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Autore: _Madame_    11/02/2019    0 recensioni
Un tempo i cacciatori erano un fiero gruppo di fratelli d’arme; un tempo la piaga sembrava contrastabile. Quei giorni sono passati da tempo, ormai. Nel caos di una città collassata su se stessa, due bambine sono state lasciate sole e spaventate. Ma due degli ultimi cacciatori rimasti cono decisi a salvarle – a consegnarle alla luce del sole prima che la putrefazione e la rovina di Yharnam inghiottano tutti loro.
[Traduzione | Originale su Archive of Our Own | Eileen, Djura & Gascoigne's Daughters - Nessun bambino viene sbranato da un maiale in questa storia]
Genere: Angst, Drammatico, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza
Capitoli:
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Titolo: Childhood's End
Autore: pabbeyrene
Traduttore: _Madame_
Fandom: Bloodborne (Videogioco)
Data di pubblicazione: 19/10/2017 su Archive of Our Own (Ao3)
Rating: Arancione
Genere: Angst, Drammatico, Malinconico
Tipo di coppia:
Note: Alternative Universe (AU)-Canon Divergence, Canon-Typical Violence, Traduzione, What if? (Fix-it of Sorts)
Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza
Personaggi: Altri, Djura, Eileen il Corvo, Figlie di Gascoigne
Trama: Un tempo i cacciatori erano un fiero gruppo di fratelli d’arme; un tempo la piaga sembrava contrastabile. Quei giorni sono passati da tempo, ormai. Nel caos di una città collassata su se stessa, due bambine sono state lasciate sole e spaventate. Ma due degli ultimi cacciatori rimasti cono decisi a salvarle – a consegnarle alla luce del sole prima che la putrefazione e la rovina di Yharnam inghiottano tutti loro.


Note dell’autrice (pebbeyrene)
Se presumete che Henryk sia il “Nonno” delle bambine – cosa che io credo – senza tuttavia essere un parente biologico – cosa che io credo pure – allora perché anche gli altri cacciatori non avrebbero dovuto essersi guadagnati un ruolo all’interno della famiglia Gascoigne?
Non penso vi sia molto materiale nel gioco a supportare la mia versione sul passato dei cacciatori, ma nemmeno che possa demolirla. Nel mettere insieme la fic ho mantenuto le parti della lore di mio interesse, riducendo quelle che non lo erano. Non credo, perciò, che questo sia il modo “corretto” né il più supportato di interpretarla; si tratta solamente di una lettura a mio parere interessante che mi è stata d’aiuto nel raccontare questa storia in particolare.
Aggiornamenti mensili.


Note della traduttrice (_Madame_)
Inizio col ringraziare di cuore tutti voi che avete deciso di dare una possibilità a questa splendida fanfic. Si tratta della mia prima traduzione in assoluto, perciò se pensate che qualcosa strida non fatevi problemi a riferirmelo, anzi! Tutti i consigli sono (più che) ben accetti!
Vi avverto fin da subito che la pubblicazione dei vari capitoli potrebbe risultare un po’ (tanto) lenta, poiché tra impegni vari e le mie strambe pignolerie ne uscirà fuori una quaresima – ergo, rispetto a quanto affermato da pabbeyrene, non aspettatevi aggiornamenti mensili.
Per il resto, vi auguro una buona lettura. Spero che questa storia possa intrigarvi tanto quanto ha intrigato me.
Qui il link della storia in lingua originale https://archiveofourown.org/works/12404403
e quello del profilo dell’autrice https://archiveofourown.org/users/pabbeyrene/pseuds/babbeyrene
Se siete iscritti su Ao3, vi invito caldamente a leggere, commentare e supportare la storia.




Childhood’s End di pebbeyrene

Traduzione a cura di _Madame_



Capitolo 1: Crepuscolo



Il sole non era ancora tramontato, eppure era come se la notte fosse già iniziata: l’aria era pregna della morbosa energia che caratterizzava la caccia.

