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Autore: Vanya Imyarek    23/02/2019    12 recensioni
Lo specchio: un oggetto intrinsecamente inquietante, poiché ogni volta che vi guardi dentro, qualcuno ricambierà il tuo sguardo.
Certo, razionalmente sai che quello sei tu ... ma l'essere umano sembra non essere mai riuscito a togliersi il tarlo del dubbio, come dimostrato da una lunga e prolifica tradizione di leggende horror.
Tre ragazzi decidono di mettere questa tradizione alla prova.
Genere: Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'The Clockwork Society's Files'
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Tutti voi avrete visto un bambino che gioca allo specchio. Si osserva, si muove, sorride e fa smorfie alla propria immagine. I genitori vedono tutto ciò con le loro lenti da adulti, ridono del loro bimbo già così spaccone e della bambina già così vanitosa. Non si ricordano, ormai l’hanno dimenticato, che quei bambini stanno facendo una cosa di importanza fondamentale: stanno controllando che quel riflesso sia davvero loro.

 Ciao a tutti ragazzi e ragazze, e benvenuti a un nuovo episodio di Mystery Crackers!” trillò Maya, saltellando davanti alla telecamera e facendo il segno della vittoria con entrambe le mani. “La puntata di oggi verterà su …!”

 “La quantità e qualità della roba che si sniffa Maya per essere così pimpante alle undici di sera, dopo essersi alzata alle sei per sistemare la casa” brontolò Eric.

 Mirella Sawyer ridacchiò. Oh, se la troupe di Mystery Crackers aveva sistemato tutta una casa, questo video sarebbe stato veramente interessante! Seriamente, per un canale Youtube gestito da tre adolescenti, non avevano niente da invidiare a trasmissioni televisive vere e proprie.

 “Tornando in tema” John, l’ultimo membro del gruppo, esalò un respiro nervoso, esasperato dagli atteggiamenti da bambini dei suoi colleghi. “La puntata di oggi verterà sugli specchi. Fin dalle origini dell’antichità, lo specchio è stato al centro di infinite superstizioni e leggende” qui le immagini dei tre ragazzi furono rimpiazzate da una carrellata di immagini di specchi. Il tutto evidentemente andava a spiegare il titolo che Mirella aveva a malapena guardato prima di aprire il video: Specchio Riflesso. Non molto originale, doveva ammettere. “Principalmente incentrate su un quesito solo in apparenza scontato: la persona che inevitabilmente, all’altro capo di uno specchio, ricambierà il tuo sguardo, è davvero te? E quello che stai guardando, è solo una lastra di vetro e argento? O una finestra su un altro mondo?”

 “Perché sapete, limitarci ad andare in vetreria e chiedere se per caso non abbiano regolarmente a che fare con varchi dimensionali era troppo sforzo” intervenne Eric.

 “Guarda, sono sicuro che i vetrai hanno qualche segreto professionale di cui il mondo è all’oscuro” replicò John. “E quindi anche se voi a casa andrete a molestarne uno, probabilmente non riceverete le rivelazioni che stiamo per farvi noi. Ora, sappiamo di tanti nostri colleghi su Youtube che hanno provato diversi rituali da fare allo specchio, con vari risultati. Ma per essere degno di visualizzazioni non puoi fare ciò che gli altri hanno già fatto, e per questo ci siamo detti: perché non mettere alla prova tre leggende dello specchio diverse?”

 “Questo perché siamo solo in tre” puntualizzò Maya. “Avessimo voluto testare ogni singolo mito sugli specchi allo stesso tempo, non ci sarebbe bastata una legione di assistenti”

 “Il che sarebbe stato semplicemente folle. Ma ragazzi, non preoccupatevi: siamo noi, qualcosa di folle ci sarà sicuramente di mezzo, ed è il modo in cui abbiamo conciato questa casa” concluse Eric. “Non chiedeteci come abbiamo fatto a ottenere questo edificio, o come abbiamo convinto il proprietario a farcelo sistemare a nostra necessità, ma ecco qui: una casa disseminata interamente di specchi” per la miseria, quel che diceva il ragazzo era vero. Interi corridoi e stanze, tutte disseminate di specchi. Ma quanto avevano lavorato?

 “Materiale più che sufficiente per quello che intendiamo fare, e ragazzi, se siete religiosi, pregate per noi, perché se tutto quello che faremo avrà successo, avremo qui una concentrazione di forze oscure abbastanza tremenda che … oddio, non so cosa potrebbe succedere” continuò Maya, finendo con una buffissima espressione perplessa.

 “Nulla di buono?” suggerì Eric.

 “Nulla di buono” concordò lei.

“Se voi due avete finito di paventare qualcosa in cui ci stiamo infilando volontariamente, passiamo a dare ai nostri spettatori un minimo di contesto. Il primo mito testato sarà: ingannare l’immagine. Questo rituale si effettua posizionando uno specchio molto grande di fronte al proprio letto, perpoi sdraiarsi e, per un tempo ragionevolmente lungo, fingere di dormire. Quanto riterrete sia passato sufficiente tempo, dovrete schizzare fuori dal letto più veloci che potete, e sollevare altrettanto velocemente quattro dita della mano. Se il rituale ha funzionato, avrete ingannato la vostra immagine riflessa, e quella si ritroverà ad aver alzato soltanto tre dita. Un rituale davvero semplice, ma che non andrebbe preso sottogamba: da quel momento, non potrete mai più fidarvi a dare le spalle a uno specchio. La vostra immagine ha lavorato fedelmente per voi per tutti questi anni, dopotutto, e non le piace essere ingannata”

