Crowley e Azraphel fecero tintinnare i
bicchieri uno contro l'altro per l'ennesima volta.
I brindisi si erano susseguiti a non
finire durante quel pranzo: avevano brindato all'Apocalisse scampata,
al libero arbitrio, all'ineffabilità, alle Bentley d'epoca distrutte
che si rigenerano come per miracolo, alle librerie incendiate che
tornano magicamente come nuove, alla buonanima di Agnes Nutter... e a
molte altre cose fino a giungere, chissà come, a quell'ultimo
“cin-cin” in onore dei brindisi stessi.
Dopo aver sorbito il suo generoso sorso
di vino, Crowley schioccò la lingua e si lasciò andare contro lo
schienale della sedia con un sospiro soddisfatto.
- Sul serio, amico... - cominciò, -
gli umani avranno anche i loro limiti, ma indubbiamente sanno come
rendere piacevole la loro effimera permanenza sulla Terra. Il cibo,
l'alcol, la musica... voglio dire, rinunceresti mai a tutto questo
per tornare in Paradiso ad ascoltare ogni giorno la solita solfa di
cori angelici senza mai mettere nulla di gustoso sotto i denti solo
perché non ne hai bisogno per sopravvivere? -
Azraphel alzò le spalle. - In effetti,
per quanto la mia natura sia avversa al crogiolarsi nei piaceri, devo
ammettere che alcune cose di questo mondo mi sarebbero mancate molto
se l'Armageddon si fosse effettivamente compiuto. -
- Ma così non è stato. - puntualizzò
Crowley. - E ora eccoti qui a banchettare in compagnia di un demone
infernale, a un passo dall'ubriachezza che i tuoi superiori tanto
deplorano. -
Azraphel si sentì arrossire. - Non
sono ubriaco! - protestò. - Sono un angelo, per l'amor del
cielo! -
- Oh, smetti di fare il santerellino! -
disse Crowley con un gesto d'impazienza. - Come ti ho detto ieri,
ormai ho capito che, nel profondo, sei molto più carogna di quanto
vorresti lasciar credere. Non eri forse pronto a uccidere
l'Anticristo pur di fermare l'Apocalisse? Non eri forse disposto a
togliere la vita ad un povero ragazzino senza colpe solo per
scongiurare la fine del mondo a cui sei così affezionato? -
Azraphel non rispose e abbassò gli
occhi sul suo piattino da dessert ormai vuoto, colto da un vago senso
di disagio. Se gli occhi da serpente di Crowley non fossero stati
coperti dalle lenti scure dei suoi occhiali, l'angelo avrebbe scorto
il guizzo divertito e beffardo che li attraversò in quel preciso
momento.
- Andiamo, non devi vergognarti, amico
mio. Non c'è niente di male in un po' di sano egoismo di tanto in
tanto. Oh, a proposito di egoisti... -
Senza terminare la frase o dare alcuna
ulteriore spiegazione, Crowley si alzò dal tavolo e puntò dritto
verso l'uscita del ristorante, dileguandosi furtivamente come un
ladro.
Azraphel stava per richiamarlo indietro
e domandargli il motivo di quello strano comportamento quando a un
tratto la risposta si presentò da sé sotto le sembianze di un
cerimonioso cameriere in smoking con tanto di baffi impomatati e con
la busta del conto tra le mani.
Azraphel sospirò e saldò il cospicuo
debito che lui e Crowley avevano contratto durante quel pasto
luculliano, d'altra parte, non capita tutti i giorni di salvarsi in
corner dall'Armageddon... per fortuna!
Quando uscì dal ristorante, trovò
Crowley appoggiato comodamente alla Bentley, le mani in tasca e un
sorriso rilassato dipinto sulle labbra sottili.
- Sei proprio un gran bastardo, sai? -
Il demone mise su un atteggiamento
fintamente scandalizzato – Ehi! Attento con le parole, Azraphel!
