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Autore: blackjessamine    15/02/2019    14 recensioni
Ispirato all'inarrivabile raccolta di racconti "Eleven Kind of Loneliness" di Richard Yates, questo vuole essere il ricamo di undici vite, undici esistenze raccontate nei loro momenti più vulnerabili.
Personaggi diversi che si muovono in momenti diversi, tutti accompagnati dalla stessa solitudine.
Di Richard Yates, Alfred Kazin dice che lui "riassume la nostra epoca con più spietatezza di ogni altro, ma anche con più pietà". La stessa pietà con cui spero di sfiorare le solitudini dei miei personaggi.
1. Capitolo Indice
2. Petunia Evans [Storia partecipante al contest "Sincero (non mi odi più) indetto da Giunia Palma/Lady Palma sul forum di EFP]
3. Mirtilla Malcontenta
4. Severus Piton
5. Priscilla Corvonero
6. Barty Crouch Jr. [Storia partecipante al contest "Citazioni in cerca d'autore (Oscar Edition)! - II Edizione", indetto da Rosmary sul forum di EFP]
7. Helena Corvonero [Storia partecipante al contest "Una biblioteca in disordine", indetto da Marika Ciarrocchi/Angel Cruelty sul forum di EFP]
8. Andromeda Tonks
Genere: Generale, Introspettivo, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Mirtilla Malcontenta, Petunia Dursley, Severus Piton
Note: Missing Moments, Raccolta | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Più contesti
Capitoli:
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Personaggi: Petunia Evans; Lily Evans; James Potter; Vernon Dudley
Tipo di coppia: Petunia Evans/Vernon Dudley; James Potter/LilyEvans
Note: Missing Moments
Contesto: Malandrini/I Guerra Magica
Genere: Introspettivo; Malinconico
Rating: Giallo
Introduzione: Petunia desiderava soltanto avere una serata perfetta. Una cena deliziosa, un fidanzato meraviglioso, e l'attenzione dei suoi genitori. Ma la perfezione, quando si parlava di sorelle Evans, apparteneva soltanto a Lily. 
NdA: il titolo è una citazione al primo volume della saga dei Cazalet, di E. J. Howard. La storia, edita, partecipa al contest “Sincero (non mi odi più)”, indetto da Giunia Palma sul forum di EFP.









 
Gli anni della leggerezza





Petunia era furiosa.
No, era più che furiosa, era adirata, indignata e delusa.
E quel che era peggio, nessuno sembrava comprendere perché si fosse rinchiusa nella sua stanza senza pronunciare nemmeno una parola. Non lo aveva capito nemmeno Vernon, che era rimasto a fissarla scendere dalla sua macchina con sguardo confuso e stupito.
Oh, certo, perché mai qualcuno in quella casa avrebbe dovuto fare lo sforzo di spegnere per un secondo tutto quello stupido entusiasmo per cercare di capire che cosa stesse passando per la sua testa? Del resto, lei era soltanto Petunia, la noiosa, banale, ordinaria Petunia! Che importava di tutti i suoi sforzi, di tutta la pianificazione, della cena studiata nei minimi dettagli, il parrucchiere nel primo pomeriggio e un vestito nuovo, il discorso che Vernon aveva studiato quasi a memoria, tutti i possibili imprevisti calcolati... quella serata doveva essere perfetta. Doveva essere la sua serata, e lo sarebbe stata, se solo sua sorella non avesse rovinato tutto come al solito.
Sua sorella. La sua perfetta sorella non si era resa conto di nulla, ovviamente. Le aveva semplicemente regalato uno dei suoi sguardi feriti, da cagnolino bastonato, e se n'era rimasta con gli occhi gonfi di lacrime a fissare la porta che Petunia aveva sbattuto.
Petunia non doveva nemmeno sforzarsi troppo per immaginare quello che doveva essere successo appena lei aveva lasciato la casa: i loro genitori si sarebbero gettati su Lily, coprendola di paroline dolci e cercando di convincerla a non fare caso a Petunia, perché tutti e tre sapevano quanto potesse essere difficile il suo carattere in certi frangenti. Lily allora avrebbe tirato su con il naso, si sarebbe asciugata le lacrime e avrebbe messo in piedi la sua bella maschera da bambina coraggiosa, avrebbe cercato di sorridere e avrebbe detto qualcosa di carino, rassicurando tutti che l'indomani avrebbe parlato con Petunia e si sarebbe scusata.
Oh, sì, perché era fuor di dubbio che alla fine sarebbe stata Lily quella che si sarebbe scusata, giusto per dare a tutti un motivo in più per ammirarla.
E poi quel ragazzino dinoccolato, quella specie di fidanzato che Lily aveva gettato loro in casa durante le ultime vacanze di Pasqua, avrebbe fatto qualche battuta acida e infantile su Petunia, Lily si sarebbe arrabbiata, allora lui si sarebbe scusato e avrebbe detto qualche altra idiozia e Lily avrebbe finto di fare ancora la sostenuta, ma la sua sarebbe stata tutta una posa, perché dietro le sue labbra arricciate ci sarebbe stata una risata a stento trattenuta, ed entro pochi minuti avrebbe gettato le braccia al collo di James con sguardo adorante.

Oh, al diavolo! Petunia non aveva intenzione di restarsene sdraiata a rimuginare su come la sua serata perfetta si fosse trasformata in un incubo. Vernon era furioso, maledizione! Quando gli aveva chiesto di lasciarla sola, l'aveva fatta scendere dalla macchina davanti a casa, per poi ripartire sbuffando e borbottando. Petunia ci avrebbe messo ore per cercare di scusarsi e convincerlo a tornare a cena dai signori Evans un'altra sera e terminare il suo discorso. Oh, per la miseria, no, ormai quel discorso non aveva più senso. Poco importava: l’indomani magari gli avrebbe fatto una sorpresa e si sarebbe fatta trovare fuori dal suo ufficio, e avrebbero pranzato insieme. No, meglio di no, Vernon non amava le sorprese; lo avrebbe chiamato durante la pausa pranzo, sì, e lo avrebbe invitato a cena in quel ristorantino che gli piaceva tanto a Redhill, e davanti ad una bella fetta di torta al rabarbaro avrebbero sicuramente fatto pace. Forse, se si fosse svegliata presto e avesse fatto in tempo a passare in tintoria prima di andare al lavoro, sarebbe anche riuscita a mettere quel vestito beige che aveva comprato solo qualche settimana prima e che a Vernon piaceva tanto...
