Dopo aver discusso sulle persone in fuga e aver scoperto che due famiglie erano state salvate al confine con il Maine, uno di quelli che Dawn chiamava “vecchi bacucchi”, accese l'enorme tv, sintonizzandosi sul canale che trasmetteva notizie in diretta da tutto il mondo ventiquattr'ore su ventiquattro. La donna fissò lo schermo, i vari Premier dell'Unione Europea che parlavano, dicendo per lo più idiozie, raccontando storie che non stavano né in cielo né in terra. Il Presidente della Confederazione Svizzera si trincerò dietro svariati “no comment”,  prima di dire che, secondo lui, quelle persone — i Soldier, o mostri come li definiva il giornalista — potevano essere o buoni o cattivi, come tutte le altre persone del pianeta, e che lui non avrebbe fatto nessuna legge, non avrebbe acconsentito che venissero catturati o uccisi solo perché diversi.

Poi toccò all'Italia. Il primo ad apparire fu il Papa, che disse, con voce calma e bassa, di pregare per estirpare il male, di pregare Dio — quello cristiano, si ritrovò a pensare Nick, gli altri ovviamente non andavano bene — per salvare l'anima di quei poveri sfortunati, di pregare affinché il male venisse cacciato dal loro corpo.

«Idiota.» borbottò il ragazzo.

Il Presidente del consiglio italiano apparve sullo schermo, il viso con la barba di due giorni fissava la telecamera con uno sguardo fiero, «Italiani.» esordì, la sua voce coperta dalla traduttrice americana, «Mantenete la calma, per favore.» continuò, «Stiamo facendo il possibile per aiutare in nostro popolo in questa delicata situazione.» disse, «Le forze dell'ordine sono qui per aiutarvi, abbiate fiducia. Si sistemerà tutto.» sorrise, «Se avete paura denunciate e, solo in caso di estrema necessità, agite.»

«Un modo velato per dire di ammazzarli.» sospirò Dawn. Lo schermo 4K si riempì di gente comune e la giovane riconobbe il Colosseo dietro le spalle dalla giornalista

 «Passiamo la parola al popolo italiano.» esclamò la donna dai capelli neri e ricci.

«Oh, Gesù.» commentò Dawn coprendosi gli occhi con una mano.

«Sono i vaccini!» la donna sullo schermo sembrava agitata, anche se la voce della traduttrice non tradiva nessuna emozione, «La colpa è dei vaccini!» gridò l'intervista, «Vogliono ammazzarci!»

John spense la tv. «Che idioti.» esclamò posando il telecomando sul tavolo. «Come possono pensare una cosa del genere?» sbottò.

«Hanno paura.» disse George.

John scosse la testa, «Sarà.» disse, «Passiamo ad altro.» esclamò. «Dobbiamo muoverci.» esclamò, «Il tempo stringe sempre di più.»

❖.❖.❖

Samuel sbuffò. Erano ore che erano bloccati lì, su quella stretta strada, a poche miglia dal confine con il Vermont. Quel gregge di almeno duecento pecore non aveva la minima voglia di spostarsi, e non c'era traccia dei pastori.

«Se non si spostano le faccio arrosto.» borbottò Erik, seduto accanto a Samuel.

«Sarebbe una bella idea.» commentò l'altro, schiacciando piano il clacson, facendo spaventare un paio di ovini, che si spostarono. Il ragazzo avanzò di poco, per ritrovarsi immediatamente accerchiato dal bestiame.

«Chi va giù a dare una bella ringhiata a quelle stupide pecore?» sbottò Kyle.

«Io.» esclamò Kathy alzandosi, aprì la porta del motorhome e saltò sulla strada, ignorando il gradino apparso all'apertura della porta; si avvicinò al gregge fissando gli agnelli che brucavano l'erba circondati dalle madri e ruggì piano: non voleva spaventarle, rischiando che corressero in tutte le direzioni, ma solo far capire loro che si dovevano spostare sul prato. 

Funzionò. Le pecore si divisero, una parte nel prato a destra della strada, l'altro a sinistra. La giovane tornò in auto e chiuse la porta mentre Samuel ripartiva.