E ciò che Eileen aveva udito sgattaiolare dietro l’angolo non era una belva.

L’età non aveva ancora attenuato il suo udito, e il suo istinto era ben affinato. Sapeva come distinguere le belve dagli uomini. Le porte intorno a lei erano già serrate strette, tutte le persone rispettabili si erano arroccate al sicuro nelle loro case, così Eileen snudò le sue lame; ma lentamente, con cautela, ricordò a se stessa. Non sarebbe stata la prima volta che una povera anima indifesa si ritrovava intrappolata sulla strada con la notte ormai prossima.

Girò l’angolo. Vuoto: un vicolo cieco, con alte bare accatastate disordinatamente, che proiettavano le loro larghe ombre nella pallida luce. Nessuno in vista. Uno dei feretri era accasciato sul lato, quasi in orizzontale, e non era chiuso.

«Ah, in tal caso» disse Eileen. «Vieni fuori, adesso: non ti farò del male se tu non cercherai di farne a me.»

Non diede alla sua preda il tempo di coglierla di sorpresa. Spalancò il coperchio, trovando due spaventati occhi marroni che la fissavano da un visetto familiare.

Le ci volle un attimo per superare lo sbigottimento.

«Di tutte le cose che si potrebbero trovare in una bara» riuscì finalmente a dire. «Adele Gascoigne, che diamine hai combinato?»

«Zietta Eileen!» La voce della bambina s’incrinò di sollievo. «Non sapevo chi stesse arrivando. Ero così spaventata » Si arrampicò affannosamente fuori dalla bara vuota, aggrappandosi alle braccia di Eileen in cerca d’equilibrio; la cacciatrice si premurò di tenere le sue lame a distanza. Una volta che Adele si fu messa in piedi, le rinfoderò stringendo il polso della bambina.

«Ovvio non sapessi chi stesse arrivando. Che ti è saltato in mente, ragazzina, uscire da sola nella notte della caccia? Dov’è tuo padre?»

«Non lo so,» rispose Adele. Allungò la mano libera aggrappandosi al mantello di piume di Eileen, quasi temesse di vederla volare via. «Non è rincasato, e Mamma è uscita a cercarlo, però non è più tornata, ed è ormai passato un secolo temevamo si fosse persa da qualche parte, chiusa fuori, stavo andando a chiedere ai nostri vicini se l’avessero vista, sentire se stesse tornando indietro o vedere se riuscivo a trovare il Nonno o o » Gli occhi le si riempirono di lacrime mentre gli spaventi della serata emergevano in lei.

Eileen a malapena se ne accorse. Gascoigne scomparso – non poteva significare nulla di buono, non con la piega che aveva preso in quegli ultimi mesi.

Provò a pensare se avesse visto qualche traccia di lui, ma quella sera era concentrata su altre prede. Un cacciatore delirante era un pericolo per se stesso, ma per Viola che era andata a cercarlo – doveva esser stata veramente sconvolta, tanto sconvolta da abbandonare il suo solito buonsenso. La donna sapeva come usare un’arma da fuoco, ma si era sempre rifiutata di farsi insegnare altro dagli amici di suo marito, non volendo essere coinvolta oltre nel mondo della caccia. Eileen ne aveva rispettato la decisione, a patto che Viola imparasse abbastanza da tenersi lontana dal pericolo. Ma ora… Gascoigne svanito, probabilmente mutato, sua moglie sola e quasi del tutto indifesa con la notte della caccia alle porte: e due bambine lasciate indietro.

«Calmati, adesso,» disse Eileen dando ad Adele una gentile scrollata. «Calma. Dov’è tua sorella?»

«A-a casa. Le ho detto di a-aspettare, di non far entrare nessuno.» Adele tirò più volte su col naso.

«D’accordo. Torniamo a casa e vedremo cosa potrà essere fatto. Andiamo, adesso. Non aggrapparti a me in questo modo – Non sarò in grado di raggiungere le mie lame.»