Con questi pensieri per la testa si alzò di scatto dal letto, e, controllando con mani tremanti che i capelli fossero ancora abbastanza in ordine, prese a infilarsi le scarpe.
Elegantissime scarpe color crema, con un tacco abbastanza alto da slanciarle i polpacci magri ma non così tanto da farla sembrare una poco di buono.
Scomodissime. 
Perfette con l'abito a motivi floreali che indossava, ora tutto sgualcito dopo che si era lasciata pesantemente cadere sul letto. 
Decisamente inadatte per una passeggiata serale. 
Cercando di non pensare a quanto sarebbe stata ridicola con un bell'abito elegante e delle scarpe da ginnastica, si infilò ai piedi le scarpe più comode che riuscì a trovare nella sua stanza, poi si avvolse in un soprabito leggero e uscì silenziosamente di casa.

 
***

Petunia percorse con passo rapido e un po' incerto la via residenziale, fino a quando non giunse in vista del piccolo parco giochi del quartiere. Grazie al cielo la loro era una zona tranquilla, quindi una ragazza poteva ancora permettersi di camminare sola dopo il tramonto. Petunia di solito preferiva comunque evitare di farlo, ma quella non era una sera come le altre. Avrebbe dovuto essere la sua serata speciale, e invece ora si ritrovava da sola a camminare verso il parco giochi in cui aveva trascorso tante ore felici quando era una bambina.
Il cancello del parchetto era accostato, ma non chiuso a chiave: le bastò spingere leggermente per avvertirne il cigolio stanco, e Petunia si ritrovò a percorrere il sentiero di ghiaia bianca. Per un attimo, ripensò a tutte le volte in cui lei e Lily si erano riempite le tasche di quei sassolini bianchi, per poi sedersi nell'angolo più appartato del parco a costruire sentieri e giardini in miniatura. Era stato uno dei loro giochi preferiti, almeno fino a quando Lily non aveva iniziato a far sgorgare l'acqua nel punto esatto in cui dicevano che ci sarebbe dovuto essere un ruscello o un laghetto. Allora Petunia aveva detto di essere troppo grande per quel tipo di giochi, e aveva lasciato Lily a costruire piccoli giardini da sola. La verità era che la semplicità con cui Lily riusciva trasformare in realtà una fantasia la terrorizzava.

Petunia avanzò lentamente, pregustando di sedersi come una volta in cima al grosso scivolo a forma di castello – il suo gioco preferito, perché poteva nascondersi in quella specie di casetta alla base e osservare gli altri bambini giocare senza essere vista – quando improvvisamente sentì delle voci. Per un attimo, temette di essersi sbagliata: forse il loro quartiere non era più così tranquillo come si divertiva a ripetere a chiunque; forse malintenzionati, delinquenti e drogati esistevano anche da loro, e lei aveva commesso un'incredibile imprudenza ad uscire di casa a sera più che inoltrata. Le voci erano ancora abbastanza lontane, dovevano essere nei pressi dell'altalena, e di certo i loro proprietari non l'avevano ancora vista. Forse avrebbe dovuto fare dietrofront, camminare silenziosamente com'era arrivata e andarsene, e nessuno si sarebbe accorto di niente. Avrebbe potuto schiarirsi le idee anche a casa, uscire era stata una cosa così impulsiva, così stupida!

Stava per voltarsi e andarsene, quando una risata squillante la raggiunse. Una risata piena di gioia, femminile e cristallina. La risata di Lily.
Maledizione, possibile che sua sorella non fosse capace di lasciarla in pace nemmeno quando decideva di passare del tempo da sola? Non aveva detto che sarebbe uscita solo per riaccompagnare a casa quella specie di fidanzato? E invece no, Lily, la perfetta Lily, non aveva riaccompagnato a casa il suo ragazzo. Lily lo aveva trascinato nell'unico posto in cui Petunia voleva rimanere sola, perché Lily quella sera sembrava decisa a rovinarle qualsiasi gioia.
A coprire la risata di Lily giunse una risata più profonda, decisamente maschile, e poi un intrecciarsi di voci, fiumi di parole a malapena soffocate in quella tersa notte di inizio autunno.
Petunia sapeva che avrebbe fatto meglio a tornare a casa, ma qualcosa la spinse a camminare lentamente in avanti, tenendosi nell'ombra fino a quando non riuscì a scorgere il cerchio di luce tenue e dorata disegnata dai lampioni attorno allo spiazzo erboso delle altalene. Lì quel ragazzo, quel James Potter, sedeva sull'asse di legno che faceva da pianale all'altalena, e Lily era seduta sulle sue ginocchia, il viso voltato all'indietro e nascosto contro il collo del ragazzo, che la stringeva a sé accarezzandole i capelli.
Petunia non poté fare a meno di notare, di nuovo, quanto sembrassero giovani: due ragazzini in preda alla prima cotta, altroché, ecco quello che erano! E invece fingevano di essere abbastanza grandi da potersi comportare da adulti... andiamo, chi mai avrebbe potuto prenderli sul serio? I suoi genitori avrebbero dovuto fare qualcosa, intervenire, proibire a Lily di fare un gesto così stupido e avventato, e invece tutto quello che suo padre sapeva fare era stringere fra le braccia quel ragazzino spettinato, mentre sua madre si asciugava furtivamente le lacrime e continuava a ripetere il nome di Lily, raggiante.