«Di questo passo ci metteremo una vita.» sospirò Crystal.

«Già.» sospirò Erik, «E più restiamo qui, più rischiamo che...» lasciò cadere la frase, tanto sapeva che gli altri avevano compreso pienamente cosa volesse dire. Superarono il confine e proseguirono ancora, in silenzio.

❖.❖.❖

Erano ormai quasi le quattro del pomeriggio, mancavano ancora una manciata di minuti ed Erik, ancora seduto accanto a Samuel, avrebbe preso il posto del ragazzo. Stavano percorrendo una strada stretta e dritta, circondata da campi e piccoli boschi, il cielo era limpido e sgombro da nuvole.

Erik se ne stava con la testa reclinata contro il poggia testa, gli occhi chiusi. Li spalancò di colpo, «Fermati.» disse, «Subito.» ordinò.

Sam frenò, «Ma che ti prende?» domandò, «Che succede?»

Erik indicò una macchia di alberi lontana svariate miglia, «Lì la strada curva.» spiegò, «E c'è un posto di blocco.» continuò, «Se andiamo avanti siamo fregati.» esclamò.

«Sicuro?» domandò Samuel, anche se sapeva che Erik era certo di ciò. 

L'altro annuì, «Ovvio.» disse, «E...» si bloccò e deglutì, per poi colpire il cruscotto con un pugno, «Adesso abbiamo un posto di blocco anche dietro, a una decina di miglia.»

«E non ci sono strade in cui svoltare.» sospirò Kyle, «Merda.» sibilò.

«E quella?» chiese Kathy indicando quella che sembrava una fattoria, composta da una bassa costruzione di un rosso ormai sbiadito, collegata a un fienile dello stesso colore, «Sembra disabitata.»

«È vuota.» disse Erik, «Da umani.» specificò, «Potrebbero esserci quelle bestiac-»

«Zitto, non portare rogna.» lo interruppe Samuel, «Andiamo lì e aspettiamo che la strada si liberi.» disse.

Alla fine spedirono Marie-Anne, i bambini, Kathy e Crystal nel piccolo bagno. Kyle avrebbe guidato il camper mentre Samuel, Erik e Benjamin sarebbero scesi a controllare. Jenna li avrebbe coperti.

Kathy era davanti alle altre ragazze e ai bambini, la piccola Sarah in braccio. Mordendosi le labbra fissò Marie-Anne, che se ne stava schiacciata contro la parete del bagno, le mani strette al petto e lo sguardo terrorizzato. Fissò il bambino, seduto sul gabinetto. «Tieni tua sorella.» gli disse sistemandogli la bambina fra le braccia, «Sei un ometto coraggioso.» commentò sfiorandogli i capelli.

Benjamin e Samuel aprirono le porte del fienile, i cardini cigolarono. Il grande spazio era vuoto, fatta eccezione per un mobile poggiato alla parte di fronte alla porta. Kyle entrò piano, mentre Erik apriva la porta che collegava il fienile all'abitazione principale. Si ritrovò un una grande cucina dall'aspetto vecchio, con un fornello a bombola, un grande lavandino in ceramica posto sopra una piccola scaffalatura ricoperta da una stoffa a scacchi blu e bianchi.

Un grande tavolo rettangolare con sei sedie era al centro della stanza. C'era anche un divanetto e una poltrona.

Il Cercatore fu raggiunto dagli altri due, che avevano chiuso le pesanti porte di legno una volta che il motorhome fu dentro. I tre proseguirono nell'esplorazione della casa, trovando al piano terra un piccolo bagno con doccia, un salotto con un divano con le sedute sfondate e un mobile tv vuoto. Sempre in salotto, ma dalla parte opposta alla cucina, si trovava la zona pranzo: un grosso tavolo giaceva spezzato in due, alcune delle dodici sedie erano rovesciate, altre ancora in piedi.

