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Autore: ballerina 89    21/02/2019    4 recensioni
Raccolta di One-Shot dedicata ai nostri capitan Swan. Le storie tratteranno come tema principale scene di vita famigliare che tutti noi vorremmo vedere nella serie ma che purtroppo ci sono state negate. I personaggi che troverete all'interno di questa raccolta sono gli stessi delle mie due opere precedenti ( Happy Begining e l'amore vince ogni cosa). Buona lettura a tutti voi.
Genere: Commedia, Generale, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Emma Swan, Killian Jones/Capitan Uncino, Nuovo personaggio, Regina Mills, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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POV EMMA
Fu una settimana davvero molto impegnativa, Gennaio era terminato e come da programma la mia piccola Chloe fece il suo rientro a scuola. Il suo primo giorno del suo secondo anno d'asilo fu un po' come il suo primo giorno in assoluto, una vera e propria tragedia. Conosceva tutti, maestra e compagni ma nonostante questo non voleva comunque andare, voleva restare con me. Rimasi impassibile, o almeno esternamente provai ad esserlo,e ferma sulle mie idee, nonostante si mise a piangere reclamando la mia attenzione, le baciai una guancia, le sussurrai un ti voglio bene e senza guardarmi indietro andai via. Mi segui con la magia ma io prontamente la riportai a scuola, sia quella volta che tutte le altre che in quel giorno provò a farlo. Si calmò solamente due giorni dopo e sapere perché? Perchè prima di accompagnarla in classe mi fermai in un altro edificio e affidai Liam a deglle ragazze. E' si, dopo aver fatto esperienza con due figlie ho capito che forse è meglio iniziarli ad abituare al distacco fin da subito in modo da non aver problemi nell'inserimento alla scuola materna in un futuro. Liam aveva un anno ormai, era ancora piccolino è vero ma fargli frequentare il nido sarebbe stata un'ottima soluzione sia per lui che per noi. Avevo ripreso il lavoro a tutti gli effetti, ero nuovamente lo sceriffo della città e non volevo, come già successo per Leila e Chloe, stressare i miei genitori o Regina per aiutarmi con la gestione del piccolo. Anche loro avevano la loro vita da vivere: Regina stava organizzando il suo matrimonio e i miei... beh loro avevano un gran da fare con Neal che ultimamente li stava facendo uscire matti.
- mamma perché hai legalato Liam a quelle singnole? - mi chiese con voce fin troppo speranzosa 
- Non ho regalato tuo fratello Chloe... l'ho solo mandato a scuola come te e Leila. 
- Ma no è piccolo? Plendono anche i nani a quella scuola mamy? 
- E' una scuola creata appositamente per bimbi piccoli come lui. - le spiegai. 
- Quindi lui no a casa co te! Mi piace quetta cosa. - ci avrei scommesso. - piangelà di siculo quel nano! E' un fifone.
- Ma da quale pulpito viene la predica... tu non hai fatto lo stesso fino a ieri? 
- Io no piango più! I bambini nani come Liam piangono. Io no! - la guardai non proprio convinta di quella sua ultima affermazione, lei lo capì e mi sfidò. - buoi bedere? Pottami all'asilo.
- stiamo andando proprio lì principessa! 
Cosa dire... sarà stata la sfida o semplicemente il fatto di sentirsi più sicura che suo fratello non stesse da solo con me mentre lei era via, ma vinse la scommessa: non pianse minimamente, anzi a detta degli insegnanti si scatenò come non mai giocando e chiacchierando con i suoi amici. Bene un problema era risolto, ora bisognava solamente mettere fine al dubbio esistenziale venuto a crearsi circa un mese fa! Ricordate l'incidente di capodanno? Beh... io e Killian nonostante fossimo a conoscenza delle probabilità di una possibile gravidanza, cercammo di vivere la nostra vita il più normale possibile senza cercare di farci influenzare dalla cosa. Eravamo d'accordo che ne avremmo riparlato solamente se io avessi avuto nel giro di un mesetto qualche sintomo rilevante. Beh... un paio di sintomi ci sono stati: uno è stato il malessere improvviso avuto a Disneyland sparito misteriosamente e un'altro, di cui non ho avuto ancora modo... o meglio "coraggio", di parlarne con mio marito. Una cosa è certa, un piccolo campanello d'allarme mi è scattato così senza ripensamenti decisi di ordinare, tramite internet onde evitare inutili chiacchiere, un test di gravidanza. Avrei voluto farlo senza che Killian fosse presente, volevo avere i miei tempi di elaborazione nel caso fosse stato positivo, ma poi ci ripensai... sapevo che avrebbe voluto essere presente in ogni caso, quindi nascosi il test e attesi il momento giusto. Fu così che passò un'altra settimana, era venerdì sera e l'indomani sarei partita per Boston insieme alla mia dolce Leila per la sua giornata speciale. Eravamo a cena, e mentre i miei tre figli e mio marito chiacchieravano tranquillamente, io con la scusa di riordinare la cucina me ne stavo in disparte a fissare il vuoto pensierosa. 
- mamy! Mi rippondi? Che fai dommi in piedi? - fu la voce di mia figlia e gli sguardi puntati addosso di Leila e Killian a farmi destare dai miei pensieri.
- Cosa??? Scusami amore la mamma stava solo pensando. Cosa volevi dirmi?
- No voglio veldule! No mi piacciono! - disse porgendomi il piatto in modo che glielo togliessi da davanti.
- Mi dispiace signorina ma dovrai mangiarle. Le verdure fanno bene e ti aiutano a crescere.
- Mah...
- Niente ma! Da brava mangia! - mise il broncio e con una lentezza inaudita riprese a mangiare... non avrebbe finito neanche per l'indomani. 
- Amore tutto ok? C'è qualcosa che non va per caso? - questa volta fu Killian a parlarmi. 
- No amore tranquillo, è tutto ok! - risposi consapevole di stargli mentendo. Non era da me mentirgli e infatti neanche due minuti dopo, in colpa per averlo fatto, mi avvicinai al tavolo e sussurrandogli nell'orecchio gli dissi quello che avrei dovuto dirgli già da una settimana. Non potevo attendere un giorno di più, dovevo sapere. - sto andando di sopra a fare.... il test! - lo vidi sbarrare gli occhi.
- Co...cosa? Perché? pensi...
- Shhhhh..... - gli feci notare i bambini. - vieni su con me? - chiesi
- Non devi neanche chiedermelo! 
Raggiungemmo il piano di sopra e prima di fare qualsiasi cosa ecco che l'interrogatorio di mio marito ebbe inizio. " perché improvvisamente hai deciso di farlo? C'è qualcosa che dovrei sapere? Quando hai comprato quel test? Da quando sospetti che...? Avevamo detto di riparlarne solo in caso di sintomi inerenti al caso:cosa non mi hai ancora detto?" Era un fiume di parole, non era arrabbiato, era solamente sorpreso, non si aspettava che gli dicessi una cosa simile. Gli spiegai il tutto, gli dissi che il malessere di Disneyland si era ripresentato ancora una volta e che avevo un ritardo ormai di 10 giorni. Si è vero sono sempre stata regolare da questo punto di vista ma da quando è nato Liam sto ancora cercando di regolarizzare il tutto. Potrebbe essere quindi una cosa del tutto normale, già capitata nei mesi addietro, ma essendoci già un fatto di rischio meglio togliersi ogni dubbio. Ascoltò attentamente tutto quello che avevo da dirgli dopodiché rispose in un modo che mai mi sarei aspettata. 