 “Il secondo mito testato” riprese Maya. “sarà: baby blue. Questo è più complesso, almeno da eseguire: bisogna chiudersi in un bagno, preferibilmente di notte, con le finestre chiuse. Deve essere completamente buio. A questo punto, aprite tutti i rubinetti, mettendo l’acqua al massimo calore, di modo da riempire la stanza di vapore e appannare lo specchio. A questo punto, sul vetro appannato, tracciate col dito la scritta: baby blue. Poi mettete le braccia nella posizione che usereste per sorreggere un neonato. Se il rituale è stato eseguito correttamente, sentirete un peso tra le braccia, strani gorgoglii, e manine gelide che vi tastano le braccia … non ditemi che avete già paura? Perché nello specchio vedrete invece comparire una donna anziana e orribile, che vi urlerà furiosamente: “Restituiscimi il mio bambino!” A questo punto, ragazzi, fate i bravi e non sequestrate i minori: lasciate subito andare quello che avete in braccio. Se non lo farete … non ho la più pallida idea di quel che succederà. Nessuno è mai sopravvissuto per raccontarlo!” Maya diede alla telecamera un sorriso adorabile. Mirella aveva un debole per quella ragazza, era deliziosamente inquietante.

 “Il terzo mito è quello più famoso: quello di Bloody Mary. Quello per cui avete aperto il video, intendiamoci …”

 “La finisci di fare il megalomane?”

 “”Ehi, siete voi quelli che si sono scelti miti che non conosce nessuno. Allora, visto che il ricapitolare è d’obbligo, anche se sapete tutti come funziona, bisogna andare in una stanza poco illuminata, piazzarsi davanti a uno specchio, e ripetere tre volte le parole ‘Bloody Mary, Bloody Mary, Bloody Mary’. A questo punto, da dietro lo specchio verranno spinti fuori tre cocktail alla vodka, che voi dovrete scolare d’un fiato tutti di fila, a questo punto uscirà un demone che vi stringerà la mano e vi farà i complimenti e …ahia!”

 “Dillo giusto!” protestò Maya, con un altro scappellotto ad Eric.

 “Sì, ma non si può neanche scherzare …”

 “Ha ragione, Maya, abbi pietà di lui … che poi, spero almeno che il demone sappia che vanno fatti con l’Absolut”

 “Come facciamo a farci prendere per seri esperti del paranormale se questo continua così? E tu gli dai pure corda!”

 “Non ho visto la serietà da nessuna parte nel contratto di lavoro. E poi sei tu quella che saltella facendo i segni della vittoria quando parla di rituali che se vanno male ti ammazzano a morte?”

 “Okay, ragazzi, ho un compito per voi: trovate un rituale che faccia dire cose sensate a Eric!”

 “Ma che noia. Allora, eccovi il mito giusto: una volta che avrete detto l’invocazione per tre volte, apparirà nello specchio un volto mostruoso, e da lì in avanti … le versioni cambiano. Alcuni dicono che vi strapperà gli occhi, altri dicono che vi farà morire dissanguati, altri che vi trascinerà dietro lo specchio con lei. E io invece, se non posso dire VINOH! Dico SCIENZAH! Perché sì, esiste una spiegazione perfettamente razionale per questo fenomeno”

 “Eh?”

 “Davvero?”

 “Come ci ha dimostrato il professor Giovanni Caputo, dell’Università di Urbino, con un esperimento del 2010 – sono così specifico così che voi possiate controllare e assicurarvi che non dica balle. In pratica, questo Mystery Cracker onorario ha coinvolto un certo numero di persone in un esperimento che consisteva nel fissare la propria immagine allo specchio in una stanza poco illuminata”

 “E i soggetti si sono beccati la Bloody Mary?”

 “Con che incidenza statistica?”

 “Hanno visto comparire un po’ di tutto, per la verità. Alcuni hanno visto il proprio viso trasformarsi in quello di loro parenti, altri hanno visto dei perfetti sconosciuti, e altri ancora hanno visto, per l’appunto, volti mostruosi”

 “E si sa il perché?”

 “Sì. E’ la combo power del fatto che il nostro cervello è programmato per riconoscere visi di nostri simili con più immediatezza rispetto a qualunque altro stimolo, e al contempo non gli piace star lì ad annoiarsi. Quindi, se lo sottoponi a uno stimolo monotono come la tua faccia, per lo più poco illuminata e con contorni indistinti, inizia a lavorarci sopra con delle variazioni che Photoshop levati”

 Ed ecco perché Mirella aveva un debole per Eric: carino, simpatico, e quello che aveva perennemente i fatti scientifici. Chissà che figo era nella vita reale …

“Uh. Quindi tu magari vedrai le peggio cose e i nostri amici a casa solo te che strilli allo specchio?” rifletté John.

 “E l’immagine di Eric riflessa ovunque secondo te non conta come peggio cosa?”

“Maya, vaffanculo”

 “Basta così, ragazzi, gli amici a casa vogliono vederci affrontare le forze del paranormale, non litigare che manco all’asilo. Pronti, partenza, via!”

 E su queste parole, i tre schizzarono in direzioni diverse, tutti con la stessa espressione determinata in viso.

 

John Smith aveva quasi voglia di festeggiare per quel commento che era riuscito a fare sulla vodka Absolut. Seriamente, che rottura era dover fare sempre quello con la testa sulle spalle, il ragazzo equilibrato e normale? Come se essere equilibrati e normali volesse dire non fare manco una battuta nella vita!

 Certo, per aspetto e carattere Maya era quella che si prestava maggiormente a fare la graziosa fanciulla insospettabile maniaca dell’horror, ed Eric era quello con la battuta più pronta, entrambi si giocavano bene tra personalità contrastanti ed esuberanti che avevano bisogno di qualcuno che facesse da mediatore, e l’ingrato compito era toccato a lui.

 Non sarebbe stato così fastidioso, se non per il fatto di non poter mai fare battute o mostrare entusiasmo a sua volta, o i fan avrebbero commentato sul suo ‘improvviso cambiamento di carattere’, accusandolo di voler scimmiottare i suoi colleghi. E per il fatto di essere così dimenticabile.