Questo linguaggio non si addice alla bocca delicata di un angelo del
Paradiso. -
- A mia discolpa, posso dire che negli
ultimi seimila anni ho subito influenze negative da parte di
qualcuno. -
Il sorriso di Crowley si fece più
accentuato, tramutandosi in un vero e proprio ghigno. - Non c'è di
che! -
- Be', ora è meglio che io torni alla
libreria. - disse Azraphel. - Ho ancora molti volumi da catalogare
tra quelli nuovi comparsi dopo ehm... la “ricostruzione”. -
- Nah, hai davanti i prossimi seimila
anni per il lavoro d'ufficio. Perché invece non andiamo al mio
appartamento? Ho da parte un paio di bottiglie di idromele d'annata
del XII secolo che conservavo proprio per un'occasione speciale come
questa. -
Azraphel parve incerto. - Non saprei,
ho già bevuto parecchio e per un angelo come me non è molto
conveniente... -
- Pfff, al diavolo cosa conviene
o non conviene per un angelo! Scusa il gioco di parole. Però credevo
che i tuoi predicassero la condivisione e la generosità, dunque non
sarebbe una grave mancanza da parte tua lasciarmi tutto quel ben di
Dio (di nuovo, scusa il gioco di parole) senza che io possa farne
dono al mio più caro amico e dividerlo con lui? -
Azraphel ci pensò su qualche secondo:
in effetti, Crowley non aveva tutti i torti. Insomma, per una volta
che il demone dimostrava di non voler tenere qualcosa tutto per sé,
sarebbe stato davvero un peccato privarlo della possibilità di
godere della gioia della condivisione... senza parlare del fatto che
erano secoli che l'angelo non gustava un buon calice di idromele come
si deve.
- Oh, e va bene! Tentatore che non sei
altro! Mi hai convinto. -
Crowley si esibì nella pantomima di un
inchino e aprì la portiera della Bentley per permettere ad Azraphel
di prendere posto dal lato del passeggero, dopodiché si accomodò al
posto di guida e mise in moto, partendo alla volta del suo lussuoso
alloggio londinese.
Mentre l'auto sfrecciava a tutta
velocità sulle strade della City, nessuno avrebbe potuto immaginare
che solo poche ore prima quella Bentley nera in perfette condizioni e
dalla carrozzeria lucida e fiammante fosse stata ridotta a un ammasso
di rottami carbonizzati.
Lo stesso Crowley, che ora sedeva alla
guida con orgoglio curandosi di infrangere tutte le regole imposte
dal codice stradale e dal buon senso, aveva davvero creduto di aver
perso per sempre la sua amata auto d'epoca.
Fortunatamente, come si diceva sulla
Terra, le vie del tizio lassù sono infinite e così, per qualche
miracolo (stavolta era proprio il caso di usare questo termine) la
sua Bentley era rinata dalle sue stesse ceneri come l'Araba Fenice e
delle traversie del giorno precedente non era rimasto il benché
minimo segno. D'altro canto, anche Azraphel poteva dirsi soddisfatto
del modo in cui la sua libreria era risorta dal devastante incendio
che l'aveva divorata.
Neanche a farlo apposta, dall'autoradio
si levava l'inconfondibile e possente voce di Freddie Mercury intento
a cantare The Miracle, e angelo e demone si ritrovarono a
formulare lo stesso pensiero, ovvero che non ci fosse canzone più
adatta per il giorno dopo la quasi Apocalisse.
Quando Crowley entrò
nell'appartamento, seguito da Azraphel, una piantina che aveva le
foglie leggermente afflosciate si affrettò a ricomporsi e a
splendere di verde e lussureggiante salute vegetale.
L'angelo lanciò un'occhiata severa in
direzione dell'amico. - Ti diverti ancora a terrorizzare le tue
povere piante, vero? Hai mai pensato che forse otterresti più
risultati trattandole con amore e prendendoti cura di loro invece di
spaventarle? -
Crowley emise uno strano verso a metà
tra uno sbuffo e un grugnito che, nelle sue intenzioni, avrebbe
dovuto riassumere la seguente frase: “Il mio metodo di giardinaggio
va benissimo così com'è e comunque non ho nessuna intenzione di
sostituire le minacce, che poi sono così divertenti, con delle
stupide moine da hippie.”, poi si lasciò cadere sul grande divano
di ecopelle bianca, le gambe distese in avanti.
