Anime & Manga > L'Attacco dei Giganti
Ricorda la storia  |      
Autore: Ellery    12/02/2019    1 recensioni
Poco dopo, il silenzio del tempio venne spaccato dal suono di una piccola orchestra, situata nelle sagrestie.
La marcia nunziale si diffuse rapidamente, mentre gli occhi dei presenti scivolavano immediatamente all’ingresso. All’inizio della navata, erano comparse due figure. Un uomo alto e dai radi capelli brizzolati porgeva il braccio alla figlia, i cui passi incerti mal si accompagnavano alla musica maestosa ed agli sguardi incuriositi.
Genere: Generale, Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Auruo Bossard, Erwin Smith, Hanji Zoe, Levi Ackerman, Petra Ral
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Le spose arrivano sempre in ritardo

 
Note: La fanfiction partecipa a:

* Cowt9, indetto da Lande di Fandom
* Week 1, Missione 3 (Missione All Stars)
* Prompt: Cerimonia
* Parole: 1622


***


Infine, il gran giorno era arrivato. Nella caserma della Legione Esplorativa non era rimasto praticamente nessuno. La maggior parte dei soldati si era già recata al tempio della capitale, vestita di tutto punto con le alte uniformi o completi di buona fattura.

Erano rimasti solo loro due, oltre alle sentinelle di turno.

Levi fissò la propria immagine riflessa nello specchio, sistemando nuovamente la cravatta nera attorno al colletto inamidato della camicia.
«Stai benissimo. Smettila di toccarti.» Hanji gli porse il gilet di velluto nero e, poco dopo, una giacca del medesimo colore.

«Ho notato una piega proprio qui…» rispose, tornando a torturare i bottoni color avorio. Le mani della donna corsero ad afferrare le sue, costringendolo ad abbassarle.

«So di non avere alcun senso estetico, né d’essere particolarmente ordinata, ma… fidati, sei a posto.»

Osservò nuovamente il proprio riflesso: il completo nero era perfettamente stirato e si intonava alle scarpe lucide, dove l’unico accenno di colore era dettato dal marrone delle stringhe. I capelli scuri erano stati pettinati all’indietro e ingellati, mentre sulle guance era comparso un leggero rossore che mal si intonava al resto della carnagione pallida. Gli occhi grigi contenevano una rara sfumatura insicura.

Non era l’unico, evidentemente, ad averla notata:

«Non credo d’averti mai visto così nervoso. Nemmeno quando Mike ti ha inseguito con quel barattolo di scarafaggi morti.» colse il ridacchiare della scienziata e si premurò di regalarle un leggero sorriso.

«Dovevi proprio ricordarmelo?»

«Sì, altrimenti che ci sto a fare qui?»

Evitò di risponderle, scoccando una rapida occhiata all’orologio da taschino abbandonato sul vicino comò: era ancora presto. La cerimonia non sarebbe iniziata prima delle cinque e le lancette segnavano a malapena le tre e venti. Aveva tutto il tempo per finire di prepararsi, montare in carrozza e raggiungere la capitale.

«Non mettermi fretta! Abbiamo un mucchio di tempo.» ringhiò poco dopo, tornando a torturare le morbide linee della giacca e dei pantaloni.
 

***
 

Hanji aveva fatto preparare un calesse, attaccandolo all’unico cavallo rimasto nelle scuderie. Il vecchio stallone, un tempo grande riproduttore e ora relegato al ruolo di mascotte del Corpo di Ricerca, era stato trascinato fuori dal box e assicurato al mezzo. In gioventù, era stato uno dei destrieri più rapidi e scattanti; era stato montato da ben cinque comandanti, quattro dei quali erano poi morti tragicamente in battaglia; Erwin, più per scaramanzia che per necessità, gli aveva concesso un meritato prepensionamento.

Levi si accomodò sul sedile, fissando nuovamente l’orologio a cipolla: le sedici e trenta.

«Siamo in ritardo!­» ringhiò, mentre la sua voce veniva coperta da un pronto rimprovero:

«Non lo saremmo, se tu non avessi voluto stirare la giacca per la quindicesima volta.»

«Era tutta stropicciata!»