Ma le strade erano abbastanza tranquille, a quell’ora, e la casa era vicina. Solo in un’occasione, in un vicolo, videro muoversi qualcosa e sentirono ansare, un inumano respiro, ma sgusciando via velocemente la cosa non le seguì. Adele le veniva dietro tenendo di nascosto un lembo del suo mantello. Ad Eileen non piaceva essere impacciata, seppur così lievemente, ma tenne a freno la lingua.

Adele la spinse via dalla porta principale una volta che ebbero raggiunto la casa della sua famiglia.

«Ho detto a Laure di non lasciare entrare nessuno che bussi alla porta» disse. La condusse invece ad una finestra laterale, e picchiettò sul vetro.

Laure doveva esser rimasta in attesa lì vicino, perché le rispose quasi subito.

«Addie?»

«Sono io, Laure. Ho trovato Zia Eileen. Apri la porta.»

Poterono sentire la sedia raschiare sul pavimento appena Laure si precipitò fuori dalla stanza. La ritrovarono alla porta e Adele si preoccupò di richiudere tutte le serrature non appena furono scivolate all’interno.

«Zietta Eileen!» esclamò Laure cercando le mani della cacciatrice per aggrapparvisi.

«Ciao, piccolina. Lasciami togliere la maschera.» Le bambine si erano preoccupate d’aver cura dei bastoncini d’incenso nell’ingresso e la casa era piena del suo intenso profumo; avrebbe potuto fare a meno della protezione della sua maschera per qualche istante.

«Tu sai dove sono Mamma e Papà?» chiese Laure.

«No, Laure. Non sapevo nemmeno che fossero scomparsi. Quando li avete visti per l’ultima volta?»

Adele serrò l’ultimo chiavistello, alzandosi in punta dei piedi per raggiungerlo. «Papà se ne è andato per l’ultima caccia e non è più tornato. Mamma è uscita questa mattina, dicendo che ci avrebbe contattato per l’ora di pranzo. Ma non l’ha fatto, e tutti i servitori se ne sono andati, e loro ci avevano assicurato che ci avrebbero informate qualora avessero saputo qualcosa, ma non abbiamo ricevuto notizie da nessuno per tutto il giorno.»

«Capisco.» Il cipiglio di Eileen s’incupì ulteriormente. «E come vi è sembrato vostro padre, in questi ultimi giorni?»

Entrambe le bambine rimasero per un po’ in silenzio, prima che Laure dicesse finalmente: «Strano.»

Adele andò dalla sorella prendendola per mano. «Zia Eileen, cosa dovremmo fare? La casa è sigillata ma abbiamo già usato un sacco d’incenso. E le belve si sono fatte così vicine, l’ultima volta, e ce n’erano così tante...»

Eileen guardò le due bambine, una di fianco all’altra, i loro volti pallidi e supplicanti: Adele con i suoi capelli chiari e il vestito in ordine, e Laure, luminosi boccoli castani ad incorniciarle le guance paffute. Sembravano le santerelle protagoniste di una qualche storia per ragazzini ostinati, le bambine ubbidienti con i genitori e che recitavano le loro preghiere e per questo venivano ricompensate, mentre Wicked Winifred1 si rimpinzava di dolcetti morendo per il sangue cinereo.

Non poteva lasciarle lì. Sarebbero potute star bene, rannicchiate per tutta la notte e a togliere i catenacci dalle porte al sorgere del sole; ma se fosse successo qualcosa, se l’incenso si fosse esaurito, se le belve si fossero fatte più audaci… Adele aveva appena undici anni, Laure non ancora otto. Non ci si poteva aspettare che fossero in grado di difendersi da sole o saper far fronte ad una qualche emergenza.

Ma Eileen aveva del lavoro da svolgere quella notte. Poteva quasi sentire il sole strisciare più in basso nel cielo, assaporare la crescente follia nell’aria. Aveva un bersaglio – forse due, adesso – e in una notte già così problematica, sicuramente ne sarebbero spuntati altri. Non poteva tenere le bambine con sé.