Azraphel rimase colpito dal forte
contrasto visivo prodotto dall'abbigliamento total-black del demone
sul candore immacolato dei cuscini. Nel complesso, l'angelo si
ritrovò ad ammettere che quella visione gli risultava tutt'altro che
sgradevole, inoltre l'aria svagata e irriverente di Crowley non era
mai priva di una qual certa eleganza che gli conferiva un fascino
ambiguo ma, proprio per questo, irresistibile.
Azraphel cercò di ignorare il
formicolio che a un tratto gli attraversava tutto il corpo e la vampa
di calore che gli era salita al volto. Probabilmente si trattava solo
di un rimasuglio di tutta la concitazione del giorno prima.
- Ehm, allora? Questo idromele? -
Crowley sollevò languidamente una mano
ad indicare un punto indistinto sul muro alle spalle di Azraphel. -
Dietro Monna Lisa, la combinazione della cassaforte è 666... sempre
che tu possa premere questo numero senza farti arrostire le dita. -
- Ah ah ah, molto divertente. -
commentò Azraphel, scostando con la massima delicatezza
l'inestimabile bozzetto leonardiano dalla parete e iniziando ad
armeggiare con la chiusura della cassaforte.
Riuscì a concludere l'operazione senza
alcuna bruciatura ma l'angelo era perfettamente conscio del
divertimento di Crowley che se la rideva alle sue spalle.
All'interno della cassaforte c'erano un
secchio, dei guanti di gomma, delle pinze, uno spruzzino e una
borraccia.
- Crowley? -
- Sì? -
- Cosa sono questi oggetti? Non ti
facevo certo un maniaco delle pulizie, o forse si tratta di un
detersivo tanto prezioso da dover essere tenuto chiuso in cassaforte?
-
- Ehm, in realtà... quello è il mio
kit d'emergenza per le situazioni davvero disperate. -
Azraphel assunse un'espressione seria e
sollevò un sopracciglio biondo: per un attimo Crowley rivide
l'impronta dell'angelo maestoso che brandiva una spada infuocata
all'alba dei tempi, quando l'universo era giovane e Adamo ed Eva
vivevano in spensierata armonia con il resto del creato... prima che
incappassero in lui, ovviamente.
Per tutte le anime dannate
dell'Inferno! Provava sempre un fremito d'eccitazione quando si
trovava dinanzi all'aspetto più grave e minaccioso di Azraphel.
- Oh, no... non ci posso credere!
Questo è troppo perfino per te! - esclamò l'angelo che, nel
frattempo, stava esaminando con attenzione il contenuto della
borraccia. - Acqua Santa?! -
Fingendosi più indifferente di quanto
non si sentisse in realtà, Crowley alzò le spalle. - E allora? -
ribatté sulla difensiva. - Quell'atrocità mi è stata utile in più
di un'occasione per tenere a bada certi sgradevoli figuri mandati dai
miei superiori. -
- Ma è blasfemo! Ed è... paradossale!
-
Di nuovo, Crowley scrollò le spalle
nella maniera più incurante che gli riuscì.
Nel giro di pochi secondi però,
l'espressione incredula e scandalizzata di Azraphel si trasformò in
una risata irrefrenabile che gli fece venire le lacrime agli occhi.
- E ora che c'è, per l'amor di Satana?
Devo forse chiamare un esorcista? - sbottò Crowley, irritato dal
fatto che l'angelo lo stesse chiaramente... come dicevano gli umani?
Ah, già: sfottendo.