- Perché hai necessità di farlo adesso? Hai aspettato tanto da quel che ho capito, perché proprio di sera e non aspettare che ne so, che passi il weekend?
- Hai paura che ti rovini il fine settimana? - ero quasi alterata a quella sua sciocca domanda, come sempre però avevo tirato conclusioni affrettate. 
- Avere un altro figlio da te mi renderebbe l'uomo più felice del mondo tesoro, non ne ho mai fatto mistero, sei te quella che non è d'accordo mi sembra, non girare la frittata per affliggermi qualche colpa che non ho. La mia era solo una domanda e gradirei che mi rispondessi. 
- Perché non posso continuare a fingere che tutto vada bene e avere tutto questo caos di emozioni all'interno. Sto diventando matta Killian...
- Ti capisco, ma ragiona un secondo: nell'eventualità che fosse positivo, come ti sentiresti? Sii sincera. 
- Sono sicura che piano piano lo accetterei, ma inizialmente starei male. Non avevo in programma un altro figlio, ne abbiamo già 4, di cui uno di solo un anno, non sono pronta ad averne un altro. Mi dispiace se ci resti male ma purtroppo è quello che penso. 
- Non ci rimangono male perché so come sei fatta e so, come hai detto poco fa, che lo accetteresti di sicuro con il tempo. Quello che mi preoccupa di più è il presente, non il futuro. Il test potrebbe risultare negativo e quindi è vero, ti toglieresti ogni pensiero dalla testa, ma potrebbe essere positivo e di conseguenza staresti male... perché rovinare la giornata di domani di tua figlia quando puoi benissimo stare con lei senza pensare a nulla e prendere atto della verità solamente dopo essere tornare a casa? Pensaci... lei non merita di passare una giornata con sua mamma assente per via di tutti questi problemi. Vuole passare del tempo di qualità con te e credo se lo meriti. - aveva pienamente ragione, non sarei di sicuro riuscita a concentrarmi su di lei se si fosse verificato quello che sospettavo quindi sarebbe di sicuro stato meglio ignorare i fatti e fare come se nulla fosse ancora per un giorno. L'indomani, una volta di ritorno,avrei affrontato la cosa di petto e scoperto la verità. Ringraziai Killian per il suo sostegno morale e tornai di sotto dai bambini per controllare che avessero mangiato e per prepararli per andare a letto. 
La mattina seguente mi alzai molto presto e dopo aver preparato la colazione andai a svegliare Leila, ci attendeva una giornata molto impegnativa. Facemmo colazione insieme, come non facevamo da tanto ormai, solo noi due e dopo esserci lavate e vestite salutammo gli altri, che nel mentre si erano svegliati e uscimmo. Chloe fece come al suo solito qualche capriccio ma la lasciai alle cure di suo padre, si sarebbe lamentata un po' ma poi si sarebbe di sicuro calmata. Prendemmo il mio maggiolino e oltrepassammo il confine di Storybrooke, Leila sembrava felicissima ed entusiasta della giornata che avremmo trascorso, lo vedevo da come guardava entusiasta il finestrino e da come sorrideva. Avrei dovuto essere felice anche io felice come lei e invece non lo ero poi tanto. Ero felicissima di poter passare del tempo con mia figlia questo è vero ma avevo di sicuro meno entusiasmo di lei riguardo al posto dove saremmo andate. Inizialmente aveva pensato di visitare una delle case famiglia in cui ero stata ma poi cambiò improvvisamente idea e mi chiese di poter vedere il posto in cui sono cresciuta quando avevo bene o male la sua età. Per i primi dieci anni della mia vita ho vissuto all'interno di un orfanotrofio, certo passavo da una casa famiglia all'altra, ma poi sempre lì tornavo. Quello è di sicuro il posto dove sono stata più a lungo prima di iniziare a fuggire come una fuorilegge. Non ho più messo piede li dentro dal compimento dei miei dieci anni e tornarci adesso a distanza di molti anni non ha di certo cambiato la mia idea su quel posto. Avevo giurato di non rimetterci più piede ma ancora una volta eccomi qui a fare l'esatto contrario.
- Mammaaaa, è questo il posto? Vivevi qui? In questa casa enorme?  - chiese Leila non appena parcheggiai l'auto. - è bellissima.
- Leila amore mio vorrei dirti una cosa prima di entrare... non tutto quello che sembra bello poi in realtà lo è. Entrando potresti rimanere delusa quindi... non farti aspettative ok? - annuì - Bene. Andiamo ora. - scendemmo dall'auto e prendemmo dal portabagagli tutto ciò che mia figlia aveva preparato per quei bambini. Aveva fatto una cernita di vecchi giochi e vestiti e li aveva tutti rigorosamente impacchettati per rendere quei bambini bisognosi più felici. L'aiutai a portare quelle buste davanti il portone principale dopodiché suonai il campanello. Ci aprì una signora sulla quarantina e guardando prima me e poi mia figlia disse: 
- E'venuta a riportarla indietro? Cos'ha combinato?
- Cosa??? No, certo che no! Lei è  mia figlia e siamo qui per la visita dell'edificio.
- Visita? Ah si giusto dimenticavo! La direttrice me né aveva parlato, prego accomodatevi pure, vi faccio strada! - disse facendoci accomodare in quella che ricordavo essere la sala principale. Incredibile, quel posto non era cambiato per niente... avevo la pelle d'oca al solo ricordo. - La direttrice vi stava aspettando, vado a chiamarla. - aspettammo lì per qualche minuto poi la donna fece il suo ingresso, era invecchiata parecchio ma avrei potuto riconoscerla ovunque... uno sguardo del genere difficilmente si dimentica. Era una delle mie vecchie tutrici. 
- Salve e benvenute nel nostro rinnomato istituto. Piacere di conoscervi, io sono la signora Williams. 
- Salve io sono lo sceriffo di una piccola cittadina sperduta nel Maine e lei...
- Sei lo sceriffo che ci manda gli assegni ogni sei mesi? - la vidi sorridere. Strano, pensavo non ne fosse capace.
- Si sono io, e lei è la mia bambina, è stata una sua idea passare a trovarvi. - non appena i suoi occhi scrutarono attentamente Leila la donna sobbalzò. 
- O mio diooo! Sei identica ad una bambina che anni fa frequentava questo istituto. Spero davvero per la tua mamma che tu non le somigli anche di carattere. Sarebbe tremendo!
- Come si chiamava? Per caso il suo nome... - naturalmente quella piccola furbacchiona aveva già intuito di chi parlasse quella donna, in fondo le ho sempre raccontato che ci somigliavamo e che ero un tantino ribelle. Non aveva mai avuto modo di vedere una mia foto da bambina, non ne avevo, ma questo non le impedì di intuire che parlassero di me. 
- La scusi, è super curiosa questa signorina. Leila non è carino fare domande su persone che non sono qui. - le dissi per poi tornare a guardare la donna di fronte a me. - Comunque per quanto mi riguarda sono qui per vedere come vengono investiti i miei soldi e quelli della mia cittadina in questo istituto, mentre lei ha voluto accompagnarmi perché le piacerebbe giocare, se è possibile, con i bambini e raccontare loro qualche favola.