 Seriamente, la stragrande maggioranza dei commenti erano sempre su Maya ed Eric, lui chi se lo filava? Pure adesso che avevano ciascuno un esperimento separato, a lui era toccato il più blando. Seriamente, passare mezz’ora a fingere di dormire? Perché nessuno poteva aver voglia di vedere il pacato e tranquillo John alle prese con la Bloody Mary o con chiunque avesse figliato dietro uno specchio?

 Raggiunse la stanza da letto del fratello di Maya (la casa misteriosamente acquisita era dei genitori della ragazza), accese la telecamera e la rivolse in un punto che avrebbe ben ripreso sia lui che fingeva di dormire sia lo specchio che gli stava davanti. Be’, questa volta non avrebbero fatto secondi tentativi se ci fossero stati errori o altre cose sgradite, non potevano mantenere la casa in quelle condizioni per sempre, era anche abbastanza tardi e col tempo che avevano impiegato a filmare la prima parte del video … poteva permetterselo. Gli altri due avrebbero potuto solo lamentarsi, ma non costringerlo a un secondo tentativo.

 Prima di infilarsi nel letto e fingere di addormentarsi, lanciò un sorriso sicuro verso la telecamera e fece l’occhiolino.

 Poi rimase immobile, a occhi chiusi, sotto le coperte. A pensare, poteva fare solo quello per la prossima mezz’ora.

 Ma ti pareva se gli toccava farsi tante di quelle paranoie per un fottutissimo occhiolino? Certo, Eric probabilmente l’avrebbe preso un po’ in giro, qualcosa a proposito del fregargli il personaggio, ma poi se ne sarebbe dimenticato …sarebbe stata Maya il vero problema, quella era una maniaca del controllo, sarebbe andata avanti per giorni a lamentarsi di quanto non fosse rispettata … altro che lo zuccherino di Halloween che presentava ai loro spettatori, le mancava solo il look per essere una vecchia strega.

 Be’, ma se gli dava tanto fastidio come stavano andando le cose, perché non li aveva ancora piantati in asso?

 Ma va’, non ne avrebbe mai fatto niente. Poteva pensarci, immaginare di mandarli al diavolo, ma non avrebbe mai, concretamente, fatto nulla.

 Il loro canale … era stato un successo inaspettato: da una mezza idea di Maya in una serata di RPG a tema horror per Halloween, di fare una specie di MythBusters dell’orrore, era diventato in pochi anni un piccolo fenomeno, con vero e proprio seguito, fan che mandavano loro messaggi, suggerimenti, addirittura fanart, e addirittura una fonte di reddito, con le pubblicità e i patreon. John, che pure si era beccato la parte di quello banale, aveva addirittura avuto persone che lo fermavano in strada, per chiedergli i selfie. I suoi familiari e amici avevano preso a guardarlo con un rispetto tutto nuovo, per i soldi che ora poteva portare a casa e per la fetta di celebrità che si rifletteva anche su di loro.

 Se all’improvviso avrebbe deciso di mollare tutto … sarebbe sparito, semplicemente. Anche se avesse deciso di mettere su un canale Youtube in proprio, non sarebbe arrivato ai livelli di popolarità di Mystery Crackers, non avrebbe guadagnato abbastanza, sarebbe stato preso in considerazione anche meno … la sua vecchia fetta di pubblico probabilmente se la sarebbe presa con lui per aver alterato il format, avrebbe preso le difese di Eric e Maya, l’avrebbe bersagliato di insulti, e poi si sarebbe abituata a vedere solo quei due facendolo finire nel dimenticatoio. Parenti e amici non avrebbero smesso di biasimarlo un solo momento, da quelle brave zecche di soldi e fama che erano.

 Restare sul canale era una frustrazione costante, ma uscirne sarebbe stato un vero inferno. Che situazione di merda … alla fine, era essere un tipo banale, o l’infame che piantava un capriccio perché non gli davano abbastanza attenzione e rovinava la disposizione a cui i fan erano tanto abituati.

 Già, frignare per l’attenzione … alla fine era quello il problema, no? Non era tanto diverso da un marmocchio che pestava i piedi perché mamma e papà lo guardassero, era solo un banale senzapalle che non riusciva neanche a imporsi sui suoi soci! Stava pure iniziando a venirgli il mal di testa, come se non fosse suff- la mezz’ora!

 Con una velocità a dir poco formidabile, John schizzò fuori dal letto e sollevò esattamente quattro dita.

 “Forza!” urlò alla telecamere. “E sono …” la voce gli morì in gola.

 La sua immagine riflessa teneva la mano alzata, esattamente tre dita sollevate. Batté le palpebre. Erano sempre tre.

 “Oh cazzo … ha funzionato …?” mormorò, più per darsi l’impressione di non essere da solo a fronteggiare quel fenomeno che per parlare agli spettatori.

 La sua immagine fece un sorriso sicuro, e poi un occhiolino.

 Mentre si sentiva come se tutto il sangue gli stesse fluendo via dal corpo, John ricordò le sue stesse parole: non voltare mai più le spalle allo specchio, perché alla tua immagine non piace essere ingannata … perché, perché avevano tappezzato l’intera stanza di specchi?

 

Maya Campbell andò a sbattere contro lo spigolo della vasca da bagno, desiderò bestemmiare, ricordò che la telecamera era accesa e bestemmiare non era nel suo personaggio, e desiderò bestemmiare ancora di più.

 “Ecco, questa cosa non la nominano mai parlando della preparazione: come fai ad aprire i rubinetti se non vedi niente? Lo so che voi state guardando tutto in visione notturna, ma vi giuro che qui non vedo niente …” commentò invece, badando a suonare il meno alterata possibile.

 Si mosse a tentoni verso quella che sperava essere la parte giusta della vasca da bagno, si sporse per aprire il rubinetto, perse l’equilibrio e andò a sbattere contro il muro. Con tutto lo sforzo del mondo, riuscì a commentare solo con un versolino stizzito.