Azraphel cercò di controllare
l'attacco di ridarella. - Vorrei proprio vederti, sai? Mi piacerebbe
davvero guardarti mentre ti infili quei guanti di gomma e ti metti a
maneggiare questa roba con le pinze come una specie di scienziato
pazzo! Credevo di averle viste tutte da quando ti conosco, ma questa
è la migliore in assoluto! -
E di nuovo, l'angelo fu sopraffatto
dalle risate mentre Crowley si sentiva avvampare in viso per la
vergogna e l'umiliazione. Ecco! Ora gliel'avrebbe rinfacciato per
l'eternità.
- Oh, piantala e prendi quelle cavolo
di bottiglie di idromele! -
In effetti, a un'adeguata distanza di
sicurezza dal micidiale “kit d'emergenza” di Crowley, c'erano due
vecchie bottiglie impolverate colme di un invitante liquido dorato
che pareva quasi risplendere di luce propria come una specie di sole
liquido.
Azraphel le afferrò e richiuse la
cassaforte, poi sedette accanto al demone e sistemò l'idromele sul
tavolino di cristallo di fronte al sofà.
Crowley fece apparire dal nulla due
calici di cristallo tempestati di rubini che Azraphel trovò alquanto
pretenziosi e stappò la prima bottiglia versandone il pregiato
contenuto color topazio.
Quando entrambi ebbero tra le mani il
proprio calice colmo fino all'orlo si resero conto di essere a corto
di idee riguardo a cosa brindare.
- Be', allora... a noi, mio caro
Azraphel. -
- A noi, Crowley, vecchio mio. -
I due assaporarono il delizioso nettare
scendere giù per la gola riscaldandoli e diffondendo nel loro petto
un piacevole senso di tepore e conforto.
Azraphel chiuse gli occhi e si lasciò
pervadere da quella sensazione di beatitudine che neanche i suoi
efficientissimi e zelanti colleghi del Paradiso sarebbero mai stati
in grado di replicare. La sua coscienza angelica avanzò qualche
debole protesta, ma venne subito messa a tacere dal godimento
provocato dall'idromele, il più dolce e aromatico che Azraphel
avesse mai bevuto.
Da parte sua, Crowley si permise di
affondare ancora di più tra i cuscini che adornavano il divano di
design (anch'essi bianchi, ovviamente) e accavallò le lunghe gambe
con classe, facendo vorticare distrattamente il liquido ancora
presente nel calice.
- Allora? - chiese infine, con un tono
stranamente suadente. - Cosa ne pensi? -
Azraphel, ancora rapito dall'estasi
della bevanda, si limitò passarsi la lingua sulle labbra. - Oh, il
miglior idromele che abbia mai assaggiato, senza dubbio. -
Svariati bicchieri più tardi, angelo e
demone si ritrovarono fianco a fianco semidistesi sul divano, le
bottiglie ormai vuote e tristi sul tavolino.
Regnava un silenzio rilassato e
sonnacchioso, di quelli che sarebbe stato un vero peccato guastare
con parole inutili, tuttavia Azraphel sentiva di aver indulto anche
troppo ai piaceri e alle dolcezze dell'alcol ed era tempo che
tornasse alla sua libreria.
- Bene. Credo proprio che sia ora che
me ne vada. Grazie per l'ospitalità e per l'idromele, Crowley. -
Si alzò e fece per prendere il
cappotto ma, prima che potesse afferrarlo, il demone comparve di
fronte a lui con un movimento fulmineo, sbarrandogli la strada.
- Quanta fretta, amico. -
L'angelo sobbalzò. - Per tutti i santi
del cielo! Ti sembra il caso di farmi prendere certi spaventi?! -
- E cos'altro dovrebbe fare un povero
diavolo minore come me? Dare qualche scossa di adrenalina al
cuoricino di un angelo è il minimo che ci si possa aspettare, anche
se, dopo gli ultimi avvenimenti, temo che ormai la mia reputazione
demoniaca sia irrimediabilmente compromessa. -
Azraphel non seppe replicare. C'era
qualcosa di strano nel comportamento di Crowley, qualcosa di
indefinibile e che pure aveva su di lui un profondo effetto,
difficile stabilire se si trattasse di una sensazione piacevole o
meno.