«Il tuo cervello è stropicciato. Ora siediti e stai calmo. Saremo là in un batter d’occhio.»
 

***
 

Normalmente, il percorso non sarebbe stato così lungo da affrontare, non fosse per le condizioni di traffico intenso, scarsa visibilità e greggi di pecore intenti ad attraversare la carreggiata. Sfortuna volle che incontrarono tutti e tre.

Levi si accasciò sconfortato, scuotendo il capo dopo un ulteriore controllo dell’orologio:
«Arriveremo in ritardo.» ripeté, tornando a massacrare la povera cravatta nera.

«Non ti preoccupare. Ce la faremo.» Hanji gli rivolse un sorrisetto distratto «E poi… le spose arrivano sempre per ultime, non lo sai?»

Roteò gli occhi, riprendendo a spiare oltre il bordo del calesse. Un montone si era appena strusciato per bene contro la portiera, tingendola di un inquietante marroncino che profumava di sterco fresco.

«Ci ha scambiati per la sua carta igienica! Non possiamo presentarci così al matrimonio… dovremo fermarci a lavare il calesse.» sibilò, squadrando lo scorrere delle lancette «Te l’avevo detto di prendere l’altra strada! In più c’è nebbia e… traffico! C’è un sacco di traffico!»

«Non ho scelto io di sposarmi alle cinque del pomeriggio, quando tutti escono dal lavoro.»

«Ma hai scelto che strada prendere!»

«Ho detto che arriveremo in orario… ti fidi o vuoi farla a piedi?»

Tornò ad accucciarsi sul sedile, incrociando le braccia al petto. Quella zuccona occhialuta! Non poteva dargli retta, almeno per una volta? Tagliare per le strade di campagna era stata davvero una pessima idea. Tanto più che tre quarti degli abitanti del distretto sembravano aver scelto quello stesso tragitto.

«Perché non siamo passati per il centro?» sbottò nuovamente, ricevendo in cambio una gomitata.

«Non li leggi i cartelli, tu? È chiuso per lavori in corso. La deviazione consigliata era solo questa. Rilassati Levi! Ce la faremo.»

«Vorrei avere il tuo ottimismo.» ringhiò, tornando a squadrare la scienziata poco dopo «Un vestito più sobrio non lo avevi, vero?»

Hanji aveva optato per un abito a balze, di un accecante giallo. Si era infilata un vistoso fiocco tra i capelli cisposi, rifiutando perfino di truccarsi; aveva, infine, optato per delle inquietanti scarpe col tacco, comprate sicuramente in offerta alla bancarella di un ambulante.

«Scherzi? Sto benissimo.»

«Sì, per un banana party! Ti ricordo che è un matrimonio… e che sei la testimone della sposa!»

«Lo so! Non mettermi ansia…»

«Oh, quello temo sia impossibile.»

 
***
 

Giunsero al tempio nell’esatto istante in cui la torre campanaria suonava le diciassette e trenta.

Il gregge ci aveva impiegato venti minuti per transitare, durante i quali Levi aveva completato quasi tutti i giochi de “La enigmistica di Isla Paradise” rinvenuta sotto al sedile. Naturalmente, l’aiuto di Hanji era stato prezioso in qualsiasi cruciverba in cui si era cimentato.

«Hanno già cominciato?» sussurrò Levi, affrettandosi verso il corridoio centrale.

«Non direi! Stai calmo e non correre.» Hanji lo costrinse a rallentare il passo, prendendolo per una mano «Te l’ho detto! Le spose arrivano sempre in ritardo.»

Annuì nuovamente, guardandosi attorno. La pianta del tempio era rettangolare: le panche, disposte nelle due navate, erano gremite di fedeli, curiosi, parenti ed amici; qualcuno era rimasto in piedi, appoggiato a delle eleganti colonne di marmo. Lungo le pareti erano appesi quadri ed arazzi, raffiguranti scene di vita sacra. L’altare non era altro che un massiccio cubo di marmo chiaro, dove alcuni bassorilievi ricordavano la costruzione delle mura e manifestavano la volontà di Dio nel proteggere l’umanità dai giganti. Poco oltre erano sistemate due sedie morbide, foderate con del raso bianco e dei nastri; lo stesso tessuto ricopriva anche i relativi inginocchiatoi.