Benjamin osservò le scale di legno che conducevano al piano superiore, posò il piede sul primo gradino e premette con forza, come se volesse assicurarsi che avrebbe resistito sotto al suo peso. Salì piano i gradini, un po' perché aveva paura che potessero cedere da un momento all'altro, un po' perché voleva evitare di farsi scoprire in caso ci fosse stato qualcuno. Entrò nelle due camere con i letti sfondati e i materassi marcescenti, fissò il bagno ricoperto di polvere, con la tendina della vasca ricoperta dalla muffa. «Libero.» disse scendendo le scale.

Entrarono tutti in cucina, Crystal stringeva ancora Emily fra le braccia, fissò il divano e si sedette, «Emily... mettiti meglio.» sussurrò accarezzando la schiena della piccola, che si sedette in una posizione diversa, ma sempre vicino alla lupa.

Kathy fece sedere William accanto a Crystal e gli mise fra le braccia la sorellina minore. 

«Il bagno sembra abbastanza decente.» esclamò Jenna. «È lurido, ma nell'armadietto ci sono i detersivi, carta da cucina, carta igienica e un  paio di spugne.» continuò, «Basterà farle bollire un attimo e saranno disinfettate.»

Trovò una pentola nel mobile sotto al lavello, girò la manopola dell'acqua e la fece scorrere finché non fu completamente trasparente.

«Ho freddo.» pigolò Emily.

«Aspetta, vado a prenderti la coperta.» disse Crystal e cercò di staccare le mani della bimba dalla sua felpa, ma la piccola non aveva intenzione di mollare la presa. «Emily...»

«No!» piagnucolò la bambina, aggrappandosi ancora di più alla lupa, stringendole anche i capelli.

«Vado io.» disse Benjamin.

Marie-Anne fissò gli altri, tutti stavano facendo qualcosa: Erik stava controllando cosa ci fosse nei mobili della cucina, Samuel era andato a fare la stessa cosa nel salotto, Kathy stava portando il cibo, l'acqua e le pentole dal camper alla cucina e Benjamin era andato a prendere la coperta per Emily - e pensò cha la bambina fosse viziata.

Benjamin tornò con un paio di coperte e i pupazzi dei bambini, coprì Emily dopo aver posato l'altra coperta accanto a William. 

«Prendi il passeggino, così ci mettiamo Sarah.» disse Crystal e il ragazzo annuì.

In meno di venti minuti Kathy aveva pulito il bagno, Jenna il ripiano del tavolo. In casa non c'era nulla di utile, a parte una lampada a kerosene e una scorta di semplici candele bianche, più una decina di candele profumate.

«Facciamo che manteniamo gli stessi turni di guida, solo che faremo da guardia.» esordì Erik, «Vi va bene?» domandò, ottenendo un coro di consensi.

Marie-Anne incrociò le braccia, offesa: l'avevano esclusa di nuovo. Anche lei avrebbe potuto fare i turni di guardia, non ci sarebbe voluto nulla, bastava stare svegli e vigili. Rimanendo ferma vicino a una parete, osservò gli altri: Crystal se ne stava sul divano, con la bambina fra le braccia, avvolta da una coperta; William era seduto al tavolo con un blocco da disegno, pastelli e matite che Kyle aveva trovato al piano di sopra, Kathy e Jenna stavano decidendo cosa fare per cena, il marito della Miratrice stava preparando del caffè mentre Erik spiegava a Samuel e Benjamin come pulire e ricaricare la pistola. Infine c'era Sarah, nel suo passeggino, che si ciucciava una mano.

Lì odiò, tutti quanti, persino Benjamin che non l'aveva degnata di uno sguardo, tranne quando le aveva ordinato di spostarsi quando aveva portato lì il passeggino.

«Emily, tesoro, puoi spostarti?» domandò Crystal.

La bambina scosse la testa e si ficcò il pollice destro in bocca. «No.» biascicò.

«Per favore, tesoro.» sopirò la lupa, «Devo andare in bagno.» esclamò.

«La prendo io.» disse Marie-Anne avvicinandosi, le braccia protese in avanti. La bambina piagnucolò e si strinse di più a Crystal.