James Potter disse qualche cosa che Petunia non riuscì a sentire, e Lily, per tutta risposta, gli chiuse le labbra con un bacio tanto appassionato che Petunia si ritrovò a deglutire, a disagio: per la miseria, ma sua sorella non si rendeva conto che si trovavano pur sempre in un luogo pubblico? In un luogo pensato per i bambini, oltretutto. Poteva anche essersi appena diplomata a pieni voti, ma decisamente in quella scuola non le avevano insegnato nulla sul decoro.
Petunia, invece, poteva vantare una perfetta padronanza delle buone maniere: se non fosse stato per Lily, quella sera sarebbe davvero stata perfetta. Per un po', lei e Vernon avevano pensato di portare fuori a cena i suoi genitori, ma poi avevano cambiato idea: la cena al ristorante era stato un momento tutto loro – un momento perfetto, ci teneva a ricordare Petunia, in cui Vernon si era comportato da impeccabile gentiluomo, facendo esattamente tutto quello che ci si aspettava da lui – e così avevano optato per una cosa più intima. Più familiare, visto lo scopo di quella cena. E così Petunia aveva pianificato e organizzato, aveva scelto la sera perfetta, in cui sapeva che Lily sarebbe stata fuori coi suoi amici, aveva passato ore a scartabellare libri di ricette per scegliere il menù più adatto, aveva apparecchiato usando il servizio bello – e per tutto il tempo, mentre accarezzava le forchette d'argento, non faceva che pensare a come sarebbe stato il suo servizio elegante – e aveva aspettato che Vernon arrivasse, puntuale come al solito.
Quando sua madre era andata ad aprire la porta, si era trovata davanti un ragazzone nel fiore degli anni, tutto impettito nel suo completo elegante e con i capelli biondi ben pettinati all'indietro.
I suoi genitori dovevano sospettare qualche cosa, perché l'unica cena così elegante e curata che Petunia avesse organizzato era stata un anno prima, quando aveva deciso di presentare formalmente Vernon in famiglia. Ci teneva a rispettare le regole, lei. Non come Lily, che durante le ultime vacanze di Pasqua aveva semplicemente detto di voler invitare un compagno di scuola che era curioso di scoprire di più sul loro mondo, e poi si era presentata a pranzo con quel ragazzo spettinato che, dopo un iniziale momento di imbarazzo, non aveva fatto alto che fare battute brillanti e raccontare di come Lily a scuola lo tormentasse, mettendolo sempre in punizione perché non rispettava le regole. Lily si era degnata di far sapere a loro che quel James Potter era più di un amico solo quando, spostandosi in salotto per il dessert, li avevano trovati avvinghiati insieme e intenti a scambiarsi un bacio appassionato davanti alla televisione. E i loro genitori avevano solo riso. Vernon non si sarebbe mai sognato di baciarla a quel modo davanti alla sua famiglia. Be', non l'aveva mai baciata con quella passione disperata nemmeno quando erano soli, dovette ammettere Petunia, ma solo perché Vernon era un gentiluomo. Eppure Lily poteva pomiciare in soggiorno con un tizio strambo che non aveva fatto altro che parlare di abracadabra e bibbidibobbidibù, e tutto quello che otteneva era una risata e una comprensiva pacca sulla spalla. Non si era mai degnata di spiegare la situazione, ma semplicemente, quando era tornata a casa da scuola, dopo essersi diplomata, aveva preso a farsi vedere spesso in compagnia di quel Potter, e i loro genitori sembravano semplicemente innamorati di quel ragazzo. Un ragazzo che non lavorava e nemmeno cercava lavoro, per giunta. Lily lo giustificava dicendo che la situazione nel loro mondo era difficile e che James voleva rendersi utile per migliorare le cose, e i loro genitori lo ammiravano per questo, invece di vederlo per il perdigiorno scansafatiche che era. Non battevano nemmeno ciglio quando Lily, con un sorriso noncurante, scendeva di corsa le scale e annunciava di non aspettarla, perché sarebbe rimasta a dormire da James. Petunia non avrebbe mai osato dire una cosa del genere con tanta leggerezza. Eppure i loro genitori sembravano non accorgersi nemmeno che la loro figlia appena maggiorenne passava almeno una notte alla settimana a casa di quello che avevano dovuto intuire essere il suo fidanzato, perché lei non si era mai preoccupata di presentarlo come tale. Be', probabilmente questa rilassatezza nei costumi era il prezzo da pagare quando si accettava che la propria figlia frequentasse un collegio di pazzi dove studiavano sia ragazzi che ragazze.

Petunia invece aveva fatto le cose per bene: quando le cose con Vernon avevano cominciato a farsi serie, nel giro di un weekend aveva organizzato due cene formali, una per presentare ufficialmente Vernon ai suoi genitori, e una per essere presentata alla famiglia di lui. Da quel momento, cercava di far incontrare i suo genitori e Vernon almeno una volta al mese, perché potessero conoscersi e apprezzarsi reciprocamente. E poi Vernon era stato semplicemente perfetto: aveva trovato un buon lavoro, aveva ottenuto una promozione e aveva aperto un mutuo per una bella casa adatta ad ospitare una famiglia nel Surrey, l'aveva invitata a cena in un ristorante esclusivo e molto elegante e, dopo un discorso pieno di buoni sentimenti e di affetto si era inginocchiato davanti a lei, porgendole la scatolina di velluto del solitario che ora continuava a rigirarsi attorno all'anulare.
Era stato tutto perfetto. E ancora più perfetto era stato quando Vernon le aveva detto che gli sarebbe piaciuto parlare con i genitori di lei, e chiedere loro la sua mano. Non perché avessero davvero bisogno della loro benedizione, ma perché trovava corretto cercare di rispettare le tradizioni, fosse anche solo per puro amore della forma.
E così Petunia aveva organizzato la cena perfetta, chiedendo ai suoi genitori di vestirsi bene, perché chissà, forse avrebbero potuto anche scattare delle fotografie in ricordo della serata. E Vernon era arrivato portando con sé un'ottima bottiglia di vino e avevano trascorso una splendida serata ascoltandolo parlare degli ultimi affari che avevano concluso. Avevano deciso che Vernon avrebbe tenuto il suo discorso dopo il caffè, così Petunia aveva iniziato a provare una piacevole agitazione, arrivati al momento del dolce.