- Ho portato per loro anche dei giocattoli! - specificò.
- Ma che brava bambina che sei! Forse non somigli più di tanto a quella teppista che viveva qui. - vidi mia figlia guardarla in modo brutto, ma fu solo una frazione di secondo perché ben presto iniziò il nostro tour. Ci diedero il permesso di fare da sole il giro turistico per tutto l'orfanotrofio, forse perché ero uno sceriffo dopotutto. i bambini erano stati riuniti al piano di sotto e i tutori erano con loro. Bene, questo significava che avevo del tempo per raccontare qualcosa a mia figlia senza che nessuno scoprisse chi fossi in realtà. Non volevo che sapessero. La prima cosa che constatai fu che quel posto era esattamente uguale a quando lo avevo lasciato: stessa carta da parati, stesse tende, stessa suddivisione di stanze... tutto era invariato. Dove accidenti finivano tutti i soldi che spedivo regolarmente in quel tugurio? Il mio intento, pur essendo un donatore anonimo, era quello di dare a quel posto delle migliorie e invece? Nulla era cambiato. 
- Mamma mamma! - la voce di mia figlia mi destò dai miei pensieri. - mammina guarda! Qui c'è scritto Emma Swan! - indicò una scritta incisa nel muro. - l'hai fatta tu? 
- si amore, questa era la mia stanza e questo era il mio lettino... coperte comprese.
- Sembra una stanza da grandi, non c'è nulla di colorato qui! Non ci sono neanche i giocattoli, se è una stanza per delle bambine perchè non ci sono i giocattoli? - chiese come se fosse la cosa più strana di questo mondo.
- Qui non si potevano portare i giocattoli e a quanto pare non si può neanche adesso. I giochi si trovavano e si trovano tuttora nella stanza comune credo, quella dove adesso ci stanno aspettando gli altri bambini.
- E anche i tuoi giochi quindi erano lì?Se erano i tuoi perché non potevi tenerli in camera con te? Qualcuno avrebbe potuto rubarteli.
- Non ho mai avuto giochi tutti miei tesoro, qui i giocattoli sono di tutti... o meglio: sono dell'istituto, si possono utilizzare solo nella pausa ricreativa. - credo di averla sconvolta con quell'affermazione.
- E' molto triste questo posto mamma! Come possono i bambini essere felici in un posto così? 
- Non lo so amore mio, ma spero davvero che lo siano. 
- Tu eri felice? - caspita non mi aspettavo questa domanda.
- Emh... no, ad essere sincera no, non lo sono mai stata qui dentro. - so che queste parole avrebbero potuto rattristarla, ma stavamo facendo questo viaggio perché voleva conoscere meglio la mia storia che a differenza di tutti gli altri nostri familiari non era scritta sul magico libro di suo fratello. Non volevo di conseguenza mentirle. 
- Eri tu quella bambina che mi somiglia tanto di cui parlava quella donna vero? - annuii - Non mi piace che quella donna ti dica cose cattive mamma, eri solo una bambina e sono sicura che non eri così cattiva come dice.
- Non preoccuparti tesoro mio, l'ho superato! Ora sono una donna felice che ama ed è circondata da tante persone che la amano. Se tutta la sofferenza vissuta è servita ad arrivare dove sono ora... beh.. rivivrei quell'esperienza altre centomila volte. - sorrise nel sentirmi dire quelle cose - Ora che ne dici, ti va di raccontare una bella storia ai bambini che sono al piano di sotto? 
- si mamma! So anche che storia raccontare! 
- Molto bene, andiamo allora. 
Raggiungemmo la sala comune e come sospettavo erano già tutti li, seduti e in completo silenzio. Non avevano l'aria di essere dei bambini allegri, tutti avevano lo stesso sguardo. Lo sguardo che anni fa avevo anche io... uno sguardo che indica tristezza, paura... il classico sguardo di chi smette di avere speranza. Sussultai nel guardarli, fu come tornare indietro di venti anni. Fortunatamente non ebbi molto tempo per continuare a far camminare il mio cervello in quei cattivo pensieri che la direttrice ci annunciò. I ragazzi ci salutarono alzandosi in piedi dopodiché tornarono a sedersi in maniera composta. Ci avvicinammo a loro e dopo esserci presentare, io con il nominativo di sceriffo naturalmente, Leila prese la parola. 
- Ciao a tutti, io mi chiamo Leila, sono una bambina di otto anni e frequento la terza elementare. 
- Sei una nostra nuova compagna? - chiese uno di loro.
- Ma che domande fai! Non lo vedi che è una riccona? Quella non è una come noi. Non verrà mai a stare in un posto così! - rispose un altro. - Riccona perché sei qui? - mia figlia ci rimase male per quel nomignolo, si sentì improvvisamente non accettata dai suoi stessi coetanei e per un attimo pensò di rinunciare alla sua idea e andare via. La presi in disparte per qualche minuto e la consolai spiegandole che quei bambini non erano cattivi, il loro era solo un modo per difendersi, per non sentirsi inferiori. Non fu semplice convincerla ma alla fine, con me al suo fianco, continuò il suo discorso. 
- Sono venuta qui oggi per due motivi: il primo è perché volevo conoscere meglio come è stata la vita di una persona a cui voglio tanto bene, la seconda è perché volevo raccontarvi una storia. Vi... vi va di ascoltarla? - i più grandi, quelli che avevano all'incirca 13 14 anni, dissero di no e le fecero anche qualche verso, mentre i suoi coetanei e quelli più piccini dissero un bel si in coro facendole tornare in parte il sorriso. 
 
- "C'era una volta una bambina molto bella ma allo stesso tempo molto sfortunata. Venne trovata sul ciglio della strada che era ancora una neonata da un bambino poco più grande di lei. I suoi genitori l'avevano abbandonata e così fu costretta a vivere in un orrendo orfanotrofio. Ogni giorno che passava quella bambina diventava sempre più bella e contemporaneamente sempre più triste. Si sentiva sola e spesse volte, piangendo nel suo lettino, si poneva la classica domanda"come mai i miei genitori hanno deciso di abbandonarmi?". Soffriva... soffriva terribilmente ma i tutori dell'istituto non fecero nulla per donarle un sorriso, anzi... non la consideravano affatto; quando raramente lo facevano era solo per rimproverarla o trattarla male. Questo comportamento così bruto portò la bambina a sentirsi sempre più sola e a diventare ribelle e scontrosa con tutti, era solo una difesa la sua ma nessuno sembrò capirlo e iniziarono ad etichettarla come la bambina teppista che per il suo carattere non avrebbe mai trovato una famiglia. Restò in quell'istituto per circa dieci anni, ogni tanto veniva accettata in qualche casa famiglia ma dopo pochi mesi veniva sempre riportata li perché troppo disobbediente. Un bel giorno però, non potendone più di quella vita, decise di scappare. Era ancora troppo piccola per vivere in strada e dopo svariate notti passate al freddo e al gelo si lasciò convincere da un suo "amico" ad andare dai servizi sociali che prontamente le trovarono una nuova sistemazione. Anche quest'ultima però fu molto deludente e anche questa volta la bambina, ormai crescita, scappò via."
 
- E poi??? Che cosa è successo? - chiese una bambina con curiosità. La storia sembra starle molto a cuore.
