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Autore: Miss Rossange Stucky    20/02/2019    4 recensioni
Incubi e flashback dolorosi sembrano infestare ancora le notti di Bucky. Steve lo sa ed è disposto a tutto per aiutarlo e proteggerlo, ma questa volta l'aiuto verrà anche da un inatteso incontro molto particolare...
Genere: Fluff, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Steve Rogers
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Questa è la mia prima Stucky, questa coppia mi affascina e mi intimorisce, quindi pur con una discreta paura non ho resistito al loro fascino e ho voluto scrivere di loro, anche se è una mini-one-shot.
Voglio ringraziare la mia splendida beta Dida77 senza il cui sostegno, affetto e aiuto non avrei mai trovato il coraggio di tentare. Ti voglio un mondo di bene!
 
 
Lo aveva cercato tutta la notte. 
 
Gli sembrava di aver scandagliato ogni angolo della città, il cuore in tumulto, la testa in fiamme per la serie infinita di scenari terrificanti che il suo cervello elaborava, la paura incontrollabile di non trovarlo più… o peggio.
 
Albeggiava già, quando raggiunse la strada di casa. Non aveva alcuna intenzione di arrendersi: voleva solo salire per una doccia gelata che lo tenesse sveglio, per poi ricominciare le ricerche.
 
Mentre apriva il portone di casa, un rumore quasi impercettibile, proveniente dallo stretto vicolo lì vicino, attirò la sua attenzione.
 
Vi si addentrò con cautela, il cuore di nuovo in tumulto: il vicolo era ancora buio, nonostante il sole stesse sorgendo, e i bidoni dell’immondizia lo rendevano perfetto per un agguato.
 
Fu proprio dietro uno di quei bidoni che lo vide: seduto con le spalle appoggiate al muro, rannicchiato su se stesso, immobile. Lo aveva cercato per tutta la città. Invece era stato lì tutto il tempo, trascinato da chissà quale incubo atroce.
 
Gli sfiorò piano una spalla per non spaventarlo, pronto a qualsiasi reazione.
 
“Bucky…” sussurrò.
 
Un lieve sussulto scosse le ampie spalle incurvate. Non cambiò posizione, ma sollevò piano la testa e si volse verso la voce di Steve. Quella voce aveva sempre avuto il potere di calmarlo e di riportarlo alla realtà.
 
Quando i loro sguardi si incrociarono, Steve tentò di offrirgli un sorriso, cercando di cancellare in un attimo tutta la paura e la preoccupazione che aveva provato dal momento in cui era tornato a casa, la sera prima, trovandola vuota.
 
Gli occhi di James bevvero avidamente quel sorriso, e se ne illuminarono, facendosi lucidi. Un angolo della bocca gli si sollevò quasi involontariamente, formando un accenno di sorriso sghembo che, unito a quegli occhi tristi, fermò per un attimo il cuore di Steve.
 
Gli si inginocchiò accanto, portando lentamente una mano verso il suo viso, per scostarne alcune ciocche scomposte, sfiorandogli piano la guancia con la punta delle dita.
 
“Hey…come stai?” – gli sembrò la domanda più stupida del mondo, ma fu l'unica che gli venne in mente in quel momento.
 
Non ebbe risposta, ma un miagolio sommesso gli fece spalancare gli occhi per la sorpresa. Bucky allora si spostò lentamente, permettendogli di vedere per la prima volta che le sue braccia avvolgevano, protettive, un gattino di pochi mesi, dal pelo bianco e tigrato e dagli enormi occhi dorati.
 
Alla muta domanda presente negli occhi di Steve, il moro rispose con un improvviso fiume di parole, nel tentativo di dare una spiegazione comprensibile a qualcosa che nemmeno lui sapeva bene come spiegarsi.
 
“Stavo dormendo nel nostro letto e poi mi sono ritrovato qui, non so come, forse per un flashback, non so… Volevo nascondermi, ma poi ho sentito un rumore, un miagolio. Era qui, nascosto tra i cartoni, tremava. Era così piccolo Steve, sembrava così solo… Quando mi ha visto, mi ha guardato negli occhi e sembrava che dicesse ‘portami a casa’. Ma non sapevo dove fosse ‘casa’. In quel momento non sapevo nemmeno di averla, una casa. Così mi sono semplicemente seduto qui, in questo vicolo, e l’ho preso in braccio. Devo essermi addormentato… Scusa se ti ho fatto preoccupare. Scusami...”
 
Ascoltandolo Rogers si sentiva invadere da una tenerezza insostenibile. Si chinò un poco per posare un leggero bacio sui capelli di Buck, poi gli rivolse un altro sorriso, sussurrando:
 
“Ma tu hai una casa: la nostra casa. Se vuoi, adesso può diventare anche la sua” – allungò appena una mano per lasciarsi annusare dal gattino che, tutt’altro che diffidente, strofinò il musetto contro la sua mano.
 
A quella scena, il viso di James si aprì di nuovo in un sorriso sereno. Alzò lo sguardo verso Steve, gli occhi di nuovo lucidi.
 
“Allora…portaci a casa, Stevie”
   
 
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