Con un sorriso ammiccante, quasi
lascivo, Crowley gli si fece più vicino e, con studiata lentezza, si
tolse gli occhiali neri.
Azraphel poteva ora specchiarsi negli
occhi d'oro del demone, poteva sentire il suo alito caldo e fragrante
di idromele inebriarlo come il profumo pungente di un qualche fiore
primordiale, di quelli che esistevano solo nel giardino dell'Eden
eoni prima di quel momento.
A un tratto, l'angelo si scoprì
incapace di muoversi, perso nel turbinio di potenti sensazioni che
quegli occhi serpenteschi gli suscitavano, nonché preda di un
desiderio folle e incomprensibile che stava prendendo possesso di lui
con sempre maggior violenza, spaventandolo e confondendolo.
Non era avvezzo alle passioni,
Azraphel. Un angelo non cedeva alle pulsioni, sempre che fosse in
grado di provarne, né si faceva dominare dagli istinti.
No. Un angelo si ergeva fiero nel suo
centro luminoso di distaccata e imperturbabile serenità, predicando
il bene e la morale, in accordo con quanto stabilito ai vertici della
gerarchia celeste prima dell'inizio dei tempi.
Eppure, forse a causa dei troppi secoli
trascorsi sulla Terra tra gli umani, Azraphel sentiva che, in qualche
modo, il suo intero essere era mutato. Al pari dei mortali, provava
emozioni forti, contrastanti, meravigliose e terrificanti al tempo
stesso, come una nave in balìa del mare in tempesta. Il suo corpo
era spinto da un'urgenza che gli era sconosciuta ma che lo induceva
inesorabilmente ad accostarsi ancora di più a Crowley, a volerlo
sentire contro di sé, pelle contro pelle, labbra contro labbra, i
loro respiri mescolati, le loro anime unite come lo erano sempre
stati i loro destini.
Era forse quello stesso vibrante
desiderio, era forse quella stessa incontrastabile brama che aveva
provato Eva quando aveva scrutato quelle medesime iridi auree venate
da un'unica sottile pupilla nera che ora sembravano aver arpionato il
suo cuore incorrotto? Era sotto il loro ipnotico influsso che la
prima donna aveva preso la fatidica decisione che avrebbe segnato per
sempre il fato dell'umanità?
Ma Azraphel poté limitarsi solo ad
immaginare una possibile risposta, perché nei secondi successivi
accadde una cosa talmente eccezionale, inaspettata, assurda,
ineffabile, che le facoltà razionali dell'angelo vennero
completamente obnubilate.
Dapprima, la bocca di Crowley si depose
delicatamente sulla sua, le labbra dischiuse che si muovevano piano,
provocanti, sfacciate, come per sciogliere le ultime istintive
resistenze di Azraphel, che, dal canto suo, bisogna riconoscerlo,
provò davvero a scostarsi e a respingere quel dolce ma implacabile
assalto. Si sforzò di sottrarsi al contatto con il volto di Crowley,
ci mise tutto il suo impegno nonché una notevole dose di buona
volontà per obbligare le sue gambe di pietra a fare ciò per cui il
suo capo delle alte sfere le aveva progettate quando aveva creato
l'uomo, anche un sonoro schiaffone sulla faccia di tolla di quello
scellerato del suo amico millenario non avrebbe guastato in quel
frangente.
Tuttavia, alla fine, arrendendosi ad
una forza evidentemente più grande di lui, Azraphel si ritrovò ad
afferrare il colletto della giacca di pelle nera del demone per
attirarlo ancora di più a sé.
“Sia quel che
sia.” Pensò l'angelo, rispondendo al bacio. “Questa storia
dell'ineffabilità e del libero arbitrio comincia a piacermi.”
Crowley sorrise, la bocca ancora
premuta contro quella di Azraphel. Era stato necessario arrivare ad
un soffio dalla fine del mondo, ma aveva sempre saputo che, prima o
poi, quelle labbra sarebbero state sue... insieme a tutto il resto.