Non c'era niente di sbagliato in quella serata, persino il telegiornale non aveva riservato brutte sorprese con casi di cronaca troppo efferati.
Petunia stava osservando con tenerezza Vernon riempirsi la bocca di budino al cioccolato e alle nocciole, quando la porta di casa si era spalancata, lasciando entrare il vociare eccitato di Lily e James. Non avevano bussato, non avevano suonato, eppure lo sapevano, Lily lo sapeva che Petunia aveva invitato a cena Vernon. Avevano fatto irruzione in sala da pranzo tenendosi per mano e Petunia aveva a stento trattenuto un gemito: James Potter era più spettinato che mai, con gli occhiali leggermente di traverso sul naso, le lenti appannate e un'espressione a dir poco inebetita. Indossava dei jeans scoloriti e una maglietta di quello che avrebbe potuto essere un gruppo rock che Petunia non aveva mai sentito nominare. Non che fosse una grande esperta in materia, del resto. Sembrava un adolescente appena uscito da scuola. Lily invece aveva i capelli raccolti in una coda di cavallo che continuava a saltellarle sulle spalle, dato che sembrava non riuscire a stare ferma un secondo. Le sue ginocchia chiare spuntavano dai pantaloncini corti che si era messa quella mattina, incurante del fatto che fossero ormai a settembre e che non facesse più caldo. Due ginocchia che esibivano vistose sbucciature, come se fosse appena caduta. 
Come una bambina.
Era infagottata in una felpa fuori misura, sicuramente prestata dal bamboccio gongolante, che nonostante fosse in maniche corte, sembrava non sentire minimamente freddo. Petunia notò che il braccio sinistro di James Potter era attraversato da un lungo taglio dall'aria piuttosto dolorosa e sicuramente recente, che sembrava minacciare di riprendere a sanguinare da un momento all'altro. La felpa grigia sembrava appartenere invece a qualche squadra sportiva, ma Petunia era certa di non aver mai sentito nominare i Montrose Magpies. Con un moto di stizza, dovette ammettere che Lily era talmente raggiante che sembrava bellissima anche spettinata e vestita come una disperata.
Lily aveva afferrato la mano di James, ed era quasi corsa davanti ai loro genitori, gridando:
“Sapete che cosa abbiamo appena deciso? Ci sposiamo!”
Per un attimo, sulla sala da pranzo era calato un silenzio attonito: Petunia, del tutto inebetita dall'annuncio, era rimasta immobile ad osservare Vernon fermarsi col cucchiaio di budino a mezz'aria. La prima a reagire era stata loro madre, che si era stretta le mani al petto ed era balzata in piedi, emettendo un verso inarticolato. Un verso pieno di gioia, indubbiamente. Poi era stato il turno di loro padre che, con gli occhi già velati di lacrime, si era limitato a sussurrare:
“Siete così giovani... oh, santo cielo, ragazzi, venite qui!”
Charles Evans, un omone grande e grosso che cercava di trattenere le lacrime di gioia, aveva stretto a sé James e Lily in un abbraccio soffocante.
Margaret Evans rimase per un po' immobile a guardare suo marito abbracciare la figlia e il suo futuro genero e poi prese a ripetere, come una cantilena:
“Lo sapevo, lo sapevo che sarebbe successo presto... la mia bambina... la mia bellissima bambina... oh, James, siete così giovani, ma lo sapevo che non avreste aspettato troppo, non con questa cosa orribile che state affrontando...”
Con un singhiozzo, Margaret Evans strappò sua figlia e James dall'abbraccio del marito, per stringerli a sé. Petunia vide la familiarità e l'affetto con cui circondò le spalle di quel ragazzo allampanato e dall'aria ancora un po' confusa, e con un doloroso tuffo al cuore si rese conto che sua madre non aveva mai stretto a quel modo Vernon. Gli aveva a malapena stretto la mano e baciato la guancia, e dire che ormai lo conosceva da quasi due anni! Ma Lily era così: per lei era facile farsi voler bene, lo era sempre stato. Lei era la sorella bella, quella generosa, quella dal bel carattere. Tutto veniva semplice, a Lily: non aveva bisogno di sforzarsi e di impegnarsi, perché tutto quello che lei faceva era bello e appassionato e facile da amare.
A lei bastava portare a casa un compagno di scuola e baciarlo nel soggiorno perché sua madre si domandasse pensierosa che cosa avrebbero potuto regalare a questo James, visto un solo pomeriggio, per il giorno in cui lui e Lily si sarebbero diplomati.
Lo scorso mese i suoi genitori si erano completamente scordati del compleanno di Vernon, non gli avevano nemmeno fatto gli auguri, nonostante Petunia avesse ripetuto almeno dieci volte che per l'occasione sarebbero usciti a cena a Londra.

Petunia aveva impiegato ore a preparare la cena di quella sera, aveva ascoltato innumerevoli versioni del discorso che Vernon si era preparato per annunciare che l'estate successiva avevano intenzione di sposarsi, e sapeva, perché lo sapeva, che tutto quello che avrebbe avuto in cambio sarebbero stati solo abbracci vuoti e congratulazioni ben ricamate. Invece, non aveva nemmeno avuto il tempo di arrivare a questo, perché Lily, la sorella minore, quella che ancora non aveva idea di cosa fare della sua vita, le aveva rubato tutta la scena. Lily non aveva avuto bisogno di grandi preparazioni, no: a Lily era bastato fare irruzione in casa trascinandosi dietro il suo ragazzo, che per quanto sembrava reattivo, poteva tranquillamente essere sotto gli effetti di una qualche sostanza stupefacente, e annunciare che avevano appena deciso di sposarsi, per avere lacrime e abbracci pieni di amore e sincerità.
Petunia lanciò uno sguardo cupo a Vernon, che se ne stava ancora immobile col cucchiaio a mezz'aria, incapace di reagire. Avevano preso in considerazione diverse variabili, diversi coefficienti di fallimento del piano per questa sera, compresa l'eventualità che suo padre fosse colpito da un altro scompenso cardiaco, come era successo solo un paio di mesi prima, ma certo non avevano pensato che la sorella mezza matta di Petunia avrebbe semplicemente potuto batterli sul tempo.