 Perché non aveva pensato a quelle cose quando aveva posto il suo personaggio? Non aveva previsto che con un lavoro simile un bestemmione avrebbe pur desiderato cacciarlo? Ma no, aveva scelto il personaggio della ragazza dolce, vivace e carina, perché era il tipo di persona che riteneva più lontana possibile dagli standard degli appassionati dell’horror.

 Voleva andare contro le aspettative tradizionali, e una ragazzaccia … o anche solo una ragazza normale, non sarebbero andate bene. Sarebbe stata definita come un maschiaccio, la gente avrebbe detto: ‘non è una ragazza come le altre, è molto mascolina, per questo le piace l’horror’. Aveva voluto fare del suo personaggio un’idea controcorrente, l’idea che una ragazza potesse essere assolutamente femminile e al contempo adorare tutto ci che aveva a che fare con l’orrore … già, alla fine, quello era il vero centro di tutti i suoi problemi, no? Essere la ragazza, in mezzo a due maschi.

 Eric poteva fare quello sarcastico e far ridere tutti, John poteva essere il ragazzo normale in cui gli spettatori si sarebbero identificati, lei … lei era quella da giudicare.

 Quella che sarebbe sempre stata troppo femminile, o troppo mascolina; troppo perfettina, o troppo sboccata: il suo personaggio aveva risolto questi problemi, con la sua apparente contraddizione inconciliabile, ma che la rendeva tanto interessante.

 Quella troppo brutta che avrebbe dovuto curarsi di più, quella troppo truccata che avrebbe dovuto affidarsi alla sua bellezza naturale; quella che avrebbe dovuto smetterla con Youtube e andare in cucina a preparare da mangiare ai ragazzi, o quella che avrebbe dovuto imporsi di più su quei due, mica era la loro schiava: questi erano problemi che il suo personaggio aveva creato, aveva perso il conto dei commenti di questo tenore che aveva letto.

 Seriamente, che problemi aveva la gente con le ragazze? A Eric e John non arrivava questa dannata valanga di critiche, questo continuo rinfaccio di non essere mai abbastanza … be’, qualunque cosa!

 Maya trattenne uno sbuffo. Il buonumore di questo filo di pensieri non era stato esattamente aiutato dal suo continuo sbattere in ogni dove, ma alla fine ce l’aveva fatta: il rubinetto del lavandino e della vasta da bagno erano tutti aperti, alla temperatura massima.

 “Uh. Bene, E adesso come lo so che c’è abbastanza vapore per scrivere?” commentò con una risatina. Dannata visione notturna, non poteva esprimere la sua opinione neanche a gestacci. Visio … ah ecco. Bastava che ci guardasse lei attraverso quella telecamera, invece di tenerla appoggiata su una spalla. Con un’altra risata allegra, constatò questa realizzazione ad alta voce, e fece quanto deciso.

 Dannazione, quante prese per il culo si sarebbe attirata per quella svista? Poteva già vederli, i commenti su quanto Maya fosse scema, la classica ragazzina svampita, l’ochetta senza cervello del mondo horror. Forse avrebbe potuto convincere i ragazzi a tagliare quella parte in fase di montaggio?

 Sì, non poteva fare diversamente … anche se avrebbero protestato, con la scusa che lei non poteva essere quella che non sbagliava mai … quella che non sbagliava mai? Ma li avevano visti, quei commenti, o leggevano solo quelli dedicati a loro, che ovviamente erano completamente scevri di commenti alla loro natura in quanto maschi?

 E dire che era stata pure lei a suggerire il canale per prima, lei quella che la maggior parte delle volte metteva a disposizione soldi e attrezzature per i video (la villa? Era quella dei suoi genitori, ma naturalmente non potevano farlo sapere, quante ne avrebbero dette su di lei i loro spettatori, quasi tutti di classe media?), lei che si occupava del montaggio ed eliminava i loro errori, in modo da creare uno straccio di narrativa coerente nel loro canale. Mystery Crackers era una sua creazione, più di quanto gli altri due messi insieme avessero mai fatto, e solo perché aveva due cromosomi X lei era quella che veniva criticata di più.

 E quei due che non se ne accorgevano, continuavano a fare come se quello fosse un gioco, con continui stravolgimenti ai personaggi che lei doveva occuparsi di eliminare o quantomeno dosare! Porca di quella merda, che ne era stato della bella amicizia che avevano agli inizi? Il successo aveva dato loro alla testa così tanto …?

 Un successo che non avrebbero mantenuto molto se continuava a incantarsi a quel modo, senza controllare il vapore. Ormai faceva decisamente caldo lì dentro, e i vetri – compreso quello della telecamera, erano belli appannati. Lo pulì per controllare bene il punto in cui avrebbe dovuto agire, posò la telecamera sulla mensola con i prodotti da bagno, si avvicinò allo specchio, e tracciò col dito le parole: baby blue.

 O quello che sospettava essere simile a uno scarabocchio di parole sovrapposte, non era proprio facile scrivere senza vedere niente.

 Poi pose le braccia a formare una culla, e rimase in attesa. Chissà dopo quanti secondi di nulla avrebbe potuto smettere e dichiarare che il mito era solo, per l’appunto, un mito, circa un minu …

 C’era un peso tra le sue braccia. Non qualcosa che non potesse reggere, ma la costrinse a cambiare postura per reggerlo.

 Oddio. Oddio, oddio, oddio. Era solo suggestione, vero?

 Un paio di manine morbide, paffute, e assolutamente gelide si mossero a toccare in suo petto, le sue spalle, cercando di raggiungerle il viso. Oh merda. Era anche quella una cosa tipo quel che aveva detto Eric, vero? Un inganno sensoriale? Solo percettivo anziché visivo?