Il Pastore li accolse con un sorriso accondiscendente, quasi volesse perdonare il loro ritardo. Li invitò ad accomodarsi con un cenno; poco dopo, il silenzio del tempio venne spaccato dal suono di una piccola orchestra, situata nelle sagrestie.

La marcia nunziale si diffuse rapidamente, mentre gli occhi dei presenti scivolavano immediatamente all’ingresso. All’inizio della navata, erano comparse due figure. Un uomo alto e dai radi capelli brizzolati porgeva il braccio alla figlia, i cui passi incerti mal si accompagnavano alla musica maestosa ed agli sguardi incuriositi.

Levi la fissò ammaliato, mentre un nodo gli serrava la gola. Petra era magnifica nel vaporoso abito bianco. Un corpetto di pizzo e perline le cingeva i fianchi ed il petto, aprendosi in una morbida scollatura a cuore. La gonna a balze era contornata da un orlo dorato, intonato alle pietruzze gialle che adornavano la punta delle scarpe. Il velo era fissato da una elegante tiara di argento e cristalli e ricadeva sul viso a nascondere i dolci occhi nocciola e le guance morbide, dove un tenue sorriso aveva fatto nascere le fossette. I capelli erano intrecciati con nastri e fiori freschi, che richiamavano le essenze presenti nel bouquet, stretto tra le dita sottili e tremanti.

Era bellissima. La impaurita e timida ragazza che aveva conosciuto anni prima si era completamente dissolta; al suo posto, era sorta una donna forte, sicura di sé, pronta a prendere in mano il proprio destino ed a guidarlo nel cammino che si era costruita. Provò un moto di orgoglio nel vederla così determinata e raggiante. Lasciò che un sorriso si aprisse sulle proprie labbra sottili; batté le palpebre, cercando di scacciare quella sensazione pungente alle cornee.

«Lasciati andare. Non c’è niente di male, sai?» una voce rassicurante scese al suo orecchio, mentre la mano robusta del comandante Smith arrivava a stringere piano le sue dita.

«Io non piango mai, Erwin.» rispose, la voce pericolosamente incrinata «Dovresti saperlo che…»

«C’è sempre una prima volta; e, benché tu non lo creda, non ti giudicherà nessuno.»

«Ma… Sono il soldato più forte dell’umanità!»

«E con questo?»

«Piangere è da deboli…»

«No, affatto. È da deboli negare le proprie emozioni e nascondere i sentimenti per paura di essere criticati.» una pausa e poi di nuovo quel tono caldo e rinfrancante «Sei felice per lei?»

Mosse il capo in un cenno d’assenso:
«Sì.»

«E per lui?»

Lo sguardo grigio tornò immediatamente all’altare, dove Auruo attendeva con le mani annodate dietro la schiena e un sorriso dipinto sul volto; le guance scavate erano solcate da abbondanti lacrime, cadute ormai sul colletto della camicia e sul bavero della giacca gessata. Recava un garofano bianco all’occhiello, fermato da una elegante spilla argentata. Accanto a lui, un bambino dai corti capelli ramati reggeva una coppia di fedi su un morbido cuscino.

«Molto.» sussurrò, osservando la sposa raggiungere futuro marito e sollevare delicatamente il velo leggero «Auruo è un bravo ragazzo e la ama davvero; e lei si merita qualcuno che possa renderla felice. Sapranno prendersi cura l’uno dell’altra, ne sono certo.»

Colse la stretta farsi un poco più solida e il pollice scorrere lungo le proprie nocche, in una carezza leggera e discreta. Dopo un istante di silenzio incerto, la voce morbida del comandante tornò a bisbigliare:
«Sì, così come io mi prenderò cura di te.»

Levi sollevò le iridi a quelle parole, ma Erwin non lo stava più guardando. Teneva l’attenzione rivolta agli sposi, intenti a scambiarsi le promesse di matrimonio. Le labbra tuttavia, atteggiate in un morbido sorriso, recavano ancora i segni della promessa appena sussurrata.
  
Leggi le 1 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > L'Attacco dei Giganti / Vai alla pagina dell'autore: Ellery