«Vieni da me?» si offrì Benjamin, superando l'altra. Si sedette sul divano, la plastica che lo ricopriva gracchiò sotto il suo peso, guardò la bambina e sorrise, «Crystal torna subito.»

La bambina annuì e si lasciò prendere in braccio. lasciando la possibilità a Crystal di andare in bagno.

Marie-Anne sbuffò e incrociò le braccia, poi si sedette accanto a Benjamin e fissò la bambina, che la guardò per un breve istante e poi nascose il viso nel collo del lupo.

«Mi fa paura.» la bambina lo aveva sussurrato così piano che solo lui riuscì a sentirlo, la strinse più forte e le accarezzò la schiena. Benjamin alzò lo sguardo e incrociò quello di Samuel che sorrise e scosse la testa, il lupo intuì che anche lui dovesse aver sentito le parole della bambina.

Crystal tornò poco dopo, fissando Marie-Anne dall'aria arrabbiata e si sedette dove era prima. «La prendo io.» disse allungandosi verso la bambina, ma Benjamin la fermò.

«Si sta addormentando.» disse lui.

Crystal annuì e lasciò la bambina fra le braccia del ragazzo, per poi prendere la tazza di caffè che Kyle le stava porgendo. Lo ringraziò e sorseggiò la bevanda calda, capendo perché Marie-Anne fosse così scontrosa: era stata rifiutata da Emily e Benjamin la stava completamente ignorando.

❖.❖.❖

Crystal sbuffò e fissò fuori dalla finestra con le persiane chiuse, sbirciando fra le listarelle di legno. Arricciò il naso nel sentire l'odore di lepre, pensò che lì vicino ci fosse una tana.

Tornò sulla poltrona e si avvolse nella coperta. Era piena notte ed era il suo turno di guardia, mentre gli altri dormivano. Samuel era sull'altra poltrona, la bocca leggermente aperta, Erik sul divano, sdraiato a prono. William dormiva con Jenna e Kyle, Marie-Anne e Kathy erano nel solito letto, Benjiamin dormiva con Emily - che aveva ancora un po' di febbre - e Sarah.

La giovane sospirò e bevve un altro sorso di caffè. Avrebbe preferito essere alla guida del motorhome che starsene lì, seduta su quella poltrona, a non fare nulla. Non poteva leggere perché c'era solo una candela accesa, che gettava qua e là delle ombre quasi spettrali, ma anche perché non c'era nulla da leggere. Si stava annoiando. Cambiò posizione, piegando le ginocchia e infilando i piedi sotto al sedere e sospirò.

Era passata appena un'ora scarsa da quando era iniziato il suo turno, ne aveva davanti ancora cinque.

Cinque lunghe ore in cui si sarebbe annoiata. Sospirò ancora e bevve altro caffè. Pensò che le sarebbe scoppiato il cuore se fosse andata avanti a berlo.

Pensò agli altri. Marie-Anne era quella che la preoccupava di più, ancora più dei bambini. Andava bene essere spaventati, ma Marie-Anne era capace di mettere in pericolo le vite degli altri per salvarsi e non era detto che ci riuscisse, visto che, accecata dal panico, avrebbe potuto finire direttamente in bocca una di quelle creature infernali. Senza contare la sua mania di voler fare tutto, con la convinzione di esserne capace. Pensò a quando aveva cercato di prender in braccio Emily, che si era ritratta spaventata. Neppure lì aveva capito che era stato il modo in cui l'aveva fatto che aveva spaventato la piccola, e non era stato un capriccio come credeva lei.

Crystal sospirò e si alzò in piedi, guardando attraverso le listarelle delle persiane. Non c'era nessuno là fuori, e non sentiva neppure rumori di auto. Da quella strada non passava praticamente nessuno e non sapeva se fosse un bene o un male. Però i posti di blocco c'erano, quindi qualcuno da lì ci passava, a meno che non li mettessero un po' ovunque - e questo pensiero la spaventò, perché voleva dire che dovevano stare ancora più attenti. 

Si sedette di nuovo e bevve altro caffè. 

Scusate l'assenza. Capitolo corto e di transizione. Grazie a tutti!

   
 
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