«Avete dei vestiti più scuri?» Chiese, osservando il vestito bianco di Laure e quello grigio pallido di Adele. «Quelli rifletterebbero la luce.»

«Abbiamo i nostri abiti da lutto, quelli del funerale di nostro nonno», disse Laure. «Il nostro vero nonno, non il Nonno» chiarì, come se Eileen potesse altrimenti convincersi che Henryk fosse morto da oltre un anno.

Se solo.

«Indossateli, veloci. Pettinatevi i capelli all’indietro e vedete se riuscite a trovare della cenere per sporcarvi il viso.»

Laure si avviò verso le scale, stringendo ancora la mano della sorella, ma Adele si voltò. «Stiamo uscendo di casa?» Chiese. «Dove stiamo andando?»

«Non ho ancora deciso. Andate, adesso.»

Sparirono su per le scale ed Eileen si mise al lavoro.

Spalancò le porte del salotto. Una piccola lanterna bruciava vicino alla finestra, il posto di guardia di Laure; Eileen la spense gettando la stanza nelle ombre nere e oro del crepuscolo. L’aria era densa e pesante poiché porte e finestre erano state serrate, ma tutto era pulito, ricoperto solamente da un sottile strato di polvere, e le ricordava molto gli anni in cui quella casa era stata un vivace luogo di ritrovo notturno per ogni genere di cacciatore.

Viola aveva sempre accolto di buon grado il costante flusso di cacciatori nella sua piccola fortezza ordinata, lasciandosi sfuggire un sospiro solamente quando questi le si sedevano sulla mobilia con gli abiti insanguinati. Nelle notti della caccia spesso congedava i servi restando ad aspettare da sola per tutta la notte, facendosi trovare con un buon stufato denso pronto all’alba. Partecipava a tutti i loro incontri, ascoltava attentamente, facendo domande e discutendo con il resto di loro. Sebbene si fosse rifiutata di prender parte alla caccia, aveva insistito sul fatto che lei avrebbe saputo cosa faceva suo marito e avrebbe avuto voce in capitolo.

La casa dei Gascoigne non era l’opzione più ovvia per un punto di raduno. L’imponente prete dava sovente l’impressione d’essere nient’altro che un bruto. Eileen stessa era rimasta spesso sorpresa quando invitata nella casa l’aveva trovato concentrato sulle sue scritture, il libro sacro come rimpicciolito tra le sue gigantesche mani. Ma le riunioni avevano dimostrato come lui fosse un uomo di vivaci opinioni.

Ricordava bene una notte – una notte all’inizio della fine, ripensandoci a posteriori – quando il rispettoso dibattito sulla piaga dilagante si era trasformato in un infiammato litigio, come sempre più spesso era solito succedere in quel periodo. Gascoigne, furioso, quasi ruggendo, aveva brandito il suo testo sacro; Djura, parimenti irritato, già ben oltre il baratro della sua stessa follia, glielo l’aveva schiaffeggiato via di mano. Per un attimo era sembrato stessero per venire alle mani – poi la porta della cucina si era spalancata, e lì vi era la piccola Laure Gascoigne. Una mano sull’uscio, l’altra sul fianco, aveva freddamente ispezionato la stanza piena di assassini sanguinari e detto, con l’innocente audacia propria di un bambino che ha trovato una solida scusa per rimproverare i grandi: «Potreste voi tutti abbassare la voce? Adele non riesce a dormire, e mi farete venire gli incubi.»

Gascoigne si era affrettato a riportare la figlia a letto, mentre Djura era sgattaiolato fuori dalla porta sul retro prima che lui tornasse. Ma, da allora, se il tono delle voci si era abbassato, i conflitti tra loro non avevano fatto che crescere. La piaga si diffondeva rapidamente, le bestie crescevano in audacia e mostruosità; le cacce erano più frequenti e le notti più lunghe. Sempre più cacciatori si erano arresi al richiamo del sangue. Ad ogni nuovo raduno, Eileen poteva sentire su di sé le occhiate diffidenti degli altri cacciatori, fissarla quando convinti che il suo sguardo fosse altrove, quasi si aspettassero di vedere il sangue dei loro compagni grondare ancora dai suoi vestiti. Gli incontri a tarda notte, un tempo fonte di faticato cameratismo, si diradarono, diventarono meno frequenti, più rabbiosi. Finché non cessarono definitivamente.