 Non vedeva un accidente, poteva solo cullare leggermente quel che aveva in braccio … il suo personaggio probabilmente avrebbe squittito deliziato, dichiarando che si sarebbe portata a casa la creaturina, lei riusciva a malapena a non cagarsi addosso.

 E poi un viso perfettamente visibile, assolutamente stravolto comparve allo specchio, con un urlo selvaggio. La ragazza non stette a sentire quel che la figura stava gridando, non stette a pensare a cosa avrebbe fatto il suo personaggio o a come evitare critiche: se la diede a gambe, lanciandosi fuori dal bagno.

 Dannazione, le luci erano spente anche nel corridoio, non volevano che la luce che filtrava da sotto la porta compromettesse la ‘validità’ dell’esperimento, l’interruttore era da qualche parte in mezzo agli specchi che tappezzavano il corridoio, ognuno dei quali rifletteva la donna urlante.

 Merda, merda, la ragazza continuò a correre, ignorò le urla furiose del mostro (“IL MIO BAMBINO! RIDAMMI IL MIO BAMBINO!!”), girò dove avrebbe dovuto esserci un’altra stanza, e invece no, c’era uno specchio, merda – passi!

 Passi nel corridoio, di corsa, porca puttana, la ragazza continuò a correre alla cieca, troppo terrorizzata per badare a qualunque cosa non fosse correre. Correre, correre, tutto quel che poteva sentire erano le urla stridule della donna dietro di lei, imprecazioni che dovevano essere le sue, e gli strilli agitati del bambino che teneva in braccio.

 Continuava a correre, ormai non sapeva più dove stesse andando, tutto quel che vedeva era la sua vaga silhouette riflessa negli specchi, e la donna mostruosa riflessa ovunque guardasse in quell’inferno di specchi, pronta ad attaccare, o pronta ad essere solo un’immagine, dannazione, non sapeva neanche più dove correre, come ci era finita in quella situazione, voleva che tutto quello smettesse! Non era normale! Doveva essere un cazzo di sogno, un incubo, doveva svegliarsi! Voleva che smettesse! Basta, non ce la faceva più!

 Correva, senza più voce per urlare, le lacrime che le rigavano le guance, e, e … la donna non si vedeva più da nessuna parte. Si guardò attorno freneticamente, controllò tutti gli angoli, sopra, sotto di lei, pronta a un attacco a sorpresa … niente. Solo la sua immagine riflessa negli specchi che la circondavano, una ragazza scarmigliata, dalle guance arrossate e rigate di lacrime, che reggeva tra le braccia un neonato cianotico e urlante. Rallentò la sua corsa, fino a fermarsi.

 Era sola, a parte le decine di immagini di lei stessa, e il piccolo. Lo fissò.

 Solo ora che sembrava non esserci più un pericolo immediato, ricordò cos’avrebbe dovuto fare per sopravvivere al rituale: lasciarlo andare. Che idiota! Che immensa idiota, perché non ci aveva pensato prima? Mollò il bimbo senza tanti complimenti … e quello si limitò a cadere verso terra, con uno strillo terrorizzato. Si fiondò a riacchiapparlo prima che sfiorasse terra, senza nemmeno pensarci.

 Ma porca puttana, dov’era sua madre quando serviva? La donna mostruosa era sparita … ma non sarebbe dovuta tornare per riprenderselo? L’aveva definitivamente depistata?

 Oddio, cos’aveva fatto, aveva rapito un bambino … una specie di bambino demoniaco, certo, però …adesso che non era più al buio pesto, poteva guardarlo bene. Non sarebbe stato definibile come un bel bimbo proprio da nessuno: era piccolo, raggrinzito, di un malsano colorito cianotico laddove non era arrossato per le urla … però era pur sempre un bambino, non poteva, in tutta coscienza, lasciarlo cadere per terra. E non sembrava affatto intenzionato ad aggredirla, contrariamente a sua madre.

 Lo riprese in braccio un po’ più decentemente, cullandolo appena. Ci volle un po’ prima che smettesse di piangere: a quel punto, la guardò con quella che si sarebbe potuta definire curiosità, farfugliò qualcosa di indistinto, e le portò di nuovo le mani verso il viso. A Maya venne spontaneo inclinare appena un po’ il volto, e sentì le sue manine gelide perlustrarle la faccia.

 Evidentemente il risultato dell’ispezione lasciò il bambino soddisfatto, perché poco dopo ritirò le mani e se le mise in bocca, come un normalissimo neonato. Maya continuò a fissarlo, ancora cercando di capire che accidenti farsene di lui.

 Qualcuno urlò. Maya schizzò in piedi, riconoscendo la voce di John. Che cazzo stava succedendo? Il rituale era andato storto anche a lui? Merda, doveva raggiungerlo, aiutarlo in qualche modo … e spiegare il piccoletto lì.

 Lei era andata a fare il suo esperimento in un’ala della casa diversa, ci avrebbe messo un po’ … ma dov’era di preciso questo corridoio? Certo, avevano tolto tutto l’arredamento per far spazio agli specchi, ma non riusciva a capire quale fosse. E non riusciva a trovare la porta: ovunque provasse, c’erano solo specchi!

 E per la miseria, magari anche lì era solo suggestione – ma temeva tanto di no – ma quel corridoio sembrava non finire mai …


 

Eric Cunningham sospirò, facendosi strada nel corridoio tappezzato di specchi. Meno male che gli era toccato il ruolo del clown del gruppo, perché altrimenti la situazione sarebbe stata davvero deprimente.

 Che accidenti stava succedendo ai suoi amici? Le litigate del giorno prima per la sistemazione degli specchi erano state semplicemente allucinati, tra le urla e le imprecazioni di una Maya che non accettava il minimo cambiamento alle disposizioni da lei previste, e John che aveva preso la cosa con un approccio odiosamente passivo-aggressivo. E il momento in cui lui aveva provato a stemperare le tensioni con una battuta? Poteva aver insultato le loro madri per quelle che erano state le reazioni.