James e Lily presero a parlare insieme, raccontando in maniera confusa ed eccitata di aver avuto una serata un po' movimentata, una brutta lite coi cattivi di turno – Petunia, per l'ennesima volta, si chiese quanto di vero ci fosse in quello che Lily raccontava del suo mondo, se davvero stessero combattendo una guerra, o se sua sorella avesse semplicemente preso a frequentare brutte compagnie e cercasse di giustificare le sue uscite in piena notte e i vestiti strappati con questa bella favoletta – e alla fine James non era riuscito a trattenersi, e aveva chiesto a Lily di sposarlo. Arrossendo come un peperone e passandosi una mano in quel nido di topi che aveva in testa, il ragazzo confessò che in realtà da qualche settimana stava cercando di organizzare un momento speciale per loro due, per farle una proposta come si deve. Aggiunse che le aveva anche comprato un anello, un antico manufatto celtico che rappresentava amore, impegno e fedeltà e che era a tal punto imbevuto di magia che, se le intenzioni del donatore non fossero state sincere, non ci sarebbe stato verso di infilarlo ad alcun dito. Eppure quella sera, nell'impeto del momento, non era riuscito ad aspettare: disse che glielo avrebbe portato l'indomani, se Lily fosse stata ancora convinta di volerlo sposare. Per tutta risposta, Lily lo zittì con l'ennesimo bacio appassionato, incurante degli sguardi inebetiti dei loro genitori.
A quel punto, cercando di non pensare al bacio casto che lei aveva dato a Vernon per non attirare sguardi indiscreti al ristorante, Petunia aveva sentito un'ondata di amarezza risalire dalla bocca del suo stomaco: era stata in silenzio fin troppo a lungo, non aveva mai fatto notare ai suoi genitori quanto fosse assurdo che Lily si fosse diplomata da mesi e non avesse spedito nemmeno un curriculum, non aveva mai detto quanto fosse ridicolo che il suo ragazzo si presentasse a casa loro a tutte le ore, perché evidentemente non aveva altre ambizioni nella vita che diventare un perdigiorno privo di una carriera, ma ora non sarebbe stata zitta. Lily poteva essersi presa tutte le attenzioni, da bambina, perché era così bella e brava, perché era speciale, perché aveva sempre storie divertenti su quella scuola di malati di mente, ma ora basta. Lily non si sarebbe presa anche il suo giorno speciale, lei e quel bellimbusto del suo ragazzo non le avrebbero rovinato quella serata tanto importante e tanto a lungo pianificata.
Si alzò in piedi di scatto, facendo grattare la sedia sul parquet lucido, e gettò con stizza il tovagliolo sul tavolo.
“Ma bravi! Congratulazioni ai piccioncini, eh?”
Lily si staccò dal viso del suo ragazzo, guardandola con quel suo sguardo ferito da cagnolino bastonato. Sembrava essersi sgonfiata, e la guardava con aria supplice, come a volerla a tutti i costi convincere a tacere, a non rovinarle quel momento speciale. Eh, no, troppo comodo così: Lily non poteva pensare di fare tutto quello che voleva, senza mai pensare al domani e pretendere che Petunia stesse zitta.
Si era avvicinata a grandi passi alla coppia e ai suoi genitori, e aveva preso a sventolare la mano sinistra davanti a loro.
“Lo vedete questo anello? Be', se solo non foste stati così impegnati a compiacervi di voi stessi, vi sareste accorti che lo porto da più di due settimane, perché il mio fidanzato sa fare le cose per bene, e non mi ha chiesto di sposarlo davanti ad un Happy Meal!”
Margaret Evans si voltò verso la maggiore delle sue figlie, con un sorriso un po' tremulo sul viso, ed esclamò:
“Oh, ma Petunia, è fantastico! Perché non ce lo hai detto prima?”
Petunia cercò di non fare caso al fatto che né sua madre né suo padre l'avessero abbracciata e che Vernon, a questa dichiarazione, non era nemmeno stato preso in considerazione.
“Lo avremmo fatto stasera, se solo quei due... quei... loro non ci avessero interrotto con la solita mancanza di tatto e di buone maniere!”
Sua madre fece per abbracciarla, e Petunia rimase rigida in quell'abbraccio formale e un po' esitante. Vernon, nel frattempo, si era alzato in piedi, confuso. Petunia non aveva ancora avuto il coraggio di parlargli di sua sorella Lily, si era limitata a dirgli che era una ragazza difficile, che aveva dovuto frequentare delle scuole speciali e ora aveva amici non del tutto a posto. Lily poi si era fatta avanti, cercando di prenderle la mano:
“Tunia, ma è bellissimo! Sono tanto contenta per voi. Scusami se ho interrotto la vostra serata, non lo sapevo... non potevo immaginare...”
Petunia scostò bruscamente la mano, facendo morire sulle labbra di Lily quelle parole ipocrite. Certo che avrebbe potuto immaginarlo, se solo avesse voluto. Se solo non fosse stata così presa da sé stessa, da quel mondo in cui si era rinchiusa a undici anni e da cui non era mai più riemersa davvero!
“Oh, ma risparmiamelo! Immagino che al tuo ragazzo non sia nemmeno venuto in mente di fare con calma, e pensare di chiedere la tua mano, no?”
James, a quel punto, aveva fatto vagare uno sguardo smarrito da Petunia ai suoi genitori e aveva balbettato:
“Io non... dovevo? Da noi non si usa più da un sacco di anni, e non credevo che...”
“Certo che non dovevi!” lo interruppe Lily, lanciando uno sguardo di fuoco a Petunia. “Cosa sono, una vacca al mercato? Io non devo chiedere il permesso a nessuno per sposarmi!”
Petunia strinse le braccia al petto, andando a sistemarsi a fianco di Vernon, che continuava a guardare la lite fra le due sorelle con l'aria di chi rimpiangeva decisamente di non essersi spicciato a finire il dolce, che ora giaceva abbandonato nella coppa sul tavolo del soggiorno.