 
- " Conobbe un ragazzo e si innamorò perdutamente di lui. Era il suo primo amore e per la prima volta nella sua vita si sentì veramente amata. Tutto sembrava aver trovato il giusto posto ma aimè anche quella felicità non durò a lungo. Il ragazzo riuscì a metterla nei guai e a farla andare in prigione dove, pochi mesi dopo, fece nascere il loro bambino. Quel piccolino poteva essere il suo vero nuovo inizio, l'inizio di una nuova vita, una vita felice... e invece? Ebbe paura. Era cresciuta senza mamma e senza papà, nessuno aveva mai sostituito quelle importanti figure, non sapeva cosa volesse dire essere amata da un genitore e così, per paura di non essere all'altezza fece il loro stesso errore: diede via il bambino. Passarono dieci anni, la ragazza era ormai uscita di prigione, si era trovata un lavoro e stava vivendo la sua vita. Senza nessun preavviso suo figlio si presentò alla sua porta e dopo svariati tentativi riuscì ad instaurare un saldo legame con lei. La fortuna, anche se lei ancora non lo sapeva, iniziava a girare. Deve tutto a quel bambino, grazie a lui riuscì anche a conoscere i suoi genitori biologici. Erano stati costretti ad abbandonarla per via di una persona malvagia che voleva farle del male."
 
- È stata fortunata! Beata lei... - continuò quella ragazzina con le lacrime agli occhi.
 
- Molto fortunata direi. - rispose mia figlia per poi continuare - "con il passare del tempo incontrò anche l'amore della sua vita con il quale ebbe altri tre figli. Ho deciso di raccontarvi questa storia perché vorrei farvi capire che la speranza è una cosa fondamentale nella vita di tutti noi e non bisogna mai perderla. Anche il periodo più brutto può trasformarsi in qualcosa di bello se non la si perde. La mia mamma ne è l'esempio vivente. La protagonista della storia è proprio lei e anche se non vuole che si dica io lo dirò lo stesso: il suo nome è Emma Swan!" - disse quell'ultima frase guardando negli occhi la rettrice la quale rimase a bocca aperta nel sentire pronunciare il mio nome. Rimase a fissarmi per qualche secondo dopodiché esordì con un:
- ecco perché quella bambina ti somiglia così tanto! Emma!!!! Da quanto tempo tesoro, sono felice di ricederti! - cosa cosa cosa? Stava davvero parlando con me con quei toni così amichevoli? Tze...
- Purtroppo non posso dire la stessa cosa, ma qualcosa tengo a precisarla. Questo posto non è cambiato di una virgola, era un tugurio ai tempi e lo è adesso. Vi mando assegni ogni sei mesi nella speranza che qualcosa migliori e invece? Niente! Non ho parole. Questi bambini non meritano di vivere in queste condizioni... non meritano di vivere come ho vissuto io. Dovrebbero essere affidati a persone competenti che si prendano sul serio cura di loro, non di certo a te! 
- Ma come ti permetti di.... - come era solita fare provò ad inveirmi contro ma non aveva fatto i conti con una cosa: ero cresciuta e avevo imparato a tenerla al suo posto. 
- Mi permetto eccome invece visto che sono stata vittima in prima persona di questo circuito mal funzionante. Non permetterò che questi bambini e ragazzi vivano nelle condizioni in cui sono vissuta io. Meritano di poter vivere la loro vita a pieno, senza sentirsi inferiori a nessuno, perché diciamocelo: non sono assolutamente inferiori. Ti do tre mesi di tempo per apportare migliorie sia a livello estetico che didattico. Allo scadere dei tre mesi se ancora sarà tutto invariato parlerò con le autorità di competenza e denuncerò il tutto. Sai cosa succede se ti arriva una denuncia vero? Chiuderesti all'istante. 
- La tua è solo una ripicca per come credi di essere stata trattata... eravamo severi con te perché eri ingestibile. Non ti abbiamo mai maltrattata. 
- Si può maltrattare una persona in vari modi, non solo fisicamente. Comunque Non cambio idea, ormai ho deciso! - presi un foglio e scrissi una nota - questo è l'importo che in tutti questi anni la mia cittadina, me compresa, ha versato per voi. Hai tre mesi per far sì che questa somma di denaro si trasformi in qualcosa di eccezionale. Andiamo Leila, è ora di andare. 
- Mamma aspetta e i regali? - giusto lo avevo completamente dimenticato. Distribuimmo gicottoli e indumenti a ciascun bambino e dopo che Chloe si fu raccomandata di tenerli nelle loro stanze da letto per abbellirle un po', uscimmo finalmente da quel postaccio. Andammo a prendere un gelato e visto la bella giornata decidemmo di fare una passeggiata nel centro città. 
- Allora tesoro, come è stata questa esperienza? 
- La verità mamma? Sono molto triste... da piccola non sei stata una bambina felice e questa è una cosa brutta! Non mi piace.
- Non pensare a questo ok? Come mi vedi adesso? Felice? - annuì - Conta solo questo! - le sorrisi.
- Chi è stata la persona cattiva che ha lanciato il sortilegio mamma? Io non voglio bene a quella persona, ti ha fatto del male! - Ci mancava solo questo adesso. Eravamo tutti d'accordo di tralasciate quel piccolo dettaglio alle bambine fin quando non fossero state grandi abbastanza per capire e quel momento non era ancora arrivato.
- Sei ancora piccolina tesoro, te lo dirò quando sarai più grande. Fidati di me, è meglio così!
- Vive a Storybrooke? Da grande si pentirà amaramente di averti fatto tutto questo. Tu sei la mia mamma e nessuno tocca la mia mamma! - ma quanto poteva essere dolce, voleva difendermi. 
- Vive a Storybrooke come tutti noi ma NO! non farai nulla quando sarai grande, dovrai sempre comportarti come una brava ragazza ok?
- Mah mamma non è giusto! Questa persona...
- Promettimelo!
Ci pensò su! - ok mamma! Lo prometto! -
Fortunatamente il caos della città la distrasse da quell'argomento per me fin troppo scomodo e nel giro di qualche minuto sembrò essersi dimenticata di tutta quella storia. Qualcosa di nuovo aveva suscitato il suo interesse.
- Mamma perchè quelle persone stanno buttando le monetine nella fontana? Non si buttano i soldi, ce lo dicono anche a scuola.
- non li stanno buttando, stanno esprimendo un desiderio amore. - le spiegai 
- Un desiderio? E si avverano sul serio? 
- Dipende tesoro, tuo fratello Henry ad esempio c'è riuscito a farlo avverare una volta, non era in questa fontana ma è lo stesso: se hai fede forse il desiderio si avvererà. Vuoi provare? 
- Siiiiiiiiii! 
- Ecco a te allora! - le porsi una monetina.
- Mamma esprimilo anche tu un desiderio ok? Ma non esprimere di avere un nuovo fratellino! 
- Tranquilla, penserò solamente a cose che non ti faranno star male. Pronta? Uno.... due.... tre. 
***
POV NARRATORE 
Prese la monetina dalle mani della sua mamma e senza pensarci due volte chiuse gli occhi ed espresse un desiderio lanciandola all'interno della fontana. Quando li riaprì si girò in direzione di Emma per vedere se anch'essa avesse compiuto il gesto ma non la trovò accanto a se. 