Eileen poteva sentire i passi di Laure e Adele al piano di sopra. Dove portarle? Chi era rimasto? Di chi poteva fidarsi?

Andò in cucina, ricordando la notte in cui una bambina in camicia da notte li aveva involontariamente salvati da uno spargimento di sangue. Non aveva più visto Djura da che era scomparso dentro Old Yharnam, anche se le era capitato d’udirlo, una volta o due, mentre inseguiva i suoi bersagli attraverso il quartiere abbandonato. Quella sua torre poteva essere uno dei luoghi più sicuri della città, a patto che tu riuscissi a raggiungerla; e poi lui aveva conosciuto le bambine, si era preso cura di loro, come tutti loro del resto. Non aveva tenuto troppo in conto il vecchio pazzo, ma poteva fidarsi di lui? Suppose in un certo senso di . Si fidava di lui quanto ci si sarebbe potuti fidare di un orologio guasto: lei non aveva mai controllato il suo orologio interiore, ma sapeva esattamente cosa voleva fare, quando e perché.

Eileen sentì dei passi scendere le scale, e tornò nell’ingresso per riunirsi alle bambine. Chiaramente erano riuscite a trovare i loro abiti da lutto, sebbene i vestiti vecchi di un anno sembrassero stretti per entrambe, e gli orli più corti del dovuto – tuttavia, perlomeno, si sarebbero potuti rivelare una benedizione qualora avessero dovuto muoversi velocemente. Si erano legate i capelli e sporcate il viso di cenere, come da istruzioni, sebbene Laure sembrasse aver preso l’incarico con più entusiasmo della sorella, e si fosse sporcata con più cura: aveva le mani ancora nere. Eileen si sfilò i guanti, grattò via un po’ di cenere dalle mani della bambina passandone in buona misura sui lunghi capelli chiari di Adele.

«Ecco, fatto. Sarai più difficile da individuare in questo modo. Vi ricordate di Djura? Stiamo andando nella parte vecchia della città, per trovarlo. Sarete al sicuro con lui finché non sarà mattino.»

«Zio Djura?» chiese Adele. Il suo viso s’illuminò per un attimo, a buona ragione: Djura non era riuscito a rovinare le due giovani Gascoigne corrompendole durante de sue visite, ma certo non era stato per mancanza di tentativi.

«Ha costruito il suo covo in un’alta, vecchia torre orologiaia nel quartiere vecchio,» disse Eileen. Si rimise la maschera, stringendola bene. «Statemi accanto, bambine, e fate silenzio.»

«E tu cercherai Mamma e Papà, non è vero, Zietta Eileen?» chiese Laure.

«Lo farò. Lo prometto.» Eileen aprì i chiavistelli e le serrature della porta, accompagnando le bambine fuori sui gradini. Adele agguantò nuovamente il suo mantello; Laure le si accoccolò contro.

«Papà ha detto che Zio Djura è impazzito,» disse Laure, con la stessa limpidezza con cui avrebbe potuto dire, Papà ha detto che Zio Djura è partito per un lungo viaggio ai tropici.

«Sì, beh,» disse Eileen, «Tutti indossiamo la follia in modi diversi. Non avete nulla da temere da lui.»

«Lo so,» disse Laure, suonando leggermente offesa.

«Venite, allora.» Eileen prese ciascuna bambina per le spalle, conducendole nell’oscurità.