Charles Evans cercò di intervenire:
“Dai, ragazze, non c'è bisogno di fare così. Ci state sommergendo di notizie meravigliose, dovremmo solo festeggiare!”
Petunia, però, non era più in vena di festeggiare. Quella doveva essere la sua serata, la sua festa, e invece si trovava a doverla condividere con Lily e quello strambo del suo ragazzo.
Fissando con sguardo truce gli occhi grandi e belli di Lily, Petunia si limitò a sibilare:
“Magari avete anche già deciso la data del lieto evento? O volete aspettare di sapere quando ci sposeremo noi, e poi rubarci anche il giorno?”
Petunia non si sarebbe aspettata niente di meno da gente come quella. Lily scosse la testa, e mormorò solo:
“Lo sai che non lo faremmo mai, come puoi pensarlo?”
Poi tornò a rivolgersi a James, con un nuovo sorriso entusiasta a illuminarle il viso:
“Quando vuoi che ci sposiamo?”
James l'attirò a sé cingendole la vita con un braccio.
“Quando vuoi. Anche domani, il tempo di rapire un officiante. O tra qualche mese, se preferisci una cosa più seria con invitati e banchetto e orchestra.”
Lily sembrò pensarci sopra un attimo, poi disse:
“Niente orchestra, e non più di trenta persone. Voglio avere cose di cui parlare con tutti gli invitati. In un mese o due possiamo farcela, no?”
“Perfetto. Un mese o due, tra ottobre e novembre. Escluderei Halloween, che è fin troppo vicino al compleanno di Sirius... conoscendolo, potrebbe rubarci la scena”.
“Ci serve un calendario lunare! Dobbiamo essere a metà fra una luna piena e l'altra, voglio che Remus sia in ottima forma!”
Petunia, a questo punto, intervenne, seccata:
“Ma siete impazziti? Non potete sposarvi entro un mese o due!”
Lei e Vernon avevano deciso di sposarsi la prossima estate, e già i tempi sarebbero stati piuttosto stretti, non era possibile che quei due si sposassero così tanto prima di loro!
In risposta allo sguardo stupito di Lily, Petunia si decise ad aggiungere:
“Sono io la sorella maggiore, dovrei potermi sposare prima io!”
Si rendeva conto che era solo un capriccio inutile ed estremamente futile, ma era tutto quello che le restava per mantenere un minimo di controllo su quella serata che stava lentamente cadendo a rotoli.
“Oh, santo cielo, non siamo più nel medioevo, i fratelli minori possono sposarsi anche se i maggiori restano da soli per tutta la vita!”
In un ultimo, disperato tentativo di difendere l'autonomia del suo matrimonio e della sua serata, Petunia rivolse uno sguardo supplice ai genitori, ed esclamò:
“Ma non sapete nemmeno dove andare a vivere! E di che cosa vivreste, elemosina?”
Charles Evans fece per parlare, ma questa volta fu James a intervenire, con un borbottio cupo:
“Una casa ce l'ho, anche se è un po' da sistemare. E ho abbastanza soldi per mantenere entrambi, fino a quando non avremo vinto questa guerra e io avrò tempo di lavorare e Lily potrà cercare lavoro senza rischiare di essere denunciata.”
Petunia lanciò uno sguardo preoccupato a Vernon, che però se ne stava con gli occhi ridotti a due fessure cercando di capire come salvare la serata che aveva programmato con tanta cura, e sembrava non aver fatto il minimo caso alle parole di James Potter.
“Mamma, per favore, di' qualcosa! Hanno diciotto anni, non si possono sposare così presto!”
Margaret Evans si strinse nelle spalle, scambiando una lunga occhiata con suo marito, prima di rivolgersi con tenerezza a Petunia:
“Tesoro, è vero che sono molto giovani, ma ti hanno spiegato la situazione in cui stanno vivendo. Le cose potrebbero peggiorare, e a pensarci bene Lily sarebbe probabilmente più al sicuro se vivesse con lui, invece che qui. Non puoi pensare di paragonare la tua vita alla loro, lo sai.”
Petunia era certa di avere le guance in fiamme: certo che non avrebbe mai pensato di paragonare la sua vita con quella follia in cui si era immersa sua sorella, non era mica pazza!
“Molto bene allora, tanti auguri ai futuri sposi!”
Si limitò a sibilare velenosamente, poi afferrò la mano di Vernon e lo trascinò fuori di casa, sbattendosi la porta alle spalle. Convinse Vernon a guidare in tondo per tutto l'isolato tre o quattro volte, fumante di rabbia. Come se non bastasse il disastro in cui si era trasformata la sua serata, ci si mise anche Vernon, che diceva che secondo lui la sua reazione era stata esagerata. Certo, era una scocciatura che quella matta di sua sorella si fosse infilata così in casa rovinando la serata, ma del resto lo aveva detto un sacco di volte anche lei, no? Quella ragazza non ci stava del tutto con la testa, la cosa migliore era non darle troppe attenzioni e aspettare che si levasse di torno. Se Petunia non si fosse lasciata prendere a quel modo dalla rabbia, sicuramente Lily e quel bamboccio di James se ne sarebbero andati da qualche parte a festeggiare la lieta notizia, e loro due avrebbero potuto riprendere la loro serata secondo il piano. Allora Petunia avrebbe voluto gridare a Vernon che lui non capiva, che sua sorella era stramba, ma non completamente matta, e che la situazione andava avanti così da troppo tempo.
Decisa a non compromettere anche il suo rapporto con Vernon, si era limitata a farsi riaccompagnare a casa, asserendo di non sentirsi troppo bene e che sicuramente l'indomani avrebbe visto le cose con occhio diverso.
Si era chiusa in camera e aveva pianto amare lacrime di rabbia e gelosia.
***

E ora si ritrovava lì, in piena notte, a rabbrividire nel suo impermeabile leggero e a fissare di nascosto sua sorella scambiarsi baci infuocati con il suo ragazzo nel bel mezzo del parchetto in cui da piccole avevano trascorso tante ore giocando.