- Ma...mamma.... mamma! Mamma dove sei? - iniziò a guardarsi intorno, sempre più impaurita, nella speranza di vederla ma non ci riuscì. C'era troppa gente intorno a lei. Cercò di trattenere le lacrime ma la paura era tanta e nel giro di poco eccola scoppiare in un pianto disperato. Le persone vedendola sola e in lacrime provarono ad avvicinarsi per aiutarla ma lei non capì il gesto e ancora più spaventata prese a corre nella speranza di riuscire almeno a raggiungere il maggiolino giallo. Sua mamma non sarebbe mai andata via senza di lei quindi le sarebbe bastato attenderla vicino alla loro macchina. Prima o poi sarebbe di sicuro arrivata. Il centro della città non era distante dall'orfanotrofio in cui erano state poco prima e per la piccolina non fu affatto difficile raggiungere il posto. Oltrepassò il cancello impaziente di vedere il maggiolino ma purtroppo per lei le cose non andarono esattamente come si aspettava: della macchina neanche l'ombra. Pensieri e paure cominciarono a farsi spazio nella sua mente ma non ebbe il tempo di elaborarle che qualcuno da dietro l'acciuffò. Pensò fosse Emma che le aveva fatto un brutto scherzo ma poi girandosi prese atto che non era la sua mamma ma bensì una donna dallo sguardo severo. 
- Dove credevi di andare è? Ora iniziamo anche a scappare? Bene... molto bene signorina. Vieni con me!
- Lasciami! LASCIAMIIIIII! - gridò con quanta più forza avesse cercando contemporaneamente di divincolarsi, ma la donna che la trascinava per il braccio era di gran lunga più forte e non riuscì a liberarsi dalla sua presa. Le sue urla furono talmente forti da far accorrete all'ingresso principale altre persone a lei sconosciute. 
- Che succede qui! - esclamó una di loro
- Guardate chi ho beccato in cortile che tentava la fuga? La nostra teppistella numero uno. 
- Dove volevi andartene ragazzina? - Leila li guardava impaurita: cosa volevano quelle persone da lei? - Rispondimi o passerai la notte in isolamento. - la minacciò
- Volevo... volevo solo la mia mamma. - rispose timidamente - La stavo cercando, non riesco più a trovarla!
- Perché l'hai mai trovata? Nei tuoi sogni forse - scoppiarono tutti a ridere - smettila di dire fesserie e fila in camera tua. Tua madre non verrà mai a prenderti fattene una ragione! 
- Non conosci la mia mamma! Lei mi troverà sempre! - disse decisa cercando invano di non piangere ulteriormente. 
- Hai ragione, non la conosco ma di sicuro adesso capisco perché ti ha abbandonata. - a quella parola sonbalzò.
- A... abbandonata? - ripetè
- Che c'è hai battuto la testa per caso? Riportala in camera sua - ordinò alla donna che l'aveva trovata. 
Venne portata al piano di sopra all'interno di una delle camerate visitate quella mattina. Rimase in quella stanza da sola per molto tempo, si guardò intorno dopodiché non vedendo vie di fuga fece l'unica cosa che le venne in mente: andò a sdraiarsi a pancia in giù sul lettino che anni prima aveva ospitato la sua mamma e con il dito tracciò le lettere sul muro che componevano quel nome. Non poteva credere che se ne fosse andata senza di lei. Perché lo avrebbe fatto? Non riusciva a elaborare nulla per spiegare tale gesto, era sotto Schok, ma ben presto qualcuno riuscì a distrarla.
- Quello è il mio letto! - disse la voce di una bambina, molto probabilmente la nuova proprietaria di quel posto letto. 
- Si scusa, scendo subito! - rispose senza guardarla, non voleva la vedesse piangere... si vergognava.
- Sei nuova? Stai piangendo? - non rispose - io so come ti puoi sentire, ci possiamo aiutare a vicenda se vuoi. - quelle parole le fecero piacere, non si sentì più sola come poco prima e mostrando un tenero sorriso guardò negli occhi quella bambina. Il sorriso scomparse immediatamente lasciando spazio allo stupore. Entrambe le bambine si fissavano l'un l'altra non riuscendo a capire il senso di quello che improvvisamente si trovarono davanti: erano identiche. Si scrutarono per un po' senza parlare poi Leila ruppe il silenzio. Aveva visto i suoi genitori combattere contro mostri di ogni tipo, non si sarebbe di certo messa in allarme per una bambina uguale a lei. 
- Tu sei me? Da quale mondo vieni? Presente o passato? Come fai ad essere qui? - domandò come se fosse la domanda più semplice di questo mondo.
- Cosa? Da che mondo vengo? Ma cosa dici... Sarò anche uguale a te ma non sono di certo un alieno! - rispose scontrosa - e per rispondere alla tua domanda, io ci vivo qui! 
- Ti chiami Leila per caso? 
- Non mi chiamo Leila e non ho intenzione di dirti il mio nome finché non saprò chi sei!
- Deve essere stata la magia! Deve essere successo qualcosa. - constatò la bambina.
- Magia? Dici sul serio? Di un po': non crederai ancora che la magia esista vero? Quanti anni hai, nove?
- Otto! E si, credo nella magia!
- Non esiste lasciatelo dire... se esistesse io non sarei rinchiusa qui dentro da anni e non lo saresti neanche tu. 
- Io non vivo qui è mai ci vivrò. Vivo con mamma e papà! Ma... ma non hai ascoltato la mia storia prima? 
- Prima quando? Comunque no, non ho ascoltato nulla, ero in punizione... come sempre - scrollò le spalle.
- Mi dispiace.
- Ci sono abituata... allora. Dici di vivere con i tuoi: dove sono adesso? 
- Papá a casa.... mamma.... mamma..... io non lo sooooo - e fu così che riprese a piangere. - mi sono persa e... e quella tizia al piano di sotto mi... mi ha portata qui sgridandomi come se mi conoscesse. Io non so chi sia peróóóó
- Ti ha di sicuro scambiata per me. - rispose con fate ovvio - Quindi la tua mamma è da queste parti?
- S... si, ne sono sicura;non mi abbandonerebbe mai... lei è stata abbandonata da piccola e non mi farebbe mai vivere tutto quello che ha vissuto lei. Ho chiuso gli occhi un solo attimo e lei è sparita. 
- Ti aiuterò a trovarla ok? Però smettila di piangere! - disse senza ulteriori convenevoli. 
- Davvero? Tu... tu mi aiuterai? 
- Si! Non saremo gemelle, visto che sei più piccola, ma siamo due gocce d'acqua! È evidente il grado di parentela. Se ti aiuterò a ritrovarla potrò finalmente conoscerla.
- Pensi... pensi che la mia mamma sia anche la tua? - annuì - Pensi che io e te siamo sorelle? Io non credo che mamma me lo avrebbe nascosto.
- I grandi dicono bugie in continuazione e poi guardami: tu mi somigli! Allora... vogliamo andare a trovare la nostra mamma? - non era ancora convinta che quella fosse la verità ma una cosa era certa: chiunque fosse la bambina che aveva davanti di sicuro l'avrebbe aiutata a ritrovare Emma e questo le bastò per stringere il patto. 
- Va bene! Ma devo sapere il tuo nome prima, come ti chiamo altrimenti?
- Dimmi prima il tuo. 
- Mi chiamo Leila Jones. 