Eileen udì la belva appena in tempo. Spinse le ragazze dietro di sé con una mano mentre con l’altra fendeva l’aria con la lama. Parò l’attacco della belva, affondando nella pelle e nei muscoli appena sotto la sua gola e facendola cadere all’indietro. Una piccola parte allertata della sua coscienza sentì le bambine sbattere contro la soglia alle sue spalle: quindi salve, per il momento, perciò scattò in avanti attaccando prima che la cosa potesse trovare un punto d’appoggio. Tre tagli netti sul collo: e poi ci fu silenzio.

Rimase immobile, ansando, tutti i sensi allerta. Solo adesso riconosceva esattamente cosa le avesse attaccate: una delle enormi creature-lupo, il tipo che era solito muoversi in branco. C’erano diversi vicoli scuri che si connettevano al cortiletto che stavano percorrendo, offrendo molti punti bui nei quali un’altra belva avrebbe potuto nascondersi. Aspettò, orecchie tese, ma non udì nessun altro movimento, ed infine tornò dalle bambine.

Erano rannicchiate sulla veranda, gli occhi sbarrati, strette l’una nelle braccia dell’altra.

«È morto?» sussurrò Laure.

«Sì. È morto.»

«Ti ha morsa?»

Un attimo di confusione: poi Eileen ricordò che la cosa aveva cercato di chiudere i denti attorno al suo braccio, mentre la stava finendo. Nella foga del momento non ci aveva fatto caso. Esaminò l’arto sinistro: la manica era strappata e zuppa di bava, ma poteva affermare con certezza che la belva non aveva scalfito la pelle.

«No. So bene. E anche fosse ho sangue a sufficienza per rimediare al peggio,» disse, toccando le fiale che aveva allacciate in vita.

Lo sguardo di Adele era fisso sul cadavere. «È arrivato così velocemente,» sussurrò. Si rimise lentamente in piedi tirando sua sorella su con sé. «Ce ne sono altri?»

«A Yharnam? Sì, molti.» Eileen sapeva non essere ciò che Adele stava chiedendo, ma era turbata. Le creature-lupo erano semplici animali, al di sotto degli effetti della piaga; non era solita vederle per le strade prima della mezzanotte – non lì nel distretto centrale, e certamente non con il sole ancora alto nel cielo. Negli ultimi tempi le cacce si erano fatte sempre più caotiche ed imprevedibili, ma non aveva mai visto nulla del genere. Avvertì il gelo attanagliarle il petto e lottò per scacciarlo.

«Non ne avverto altri in giro,» disse ad Adele, «ma dovremo stare molto più attente proseguendo.»

«Quanto lontano?» chiese Laure.

«Tanto ancora. Tuttavia –» Eileen si fermò, riflettendo «– potrebbe esserci una via più veloce. Venite, adesso, veloci, prima che ne arrivino altri.»

Adele stava ancora fissando la belva maciullata con repulsione mista a fascino; la sua faccia era pallida sotto la cenere. Era certamente uno spettacolo orribile – i denti digrignati in un ringhio e viscidi del sangue della creatura, gli squarci nella sua gola divelti a rivelare strati di carne e scorci di osso bianco e rosa. Queste cose avevano smesso da tempo di disturbare Eileen, o anche solo di attirarne l’attenzione; ma le sembrò di rivedersi attraverso gli occhi di Adele. Non aveva alcun senso coccolare le bambine, ovviamente, eppure…

«Adele,» disse più bruscamente di quanto intendesse «vieni, andiamocene.»

Laure era già accanto ad Eileen cercando di afferrarle il braccioma lei sfilò via la mano, velocemente, guardando la striscia di sangue sul suo palmo.

«Oh,» mormorò.

«Sì,» disse Eileen, «è sangue, mi aspetto d’esserne ben ricoperta; sii contenta che si tratti del suo e non del mio. Questo è ciò che fanno i cacciatori, piccola, incluso tuo padre. È un lavoro spietato, ma dev’essere fatto.»

«Lo so» disse coraggiosamente Laure.

«Silenzio, allora, entrambe, e seguitemi.»