Quando i due smisero di baciarsi, Petunia non poté fare a meno di avvicinarsi ancora un po': avrebbe dovuto schiarirsi la gola e ordinare a Lily di tornare a casa e lo avrebbe fatto, se solo non avesse sentito Lily sussurrare:
“Ti amo tanto, James. Se non fosse che Esther mi ucciderebbe se non le concedessi l'onore di accompagnarmi a cercare il mio vestito da sposa, ti avrei davvero sposato anche domani, vestita con un accappatoio bianco, davanti al primo officiante libero del Ministero.”
La cosa folle, pensò Petunia, era che probabilmente era vero. Lily era talmente infatuata di questo ragazzetto che con ogni probabilità avrebbe davvero fatto una follia del genere. Una follia adolescenziale, che i suoi genitori avrebbero dovuto impedire invece di accoglierla con abbracci e lacrime di gioia! James Potter si limitò a stringerla forte, e a sussurrare:
“Ti amo, Evans. Quando mi hai detto di sì, mi sono reso conto che non mi importava niente che ci fossero cinque Mangiamorte pronti a farci saltare in aria non appena avessimo osato mettere il naso fuori da quel nascondiglio, perché ero troppo felice per morire.”
Lily ridacchiò, affondandogli le dita nei capelli spettinati, e disse:
“Ho sempre saputo che da te non mi sarei mai potuta aspettare una dichiarazione con fiori e un violinista in sottofondo, ma ammetto che sei riuscito a stupirmi. Una proposta di matrimonio in piena battaglia non me la sarei mai aspettata”.
“Evans, te l'avevo promesso che con me non ti saresti mai, mai annoiata.”
Ci furono altre risatine, e lo schiocco di un bacio, e poi la voce di Lily tornò a farsi sentire:
“Comunque, devi smetterla di chiamarmi per cognome. Sto per diventare tua moglie, non puoi continuare a chiamarmi Evans!”
“Lo faccio proprio per questo. Tra qualche mese nessuno ti chiamerà più Evans per il resto della tua vita, e io voglio fare il pieno.”
“Cretino” sibilò Lily, dandogli un colpetto affettuoso sul braccio.
“Evans. Evans Evans Evans” prese a cantilenare James, accompagnando ogni parola con un bacio. “Lily Evans. Lily Potter: ammetti che suona molto meglio così, no?”
Petunia decise che non aveva più voglia di ascoltare quelle idiozie: solo dei bambini avrebbero potuto concepire il matrimonio in questi termini infantili. Fece un passo in avanti, entrando nel cerchio di luce creato dai lampioni e non preoccupandosi di essere silenziosa. Non appena la sentirono, i due piccioncini balzarono in piedi, le bacchette sfoderate. Petunia, istintivamente, si ritrovò ad alzare le mani:
“Sono io, siete impazziti?”
Lily fu la prima a riporre la bacchetta, mentre James la fissava con aria ostile.
“Ci hai spaventati. Che cosa ci fai qui?”
Lily aveva parlato in tono cauto, come se non avesse ancora deciso se era arrabbiata con la sorella oppure no.
“Facevo una passeggiata per schiarirmi le idee e stare un po' da sola, ma evidentemente è chiedere troppo. Comunque, Lily, è tardi, dovresti rientrare.”
Lily esitò un attimo, poi annuì. Si voltò verso James, e posandogli una mano sulla spalla, sussurrò:
“È davvero meglio se andiamo a dormire. Tu devi farti curare quel braccio, e lo so che anche la tua schiena non è messa bene, anche se non lo vuoi ammettere.”
James sbuffò, circondando le spalle di Lily, e disse:
“Vi accompagno a casa.”
Lily, però, scosse la testa.
“No, non ti preoccupare. Andiamo da sole. Non c'è in giro nessuno.”
Il ragazzo annuì, e le posò le labbra sulla sommità del capo:
“Allora a domani, Evans. Pranziamo dai miei, portiamo la lieta novella, guardiamo mia madre piangere e mio padre stappare l'ennesima bottiglia di Vino Elfico che vale quanto la spada di Godric Grifondoro e poi nel pomeriggio andiamo a parlare coi ragazzi. Sirius avrà una crisi di nervi, Peter comincerà a pianificare il mio addio al celibato e Remus ti sottoporrà ad ogni sorta di incantesimo diagnostico per assicurarsi che tu sia ancora in grado di intendere e di volere...”
Anche alla luce flebile dei lampioni, Petunia era certa che il sorriso sul viso di Lily fosse la cosa più vicina all'estasi che potesse immaginare. Senza bisogno di sforzarsi più di tanto, Petunia seppe anche che lei non avrebbe mai provato una gioia così totalizzante.
“Mi sembra un ottimo piano. Scommetto quello che vuoi che Sirius si infiltrerà al mio addio al nubilato.”
James si coprì il viso con le mani, gemendo:
“Oh, per la miseria, non posso sposarti se Sirius salterà fuori dalla tua torta come mamma Walburga l'ha fatto.”
“Mi basterà invitare anche Therese Lindgren, almeno sarò sicura che si lancerà su di lui talmente in fretta che non farò nemmeno in tempo a vedergli la punta del naso.”
Dopo qualche altra sdolcinatezza e un bacio che a Petunia parve infinito, finalmente i due si separarono e con una giravolta su sé stesso James scomparve nel nulla.
Cercando di mantenere la calma, Petunia evitò di fare commenti, e dopo un lungo, imbarazzante silenzio, Lily prese a camminare lungo il sentiero. Petunia, dopo un attimo di esitazione, la seguì, e sentì Lily sussurrare:
“Scusami per questa sera. Davvero, non avevo capito che fosse una serata così importante per voi, altrimenti non mi sarei mai sognata di parlare oggi con mamma e papà. Sono davvero felice per te e Vernon, siete una bella coppia.”