 Eppure quella sera si erano riuniti e avevano fatto tutti  i compagnoni davanti alla telecamera, anche se Maya a malapena aveva rivolto la parola a entrambi quando quella veniva spenta e John … be’, in realtà, era qualche tempo che praticamente non rivolgeva la parola a nessuno dei due. Maya si lamentava che quello avrebbe inciso negativamente sulle performances … Eric si azzardava a definirsi più preoccupato dal quadro generale.

 In parole povere: era da quando Mystery Crackers aveva davvero spiccato il volo che loro tre non riuscivano più ad andare d’accordo come una volta. Ironico: tutti quegli sforzi per far ottenere uno straccio di popolarità al canale, e quando finalmente ci riuscivano, ne pagavano con la loro felicità e amicizia, esattamente come nei peggiori episodi delle sitcom in cui spiegavano quanto l’ambizione fosse sbagliata. Non era stato così: il successo non li aveva rovinati, la loro ambizione era stata per un certo periodo qualcosa che li aveva uniti più di prima, ma … semplicemente, aveva esacerbato situazioni che erano già lì, solo che non avevano altrettanto potenziale distruttivo.

 Maya non era mai stata tipa da prendere bene le critiche, aveva sempre avuto quelle sue assurde paranoie per cui ogni minimo errore l’avrebbe perseguitata nella tomba, ma negli ultimi mesi si era arrivati quasi al delirio, con delle mezze crisi isteriche per un paio di osservazioni lasciate da qualche idiota che era stato prontamente massacrato dal resto della loro fanbase.

 E John … non era mai stato molto considerato nella sua famiglia, Eric poteva ricordare un’infinità di episodi imbarazzanti dalle scuole elementari e dal liceo, di recite scolastiche o premiazioni cui erano presenti i genitori di tutti tranne i suoi.  E anche adesso era in fissa con il pensiero di essere ‘quello noioso’, a prescindere di quanto Eric si sforzasse di fargli notare che i fan ce li aveva anche lui, che il suo ruolo di ‘essere umano normale’ era una necessaria boccata d’aria fresca tra le cazzate che combinavano lo stesso Eric e Maya.

 Non lo avevano mai ascoltato, quando aveva tentato di convincerli a esprimersi sui loro problemi, e da quella volta che si era azzardato a scherzare dicendo che avrebbero dovuto ribaltare i ruoli, lui come cuscinetto di normalità tra Maya e John, aveva ricevuto diversi giorni di silenzio assoluto se non per discutere del copione e delle nuove leggende metropolitane da sfatare. Dio, se era stato tentato di mandarli a cagare tutti e due … ma mentre sarebbe stato uno sfogo catartico per lui, aveva idea che per quei due avrebbe solo peggiorato la situazione.

 Be’, eccolo lì, alla fine del suo labirinto di specchi: era il momento di entrare in azione. Accese la lampada alle sue spalle, unico pezzo superstite dell’arredamento originale del corridoio, spense la luce principale, e accese la sua telecamera, piazzandosi davanti allo specchio appeso alla porta.

 “Be’, ragazzi, ci siamo. Incrociate le dita e pregate che mi escano i cocktail. Tre, due, uno … Bloody Mary. Bloody Mary. Bloody Mary”

 In un primo momento, non successe nulla. Certo, anche nell’esperimento di Caputo doveva passare qualche minuto … fissò la propria immagine riflessa, rifiutando di concentrarsi su qualunque altra cosa. E poi, iniziò.

 Prima fu il suo occhio destro: fu come se andasse fuori fuoco per qualche istante, per poi iniziare a scivolare lentamente giù, lungo la guancia, che si sciolse come fatta di cera. Le labbra si assottigliarono fino a sparire. Il naso si dimezzò della narice sinistra. L’altro occhio si ingrandì sempre di più, finché metà della sua testa non fu occupata da una gigantesca pupilla sbarrata. Ed Eric scoppiò a ridere.

 “Ragazzi, è una figata!” esclamò. “Lo so che non vedete niente, ma vi giuro, mi è uscita una faccia, sembra che Salvador Dalì mi abbia fatto un ritratto …”

 Urla. Urla terrorizzate, in quella casa, voce di Maya. Eric mollò immediatamente tutto quello che stava facendo – telecamera compresa - e si fiondò verso la stanza in cui lei avrebbe dovuto operare.

 Sì, probabilmente si era lasciata spaventare dalla suggestione, ma avrebbe anche potuto avere un malore serio, e anche se così non fosse stato,  non doveva essere un granché ritrovarsi terrorizzati, vittime di chissà che allucinazioni, al buio totale … porca puttana, ma chi glielo aveva fatto fare di disseminare la casa di specchi a quel modo? Intorno a sé non vedeva nient’altro che la propria immagine deformata! Dove cazzo era la porta? Magari ci avevano messo uno specchio davanti?

 Era stato John a occuparsi di quell’ala … si avvicinò alla candidata più probabile per la porta, ignorò un riflesso che iniziava a non essere così divertente, spinse, era quella giusta, si ritrovò davanti a un’altra caterva di specchi che riflettevano un mostro che correva (lui), le urla non accennavano a cessare, e ancora, dov’era la porta?

 Attraversare tutta la stanza era la cosa più logica, provò a spingere un altro specchio ed entrò senza problemi … ma no, dove si era ficcato? Questa non era la stanza giusta! E dire che la conosceva piuttosto bene la casa di Maya, era da quando era bambino che la visitava!

 Tornò sui propri passi … ma che cazzo … quella non era la stanza da cui era entrato! Era rettangolare, lo studio del padre della sua amica se non ricordava male, questa era una stanza circolare! Magari si era sbagliato, si era distratto, con tutti quegli specchi e le urla a reclamare la sua attenzione poteva starci di confondersi … provò un a spingere contro un altro specchio, ecco, questo sembrava lo studio del padre di Maya, doveva solo attraversarlo e passare nello specchio a destra, cioè nella porta a destra …e questa stanza che cos’era? Non gli sembrava di esserci mai stato!