Le bambine avevano avuto ben poco di che rallegrarsi in precedenza, ma in quel momento il loro silenzio aveva acquistato una sbalorditiva solennità. Eileen le guidò fuori dal cortile, attraverso una piazza e giù per una rampa di scale, i suoi sensi si sforzavano di rilevare il minimo rumore o movimento tra le ombre. Arrivarono ad un cancello arrugginito incassato in un muro, abbastanza largo perché un adulto potesse attraversarlo solamente stando a carponi. C’era un lucchetto, ma Eileen lo sapeva da tempo arrugginito e rotto; aprì il cancello ottenendo ben poca resistenza.

«Passeremo attraverso le fogne,» disse. «In questo modo possiamo accorciare un percorso altrimenti più lungo. State vicine e seguitemi, adesso.» Era una scommessa, ma Eileen si sentiva sicura delle probabilità: se disgustose belve suppuravano in alcuni degli angoli più oscuri dell’elaborato sistema fognario di Yharnam, i percorsi principali erano generalmente tenuti puliti dai cacciatori che li usavano per muoversi rapidamente attraverso la città. C’era un tratto che avrebbe permesso loro di tagliare dritto attraverso le altrimenti labirintiche strade soprastanti. Avrebbero potuto dimezzare il loro tempo di viaggio e concedere meno opportunità alle belve di sorprenderle.

Eileen accese un fiammifero, e illuminò la lanterna fissandosela con cura alla cintura. Poi si accovacciò attraverso il cancello e prese a gattonare.

«Le fogne?» disse Adele dietro di lei. Eileen poteva quasi sentire in suo naso storcersi.

«Le fogne!» disse Laure, entusiasta per l’avventura, correndole dietro.

Arrancarono per un breve tratto attraverso i liquami fangosi dell’ultimo temporale, finché Eileen non si diresse ad una scala scendendo. Si erano calate non più della metà quando Laure sopra di lei improvvisamente sibilò: «Oh! Che puzza!»

«È una fogna, Laure,» disse Eileen, quasi divertita. «Non ci si svuota l’acqua di rose.»

L’incenso e le erbe presenti nella sua maschera la proteggevano dall’odore peggiore, ma quando i suoi stivali calpestarono il miscuglio paludoso sottostante, persino lei sentì qualcosa di pesante, umido e nauseante premerle contro il naso.

«Vieni avanti, Laure,» disse Eileen con impazienza; Laure si era fermata sul gradino più basso, con una mano premuta su naso e bocca, ovviamente riluttante ad addentrarsi nella melma.

«Vai avanti, Laure,» sussurrò Adele dall’alto, che aveva usato la pausa per tappasti il naso.

Laure chiuse gli occhi e saltò giù dalla scala, emettendo un piccolo lamento infelice mentre i suoi stivali affondavano. Adele la seguì. Entrambe le bambine ora stavano in piedi con le mani strette sui loro volti, gli occhi pieni di lacrime; improvvisamente Eileen si sentì leggermente in colpa per il fatto d’essere l’unica ad indossare una maschera.

«Non è così brutto una volta che ci si è abituati,» improvvisò, piuttosto scettica riguardo la veridicità della cosa. Le spinse in avanti lasciando il riparo del vicoletto cieco dov’erano scese ed entrando in uno spazio sorprendentemente alto lì avanti. Una volta Eileen aveva conosciuto un paio di cacciatori che sia erano allenati con gli studenti di Byrgenwerth prima d’aver capito di preferire il brivido della caccia; non erano riusciti a lasciarsi alle spalle il mondo accademico, e Eileen ricordava vagamente il loro vaneggiamenti sul come le fogne fossero un eccellente esempio della stratificazione archeologica di Yharnam, essendo state catacombe un tempo, e forse ancor prima luoghi rituali sacri. Eileen non aveva prestato molta attenzione. Quei due non erano durati molto a lungo.