- Jones? Bel cognome... potrebbe essere il mio quindi.... - constatò per poi rattristarsi - Io invece al momento ancora non c'è l'ho un cognome... o meglio ne ho uno ma me lo sono inventato.
- Come ti chiami quindi? 
- Mi chiamo Emma... Emma Swan!
- Co... come scusaaaaa???? - da lì fu un attimo, ricordò il desiderio espresso poco prima alla fontana e capì tutto. Le sarebbe piaciuto vedere sua mamma da giovane e come spesso capita nella loro famiglia ogni desiderio diventa realtà.
- Tu sei la mia...
- LEILAAAAAAAAAAAAA! - una voce interruppe le sue bambine facendo entrare in stanza una donna alla piccola molto familiare 
- Mamma!
 
POV EMMA
Chiusi gli occhi per un secondo ma quel secondo bastò per stravolgere la mia giornata. Mi ritrovai accerchiata da molte persone, tutte con lo sguardo preoccupato. mi guardai intorno disorientata, non capendo cosa fosse successo, poi finalmente qualcuno mi raccontò di avermi trovata li...svenuta. Anche se era molto strano, in quanto non ricordavo di aver avuto nessun malessere, non diedi molto peso alla cosa e feci l’unica cosa sensata, cercai con lo sguardo Leila che poverina doveva essersi di sicuro spaventata. scrutai ogni singolo individuo al mio fianco ma di lei neanche l’ombra. 
- Leila... Leila amore... - iniziai sussurrando il suo nome, poi piano piano alzai sempre di più il tono della voce iniziando ad inpanicarmi seriamente... dove accidenti era mia figlia? 
- Ei, calma... sei appena svenuta - mi disse un uomo cercando di tenermi sdraiata.
- Lasciami! - mi liberai dalla sua presa mettendomi subito in piedi - mia figlia... dove è mia figlia? Avete visto una bambina? Bionda occhi azzurri... alta più o meno così - indicai con la mano. - Vi prego ditemi che l’avete vista. Qualcuno da dove si trovaaa????
- Si calmi signora, l’aiuteremo a trovarla. Venga con noi adesso, è sotto shock... - come non esserlo, avevo perso di vista mia figlia, una bambina di soli otto anni. Mi portarono in un bar lì vicino con l’intento di farmi bere dell’acqua per placare lo spavento ma non servì a nulla se non a farmi agitare ancora di più. Stavo perdendo tempo... dovevo mettermi alla ricerca di mia figlia immediatamente. 
Le ho sempre detto, fin da piccolina, di memorizzare il posto dove veniva ogni volta parcheggiata la nostra auto, non sostiamo mai troppo lontani dal luogo dove siamo diretti, e di recarsi lì nel caso remoto in cui si sarebbe persa. Glielo insegnai solo per precauzione, non credevo che nella vita sarebbe potuto mai accadere una cosa del genere... eppure così è stato. Stavo per uscire dal bar per recarmi al mio maggiolino quando i miei occhi si posarono su una catasta di giornali. Ne presi uno tra le mani non convinta di aver letto correttamente ma ben presto mi resi conto che avevo visto bene... la data incisa sul giornale, che dovrebbe essere quella odierna, riportava una data di ben 20 anni prima. Non capii cosa stesse succedendo, poi mi venne in mente che poco prima eravamo davanti la fontana ad esprimere un desiderio. Perché non ci avevo pensato prima! Era di sicuro il desiderio di mia figlia la causa per cui eravamo state catapultate li. Eravamo? Non ero ancora sicura che lei fosse qui, ma se da una parte speravo che non fosse così, che fosse nel nostro tempo, dall’altra sperai vivamente che fosse li con me. Così almeno non sarebbe stata da sola in una città sconosciuta. D’istinto mi recai comunque nel parcheggio dell’orfanotrofio e quando non trovai il mio maggiolino confermai la mia ipotesi. Avevamo viaggiato nel tempo... di nuovo. Cercai di elaborare velocemente un piano per poter capire da dove potessi iniziare ad effettuare le ricerche quando sentii due donne, a me molto familiari, parlucchiare tra di loro.
- Sarà difficile che qualcuno prendi con se un bambina terribile come Swan, ma se mai succederà io proclamerò una festa nazionale! Odio quella ragazzina.
- Ma l’hai sentita poco fa? Faceva finta di non conoscerci e che addirittura era con la sua mamma ma si è persa... - scoppiarono a ridere malignamente. Avrei voluto prendere a calci nel sedere tanta era la rabbia che mi portavo dentro per quello passato in quegli anni com quelle due, ma ora non aveva importanza: la bambina con cui avevano parlato non ero di sicuro io da piccola e sapendo della somiglianza con la mia Leila feci due più due e capii che era lei la bambina di cui stavano parlando. Presi un respiro profondo e senza pensarci molto affrontai le due donne.
- Buongiorno possiamo aiutarla? - mi disse una di loro, più precisamente la mia ex tutrice ovvero la futura rettrice di quel tugurio.
- Si, sono qui per un’ispirazione! Sono uno sceriffo - mostrai loro il distintivo. - mi sono giunte delle chiamate e vorrei personalmente controllare la veridicità di esse.
- La rettrice in questo momento non è qui, non credo ci siano problemi ma la chiamo per sicurezza per informarla. - annuì in tutta tranquillità, se non mi avessero dato il permesso di entrare, tramite il mio cellulare, avrei creato un falso mandato. Fortunatamente non dovetti arrivare a tanto perché mi lasciarono agire indisturbata. Entrai all’interno di quel collegio e il panico iniziò ad impossessarsi di me. È vero, c’ero stata già la mattina ma la cosa ora era del tutto differente. Quello di questa mattina era il mio presente... questo era il mio passato e per quanto possa essere cresciuta quel periodo e quel dolore non credo che mai lo dimenticherò. Mi aggirai del tutto indisturbata per l’edificio cercando di scorrere mia figlia da qualche parte ma la ricerca fu molto lunga. Al piano di sotto non c’era quindi salii le scale e provai nelle camerate. Non feci neanche in tempo ad avvicinarmi alla stanza che un tempo era la mia che in lontananza sentii la sua voce “io non vivo qui... vivo con mamma e papà”. Non pensai alle conseguenze, non pensai a nulla e corsi a tutta velocità nella stanza pronunciando a gran voce il suo nome!
- LEILAAAAAAAAAA! - mi resi conto solo in un secondo momento che non era da sola. Vi era un’altra bambina con lei... una bambina a cui sentivo il bisogno di dare molte spiegazioni, una bambina che avevo sperato con tutto il cuore di non rivedere mai più. Sembrava uno scherzo della natura, mia figlia e quella bambina erano identiche se non per il piccolo dettaglio degli occhi eppure io sapevo bene che non erano la stessa persona... l’altra bambina non era altro che me stessa da piccolina. 
- Mamma.... - disse mia figlia rimanendo imbambolata al suo posto posando il suo sguardo prima su di me e poi sulla me bambina. - lei.... lei è.... mamma quella sei....
- Amore mio shhhh è tutto ok! Si... hai indovinato. - corsi ad abbracciarla - Ti sei spaventata? - annuì 
- Ho avuto paura, ma sapevo che non mi avresti lasciata qui! - una lacrima le uscì incontrollata dai suoi meravigliosi occhi.
- Mai tesoro mio! Mai! - le dissi continuando a tenerla stretta a me.