 E soprattutto, non avevano deciso di mettere gli specchi solo nelle stanze in cui avrebbero operato e in quelle immediatamente adiacenti? Non avrebbero dovuto neanche essere nello studio! Che era saltato in testa a John?

 Provò ad testare degli specchi alla cieca, e finì subito in un’altra stanza … ma c’era stata una porta? Non poteva essere finito direttamente nello specchio, era assurdo, ma allora, dove cazzo era, perché questo corridoio non l’aveva mai visto in vita sua!

 Le urla erano cessate … la cosa non lo rassicurava per niente.  Provò a correre ancora alla cieca, ma no, calma, agitarsi non avrebbe portato a nulla, e poi questa stanza era bene illuminata, avrebbe ben visto la porta … già, ben illuminata, quindi il suo cervello avrebbe dovuto restituirgli la sua immagine normale … non le decine di mostri che vedeva riflessi negli specchi, che lo fissava … no, non lo stavano fissando.

 Stavano andando per i cazzi loro.

 I suoi riflessi negli specchi non lo stavano più imitando: apparivano e sparivano da dietro gli specchi, alcuni provavano a spingere come a voler uscire, alcuni vi picchiavano contro con espressioni furiose, alcuni terrorizzati, guardandosi frequentemente alle spalle per riprendere a picchiare con ancora più foga.

 Okay, era un sogno, un cazzo di fottutissimo sogno, la dura giornata a sistemare specchi ovunque l’aveva suggestionato e gli aveva portato questo prezioso regalino onirico. Doveva solo calmarsi. Aveva già avuto dei sogni lucidi, sapeva che a questo punto si sarebbe svegliato.

 Fece per sfregarsi gli occhi, di modo che il gesto familiare facilitasse il risveglio … e prese a pieno coscienza di quel che sentiva sotto le dita.

 

Mirella rimase a fissare il video, che ormai offriva solo l’immagine di riavvio. Seriamente, che cavolo …?

 Aveva davvero messo i brividi la parte di John, con l’immagine che teneva sollevate le tre dita … e poi niente, erano passati a Maya, che porca puttana, che razza di programma avevano utilizzato per far sembrare che le apparisse dal nulla un bambino tra le braccia? E poi la ragazza aveva cacciato un urlo, la telecamera era stata oscurata da qualcosa che non si era capito bene cosa fosse, e poi si era passati direttamente ad Eric. Anche lì, effetti speciali da urlo per la sua faccia … e poi era scappato abbandonando la telecamera sul pavimento quando si erano sentite delle urla.

 Il tutto metteva decisamente i brividi … ma a pensarci, Mirella la trovava un po’ una caduta di stile.

 Lei guardava Mystery Crackers per imparare nuove leggende spaventose, vederle messe alla prova e puntualmente dimostrate false: era un modo per, al contempo, godersi un po’ di horror e suspense e ridere dei creduloni … senza rischiare in prima persona esperimenti che a lei avrebbero fatto venire un infarto. Questo sembrava un film amatoriale horror, per quanto ben eseguito. E non era neanche Halloween o il primo d’aprile, nulla che potesse giustificare un simile speciale!

 Scorrendo la sezione commenti, vedeva solo molti che condividevano le sue opinioni. Sperò che la troupe di Mystery Crackers pubblicasse presto un video di spiegazioni.

 Ebbene, un video di spiegazioni lo ricevette; ma da parte del telegiornale della sera. Comunicato sulla tragedia svoltasi a Los Angeles, California, di cui erano protagonisti tre youtubers diciottenni: John Smith, Maya Campbell ed Eric Cunningham.

 I tre ragazzi erano stati visti per l’ultima volta verso la sette della sera prima, dai genitori della ragazza, che li avevano salutati dopo aver messo loro a disposizione la casa per un video. Quando erano tornati la mattina seguente, avevano trovato la casa in un disastro di specchi rotti, una donna sconosciuta in evidente stato di abuso di sostanze stupefacenti, e quando il fratello di Maya Campbell aveva cercato i ragazzi nella sua stanza, aveva trovato il cadavere di John Smith, trafitto dagli enormi frammenti degli specchi distrutti. Degli altri due, nessuna traccia.

 Le indagini non avevano condotto ad alcun risultato, per il momento; la donna era in stato di fermo ed era stata interrogata, ma aveva solo farneticato qualcosa a proposito di un bambino. Chiunque avesse idea di dove potessero trovarsi i due ragazzi scomparsi, era pregato di avvisare il numero verde.

 Mirella, di nuovo, non sapeva cosa pensare. Tornò a quel misterioso ultimo video, scrollò i commenti di persone confuse quanto lei, e infine postò il suo: ma se non sono stati i ragazzi, questo video chi l’ha caricato?

 

Eric camminava. Non poteva fare altro.

 Camminava, e ogni specchio gli rimandava la faccia di un mostro, quella che, aveva ormai controllato in tutti i modi possibili, era la sua faccia. Non aveva la più pallida idea di cosa fosse andato storto: nessuna variazione della leggenda di Bloody Mary faceva riferimento a questo.

 Questo vero e proprio labirinto di specchi, nient’altro che specchi ovunque potesse guardare … all’inizio vedeva riflessa solo la propria immagine, anche se, come si era accorto in quei momenti terribili, era completamente separata da lui stesso. Poi aveva iniziato a vedere altre persone.

 Prima solo i volti: perfetti estranei che si prendevano cura di sé stessi, come la gente fa normalmente davanti agli specchi, senza apparentemente accorgersi della sua faccia mostruosa dall’altra parte. Bene, a quanto pareva era uno specchio a senso unico. Buon per loro, ma non gli lasciava uno straccio di possibilità di chiedere aiuto … ammesso che una cosa simile fosse stata possibile.