Se quella parte delle fogne era fortunatamente aperta, con pochi angoli bui nei quali avrebbero potuto annidarsi delle belve, l’odore non era migliore, e Laure aveva preso a piagnucolare man mano che s’immergevano sempre più nelle profondità di Yharnam.

«Non potremmo...» iniziò col dire, quando improvvisamente emise un verso strozzato, in preda al panico perdendo l’equilibrio. Adele allungò una mano per afferrarla iniziando a tirare – ad Eileen ci volle un istante per distinguere la figura ricoperta di fanghiglia di un ghoul di fogna con le sue disgustose dita avvolte attorno alla caviglia di Laure. Si lanciò in avanti, estrasse le sue lame e tagliò via la mano dal polso senza pensarci; una volta riacquistati tutti i sensi, guidò il pugnale nella gola della cosa per precauzione. La lama si conficcò ed Eileen fece lefa col suo piede calciando via la cosa; questa volò all’indietro, la testa mezza mozzata dondolava grottescamente.

«Sangue divino,» imprecò Eileen, «maledizione...».

Occhi spalancati, mani premute sulla sua bocca, Laure respirava affannosamente, in preda al panico, inalando maggior aria viziata, la quale non faceva che farla stare peggio – Adele, stretta a sua sorella, le braccia attorno alla vita, guardava disperatamente Eileen. La cacciatrice non si diede il tempo di pensare. Le sue dita corsero alle chiusure della sua maschera, strappandosela via dalla faccia. Il tanfo le fece lacrimare gli occhi, ma la tenne sul viso di Laure – «Ecco, Laure, respira questo, respira» – iniziando ad allacciarla.

«Ne ho solo una –» iniziò a dire ad Adele.

«Dalla a lei,» disse coraggiosamente Adele, «va bene così, Zia Eileen.»

Naturalmente, la maschera era troppo grande, ma Eileen l’allacciò il più stretto possibile tenendola in posizione. Il fetore del liquame era quasi insopportabile, ma alla cacciatrice parve di sentire anche l’odore di qualcos’altro, sotto di esso, qualcosa di rancido e aspro: l’odore della belva.

Te lo stai immaginando, te lo stai solamente immaginando, vecchia stupida, si disse Eileen, cercando d’imbrigliare il crescente terrore. Non ti metterai a ringhiare e sbavare sopo soli pochi minuti.

Tenendo la bocca ben chiusa, Eileen fece un cenno ad Adele ed agguantò Laure; un po’ trascinandola e un po’ portandola, scattò in avanti, Adele al suo fianco, e le tre si misero a correre fuggendo.



1 Wicked Winifred: è un personaggio negativo, incarnazione di tutti i difetti umani, tipico del folklore anglosassone. Agli inizi del XIX secolo nel Regno Unito era comune la letteratura per bambini di tipo moralistico e didattico. L’autrice (pabbeyrene) ha immaginato che anche a Yharnam potessero esserci dei libri scritti per insegnare l’educazione ai bambini, con personaggi positivi, premiati per la loro bontà o negativi che alla fine vengono puniti per i loro crimini. Wicked Winifred è un esempio di quest’ultima categoria di figure narrative.




Note di fine capitolo (di pabbeyrene)
So esserci del dibattito sulla sorella Gascoigne più anziana a causa della sua inquietante linea di dialogo finale. Per quel che vale, penso lei sia chi afferma di essere e non credo volesse realmente che sua sorella si facesse del male. Onestamente non amo particolarmente quest’ultima battuta (penso complichi solamente la storia senza arricchirla). Preferisco leggerla come l’effetto della luna di sangue su di una bambina terrorizzata e segnata dal dolore, e non come l’indice di qualcosa di più sinistro. Un’argomentazione un po’ debole, forse, ma sentitevi liberi di considerarlo un AU se non vi trovate d’accordo. (Beh, un AU più d quello che è già). Ho inserito alcune implicazioni di quella particolare lettura nella mia caratterizzazione di Adele, ma non entreranno in gioco se non un po’ più in là nella storia.


   
 
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