- Tu... tu sei sua mamma? - fu la piccola Emma a rivolgermi quella domanda e il mio cuore al solo sentirla parlare di spezzò! Avevo appena compiuto un gesto imperdonabile ai suoi occhi; avevo abbracciato mia figlia davanti a lei... ancora una volta qualcuno le aveva sputato in faccia quella felicità e quel qualcuno ero stata proprio io. 
- Io.... - non sapevo cosa risponderle, ero come bloccata, fissavo i suoi occhi...i miei occhi e fu come una pugnalata in pieno petto. Troppo dolore comunicavano quegli occhi per una bambina di solo nove o dieci anni. 
- Si, lei è la mia mamma! - rispose Leila che venne zittita da un’altra domanda rivolta a me. 
- Perché siamo uguali? - come spiegarglielo senza mandarla nel panico?
- È difficile da spiegare... ecco vedi... - oddio, cosa avrei dovuto dirle? Mentirle era fuori questione, non lo meritava, ma anche dire la verità lo era... chi mai mi avrebbe creduto? 
- Mamma lei pensava che fossimo sorelle perché noi due... 
- Perché vi somigliate molto. - finii la sua frase.
- Esatto, siamo uguali mamma! Io non capivo all’inizio perché ma poi... - smise di guardarmi e si voltò verso l’altra me. - Poi mi hai detto come ti chiami e io ho capito tutto. Non sei mia sorella, sei mia...
- Leila non farlo ti prego.
- Sei la mia mamma - ecco come non detto! 
- Sono tua mamma.... - ripetè senza dare minimo peso alla cosa.
- Si è proprio così! La magia... è stata la magia. Te l’ho detto che esiste. Tu sei lei - mi indicò. 
- Certo che ne hai di problemi ragazzina. - le disse non credendo ad una sola parola. Come biasimarla.
- Mamma diglielo anche tu che è vero! - piagnucolò 
- Amore lo sai anche tu quanto ho impiegato ad accettare questa cosa, pensi che per lei sia diverso? 
- Prova mamma! Falle capire che sei davvero lei. - come potevo dire di no a quegli occhioni? Presi un respiro profondo e facendomi coraggio mi andai a sedere sul mio ex letto dove adesso vi era seduta anche la mia mini me. 
- Quanti anni mi hai detto che hai?
- Non te l’ho detto! Comunque nove. - rispose atteggiandosi da grande 
- Se io ti dicessi che so che è dallo scorso anno che stai progettando un piano di fuga? - a quelle parole ebbi la sua più completa e totale attenzione - Finisci molto spesso nei guai per via dei tuoi comportamenti poco consoni alle regole di questo istituto, ma molte volta lo fai apposta a comportarti male cosicché ti mandino nella stanza dell’isolamento che è quella in cui stai attuando il piano. 
- Tu... tu come lo sai? Non l’ho mai detto a nessuno! 
- Come ti ha spiegato Leila... io sono te. Senti lo so che è impossibile da capire e da credere, ma per quanto possa sembrare una povera pazza Leila sta dicendo la verità.
- Tu sei pazza quanto lei! Forse i tutori mi hanno scoperta e ora ti hanno mandato per farmi confessare. 
- Loro non sanno nulla e non scopriranno mai nulla te lo posso garantire. Riuscirai nel tuo intento con grande successo. - le sorrisi. 
- Lo so, sono un genio io! - risi nel “sentirmi” parlare così. A quei tempi non avevo ancora perso tutta la mia autostima, un piccolo fuoco dentro di me c’era ancora. - Se è vero quello che dite e che la magia esiste perché non me lo dimostrate? 
- Si mamma fagli vedere! - ci mancava solo mia figlia ad assecondarla. 
- Cosa vuoi che faccia Emma? - domandai 
- Conosci anche il mio nome? - inclinò la testa guardandomi. 
- Ti svelo un segreto... mi chiamo come te. - sorrisi - Allora, cosa vuoi che ti mostri?
- Non lo so... ah si ci sono! Sposta un oggetto! Quel libro ad esempio! - Sapevo bene che non avrebbe funzionato ed ad essere sinceri neanche avrei voluto provare. In ogni viaggio nel passato o nel futuro che ho fatto, non ho mai avuto accesso alla mia magia, cosa c’era di diverso questa volta? Sicuramente avrei dato alla ragazzina davanti a me la conferma di essere una pazza, ma come potevo d’altro canto dire di no a mia figlia la quale credeva in me in modo smisurato? Chiusi gli occhi, Presi un profondo respiro per concentrarmi e feci tutto il necessario per far apparire il libro tra le mie mani. Incredibile ma vero, con mio gran stupore il libro si materializzò tra le mie mani con una velocità inaudita. 
- Hai visto? - disse Leila alla piccola Emma la quale fissava imbambolata l’oggetto tra le mie mani. - Posso farlo anche io sai? - le disse facendo comparire una bambola tra le sue manine e consegnandogliela. - Mi credi adesso?
- Sto... sto sognando? La... la magia esiste? Sul serio? - disse ancora molto incredula.
- La magia esiste e la si può vedere solo se ci si crede veramente. Sembri una tipetta tosta che non crede più a nulla ma sotto sotto speri ancora che qualcosa di magico esista nel mondo.
- Fallo di nuovo! Per favore. - chiese gentilmente. Ripetei quel gesto un paio di volte poi mi bloccò facendomi un’altra domanda. - Se la magia esiste allora è vero... tu sei me? - annuii - Quindi sarò bella come te da grande? - non mi definivo assolutamente bella ma non potevo dirlo di certo ad una ragazzina. 
- Diventarai esattamente come me. 
- E la tua vita è bella? - rieccola intristirsi - no perché la mia fa schifo. 
- So com’è la tua vita e so come ti senti, per anni mi sono sentita così: una bambina sola al mondo. Posso assicurarti che le cose da grande cambieranno in meglio e avrai finalmente la vita che hai sempre desiderato. Dovrai superare molti ostacoli ma saranno quelli che ti renderanno quella che sono io adesso. Non avere paura di nulla, sei speciale... tu puoi superare tutto. - stava per pormi un’altra domanda ma dal suo sguardo la capii al volo e mi limitai a risponderle senza neanche lasciarla finire. - Si! Troverai la tua mamma e il tuo papà e tornerai a vivere con loro. - Quando Henry lo disse a me scoppiai a ridere e non gli credetti mentre lei al contrario mi credette subito. Certo avevo tralasciato la parte di Biancaneve e il principe azzurro ma dopo averle mostrato la magia credo avrebbe creduto anche a quello. Vederla sorridere mi fece star bene, se lo meritava dopotutto e così mi venne in mente di fare una piccola sciocchezza. - Basta chiacchiere adesso signorine! Che mi dite, vi va di evadere per un pomeriggio da questo posto e andare a giocare al parco? 
- Si mammaaaaa! Emma dai vieni anche tu! Ci divertiremo! - le disse entusiasta.
- Io... io non sono mai stata al parco!
- Maggior ragione per venire con noi non trovi? - dissi io allungando la mia mano verso di lei - Avanti, che stai aspettando? Tanto lo sappiamo entrambe che non verranno a controllarti fin quando non sarà ora di cena. - con quelle parole le diedi ulteriore conferma della mia vera identità. Mi afferrò la mano e insieme ci teletrasportammo dietro l’edificio dove nessuno avrebbe potuto vederci. Facemmo molta attenzione a non essere scoperte e arrivammo finalmente al parco. Io rimasi seduta su una panchina ad osservarle mentre loro due si scatenarono come non mai. Mia figlia era entusiasta, come sempre del resto, la mia mini me invece inizialmente fu un po’ timida e impaurita ma poi si lasciò andare trascorrendo così il miglior pomeriggio della sua vita.