 In seguito, chissà quanto tempo dopo di preciso, aveva iniziato a vedere gli sfondi. Sale da pranzo, con famiglie riunite o persone sole, più o meno felici e in armonia tra loro. Camere da letto, con gente che dormiva e … in questo preferiva di gran lunga guardare quelle dei single. Non era esattamente un fan del porno amatoriale e guardato senza l’accordo degli interpreti. E poi le stanze da bagno … e lì viva quelli che si truccavano o facevano la barba, perché quelli che si facevano la doccia lo mettevano in imbarazzo quanto le camere delle coppie, e quelli che espletavano bisogni fisiologici … voleva della candeggina per gli occhi.

 Ma erano l’unica distrazione che aveva in quel luogo di assoluta monotonia, l’unica cosa che somigliasse a compagnia in quel luogo di assoluta solitudine … e forse, se qualcuno avesse ripetuto il rituale, una speranza di tornare al suo mondo?

 

Maya ormai aveva perso la cognizione del tempo.

 Non aveva idea di quanto fosse passato da quando aveva iniziato a vagare da quando era finita in quella che, ormai l’aveva capito, non era casa sua. Era più comodo chiamarla semplicemente la Dimensione dello Specchio: un luogo solitario, dove gli unici abitanti erano lei, il bambino che portava sempre con sé, e le immagini riflesse agli specchi.

 In un primo momento aveva visto riflessi solo sé e il piccolo; dopo qualche tempo, non sapeva quanto, aveva cominciato a vedere altro negli specchi. Perfetti estranei che si rimiravano, si aggiustavano i capelli o il trucco, si facevano la barba, senza prestare la minima attenzione a lei.

 Qualche tempo imprecisato dopo ancora, aveva iniziato a distinguere gli sfondi: sale da pranzo, camere da letto, bagni. Era dall’altra parte degli specchi di tutto il mondo.

 Non sapeva come uscire da quella situazione. Nemmeno sperava di poterlo fare. Non c’era un rituale per scappare se eri imprigionato dagli specchi, no?

 E poi forse non era così male. Certo, si rendeva conto che la sua vita futura, qualcosa che aveva completamente dato per scontato, era completamente andata a farsi fottere: sarebbe morta lì in mezzo a quegli specchi, sempre ammesso che potesse morire perché non aveva mai avuto fame o segni di cedimento fisico da quando era finita lì. Sapeva che i suoi genitori, suo fratelli, sarebbero stati distrutti, e anche a lei sarebbero mancati terribilmente. Non aveva neanche idea di che fine avessero fatto John ed Eric.

 Ma quel mondo era completamente suo. Nessuno sapeva che lei era lì, lei poteva osservare tutti, guardare la vita di chiunque con i suoi difetti e le sue bassezze, giudicare tutti, ma nessuno si sarebbe fissato su di lei, nessuno l’avrebbe osservata in attesa di sputare la sua sentenza. Per quanto si rendesse conto che la cosa fosse incredibilmente sbagliata, le dava anche uno strano senso di pace.

 E poi le sarebbe potuta andare peggio: sarebbe potuta essere da sola, invece aveva il bambino.

 Per essere una creatura attorno a cui ruotava un rituale così terrificante e che le era costato la sua vita normale, era sorprendentemente adorabile: non piangeva senza motivo, faceva risate carinissime quando provava a giocare con lui, mostrava una curiosità incredibile per tutto quello che vedeva riflesso negli specchi. Se lo metteva a terra, gattonava fino allo specchio più vicino ed era capace di osservare le immagini per un’eternità, assolutamente rapito.

 “Vuoi proprio vedere cosa c’è dall’altra parte, eh?” commentava lei, carezzandogli la testolina. “E invece mi sa che siamo bloccati qui, tutti e due. Guarda i lati positivi, rideremo di tutti e nessuno riderà di noi!”

 Il bambino, essendo un bambino, probabilmente non capiva un cazzo, ma adorava essere massaggiato da lei, e alla fine delle sue contemplazioni tornava sempre ad accoccolarsi nel suo grembo.

 E poi un giorno, successe.

 Capitarono davanti a uno specchio completamente oscuro, al di là del quale nulla poteva essere visto … se non che dava l’impressione di essere in qualche modo appannato. E poi, su questo strato appannato, comparvero le parole: baby blue.

 E il bambino sparì.

Maya rimase per qualche istante a fissare, incredula, il punto in cui il bambino era scomparso, e lo specchio. E la rabbia si impossessò di lei.

 Il bambino, quel bambino che era il suo unico compagno in quel luogo di assoluta solitudine, quel piccolo frammento di vera felicità nel suo mondo – chi gliel’aveva portato via? Per cosa, un dannato rituale? Come avevano osato, come avevano potuto?

 Con un ruggito di pura rabbia e odio, Maya si lanciò fuori dallo specchio: “RESTITUISCIMI IL MIO BAMBINO!”

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ladies & Gentlemen,

ed ecco qui un’altra storia horror: per festeggiare la fine del primo semestre o inaugurare quello nuovo, cosa c’è di meglio dell’horror?

Questa volta ho voluto provare ad andare sul classico: il tema dello specchio, tanto caro all’horror da quando il genere è stato creato. Infatti, giusto per curiosità, i tre rituali eseguiti dagli sfortunati protagonisti di questa storia esistono realmente (anche se non posso garantire gli effetti, ho paura), così come è realmente avvenuto l’esperimento di Caputo con i risultati e le spiegazioni associate: per le mie fonti, vi consiglio il canale Youtube dell’Inspiegabile, è davvero ottimo.

(E sì, il titolo della storia è tratto dalla canzone degli Iron Maiden. Un biscotto virtuale se l’avete riconosciuto)

E con questo, ringrazio sentitamente chi di voi vorrà recensire o mettere tra preferite e ricordate questa storia!


  
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