Petunia si limitò ad annuire, senza rispondere. La verità era che si sentiva completamente esausta e svuotata, e non aveva più tanta voglia di continuare a sostenere quel muro di rabbia e indifferenza. Guardando la coda di cavallo di Lily ondeggiare lievemente davanti a lei, si ritrovò a pensare alla loro infanzia: c'era stato un periodo in cui erano state molto unite. Lei era la sorella maggiore, e aveva preso molto seriamente il compito di badare alla piccola Lily, di assicurarsi che non le accadesse niente e di insegnarle tutte le cose che ancora non sapeva. Lily, dal canto suo, venerava Petunia: ogni volta che non capiva qualche cosa, era a lei che si rivolgeva, e questo rendeva Petunia piena di orgoglio. Poi però qualcosa era cambiato: Petunia non era più in grado di rispondere alle domande di Lily, perché Petunia non sapeva niente del mondo che si sarebbe preso la sua sorellina. Chissà, forse, se solo Lily non avesse ricevuto quella maledetta lettera, le cose tra di loro non sarebbero cambiate così tanto. Lily non sarebbe diventata un'estranea che tornava a casa solo poche settimane all'anno, e forse Petunia avrebbe mostrato a Lily l'anello che ora portava all'anulare non appena fosse rientrata dalla cena con Vernon, confessandole che aveva in mente di preparare una serata speciale per comunicarlo ai loro genitori. E Lily sarebbe stata con lei, l'avrebbe aiutata a preparare la cena e sarebbe stata seduta accanto ai suoi genitori, sorridendole incoraggiante, invece di piombare lì assieme a quel ragazzo e a rovinare tutto.
Ma Lily non era più la bambina sorridente che Petunia ricordava. Lily ora era una ragazza che viveva in un mondo capovolto, dove ogni stramberia era assecondata e considerata un pregio, e tra di loro le cose non sarebbero mai potute tornare come una volta.

Mentre percorrevano la via buia e silenziosa, passando accanto ai quadrati scuri che erano le finestre delle case dei vicini, Petunia si sentì di nuovo invadere dall'irritazione e non riuscì a trattenersi dal domandare:
“Lily, dimmi la verità: vi sposate così giovani perché sei incinta, vero?”
Lily si arrestò, immobile sotto il cono di luce di un lampione mezzo arrugginito, e rivolse a Petunia uno sguardo ferito e indignato:
“Io e James ci sposiamo perché siamo innamorati, e perché siamo in guerra. Potremmo non averlo il tempo di diventare adulti.”
Petunia scrutò a lungo il viso di Lily, cercando di capire se quello che stava dicendo fosse la verità: possibile che Lily, una ragazzina che aveva da poco compiuto diciotto anni, stesse davvero combattendo una guerra? Era vero, dunque? C'era veramente la possibilità che Lily morisse? Dopo un attimo di esitazione, Petunia decise di no. Sua sorella poteva essere stramba, in quella scuola potevano averle fatto il lavaggio del cervello, ma non era stupida. Se davvero c'era una guerra, se davvero c'erano persone che odiavano quelli come lei, Lily sarebbe scappata lontano. Non sarebbe mai rimasta a rischiare la sua giovane vita, non ne valeva la pena.
Prima o poi quel suo assurdo matrimonio sarebbe naufragato e Lily, con la coda fra le gambe, sarebbe ritornata a casa. Forse la batosta le avrebbe fatto capire che quel mondo era pericoloso, che quelle persone non stavano bene, e che Lily sarebbe stata molto meglio nel mondo normale. Chissà, quando Lily lo avesse capito, forse lei e Petunia avrebbero potuto anche trovare un punto in comune, una minuscola vicinanza da cui ricominciare.
“Sei sicura? Non è che quel buono a niente che ti vuoi sposare non è nemmeno capace di evitare incidenti?”
Le gote di Lily si arrossarono, mentre la rabbia le trasformava il viso in una maschera che sembrava avvicinarsi molto alla rappresentazione del dolore.
“Smettila, Petunia! Ti ho già chiesto scusa per averti rovinato la serata, si può sapere perché mi odi tanto?”
Petunia rimase immobile, e Lily, con un verso esasperato, si voltò di scatto, e prese a marciare a passo rapido verso casa.
Petunia non riuscì ad obbligarsi a seguirla: rimase immobile a fissare quella figuretta dalla lunga chioma che ondeggiava nella brezza notturna, chiedendosi come fosse stato possibile che lei e Lily diventassero poco più di due estranee. Perché era questo che erano, ormai: due estranee che, per qualche settimana all'anno, si ritrovavano a vivere sotto lo stesso tetto, a condividere due stanze con una porta comunicante che da almeno otto anni non veniva più aperta, senza più nulla da dirsi. La complicità che aveva unito due bambine tanto diverse sia nell'aspetto che nel carattere si era sciolta in pochi giorni, quando avevano scoperto la verità su Lily. Petunia si era trincerata dietro un muro di vergogna e invidia, ma Lily non aveva mai esitato: si era gettata in quel mondo dorato senza nemmeno guardarsi indietro, ed in quel momento, anche se era solo una ragazzina, Petunia aveva capito di averla persa.
La figura di Lily era ormai scomparsa in fondo alla via, ma Petunia non era ancora riuscita a convincere le sue gambe a muovere anche solo un passo. Quella doveva essere la sua serata, doveva concludersi fra gli abbracci della sua famiglia e una gioia così luminosa da oscurare qualsiasi cosa, e invece ora Petunia se ne stava sul ciglio della strada, con la certezza di non essersi mai sentita tanto sola in tutta la sua vita.







 
Note:
Questo racconto, originariamente, faceva parte della mia raccolta "Ogni giorno, ogni respiro", cancellata erroneamente. 
In questa raccolta inserirò anche un secondo racconto tratto dalla stessa fonte, mentre gli altri nove saranno racconti del tutto originali.
So già quali saranno gli undici protagonisti della raccolta, ma non voglio pormi limiti nel numero delle parole o nell'uniformità dello stile, ragione per cui ho scelto di pubblicare una raccolta disomogenea.
Non assicuro nemmeno una grande costanza negli aggiornamenti, ma prometto che, lentamente, porterò a termine tutto. 
   
 
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