- Vuoi essere la mia migliore amica? - le disse Leila improvvisamente, mentre le portai a fare merenda, sorridendo e allungandole la manina per siggillare il patto.
- Nessuno vuole mai essere mia amica. - rispose lei abbassando la testa. 
- Io voglio esserlo! Allora?Ti va? Amiche per sempre?
- Certo che mi va! Amiche per sempre. - continuarono a ridere, scherzare e giocare dopodiché fui costretta a riportarla in stanza prima che la venissero a chiamare per la cena. Non volevo lasciarla lì da sola, quindi mi inventai un’ulteriore scusa: comunicai alle tutrici che sarei rimasta anche la notte per controllare alcuni registri. La storia dei registri naturalmente era una balla, in realtà volevo solamente passare la notte con la mia mini me, volevo regalarle un giorno memorabile prima di tornare a casa. Viaggiavo sempre con una pozione in grado di creare portali nella borsa, non sarebbe stato quindi un problema riuscire a tornare l’indomani. Aspettai che la bambina facesse il suo rientro in stanza e dopo che le sue compagne di stanza si furono addormentate io e Leila, alla quale avevo detto di nascondersi per non farsi vedere, tornammo da lei.
- Siete ancora qui! - sorrise felice.
- Certo, non puoi certo dormire senza una favola della buonanotte. - le disse Leila.
- Favola? In nove anni non me ne hanno mai raccontata una. - Leila spalancò l bocca stupita da tale rivelazione. Per lei era una tradizione ormai, non poteva credere che alcuni bambini non avevano mai avuto questo privilegio.
- Ma comeee! Mamma, dobbiamo rimediare allora. 
- Certo che sì! Forza, tutte e due sotto le coperte signorine, sto per raccontarvi una storia sensazionale. - naturalmente giocai il mio cavallo di battaglia, ovvero la storia tra me e uncino e come immaginavo funzionò alla grande: la baby Emma era super concentrata ad ascoltare ogni singola parola mentre mia figlia... beh lei si era già addormentata da un pezzo.
- Wow! È molto bella questa storia! Mi piacerebbe trovare una persona così da grande. Mi piacerebbe essere amata così incondizionatamente.
- Ti svelo un segreto. La protagonista della storia sono io... quindi lo sarai anche tu tra qualche anno, mentre il pirata buono sarà il tuo futuro marito. - le si illuminarono gli occhi per l’ennesima volta. - Ora è tardi però, devi dormire.
- Staremo anche domani insieme non è vero? Io non voglio che vai via. - mi spiazzarono quelle parole, non era di certo da me aprirmi così. - Nessuno mi ha mai trattato così bene... non voglio che questo finisca. 
- Emma tesoro...
- Ti prego portatemi con voi! Adottami e portami nel tuo tempo. Giuro che non ti creerò problemi.
- Emmai io...
- Ti pregoooooo! Per favore... non lasciarmi qui! Mi trattano male, non ci voglio stare in questo posto. - mi si apezzò il cuore in mille pezzi... capivo esattamente quello che stava passando e sentirla implorarmi in quel modo mi devastò. Sapevo di non poterla portare con me e sapevo che avrebbe anche dovuto dimenticarci. Volevo farle vivere gli ultimi attimi di felicità senza brutti pensieri. 
- Emma è tardi devi dormire sul serio. Resterò qui con te tutta la notte. Domani mattina se vorrai ancora parlarne ne parleremo ok? 
- Non mi lasci dormire da sola vero? Io ho gli incubi la notte.
- Lo so bene... comunque no, non dormirai da sola, resterò tutta la notte con te. Promesso. - le baciai una guancia e la sistemai meglio sotto le Coperte - ora dormi....buonanotte.
- Buonanotte Emma, grazie per avermi regalato la giornata migliore di sempre. Ti voglio bene e voglio bene alla mia nuova migliore amica. 
Aspettai che si addormentasse dopodiché mi lasciai sopraffare dalle emozioni e piansi. Non avevo mai detto ti voglio bene a qualcuno... e sapere di aver, anche solo per un secondo, portato quella piccola a provare quel sentimento, mi fece essere orgogliosa di me. Lavorai tutta la notte, non lasciamole mai sole, ad uno scaccia sogni e non appena le prime luci dell’alba filtrarono dalla finestra feci l’unica cosa giusta da fare: le cancellai i ricordi delle ultime 24h catturandoli all’interno di quell’oggetto dopodiché presi in braccio Leila ancora dormiente e teletrasportamdoci raggiungemmo il retro dell’orfanotrofio dove aprii il portale per tornare a Boston. Come al solito il tempo lì si era congelato e riprese a scorrere con il nostro arrivo. Con Leila ancora addormentata tra le mie braccia raggiunsi il maggiolino e ci recammo verso casa.
Cosa dire... la giornata speciale di Leila ha avuto i suoi frutti. Non solo per lei ma anche per me... sopratutto per me. Rivedere quei posti e rivedere me da bambina mi diede ulteriore conferma di quanto io sia stata fortunata negli ultimi anni. Avere qualcuno da amare e che ti ami incondizionatamente non sempre è facile da trovare, la mia versione bambina ne è la prova vivente ed è proprio grazie a lei e a questo tuffo nel passato che non ho più paura di cosa mi riservi il futuro. Non ho più paura di avere un altro figlio, se è questo che il destino ha in serbo per me, sarò più che felice di accettarlo. Ho sbagliato ad avere paura ed in parte mi sento come se avessi trattato questa ipotetica piccola creaturina come hanno
trattato me da piccola. Lo prometto, questo non accadrà mai; se un nuovo bambino arriverà all’interno della nostra famiglia sarà amato incondizionatamente come tutti i suoi fratelli. Leila è stata la chiave di tutta questa fase di accettazione e come se non bastasse ad oggi posso dire con assoluta certezza che anche se solo per 24h , grazie a lei, nella mia infanzia ho avuto anche io la possibilità di avere una vera migliore amica. Ho conservato lo scaccia sogni come ricordo... il piccolo ricordo di un momento d’infanzia felice. 
 
Note dell’autore: eccoci qui! Ho impiegato qualche giorno in più del solito ma alla fine ce l’ho fatta! Ho vinto la mia battaglia con il blocco dello scrittore! Cosa dire: abbiamo parlato un po’ degli ulteriori progressi della piccola Chloe, della possibile gravidanza della nostra Emma e non per ultimo il pomeriggio speciale di Leila! Vi è piaciuto questo salto nel passato? Spero vivamente di sì. Non è uno dei capitoli meglio riusciti ma ho in serbo numerose novità che di sicuro vi lasceranno a bocca aperta. Se non cambio idea nuovamente il prossimo capitolo sarà dedicato a quel famoso capitolo del futuro di cui vi misi l’anteprima tempo fa. Volevo trattare anche di San Valentino ma ormai febbraio è passato! Chissà, magari un capitolo lo scriverò ugualmente. Un bacio grande e un grazie a tutti voi che seguite. 💋💋💋💋
  
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